Team WorldTour: UAE Emirates campione. Gianetti racconta

14.10.2023
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TRENTO – Due anni fa, quando la sua UAE Emirates aveva appena vinto il Tour de France e cominciava a prendere altri corridori importanti, chiedemmo a Mauro Gianetti, alto dirigente di questo team, quale fosse il loro obiettivo. E ci rispose: «Diventare i migliori al mondo».

A distanza di un paio di stagioni eccoci qui: i migliori al mondo sono loro. La UAE Emirates ha vinto la classifica a squadre del WorldTour. E lo ha fatto battendo i rivali “di sempre” nonché i campioni in carica della Jumbo-Visma (per i più curiosi qui c’è la graduatoria redatta dall’UCI).

Con Gianetti riprendiamo quel discorso, nello scenario entusiasmante della presentazione del Giro d’Italia.

Gianetti (a sinistra) Team Principal & CEO della UAE Emirates, con Andrea Agostini, Chief Operating Officer
Gianetti (a sinistra) Team Principal & CEO della UAE Emirates, con Andrea Agostini, Chief Operating Officer
Mauro, ripartiamo da quella tua frase: ce l’avete fatta: siete diventati i numeri uno…

Sì è vero: ce l’abbiamo fatta ed è veramente una bella sensazione. Si tratta di un traguardo importante, di un traguardo voluto non solo da me, ma anche dai nostri sponsor e da tutto il Paese degli Emirati Arabi Uniti. Abbiamo lavorato per costruire questo obiettivo tutti insieme. Chiaramente l’altro grande obiettivo era il Tour de France, non lo abbiamo vinto ma abbiamo comunque messo due corridori sul podio. Siamo stati protagonisti da gennaio a ottobre. Abbiamo interpretato bene la gestione degli atleti in tutte le gare e questo ci ha portato così in alto. Questo è davvero un traguardo importante.

Ecco, hai toccato un tema tecnico importante: avete vinto con tanti corridori. E lo avete fatto nonostante ci sia in squadra un faro catalizzatore, Pogacar, così importante. E’ stato qualcosa di ponderato?

Era proprio quello che volevamo. Abbiamo portato alla vittoria ben 18 corridori su 30 e questo è anche un’altro record a cui teniamo. Siamo una squadra con più corridori diversi che abbiano vinto almeno una gara nell’arco della stessa stagione.

Come si fa?

Fa parte di un processo di sviluppo che abbiamo in mente. Per esempio abbiamo investito e continuiamo ad investire sui giovani, ai quali diamo immediatamente spazio, ma senza mettergli la pressione del risultato. Questa non solo è una soddisfazione, ma credo sia anche uno dei motivi che spinge tanti corridori a voler venire da noi. Vedono che con noi hanno la possibilità di crescere, “malgrado”, ma per fortuna direi, ci sia Tadej Pogacar che potrebbe togliergli spazio.

Il cambio di alcuni materiali ha spinto la UAE a migliorare, sull’onda di quanto fatto in precedenza alla Jumbo. Gianetti ha parlato di sana rivalità
Il cambio di alcuni materiali ha spinto la UAE a migliorare, sull’onda di quanto fatto in precedenza alla Jumbo
L’anno scorso hanno vinto questa classifica i vostri grandi rivali della Jumbo-Visma: questa è la conferma che rivincere è più complicato che vincere?

E’ chiaro che ripetersi è più difficile. La competizione tra le squadre aumenta. Ci sono team come Bora-Hansgrohe, Lidl-Trek… che si sono rafforzate moltissimo. La Ineos Grenadiers magari ha avuto una stagione non proprio esaltante, ma ha dei corridori che possono fare di più. Quindi sì: rivincere l’anno prossimo questa classifica sarà difficile quanto averla vinta quest’anno, se non di più. Però attenzione, rimangono obiettivi importanti, come i grandi Giri, a partire dal Tour de France.

Il fatto che lo scorso anno avesse vinto la Jumbo-Visma è stato uno stimolo ulteriore per voi?

Tra noi e la Jumbo c’è una rivalità veramente interessante, molto sana. Una rivalità che spinge le due squadre a dare il massimo, a migliorarsi, a ricercare i dettagli. Quindi ci stimoliamo a vicenda in questa direzione. Sicuramente è stato uno stimolo, come noi lo saremo adesso per loro per l’anno prossimo. Vorranno tornare a vincere, immagino.

Il giorno più duro per Pogacar sul Col de Loze all’ultimo Tour. Soler vicino a Pogacar. Adam Yates invece libero di potersi giocare le sue carte
Il giorno più duro per Pogacar sul Col de Loze all’ultimo Tour. Soler vicino a Pogacar. Adam Yates invece libero di potersi giocare le sue carte
Si pensa che squadroni come la UAE e gli altri di vertice non pensino a certe classifiche. Tuttavia qualche settimana Matxin ci aveva snocciolato un sacco di numeri circa i punteggi elargiti durante la Vuelta: ma quindi si fanno i conti anche in UAE?

I piani e i conti si fanno, si fanno… Quest’anno magari la distanza tra le prime due, quindi noi e la Jumbo, e la terza era veramente abissale e magari abbiamo fatto qualche conto in meno. Nel mezzo invece tutto è più complicato. E si fanno perché poi questa classifica a squadre sta diventando importante… come è giusto che sia. Il ciclismo è uno sport di squadra, poi vince uno solo, ma è la squadra che gli mette a disposizione tutto il necessario per farlo. E finalmente tutto ciò viene riconosciuto. Questa classifica non è più solo l’elenco delle migliori 18 squadre che possono restare nel WorldTour. Il fatto di essere la prima, di stare sul podio o tra le prime dieci diventa un punto di prestigio e importante leva da presentare poi agli sponsor.

Organizzerete una festa per questo risultato?

Certamente! Una grande festa negli Emirati, perché per loro era un obiettivo. Il sogno si è realizzato: siamo la prima squadra al mondo in uno sport importante come il ciclismo. E’ un fatto eccezionale e lo vogliono festeggiare.

A proposito di gestione dei corridori. Ci ha colpito non poco la fermezza con cui avete gestito alcuni atleti sui loro programmi, anche magari di fronte a qualche emergenza. Pensiamo ad Ayuso, ma anche ad Almeida che sarebbe stata un’eccellente spalla per Pogacar al Tour. Invece lui era designato leader al Giro e ha corso solo in funzione di quello. Come mai?

Perché questa è una nostra filosofia di squadra. Come ho detto prima, vogliamo che i nostri corridori abbiano il loro spazio. Voi avete parlato di Almeida, io dico Adam Yates, per esempio. E’ andato al Tour, ha lavorato per Tadej, ma è finito comunque sul podio. Ha avuto il suo spazio sia in Francia che in altre gare della stagione, come al Romandia o al Catalogna, anche se poi lì è caduto. Non c’è solo Pogacar, la squadra è la squadra.

