Miche: estensione della garanzia per tutte le ruote in carbonio

02.08.2024
3 min
Salva

Miche, brand italiano di vertice nel settore dei componenti per biciclette, introduce un nuovo servizio dedicato a tutti i possessori delle proprie ruote in fibra di carbonio. L’azienda con sede a San Vendemiano, in provincia di Treviso, ha deciso difatti di offrire un’estensione gratuita della garanzia, che porta la copertura totale a quattro anni. Questo servizio va ad aggiungersi ai due anni di garanzia standard previsti per legge, offrendo a tutti i clienti una maggiore protezione e serenità nell’uso dei prodotti Miche.

Miche, azienda veneta, produce ruote in fibra di carbonio tra le migliori del mercato
Miche, azienda veneta, produce ruote in fibra di carbonio tra le migliori del mercato

Registrazione entro 30 giorni

Per usufruire dell’estensione della garanzia, i clienti Miche che lo vorranno devono completare un semplice processo di registrazione. E’ fondamentale essere il primo proprietario delle ruote e disporre di una prova d’acquisto valida della bicicletta su cui le ruote sono state montate. La registrazione deve essere effettuata entro 30 giorni dall’acquisto delle ruote, che può avvenire sia presso un negozio fisico sia tramite un sito online autorizzato.

La procedura di registrazione è pensata per essere veloce e accessibile. L’estensione di garanzia è esclusivamente applicabile alla gamma di ruote Miche in fibra di carbonio. Questa iniziativa sottolinea l’impegno dell’azienda verso la qualità e la durabilità dei suoi prodotti, garantendo ai ciclisti una maggiore tranquillità ed una maggiore sicurezza durante l’uso delle ruote Miche. Nel caso si possieda un set di ruote, la registrazione deve essere effettuata separatamente per ciascuna ruota. Questo passaggio è necessario per beneficiare dell’estensione completa della garanzia su entrambe le ruote del set.

Da ora è possibile assicurare le ruote in carbonio sul sito ufficiale
Da ora è possibile assicurare le ruote in carbonio sul sito ufficiale

L’impegno di Miche

L’estensione gratuita della garanzia a quattro anni conferma il forte impegno di Miche nel garantire prodotti di alta qualità e durabilità. La scelta di offrire questo servizio senza costi aggiuntivi ai propri clienti evidenzia la fiducia dell’azienda nei propri prodotti e il desiderio di mantenere elevati standard di soddisfazione del cliente.

Questa iniziativa rappresenta un valore aggiunto significativo per chi sceglie le ruote Miche in fibra di carbonio, offrendo una protezione prolungata e un supporto continuo. Miche continua a posizionarsi come un marchio di riferimento nel settore. Con un’attenzione costante alle esigenze dei ciclisti e un impegno verso l’innovazione e la qualità.

Per maggiori informazioni e per procedere con la registrazione, è possibile visitare il sito ufficiale oppure rivolgersi ai rivenditori autorizzati.

Miche

Mondiale gravel, figuraccia scongiurata? Parla Panighel

14.09.2023
7 min
Salva

Il 7-8 ottobre ancora in Veneto avrà luogo il secondo mondiale gravel della storia. Il primo lo organizzò e anche bene Filippo Pozzato nel 2022. Sembrava dovesse andare così anche quest’anno, dato che l’assegnazione era biennale, invece nel cuore dell’estate qualcosa non è andato come si pensava. Nessuno sa bene come e perché, ma la PP Events del vicentino ha ricevuto una lettera di disdetta da parte dell’UCI. La Federazione italiana si è affrettata a scrivere in un comunicato di non averne responsabilità, mentre il diretto interessato al momento ha scelto di non dire nulla, concentrato sulle sue corse di fine stagione.

Comunque sia, il mondiale gravel 2023 è passato nelle mani di Pedali di Marca, organizzazione trevigiana che fa capo a Massimo Panighel, organizzatore di mondiali Marathon e referente per le tappe dolomitiche dell’ultimo Giro d’Italia. E così dai sentieri di Asiago in cui par di capire che fosse tutto pronto, la sfida si svolgerà sulle colline del Prosecco, avendo però appena due mesi per mettere insieme tutto. Abbiamo intercettato Massimo Panighel, appena uscito dalla banca in cui lavora.

Alla presentazione di Gravel in the Land of Venice, Panighel con il presidente veneto Zaia
Alla presentazione di Gravel in the Land of Venice, Panighel con il presidente veneto Zaia
Quando hai saputo ufficialmente che c’era da mettere mano al mondiale gravel?

Il 4 agosto. E non è vero, come dice qualcuno, che Panighel lavorasse sotto traccia dall’inverno, perché davvero non ne sapevo nulla. Il 2-3 agosto, durante una riunione con il Comitato provinciale per parlare della riforma dello sport, ho chiesto al presidente provinciale se ci fossero notizie: se il mondiale gravel lo avrebbero fatto ad Asiago oppure a Cortina, perché girava anche questa voce. E lui ha fatto un sorriso strano, che ora posso interpretare diversamente. Avevo sentito qualche voce un mese prima, alla Dolomiti Superbike, ma nulla di più. Il primo passaggio ufficiale è stato due giorni dopo quando mi ha chiamato Peter Van den Abeele dell’UCI, mentre ero in vacanza ad Auronzo.

Che cosa significa mettere in piedi un mondiale in così poco tempo?

Prima c’è stato il percorso, che andava disegnato. Ci penso tutte le mattine e tutte le sere quando vado a letto, abbiamo 20-25 giorni di tempo. L’UCI ha visto il percorso l’ultima settimana di agosto. Lo abbiamo disegnato cercando di stare nei limiti che ci hanno imposto, cioè 60 per cento di sterrato e 40 di asfalto. Il tutto, dovendo anche assecondare le richieste dei sindaci, per passare dove hanno piacere o necessità che si passi. Però è un bel percorso.

Fatto come?

Si parte dal Lago delle Bandie, dove c’è stato il mondiale di ciclocross del 2008, poi si passerà una prima volta a Pieve di Soligo e faranno un primo anello nella zona di Revine Laghi, Tarzo e San Pietro di Feletto. Un altro passaggio sul traguardo di Piave di Soligo e si farà un secondo anello nella zona classica del Prosecco, fra Pieve di Soligo e Valdobbiadene. La lunghezza sarà sui 160-170 chilometri per gli uomini con circa 1.800-2.000 metri di dislivello. Quello delle donne lo stiamo ridisegnando adesso, perché abbiamo dovuto fare dei tagli, sarà sui 140 chilometri con 1.600 metri di dislivello. Ma il problema non è tanto per le categorie elite, il fatto è che bisogna disegnare tre percorsi per le categorie master e questo sarà davvero impegnativo. Come sarà un bel lavoro trovare e gestire i volontari, trovare le ambulanze… Non è così semplice.

