Leknessund si prepara per un altro giorno cruciale

25.05.2023
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Sul Monte Bondone il Giro d’Italia ha voltato le carte, tenute finora sempre ben nascoste nel mazzo. Il lavoro impressionante di Almeida e Thomas ha aperto la corsa rosa esponendo tutti i rivali. Prima della sedicesima tappa il Giro ha vissuto di attendismo ed a trarne vantaggio ci ha pensato Leknessund. Il norvegese ha preso il primato della corsa rosa sull’arrivo di Lago Laceno, restituendolo poi a Evenepoel alla cronometro di Cesena. Leknessund martedì sulle rampe del Bondone ha pagato probabilmente il giorno di riposo, accusando 2’42’’ da Almeida.

Leknessund ha avuto la bravura di conquistare la maglia a Lago Laceno e di tenerla fino a Cesena
Leknessund ha avuto la bravura di conquistare la maglia a Lago Laceno e di tenerla fino a Cesena

Sempre in top 10

Oggi che il Giro propone un’altra giornata importante, dopo che sul Bondone il norvegese ha accusato un passivo di 2’42” da Almeida e Thomas, rileggere la sua vicenda è il modo per consegnarlo alla storia del Giro d’Italia.

«Sto bene  – ci dice – non mi aspettavo di ritrovarmi in ottava posizione in classifica generale. L’occasione è grande e posso vedere fin dove mi posso spingere, vedremo cosa riusciremo a raccogliere da qui alla fine. E’ il mio secondo grande Giro, dopo il Tour de France dello scorso anno. Nella terza settimana della Grande Boucle mi sentivo bene, spero di replicare quelle sensazioni».

E’ nato a Tromso, nel Circolo Polare Artico, il rischio maggiore? Trovare renne durante gli allenamenti (foto Instagram)
E’ nato a Tromso, nel Circolo Polare Artico, il rischio maggiore? Trovare renne durante gli allenamenti (foto Instagram)

Sci e calcio

Leknessund è nato a Tromso, all’interno del Circolo Polare Artico, la città è considerata la capitale della Lapponia. Il corridore del Team DSM si è affacciato abbastanza presto nel mondo del ciclismo, scoperto grazie al padre ed alla sorella. Ma prima, come ogni norvegese che si rispetti, ha attaccato ai piedi gli sci da fondo.

«Sono cresciuto giocando a calcio e praticando sci da fondo – racconta – ho iniziato ad andare in bici quando avevo tredici anni, nella squadra della mia città: Tromso. Mio padre e mia sorella pedalavano già e io ho trovato questo sport piacevole e ho continuato a praticarlo. Non ero molto bravo all’inizio, ma avevo un gran bel gruppo di amici e ho continuato per quello, è stata più una questione di passione e amicizia.

«Ho poi deciso di andare in una scuola di ciclismo vicino a Oslo e mi sono trasferito lì quando avevo quindici anni. E’ sempre difficile quando cerchi di fare l’atleta professionista, devi impegnarti tanto, così ho fatto. Ogni anno ho fatto dei passi che mi hanno permesso di portarmi dove sono ora».

A quindici anni si è trasferito ad Oslo, il clima per allenarsi è più mite (foto Instagram)
A quindici anni si è trasferito ad Oslo, il clima per allenarsi è più mite (foto Instagram)

Nuova generazione

Il Nord Europa sta sfornando una grande dose di talenti nel ciclismo, basti pensare al vincitore dell’ultimo Tour de France: Vingegaard. Una scuola che prepara gli atleti nel migliore dei modi, tutti con caratteristiche da scalatori, anche se da quelle parti le salite scarseggiano. 

«E’ vero – spiega – non ci sono molte salite dalle mie parti, ma a casa mi alleno principalmente sulla quantità. Utilizzo principalmente i training camp che facciamo in Spagna durante l’inverno per allenarmi in salita. Durante il mio primo anno nel WorldTour non sono andato molto bene. Negli inverni successivi il team ha deciso di mandarmi due volte all’anno in ritiro in altura per migliorare e crescere.

«Sono molto contento di come sta andando, penso di non essere ancora al top delle mie possibilità, ma è giusto così. Ogni stagione ho fatto dei passi, naturali, di crescita e devo continuare in questa direzione. Durante l’inverno lo sci rimane uno dei migliori modi per allenarsi, fin da quando sono giovane, aiuta ad allenare tutto il corpo».

Nel 2022 ha vinto la corsa di casa: l’Arctic Race of Norway (foto Instagram)
Nel 2022 ha vinto la corsa di casa: l’Arctic Race of Norway (foto Instagram)

Il manager italiano

Nel destino di Leknessund l’Italia non rappresenta una novità. Il norvegese nel 2020, nelle zone dove passerà il Giro, ha vinto il Giro del Friuli. Il profilo di questo corridore però è un’incognita, basti pensare che nel 2019 è arrivato secondo alla Gent-Wevelgem U23. Di italiano, per Leknessund, c’è anche uno dei suoi riferimenti sportivi, ovvero il suo procuratore: Manuel Quinziato

«Ho conosciuto Leknessund nel 2018 – racconta Quinziato – era il primo potenziale uomo per i grandi Giri della Norvegia. Ancor più di Foss, due anni più grande di lui, nonostante il corridore della Jumbo-Visma abbia vinto il Tour de l’Avenir nel 2019. Quell’anno Leknessund avrebbe dovuto correrlo da protagonista, ma un infortunio lo tirò fuori dai giochi. Non è uno scalatore puro e quindi perde sulle salite lunghe, ma nelle corse a tappe brevi ha fatto sempre bene.

«Inoltre – continua- è molto forte anche a cronometro, tanto da aver vinto un titolo europeo juniores ed uno anche da under 23. Lo vedo anche molto bene nella classiche delle Ardenne, ha grandi doti di fondo che mi fanno pensare ad una buona predisposizione per le grandi corse a tappe. Questo Giro è solamente la sua seconda gara di tre settimane, la crescita, dal mio modo di vedere, ci sarà».

Borgo Molino, il difficile equilibrio tra vittorie e futuro

16.06.2022
6 min
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Quali ingredienti servono per comporre uno junior, affinché da grande diventi un grande corridore? E’ la domanda che ci si pone da tempo davanti alle differenze spesso imbarazzanti in ambito under 23 fra i nostri e gli altri. E se è vero che all’estero probabilmente si hanno altre libertà, come denunciato da Oldani al Giro d’Italia, il dubbio che qualcosa in Italia manchi nella formazione in certi giorni ti assale. Sarebbe sbagliato cercare tracce di Evenepoel in ogni ragazzino, ma è interessante chiedersi in che modo crescano i nostri futuri professionisti. E così un sondaggio abbiamo ritenuto di farlo con Cristian Pavanello, diesse della Borgo Molino: la squadra che negli ultimi mesi ha mandato Pinarello direttamente fra i pro’ e corridori come Bruttomesso e Ursella alla Zalf e alla DSM. Eppure fra i tecnici degli U23 c’è chi dice che nel team di Ormelle, in provincia di Treviso, si guardi più al risultato immediato che al lungo termine.

«Sono un tecnico vincente – dice Pavanello, fratello di Luca che fu professionista con la Aki-Gipiemme e per quattro anni a sua volta dilettante, tra la Zalf Fior e la Bata-Moser – e alle corse si va per vincere. Non perché abbiamo bisogno di fare punti, ma perché la vittoria è quello che ripaga i ragazzi dei loro sforzi. Abbiamo vinto con 6-7 corridori diversi, se invece badassimo davvero alla quantità, punteremmo su quelli che danno più garanzie e metteremmo gli altri a tirare. Facciamo tutte le internazionali che ci sono in Italia e abbiamo in programma di fare una trasferta all’estero. Ma i ragazzi hanno la scuola e poi lo stage. Poi c’è la nazionale. Non è semplice trovare il tempo».

