Tiberi e il racconto della prima vittoria da pro’

22.05.2022
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Le occasioni arrivano sempre, basta avere pazienza e una buona dose di opportunismo per saperle cogliere. Mentre il Giro d’Italia lasciava caoticamente l’Ungheria, portando via il circus della Corsa Rosa, nel Paese magiaro arrivavano altri corridori pronti a partire per il Tour de Hongrie. Una corsa a tappe minore per caratura ma non per nomi, basti pensare che l’ha vinta Eddy Dunbar e che a giocarsi le volate c’erano Groenewegen, Viviani e Jakobsen. Tra questi nomi altisonanti si è ritagliato spazio un giovane molto promettente che milita nella Trek Segafredo: si tratta di Antonio Tiberi. Il corridore ciociaro ha conquistato la sua prima vittoria tra i professionisti nella tappa regina, l’unica con arrivo in salita. 

Tiberi è riuscito a superare Dunbar solamente negli ultimi 100 metri
Per raggiungere e superare Dunbar, Antonio ha fatto gli ultimi 500 metri “a tutta”

Una bella prima volta

La prima vittoria tra i pro’ regala sempre delle emozioni che difficilmente si riescono a rivivere. Forse perchè arriva quando meno te l’aspetti e ti giochi tutto, metro dopo metro nella tenace rincorsa al successo. 

«Fin dalle prime tappe – racconta Antonio – le sensazioni erano buone. A causa di un po’ di inesperienza, nella seconda tappa mi sono ritrovato nei ventagli e ho perso 12 minuti dai primi. Nell’ultima frazione, appena è andata via la fuga, mentre eravamo in gruppo, sentivo la gamba “piena”. Dopo un’oretta di corsa, però, ho iniziato ad accusare un po’ la tensione e mi sentivo strano. Sarà perché anche lo scorso anno feci bene qui chiudendo terzo».

Nella seconda tappa Tiberi è rimasto “incastrato” nei ventagli perdendo 12 minuti
Nella seconda tappa Tiberi è rimasto “incastrato” nei ventagli perdendo 12 minuti

L’inizio della rimonta

«Più i chilometri passavano – continua – più mi sentivo stanco e debole, ma era solamente una sensazione psicologica. Anche all’imbocco dell’ultima salita sentivo di non aver l’energia per andare avanti, anche se, man mano che si saliva riuscivo a tenere tranquillamente il passo. Rimanevo sempre in fondo al gruppo, così ai meno tre mi sono detto che non potevo rischiare di staccarmi per una stupidaggine come alla seconda tappa, quindi ho rimontato un po’ di posizioni».

«Ai meno due dall’arrivo – continua Tiberi – Dunbar è partito, io sono rimasto calmo e ho mantenuto il mio passo. Dopo poco ho ripreso i corridori davanti a me, uno della Movistar (non ricordo chi) e Battistella. Una volta ripresi, ho pensato bene di scattare. Se me li fossi portato dietro avrei perso tutte le chance che avevo di vincere».

Il giovane corridore della Trek si era già messo in mostra alla Coppi e Bartali chiudendo al quinto posto la tappa di San Marino
Il giovane corridore della Trek si era già messo in mostra alla Coppi e Bartali chiudendo al quinto posto la tappa di San Marino

Una grande soddisfazione

Il racconto di Antonio è freddo, analitico, come se nella sua testa stesse ancora rivedendo le immagini della corsa.

«Agli ultimi 500 metri mi sono detto “ora o mai più” allora ho prodotto il massimo sforzo, vedevo Dunbar avvicinarsi velocemente e agli ultimi 100 metri l’ho saltato. La prima sensazione, superata la linea del traguardo, è stata quella della liberazione. Già l’anno scorso ero andato vicino alla vittoria e riuscirci ti toglie proprio un peso. Non abbiamo avuto modo di festeggiare con la squadra, anche perché la sera avevamo tutti l’aereo. In realtà anche arrivato a casa l’ho vissuta serenamente, questo lo considero un punto di partenza, non di arrivo».

Uno dei prossimi appuntamenti per Tiberi saranno i campionati italiani, dove correrà anche la cronometro
Uno dei prossimi appuntamenti per Tiberi saranno i campionati italiani, dove correrà anche la cronometro

Il secondo anno tra i pro’

Antonio è al suo secondo anno tra i professionisti, è giovane, tra poco più di un mese, il 24 giugno, compirà 21 anni. Le sensazioni che prova a correre con i grandi sono vive, ricche di emozioni e vive tutto con la consapevolezza che il lavoro da fare è molto, ma la strada imboccata è quella giusta.

«Alla Trek mi trovo bene – dice – concedono a tutti il giusto tempo per maturare e raggiungere il proprio livello. Nella prima parte di stagione sono andato abbastanza forte, mi ritengo soddisfatto. La cosa che mi ha dato maggior consapevolezza è il gareggiare con i più grandi e vedere fino a che punto riesco a tenere. La Coppi e Bartali da questo punto di vista è stato un bel banco di prova, le cose da imparare sono ancora tante, basti pensare ai ventagli che mi hanno tagliato fuori in Ungheria. Un’altra delle cose belle della Trek è che facendomi correre queste gare minori, mi permette di imparare. Così quando sono nelle corse più importanti posso mettere in pratica tutto.

«Nella seconda parte di stagione uno degli obiettivi principali era il Tour de Hongrie. Ora mi attende un breve periodo di riposo e poi andrò al Delfinato, un bel banco di prova anche quello. Ci saranno tutti i corridori che prepareranno il Tour de France, si andrà forte. Se tutto andrà bene potrei debuttare alla Vuelta, sarebbe il mio primo grande Giro. Non c’è ancora nulla di certo, ma la speranza è di riuscire a meritarmi la convocazione».

Un filo rosso che unisce Cataldo, Ciccone, Nibali e Scarponi

18.05.2022
7 min
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Per il 13° Giro d’Italia della carriera (ha corso anche 2 Tour e 9 Vuelta), Dario Cataldo si è ritrovato in camera con Ciccone, il ragazzino che in un modo o nell’altro ha sempre frequentato la sua casa, di cui proprio a partire dal 2022 è diventato gregario. Inutile dire che sognassero tutti un altro Giro e che il passaggio a vuoto di Giulio sul Blockhaus non fosse stato inserito in alcuna previsione possibile, se non nel cassetto degli incubi, che per scaramanzia ed esigenze di spazio, si tiene sempre ben nascosto.

Dopo il giorno di riposo di Pescara e la… tappaccia di ieri verso Jesi vinta da Girmay, la Trek-Segafredo ha iniziato a riorganizzarsi, spostando le attenzioni verso obiettivi meno alti della classifica generale, ma non per questo meno impegnativi. E Cataldo, che in vita sua le ha viste ormai tutte, è pronto per fare la sua parte. Anche perché la maglia rosa di Lopez è ancora il tesoro di famiglia e difenderla dà un senso diverso alle giornate.

Dopo la crisi del Blockhaus, per Ciccone visita parenti e un bel reset: si va per le tappe
Dopo la crisi del Blockhaus, per Ciccone visita parenti e un bel reset: si va per le tappe
Come ti trovi?

E’ un bell’ambiente. Si riesce a lavorare molto bene, i ragazzi sono tutti affiatati, non si può chiedere di meglio. La maglia rosa l’ho sempre inseguita, sognata per una vita. E adesso la vedo lì che mi passa sempre davanti o ce l’ho accanto. Oppure la vedo poggiata su una sedia. E’ una bella sensazione… 

Intanto però gli obiettivi sono cambiati, andrà in fuga anche Cataldo?