Quali risposte avete avuto dai Comuni, dai territori, avendo così poco preavviso?

Ottime, perché fortuna vuole che Fabrizio Cazzola, che è Consigliere federale e fa parte del gruppo ristretto che sta lavorando al mondiale, è di quelle zone quindi conosce benissimo le persone che contano. Un’altra figura cardine è il presidente del Comitato provinciale, Giorgio Dal Bo’, che con la Prefettura e la provincia di Treviso sta portando avanti il discorso delle autorizzazioni. Gli stessi Comuni si sono impegnati a chiedere i permessi nei confronti dei privati, i cui terreni saranno attraversati dai percorsi.

L’organizzazione è in mano a Pedali di Marca?

Diciamo che Pedali di Marca è il referente presso l’UCI, ma abbiamo cercato di fare un comitato di lavoro esteso, coinvolgendo tutte le società della provincia di Treviso, fra cui quella di Lucio Paladin, papà della Soraya. C’è bisogno di tutti, non si può pensare che una sola persona faccia il mondiale, ci vuole la collaborazione di tutto un territorio.

Pensi che ci sarà anche una ricaduta in termini di promozione del territorio?

L’anno scorso, quando venne fuori che Pozzato avrebbe organizzato il mondiale per due anni, ci incontrammo. Io sto portando avanti da tre anni con la Regione Veneto un progetto che si chiama Gravel in the Land of Venice. Abbiamo fatto 80 percorsi nel Veneto dedicati al gravel, più o meno impegnativo, dagli argini alla pianura, la laguna, le colline, la montagna. Proposi di unire le forze, in modo che la gente venisse a vedere il campionato del mondo, ritrovandosi in un territorio dove c’è la possibilità di fare pedalare. Però non se ne fece nulla. La risposta a questa domanda è che se il territorio capisce di avere delle potenzialità, allora il ritorno c’è.

Se lo scorso anno il… pezzo forte era Peter Sagan, quest’anno ci sarà anche Van Aert
Se lo scorso anno il… pezzo forte era Peter Sagan, quest’anno ci sarà anche Van Aert
Di quali potenzialità parliamo?

In quegli 80 percorsi, abbiamo mappato 6.000 chilometri di gravel, ma probabilmente potrebbero essere molti di più. Bisogna capirlo. La Toscana ne ha fatto un business, perché ormai le Strade Bianche sono un’icona, che non ha neppure bisogno di presentazione. Qui avremmo un territorio che è altrettanto valido, ma per avere un ritorno bisogna cogliere l’occasione, non dipende da Panighel. Però facciamo un po’ fatica. Ho visto anche che le tappe del Giro d’Italia a livello personale sono state una bellissima esperienza, ma siamo certi che abbia avuto un ritorno adeguato?

Qual è la tabella di marcia per i giorni che restano?

E’ come quando arriva una fattura con scritto “pagamento a vista”. Spero di fare l’ultimo sopralluogo e chiudere i percorsi nel prossimo fine settimana, cercando anche di accontentare le richieste di Golazo Cycling, la società belga che lavora con l’UCI. Una tabella di marcia vera e propria non la so indicare, perché è tutto urgente. Ci dividiamo i compiti, ognuno porta avanti il suo. Il discorso dell’assistenza sanitaria non è una cosa di poco conto, perché l’evento va avanti per due giorni. Si dovranno gestire circa 500 volontari. Poi c’è la parte della logistica. Va preparata la guida tecnica internazionale per l’UCI. C’è il discorso hotel. C’è tutto il fronte della comunicazione, c’è da trovare lo speaker. Non so chi abbia avuto la bella idea di dare in giro il mio numero, per cui mi stanno arrivando richieste per le iscrizioni che invece gestisce Golazo. Spero che alla fine vada tutto bene e che qualcuno ci dica se non altro che abbiamo fatto un bel lavoro.

Per comunicazione intendi anche quella verso gli utenti?

E’ un problema, perché la gente potrebbe aver preso impegni diversi. Ci fosse stato almeno il secondo mese a disposizione, sarebbe stato diverso, ma il secondo mese a disposizione era agosto ed era tutto fermo. E’ chiaro che più vai avanti e più diventa difficile gestire ad esempio le prenotazioni. Magari c’è il belga che ha aveva prenotato una settimana a Peschiera del Garda, e ora deve disdire, magari perdendo la caparra. Per questo ci sono cose che non capisco.

Panighel ha spiegato che con Gravel in the Land of Venice sono stati mappati 6.000 chilometri di percorsi
Panighel ha spiegato che con Gravel in the Land of Venice sono stati mappati 6.000 chilometri di percorsi
Quali cose?

Ho firmato altri contratti con l’UCI. A fine settembre 2023 avremmo dovuto pagare la prima rata per il mondiale Marathon che organizzeremo nel 2026. L’abbiamo posticipata, dovendo pagare quella del mondiale Gravel, ma in ogni caso so benissimo che se ritardi un giorno, ti chiamano subito. In queste cose non si affonda da soli, ci sono anche altre componenti. Forse ci saranno sotto questioni politiche che a me sfuggono, io da uomo di sport sto dando una mano per venirne fuori.

Non resta che lavorare?

Quello che stiamo facendo. Noi abbiamo anche un mondiale nel 2026. C’è un velodromo a Spresiano che speriamo prima o dopo abbia conclusione, in cui si dovrebbe svolgere un mondiale su pista. Stiamo lavorando tanto col gravel, perché è una disciplina emergente che porta tanta soddisfazione, in fondo basterebbe che ognuno facesse bene il proprio compitino. Io provo a fare il mio e intanto lavoro anche in banca. La tipa di Golazo non voleva crederci, ho dovuto spiegarle che ho una moglie e dei figli da far mangiare e tutto il resto per me è volontariato. Ma non sono convintissimo che ci abbia creduto… 

Inaugurato a Treviso un nuovo Bottecchia Point

22.07.2023
2 min
Salva

E’ stato ufficialmente inaugurato a Treviso un nuovo Bottecchia Point. Si trova all’interno del Fantic Store di Via Noalese 94, lungo un’arteria cicloturistica importantissima come la Treviso-Ostiglia. Non lontano dalle altre due primarie arterie ciclabili rappresentate dalla Monaco-Venezia e dalla Via Claudia-Augusta, . 