Cristian Pavanello è stato dilettante e guida gli juniores della Borgo Molino (foto photors.it)
Cristian Pavanello è stato dilettante e guida gli juniores della Borgo Molino (foto photors.it)
Critiche rispedite al mittente?

Una cosa che mi fa pensare di essere sulla strada giusta è che i nostri ragazzi vengono ricercati da tante squadre. I risultati confermano il buon lavoro che facciamo. Alcuni si confermano e alcuni chiaramente si perdono, magari anche ragazzi da cui ci aspettavamo tanto, ma questo succede a tutti. Secondo me se qualcuno si lamenta, è semmai perché i nostri ragazzi non vanno con loro.

Oggi si passa da juniores a continental e sei già fra i pro’: avete cambiato qualcosa nella gestione?

Non abbiamo cambiato niente, per fare certi numeri serve materiale umano buono. Sapremo fra 4-5 anni se questa tendenza a passare così giovani darà buoni frutti.

Alla Coppa Montes, un bel gap fra Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder e Matteo Scalco (foto photors.it)
Alla Coppa Montes, un bel gap fra Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder e Matteo Scalco (foto photors.it)
Ci sono squadre come la Auto Eder e la FDJ capaci di prestazioni piuttosto consistenti…

Li preparano per il salto tra i pro’. I nostri hanno altre mentalità, alcuni si sviluppano a 23 anni. Il nostro Pinarello è passato direttamente tra i pro’, ma sta facendo attività U23 e ha i suoi tempi. Sta facendo il Giro d’Italia U23 da primo anno, mi sembra normale che trovi difficoltà. Bruttomesso invece ha vinto subito. Ognuno ha la sua strada. Ci sono stati ragazzini che a livello juniores dominavano e poi sono spariti. E’ meglio così? I migliori dei nostri non saranno al livello dei 4-5 che dominano a livello mondiale, ma hanno mantenuto le loro caratteristiche e vanno bene. Noi lavoriamo su più fronti.

Più specialità?

Facciamo strada, pista e cross. Delle Vedove è un velocista, ma ha fatto anche corse dure come la Tre Valli e la Piccola San Geo e adesso ha vinto i tricolori in pista.

Però al Giro U23 si vedono differenze notevoli.

Chi sta dominando al Giro ha fatto attività con le WorldTour: è giusto? Il nostro modo di lavorare ha dato e dà buoni frutti, ma non si può usare come paragone Evenepoel e pretendere che tutti seguano lo stesso cammino.

Qualcuno dice che la società italiana non produce ragazzi capaci di sacrificarsi davvero.

Non penso che sia così. Si criticano ragazzi che semplicemente fanno un percorso diverso. Non so se i ragazzi della Auto Eder vadano a scuola e non so quanti di loro diventeranno campioni. Credo sia tutto da analizzare bene, senza fermarsi al risultato immediato. Sono nella categoria da 25 anni, abbastanza per capire che Nibali non ne nasce uno ogni anno. Piuttosto faccio io una domanda…

Alla Coppa Montes, l’arrivo di Novak (foto photors.it)
Alla Coppa Montes, l’arrivo di Novak (foto photors.it)
Vai.

Quanti corridori si perdono perché non trovano squadra? Nelle WorldTour straniere fanno correre i loro. La Ineos prende Ganna perché vince e si porta via Cioni, uno dei migliori allenatori in circolazione. In ogni squadra WorldTour c’è almeno un tecnico italiano, si fa tanto parlare, ma qui non c’è una grande squadra che possa insegnare ai ragazzini a diventare corridori. Se hai la struttura, nella quantità trovi la qualità. Invece siamo penalizzati fortemente dalla mancanza di squadre e da quello che Oldani ha detto chiaramente.

Andare all’estero a fare una corsa a tappe non li farebbe crescere?

Come società, la sola cosa che conta è avere ragazzi che continuano, non solo quelli che vincono. Abbiamo fatto per anni il Trofeo Karlsberg, ma ormai è nella Nation’s Cup e si fa solo per nazionali. Non c’è più questa grande quantità di corse all’estero, come qua non ci sono più il Giro di Basilicata, quello di Toscana o quello del Friuli, che è stato annullato e che erano ottime occasioni di crescita. E poi c’è da fare i conti col budget, il momento è noto e andare all’estero ti costa 6-7 mila euro che non sono facili da spendere. E poi un’altra cosa…

Matteo de Monte vince così la Coppa Fratelli granzotto (foto photors.it)
Matteo de Monte vince così la Coppa Fratelli granzotto (foto photors.it)
Quale?

Va bene fare il confronto con le squadre che vengono da fuori a dominare in Italia, ma io non ce la faccio a vedere degli juniores che fanno i professionisti a 17-18 anni. Ci sono già tanti ragazzi in difficoltà  in giro, mi dispiacerebbe impedirgli di andare a scuola, privandoli di un futuro se il ciclismo non dovesse andar bene.

Dalla batosta di Treviso, la lezione di Mosca ai giovani (e a certi team)

27.05.2022
6 min
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Una disattenzione sul Muro di Ca’ del Poggio poteva costare a “Juanpe” Lopez la maglia bianca e tutto il lavoro fatto finora per mantenere la top 10 nella generale. Sommando le osservazioni raccolte ieri dopo la tappa di Treviso, sul più fiammingo dei muri veneti le squadre dei velocisti hanno capito che la fuga stava diventando imprendibile e hanno accelerato in modo selvaggio. Il gruppo si è spezzato e nelle retrovie è rimasto il ragazzino della maglia rosa sull’Etna e delle 9 tappe successive. Una bella lezione, di quelle che ti svegliano: difficilmente Lopez si farà più sorprendere in coda al gruppo.

«Quando ti scontri con una situazione del genere – dice Jacopo Mosca, che ieri ha tirato come tutta la squadra – alla fine hai poco tempo per parlare in corsa. Lavori finché ne hai e noi alla fine siamo scoppiati. Sali sul pullman e potresti cadere nell’errore di dire parole di troppo, ieri non tutti erano contenti. Oppure fai un’analisi, valuti come è andata. Dipende da chi hai di fronte. La parola di un altro corridore quando sei a blocco può essere accettata male. Anche quella di un diesse. Ma se lo stesso concetto te lo spiega un compagno a freddo e in modo lucido, vale di più».

Dalla lezione di ieri a Treviso, Lopez ha imparato più che da mille parole
Dalla lezione di ieri a Treviso, Lopez ha imparato più che da mille parole

Su giovani e squadre

I giovani vanno aspettati. L’esperienza degli ultimi anni dice che il vincitore della maglia rosa s’è portato a casa anche la bianca. Ma non tutti sono fatti allo stesso modo. E non tutte le squadre, malgrado le belle interviste rilasciate nei giorni del Giro, hanno a cuore il discorso. Mosca ad esempio fu lasciato a piedi allo scadere del secondo anno.