La UAE Emirates ha vinto il WT con 30170,18 punti, alle sue spalle la Jumbo-Visma (29177,45) e la Soudal-Quick Step (18529,85)
La UAE Emirates ha vinto il WT con 30170,18 punti, alle sue spalle la Jumbo-Visma (29177,45) e la Soudal-Quick Step (18529,85)
Chiaro…

Lo stesso lo abbiamo fatto con Ayuso alla Vuelta. Non abbiamo cambiato i programmi, Juan sapeva dall’inizio dell’anno che alla Vuelta sarebbe stato leader e avrebbe avuto tutto il supporto necessario. E così è stato.

Potete fare questa programmazione perché anche in caso di qualche defezione, sapete di avere tanti atleti super validi. Una panchina lunga parafrasando il calcio…

Sì, però alla fine devi anche avere il coraggio di portala avanti questa idea e di prenderti il rischio di mettergli a disposizione gli altri compagni. Non è così scontato.

Domanda finale un po’ estemporanea, ma che si sposa bene nel luogo in cui siamo. Quando vedremo Pogacar al Giro? I tifosi lo aspettano…

E’ un po’ presto per dirlo. Vediamo prima le presentazioni, anche quella del Tour e poi a dicembre a bocce ferme decideremo se sarà l’anno prossimo o fra qualche stagione. E’ scontato dirlo, ma per noi l’obiettivo principale rimane il Tour.

Rui Oliveira sempre più stradista (e apripista)

12.10.2023
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Certe volte si pensa che il corridore che arriva ultimo non sia forte. In realtà – ed oggi più che mai – le cose non stanno così. Specializzazione in ruolo, dosaggio delle energie (ricordate cosa ci avevano detto Cimolai e Dainese?), qualche acciacco… fanno sì che in coda alle classifiche sia facile trovare dei pesci grossi. E di pregio. E’ stato il caso di Rui Oliveira alla Vuelta.

Rui è un corridore da scoprire in un certo senso. I suoi progetti sono in evoluzione. Pistard con una vena sempre più stradistica. Apripista, ma non solo… Per conoscerlo meglio partiamo dall’ultima Vuelta.

Uomo squadra

Il portoghese del UAE Team Emirates ha chiuso la corsa spagnola in “maglia nera” a 4 ore 32’55” da Sepp Kuss. Eppure il bilancio della sua prova non è stato affatto negativo. Spesso è stato nel vivo della corsa e in un caso è stato persino decisivo. Ci riferiamo al giorno in cui il suo compagno Sebastian Molano ha vinto la tappa.

«L’ultimo posto – ha detto Oliveira – non ha alcuna importanza. Ciò che conta è fare il miglior lavoro possibile per la squadra ed essere sempre presenti quando si è chiamati in causa. E sotto questo aspetto io ci sono sempre stato. Ovviamente non sono abituato ad essere l’ultimo!».

E il portoghese c’è stato a tal punto da terminare la Vuelta con un braccio fratturato. Caduto nell’ultima settimana, nella tappa dell’Angliru, Rui sentiva dolore, ma è comunque riuscito ad arrivare a Madrid. E’ stata la nazionale portoghese a scoprire della sua frattura. Doveva infatti essere una pedina importante per gli europei in Olanda, ma chiaramente una volta rilevata la frattura tutto è saltato.

«Mancavano un paio di tappe dure e a quel punto nonostante il dolore al braccio bisognava arrivare a Madrid. Bisognava tenere davanti i nostri leader», aveva detto Rui ai media locali.

I fratelli Oliveira impegnati agli ultimi mondiali su pista nell’americana. Entrambi hanno un contratto con la UAE fino al 2027
I fratelli Oliveira impegnati agli ultimi mondiali su pista nell’americana. Entrambi hanno un contratto con la UAE fino al 2027

Dalla pista…

Un grinta affatto scontata e costruita anche in pista, dove le “botte” non mancano. Rui, insieme al fratello Ivo, di un anno più grande, è uno dei maggiori esponenti del parquet portoghese. I due corrono insieme nell’americana. E lui ama molto anche l’eliminazione, dove è stato tanto – per citare solo l’ultimo risultato – argento agli europei di Grenchen.

Americana ed eliminazione sono le specialità di contatto per eccellenza della pista. Ma queste oltre a fornire grinta forniscono altre due doti fondamentali per un velocista: il colpo di pedale e il senso della posizione. Elementi tecnici che se sei un leadout, come si dice ora, cioè un apripista sono fondamentali.

Quel giorno a Zaragoza, nella vittoria di Molano, c’era tanto di tutto ciò.

«È stata una tappa in cui tutto è andato alla perfezione – ci ha raccontato Oliveira – già gli altri giorni avevo sentito di avere buone gambe, quindi è stata una questione di fiducia. Siamo riusciti a sorprendere gli altri al momento giusto». Quel giorno Rui si è schiacciato sulla bici e ha portato fuori Molano ad una velocità altissima e con la strada libera soprattutto. A quel punto il colombiano doveva “solo” continuare a spingere.

Rui viaggia dunque spedito su questo ruolo di apripista. Per il prossimo anno la UAE Emirates perde Ackermann e Molano avrà più chance come velocista. Va da sé che Rui avrà più spazio al suo fianco. Bisognerà vedere però se e quali grandi Giri potrà fare, ma è chiaro che questa coppia potrà lavorare parecchio insieme.

Rui Oliveira (classe 1997) in coda al gruppo con il braccio sinistro fasciato, durante le ultime tappe della Vuelta
Rui Oliveira (classe 1997) in coda al gruppo con il braccio sinistro fasciato, durante le ultime tappe della Vuelta

Alla strada

Tuttavia il suo impiego potrebbe non essere circoscritto al ruolo dell’ultimo uomo. Lo stesso Oliveira, quando gli abbiamo chiesto del suo futuro in pista, ci ha risposto senza troppi giri di parole che punta sulla strada. E ha aggiunto anche: «Le gare che mi si addicono di più sono le classiche. Mi piacciono molto quelle con il pavé. Ma adoro anche fare le gare di tre settimane». Potrebbe dunque rivestire un ruolo di appoggio (e non solo) in certe gare d’inizio stagione.

Corridori così versatili e grintosi sono una risorsa per un team. Insomma, non capita sempre di vedere un atleta che va avanti nonostante un braccio rotto.

E già adesso il ruolo di Rui è andato oltre quello del solo apripista. Nelle tappe più impegnative è stato chiamato a lavorare nelle prime fasi anche per  gli uomini di classifica. Se poi uno di questi è Joao Almeida, connazionale e compagno anche già dai tempi della Hagens Berman Axeon, tutto assume un altro sapore.

«Con Joao – ha detto Rui – siamo spesso in stanza insieme. Siamo compagni di squadra ma soprattutto amici, abbiamo molte cose in comune. Lui è un bravo ragazzo e un ciclista che lavora duro. Per me è un piacere lavorare anche per lui». Questo “anche” finale la dice lunga…

L’approdo alla Uae, per Morgado i tempi sono giusti

09.10.2023
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Con l’ottavo posto alla Coppa Città di San Daniele e dopo aver sfiorato il podio al Lombardia di categoria, Antonio Morgado ha chiuso la sua stagione. La prima fra gli under 23, ma anche l’unica. Il portoghese già in estate aveva infatti deciso di fare il grande salto e approdare alla corte di Pogacar all’Uae Team Emirates. A vent’anni il lusitano accede subito al professionismo dalla porta principale e qualcuno ha un po’ storto il naso, pensando che sia una scelta affrettata e che si poteva ancora aspettare almeno una stagione, per continuare a crescere, perché no, aumentare il proprio curriculum, d’altronde già sostanzioso con due argenti mondiali in due categorie diverse.