La struttura commerciale ed espositiva si sviluppa per uno spazio complessivo di circa 300 metri quadrati: una superficie interna che include un’amplissima esposizione di prodotti Bottecchia davvero ideale per soddisfare anche le più specifiche esigenze di mobilità. Dalle biciclette top di gamma da corsa fino alle Mtb muscolari, leggerissime ed assolutamente performanti, passando per le gravel ed arrivando alle trekking e ai modelli city adatti al tempo libero e agli spostamenti urbani. E nel rispetto della migliore tradizione Bottecchia, oltre alla gamma muscolare è disponibile in negozio anche un vastissimo assortimento di biciclette a pedalata assistita: quelle della linea BeGreen, come le Mtb “full suspension”, per un uso “all mountain”, e le trekking bike di ultima generazione… comodissime per affrontare le lunghe escursioni.

Il Bottecchia Point vedrà presenti al suo interno tutti i modelli del marchio veneto
Il Bottecchia Point vedrà presenti al suo interno tutti i modelli del marchio veneto

La proprietà è Autosile

Questo nuovo Bottecchia Point, di proprietà di Autosile, è specificamente progettato con lo scopo di fornire un’esperienza unica all’utente che deciderà di visitarlo, facendolo letteralmente entrare nel mondo delle bici muscolari ed elettriche Bottecchia. E questo anche grazie alla consulenza del personale qualificato presente in negozio, pronto a seguire e ad assistere il cliente per ciascuna sua specifica esigenza. 

Lo store sorge a Treviso, punto di passaggio di importanti rotte cicloturistiche
Lo store sorge a Treviso, punto di passaggio di importanti rotte cicloturistiche

All’esterno del punto vendita – un ulteriore suo “punto di forza” – è presente un ampio spazio di oltre 400 mq. sul quale è possibile provare le biciclette test in dotazione. Questo nuovo Bottecchia Point è inserito in una struttura bonificata e riconvertita appositamente per promuovere la ricerca e lo sviluppo delle tecnologie sostenibili e per valorizzare il territorio circostante grazie in modo particolare alla creazione di itinerari ciclabili personalizzati che partono e si concludono dallo “store”. Uno su tutti quello lungo la Treviso-Ostiglia, una ciclovia fantastica che lambisce il confine stesso di questo nuovo Bottecchia Point.

Bottecchia

Waterways Experience: a Treviso si chiude il cerchio

26.06.2023
5 min
Salva

L’ultimo episodio della nostra esperienza alla scoperta delle vie d’acqua del Veneto ci fa ripartire da Mogliano Veneto. Cittadina di origine romana che trae il suo nome da quelli che erano i possedimenti di tale Molius. La nostra ultima pedalata parte da qui e si snoda lungo le sponde del Sile, direzione Treviso.

Hotel The Foscarini

La notte l’abbiamo trascorsa ospiti dell’Hotel The Foscarini, un bike hotel nato in questi ultimi anni e diventato un punto di riferimento per appassionati e non solo. Chiunque ami la bici, in tutte le sue forme, da queste parti trova i servizi giusti. In questa villa storica del 1600 è stata creata un’intera area dedicata ai ciclisti. The Foscarini è il punto di partenza ideale per raggiungere i principali percorsi ciclabili, tra cui quello che intraprendiamo noi. 

Il Sile

Le nostre ruote girano sulle strade della provincia di Treviso e ci portano fino a Casale sul Sile. Da qui prendiamo il percorso numero 7, con destinazione appunto: Treviso. Il lento scorrere del Sile e la sua ciclabile sono un teatro a cielo aperto, pronti ad accogliere sportivi di tutte le tipologie. Dalle bici, di qualsiasi genere, fino alle canoe, che sulle larghe sponde si lanciano in acqua per godere di questo panorama da un diverso punto di vista. 

Una delle aree più spettacolari che ci si apre davanti agli occhi è il “cimitero dei burci”, situato all’interno del Parco Naturale Regionale del Fiume Sile. Le imbarcazioni, delle quali vi abbiamo raccontato nel primo episodio di questa esperienza, furono abbandonate negli anni ‘70. 

Treviso

Nella città entriamo dalla Porta San Tommaso, situata a nord e raffigurante un leone, a richiamare il legame con la Repubblica di Venezia. Uno dei siti principali è Piazza dei Signori, situata al centro di Treviso, è il suo luogo di maggior importanza storica. Costruita nel XIII secolo ha ospitato nei secoli i palazzi dell’antica signoria trevigiana, da qui il nome Piazza dei Signori. 

Treviso è una città che lega parte della sua esistenza all’acqua, è infatti attraversata da diversi canali. I quali creano delle “vene” interne alla città, e regalano particolari scorci, che rendono così Treviso un posto suggestivo. 

Slow Flow

Buona parte dell’organizzazione di questa Waterways Experience è stata ideata e coordinata da Slow Flow. Un progetto che ha la volontà di riunire le diverse facce della Regione Veneto con quello che è un modo di viaggiare lento e sostenibile. Ritrovare i ritmi e capirne l’importanza, perché non si può apprezzare una città o un territorio, senza immergersi nella sua più intima natura

Il progetto è in sé legato alle via dell’acqua, tesoro azzurro che in Veneto ha sempre avuto un ruolo importante per lo sviluppo della società. Attraversare e riassaporare questi luoghi aiuta a farli tornare a vivere, riscoprendo valori che si sono via via sbiaditi nel tempo.

Gravel in the Land of Venice

NEGLI ARTICOLI PRECEDENTI

Gravel in the Land of Venice: la Waterway Experience
Waterway Experience, giorno due: tra Padova e Barene

Leknessund si prepara per un altro giorno cruciale

25.05.2023
5 min
Salva

Sul Monte Bondone il Giro d’Italia ha voltato le carte, tenute finora sempre ben nascoste nel mazzo. Il lavoro impressionante di Almeida e Thomas ha aperto la corsa rosa esponendo tutti i rivali. Prima della sedicesima tappa il Giro ha vissuto di attendismo ed a trarne vantaggio ci ha pensato Leknessund. Il norvegese ha preso il primato della corsa rosa sull’arrivo di Lago Laceno, restituendolo poi a Evenepoel alla cronometro di Cesena. Leknessund martedì sulle rampe del Bondone ha pagato probabilmente il giorno di riposo, accusando 2’42’’ da Almeida.

Leknessund ha avuto la bravura di conquistare la maglia a Lago Laceno e di tenerla fino a Cesena
Leknessund ha avuto la bravura di conquistare la maglia a Lago Laceno e di tenerla fino a Cesena

Sempre in top 10

Oggi che il Giro propone un’altra giornata importante, dopo che sul Bondone il norvegese ha accusato un passivo di 2’42” da Almeida e Thomas, rileggere la sua vicenda è il modo per consegnarlo alla storia del Giro d’Italia.