«Quando sono passato – ricorda – ero nella squadra di Pozzato agli ultimi anni di carriera. Nel suo modo di parlare e di porsi, ha sempre detto cose giuste al 95 per cento. Sono passato nella fase del cambiamento, all’alba di questo new cycling in cui si va sempre a tutta. Ricordo che il primo anno ruppi il gomito. Feci un po’ di gare a inizio anno e lo chiusi in Cina. L’anno dopo al ritorno dall’ennesima trasferta in Cina, dove avevo anche vinto una tappa, chiesi di andare al Tour of Hainan, che avevo vinto l’anno prima. Sarei partito col numero uno sulla schiena, solo alla fine li convinsi e mi mandarono.

«Correvo al minimo e all’ennesima richiesta sul contratto, Citracca mi disse che non ero abbastanza forte per essere un corridore. Mi disse che la maglia della classifica a punti della Tirreno potevano vincerla tutti: bastava andare in fuga. Sentendo da chi arrivavano certe parole, preferii lasciar correre. Ma capii che sarei rimasto a piedi, non fu facile».

Fu Ivan De Paolis ad accogliere Mosca quando fu scaricato da Scinto e Citracca
Fu Ivan De Paolis ad accogliere Mosca quando fu scaricato da Scinto e Citracca
Non sempre i giovani vengono aspettati. Di cosa ha bisogno oggi un neopro’?

Dipende da chi hai di fronte. Se il giovane sa imparare dagli altri, non ha bisogno di niente. Ruba il mestiere e va avanti. Se si perde e ha bisogno di essere inquadrato, deve essere disposto ad accettarlo. Non so se ci sia ancora tempo. Io passai a 25 anni e oggi sarei vecchietto, ma cerco ancora di imparare da Cataldo. Dario ha 10 anni più di me, è stato gregario con i più grandi campioni, ha tanto da dare.

I ragazzi vanno aspettati.

Se prendi un ragazzo consapevole di dover faticare per dimostrare quanto vale, allora ha bisogno di tempo. Tanti miei coetanei sono passati con la voglia di farsi vedere. Alcuni hanno smesso, altri sono in squadre professional, ma con un po’ di fortuna in più sarebbero potuti arrivare in una WorldTour come me. Perché ne hanno il livello. Se guardi ai numeri, passano spesso corridori che non meritano ed è chiaro che se non vai, ti lasciano al vento. Ma la colpa non è del ragazzo…

Mosca è approdato alla Trek-Segafredo nel 2019 ed è uno dei gregari più apprezzati
Mosca è approdato alla Trek-Segafredo nel 2019 ed è uno dei gregari più apprezzati
Di chi allora?

Di chi lo fa passare, che sia il procuratore o il dirigente sportivo. E’ facile approfittarsi delle voglia di un ragazzo che non vede altro, ma devi essere onesto e capire se davanti hai un corridore vero oppure uno sperso. E io secondo Citracca non ero abbastanza forte per essere un corridore (fa una pausa, lo sguardo si perde chissà dove, ndr).

Ne avete più parlato?

Nel 2020 eravamo alla partenza della tappa dello Stelvio, decisiva per il Giro. Stavamo facendo una bella corsa ed eravamo tutti motivati. Scinto era vicino al pullman parlando con Guercilena e quando mi vide passare, disse che aveva sempre saputo che fossi un buon corridore e che dovevo soltanto dimagrire. Ricordo che Luca lo guardò: «Ma tu – gli disse – zitto non stai mai?».

Cataldo e Mollema anche ieri verso Treviso hanno svolto un lavoro preziosissimo per difendere Lopez
Cataldo e Mollema anche ieri verso Treviso hanno svolto un lavoro preziosissimo per difendere Lopez
Nessuno parla. Corridori vengono e altri smettono…

Se uno fa il suo, sta zitto e le polemiche non servono. Se rispondi, ti segnano e hai finito di correre.

Ma allora perché passare a tutti i costi in squadre così?

Per me non ha senso dire a un ragazzo di fare un anno in più nei dilettanti. Se sei uno che vince e può scegliere, oppure sei consapevole del ruolo che avrai e ti sta bene tutto, vai e dimostra il tuo valore. Ma si deve distinguere fra chi merita e chi no. Perché al contrario ci sono stati miei amici che meritavano e hanno smesso senza avere la possibilità. Parlo di Alberto Amici, ma soprattutto di Alfio Locatelli.

Alfio Locatelli classe 1990 non è riuscito a passare malgrado grandi risultati, in quanto elite (foto Scanferla)
Alfio Locatelli classe 1990 non è riuscito a passare malgrado grandi risultati, in quanto elite (foto Scanferla)
Bel corridore…

Vinse il Trofeo Balestra battagliando in salita con Moscon e Ciccone. Non lo fecero passare perché era elite. Per lui mi sbilancio, metterei la mano sul fuoco per ogni aspetto. Invece tutto intorno passavano ragazzini che non sapevi chi fossero.

Come fai a metterti in luce se in certe corse il gap fra WorldTour e altri è abissale?

Sta all’intelligenza del ragazzo. Se passi e pensi di poter competere, sei fuori strada. Se poi sei in una piccola squadra, inutile pensare di fare i finali. Ti fai vedere, vai in fuga, che parlino di te. Così il giorno in cui verrà un risultato, sarai quello che da giovane andava in fuga e si faceva notare. Non si deve dare la colpa ai corridori e nemmeno scusarli troppo se non si danno da fare. Correre fuori dal WorldTour è difficile, ma devi andare sempre a testa alta.

La Trek-Segafredo all’arrivo di Treviso, dopo aver tirato allo stremo delle forze
La Trek-Segafredo all’arrivo di Treviso, dopo aver tirato allo stremo delle forze
Mosca neopro’?

Non avevo risultati clamorosi, il mio modo di correre era lo stesso di oggi quando ho le gambe. Se stai lì e aspetti il finale, non vai da nessuna parte. Adesso è ancora peggio, bisogna capire alla svelta il proprio ruolo. A un ragazzo come Guarnieri bisognerebbe fare un monumento: non ne sbaglia una. Si parla tanto di Morkov, ma lui non è da meno. Non si deve aver paura di svolgere il proprio ruolo e lavorare per gli altri appaga. Lo dico io, ma guardate Puccio e lo stesso Cataldo.

Perché non hai smesso?

Sapevo di non essere un campione, ma potevo ricavarmi uno spazio. Sapevo di valere più di quello che pensavano. E appena ho trovato una vera squadra, sono arrivato al posto giusto.

Distacchi, tattiche, percorso: cause della volata mancata

26.05.2022
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Qualche polemica se la porterà dietro la Borgo Valsugana – Treviso. Quella che sulla carta doveva essere l’ultima chance per i velocisti è sfumata. Ha visto arrivare la fuga. Niente volata dunque per Cavendish, Demare e tutti gli altri.

E una volata, dopo tante salite, il pubblico l’avrebbe vista volentieri. Sono sempre belle “fiammate di adrenalina”. Senza nulla togliere ai quattro ragazzi della fuga, sia chiaro.

Da quel che si è visto, e parlando con i protagonisti nel dopo tappa, emergono tre questioni: chi doveva tirare, un presunto errore del cronometraggio e la genesi dei percorsi. 

In questi casi è un po’ come nella politica. Si cerca di scaricare il barile sul prossimo. La realtà è che è regnato il caos in gruppo e che i quattro fuggitivi hanno giocato molto bene le loro carte. 

Gaviria (a destra) discute con Dainese. Il padovano, quinto, ha vinto la volata del gruppo
Gaviria (a destra) discute con Dainese. Il padovano, quinto, ha vinto la volata del gruppo

Esplode la discussione

Dopo l’arrivo i velocisti avevano il dente avvelenato. Gaviria discuteva animatamente con Dainese. Mentre tornavano ai bus gli chiedeva perché anche lui non avesse messo più uomini a tirare. 