Non ci sto pensando. Sto pensando a fare bene per la squadra, poi se capita, si farà… Comunque se c’è una fuga e visto che abbiamo uomini che devono andarci, se ci sono io, come minimo ci saranno anche loro. Per cui, se non aiuto dietro, aiuterò davanti (ride, ndr).

Fra gli uomini Trek-Segafredo preposti ad entrare in fuga c’è Mollema, che ha già provato verso Potenza
Fra gli uomini Trek-Segafredo preposti ad entrare in fuga c’è Mollema, che ha già provato verso Potenza
Di chi parli?

Mollema c’è già andato vicino. Skjelmose, che in teoria era partito per fare classifica. E’ molto giovane e alla prima esperienza nel Giro, quindi gli era stata data un po’ di libertà, anche se non è andata come si sperava. Comunque adesso è lì e sta dando anche lui una mano a Lopez, ma se troverà qualche occasione, potrà cercare una tappa. Insomma, serve anche gente che dia una mano, per cui non possiamo avere tutti la stessa libertà. Non è una cosa che mi pesa in modo particolare, perché alla fine ero partito per aiutare, quindi mi va bene.

Cosa dici di Lopez?

Era venuto per fare delle tappe, poi una volta presa la maglia ovviamente continua a tenere duro. Sapevamo che lui sarebbe andato forte in salita, su questo non avevamo dubbi (i due sono insieme anche nella foto di apertura durante il giorno di riposo, ndr)

Verso Scalea, Cataldo con Lopez, nel primo giorno in maglia rosa di “Juanpe”
Verso Scalea, Cataldo con Lopez, nel primo giorno in maglia rosa di “Juanpe”
Che cosa è successo a Ciccone l’altro giorno?

Ha avuto la giornata peggiore nella tappa peggiore. Gli fosse successo in una salita di 5 chilometri, magari si staccava da 30 corridori e perdeva un paio di minuti. Insomma, poteva raddrizzarla. Invece in una giornata come quella del Blockhaus purtroppo non ti salvi, perché comunque manca ancora tanto alla fine e se non riesci a difenderti, non riesci a farci nulla.

Ti sei spiegato il perché?

Ricordate il Tour 2015 di Nibali, l’anno dopo averlo vinto? Ebbe una giornata difficile, si staccò da 30 corridori, perse parecchio terreno e giù tutti a parlare della debacle del re del Tour (accadde nella tappa pirenaica di Cauterets, quando Vincenzo arrivò a 1’10” dal gruppo dei migliori, ndr).

Come Ciccone, anche Nibali ebbe una crisi di calore al Tour 2015, pagando a Cauterets. Poi vince a Le Toussuire
Come Ciccone, anche Nibali ebbe una crisi di calore al Tour 2015 a Cauterets
Invece?

Invece aveva avuto una giornata difficile, tanto che qualche giorno dopo vinse a La Toussuire. Di solito capita quando prendi la prima giornata di caldo vero. Il corpo fatica ad adattarsi, ma poi ritorni al tuo stato normale e secondo me per Giulio è stato così. Ha avuto una giornata difficile, ma la condizione c’era, tanto che martedì a Jesi era lì a battagliare. Non penso sia stato un problema psicologico, come si sente in certe analisi. Sinceramente io capisco la sensazione che ha avuto.

Ce la descrivi?

Senti che stai bene, finché inizi a prendere caldo e a sentire che il corpo un po’ soffre. Poi comincia la salita e magari hai il vento da dietro, che quindi ti fa percepire il caldo ancora di più. E’ un po’ come se stessi sui rulli. E’ uno dei primi caldi cattivi dell’anno, non tira un filo d’aria perché quella poca velocità dell’aria è la stessa che stai facendo tu. Insomma, prendi una botta di caldo esagerata. Se in quel momento accelerano, tu esplodi. Non riesci ad andare avanti e non puoi nemmeno gestirla. E’ successo anche a me, è la tipica sensazione di quelle giornate lì. In tanti anni di corse qualche volta l’ho vista. Tanti stanno lì analizzare mille cose, io ce l’ho abbastanza chiara.

Ne avete parlato subito?

La sera in camera. Gli ho detto: «Vedrai che domani stai meglio. Recuperi e martedì sei davanti». Come poi è successo a Jesi e come accadde anche a Vincenzo, che in quel Tour fece quarto, mica decimo. Quindi significa che la condizione ce l’aveva, solo ha avuto una giornata difficile. La fregatura è che in un grande Giro non ti puoi permettere di avere una giornata storta. Almeno non tutti i giorni.

Ha scelto quello giusto…

Se ti capita una giornata come Potenza, che pure era dura, magari ti stacchi negli ultimi chilometri. Gli ho detto che se dopo Passo Lanciano avessimo fatto la Colonnetta di Chieti, che sono 5 chilometri, la prendeva ugualmente sui denti, però la gara finiva prima e perdeva meno tempo. Ma quando hai da fare ancora Roccamorice, ciao!

Hai parlato di Nibali, come lo vedi?

E’ uno che va in crescendo. Non ti fa vedere i fuochi d’artificio da subito, all’inizio sembra sempre che si difenda, poi quando arriva l’ultima settimana tira fuori qualche numero nel momento che meno te l’aspetti.

Pensavi che a Jesi sareste andati così forte?

Si sapeva, dovendo staccare i velocisti. L’hanno fatta subito dura da quando sono iniziati gli strappi e gli ultimi due li abbiamo tirati a manetta. Il penultimo in progressione, l’ultimo a fare lo sbrindellìo. E quindi hanno tenuto duro quelli di classifica, quelli da classiche e i pochi velocisti che hanno cercato di fare la volata.

Cosa hai pensato passando per Filottrano?

Ho visto le sue foto. Quando siamo passati sulla salita davanti al cartello dei – 45 all’arrivo, il gruppo andava bello spedito pensando alla corsa. Però chi c’era quel giorno sa che a sinistra c’è il cimitero. Quindi alla fine chi ha conosciuto Michele, una giornata come quella di Jesi l’ha vissuta in modo diverso

Una settimana fa, quel pazzesco viaggio di Mosca a Roubaix

24.04.2022
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Quando di sabato mattina si è presentato al desk dell’autonoleggio vestito con la tuta della Trek-Segafredo, il tipo di là dal banco gli ha chiesto se andasse a correre la Parigi-Roubaix. A quel punto Jacopo Mosca si è reso conto di quanto fosse particolare la situazione. Gli ha risposto che stava andando sì da quelle parti, ma non per correre. Vi pare che potesse spiegargli che stava andando lassù per un saluto alla sua compagna e poi sarebbe tornato a casa per allenarsi?

L’antefatto

L’antefatto sta nelle parole di Elisa Longo Borghini dopo la vittoria della Parigi-Roubaix, completando un discorso fatto alla partenza, quando ci aveva rivelato qualcosa di incredibile.

«Il gesto di Jacopo di venire oggi è stato bellissimo. E’ venuto per dirmi ciao. Si è fermato un’ora e poi è ripartito per andare in altura, visto che sta preparando il Giro. Sapeva che stavo passando un momento così e così, che le cose non andavano come volevo. E alla fine mi ha fatto una sorpresa. Me lo sono ritrovato lì. Gli avevo detto di no, che se fosse venuto lo avrei ammazzato. Ma lui è arrivato lo stesso».