«Sto bene  – ci dice – non mi aspettavo di ritrovarmi in ottava posizione in classifica generale. L’occasione è grande e posso vedere fin dove mi posso spingere, vedremo cosa riusciremo a raccogliere da qui alla fine. E’ il mio secondo grande Giro, dopo il Tour de France dello scorso anno. Nella terza settimana della Grande Boucle mi sentivo bene, spero di replicare quelle sensazioni».

E’ nato a Tromso, nel Circolo Polare Artico, il rischio maggiore? Trovare renne durante gli allenamenti (foto Instagram)
E’ nato a Tromso, nel Circolo Polare Artico, il rischio maggiore? Trovare renne durante gli allenamenti (foto Instagram)

Sci e calcio

Leknessund è nato a Tromso, all’interno del Circolo Polare Artico, la città è considerata la capitale della Lapponia. Il corridore del Team DSM si è affacciato abbastanza presto nel mondo del ciclismo, scoperto grazie al padre ed alla sorella. Ma prima, come ogni norvegese che si rispetti, ha attaccato ai piedi gli sci da fondo.

«Sono cresciuto giocando a calcio e praticando sci da fondo – racconta – ho iniziato ad andare in bici quando avevo tredici anni, nella squadra della mia città: Tromso. Mio padre e mia sorella pedalavano già e io ho trovato questo sport piacevole e ho continuato a praticarlo. Non ero molto bravo all’inizio, ma avevo un gran bel gruppo di amici e ho continuato per quello, è stata più una questione di passione e amicizia.

«Ho poi deciso di andare in una scuola di ciclismo vicino a Oslo e mi sono trasferito lì quando avevo quindici anni. E’ sempre difficile quando cerchi di fare l’atleta professionista, devi impegnarti tanto, così ho fatto. Ogni anno ho fatto dei passi che mi hanno permesso di portarmi dove sono ora».

A quindici anni si è trasferito ad Oslo, il clima per allenarsi è più mite (foto Instagram)
A quindici anni si è trasferito ad Oslo, il clima per allenarsi è più mite (foto Instagram)

Nuova generazione

Il Nord Europa sta sfornando una grande dose di talenti nel ciclismo, basti pensare al vincitore dell’ultimo Tour de France: Vingegaard. Una scuola che prepara gli atleti nel migliore dei modi, tutti con caratteristiche da scalatori, anche se da quelle parti le salite scarseggiano. 

«E’ vero – spiega – non ci sono molte salite dalle mie parti, ma a casa mi alleno principalmente sulla quantità. Utilizzo principalmente i training camp che facciamo in Spagna durante l’inverno per allenarmi in salita. Durante il mio primo anno nel WorldTour non sono andato molto bene. Negli inverni successivi il team ha deciso di mandarmi due volte all’anno in ritiro in altura per migliorare e crescere.

«Sono molto contento di come sta andando, penso di non essere ancora al top delle mie possibilità, ma è giusto così. Ogni stagione ho fatto dei passi, naturali, di crescita e devo continuare in questa direzione. Durante l’inverno lo sci rimane uno dei migliori modi per allenarsi, fin da quando sono giovane, aiuta ad allenare tutto il corpo».

Nel 2022 ha vinto la corsa di casa: l’Arctic Race of Norway (foto Instagram)
Nel 2022 ha vinto la corsa di casa: l’Arctic Race of Norway (foto Instagram)

Il manager italiano

Nel destino di Leknessund l’Italia non rappresenta una novità. Il norvegese nel 2020, nelle zone dove passerà il Giro, ha vinto il Giro del Friuli. Il profilo di questo corridore però è un’incognita, basti pensare che nel 2019 è arrivato secondo alla Gent-Wevelgem U23. Di italiano, per Leknessund, c’è anche uno dei suoi riferimenti sportivi, ovvero il suo procuratore: Manuel Quinziato

«Ho conosciuto Leknessund nel 2018 – racconta Quinziato – era il primo potenziale uomo per i grandi Giri della Norvegia. Ancor più di Foss, due anni più grande di lui, nonostante il corridore della Jumbo-Visma abbia vinto il Tour de l’Avenir nel 2019. Quell’anno Leknessund avrebbe dovuto correrlo da protagonista, ma un infortunio lo tirò fuori dai giochi. Non è uno scalatore puro e quindi perde sulle salite lunghe, ma nelle corse a tappe brevi ha fatto sempre bene.

«Inoltre – continua- è molto forte anche a cronometro, tanto da aver vinto un titolo europeo juniores ed uno anche da under 23. Lo vedo anche molto bene nella classiche delle Ardenne, ha grandi doti di fondo che mi fanno pensare ad una buona predisposizione per le grandi corse a tappe. Questo Giro è solamente la sua seconda gara di tre settimane, la crescita, dal mio modo di vedere, ci sarà».

Borgo Molino, il difficile equilibrio tra vittorie e futuro

16.06.2022
6 min
Salva

Quali ingredienti servono per comporre uno junior, affinché da grande diventi un grande corridore? E’ la domanda che ci si pone da tempo davanti alle differenze spesso imbarazzanti in ambito under 23 fra i nostri e gli altri. E se è vero che all’estero probabilmente si hanno altre libertà, come denunciato da Oldani al Giro d’Italia, il dubbio che qualcosa in Italia manchi nella formazione in certi giorni ti assale. Sarebbe sbagliato cercare tracce di Evenepoel in ogni ragazzino, ma è interessante chiedersi in che modo crescano i nostri futuri professionisti. E così un sondaggio abbiamo ritenuto di farlo con Cristian Pavanello, diesse della Borgo Molino: la squadra che negli ultimi mesi ha mandato Pinarello direttamente fra i pro’ e corridori come Bruttomesso e Ursella alla Zalf e alla DSM. Eppure fra i tecnici degli U23 c’è chi dice che nel team di Ormelle, in provincia di Treviso, si guardi più al risultato immediato che al lungo termine.

«Sono un tecnico vincente – dice Pavanello, fratello di Luca che fu professionista con la Aki-Gipiemme e per quattro anni a sua volta dilettante, tra la Zalf Fior e la Bata-Moser – e alle corse si va per vincere. Non perché abbiamo bisogno di fare punti, ma perché la vittoria è quello che ripaga i ragazzi dei loro sforzi. Abbiamo vinto con 6-7 corridori diversi, se invece badassimo davvero alla quantità, punteremmo su quelli che danno più garanzie e metteremmo gli altri a tirare. Facciamo tutte le internazionali che ci sono in Italia e abbiamo in programma di fare una trasferta all’estero. Ma i ragazzi hanno la scuola e poi lo stage. Poi c’è la nazionale. Non è semplice trovare il tempo».