I Cofidis, che dovevano fare la volata con Cimolai, si sono persi sotto la strappata di Ca’ del Poggio. Chi si poteva aspettare un aiuto dalla Alpecin Fenix per uno sprint di Van der Poel, chiaramente è rimasto deluso in quanto davanti c’era De Bondt, che poi ha vinto.

Insomma una situazione che sembrava scontata, con la fuga destinata a perdersi, all’improvviso non lo è stata più. E poi i quattro davanti, lo ripetiamo, oltre che forti sono stati furbi.

Prima delle colline di Valdobbiadene non avevano spinto a tutta. Loro rallentavano e il gruppo anche. Erano tenuti a tiro. Questo gli ha consentito di preservare le energie per fare l’imboscata proprio laddove i velocisti avrebbero sofferto di più e le loro squadre non avrebbero potuto spingere a fondo.

Cavendish deluso dopo l’arrivo di Treviso
Cavendish deluso dopo l’arrivo di Treviso

Distacchi giusti?

Così sono usciti dal tratto ondulato con un bel vantaggio. E anche qui la questione è aperta. C’è una querelle sulla questione dei distacchi. Una querelle che ha imposto la brusca accelerata costata cara a Lopez, ma che ha fatto saltare i progetti delle squadre dei velocisti: prima forte, poi piano, poi fortissimo. E qualcuno si è perso.

«In cinque chilometri – dice Bramati, diesse della Quick Step – Alpha Vinyl di Cavendish – siamo passati da un minuto e venti secondi a due minuti, due minuti e mezzo, tre minuti. Stavamo tenendo tutto sotto controllo, ma a quel punto abbiamo dovuto spingere al massimo e siamo andati a tutta dopo Ca’ del Poggio.

«Poi okay l’errore, ma servivano le gambe. E i fuggitivi sono stati fortissimi». 

Dsm, Quick Step e Groupama nelle prime posizioni a tirare per ricucire sulla fuga
Dsm, Quick Step e Groupama nelle prime posizioni a tirare per ricucire sulla fuga

Le tattiche dei team

«Ognuno – riprende Bramati – fa la sua corsa. Se mi aspettavo di vedere più uomini di altre squadre? Io ho messo a tirare tutti gli uomini che potevano. Che gli altri si prendano le loro responsabilità, io mi sono preso le mie.

«Di certo, avrei preferito prenderli. Avrei preferito vedere una vera volata. E che vincesse il migliore. Spiace perché era l’ultima chance». 

Scotson alle prese con i suoi guai meccanici su Ca’ del Poggio
Scotson alle prese con i suoi guai meccanici su Ca’ del Poggio

Parola a Guarnieri

Un piccolo disguido sul distacco c’è stato effettivamente.

«Dopo Ca’ del Poggio – ammette Jacopo Guarnieri, compagno di squadra di Demare – all’improvviso ci hanno detto che i quattro avevano 3’30”, però è durato poco. Dopo un po’ ci hanno detto che il distacco era di 2’30”. Per me il problema non è stato questo.

«Per quel che riguarda le squadre, chi tirava e chi no – riprende il corridore della Groupama Fdj – credo si sia visto alla tv che mi sono incavolato sul ritmo non proprio alto di Rui Costa. Sicuramente qualche squadra poteva tirare di più. Noi comunque abbiamo già vinto tre tappe e abbiamo la maglia ciclamino».

«In discesa abbiamo perso sia Sinkeldam, rimasto dietro quando si è spezzato il gruppo, che Scotson, per un problema meccanico. Del nostro treno quindi ero rimasto solo io. Abbiamo fatto tirare Konovalovas (come a dire che da solo non poteva fare più di tanto, ndr).

«In più Cavendish si è voluto conservare sia Ballerini che Van Lerbeghe. La UAE Emirates dava fiammate di tanto in tanto, così come i Cofidis».

«Sono scelte, non discuto sulle tattiche delle altre squadre, ma la caccia della fuga non poteva essere solo sulle nostre spalle. Abbiamo tirato, ma neanche potevamo portare tutto il gruppo in carrozza all’arrivo. Ripeto, sono scelte: se a qualcuno andava bene così… contenti loro. Di sicuro noi siamo contenti di quel che abbiamo fatto in questo Giro». 

Jacopo Guarnieri con il campione lituano e compagno di squadra, Ignatas Konovalovas
Jacopo Guarnieri con il campione lituano e compagno di squadra, Ignatas Konovalovas

Percorsi e velocisti

Ma prima di chiudere Jacopo Guarnieri, fa una disamina interessante: «Semmai la vera critica riguarda il percorso. Ci si lamenta che i velocisti vanno a casa durante il Giro. Che lo lasciano dopo dieci giorni o poco più. Però oggi, l’unica volata della settimana, era complicata da guadagnare».

«Con il muro di Ca’ del Poggio non potevamo permetterci di essere troppo vicini alla fuga perché non volevamo farci attaccare da altri. E il circuito era pericoloso e con tante curve. Si poteva fare di meglio… se davvero si voleva una frazione per velocisti. La volata non è arrivata… chapeau alla fuga».

Top Girls: il ritorno della Guderzo, il WorldTour e la Fci

12.01.2022
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La parabola del figliol prodigo ha contraddistinto le ultime ore della Top Girls Fassa Bortolo. Una storia nata in un periodo denso di allegorie. Il presidente Lucio Rigato che riabbraccia il ritorno a casa di Tatiana Guderzo, l’iridata del 2008 che aveva iniziato la carriera nella società trevigiana nel 2005 e che vivrà nel 2022 la 18ª stagione da elite.

«E’ nato tutto per scherzo – spiega Rigato, che ha iniziato la sua attività nel ciclismo femminile nel 1974 con la Ceramiche Zanette – quando ho chiamato Tatiana per gli auguri di Natale come faccio ogni anno. Tra le nostre famiglie c’è ancora un grande rapporto a distanza di anni. E così mia moglie ed io le abbiamo domandato tra il serio e il faceto se voleva tornare e chiudere la carriera da noi. Ecco, sono solo certo che ritorna, ma non se chiuderà da noi, questo lo deciderà lei».

Così sui social la Top Girls ha annunciato il ritorno di Tatiana Guderzo
Così sui social la Top Girls ha annunciato il ritorno di Tatiana Guderzo

Acqua in bocca

La telefonata con Rigato (che in apertura è con la sua squadra al Giro d’Italia Donne 2021, foto Facebook) l’avevamo concordata da qualche giorno per proseguire il giro di opinioni che stiamo facendo sulle formazioni continental femminili. Via messaggio non si era lasciato scappare nulla sulla Guderzo. Lo contattiamo in due momenti diversi, nello spazio di un paio di ore, a cavallo di impegni di lavoro già presi precedentemente. Lui è un tipo diretto. La prima parte della nostra chiacchierata fila via liscia parlando dei temi del suo mondo, ma qualcosa sta per sfuggirgli di bocca. La seconda si apre proprio con l’ufficialità di questo colpo di mercato last minute.

Lucio iniziamo da qua. Che ruolo avrà la Guderzo?

Abbiamo una squadra molto giovane e lei farà da chioccia. La sua esperienza sarà al servizio delle altre ragazze perché può insegnare davvero tanto. Tatiana è come una figlia per me. Non l’ho presa per i risultati che vuole fare, ma per la persona che è. Poi se li otterrà, tanto meglio per tutti. Probabilmente qualcuno mi criticherà per questo ingaggio, ma non mi interessa. Anzi, mi sembra di essere tornato indietro di 17 anni quando le feci firmare il suo primo contratto da elite. All’epoca non la voleva nessuno, l’ho scoperta io. Sono vecchio e all’antica, oggi sono molto soddisfatto del suo ritorno.