Morgado non è uno che si tira indietro. In attesa di prendersi qualche giorno di vacanza prima di rituffarsi nel lavoro, questa volta insieme ai nuovi compagni del team arabo, ha accettato di sottoporsi all’analisi della stagione anche davanti a qualche obiezione non propriamente gradita, rispondendo sempre con schiettezza. Il corridore di Caldas da Rainha è convinto di quel che fa, come sempre.

Uno dei momenti più alti nella stagione di Morgado, la vittoria nella tappa finale dell’Orlen Nations Cup (foto organizzatori)
Uno dei momenti più alti nella stagione di Morgado, la vittoria nella tappa finale dell’Orlen Nations Cup (foto organizzatori)
Come giudichi questa tua stagione fra gli Under 23?

Non è stata una grande stagione per me. Mi aspettavo di meglio e potevo fare meglio, alla fine ho portato a casa meno di quel che mi aspettavo, ma è quello che è.

Le corse a tappe come Giro Next Gen e Tour de l’Avenir non sono state fortunate, che cosa ti è mancato?

Non ero nelle condizioni di salute giuste per poter ottenere il meglio da me stesso, quindi mi sono messo a disposizione della squadra e dei compagni. Il Tour de l’Avenir l’ho interpretato più come preparazione per il campionato del mondo, quello era il mio obiettivo stagionale, per il quale sono anche andato in quota, lo avevo messo nel mio mirino e almeno nell’occasione giusta ero pronto.

Ripensando al mondiale, è più la soddisfazione per la medaglia d’argento o pensi che Laurance si poteva prendere?

Per mia natura non sono uno che si accontenta. Sono contento del mio secondo posto ma voglio sempre di più. Penso che ho lavorato così duramente per il mondiale e sono arrivato secondo: va bene, ma per me ha sempre un po’ il sapore della sconfitta, significa che qualcosa di meglio si poteva sempre fare.

La volata vincente per il secondo posto a Glasgow. Ma Laurance si poteva anche prendere…
La volata vincente per il secondo posto a Glasgow. Ma Laurance si poteva anche prendere…
Che cosa porti con te di questo anno all’Hagens Berman Axeon?

Penso che sia una grande squadra, ideale per affrontare la categoria. Mi sono divertito molto quest’anno con la squadra e i miei compagni, da questo punto di vista è stato davvero un buon anno.

E com’è stato lavorare con Axel Merckx?

Sì, è stata una grande opportunità, è un grande nome. Ho imparato molto con Axel ed è un ragazzo davvero gentile, mi piace molto e l’opportunità di lavorare con lui mi ha fatto sicuramente crescere, le mie decisioni sono anche frutto di quel che ho potuto apprendere in un anno di lavoro con lui.

Una sola stagione all”Hagens Berman Axeon, con la perla del successo al Tour of Rhodes (foto team)
Una sola stagione all”Hagens Berman Axeon, con la perla del successo al Tour of Rhodes (foto team)
Dal prossimo anno sarai già professionista con la Uae. Con che spirito affronti questa nuova avventura?

Sono davvero emozionato adesso, tanto che già mi sento mentalmente coinvolto. La situazione sta diventando seria, ora lavorerò davvero sul serio per i massimi obiettivi. Questo è il mio sogno, quindi lavorerò duro per questo. Da un lato mi sento arrivato, sono alla corte dei grandi, dall’altro so che il vero lavoro inizia adesso e ho tutto da dimostrare.

Ma un anno in più fra gli Under 23 poteva servirti per aumentare le tue vittorie e la tua esperienza. Ti sei mai pentito della scelta?

No, sono scelte che uno fa pensando al futuro. Io mi sento maturo e pronto, scelgo di andare subito nel WorldTour. Non è stata una scelta avventata, ne ho parlato con il mio allenatore e il mio manager e pensiamo che io sia pronto per la massima avventura, con l’umiltà di imparare e la convinzione di potermi ricavare un ruolo. Quindi sono emozionato e ora posso lavorare davvero sodo per vedere dove posso arrivare.

La Uae è un team con tanti capitani, uno su tutti Pogacar. Che spazi vuoi ritagliarti in questo tuo primo anno?

Penso che sia davvero un privilegio per me imparare con i migliori ragazzi del mondo. Sono semplicemente super felice perché posso imparare da chi vince, da chi sa come si fa. Quindi l’anno prossimo si tratterà solo di imparare e aiutare la squadra e i compagni.

Il lusitano ha ottenuto i suoi migliori risultati stagionali in nazionale. All’europeo ha chiuso 14°
Il lusitano ha ottenuto i suoi migliori risultati stagionali in nazionale. All’europeo ha chiuso 14°
Pogacar, Hirschi, Ayuso: a chi di questi pensi di essere più simile come caratteristiche?

Questo non lo so, ogni corridore è fatto a modo suo, non mi piace essere paragonato a questo o quello, voglio essere Morgado e basta. Penso che ogni appassionato ami Pogacar, impossibile fare altrimenti, io voglio imparare da lui il più possibile e avere l’opportunità di corrergli accanto.

Per il tuo primo anno che obiettivi ti poni?

Non ho segnato alcun obiettivo sulla mia agenda, si tratterà solo di sfruttare ogni occasione per imparare il più possibile. Spero solo di avere più opportunità possibili per correre nel WorldTour, perché sono le massime gare del calendario, dove affronti il meglio che c’è. Non starò tanto a guardare il mio bilancio in termini di risultati personali, voglio solo aiutare la squadra a ottenere il più possibile e accrescere il mio bagaglio di esperienze.

In Lussemburgo un grande Ulissi, “bandiera” del team UAE

30.09.2023
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Nel Giro del Lussemburgo vinto da Marc Hirschi, il Uae Team Emirates ha fatto davvero la voce grossa, con McNulty appena dietro lo svizzero e nel complesso ben 5 atleti tra i primi 10. Fra loro anche Diego Ulissi, apparso davvero in ottime condizioni di forma e perfettamente a suo agio in quel ruolo misto nel quale si contraddistingue: uomo al servizio degli altri ma pronto anche a prendersi le sue responsabilità e soddisfazioni. Un quinto posto finale in classifica che ha un suo peso specifico.

Ulissi insieme al vincitore finale Hirschi. Nei primi 10 anche McNulty e Grosschartner
Ulissi insieme al vincitore finale Hirschi. Nei primi 10 anche McNulty e Grosschartner

In Lussemburgo il corridore di Donoratico ha sempre fatto piuttosto bene: «Nel 2020 l’ho anche vinto, ma aveva una conformazione diversa – dice – non c’era la tappa a cronometro. Conosco però bene quelle strade, alcune tappe non erano diverse da quelle che avevo affrontato e questo mi ha aiutato. Sto bene e ho raggiunto un buon stato di forma per questo finale di stagione, anche se continuo a convivere con un problema al naso che dovrò risolvere quanto prima. Infatti chiuderò con la prima corsa in Veneto per poi operarmi».