Cristian Pavanello è stato dilettante e guida gli juniores della Borgo Molino (foto photors.it)
Cristian Pavanello è stato dilettante e guida gli juniores della Borgo Molino (foto photors.it)
Critiche rispedite al mittente?

Una cosa che mi fa pensare di essere sulla strada giusta è che i nostri ragazzi vengono ricercati da tante squadre. I risultati confermano il buon lavoro che facciamo. Alcuni si confermano e alcuni chiaramente si perdono, magari anche ragazzi da cui ci aspettavamo tanto, ma questo succede a tutti. Secondo me se qualcuno si lamenta, è semmai perché i nostri ragazzi non vanno con loro.

Oggi si passa da juniores a continental e sei già fra i pro’: avete cambiato qualcosa nella gestione?

Non abbiamo cambiato niente, per fare certi numeri serve materiale umano buono. Sapremo fra 4-5 anni se questa tendenza a passare così giovani darà buoni frutti.

Alla Coppa Montes, un bel gap fra Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder e Matteo Scalco (foto photors.it)
Alla Coppa Montes, un bel gap fra Mees Viot e Romet Pajur del Team Auto Eder e Matteo Scalco (foto photors.it)
Ci sono squadre come la Auto Eder e la FDJ capaci di prestazioni piuttosto consistenti…

Li preparano per il salto tra i pro’. I nostri hanno altre mentalità, alcuni si sviluppano a 23 anni. Il nostro Pinarello è passato direttamente tra i pro’, ma sta facendo attività U23 e ha i suoi tempi. Sta facendo il Giro d’Italia U23 da primo anno, mi sembra normale che trovi difficoltà. Bruttomesso invece ha vinto subito. Ognuno ha la sua strada. Ci sono stati ragazzini che a livello juniores dominavano e poi sono spariti. E’ meglio così? I migliori dei nostri non saranno al livello dei 4-5 che dominano a livello mondiale, ma hanno mantenuto le loro caratteristiche e vanno bene. Noi lavoriamo su più fronti.

Più specialità?

Facciamo strada, pista e cross. Delle Vedove è un velocista, ma ha fatto anche corse dure come la Tre Valli e la Piccola San Geo e adesso ha vinto i tricolori in pista.

Però al Giro U23 si vedono differenze notevoli.

Chi sta dominando al Giro ha fatto attività con le WorldTour: è giusto? Il nostro modo di lavorare ha dato e dà buoni frutti, ma non si può usare come paragone Evenepoel e pretendere che tutti seguano lo stesso cammino.

Qualcuno dice che la società italiana non produce ragazzi capaci di sacrificarsi davvero.

Non penso che sia così. Si criticano ragazzi che semplicemente fanno un percorso diverso. Non so se i ragazzi della Auto Eder vadano a scuola e non so quanti di loro diventeranno campioni. Credo sia tutto da analizzare bene, senza fermarsi al risultato immediato. Sono nella categoria da 25 anni, abbastanza per capire che Nibali non ne nasce uno ogni anno. Piuttosto faccio io una domanda…

Alla Coppa Montes, l’arrivo di Novak (foto photors.it)
Alla Coppa Montes, l’arrivo di Novak (foto photors.it)
Vai.

Quanti corridori si perdono perché non trovano squadra? Nelle WorldTour straniere fanno correre i loro. La Ineos prende Ganna perché vince e si porta via Cioni, uno dei migliori allenatori in circolazione. In ogni squadra WorldTour c’è almeno un tecnico italiano, si fa tanto parlare, ma qui non c’è una grande squadra che possa insegnare ai ragazzini a diventare corridori. Se hai la struttura, nella quantità trovi la qualità. Invece siamo penalizzati fortemente dalla mancanza di squadre e da quello che Oldani ha detto chiaramente.

Andare all’estero a fare una corsa a tappe non li farebbe crescere?

Come società, la sola cosa che conta è avere ragazzi che continuano, non solo quelli che vincono. Abbiamo fatto per anni il Trofeo Karlsberg, ma ormai è nella Nation’s Cup e si fa solo per nazionali. Non c’è più questa grande quantità di corse all’estero, come qua non ci sono più il Giro di Basilicata, quello di Toscana o quello del Friuli, che è stato annullato e che erano ottime occasioni di crescita. E poi c’è da fare i conti col budget, il momento è noto e andare all’estero ti costa 6-7 mila euro che non sono facili da spendere. E poi un’altra cosa…

Matteo de Monte vince così la Coppa Fratelli granzotto (foto photors.it)
Matteo de Monte vince così la Coppa Fratelli granzotto (foto photors.it)
Quale?

Va bene fare il confronto con le squadre che vengono da fuori a dominare in Italia, ma io non ce la faccio a vedere degli juniores che fanno i professionisti a 17-18 anni. Ci sono già tanti ragazzi in difficoltà  in giro, mi dispiacerebbe impedirgli di andare a scuola, privandoli di un futuro se il ciclismo non dovesse andar bene.

Dalla batosta di Treviso, la lezione di Mosca ai giovani (e a certi team)

27.05.2022
6 min
Salva

Una disattenzione sul Muro di Ca’ del Poggio poteva costare a “Juanpe” Lopez la maglia bianca e tutto il lavoro fatto finora per mantenere la top 10 nella generale. Sommando le osservazioni raccolte ieri dopo la tappa di Treviso, sul più fiammingo dei muri veneti le squadre dei velocisti hanno capito che la fuga stava diventando imprendibile e hanno accelerato in modo selvaggio. Il gruppo si è spezzato e nelle retrovie è rimasto il ragazzino della maglia rosa sull’Etna e delle 9 tappe successive. Una bella lezione, di quelle che ti svegliano: difficilmente Lopez si farà più sorprendere in coda al gruppo.

«Quando ti scontri con una situazione del genere – dice Jacopo Mosca, che ieri ha tirato come tutta la squadra – alla fine hai poco tempo per parlare in corsa. Lavori finché ne hai e noi alla fine siamo scoppiati. Sali sul pullman e potresti cadere nell’errore di dire parole di troppo, ieri non tutti erano contenti. Oppure fai un’analisi, valuti come è andata. Dipende da chi hai di fronte. La parola di un altro corridore quando sei a blocco può essere accettata male. Anche quella di un diesse. Ma se lo stesso concetto te lo spiega un compagno a freddo e in modo lucido, vale di più».