L’umore di Elisa Longo Borghini dopo il Fiandre non era alle stelle, alla Roubaix non voleva andarci
L’umore di Elisa Longo Borghini dopo il Fiandre non era alle stelle, alla Roubaix non voleva andarci

La valigia in mano

Immaginatevi la scena e poi se sarà il caso potremmo chiedere il file, visto che la stessa Elisa ieri, alla presentazione delle squadre della Liegi, ha ammesso che qualcuno potrebbe averla filmata. I due sono insieme da un po’. Finora non se ne era mai parlato per rispetto, ma da poco loro per primi l’hanno reso pubblico (nella foto di apertura sono al via del Gran Piemonte 2021) e questa storia è un momento di ricchezza d’animo che hanno voluto condividere con noi e per il quale li ringraziamo.

«Sono arrivato all’hotel della squadra – racconta Mosca divertito – e tutti i ragazzi dello staff mi hanno salutato, qualcuno capendo e qualcuno no. Siccome le ragazze avevano finito di fare colazione, mi sono infilato nella sala e ho mangiato anche io. Elisa aveva dimenticato di portare giù la valigia, per cui io ero là che parlavo e l’ho vista da lontano. Anche lei mi ha visto, ma non si è resa conto. “Che cosa ci fai qua?”. Aveva certi occhi… Aveva bisogno di un cambio di umore, sentire qualcuno vicino».

Il piano di andare in Francia era scattato già durante il ritiro a Sierra Nevada prima del Giro di Sicilia (foto Instagram)
Il piano era nato già durante il ritiro a Sierra Nevada prima del Giro di Sicilia (foto Instagram)

Altura e Sicila

Torniamo indietro. Mosca è in altura a Sierra Nevada, prima del Giro di Sicilia. Il programma di Elisa non prevede la Roubaix, quindi si sono organizzati per trovarsi a casa il 16-17 aprile, all’indomani della corsa siciliana. Poi Jacopo andrà in altura per il Giro ed Elisa in Belgio per Freccia e Liegi. Pertanto il programma è di andare in Sicilia direttamente da Barcellona, lasciando la macchina in aeroporto, per recuperarla dopo la corsa.

«Invece viene fuori che la portano alla Roubaix – racconta Jacopo – e a quel punto i programmi vanno a farsi benedire. Scendo da Sierra Nevada e ci vediamo a casa per 6 ore prima che io parta per la Sicilia. Però intanto, mentre ero lassù, avevo cominciato a pensare che si potesse fare. Solo che i voli erano impossibili. Così vado in Sicilia e mi ritrovo in camera con Moschetti. Lui è pratico della Francia e cercando viene fuori un bel volo su Parigi Charles de Gaulle. Era la sera prima dell’ultima tappa, il giorno dopo mi sveglio presto e faccio il biglietto. L’auto a noleggio la prenoto dopo la corsa. Alle 23 del venerdì sono a casa in Piemonte».

Al mattino dell’ultima tappa in Sicilia (qui Mosca con Caruso), il biglietto era già comprato
Al mattino dell’ultima tappa in Sicilia (qui Mosca con Caruso), il biglietto era già comprato

Il viaggio comincia

E il viaggio comincia. Mosca carica le bici in macchina. Suo padre teme che voglia guidare fino a Parigi e si tranquillizza solo quando il figlio gli risponde che andrà in aereo. Alle 3,30 parte verso l’aeroporto di Torino. Lascia l’auto con le bici al parcheggio custodito. Il volo è alle 6, per cui alle 7,30 è a Parigi. Prende l’auto e alle 9,30 è all’hotel della squadra a Valenciennes.

«Sono cose che si fanno – sorride – ma non giovano proprio alla vita da atleta. Non posso dire di aver recuperato. Ma tanto domenica era Pasqua e sarei andato a pranzo dai miei, quindi un giorno praticamente libero. Uscivo dal blocco di lavoro del Sicilia, avrei dovuto fare tre ore il lunedì. Per contro, Elisa aveva bisogno di un po’ di grinta. Non so se la mia presenza abbia cambiato le cose, ma ha aiutato. Il sabato sera ero finito, è vero, ma sapete quante volte per voli cancellati stiamo in giro per giorni interi?».

Alla partenza della Roubiax, netto cambio di umore per Elisa Longo Borghini, con la vittoria già sul volto
Alla partenza della Roubiax, netto cambio di umore per Elisa Longo Borghini, con la vittoria già sul volto

Un’ora sola

Stanno insieme per un’ora. Poi, quando Elisa va al raduno di partenza, Jacopo riparte verso l’aeroporto. E nell’impresa è anche fortunato, perché il volo partirà in ritardo di mezz’ora quindi lui ha tempo di vedere l’arrivo trionfale della sua compagna dal cellulare già sull’aereo.

«Quando ha tagliato il traguardo – ammette – ho fatto un urlo ed è venuta la hostess a zittirmi. Per fortuna i passeggeri dietro di me hanno capito che stavo seguendo e che la cosa mi stesse… leggermente a cuore. Non sto a dire che fossi certo che potesse vincere, ma che sarebbe stata nel vivo era sicuro. Lei non voleva correrla e non si sentiva sicura, ma quella corsa è fatta per lei. Io di Nord ne so poco, ma per vincere la Roubaix servono forza e saper guidare la bici: è il suo identikit!».

Sola nel velodromo di Roubaix: sull’aereo alle porte di Parigi, anche Mosca ha cacciato un urlo
Sola a Roubaix: sull’aereo alle porte di Parigi, anche Mosca ha cacciato un urlo

Direzione Sestriere

Il volo per Torino è alle 14. Alle 16 Jacopo è di nuovo in Italia. Recupera la macchina e alle 19 è già a Sestriere, dove si trova tutt’ora per preparare il Giro.

Elisa andrà a fargli visita probabilmente martedì o mercoledì, poi per lui sarà ormai tempo di partire per l’Ungheria. Scherzando gli abbiamo chiesto se abbia pensato di venire a fare un saluto per la Liegi. Ci ha risposto ridendo che oggi deve fare distanza. E che se provasse a partire di nuovo, probabilmente Luca Guercilena strapperebbe il contratto di entrambi. Però, caro Jacopo Mosca, lasciatelo dire: questo viaggio è stato davvero una cosa ben fatta.

Longo Borghini all’Inferno per istinto, per rabbia e per amore

16.04.2022
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Ha vinto la Roubaix e non voleva neanche farla. Alla Trek-Segafredo hanno dovuto impuntarsi e adesso che l’ha vinta e ha un sorriso che irradia più di questo sole di primavera, Elisa Longo Borghini fa il mea culpa più simpatico.

«Alla fine devo dare ragione alla squadra – dice – sanno cosa posso dare e come sto. Li devo ringraziare e cospargermi il capo di cenere. Devo dire grazie alla Trek e alle mie compagne, che hanno corso in modo magistrale. Ma questo non è stato una sorpresa, è il rullino di tutta la stagione. Alla fine non importa chi vince, conta che vinciamo noi».

Da quanto tempo Longo Borghini aspettava una vittoria così? Finalmente la sfortuna è alle spalle
Da quanto tempo Longo Borghini aspettava una vittoria così? Finalmente la sfortuna è alle spalle

Il centro del velodromo è tornato ai fasti di un tempo, con i giornalisti e i corridori insieme a scambiare racconti e domande. Abbiamo vissuto il suo ingresso in pista come una liberazione, perché il vantaggio non decollava e dietro Lotte Kopecky faceva francamente ancora paura. Ma Elisa sa volare nelle crono e quando ha avuto strada libera davanti, ha messo giù la testa e macinato chilometri e sassi.