Il quinto posto finale, al di là della classifica particolare con il dominio del tuo team, conferma comunque che nelle brevi corse a tappe, fino a una settimana, riesci sempre a emergere…

E’ sempre stata la mia caratteristica e negli anni sono andato migliorando sotto questo specifico profilo, ma ormai ne ho 34 e credo che il mio massimo l’ho già raggiunto. Correre in uno dei team più forti al mondo è una continua sfida, nella quale cerco di ritagliarmi i miei spazi. Ad esempio, in questo Tour of Luxembourg sono contento di com’è andata la cronometro, un terzo posto finale che non è di poco conto, significa che sto bene e l’ho dimostrato in una corsa di alto livello.

Per il toscano un’ottima prestazione a cronometro, 3° a 20″ da Campenaerts
Per il toscano un’ottima prestazione a cronometro, 3° a 20″ da Campenaerts
Tu hai già la conferma per il prossimo anno…

Per me è un titolo di vanto aver sempre militato nello stesso team, sin dal 2010. In questa fase della mia carriera aiuto gli altri, cerco di fare un po’ il regista in corsa, ma ci sono anche occasioni, nelle quali sono chiamato io a fare da capitano e finalizzatore, a mettere a frutto quello spunto vincente che mi è rimasto. Mi si chiede di portare punti alla causa, a me come a tutti, infatti era questo l’obiettivo nella corsa lussemburghese e credo che alla fine abbiamo portato a casa un bel bottino…

Pensi che sia il frutto anche di una squadra dove sono tutti capitani che lavorano insieme, quindi senza più ruoli ben definiti e i classici gregari di una volta?

Sì, ma non siamo i soli, un po’ tutte le grandi squadre sono ormai costruite in questa maniera, bisogna essere duttili. Guardate quel che è successo alla Vuelta con Vingegaard e Roglic. E’ il ciclismo attuale che lo richiede e le squadre si stanno man mano adeguando.

Lo sprint della prima tappa, vinta da Strong (Israel) con Ulissi quarto
Lo sprint della prima tappa, vinta da Strong (Israel) con Ulissi quarto
Tu sei arrivato a 34 anni: cos’altro è cambiato rispetto a quando sei approdato al ciclismo professionistico?

Oggi i corridori che passano professionisti sono molto più pronti rispetto ad allora. Non c’è più gavetta, non c’è più attesa, passano e sono già pronti per vincere. Non devi più insegnargli niente, hanno già appreso quello che serviva. Ci sarà un rovescio della medaglia? Avranno una carriera più corta? Solo il tempo potrà dirlo.

Ti è pesato vivere il giorno dell’europeo da un’altra parte?

Non era una corsa per me, servivano corridori esplosivi, pronti a rilanciare di continuo. Il sogno europeo non l’ho mai avuto, tra l’altro gareggiando non ho neanche visto la corsa, ho saputo tutto dopo.

Per il corridore di Donoratico la prossima sarà la quindicesima stagione nel team Uae, prima Lampre
Per il corridore di Donoratico la prossima sarà la quindicesima stagione nel team Uae, prima Lampre
A proposito di sogni, te ne è rimasto qualcuno per la prossima stagione?

Non ho sogni, ormai sono vicino alla conclusione e quello che dovevo fare l’ho fatto. Voglio solo dare il meglio per la mia squadra e stare bene, avere la condizione giusta per farlo. Vorrei però concludere la carriera qui dove ho iniziato, sarebbe nel suo piccolo un record al giorno d’oggi. Se nel calcio le “bandiere” non ci sono più, qui lo sono stato e voglio esserlo ancora.

Da Sivakov a Christen, la UAE del presente e del futuro

19.09.2023
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La Vuelta è appena finita, la stagione ancora no, ma con Joxean Fernandez Matxin, general manager
e direttore sportivo della UAE Emirates, già guardiamo al 2024.
La sua squadra sta continuando quell’evoluzione che il team principal Mauro Gianetti ci aveva detto un paio di anni orsono: migliorare per diventare i numeri uno.

Per George Bennett, Pascal Ackermann, Matteo Trentin… che salutano ci sono Pavel Sivakov (in apertura alla Coppa Sabatini col futuro compagno Hirschi), Filippo Baroncini, Antonio Morgado, Nils Politt e Igor Arrieta che arrivano. E il mercato non è chiuso.

Matxin (classe 1970) è il direttore della parte sportiva del UAE Team Emirates
Matxin (classe 1970) è il direttore della parte sportiva del UAE Team Emirates
Joxean, la UAE Emirates continua a crescere. Come andate verso il 2024?

Quel che vogliamo è essere protagonisti al livello mondiale con più corridori e in più gare. E’ per questo che avevamo Adam Yates negli Stati Uniti e poi in Canada, Ayuso e Almeida alla Vuelta, Pogacar e Hirschi in Italia…  Per noi è importante il bilancio tecnico/sportivo. E c’è spazio per tutti. Poi è chiaro che quando c’è Pogacar, la squadra è per lui. Così come è chiaro che usciamo da una Vuelta e una stagione in cui i Jumbo-Visma hanno fatto primo, secondo e terzo e vinto tutti e tre i grandi Giri. Loro hanno due dei tre corridori più forti al mondo del momento, l’altro è il nostro.

Partiamo da Sivakov, tra gli atleti della vostra campagna acquisti molto in vista in questo momento visto come si è comportato tra Giro di Toscana e Memorial Pantani. Che prevedete per lui?

Come detto, ci sarà spazio anche per lui. Avrà le sue corse. Ma all’occorrenza sarà per la squadra. Abbiamo tanti e tutti capitani.

Esatto: ormai per essere una squadra forte servono tutti “capitani”. E’ anche per puntare alla classifica UCI?

Quello è un nostro focus. Certo, la Jumbo-Visma in questa Vuelta ha fatto un record assoluto di punti presi in un solo grande Giro. Credo che ne abbia presi 3.000. Noi siamo stati la seconda squadra con mille punti: pensate che differenza. Prima di questa corsa avevamo 2.600 punti di vantaggio, ora siamo lì.

Passiamo agli altri ragazzi. Morgado e Arrieta, sono molto giovani…

Perché in questo nostro progetto noi guardiamo anche alla crescita. Loro saranno i capitani del futuro. Servono corridori pronti come i Sivakov e i Politt, ma anche atleti di prospettiva. Ma quando dico futuro, dico un futuro vicinissimo. Parlando dei due atleti, tecnicamente sono due profili diversi. 