Dalla lezione di ieri a Treviso, Lopez ha imparato più che da mille parole
Dalla lezione di ieri a Treviso, Lopez ha imparato più che da mille parole

Su giovani e squadre

I giovani vanno aspettati. L’esperienza degli ultimi anni dice che il vincitore della maglia rosa s’è portato a casa anche la bianca. Ma non tutti sono fatti allo stesso modo. E non tutte le squadre, malgrado le belle interviste rilasciate nei giorni del Giro, hanno a cuore il discorso. Mosca ad esempio fu lasciato a piedi allo scadere del secondo anno.

«Quando sono passato – ricorda – ero nella squadra di Pozzato agli ultimi anni di carriera. Nel suo modo di parlare e di porsi, ha sempre detto cose giuste al 95 per cento. Sono passato nella fase del cambiamento, all’alba di questo new cycling in cui si va sempre a tutta. Ricordo che il primo anno ruppi il gomito. Feci un po’ di gare a inizio anno e lo chiusi in Cina. L’anno dopo al ritorno dall’ennesima trasferta in Cina, dove avevo anche vinto una tappa, chiesi di andare al Tour of Hainan, che avevo vinto l’anno prima. Sarei partito col numero uno sulla schiena, solo alla fine li convinsi e mi mandarono.

«Correvo al minimo e all’ennesima richiesta sul contratto, Citracca mi disse che non ero abbastanza forte per essere un corridore. Mi disse che la maglia della classifica a punti della Tirreno potevano vincerla tutti: bastava andare in fuga. Sentendo da chi arrivavano certe parole, preferii lasciar correre. Ma capii che sarei rimasto a piedi, non fu facile».

Fu Ivan De Paolis ad accogliere Mosca quando fu scaricato da Scinto e Citracca
Fu Ivan De Paolis ad accogliere Mosca quando fu scaricato da Scinto e Citracca
Non sempre i giovani vengono aspettati. Di cosa ha bisogno oggi un neopro’?

Dipende da chi hai di fronte. Se il giovane sa imparare dagli altri, non ha bisogno di niente. Ruba il mestiere e va avanti. Se si perde e ha bisogno di essere inquadrato, deve essere disposto ad accettarlo. Non so se ci sia ancora tempo. Io passai a 25 anni e oggi sarei vecchietto, ma cerco ancora di imparare da Cataldo. Dario ha 10 anni più di me, è stato gregario con i più grandi campioni, ha tanto da dare.

I ragazzi vanno aspettati.

Se prendi un ragazzo consapevole di dover faticare per dimostrare quanto vale, allora ha bisogno di tempo. Tanti miei coetanei sono passati con la voglia di farsi vedere. Alcuni hanno smesso, altri sono in squadre professional, ma con un po’ di fortuna in più sarebbero potuti arrivare in una WorldTour come me. Perché ne hanno il livello. Se guardi ai numeri, passano spesso corridori che non meritano ed è chiaro che se non vai, ti lasciano al vento. Ma la colpa non è del ragazzo…

Mosca è approdato alla Trek-Segafredo nel 2019 ed è uno dei gregari più apprezzati
Mosca è approdato alla Trek-Segafredo nel 2019 ed è uno dei gregari più apprezzati
Di chi allora?

Di chi lo fa passare, che sia il procuratore o il dirigente sportivo. E’ facile approfittarsi delle voglia di un ragazzo che non vede altro, ma devi essere onesto e capire se davanti hai un corridore vero oppure uno sperso. E io secondo Citracca non ero abbastanza forte per essere un corridore (fa una pausa, lo sguardo si perde chissà dove, ndr).

Ne avete più parlato?

Nel 2020 eravamo alla partenza della tappa dello Stelvio, decisiva per il Giro. Stavamo facendo una bella corsa ed eravamo tutti motivati. Scinto era vicino al pullman parlando con Guercilena e quando mi vide passare, disse che aveva sempre saputo che fossi un buon corridore e che dovevo soltanto dimagrire. Ricordo che Luca lo guardò: «Ma tu – gli disse – zitto non stai mai?».

Cataldo e Mollema anche ieri verso Treviso hanno svolto un lavoro preziosissimo per difendere Lopez
Cataldo e Mollema anche ieri verso Treviso hanno svolto un lavoro preziosissimo per difendere Lopez
Nessuno parla. Corridori vengono e altri smettono…

Se uno fa il suo, sta zitto e le polemiche non servono. Se rispondi, ti segnano e hai finito di correre.

Ma allora perché passare a tutti i costi in squadre così?

Per me non ha senso dire a un ragazzo di fare un anno in più nei dilettanti. Se sei uno che vince e può scegliere, oppure sei consapevole del ruolo che avrai e ti sta bene tutto, vai e dimostra il tuo valore. Ma si deve distinguere fra chi merita e chi no. Perché al contrario ci sono stati miei amici che meritavano e hanno smesso senza avere la possibilità. Parlo di Alberto Amici, ma soprattutto di Alfio Locatelli.

Alfio Locatelli classe 1990 non è riuscito a passare malgrado grandi risultati, in quanto elite (foto Scanferla)
Alfio Locatelli classe 1990 non è riuscito a passare malgrado grandi risultati, in quanto elite (foto Scanferla)
Bel corridore…

Vinse il Trofeo Balestra battagliando in salita con Moscon e Ciccone. Non lo fecero passare perché era elite. Per lui mi sbilancio, metterei la mano sul fuoco per ogni aspetto. Invece tutto intorno passavano ragazzini che non sapevi chi fossero.

Come fai a metterti in luce se in certe corse il gap fra WorldTour e altri è abissale?

Sta all’intelligenza del ragazzo. Se passi e pensi di poter competere, sei fuori strada. Se poi sei in una piccola squadra, inutile pensare di fare i finali. Ti fai vedere, vai in fuga, che parlino di te. Così il giorno in cui verrà un risultato, sarai quello che da giovane andava in fuga e si faceva notare. Non si deve dare la colpa ai corridori e nemmeno scusarli troppo se non si danno da fare. Correre fuori dal WorldTour è difficile, ma devi andare sempre a testa alta.

La Trek-Segafredo all’arrivo di Treviso, dopo aver tirato allo stremo delle forze
La Trek-Segafredo all’arrivo di Treviso, dopo aver tirato allo stremo delle forze
Mosca neopro’?

Non avevo risultati clamorosi, il mio modo di correre era lo stesso di oggi quando ho le gambe. Se stai lì e aspetti il finale, non vai da nessuna parte. Adesso è ancora peggio, bisogna capire alla svelta il proprio ruolo. A un ragazzo come Guarnieri bisognerebbe fare un monumento: non ne sbaglia una. Si parla tanto di Morkov, ma lui non è da meno. Non si deve aver paura di svolgere il proprio ruolo e lavorare per gli altri appaga. Lo dico io, ma guardate Puccio e lo stesso Cataldo.

Perché non hai smesso?