Un urlo di rabbia

Dopo aver tagliato il traguardo, aver gettato lo sguardo alla curva dove ha riconosciuto la sua famiglia, Elisa ha tirato giù le braccia e cacciato un urlo che in qualche modo ha fatto tremare anche l’obiettivo a 50 metri di distanza (foto di apertura). Da sola per trenta chilometri e avendoci creduto per ogni singolo metro, la campionessa italiana ha visto passare il film di una stagione sfortunata e le ha gridato in faccia tutta la sua rabbia.

«Sì, rabbia – conferma – per la stagione che era partita un po’ storta. Ho avuto una sinusite che mi ha penalizzata. Alla fine sapevo di andare forte, ma non riuscivo a respirare. Era difficile esprimersi al meglio. Mi sono messa a disposizione della mia squadra e anche oggi fino al momento di attaccare, l’idea era quella. Per fortuna è venuto questo colpo di istinto e sono andata. Sapevo che alla peggio avrei messo in una buona posizione Lucinda Brand, che avrebbe dovuto stare a ruota e seguire solo la SD Worx. E poi, niente, ragazzi… Sono andata a blocco!».

Curva pericolosa

Così tanto a blocco che a un certo punto, all’ingresso di una curva a destra, ha preso un’imbarcata che l’ha sparata verso l’altro lato della strada, dove è servita tutta l’arte a disposizione per evitare di cadere. Lei scoppia a ridere, perché adesso si può.

«Vorrei sentite il commento dei ragazzi della Roubaix – dice – che l’anno scorso mi prendevano in giro perché usavo un rapportone. Chissà quest’anno che cosa mi diranno. Ma alla fine, se vuoi vincere una corsa come questa, i rischi te li devi prendere. E avevo una bicicletta spaziale, secondo me la migliore del gruppo».

Dopo l’arrivo, smaltita l’adrenalina, la sua analisi è tornata pacata come al solito
Dopo l’arrivo, smaltita l’adrenalina, la sua analisi è tornata pacata come al solito

La spinta dei tifosi

Da sola, con le inseguitrici dietro che non hanno mollato un solo metro, ma anche due compagne a fare buona guardia, quando Elisa è uscita ancora in vantaggio dal Carrefour de l’Arbre, è stato chiaro che ce l’avrebbe potuta fare.

«Io ci ho creduto dall’inizio – dice – se non ci credi, non vai da nessuna parte. L’Arbre da sola è stato bellissimo. Devo dire che ritrovare il pubblico su queste strade è stato molto bello. Noi viviamo grazie a loro e sentire gli italiani che gridavano il mio nome o anche la gente francese che mi chiamava, mi gasava tantissimo».

Il gesto di Mosca

Ma la vera marcia in più, quella confessata a mezza bocca stamattina alla partenza, è stata la visita a sorpresa di Jacopo Mosca. Il suo compagno ha finito ieri il Giro di Sicilia, ha viaggiato fino a casa e poi è ripartito per Roubaix. La notte, ha scherzato in un messaggio, è abbastanza lunga per fare certe cose.

«Il gesto di Jacopo di venire oggi alla Roubaix – dice lei strafelice – è stato bellissimo. E’ venuto per dirmi ciao. Si è fermato un’ora e poi è ripartito per andare in altura, visto che sta preparando il Giro. Sapeva che stavo passando un momento così e così, che le cose non andavano come volevo. E alla fine mi ha fatto una sorpresa. Me lo sono ritrovato lì. Gli avevo detto di no, che se fosse venuto lo avrei ammazzato. Ma lui è arrivato lo stesso».

Cena pagata e adesso via con le interviste di rito. Si potrebbe restare a parlare ancora a lungo, ma si è alzata un’arietta fastidiosa e in sala stampa l’aspettano per il suo racconto. La Parigi-Roubaix resta in casa Trek-Segafredo e continua a parlare italiano dopo la vittoria 2021 di Colbrelli. Elisa si allontana. La sua settimana prevede ancora la Freccia Vallone e poi la Liegi-Bastogne-Liegi.

Sergio Balsamo racconta Elisa: «E’ il nostro orgoglio»

03.04.2022
6 min
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«In quello sguardo li si vede il massimo della gioia che un genitore ha nel vedere la figlia felice». La foto in apertura sta girando da una settimana sul web. Racchiude un padre e una figlia. Orgoglio. Amore. La stessa passione per la bicicletta. Sergio e sua figlia Elisa. Un’istantanea scattata qualche metro dopo l’arrivo vittorioso di Elisa Balsamo alla Gand-Wevelgem

Abbiamo deciso di farci raccontare direttamente da Sergio Balsamo quello scatto partendo dal percorso della figlia campionessa del mondo. Ripercorrendo rispettosamente i ricordi più intimi di gioia, crescita e momenti difficili. 

Il forte legame di Elisa è anche con mamma Silvia anche lei appassionata di bici
Il forte legame di Elisa è anche con mamma Silvia anche lei appassionata di bici

Un’istantanea d’amore

«Dico la verità. Noi preferiamo stare nell’ombra. Lo siamo stati fino adesso, lei è la protagonista. Chi ha fatto quella foto è stato bravo a cogliere il momento. Lei sa che noi ci siamo. Ci siamo sempre. Facciamo prima a contare le gare a cui non siamo andati che viceversa. E sono davvero poche. I genitori diventano dei punti di riferimento per qualsiasi situazione che una figlia richieda che siano belli o brutti».

Da questa affermazione che ci viene detta da Sergio pochi secondi dopo che ci ha risposto al telefono, si capisce quanto papà e mamma siano rispettosi della figlia in ogni momento della sua carriera

Papà Sergio e mamma Silvia seguono la figlia da sempre in giro per il mondo
Papà Sergio e mamma Silvia seguono la figlia da sempre in giro per il mondo

Nata sull’ammiraglia

Da ogni frase detta da Sergio spicca sempre la parola “noi”. Proprio così, nessuna frase che descriva il percorso di Elisa viene detta in prima persona. La famiglia infatti conta tre. Mamma Silvia è l’altra colonna portante della famiglia Balsamo che supporta la figlia da sempre.

«Noi ci siamo conosciuto attraverso la bici. Io ho corso fino a dilettante. Mia moglie è sempre andata in bici. Siamo direttori sportivi di terzo livello entrambi. Siamo stati diesse della SC Vigor Piasco per undici anni. In quel periodo è nata Elisa e chiaramente fin dai primi mesi l’abbiamo portata sull’ammiraglia. E’ nata sull’ammiraglia. Dietro alle gare non possono salire minori sulle macchine della carovana e noi la nascondevamo tra i sedili dove giocava spensieratamente. Era diventata la mascotte della gara».

Finestra sul passato

Parlando con il padre viene naturale chiedersi come una campionessa del mondo si sia approcciata alla bicicletta. «Noi non l’abbiamo mai forzata – racconta il papà – anzi volevamo che praticasse altri sport. L’avevamo iscritta ad uno sci club e d’inverno faceva sia fondo che biathlon. Lei cominciava ad andare in bici a marzo quando finivano le gare di sci. Era molto brava anche nel nuoto, infatti volevano che entrasse nella squadra agonistica».