Il “vecchio” Pogacar con lo svizzero Jan Christen (classe 2004) stagista della UAE Emirates alla Coppa Sabatini
Il “vecchio” Pogacar con lo svizzero Jan Christen (classe 2004) stagista della UAE Emirates alla Coppa Sabatini
Spiegaci meglio…

Arrieta è uno scalatore spagnolo, non dico come Ayuso, ma non è molto lontano da quel livello. Sono convinto che il prossimo anno farà un grande salto di qualità. Morgado ha una classe mondiale, che può andare bene su più terreni. Ma penso anche allo svizzero Jan Christen. Va in mtb, ha vinto un europeo, può vincere una volata quasi di gruppo e andare forte in salita, fa pista… Capite quando parlo di futuro? Gli abbiamo fatto un contratto fino al 2028. Quando scegliamo un ragazzo è perché ci crediamo.

E Baroncini?

Anche lui avrà il suo spazio e in più occasioni. Filippo potrà essere un corridore molto, molto importante per le classiche. In lui crediamo molto e anche per lui vedo un grande salto di qualità il prossimo anno. Sentirà la nostra fiducia.

Quindi atleti giovani, profili di spicco e dei “capitani” che si mettono a disposizione: la Jumbo-Visma ha fatto alzare l’asticella?

Sì, ma credo che anche noi abbiamo fatto migliorare loro e li abbiamo fatti essere più competitivi. Penso a un grande campione come Roglic per esempio. Dopo il Giro non lo hanno portato al Tour ma lo hanno fatto recuperare in vista della Vuelta. Non era possibile dopo un Giro tanto duro averlo al livello necessario per il Tour.

Quindi anche loro si sono dovuti fare i calcoli…

Il discorso del livello di competitività è reciproco. Riporto la classifica UCI, noi e la Jumbo siamo sul filo dei 27.000 punti, la terza, la Ineos-Grenadiers, ne ha 16.000. Un gap enorme, quasi il doppio.

“Tutti capitani”: corridori fortissimi e vincenti in ruolo di gregari per UAE e Jumbo. Anche per il 2024 sarà così
“Tutti capitani”: corridori fortissimi e vincenti in ruolo di gregari per UAE e Jumbo. Anche per il 2024 sarà così
Torniamo al volto 2024 della UAE. Con il saluto di atleti come Ackermann e Trentin ci si sposta sempre più sulle corse a tappe?

No, attenzione, Trentin: non era solo per le gare di un giorno, Matteo era al Tour. E lo scorso anno non lo ha fatto solo perché aveva il Covid. E’ uno dei corridori più forti e intelligenti del gruppo, non volevamo perderlo, ma gli hanno fatto una proposta di tre anni e alla sua età ci sta che l’abbia colta. Per quanto riguarda lo sbilanciamento sui grandi Giri, a ottobre saremo in Belgio tutti per il velocista Ackermann (nonostante vada via, ndr). Vogliamo essere competitivi in tutti i tipi di gara.

Domanda che in parte si lega ai programmi UAE 2024. Tra i big, Pogacar è l’unico che in stagione non ha ancora mai fatto il secondo grande Giro. Come mai? E avverrà il prossimo anno?

Partiamo dal fatto che se i Jumbo-Visma hanno vinto i tre grandi Giri, noi abbiamo conquistato la maglia bianca in tutte e tre queste gare. Significa che i nostri atleti sono giovani, non hanno 30 anni e il futuro è dalla nostra parte… Non farei dunque dei paragoni. Certo che Tadej può fare due grandi Giri nello stesso anno, ma prima ancora del risultato noi curiamo la carriera sportiva degli atleti. 

Vai avanti…

Almeida, per esempio, è un corridore molto importante, ma in questo momento a 24 anni, non ci sembrava giusto di fargli fare il Tour dopo il Giro. Intanto pensiamo al bilancio sportivo, al recupero, al rispetto della crescita dell’atleta e guardiamola in prospettiva. Come ho già detto prima, quando noi portiamo avanti un progetto con un corridore ci crediamo fino in fondo. Gli diamo fiducia con contratti anche di 6-7 anni.

La nuova dimensione di Wellens, per finire come vuole lui

06.09.2023
5 min
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C’era una luce particolare negli occhi di Tim Wellens, mentre ritirava sul podio la maglia di vincitore del Renewi Tour. La luce della rivincita. Alla sua prima stagione alla Uae Emirates, dov’era arrivato non senza clamori, come uomo capace di dare quella spinta in più a un team da sempre ritenuto “Pogacar-dipendente”, il belga aveva sì vinto una gara, ma sembrava non essere più né carne né pesce, quasi schiacciato dalla preponderanza dello sloveno, in cerca di vittoria appena sale su una bici. L’infortunio del Fiandre e il conseguente stop di quasi due mesi e mezzo non hanno agevolato il suo cammino.

Non è stato un anno facile per Wellens e quella vittoria, sulle strade di casa, se l’è goduta nella tranquillità della famiglia. Mentre tramite WhatsApp si parla attraverso migliaia di chilometri di distanza, emerge chiara in sottofondo la voce di suo figlio nato nello scorso inverno, che richiama al caos famigliare che in certi casi è molto più ritemprante della calma piatta.

«Sono arrivato alla gara con tante ambizioni – racconta – ci tenevo a far bene e alla fine tutto ha funzionato perfettamente. Sapevo che molto si giocava nella cronometro dove ho chiuso 2° alle spalle di Tarling, mi ero allenato molto per quel giorno ed è stato davvero un buon inizio. Poi il giorno dopo ho sfruttato la gamba che avevo e solo Teunissen mi ha battuto. Lì ho preso la maglia per non lasciarla più. E’ stata davvero una bella settimana con la squadra, i compagni mi hanno aiutato perfettamente a difendere la maglia di leader e guardo indietro con la grande soddisfazione di aver vinto ancora. E’ un successo che significa molto».

Arrivato alla Uae sull’onda dei successi alla Lotto, il belga ha ridisegnato il suo ruolo
Arrivato alla Uae sull’onda dei successi alla Lotto, il belga ha ridisegnato il suo ruolo

Un cambio completo

Tim sa bene che in questa stagione era guardato col microscopio. 32 anni, considerato un grande interprete per le classiche, molti si attendevano di vederlo più volte sul gradino più alto del podio. Il belga però non si lamenta, è chiaro che questo successo ha spostato un po’ gli equilibri della bilancia delle sue aspirazioni.

«Il mio primo anno all’UAE Team Emirates è stato effettivamente migliore del previsto. Sono stato più di dieci anni nella stessa squadra, che era diventata un po’ una famiglia, quindi avevo un po’ di paura nel cambiare tutto, incontrare nuove persone, trovare nuovi equilibri. L’integrazione però è andata davvero bene, si sono tutti messi a disposizione e io ho fatto lo stesso.

Wellens ha avuto un grande aiuto dalla squadra, correndo da capitano al Renewi Tour
Wellens ha avuto un grande aiuto dalla squadra, qui con Trentin a scortarlo

Il Tour mancato

«Bisogna capire che cambiare tutto a una certa età non è semplice. Io ho dovuto davvero voltar pagina, cambiare anche preparazione e all’inizio avevo molti dubbi. Come avrei reagito ai nuovi allenamenti? Sentivo che alcune volte durante la stagione avevo gambe che non sentivo da molto tempo, quindi ero molto soddisfatto delle mie prestazioni in gara e non stavo tanto a guardare i risultati, sapevo che sarebbero arrivati».