Qui la squadra al Giro Donne 2021: al via con Balducci, Bariani, Dalla Valle, Marturano, Silvestri e Vettorello
La squadra al Giro 2021 con Balducci, Bariani, Dalla Valle, Marturano, Silvestri e Vettorello
Con lei in squadra dovreste disputare più gare…

Sì, mi auguro che il suo arrivo possa servire per ricevere ulteriori inviti, specie all’estero. Una bozza di calendario l’abbiamo già fatta e il nostro esordio, salvo imprevisti o cancellazioni dovute al Covid, sarà il 27 febbraio in Belgio con la Omloop van het Hageland. Resta però il problema della partecipazione a tutte le gare che un paio di anni fa erano sicure ed invece ora con la riforma WorldTour è diventata un punto di domanda.

Anche tu non sei contento di questo cambiamento?

No, anch’io dico che è stato troppo rapido. L’inizio della fine. Per me è come essere su un dirupo. Le realtà come le nostre, che erano il vivaio per le squadre più grandi, sono penalizzate. Negli anni ho passato tante mie ragazze ai team più forti e, ad esempio, sono contento di aver mandato l’anno scorso nel WorldTour la Tomasi in quello che ora è il Team UAE o la Masetti in Olanda in una formazione che ha grandi ambizioni di salire di categoria (al NXTG by Experza, ndr). Però se le migliori giovani ce le portano via subito e restiamo con ragazze inesperte, facciamo fatica a correre certe gare in Europa in cui serve un punteggio minimo. E facciamo fatica a crescere e trovare risorse. E’ tutto collegato.

Sei nel mondo femminile da quasi cinquant’anni. Questo non ti ha facilitato nel cercare sponsor?

Non basta più avere tanta storia o vittorie alle spalle, non a tutte le aziende interessa. Ne ho interpellate tante, ma molte non mi hanno nemmeno ascoltato forse perché non vedevano nel ciclismo femminile un ritorno mediatico. Le grosse aziende vanno dalle grosse squadre. E poi in Italia le nostre continental stanno pagando la situazione economica degli ultimi dieci anni. Finora sono sempre andato avanti grazie ad amici sponsor che mi hanno sempre aiutato tanto e creduto in me. E per questo non smetterò mai di ringraziarli.

Qualche gara internazionale in più la stanno mettendo in Italia.

Meno male. Erano già tanti anni che noi società lo richiedevamo restando inascoltati. Stavolta però la Federciclismo in questo senso ha rotto le scatole agli organizzatori pretendendo un calendario più corposo. Vi dirò che sembra che stia cambiando qualcosa, spero che sia così. Non solo per le gare ma anche per la nazionale…

Greta Marturano è del 1998, è arrivata 7ª all’Emilia. Qui alla Strade Bianche
Greta Marturano è del 1998, è arrivata 7ª all’Emilia. Qui alla Strade Bianche

Spiegaci pure…

Col nuovo cittì al momento c’è molto dialogo e ne sono contento. Prima no. Salvoldi aveva il suo giro chiuso di atlete. Ti chiamava solo se avevi una ragazza che andava forte o che gli poteva interessare, altrimenti non parlava mai con squadre tipo la nostra. Ora, ripeto, sembra tutto diverso. Sangalli mi aveva contattato per portare in ritiro in Spagna sia Bariani che Silvestri. Purtroppo le mie due ragazze hanno dovuto rinunciare per problemi col Covid. Spero che le chiami al prossimo ritiro. Perché oltre alle parole e la teoria, ci vuole anche la pratica.

Lucio torniamo alla tua squadra: da chi ti aspetti qualcosa?

Con Tatiana le ragazze saranno undici e da tutte voglio vedere qualcosa, ma faccio cinque nomi. Marturano, Michieletto, Vettorello, Bariani e Silvestri. Queste ultime due, come ho detto prima, mi auguro che possano entrare nel giro azzurro. Da loro mi attendo un ulteriore salto di qualità. E magari anche un pizzico di fortuna in più.

Modolo, ultimi 10 giorni al medio e poi lavori di soglia

22.12.2021
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I corridori della Bardiani-Csf-Faizanè sono tornati in Italia. Il ritiro per il quale molti di loro si sono ritrovati a Benidorm (Visconti e Fiorelli sono invece rimasti a Palermo) ha dato ottimi frutti e così anche Modolo inizierà a breve ad alzare i giri della preparazione. Quando mancherà un mese al debutto di fine gennaio, quindi a ridosso di Capodanno, il trevigiano comincerà a puntare sulla qualità. E’ sempre affascinante seguire i progressi di un atleta di vertice, ascoltare il racconto delle sensazioni e della progressione della forma. E così con Sacha ci siamo avventurati nel racconto di questi giorni in cui si sta finendo di costruire la base, in vista del debutto.

«Le corse si vincono d’inverno – dice ripetendo l’adagio che appartiene alla storia del ciclismo – per cui al momento sto facendo soprattutto ore. Il numero è soggettivo. Quando arrivo a 4h30′ per me va bene, non mi serve di più e soprattutto nelle settimane dopo il ritiro arrivare a 4h va più che bene. Però ad esempio alla Vigilia e il 31 dicembre farò 5h30′ perché non sono mai uscito il giorno di Natale e nemmeno il primo dell’anno…».

Una risata e si parte, cercando di capire come sia strutturato questo periodo per il corridore tornato alla Bardiani dopo la parentesi di ombre e luci alla Alpecin-Fenix.

Per Modolo intervista con Andrea De Luca (Rai Sport) durante le visite di rito presso Fisiocortiana (foto Codeluppi)
Intervista con Andrea De Luca (Rai Sport) durante le visite di rito presso Fisiocortiana (foto Codeluppi)
Come sono organizzate le tue settimane?

Si fa doppietta e il terzo giorno si riposa oppure si mette la distanza o la palestra. Carico e scarico. Sino a fine dicembre si va avanti a questo modo. La palestra la tengo sino a fine inverno, poi con le corse la mollo. Si fanno le SFR e lavori al medio, poca soglia. Quella si comincia più avanti.

Lavorato tanto in Spagna?

Tanto e in modo diverso rispetto agli ultimi anni. Ho fatto molta più salita, ogni giorno la base erano almeno 2.500 metri di dislivello. Credo fossero due anni che non facevo SFR in modo serio. Alla Alpecin si lavora tanto sull’esplosività e alla Vuelta ero davvero brillante, anche se nella terza settimana mi è mancato il fondo. Io sono uno della vecchia scuola, le ripetute ci stanno sempre bene.

Come suddividi le doppiette?

Il primo giorno meno ore e più intensità e magari 20 minuti al medio. Il secondo giorno si allunga e di conseguenza calano i lavori specifici. Se poi capita di fare la distanza, in quelle 5 ore qualche lavoro lo metto sempre. Non mi piace portare a spasso la bici. Perciò metto sempre dentro la salitella da fare forte o la volata al cartello, se sono in compagnia.

Al ritiro di Faizanè anche la consegna delle Eevyebag per i cellulari degli atleti. C’è anche quella di Modolo (foto Codeluppi)
Al ritiro di Faizanè anche la consegna delle Eevyebag per i cellulari degli atleti (foto Codeluppi)
Si fanno spesso le distanze con altri corridori?