Una foto di Sergio Balsamo dilettante nel 1988
Una foto di Sergio Balsamo dilettante nel 1988

«Da piccoli è importante che i bambini e ragazzi sviluppino le capacità coordinative e si divertano senza pensare ad un futuro nello sport. La prima gara che fece a sei anni è caduta e quello è stato il suo battesimo alle corse. Fino ai dodici anni faceva gare per divertirsi. C’erano i suoi cugini i suoi amici. Era una festa continua, giocavano di continuo».

Agonismo innato

Dietro a ogni campione c’è sempre una dose di agonismo che scorre nelle vene. E’ forse una delle caratteristiche che accomuna gli sportivi di tutto il mondo. «Lei è un’agonista incredibile. Se non vince – racconta Sergio – si arrabbia, ma quella è una caratteristica innata. A livello mentale su quel lato lì è sempre stata così, è un suo tratto distintivo fin da quando era piccola».

Elisa Balsamo emula la foto del padre a dimostrare il piacere di stare in sella e il legame fra loro
Elisa Balsamo emula la foto del padre a dimostrare il piacere di stare in sella e il legame fra loro

Da allenatori a genitori

Un passaggio importante per la crescita di un’atleta, ma in generale della pratica sportiva nell’adolescenza, è sicuramente come viene vissuto lo sport dalla famiglia.

«Abbiamo capito presto che a lei bastava allenarsi poco per vincere – spiega papà Sergio – e abbiamo sempre voluto tutelarla in rapporto alla sua età. Lei si confrontava con altre ragazze e posso assicurare che si allenava la metà. Usciva in bici un’ora al giorno e poi si dedicava allo studio. Vedevamo che a lei piaceva e che voleva impegnarsi. Dal nostro lato non l’abbiamo mai caricata di agonismo o aspettative. Ci limitavamo ad assecondarla e accompagnarla. Mamma natura ha pensato a darle un’abilità che non aveva bisogno di altro». 

Dopo le Olimpiadi amare di Tokyo Elisa si è focalizzata sui mondiali di Leuven
Dopo le Olimpiadi amare di Tokyo Elisa si è focalizzata sui mondiali di Leuven

Una mentalità devastante

Che Elisa sia forte ormai lo si capisce dall’arcobaleno che cintura la sua maglia Trek-Segafredo. Ma per un’atleta che conquista questo tipo di risultati i motivi dei successi vanno oltre al fisico.

«A livello fisico è forte. Secondo noi a livello mentale è davvero incredibile. Se si mette qualcosa in testa non glielo togli. Una cosa che ci ha impressionato è stato il periodo post Olimpiadi di Tokyo. E’ uscita da quell’esperienza distrutta. Non per la caduta. Ma mentalmente era a terra. E’ arrivata a casa e non voleva sentire parlare di bici. Non l’ha toccata per una settimana. Alla domenica ha resettato la mente e si è focalizzata su un nuovo obiettivo. Il mondiale. In quattro settimane ha preparato un campionato del mondo di 160 chilometri dopo aver passato gran parte dell’ultimo periodo in pista. Siamo rimasti impressionati». 

Crescita graduale

Il palmares di Elisa inizia ad essere sempre più ricco di classiche e successi di spessore. Tutti questi risultati però sono arrivati in maniera costante con una continua crescita delle prestazioni.

«Lei di anno in anno è cresciuta – dice papà Balsamo – senza bruciare tappe o con exploit casuali. Fortunatamente ha trovato un preparatore come Davide Arzeni che l’ha capita fin da subito. Tant’è vero che lei quando è passata juniores ci siamo subito tirati indietro e ci siamo messi dietro le quinte».

Le vittorie costanti nella sua crescita naturale del talento fino ad arrivare al mondiale di Leuven
Le vittorie costanti nella sua crescita naturale del talento fino ad arrivare al mondiale di Leuven

«Ovviamente sempre a sua disposizione perché è lei la prima a venirci a domandare. Una cosa che ci dava fastidio quando facevamo i direttori sportivi, erano i genitori che si intromettevano tra atleti e allenatori. Per tornare ad Arzeni, lui la pensa come noi. Sia come ore in bici che come preparazione. Le ha dato un carico di lavoro che non è straordinario. Anzi, lavora spesso in pista per i lavori specifici. Alla Valcar l’hanno fatta crescere con calma e serenità e questo ha giovato al suo percorso. A completare il cerchio, tre anni fa ha preso una nutrizionista che l’ha aiutata a fare un ulteriore salto di qualità». 

Vivere il presente

Siamo ormai alla chiusura di una telefonata che ci ha fatto percorrere i passaggi più intimi che due genitori hanno vissuto nella carriera della figlia. Una domanda sul futuro per quanto scontata è però doverosa.

Papà Balsamo ci risponde così: «Non faccio voli pindarici, ci piace vivere nel presente. Quello che vogliamo noi è vederla sorridente e felice come in questo periodo. Vedere una figlia che fa quello che le piace, che si impegna e non le pesano i sacrifici per questo sport è il massimo. Due genitori non possono chiedere di meglio. Per il resto, tutto quello che arriva è un regalo. Non si sente superiore e sa che quello che raccoglie è dovuto per la maggior parte alla squadra che le dà la possibilità di giocarsi le sue carte».

Van Dijk, Balsamo, Longo: prove d’intesa alla Trek-Segafredo

02.04.2022
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Prendi Elisa Longo Borghini e la Balsamo e aggiungi allo stesso tavolo anche Ellen Van Dijk. Un simile concentrato di bandiere non è facile da trovare. La campionessa italiana, quella del mondo e quella d’Europa. Tutte con le insegne della Trek-Segafredo. Mancano 24 ore al Giro delle Fiandre e il Belgio s’è vestito di bianco, ammantando le strade di neve e aggiungendo insidie a un percorso già di per sé complicato.

I discorsi si legano, le domande e le risposte vengono snocciolate con quell’andare impersonale delle conferenze online. Anche se da ieri in Italia lo stato d’emergenza è alle spalle, il dannato Covid continua a circolare. Van Aert ha appena rinunciato al suo più grande obiettivo. Le squadre sono decimate e adesso al danno immediato si somma il sospetto di quel che il Covid potrebbe lasciarti addosso. Troppi malanni saltati fuori senza causa apparente. Per questo alcune squadre tengono ancora chiuso e sebbene con una punta di fastidio, c’è da capirle.

Orgoglio di figlia

«E’ sempre bello vestire questa maglia – dice Balsamo – ed è sempre speciale correre in Belgio. Il Fiandre sarà corsa dura, ma abbiamo una super squadra e diverse soluzioni. Sono venuti su i miei genitori ed è davvero bello. Quando ero piccola, mi hanno trasmesso l’amore per la bicicletta. Averli accanto e vincere come a Gand è stato bellissimo».

Il riferimento è alla foto dell’esultanza con suo padre Sergio dopo l’arrivo di Wevelgem. In quegli occhi c’è un mondo. L’amore del padre, lo slancio della figlia. L’orgoglio dell’uno e il gusto di averlo reso felice dell’altra.

Balsamo ha vinto tre corse in fila, ma sempre con il sole: come andrà al Fiandre?
Balsamo ha vinto tre corse in fila, ma sempre con il sole: come andrà al Fiandre?

Dannata sinusite

«Questa primavera sta venendo un po’ dura – ragiona Longo Borghini – non ho una gran forma. Mi sono presa una sinusite dopo la Strade Bianche e ci sto ancora combattendo. Domenica sarò alla partenza, ma non so cosa aspettarmi. Però mi conoscete, mi piace correre. Ci sarò, ma parleremo di tattiche domani. Penso spesso alla mia vittoria nel Fiandre del 2015, fu grandioso. Ci penso perché vincere qui è speciale per la carriera. Per questo spero che una mia compagna possa provare quella sensazione o che tocchi nuovamente a me».