Molti si sono stupiti non vedendolo al Tour de France, pensando che quella fosse una bocciatura: «Non posso negare – dice – che uno dei motivi per cui volevo venire qui era fare un grande Giro con quello che è giustamente ritenuto il migliore del mondo. E penso che sia davvero speciale vincere un grande Giro come compagno di squadra. Con un corridore come Tadej, le possibilità sono alte… Quindi di sicuro sono rimasto molto deluso di non essere riuscito a entrare nella selezione, ma questa è stata una scelta giusta perché il mio livello non era tale da garantire un rendimento all’altezza, gli infortuni della prima parte di stagione avevano influito, ero indietro con la preparazione, quindi è stata una buona decisione. L’anno prossimo spero sicuramente di essere lì in buone condizioni per rendermi molto utile per la squadra».

Wellens al Tour 2022. la sua avventura alla Lotto è durata oltre 10 anni, con molte vittorie
Wellens al Tour 2022. la sua avventura alla Lotto è durata oltre 10 anni, con molte vittorie

Il nuovo ruolo nel team

Una cosa che bisogna riconoscere a Wellens è di essersi saputo mettere in discussione. Alla Lotto Dstny era un leader, alla Uae sapeva che un leader già c’era, un leader assoluto, che vuole e sa vincere in qualsiasi corsa e situazione. Cambiare ruolo che cosa ha comportato?

«Il mio ruolo ora è portare il leader al punto cruciale totalmente davanti al plotone – spiega – in modo che sia pronto senza aver speso energie e so come si fa proprio perché per anni sono stato un leader alla Lotto e qualcuno lo ha fatto per me. Ho avuto molte opportunità nella mia carriera di cui sono molto grato. Grazie a ciò ho potuto vincere molte gare, non avrei mai potuto pensare di vincerne più di 30, quindi sono super felice di quello che ho avuto. Ma ho notato che negli ultimi due, tre anni alla Lotto volevo cambiare.

Il sodalizio con Pogacar ha subito funzionato. Qui il lancio del famoso scatto dello sloveno all’ultima Sanremo
Il sodalizio con Pogacar ha subito funzionato. Qui il lancio del famoso scatto dello sloveno all’ultima Sanremo

I programmi per un dolce tramonto

«Non volevo più avere sempre tutta la pressione sulle spalle, che è bello, ma pesante se non sei al massimo. Volevo fare qualcos’altro, qualcosa con meno pressione sulle spalle e la Uae è ideale per questo perché ha tanti corridori vincenti, anche migliori di me. Ma ciò che è stato molto importante per me è che in alcune gare ho ancora la mia opportunità e non posso lamentarmi, perché vedo che la squadra apprezza gli sforzi che faccio».

Per questo Tim non ha particolari aspirazioni per la prossima stagione, sembra aver trovato la dimensione ideale per il suo finale di carriera, esattamente come voleva disegnarlo: «Quando faccio bene il mio lavoro, la squadra è felice e questo mi dà davvero stimoli anche per la prossima stagione. Siamo una squadra, abbiamo visto che se ognuno s’impegna e svolge il proprio ruolo, i risultati arrivano. Una volta sarà a sostegno di Tadej (beh, magari anche più di una…), un’altra a sostegno di un altro compagno e ci sarà anche la possibilità che in quella gara, in quel dato giorno si lavori per me. Per mantenere alta la motivazione. E comunque un obiettivo per il 2024 ce l’ho: essere parte integrante del team in un grande Giro».

Milesi e Baroncini, le soddisfazioni iridate della Beltrami

30.08.2023
6 min
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«Prima di vincere o fare risultato, a noi interessa insegnare ai ragazzi cosa significhi diventare dei corridori senza creare false illusioni. E aver visto Baroncini prima e Milesi poi diventare campioni del mondo ci rende molto orgogliosi del lavoro fatto con loro». Lo afferma con convinzione Roberto Miodini, diesse della Beltrami TSA Tre Colli, che aveva guidato i due giovani italiani nella loro rispettiva prima stagione da U23.

Il team continental emiliano è stato come un centro di svezzamento sia per loro che per altri attuali pro’ che sono passati da lì, ma è ovvio che quei trionfi iridati abbiano un sapore speciale. Lo splendido agosto di di Milesi – composto nell’ordine dalla vittoria della crono mondiale U23 a Glasgow, il quinto posto nella prova in linea e la vestizione della maglia rossa a La Vuelta grazie al primo posto della Dsm-Firmenich nella cronosquadre – ha bissato di fatto quelle sensazioni vissute nel 2021 con la favolosa cavalcata di Baroncini a Leuven. Col tecnico parmense siamo tornati ai tempi di “quei” due ragazzi…

Roberto andando in ordine cronologico, che ricordo hai di Milesi?

Sicuramente è fresco. L’ho sentito dopo i suoi recenti risultati. Lorenzo è stato con noi per una stagione nel 2021, ma pensate che venne in ritiro il primo giorno anche l’anno dopo, che era già in DSM, per salutare i vecchi compagni e il resto dello staff. Quando lo abbiamo preso sapevamo che era uno degli junior più promettenti. In Beltrami ha fatto un’annata molto buona, sempre al servizio dei compagni. Correva in modo generoso e spesso gli ho detto, quasi rimproverato, che lo era anche troppo, come quella volta alla Milano-Busseto. Andò in fuga con altri quattro fin dai primissimi chilometri e nel finale, col gruppo arrivato a cinquanta metri, tirò alla morte pur di non farlo rientrare. Lui fece quinto su cinque e mi disse: «Hai ragione potevo agire diversamente, ma non volevo che ci riprendessero, ci meritavamo di arrivare noi».

Cosa gli avevi risposto?

Fondamentalmente nulla (sorride, ndr). Forse sarebbe riuscito ad ottenere qualcosa in più, ma ormai la corsa era finita e al limite lo avrei visto all’opera in quella successiva. D’altronde Lorenzo ha sempre guardato alla sostanza in gara. Di lui ti accorgevi subito del gran motore che aveva. Anche al Giro dell’Emilia in mezzo ai pro’ fece un gran numero. 145 chilometri di fuga prima di staccarsi e ritirarsi al primo passaggio sul San Luca quando si mossero i big. Per me quell’azione valeva come cinque vittorie, alla faccia di chi vede solo i risultati e mai le prestazioni. Che è un tipico ragionamento che c’è nel ciclismo giovanile e dilettantistico però questo è un altro discorso

Invece un ricordo di Baroncini?

Devo dire che sono tanti per entrambi ed è normale che dopo le loro vittorie assumano anche un significato diverso. Filippo era uno junior di grande prospettiva, che aveva fatto una bella trafila giovanile. Era arrivato nel 2019 e lo avevamo preso convinti che avrebbe fatto bene in poco tempo. Nel primo anno ha capito com’era la categoria cogliendo qualche buon piazzamento. Nel 2020 invece, quando la stagione è ripresa dopo il lockdown, bastava portarlo solo alle corse perché non ne ha sbagliata una. In quaranta giorni aveva collezionato due vittorie e sei top 10, ma ci piaceva come interpretava la corsa, all’attacco e convinto dei suoi mezzi. Eravamo certi che nel 2021 sarebbe diventato il più forte con noi o con altri.