Sempre meno, in realtà. Ormai ognuno ha la sua tabella ed è sempre difficile per non dire impossibile far combaciare i programmi. Quando uscivo da dilettante, partivamo fino a venti corridori, ora si riesce a stare insieme alla Vigilia di Natale e l’ultimo dell’anno, perché si può improvvisare. E’ il brutto delle tabelle.

E’ necessario seguirle così alla lettera?

Ho cominciato a farlo anche io, così ci chiedono e così almeno siamo sicuri di fare tutto al meglio. Come alla Alpecin lavoravo con il preparatore della squadra, anche qua ho cominciato con Pino Toni che segue la preparazione della squadra e riceve i file di tutti i lavori. Ma se vedo che un mattino la bici non la muovo, giro, torno a casa e gli scrivo per cambiare programma. Al momento sto facendo più salita di prima, sento che ne ho bisogno.

Come è stato il passaggio dalla Canyon alla Cipollini?

Rapido e facile. Ormai le geometrie sono piuttosto simili e la MCipollini che mi hanno dato è adatta alle mie caratteristiche. Un altro mondo rispetto a quella del 2006 che aveva i cavi tutti esterni e il cambio meccanico. Ora uso la Ad.One, molto aerodinamica, adatta a un velocista.

Battaglin e Modolo hanno lasciato la Bardiani per il WorldTour, poi sono tornati… a casa. A destra, Tonelli
Battaglin e Modolo hanno lasciato la Bardiani per il WorldTour, poi sono tornati… a casa
Come ti alimenti durante gli allenamenti: segui la routine delle gare?

Cerco di starci attento, di fare le stesse cose. Ho avuto i miei problemi di infiammazioni, quindi non mi discosto dalle abitudini che funzionano. Poser ha risolto il problema e mi ha dato le linee guida, guai cambiare.

Nelle distanze si mangia di più, ovviamente?

Diciamo che mediamente ho innalzato l’apporto calorico in tutti gli allenamenti. Quando ero più giovane, mangiavo molto poco e non avevo problemi di tenuta. Adesso se non mangio dopo un paio d’ore, mi spengo. Mi portavo questa brutta abitudine, che ora ho eliminato. Perciò ho sempre le mie barrette e solo in ritiro si mangiano le rice-cake che fanno i massaggiatori. Io non saprei proprio come prepararle.

E’ il periodo di stare attenti al peso?

Lo è per molti, io per fortuna sono abbastanza tranquillo. Risolte le infiammazioni allo stomaco, mi sono accorto che non ho grosse variazioni di peso. Dopo la Vuelta ero 68,5, ora sono 69,5. Finché parliamo di un chilo, si può stare tranquilli. Chi ne prende di più invece ha qualche problema…

Ti fermi al bar durante la distanza?

Adesso no, perché fa troppo freddo e fermarsi e poi ripartire non fa bene alla salute…

Fra Zana e Battaglin, Modolo presso Fisiocortiana per le visite pre stagionali (foto Codeluppi)
Fra Zana e Battaglin, Modolo presso Fisiocortiana per le visite pre stagionali (foto Codeluppi)
Questa è anche la fase in cui si cura l’agilità, giusto?

Si dovrebbe fare anche dopo, ma adesso con più attenzione. Alla fine di un Giro, non riesci ad andare oltre le 85 pedalate e fai lavori per velocizzare. Adesso sulle salite cerco di stare sulle 90 e devo dire che si riesce bene.

Fra un po’ si alzeranno i giri?

Esatto, di solito a un mese dal debutto. Quindi più o meno la settimana prossima si comincia con l’intensità. E poi ci sarà il ritiro di Benidorm a partire dall’11 gennaio in cui andremo in cerca della brillantezza. E finalmente sarà il momento di attaccare il numero sulla schiena…

Sidi, le storie di un anno ai piedi dei campioni

23.10.2021
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Dagli anni ’70 Sidi è presente nel mondo del ciclismo con le calzature sportive. L’elenco dei professionisti che negli anni si sono serviti e ancora si servono delle calzature dell’azienda veneta (e con essa celebrano vittorie con livree speciali o chiedono prodotti ad hoc per esigenze particolari) è molto lungo. Una mole di richieste e responsabilità che non sempre si riesce a intuire. Ci siamo chiesti come si gestisca un anno al fianco delle squadre e lo abbiamo domandato all’anello di giunzione, nonché responsabile di Sidi per Teams & Athletes, Denis Favretto.

E’ lui che in prima persona accumula chilometri in tutto il mondo per fornire il materiale e coccolare gli atleti senza però essere invadente. Dal tricolore di Sonny Colbrelli che si tingerà presto con i colori dell’europeo, alle scarpe rosa di Egan Bernal in onore del Giro conquistato. Oppure per le richieste sgargianti come quelle di Alberto Bettiol: ogni colore fuori dal comune che viene prodotto è il primo a volerlo provare. 

Scarpe tricolori a Roubaix, ma in corsa Colbrelli aveva i copriscarpe
Scarpe tricolori a Roubaix, ma in corsa Colbrelli aveva i copriscarpe
Si possono tirare ormai le somme di questa stagione ciclistica, com’è andata?

E’ stato sicuramente un anno positivo in termini di risultati e collaborazioni. Un po’ complicato, come immagino per tutti i colleghi del settore, per quanto riguarda le forniture. Tutto sommato è stata un’annata intensa. Siamo riusciti a fare tutto quello che ci eravamo prefissati. 

Giri mezza Italia per seguire e coccolare tutti gli atleti?

Piu che mezza Italia, la giro tutta in lungo e in largo e non solo. L’attività che faccio è prevalentemente europea, dove si concentrano gare e la maggior parte degli impegni. Di solito sono io che li seguo in prima persona, leggermente più complicato negli ultimi 2 anni causa Covid. Per le corse cerchiamo di essere presenti senza essere invadenti. Loro sanno che ci siamo, al bisogno mi chiamano e cerco di risolvere velocemente.

Per i professionisti non europei?

C’è un periodo dell’anno, che è questo in particolare, dove gli atleti passano in azienda a salutare il fondatore Dino Signori e la figlia Rossella Signori, responsabile commerciale. Si fa il punto della situazione. Che siano australiani, statunitensi, sudamericani… Cerchiamo di intercettarli quando sono in Europa per seguirli meglio e magari farli passare in azienda.

Scarpa bianca per Bernal al Giro. La rosa celebrativa è venuta dopo
Scarpa bianca per Bernal al Giro. La rosa celebrativa è venuta dopo
Come si organizza un anno al fianco delle squadre? 

Abbiamo una parte di magazzino, una sezione dedicata ai team. Che è pressoché fornita di materiali in pronta consegna. Poi abbiamo un reparto in produzione dedicato alla customizzazione dei prodotti per gli atleti che ne hanno bisogno all’occorrenza. Dopodiché si produce in base alla necessità dei corridori.

Sapete già quante scarpe specifiche per gli atleti dovete produrre?

Abbiamo uno storico, sappiamo quali atleti potrebbero avere una necessità della scarpa su “misura” con degli accorgimenti diversi rispetto al mercato e in base a quello sappiamo quante ne serviranno durante la stagione. 

Per quanto riguarda le livree celebrative, le prevedete già?

Quelle si sperano sempre, ma non si prevedono. Scaramanticamente non la prepariamo mai, abbiamo i materiali in casa. Come la scarpa rosa di Egan Bernal per il Giro d’Italia. Oppure la tricolore di Sonny Colbrelli, mentre non è stata fatta quella europea nella speranza che potesse cambiare ancora colore… 

Sonny vi ha dato da fare quest’anno.