Aveva 24 anni, se ne andò da lontano con la sua maglia della Wiggle-Honda, mentre Rochelle Gilmore a furia di incitarla rischiò quasi l’infarto. Elisa sembra più tranquilla da quando in squadra è arrivata Balsamo, ma si capisce che il morale non sia dei migliori. Nei giorni scorsi ha aiutato, ma questa sarebbe una corsa per lei.

Elisa Longo Borghini è alle prese con una fastidiosa sinusite già dalla Strade Bianche
Elisa Longo Borghini è alle prese con una fastidiosa sinusite già dalla Strade Bianche

Kopecky provoca

«Il Koppenberg sarà una bella sfida – dice Van Dijk – non è nel finale, ma darà la svolta. Tutte vorranno stare davanti. Il Fiandre non è una corsa che si presti a chissà quali ragionamenti tattici alla vigilia. Di sicuro non si potrà tenere chiuso. In corsa può succedere tutto. Elisa Balsamo è la migliore in caso di arrivo allo sprint, ma non so se finirà in volata. Vedo ragazze come Van Vleuten, Kopecky, Vollering e Vos che proveranno a portare via la fuga. Siamo professioniste, non ci saranno problemi».

Ellen è una che ama attaccare. Alla Gand s’è piegata di buon grado alla causa di Elisa Balsamo, ma sin da ieri le rivali hanno cominciato a chiedersi come mai la Trek corra in modo così difensivo e lei s’è sentita un po’ pungere l’orgoglio.

Van Dijk è campionessa europea e finora ha lavorato per la Balsamo. Ha vinto una tappa alla Valenciana
Van Dijk è campionessa europea e finora ha lavorato per la Balsamo. Ha vinto una tappa alla Valenciana

Ragazze nell’ombra

«E’ facile andare d’accordo – interviene la Longo – perché ci conosciamo bene. Sappiamo che se portiamo Elisa ai 200 metri, lei vince la corsa. E poi ci siamo Ellen ed io che corriamo insieme da quattro anni. Siamo complementari e sappiamo come integrarci. Il fatto è che la gente è abituata a vedere quello che succede nei finali. La verità è che la nostra squadra entra in azione molto prima. Ci sono altre ragazze che lavorano nell’ombra da prima».

Viene da pensare che all’appello manca per giunta Lizzie Deignan, ferma ai box per la maternità annunciata il 24 febbraio. Se ci fosse stata anche lei, allora sì che l’imbarazzo per la scelta sarebbe stato trabordante.

Fra le gregarie della Trek-Segafredo anche ragazze che lavorano lontano dai riflettori come Leah Thomas
Fra le gregarie della Trek-Segafredo anche ragazze che lavorano lontano dai riflettori come Leah Thomas

Sfida a Consonni

«C’è buona comunicazione fra noi in corsa – precisa Elisa Balsamo, che si sarà sentita tirata per la manica – e domenica sarà più che mai necessario. Il Fiandre è duro. In più sarà freddo e bagnato, quindi sarà anche peggio perché io preferisco il sole e le corse asciutte. So che tanti team vorranno andare full gas per non arrivare in volata. Io combatterò per sopravvivere alle salite ed eventualmente arrivare in fondo. E chissà che magari in uno sprint di gruppo, non trovi Chiara Consonni con cui duellare. E’ in forma, quando sta così, tiene anche sugli strappi. Però non sento pressioni su di me, siamo tante. Farò del mio meglio e vedremo come va a finire».

Non sente la pressione, ma ripete queste parole come un mantra da qualche settimana. In realtà, se hai vinto così tanti titoli fra strada e pista, la pressione è un problema per gli altri.

Le ragazze partiranno domenica mattina da Oudenaarde alle 13,25 e ancora a Oudenaarde arriveranno intorno alle 17,45 dopo 158,6 chilometri, 11 muri e 6 tratti in pavé. Lo scorso anno vinse Annemiek Van Vleuten. In 18 anni di storia, fra le italiane soltanto Elisa Longo Borghini (2015) e Marta Bastianelli (2019) hanno vinto il Giro delle Fiandre. Domenica saranno entrambe in corsa.

La frattura, il recupero, il rientro: i 38 giorni di Baroncini…

01.04.2022
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Filippo Baroncini è tornato alle corse. Il campione del mondo U23 si era infortunato nella prima tappa dell’Algarve, in Portogallo. Frattura del radio e per questo aveva dovuto interrompere bruscamente la sua prima stagione da pro’.

Dopo 38 giorni però il corridore della Trek-Segafredo ha riattaccato il numero sula schiena al Gp Industria e Commercio. Da quel giorno di metà febbraio in Portogallo la sua non è stata che una rincorsa appunto al ritorno.

«Adesso va bene – racconta Baroncini – tutto sommato sono riuscito a recuperare con tempi ristretti. Il mio primo obiettivo era quello. Il secondo era rientrare alle gare: entrambi li abbiamo centrati».

Prima tappa della Volta Algarve, dopo qualche ora Filippo si romperà il radio
Prima tappa della Volta Algarve, dopo qualche ora Filippo si romperà il radio

Vietato perdere tempo

«Dopo la caduta – dice il corridore di Massa Lombarda – ho aspettato una settimana prima di operarmi. Una settimana in cui sono stato totalmente fermo. Con la squadra volevamo trovare un centro specializzato che facesse le cose fatte bene e mi consentisse di ridurre i tempi di recupero. E infatti tre giorni dopo l’operazione ero sui rulli.

«Al Policlinico di Modena mi hanno messo una placca e otto viti. Sentivo giusto un po’ di fastidio nei primi due giorni successivi, ma poi il braccio si è sgonfiato e tutto è andato meglio. Io nel frattempo ho cercato di muovere il braccio il più possibile per non perdere il tono muscolare e l’abitudine al movimento».

Tutto è stato studiato nel dettaglio. Filippo di fatto aveva il braccio libero. Solo per i primi giorni ha utilizzato un tutore su misura, giusto per prevenire un eventuale colpo.

Con ancora indosso la divisa della squadra, Baroncini è al pronto soccorso a Portimao (foto Instagram)
Con ancora indosso la divisa della squadra, Baroncini è al pronto soccorso a Portimao (foto Instagram)

Nervi d’acciaio

Ma in questi casi conta molto anche la testa. E se il rientro dell’iridato U23 di Leuven è avvenuto in breve tempo è anche perché si è campioni non solo in sella.

«La prima cosa che ho pensato è che questa stagione era la fotocopia dell’anno scorso. Nel 2021 mi ruppi la clavicola, ma poi andò tutto liscio. Speriamo che almeno sia uguale!

«Lo scorso anno andai a visionare la tappa di San Marino della Coppi e Bartali e dopo quattro giorni mi ruppi appunto la clavicola. Quest’anno con Popovych ero andato a fare il sopralluogo della Strade Bianche e dopo quattro giorni è toccato al braccio».

«In realtà un po’ mi dispiaceva vedere gli altri correre e crescere, mentre io ero fermo. Mi sembrava di perdere tempo. Pensavo al quantitativo di gare che stavo perdendo, al fatto che non sarei potuto andare in Belgio. Avrei dovuto farle tutte, Giro delle Fiandre incluso. Per adesso sono ancora riserva alla Roubaix».