Era obiettivamente difficile trattenerli?

E’ un discorso complesso e semplice al tempo stesso. Nel caso di Lorenzo, quando arrivò da noi, sapevamo che era già nel mirino di squadre WorldTour, tant’è che la DSM lo prese per il suo Devo Team. A Filippo invece è stato proposto un contratto migliore da un’altra parte (passò alla Colpack-Ballan, ndr) che noi non riuscivamo a pareggiare. Ci è dispiaciuto chiaramente ma forse doveva andare così…

In ogni caso resta la soddisfazione di aver introdotto due futuri iridati nel difficile mondo di U23 e pro’.

Certo, siamo contenti. Significa che funziona bene il cosiddetto scouting e quindi il lavoro che facciamo sui ragazzi. In Beltrami vogliamo che i ragazzi siano consapevoli di quello che stanno facendo per capire dove vogliono arrivare. Poi è ovvio che la differenza è data dalle motivazioni e da una buona dose di fortuna. Considerando che la nostra squadra è di recente costituzione, nell’ultimo periodo abbiamo una buona percentuale di nostri ex atleti al primo anno da “dilettante” che ora sono professionisti. Penso a Parisini e Tarozzi oltre a Fiorelli, anche se era già un po’ più grande. A loro aggiungo De Pretto che è stato con noi nel 2021, quando c’era Milesi, e che ha appena firmato due anni nel WorldTour con la Jayco-AlUla. Quando leggiamo di questi passaggi siamo molto orgogliosi.

Vedendo ora dove sono, cosa prevede Roberto Miodini per Baroncini e Milesi?

Sono due ragazzi diversi fra loro, sia fisicamente che caratterialmente. Filippo spero che abbia più fortuna in certe situazioni. Quando cade spesso si fa male o si rompe. Oppure se al campionato italiano non avesse forato avrebbe vinto lui, ne sono sicuro al cento per cento. Andrà in UAE e si ritaglierà un ruolo da protagonista o da punta perché è nella sua indole. E’ ancora giovane e può diventare un corridore da classiche. Di Lorenzo invece stiamo scoprendo le sue potenzialità. Forse è meno appariscente, ma decisamente solido. Ha solo 21 anni e la sua dimensione la troverà a brevissimo. Di certo è che saranno due corridori fondamentali per la nazionale di Bennati nell’imminente futuro.

Arriva Baroncini, caro Baldato sarà alter ego di Trentin?

29.08.2023
4 min
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Un campione che va. Un campione che viene. In UAE Team Emirates il bilancio è apparentemente in pareggio, perché se Matteo Trentin saluta la squadra di Mauro Gianetti, vi approda Filippo Baroncini. Un campione di esperienza al posto di un campione giovane.

Non che l’iridato U23 di Leuven 2021 sia arrivato per rimpiazzare il campione europeo 2018, ma certo questa staffetta ha delle suggestioni. E allora con Fabio Baldato, uno dei diesse della UAE, vorremmo capire quanto queste suggestioni possano avere dei risvolti tecnici.

Baroncini (classe 2000) a fine stagione passerà dalla Lild-Trek alla UAE Emirates
Baroncini (classe 2000) a fine stagione passerà dalla Lild-Trek alla UAE Emirates
Fabio, arriva Baroncini…

Eh – sospira Baldato – Baroncini è un gran bel corridore. L’ho seguito soprattutto durante quel mondiale tra gli under 23 e fu entusiasmante, lo vinse alla grande. Tra i pro’ deve ancora far vedere il suo valore. Sappiamo con certezza che ha grandi qualità e potenzialità enormi. Starà anche a noi fargliele esprimere.

E parte Trentin. Filippo è il suo sostituto? Ci sono delle analogie fra i due?

Matteo ha una cosa che non puoi comprare oltre alle qualità atletiche e fisiche ed è l’esperienza. L’occhio che ha della corsa. Specie nelle corse adatte a lui dove anche Filippo può fare bene, penso alle classiche del Belgio. Matteo ha accumulato questa esperienza negli anni, Baroncini ci può arrivare. Il modo in cui ha vinto il mondiale ha mostrato che sa muoversi.

Che spazi avrà? Abbiamo parlato di classiche indirettamente, ma dovrà aiutare Pogacar?

Mi aspettavo questa domanda! Vedremo… Prima di tutto non sono io che prendo certe decisioni, poi bisognerà vedere tante cose: le intenzioni della squadra, quelle di Tadej, la condizione dei singoli corridori… Certo, mi sento di dire che se Pogacar vuol puntare al Fiandre, per esempio, è chiaro che che anche un Baroncini eventualmente sarebbe chiamato in causa per aiutarlo. Alla fine parliamo di un atleta che, in due Fiandre che ha fatto, uno lo ha vinto e nell’altro ci è andato vicino.

Trentin ha scortato Pogacar per tre anni. Lo sloveno ne faceva un punto di riferimento
Trentin ha scortato Pogacar per tre anni. Lo sloveno ne faceva un punto di riferimento
In effetti…

Ma ciò non toglie che Baroncini non possa correre alla Trentin. Essere cioè l’ago della bilancia, un aiuto fondamentale per Tadej. E correre comunque da protagonista.

Che corridore ti aspetti di guidare?

Non lo conosco così bene, lo conoscete più voi! Non posso che rifarmi a quanto visto da quel che ha fatto tra gli under 23. E oltre ad aver vinto e ad andare forte, so che ha aiutato tanto e bene Ayuso nel Giro Under 23. Lo scoprirò nel corso dei mesi, anche dal punto di vista umano.

Trentin e Baroncini per te si somigliano?

Un po’ sì. Col tempo, come detto, Matteo è diventato un punto di riferimento, ma questo paragone va preso con le pinze. Lui è gli occhi del direttore sportivo in corsa. E’ uno di quei corridori che non ha bisogno di fare “uno più uno per dire due”. Lui va direttamente al due. Anche al Renewi Tour nella tappa vinta da Mohoric si è gestito alla grande nel finale. Un corridore così ci mancherà. 

L’emiliano è un corridore completo. Va forte a crono, è veloce e anche in salita si difende benone
L’emiliano è un corridore completo. Va forte a crono, è veloce e anche in salita si difende benone
E con Baroncini?

Possiamo costruire delle belle cose. I programmi sono ancora tutti da fare. E’ un corridore che mi stimola, che non vedo l’ora di guidare e spero di riuscire a fare qualcosa di bello con lui.

Per quali corse lo vedi più adatto?

Come detto il Fiandre. Ma anche un’Amstel Gold Race… Tutte quelle corse in Belgio che ormai non sono più solo per velocisti. Ci metterei anche una Gand. Ma perché no, anche una Sanremo. Sarà tutto scoprire, da capire anno per anno, in base alla sua crescita, alla sua condizione. Che poi è il bello e il difficile del nostro mestiere, tanto più in una squadra ricca di campioni come la UAE Emirates.