Fortunatamente si, ed è un bel da fare. Con Colbrelli abbiamo un rapporto speciale lo incontriamo spesso. Per il campionato europeo gli abbiamo fatto i complimenti e sapendo che mancavano due settimane al mondiale, come da prassi a un evento europeo si fa una scarpa celebrativa. La domanda è stata: «Sonny facciamo le scarpe per l’europeo o vediamo se ci sono altri colori da aggiungere?». E scaramanticamente parlando abbiamo aspettato, l’obbiettivo mondiale era forte e chiaro. Purtroppo però sappiamo tutti come è andata a finire. 

Quindi quella per il titolo europeo è in arrivo?

Stiamo iniziando a sviluppare qualcosa, lui ha finito la stagione adesso con quello che aveva perché non è uno di quegli atleti che non ama cambiare le scarpe durante l’anno. Ora abbiamo tutto il tempo per progettarla insieme e confrontarci. 

Vi hanno mai messo in difficoltà con design particolari?

Abbiamo il reparto interno di ricerca e sviluppo che si occupa del design sempre attivo. Diciamo che richieste che hanno messo in difficoltà gli atleti non ce ne sono, anzi forse siamo più noi che mettiamo in difficoltà loro. A volte proponiamo qualche materiale particolare con qualche colore fuori dal comune. Ma anche qui abbiamo qualche atleta come per esempio Alberto Bettiol. Ogni colore particolare, sgargiante, fuori dal comune è il primo a volerlo

Quindi non siete sempre voi a decidere i colori e i modelli?

Normalmente saremmo noi a decidere i colori e i modelli da fare utilizzare ai professionisti, uso il condizionale perché la nostra è un’azienda familiare in tutti i sensi, ovvero il rapporto che c’è con gli atleti è un rapporto di dialogo aperto, quindi se c’è un ciclista che ha esigenze particolari siamo a disposizione per assecondarlo, non siamo a senso unico ma pronti ad ascoltare.

Per i grandi Giri come funziona?

Parliamo di una componente molto particolare e delicata. Quando si cambia scarpa, per quanto tutte siano uguali tra di loro, la posizione della tacchetta sia copiata e incollata, comunque si va cambiare una parte sensibile. La scarpa celebrativa solitamente si fornisce nelle ultime tappe compatibilmente con esse. Come abbiamo fatto con Egan Bernal quest’anno. Se l’ultima tappa è una tappa passerella, tutti gli atleti vanno a cambiare le scarpe, la bici e tutto quello che si può… Se invece è una tappa decisiva come per esempio una crono o una tappa impegnativa, allora la scarpa celebrativa viene consegnata, ma non utilizzata in gara.

Sidi dai colori sgargianti nel giorno di Chateauroux all’ultimo Tour
Sidi dai colori sgargianti nel giorno di Chateauroux all’ultimo Tour
Vi capita di intervenire all’ultimo momento?

Fondamentalmente cerchiamo di prevedere e lavorare in anticipo su tutti gli aspetti necessari, poi è chiaro che siamo pronti a tutto. Può capitare, ma tutti i ragazzi quando vanno a una corsa a tappe hanno almeno tre paia di scarpe e quindi due di scorta che tengono nella borsa del freddo in ammiraglia

In un anno solare qualche capriccio o intoppo da parte di qualche atleta vi è capitato?

Fortunatamente no. Mi spiego meglio. E’ passato il messaggio agli addetti ai lavori e agli atleti, che fosse un anno dove i capricci non erano necessari e non erano nemmeno ben visti perché è stato un anno complicato per il settore. Se devo essere sincero, con gli atleti abbiamo un rapporto speciale e di fiducia reciproca e non ci sono state situazioni tali da metterci in difficoltà.

Avete testato sul campo qualche prodotto nuovo, magari nascondendolo tra il gruppo?

Non quest’anno, perché appunto quello che era in previsione era già stato testato. Non avevamo novità strutturali. Nel caso però in cui ce ne siano, ci rivolgiamo a qualche atleta fidato per recepirne le sensazioni e i feedback, che poi possono andare a ottimizzare il prodotto. Ma la bozza del catalogo 2022 era già pronta nel cassetto. 

Vi state già preparando alla prossima stagione?

Sì, anche perché nel nostro caso, abbiamo atleti che provengono da tutto il mondo. Stiamo già lavorando con tutti gli atleti extra continente ancora in Europa dalle ultime gare, per anticipare la consegna del materiale per la prossima stagione, in modo che possano tornare a casa con già il necessario per potersi allenare per la nuova stagione. 

Gaerne premiata per la fedeltà al lavoro ed il progresso economico

20.10.2021
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Il fondatore di Gaerne, Ernesto Gazzola, è una delle figure storiche più riconosciute dell’intera “bike industry” italiana. Gaerne, fondata da Gazzola nel 1962, è uno degli esempi più concreti di realtà aziendale italiana. E’ da sempre specializzata nella produzione di scarpe da ciclismo e stivali da moto di alta qualità.

La storia del brand di Maser, in provincia di Treviso, ha radici profonde: è iniziata nel secondo dopoguerra, quando il giovane Ernesto imparò il mestiere di ciabattino in diverse realtà artigianali e industriali nei dintorni di Montebelluna. Decise poi di mettersi in proprio con la moglie Vittoria, presente anche oggi, specializzata nella cucitura delle tomaie.

Un riconoscimento prestigioso che ripaga di tanto lavoro e tanta dedizione
Un riconoscimento prestigioso che ripaga di tanto lavoro e tanta dedizione

Un riferimento dal 1962

E proprio alla vigilia dei sessant’anni di attività ecco giungere un prestigioso riconoscimento direttamente della Camera di Commercio di Treviso-Belluno. Gaerne ha ricevuto il riconoscimento in occasione del 2° Concorso per la premiazione della Fedeltà al Lavoro e del Progresso economico. Un premio riservato ad aziende, lavoratori e personalità che si sono distinte nei diversi settori economici, contribuendo con impegno alla crescita dell’economia trevigiana e bellunese.

Proprio il Cavalier Ernesto Gazzola, in qualità di presidente di Gaerne, è stato il destinatario di questo premio. Un riconoscimento arrivato nel giorno del suo 89° compleanno e consegnato dal dottor Mario Pozza, Presidente della Camera di Commercio Treviso-Belluno. La cerimonia si è svolta nella splendida cornice del Teatro Accademico di Castelfranco Veneto.

«Sono sempre onorato della presenza di imprenditori di tale valenza – ha sottolineato Pozza – ed ancor di più di premiare l’eccellenza nella persona che si declina in quella dell’impresa. I miei più vivi complimenti al Cavalier Gazzola che oggi festeggia anche il proprio compleanno. Gaerne è un’eccellenza dello sportsystem a livello internazionale e un patrimonio per tutti noi e per il territorio perché da sempre ha guardato alla qualità di fare buona impresa».

L’azienda ha sede a Maser, Treviso e dal 1962 produce scarpe da ciclismo e stivali da moto
L’azienda ha sede a Maser, Treviso e dal 1962 produce scarpe da ciclismo e stivali da moto

Gazzola, patron Gaerne

«E’ sempre bello raggiungere un successo – ha poi commentato Ernesto Gazzola al termine della cerimonia – ma da soli si fa poca strada. Gaerne è legata indissolubilmente al proprio settore sportivo, al punto che i veri valori dello sport sono diventati parte della nostra filosofia aziendale. Per questo i successi devono essere prima di tutto condivisi con la famiglia e con tutti i profili che ogni giorno contribuiscono alla crescita dell’impresa. Senza questa vera e propria squadra Gaerne non sarebbe potuta arrivare ad avere una reputazione a livello internazionale in diversi ambiti e discipline».