A Larciano Baroncini ha chiuso al 38° posto, a 10’03” da Ulissi
A Larciano Baroncini ha chiuso al 38° posto, a 10’03” da Ulissi

Rulli e ventilatore

Il pallino della condizione era la cosa che più preoccupava Baroncini. In fin dei conti aveva lavorato molto durante l’inverno, c’era attesa ed entusiasmo per il debutto tra i pro’ e soprattutto le sensazioni delle prime gare non erano state male.

«Tre giorni dopo l’operazione – racconta Filippo – ho ripreso a pedalare. All’inizio, per tre giorni, ho fatto i rulli, poi sono uscito su strada. I rulli li facevo due volte al giorno, un’oretta a sessione. Non facevo molto anche perché con la placca, soprattutto i primi giorni, dovevo evitare di sudare per i punti. Così li facevo alla giusta intensità e col ventilatore puntato sul braccio.

«Al quarto giorno sono uscito in bici e da lì ho fatto tanto fondo: ore e chilometri quasi senza specifici. Anche per questo alla fine non ho perso il fondo, ma “solo” il ritmo gara. Semmai ne ho approfittato per perdere un po’ di peso».

E questa cosa un po’ ci stupisce. Ma come? Stando fermo non dovrebbe essere il contrario? «Ho cercato di togliere quel chilo e mezzo di troppo che avevo. Ho limato i carboidrati e poi ero nervoso e avevo lo stomaco chiuso».

L’ultima volta che Baroncini ha corso in Belgio è finita così…
L’ultima volta che Baroncini ha corso in Belgio è finita così…

Da Larciano al Brabante

E quindi la storia si chiude col rientro di domenica scorsa a Larciano. Un rientro che Baroncini tutto sommato giudica in modo positivo.

«Le sensazioni – racconta Filippo – sono state buone. Non ho avuto fastidi al braccio e questa era la cosa più importante. Fino agli ultimi due giri ho retto bene, poi quando hanno aperto il gas per davvero mi sono staccato, ma me lo aspettavo. Alla fine avevo iniziato a fare l’intensità solo una settimana e mezza prima della gara. Quattro volte dietro motore. Se avessi iniziato prima magari li avrei anche tenuti.

«Comunque la gara l’ho finita. Una volta staccato, mi sono messo nel gruppetto e ho accumulato altro lavoro. E infatti già questa settimana sto meglio».

Il programma di Baroncini passa per il Circuit de la Sarthe, una quattro giorni in Francia, e per alcune corse in Belgio, come la Freccia del Brabante. Tornare lassù dopo l’ultima volta iridata, deve fare un certo effetto.

«Finalmente si ricomincia. Non vedo l’ora. Mi piacerebbe essere competitivo lassù, ma non so se sarà possibile. Vediamo cosa diranno queste corse in Francia».

Da Bernal a Moschetti, storia di un altro recupero ben fatto

31.03.2022
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Avete letto l’intervista di ieri a Fabrizio Borra, in cui il romagnolo si diceva poco stupito per i tempi del ritorno di Bernal sulla bici? E avete visto che a un certo punto ha tirato in ballo l’intervento al bacino di Matteo Moschetti (in apertura dopo una caduta di qualche stagione fa), alla cui rieducazione partecipò a sua volta? Siamo voluti tornare a quell’infortunio, per far capire che la medicina sportiva ha fatto dei progressi enormi negli ultimi anni e quello che prima sembrava impossibile ora è del tutto normale.

I corridori, ma gli sportivi in generale, ogni volta che subiscono un infortunio hanno già la testa sul recupero. Tuttavia, più le fratture sono complicate più c’è bisogno di conoscenza e programmazione per rimettersi in bici. Una delle fratture più brutte viste negli ultimi tempi è quella al bacino del corridore della Trek-Segafredo, subita a febbraio del 2020. Il chirurgo che lo ha operato è Mario Arduini, primario dell’Ospedale sant’Eugenio di Roma. 

L’Acetabolo è l’osso del bacino che si articola con la testa del femore (foto ortopedia borgotaro)
L’Acetabolo è l’osso del bacino che si articola con la testa del femore (foto ortopedia borgotaro)
Buongiorno Mario, può spiegarci la frattura subita da Moschetti?

Quella subita da Matteo è stata una frattura dell’acetabolo: si tratta della porzione del bacino che si articola con la testa del femore. E’ una frattura che nasce a causa di impatti ad alta energia fortemente invalidanti. L’acetabolo è come se fosse una coppa che contiene la testa del femore. 

A livello osseo che cosa è successo?

E’ una frattura che distrugge l’articolazione. Dovete sapere che l’articolazione è una struttura perfetta che permette lo scorrimento delle ossa. Fondamentalmente si crea una crepa nell’articolazione, come dei piccoli scalini, se non viene curata in tempo questa si rompe e diventa inutilizzabile. Pensate ad un vaso che si rompe, se passi un dito ti tagli, se lo metti a posto anche se sei preciso si vedranno sempre le crepe. 

Matteo Moschetti, Trofeo Playa de Palma 2020
Matteo era partito molto bene nel 2020 con due vittorie in altrettante gare effettuate, qui al Trofeo Playa de Palma
Matteo Moschetti, Trofeo Playa de Palma 2020
Matteo era partito molto bene nel 2020 con due vittorie in altrettante gare effettuate, qui al Trofeo Playa de Palma
Quanto è grave come frattura?

Considerate che la frattura del bacino è la più grave che una persona possa subire. Tant’è che è l’unica frattura che da sola fa diventare il paziente politraumatico.

Cosa vuol dire?

Un politrauma si ha quando si subiscono diverse fratture o lesioni nello stesso momento. Quando arriva un paziente politraumatico al pronto soccorso si attivano tutte le procedure per salvargli la vita.

Come è stato operato Moschetti?

Matteo ha subito l’operazione 2-3 giorni dopo la frattura, si è infortunato domenica e martedì era già sotto i ferri. Nei giorni successivi alla caduta è stato stabilizzato e trasportato a Bergamo dove è stato operato (nel febbraio 2020 il dottor Arduini operava all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo, ndr). Si tratta di un’operazione molto invasiva.

Ci spieghi meglio

Bisogna essere estremamente attenti in questa operazione, è importante salvaguardare i tessuti molli (muscoli, tendini, vascolarizzazione) per evitare di intaccare la successiva mobilità dell’arto. Quando si fa un intervento chirurgico si opera attraverso una cicatrice, più si è delicati migliore è il risultato funzionale. Operare subito è importante, diciamo in un periodo entro i 10 giorni, più si ritarda l’intervento più diventa difficile tecnicamente crescono le possibilità di non riuscire a recuperare pienamente.

Nonostante il grave infortunio le sue capacità sono rimaste intatte grazie al percorso di riabilitazione fatto (foto Instagram)
Nonostante il grave infortunio le sue capacità sono rimaste intatte (foto Instagram)
Dopo quanto tempo Moschetti è tornato a camminare?

Il giorno dopo Matteo era già in piedi e pronto per la prima fase di riabilitazione, per sua fortuna ha avuto Fabrizio Borra al suo fianco in quella fase. Molti chirurghi tendono a tenere a letto i pazienti dai 20 ai 60 giorni, questo però comporta una totale perdita del tono muscolare. 

E l’organismo come reagisce?