Sapevo di non essere un campione, ma potevo ricavarmi uno spazio. Sapevo di valere più di quello che pensavano. E appena ho trovato una vera squadra, sono arrivato al posto giusto.

Distacchi, tattiche, percorso: cause della volata mancata

26.05.2022
5 min
Salva

Qualche polemica se la porterà dietro la Borgo Valsugana – Treviso. Quella che sulla carta doveva essere l’ultima chance per i velocisti è sfumata. Ha visto arrivare la fuga. Niente volata dunque per Cavendish, Demare e tutti gli altri.

E una volata, dopo tante salite, il pubblico l’avrebbe vista volentieri. Sono sempre belle “fiammate di adrenalina”. Senza nulla togliere ai quattro ragazzi della fuga, sia chiaro.

Da quel che si è visto, e parlando con i protagonisti nel dopo tappa, emergono tre questioni: chi doveva tirare, un presunto errore del cronometraggio e la genesi dei percorsi. 

In questi casi è un po’ come nella politica. Si cerca di scaricare il barile sul prossimo. La realtà è che è regnato il caos in gruppo e che i quattro fuggitivi hanno giocato molto bene le loro carte. 

Gaviria (a destra) discute con Dainese. Il padovano, quinto, ha vinto la volata del gruppo
Gaviria (a destra) discute con Dainese. Il padovano, quinto, ha vinto la volata del gruppo

Esplode la discussione

Dopo l’arrivo i velocisti avevano il dente avvelenato. Gaviria discuteva animatamente con Dainese. Mentre tornavano ai bus gli chiedeva perché anche lui non avesse messo più uomini a tirare. 

I Cofidis, che dovevano fare la volata con Cimolai, si sono persi sotto la strappata di Ca’ del Poggio. Chi si poteva aspettare un aiuto dalla Alpecin Fenix per uno sprint di Van der Poel, chiaramente è rimasto deluso in quanto davanti c’era De Bondt, che poi ha vinto.

Insomma una situazione che sembrava scontata, con la fuga destinata a perdersi, all’improvviso non lo è stata più. E poi i quattro davanti, lo ripetiamo, oltre che forti sono stati furbi.

Prima delle colline di Valdobbiadene non avevano spinto a tutta. Loro rallentavano e il gruppo anche. Erano tenuti a tiro. Questo gli ha consentito di preservare le energie per fare l’imboscata proprio laddove i velocisti avrebbero sofferto di più e le loro squadre non avrebbero potuto spingere a fondo.

Cavendish deluso dopo l’arrivo di Treviso
Cavendish deluso dopo l’arrivo di Treviso

Distacchi giusti?

Così sono usciti dal tratto ondulato con un bel vantaggio. E anche qui la questione è aperta. C’è una querelle sulla questione dei distacchi. Una querelle che ha imposto la brusca accelerata costata cara a Lopez, ma che ha fatto saltare i progetti delle squadre dei velocisti: prima forte, poi piano, poi fortissimo. E qualcuno si è perso.

«In cinque chilometri – dice Bramati, diesse della Quick Step – Alpha Vinyl di Cavendish – siamo passati da un minuto e venti secondi a due minuti, due minuti e mezzo, tre minuti. Stavamo tenendo tutto sotto controllo, ma a quel punto abbiamo dovuto spingere al massimo e siamo andati a tutta dopo Ca’ del Poggio.

«Poi okay l’errore, ma servivano le gambe. E i fuggitivi sono stati fortissimi». 

Dsm, Quick Step e Groupama nelle prime posizioni a tirare per ricucire sulla fuga
Dsm, Quick Step e Groupama nelle prime posizioni a tirare per ricucire sulla fuga

Le tattiche dei team

«Ognuno – riprende Bramati – fa la sua corsa. Se mi aspettavo di vedere più uomini di altre squadre? Io ho messo a tirare tutti gli uomini che potevano. Che gli altri si prendano le loro responsabilità, io mi sono preso le mie.

«Di certo, avrei preferito prenderli. Avrei preferito vedere una vera volata. E che vincesse il migliore. Spiace perché era l’ultima chance». 

Scotson alle prese con i suoi guai meccanici su Ca’ del Poggio
Scotson alle prese con i suoi guai meccanici su Ca’ del Poggio

Parola a Guarnieri

Un piccolo disguido sul distacco c’è stato effettivamente.

«Dopo Ca’ del Poggio – ammette Jacopo Guarnieri, compagno di squadra di Demare – all’improvviso ci hanno detto che i quattro avevano 3’30”, però è durato poco. Dopo un po’ ci hanno detto che il distacco era di 2’30”. Per me il problema non è stato questo.

«Per quel che riguarda le squadre, chi tirava e chi no – riprende il corridore della Groupama Fdj – credo si sia visto alla tv che mi sono incavolato sul ritmo non proprio alto di Rui Costa. Sicuramente qualche squadra poteva tirare di più. Noi comunque abbiamo già vinto tre tappe e abbiamo la maglia ciclamino».

«In discesa abbiamo perso sia Sinkeldam, rimasto dietro quando si è spezzato il gruppo, che Scotson, per un problema meccanico. Del nostro treno quindi ero rimasto solo io. Abbiamo fatto tirare Konovalovas (come a dire che da solo non poteva fare più di tanto, ndr).

«In più Cavendish si è voluto conservare sia Ballerini che Van Lerbeghe. La UAE Emirates dava fiammate di tanto in tanto, così come i Cofidis».

«Sono scelte, non discuto sulle tattiche delle altre squadre, ma la caccia della fuga non poteva essere solo sulle nostre spalle. Abbiamo tirato, ma neanche potevamo portare tutto il gruppo in carrozza all’arrivo. Ripeto, sono scelte: se a qualcuno andava bene così… contenti loro. Di sicuro noi siamo contenti di quel che abbiamo fatto in questo Giro». 

Jacopo Guarnieri con il campione lituano e compagno di squadra, Ignatas Konovalovas
Jacopo Guarnieri con il campione lituano e compagno di squadra, Ignatas Konovalovas

Percorsi e velocisti

Ma prima di chiudere Jacopo Guarnieri, fa una disamina interessante: «Semmai la vera critica riguarda il percorso. Ci si lamenta che i velocisti vanno a casa durante il Giro. Che lo lasciano dopo dieci giorni o poco più. Però oggi, l’unica volata della settimana, era complicata da guadagnare».

«Con il muro di Ca’ del Poggio non potevamo permetterci di essere troppo vicini alla fuga perché non volevamo farci attaccare da altri. E il circuito era pericoloso e con tante curve. Si poteva fare di meglio… se davvero si voleva una frazione per velocisti. La volata non è arrivata… chapeau alla fuga».