Una bellissima famiglia

Un premio che conferma il valore di Gaerne, che nel 2021 ha visto un’ulteriore crescita del fatturato grazie anche alla filiera produttiva Made in Italy.

I riconoscimenti non si sono concluse qui, sono stati premiati anche cinque dipendenti, nell’ambito del medesimo concorso. Sono stati premiati della stessa azienda trevigiana: Renato Colusso, Lucia Franco, Mario Martignago, Angelo Morlin e Renato Piccolo.

La giornata speciale non poteva poi che concludersi in azienda, a Coste di Maser, con un momento conviviale fortemente voluto da patron Gazzola. Al suo fianco la moglie Vittoria, i quattro figli: Giuliano, Gianna, Gianni, e Marta. E tutti i 66 dipendenti che ogni giorno contribuiscono con il proprio impegno e con il proprio lavoro al successo della grande famiglia Gaerne.

Gaerne

Vendrame-Modolo, la vera storia di quell’abbraccio

21.09.2021
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In un’estate piena di brindisi per noi italiani – grazie a tante imprese sportive – c’è stato un abbraccio pochi giorni fa che non ci è sfuggito e che non è avvenuto dopo un titolo od una medaglia. 

Siamo alla terza tappa dello Skoda Tour de Luxembourg, arrivo allo sprint. Sullo slancio della volata il vincitore viene subito travolto da un sentito abbraccio di un suo collega, quinto al traguardo, prima di ricevere i complimenti dei propri compagni appena si appoggia alle transenne. Sono amici e compagni di allenamento nella vita di tutti i giorni, rivali invece in quelli di gara. Sono rispettivamente Sacha Modolo della Alpecin-Fenix ed Andrea Vendrame della Ag2R Citroen, entrambi trevigiani di Conegliano.

Il primo ha ritrovato la vittoria dopo 1.300 giorni – dal 16 febbraio 2018, sigillo nella terza frazione della Ruta del Sol in Andalucia, al 16 settembre scorso a Mamer nella corsa del Granducato – mentre il secondo è stato testimone oculare e dietro le quinte di questa rinascita.

Abbiamo voluto sentire Vendrame e chiedergli cosa c’era dietro a quel gesto sincero con Modolo, approfondendo anche tanto altro.

Una stagione piena di soste per Modolo, con la vittoria in Lussemburgo che potrebbe aver chiuso il periodo nero
La vittoria in Lussemburgo potrebbe aver chiuso il periodo nero di Modolo
Andrea sei andato subito a dare un abbraccio a Modolo che aveva appena battuto il tuo compagno di squadra Cosnefroy. E’ stata una bellissima immagine, qualcosa più del fair-play. 

E’ stato un gesto spontaneo. Ero e sono davvero contento per Sacha, perché conosco il difficile periodo che ha dovuto passare. Abitiamo vicini, praticamente usciamo in bici quasi tutti i giorni e in questi mesi abbiamo parlato di ciclismo, ma soprattutto tanto dei suoi problemi. 

Ti senti particolarmente coinvolto da questa sua ripresa?

Sì, onestamente mi sento molto partecipe. Ho stimolato Sacha a non demoralizzarsi e a fare di più. Gli ho sempre detto che sarebbe tornato a sorridere presto ma che non doveva perdersi d’animo. Ed infatti ha corso una bella Vuelta in supporto a Philipsen, aiutandolo a vincere due tappe. Infine è riuscito a ritrovare la vittoria.

E’ una situazione piuttosto inusuale. Tu che hai 27 anni che supporti lui che ne ha 34 ed è professionista da tanto tempo. 

E’ vero. So quanto siano importanti queste cose perché noi ciclisti danziamo sulla sottile linea che divide la depressione e l’esaltazione. Diciamo che anche questo è stato naturale farlo. Anche perché ricordo che quando ero appena passato neopro’, Franco Pelizzotti, nelle sue ultime stagioni da corridore, mi dava dei consigli e mi aiutava. Abbiamo sempre avuto un rapporto tipo padre-figlio. Poi abbiamo una chat su whatsapp di corridori della zona dove c’è anche lui. E per esempio durante il lockdown di inizio pandemia sentivamo sempre anche il suo parere per tenerci su di morale tutti assieme

Al contrario, la stagione di Vendrame è stata un bel crescendo, con la vittoria al Giro a impreziosirla
Al contrario, la stagione di Vendrame è stata un bel crescendo, con la vittoria al Giro a impreziosirla
In bici invece come sollecitavi Modolo?

Bisogna dire che siamo diventati gradualmente buonissimi amici fin dai tempi in cui io ero dilettante alla Zalf e lui era in Lampre, ma prima di allora non ci conoscevamo. Quando ti alleni frequentemente assieme a qualcuno, ti viene da pungolarti e confrontarti. Ad esempio, io sono molto schematico nei miei allenamenti, mentre Sacha lo era un pochino meno nell’ultimo periodo. Così gli dicevo, quasi lo forzavo a venire con me. Però ci sono stati anche altri episodi.

Quali?

Quest’anno avevo appena finito il Giro, dove ero andato molto bene vincendo una tappa. Mi sono trovato con lui per andare a fare il Nevegal, la nostra montagna di riferimento. Io ero ancora in condizione, lui invece aveva ricominciato ad allenarsi intensamente dopo il problema al ginocchio. Facevo il ritmo io e lui mi chiedeva tante cose, come i valori con cui stavo salendo. Watt, battiti. E’ quasi sempre rimasto a ruota e una volta arrivati in cima mi disse che aveva fatto la salita a tutta. Io gli risposi che era sulla strada giusta non essendosi staccato. Poi parlammo di un altro aspetto e mi chiese informazioni per provare a fare un salto di qualità.

Cosa ti domandò?

Lui sapeva che da più di un anno mi seguiva un mental coach (toscano, ma preferisce tenerlo segreto, ndr) che mi aveva fatto migliorare sotto il punto di vista psicologico. Così gliene consigliai un altro che conoscevo, di sentirlo e di tentare. Perché il 90 per cento della nostra forza arriva dalla testa ed e lì che puoi fare la differenza. Su certi problemi non ci puoi lavorare da solo. So che stanno lavorando assieme e stanno arrivando i risultati.

Dopo la vittoria in Lussemburgo, Modolo si è rimesso al servizio di Philipsen. Qui riceve l’abbraccio dei compagni
Dopo la vittoria in Lussemburgo, Modolo si è rimesso al servizio di Philipsen. Qui riceve l’abbraccio dei compagni
Ad aprile 2016 eri under 23 nella Zalf e hai subito un drammatico incidente. Poi alla fine di quella stagione eri tornato in bici facendo tantissimi piazzamenti nei primi cinque. Nei problemi di Modolo ti sei rivisto? 

Sì, anche se sono due situazioni differenti. Io incidente e lui infortunio fisico col lockdown ad accentuare il tutto, compresa la sua situazione contrattuale. Però ho subito capito il tipo di sofferenza che stava passando. In realtà con lui non sono mai andato nello specifico di certe cose, anche un po’ per rispetto personale, ma sapevo cosa gli passava per la testa. Conosco la sensazione di toccare il fondo e risalire ritrovando il giusto morale. Ora Sacha ha ritrovato la giusta forma e spero che possa essere riconfermato perché può insegnare tanto ai giovani.