Allora, quando si operano fratture come quelle, i frammenti di osso vengono rimessi insieme con viti di 3 millimetri e devi essere certo che la vite rimanga ferma. Durante l’intervento si riposizionano i frammenti ossei e il tutto viene tenuto fermo da un’intelaiatura esterna. Questa struttura serve per mantenere l’osso fermo, una volta finita la riabilitazione non è necessario toglierla, viene tolta se crea fastidio. Matteo ha ancora attaccata al bacino  l’impalcatura.

Il dottor Mario Arduini è il chirurgo ortopedico che ha operato Moschetti
Il dottor Mario Arduini è il chirurgo ortopedico che ha operato Moschetti
In bici quando si torna?

Dipende da come reagisce il corpo, ma da quando si inizia la riabilitazione il passo è breve. Moschetti dopo un mesetto era già sui rulli ed era pronto ad allenarsi su strada in due mesi.

Si può ritornare prontamente in gara o c’è un periodo di attesa più lungo?

Il bacino è fra le ossa che guariscono più velocemente, dopo 60-90 giorni il rischio di una frattura diventa veramente scarso. D’altra parte per permettere al paziente di rimettersi in piedi bisogna essere certi di aver ottenuto una sintesi stabile, ma questo lo si scopre solo praticando la fase riabilitativa.

La super Balsamo? Tanti motivi (più uno), parola di Arzeni

30.03.2022
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Qualche giorno fa, con Davide Arzeni, abbiamo parlato della Wiebes, come la velocista più forte del momento. Adesso però dopo le vittorie della sua ex atleta, Elisa Balsamo, siamo “costretti” a rivedere il tutto! 

Sia perché la campionessa del mondo sta vincendo in volata, sia perché in generale sta andando davvero forte. Come mai? Cosa è cambiato? Quanto influisce il minor lavoro in pista? Sentiamo il diesse della Valcar Travel & Service, ex direttore sportivo della stessa iridata e suo preparatore.

Elena Balsamo con Davide Arzeni, il diesse che ha cresciuto la cuneese
Elena Balsamo con Davide Arzeni, il diesse che ha cresciuto la cuneese
Davide ci eravamo lasciati con la Wiebes dominatrice in volata, ma Elisa…

Per me sono due atlete differenti. La Wiebes è una velocista pura. Elisa è un’atleta completa con lo spunto di una velocista. Se dovessi definirla direi che è appunto una ciclista completa, ma con la testa da velocista.

E com’è la testa da velocista?

E’ così perché lei vuole avere la testa da velocista. Le piacciono più le volate…

Ma questo significa che è rinunciataria su percorsi più duri, magari con delle salite?

No, è che come ho detto le piace di più fare le volate. Le piacciono i percorsi medi. Penso che non si sia ancora resa del tutto conto del suo potenziale, che debba ancora conoscersi al 100%. Come ho già detto in passato: non c’è una classica che non possa vincere. E il Trofeo Binda, in cui sono arrivate in 15, lo dimostra. La Wiebes, tanto per restare in tema, anche con tutta la squadra che le sta attorno a Cittiglio non vince, non ci arriva in volata. Elisa ha bisogno semmai più di una squadra che la porti fuori nel finale. Qui aveva la Sanguineti, la Consonni, lì ha Van Dijk e quando parte davanti poi sa come si fa.

La Wiebes è molto più “scomposta”, Elisa quando fa le volate sembra quasi non si alzi di sella. Dipende anche dalla pista?

Sì, è vero si alza poco. Credo sia una postura tutta sua, una postura perfetta. Ha classe anche nella pedalata.

Adesso però sta andando davvero forte. E’ cambiato qualcosa?

Ha 24 anni. C’è una crescita fisiologica, ha preso consapevolezza, è in una squadra fortissima, la Trek-Segafredo e comincia anche a conoscere gli arrivi. Faccio un esempio: lo scorso anno alla Gand con noi fece quarta perché sbagliò qualcosina nel rettilineo finale, quest’anno che lo conosceva ha vinto.

Con una volata magistrale, ben portata fuori dalla Van Dijk, la Balsamo ha vinto la Gand. Prima la guidava la Guazzini
Con una volata magistrale, ben portata fuori dalla Van Dijk, la Balsamo ha vinto la Gand. Prima la guidava la Guazzini
E negli allenamenti? La Balsamo va più forte perché è più concentrata sulla strada?

Elisa continua ad andare in pista. Almeno fino a 15 giorni fa, prima della campagna del Nord ci andava una volta a settimana. Si allena di più in salita, proprio perché l’obiettivo è fare bene nelle classiche. Prima si faceva di più in pista: un giorno di più in pista e uno in meno su strada. Ma resta comunque funzionale. Lo scorso anno era un continuo compromesso. Lei, come altre ragazze, le ho avute a mezzo servizio. Per dire, il giorno prima della Classic London le hanno detto che doveva assolutamente fare un allenamento in pista. Mentre gli uomini, Ganna, Consonni, Viviani hanno corso molto di più su strada.

Quindi il lavoro su pista incideva eccome…

Da quando ha lavorato di più su strada, e parlando solo di WorldTour, non è mai uscita dal podio, Roubaix esclusa che comunque è una corsa particolare. Ha vinto il mondiale, ha fatto un primo posto e due secondi al Women’s Tour. Quest’anno a Drenthe è stata seconda. E al Binda, a Depanne e Gand ha vinto. E lo ha fatto con una volata di gruppo, ristretta…

Se parliamo di volumi totali di lavoro, in percentuale che differenza c’è tra pista e strada rispetto alla passata stagione?

Quest’anno potremmo dire un 20% pista e 80% strada. Lo scorso anno era 50-50. Ma poi cambia anche il modo di lavorare.

Cioè?

Non voglio dire se sia giusto o sbagliato, ma lo scorso anno con le Olimpiadi era tutto più intenso, adesso invece coi mondiali su pista ad ottobre le sedute sono meno intense e ne risente meno anche la pedalata (fa una pausa Arzeni, ndr). E lo dice un fervente sostenitore dell’allenamento sul parquet: io ci porto dagli esordienti agli elite, uomini e donne, almeno una volta a settimana. Così come sono convinto che questo maggior lavoro su strada le tornerà utile anche in pista. 

Balsamo Roubaix 2021
Nel 2021 Elisa ha dedicato moltissimo tempo alla pista. Per Arzeni quest’anno ha ridotto al 20% il volume di lavoro sul parquet
Balsamo Roubaix 2021
Nel 2021 Elisa ha dedicato moltissimo tempo alla pista. Per Arzeni quest’anno ha ridotto al 20% il volume di lavoro sul parquet
Cosa intendi quando dici: ne risente meno la pedalata?

In pista pedali con altri rapporti, con determinate intensità e con la ruota fissa e questo lavoro ti resta almeno un paio di giorni nelle gambe. Con la ruota fissa spingi sia quando la gamba va avanti, sia quando la richiami. Tuttavia sei anche “costretto” ad andarci per non perdere l’abitudine. Lo scorso anno su 5 allenamenti, due e mezzo erano su pista e tutti al 100%. Chiara Consonni, per esempio, dopo che uscì dal discorso olimpico al Giro d’Italia faceva fatica a tenere le ruote in pianura. Capito? La Consonni fatica in pianura. E infatti poi finì fuori tempo massimo nella cronoscalata.

Un discorso complesso, ma chiaro…

Certo. Senza contare il discorso del peso. In pista quel chiletto in più ti fa anche bene, per la forza e l’esplosività, su strada non sempre. Di certo non va bene per una Gand o per un Fiandre.