Trentin lascia Pogacar: 3 anni con Cancellara, ecco perché

25.08.2023
6 min
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Qualcuno ha detto che quando Pogacar ha saputo che il prossimo anno Trentin cambierà squadra sia andato su tutte le furie. Matteo non ne sa nulla. Lui ha preso la sua decisione e dal 2024 al 2026 correrà con la maglia del Tudor Pro Cycling Team in cui molto probabilmente approderà anche un altro Matteo come diesse. Professionista dal 2012, la carriera di Trentin è stata finora tutt’altro che banale e con pochi cambi di maglia. La Quick Step nei suoi vari cambi di nome, poi la Mitchelton-Scott, un anno con la CCC che poi ha chiuso e ancora adesso il UAE Team Emirates. Perché cambiare a 34 anni? Lo abbiamo chiesto a lui, nei giorni del Renewi Tour, il vecchio Benelux Tour, che fu prima BinckBank Tour e prima ancora Eneco Tour.

Glasgow, caduta, ritiro e dolore alla mano: le radiografie hanno escluso la frattura
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Prima cosa: come sta la mano del mondiale? Alla fine niente di rotto…

No, non era rotto niente, ma c’è un ematoma su una delle ossa della mano, non chiedetemi il nome, non lo ricordo più. Quello c’è e ci vorrà del tempo prima che si riassorba. Se avessi preso una botta su una coscia, dopo una settimana o due al massimo si sarebbe riassorbita. Questo durerà almeno un altro mesetto.

Ti provoca qualche fastidio?

Meno di una settimana fa e molto meno di due settimane fa, però dà ancora fastidio. Un fastidio diverso dall’essere caduto nuovamente al mondiale, ma questa volta me la sono anche andata a cercare, non posso recriminare più di tanto su qualcuno o qualcosa. Ho fatto una mossa che semmai andava fatta negli ultimi giri. Se proprio devo andare a infilarmi da qualche parte, magari si poteva fare quando ne fosse valsa la pena. Però ormai è fatta, quindi…

Il Tour non è stato fortunato per Matteo: troppe cadute. Qui lo spinge Matxin
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Come è maturata, al di là dell’offerta, questa idea di cambiare squadra?

In realtà mi hanno cercato molto presto, poi il tempo passa, ci sono cose da fare, però mi era piaciuto molto il progetto. Non è che fossi alla ricerca di un cambio o qualcosa del genere, però mi è piaciuto molto il fatto che cercassero uno della mia età, rispetto magari ad altre realtà dove un corridore di 34 anni viene messo in discussione, perché non si sa quanto durerà. Loro invece sono venuti proprio per la mia esperienza, per quello che posso dare alla squadra e anche con un intervallo di tempo importante. Insomma, un contratto di tre anni a questa età non lo trovi sotto i sassi.

Che cosa cercano da uno della tua esperienza: che aiuti i giovani o che dimostri di saper ancora vincere?

Tutte e due le cose, ma potete chiederlo a loro. Penso che quest’anno per me non sia stato un granché, sia al Tour che al mondiale. In Francia non ho potuto avere le mie chance, ovviamente, perché eravamo tutti per Tadej e lo sapevo dal principio. Quindi non sono andato neanche a cercarmele. Però ugualmente ho visto che nonostante abbia 34 anni, riesco a stare davanti quelle due volte in croce che posso giocarmi le mie carte. E al mondiale stessa storia. Sono caduto, ma sono sicuro che avrei fatto una gran corsa. Non so tradurlo in termini di piazzamento, ma stavo bene davvero.

Nella 19ª tappa del Tour, Trentin coglie il nono posto. La fuga è quella giusta, ma contro Mohoric c’è poco da fare
Nella 19ª tappa del Tour, Trentin coglie il nono posto. La fuga è quella giusta, ma contro Mohoric c’è poco da fare
Cosa ti piace del progetto Tudor?

E’ una squadra giovane, con un grande sponsor e una grande società alle spalle. Nomi molto importanti e il fatto che entrino aziende così altisonanti è una bella cosa per il ciclismo in generale. E poi mi piace la visione a lunghissimo termine, basta vedere che con Bmc hanno firmato per sei anni. Quindi contratti lunghi e un progetto a lunga gittata. Non guardano al prossimo anno o quello dopo, guardano già parecchio avanti.

Hai avuto contatti anche con Cancellara?

Ho parlato anche con Fabian, ma ho notato che ogni persona con cui ho avuto a che fare si è attenuta sempre al suo ruolo. Tutti sanno tutto ovviamente, ma nessuno sconfina nel ruolo altrui. Si parla di una cosa con uno e di una cosa con un altro, ognuno ha la sua responsabilità. C’è una settorialità comunicativa, non a camere stagne.

Qui con Froidevaux, Fabian Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team
Qui con Froidevaux, Fabian Cancellara è il proprietario del Tudor Pro Cycling Team
Nella tua carriera hai cambiato poche squadre, resti parecchio: perché di volta di volta hai deciso di cambiare?

Quella in cui sono stato meno è la Mitchelton, ma non perché non mi trovassi bene nella squadra, anzi. E’ la squadra in cui a livello di ambiente mi sono trovato meglio, era un bellissimo gruppo in cui ho ottenuto i risultati migliori della mia carriera. Ho cambiato perché in quel momento non c’erano più le condizioni per lavorare serenamente. Ma non abbiamo litigato, ci salutiamo ancora. Diciamo che dove vado, cerco sempre di integrarmi nel gruppo e dare il mio contributo per quello che posso. Vedo che ha sempre funzionato. Tutti sanno che cambierò squadra, ma continuo a fare il mio lavoro al 100 per cento della mia professionalità. A me non è mai capitato, ma trovo che sarebbe poco furbo pagare uno e non farlo correre solo perché a fine anno andrà via.

Fra i tuoi obiettivi ci saranno ancora le classiche?

Diciamo di sì, anche se passando in una professional, molto sarà legato agli inviti ed è abbastanza presto per averne a determinate corse. Sinceramente voglio tornare a vincere e vincere bene: più due corse all’anno e questo sarebbe già il segnale che le cose funzionano. Tanto ormai si fa fatica in tutte le corse. Bello se vinci la prova monumento, ma non è che se vinci l’Omloop Het Nieuwsblad o Kuurne fatichi di meno.

Al mondiale, Trentin aveva una gran gamba. Qui scatta davanti a Pogacar, ma si ritirerà per caduta
Al mondiale, Trentin aveva una gran gamba. Qui scatta davanti a Pogacar, ma si ritirerà per caduta
Quanto è pesante per uno che ha velleità da vincente stare in una squadra in cui c’è un leader forte come Pogacar?

In realtà non tanto, perché quanti ne trovi di corridori così? Tadej è al di sopra di tutti, non puoi dire di essere più bravo di lui.

La decisione di cambiare è stata presa anche con tua moglie?

Abbiamo parlato un bel po’ anche a casa e poi mi sono orientato verso questa scelta. Cambiare dà nuovi stimoli, è una scelta di vita.

Come procede adesso la tua stagione?

Adesso il Benelux, forse Plouay e poi tutte le gare in Belgio e il finale in Veneto, a casa di Pippo Pozzato.