EDITORIALE / Il fenomeno è solo uno, si chiama Pogacar

04.03.2024
5 min
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La bellezza di uno sguardo. Sono le 14,34, chilometro 134 di corsa, quando Pogacar si ritrova in testa nella seconda parte di Monte Sante Marie. Si volta e forse per un secondo il dubbio balena nei pensieri. Poi incrocia lo sguardo di Wellens, vede che dietro sono tutti in dolorosa fila indiana e i dubbi spariscono. E’ il momento dell’attacco, con il coraggio che si richiede a un leader che sia davvero tale. Si alza. Dieci pedalate e dietro si fa il buco.

La cavalcata dello sloveno verso la seconda Strade Bianche della carriera inizia così, con 81 chilometri davanti e la sensazione di averla fatta davvero grossa. Incontrerà nuovamente Wellens e il suo sguardo sei minuti dopo aver vinto. Nell’attesa (speriamo breve) che il ciclismo italiano trovi un Sinner, un Tomba, un Pantani o un nuovo Nibali, questo sloveno è un capitale da tenersi stretto.

Chiuso il cross con i mondiali, Van der Poel tornerà alla Sanremo. Forse vincerà, ma non vi sembra tutto un po’… freddo?
Chiuso il cross con i mondiali, Van der Poel tornerà alla Sanremo. Forse vincerà, ma non vi sembra tutto un po’… freddo?

Dove sono i fenomeni?

Qualcuno ha detto che gli è riuscita facile, non avendo fra i piedi rivali del suo livello: quelli che ugualmente piegò lo scorso anno al Giro delle Fiandre. Tuttavia, nel rigettare l’obiezione, cogliamo l’osservazione per andare oltre. Dove sono finiti i fenomeni?

Tempo fa, parlando con Bartoli dell’esuberanza di Van der Poel e Van Aert, giungemmo alla conclusione che prima o poi avrebbero dovuto darsi una regolata: il momento è arrivato. In realtà qualcosa ha iniziato a cambiare dallo scorso anno, quando proprio Van der Poel selezionò tre obiettivi – Sanremo, Roubaix e mondiale – e ad essi sacrificò il resto. Scordatevi il VdP della Strade Bianche e degli attacchi alla Tirreno. Mathieu usò la corsa dei Due Mari per prepararsi alla Classicissima, tirando le volate a Philipsen. Vinse la Sanremo e si portò avanti la condizione fino alle classiche: secondo ad Harelbeke e al Fiandre, primo a Roubaix. Anche il Tour diventò banco di prova per il mondiale: nessuna rincorsa alla maglia gialla o risultati parziali, ancora volate da tirare e alla fine ebbe ragione lui. A Glasgow si pappò la concorrenza con una superiorità imbarazzante.

Per Van Aert è arrivato il momento delle scelte: meno istinto e più programmazione: la resa sarà migliore?
Per Van Aert è arrivato il momento delle scelte: meno istinto e più programmazione: la resa sarà migliore?

Van Aert in crisi

Bettini l’ha detto chiaro e a ragion veduta, pur attirandosi i commenti degli altrui tifosi: Van Aert è sempre protagonista, ma cosa ha vinto? E Wout ha iniziato a far di conto, ritrovandosi nei panni di quelli che dal 1999 al 2005 sognarono di vincere il Tour. Bisognava specializzarsi, altrimenti contro Armstrong tanto valeva non andarci. Lasciamo stare il motivo di tanta superiorità, quel che scattò a livello psicologico nei rivali e nei loro tecnici somiglia molto a quanto sta mettendo in atto Van Aert.

Il Fiandre e la Roubaix sono un’ossessione, Van der Poel è il suo demone e per batterlo il belga ha cancellato tutto. Niente più corse dal 25 febbraio al 22 marzo: un mese in cui lavorare in altura per sfidare il rivale di sempre. Ha rinunciato alla Strade Bianche e alla Sanremo dicendo di averle già vinte: punterà tutto sui due Monumenti del Nord, poi verrà al Giro, ma con quali obiettivi? A Van Aert piace vincere, si butta dentro e si afferma anche non essendo al top, come a Kuurne. Ha scelto lui il nuovo programma oppure qualcuno lo ha scritto per lui?

Anche altri hanno evitato la sfida della Strade Bianche. E se “paperino” Pidcock è sempre lì che lotta e come nel cross alla fine gli tocca accontentarsi delle briciole, la scelta di puntare sulla Parigi-Nizza ha fatto sì che a Siena mancassero Bernal, Evenepoel, Roglic e lo stesso Moscon. Mentre Vingegaard, atteso alla Tirreno-Adriatico, ha preferito lasciare spazio alle riserve della Visma-Lease a Bike, che non sono state all’altezza dei capitani. Il campione europeo Laporte è arrivato oltre i sei minuti e gli altri ancora più indietro.

Ironia, buon umore, leggerezza: questo atteggiamento di Pogacar non passa inosservato (foto Instagram)
Ironia, buon umore, leggerezza: questo atteggiamento di Pogacar non passa inosservato (foto Instagram)

Benedetto sia Pogacar

In tutto questo programmare, necessario per raggiungere gli obiettivi e avere una carriera più lunga, Pogacar resta un’eccezione. E’ vero che non prenderà parte alla Tirreno e non è alla Parigi-Nizza, ma lo vedremo alla Sanremo, alla Liegi, al Giro, al Tour, alle Olimpiadi e ai mondiali, con mezza porticina sulla Vuelta che non si chiude perché non c’è necessità di farlo ora. La differenza rispetto a Van der Poel, è che Pogacar lotterà per vincere in ciascuna di queste corse, unico esempio di uomo da grandi Giri che vince anche le classiche, in attesa che Evenepoel individui la sua strada.

Pogacar piace perché preferisce allenarsi piuttosto che correre in modo deludente, ma quando corre lascia il segno. Al netto delle grandi vittorie e delle sconfitte che probabilmente si troverà a vivere, il vero fenomeno è lui. Gli altri sono grandi atleti, grandissimi atleti, con motori impressionanti, ma con qualche deficit a livello di empatia.

L’anno del Covid ha falsato il contesto, perché ha permesso a pochi di essere in forma nelle pochissime gare disputate. Ora che i calendari sono nuovamente pieni, anche i fenomeni degli anni scorsi hanno capito di non poter fare tutto. Solo Pogacar continua a tenere l’asticella molto in alto. Che sia per talento, incoscienza o per il piacere di correre in bici, noi ce lo teniamo stretto. Non sarà italiano e probabilmente anche al Giro non incontrerà avversari del suo livello, ma da che mondo è mondo, la colpa è degli assenti. Chi vince ha sempre ragione.