Top Girls: il ritorno della Guderzo, il WorldTour e la Fci

12.01.2022
5 min
Salva

La parabola del figliol prodigo ha contraddistinto le ultime ore della Top Girls Fassa Bortolo. Una storia nata in un periodo denso di allegorie. Il presidente Lucio Rigato che riabbraccia il ritorno a casa di Tatiana Guderzo, l’iridata del 2008 che aveva iniziato la carriera nella società trevigiana nel 2005 e che vivrà nel 2022 la 18ª stagione da elite.

«E’ nato tutto per scherzo – spiega Rigato, che ha iniziato la sua attività nel ciclismo femminile nel 1974 con la Ceramiche Zanette – quando ho chiamato Tatiana per gli auguri di Natale come faccio ogni anno. Tra le nostre famiglie c’è ancora un grande rapporto a distanza di anni. E così mia moglie ed io le abbiamo domandato tra il serio e il faceto se voleva tornare e chiudere la carriera da noi. Ecco, sono solo certo che ritorna, ma non se chiuderà da noi, questo lo deciderà lei».

Così sui social la Top Girls ha annunciato il ritorno di Tatiana Guderzo
Così sui social la Top Girls ha annunciato il ritorno di Tatiana Guderzo

Acqua in bocca

La telefonata con Rigato (che in apertura è con la sua squadra al Giro d’Italia Donne 2021, foto Facebook) l’avevamo concordata da qualche giorno per proseguire il giro di opinioni che stiamo facendo sulle formazioni continental femminili. Via messaggio non si era lasciato scappare nulla sulla Guderzo. Lo contattiamo in due momenti diversi, nello spazio di un paio di ore, a cavallo di impegni di lavoro già presi precedentemente. Lui è un tipo diretto. La prima parte della nostra chiacchierata fila via liscia parlando dei temi del suo mondo, ma qualcosa sta per sfuggirgli di bocca. La seconda si apre proprio con l’ufficialità di questo colpo di mercato last minute.

Lucio iniziamo da qua. Che ruolo avrà la Guderzo?

Abbiamo una squadra molto giovane e lei farà da chioccia. La sua esperienza sarà al servizio delle altre ragazze perché può insegnare davvero tanto. Tatiana è come una figlia per me. Non l’ho presa per i risultati che vuole fare, ma per la persona che è. Poi se li otterrà, tanto meglio per tutti. Probabilmente qualcuno mi criticherà per questo ingaggio, ma non mi interessa. Anzi, mi sembra di essere tornato indietro di 17 anni quando le feci firmare il suo primo contratto da elite. All’epoca non la voleva nessuno, l’ho scoperta io. Sono vecchio e all’antica, oggi sono molto soddisfatto del suo ritorno.

Qui la squadra al Giro Donne 2021: al via con Balducci, Bariani, Dalla Valle, Marturano, Silvestri e Vettorello
La squadra al Giro 2021 con Balducci, Bariani, Dalla Valle, Marturano, Silvestri e Vettorello
Con lei in squadra dovreste disputare più gare…

Sì, mi auguro che il suo arrivo possa servire per ricevere ulteriori inviti, specie all’estero. Una bozza di calendario l’abbiamo già fatta e il nostro esordio, salvo imprevisti o cancellazioni dovute al Covid, sarà il 27 febbraio in Belgio con la Omloop van het Hageland. Resta però il problema della partecipazione a tutte le gare che un paio di anni fa erano sicure ed invece ora con la riforma WorldTour è diventata un punto di domanda.

Anche tu non sei contento di questo cambiamento?

No, anch’io dico che è stato troppo rapido. L’inizio della fine. Per me è come essere su un dirupo. Le realtà come le nostre, che erano il vivaio per le squadre più grandi, sono penalizzate. Negli anni ho passato tante mie ragazze ai team più forti e, ad esempio, sono contento di aver mandato l’anno scorso nel WorldTour la Tomasi in quello che ora è il Team UAE o la Masetti in Olanda in una formazione che ha grandi ambizioni di salire di categoria (al NXTG by Experza, ndr). Però se le migliori giovani ce le portano via subito e restiamo con ragazze inesperte, facciamo fatica a correre certe gare in Europa in cui serve un punteggio minimo. E facciamo fatica a crescere e trovare risorse. E’ tutto collegato.

Sei nel mondo femminile da quasi cinquant’anni. Questo non ti ha facilitato nel cercare sponsor?

Non basta più avere tanta storia o vittorie alle spalle, non a tutte le aziende interessa. Ne ho interpellate tante, ma molte non mi hanno nemmeno ascoltato forse perché non vedevano nel ciclismo femminile un ritorno mediatico. Le grosse aziende vanno dalle grosse squadre. E poi in Italia le nostre continental stanno pagando la situazione economica degli ultimi dieci anni. Finora sono sempre andato avanti grazie ad amici sponsor che mi hanno sempre aiutato tanto e creduto in me. E per questo non smetterò mai di ringraziarli.

Qualche gara internazionale in più la stanno mettendo in Italia.

Meno male. Erano già tanti anni che noi società lo richiedevamo restando inascoltati. Stavolta però la Federciclismo in questo senso ha rotto le scatole agli organizzatori pretendendo un calendario più corposo. Vi dirò che sembra che stia cambiando qualcosa, spero che sia così. Non solo per le gare ma anche per la nazionale…

Greta Marturano è del 1998, è arrivata 7ª all’Emilia. Qui alla Strade Bianche
Greta Marturano è del 1998, è arrivata 7ª all’Emilia. Qui alla Strade Bianche

Spiegaci pure…

Col nuovo cittì al momento c’è molto dialogo e ne sono contento. Prima no. Salvoldi aveva il suo giro chiuso di atlete. Ti chiamava solo se avevi una ragazza che andava forte o che gli poteva interessare, altrimenti non parlava mai con squadre tipo la nostra. Ora, ripeto, sembra tutto diverso. Sangalli mi aveva contattato per portare in ritiro in Spagna sia Bariani che Silvestri. Purtroppo le mie due ragazze hanno dovuto rinunciare per problemi col Covid. Spero che le chiami al prossimo ritiro. Perché oltre alle parole e la teoria, ci vuole anche la pratica.

Lucio torniamo alla tua squadra: da chi ti aspetti qualcosa?

Con Tatiana le ragazze saranno undici e da tutte voglio vedere qualcosa, ma faccio cinque nomi. Marturano, Michieletto, Vettorello, Bariani e Silvestri. Queste ultime due, come ho detto prima, mi auguro che possano entrare nel giro azzurro. Da loro mi attendo un ulteriore salto di qualità. E magari anche un pizzico di fortuna in più.