«Non so cosa dire, mi mancano le parole. Lo sapevo che sarebbe potuta finire così, però in una gara di 160 chilometri non si sa mai cosa può succedere. Quando ho sentito a 5 chilometri dall’arrivo che aveva vinto, mi è venuto freddo. Avevo i brividi. Sono contentissima per “Eli”, perché se lo merita. Io dovevo stare attenta nelle prime fasi di gara. Ho dato tutto finché ne avevo e poi sapevo che avrebbero fatto il loro».
Vittoria Guazzini di solito ride e da buona toscana dissacra ogni cosa che le passi a tiro, ma stavolta piange e ha davvero i brividi. E’ più emozionata di quando due settimane fa ha vinto la cronometro agli europei di Trento. E questo la dice lunga sul clima e la partecipazione che si è creata questi giorni nella squadra.
Nella baraonda del dopo arrivo, prima di andare a saltare e abbracciarsi con Elisa ai piedi del podio, le azzurre trovano il tempo di raccontare la loro corsa. E lentamente, una parola dopo l’altra, si va componendo una sorta di antologia fiamminga. L’antologia dell’Italia che ha vinto il mondiale di Leuven, facendo sembrare piccole anche le grandi olandesi.
Cavalli al gancio
«Non ho chiuso tantissimi buchi – racconta Marta Cavalli, stremata e felice – ma quelli che ho chiuso mi hanno lasciato al gancio. Due mi sono toccati nel tratto di raccordo fra il circuito dei muri e quello cittadino. Un paio di attacchi di Ellen Van Dijk e Chantal Vanden Broeck, ho pensato di staccarmi dalla loro scia. Sono atlete che sul passo hanno molto di più rispetto a me, però sapevo che dovevo sputare sangue, perché se gli lasci solo pochi secondi, non le riprendi più. Per poter finalizzare il lavoro era giusto così.
«Sono contenta – aggiunge ancora l’atleta della Fdj Nouvelle Aquitaine – perché in una squadra non è importante solamente concludere la corsa con un bel risultato, ma anche avere la fiducia delle proprie compagne e del proprio direttore, che in questo caso è Dino. Quindi sono veramente contenta, perché Elisa se lo merita. Noi abbiamo corso come squadra e il tratto fra gli ultimi 800 e i 500 metri erano miei, quindi ho fatto la mia parte. E’ una grande soddisfazione fare un lavoro se poi la tua compagna finalizza nel migliore dei modi».
Confalonieri, orgoglio puro
«Ho tanto sognato questa maglia azzurra – dice Maria Giulia Confalonieri – e metabolizzato l’esclusione dalle Olimpiadi. Erano un po’ di anni che non rappresentavo il mio Paese ai mondiali ed è stato un onore. Era il nostro percorso e sapevo quanto ci tenesse Elisa dopo le Olimpiadi. Diciamo che era un percorso molto adatto a noi, anche se ovviamente c’erano tante incognite. Sapevamo che le olandesi ci avrebbero attaccato, che però la volata forse sarebbe stata dalla nostra. Abbiamo fatto un lavoro perfetto e un treno ancora migliore, dalla prima all’ultima. Credo che la maglia oggi sia un pezzettino di tutti».
Rivelazione Cecchini
«A un certo punto mi sono avvicinata ad Anna Van der Breggen – dice Elena Cecchini, che dell’olandese è compagna alla SD Worx – e le ho chiesto per chi avrebbero corso. Quando mi ha risposto che avrebbero fatto la volata con la Vos, ho sentito che avremmo vinto noi. Io ho lavorato con la Guazzini nella fase iniziale, perché era importante essere presenti in tutte le fasi. Sapevamo che era un mondiale per noi, sembrava Glasgow dove la Bastianelli vinse gli europei. E sulle olandesi… Non le ho viste molto brillanti, ma neanche le ho viste sacrificarsi in volata per la Vos. Abbiamo vinto noi perché abbiamo corso da squadra. Ed era un bel po’ che arrivavano solo i piazzamenti, finalmente stasera si brinda ad una vittoria».
Bastianelli, esperienza regina
«E’ stato un po’ difficile gestire la situazione senza radio – racconta con parole chiare Marta Bastianelli, che aveva carta bianca e ha provato a infilarsi nelle fughe – per questo ho cercato di capire cosa succedesse. Quando abbiamo visto che si poteva arrivare in volata, abbiamo cercato di tenere chiusa la corsa. Eravamo ovunque, c’eravamo sempre, sia per un arrivo a gruppo ristretto, sia per come poi è stato. Abbiamo fatto tutto quello che si doveva fare, quindi non possiamo che goderci questa vittoria.
«Avevamo detto di fare il finale con Elisa, io potevo giocarmela diversamente. Quindi ho cercato di stare su tutte le fughe possibili. E’ andata bene e sono felice. Ho provato anche negli ultimi 2 chilometri con la Van Vleuten, ma credo che meglio di così non potesse finire».
La “Longo” e la volata
«Mi sono divertita da morire – dice Elisa Longo Borghini, che per un giorno è diventata ultima in volata – mi sentivo bene, ho fatto quello che dovevo fare e a me piace da morire fare il mio lavoro. Elisa ha dovuto fare solo la volata – ride – e l’ha fatta bene. Ha vinto. E’ stata una bellissima vittoria di squadra, molto bello anche l’ultimo chilometro. Non è servito parlarsi. Maria Giulia mi ha detto che non aveva le forze per fare l’ultima e ho risposto che potevo provarci io. Poche volte mi era capitato di fare certe cose, ma stavo bene e ho provato. Elisa poi ha fatto tutto quello che serviva. Ha vinto lei la corsa, non io, ed è molto bello».
La commozione di Salvoldi
Salvoldi ha seguito il podio oltre le transenne, abbracciando le ragazze mano a mano che passavano, deglutendo la grande commozione e cercando le parole. Il suo orgoglio è pienamente giustificato.
«Non ci sono mai stati momenti imprevisti, da quando la corsa è entrata nel vivo abbiamo mantentuto il controllo di ogni situazione e soprattutto grande attenzione e grande serenità, che soprattutto le atlete più esperte hanno saputo trasmettere a Elisa. Quando si assiste a una gara così, credo che sarebbe giusto rivedere anche il podio e le premiazioni. Giusto dare la maglia iridata a chi arriva per primo, ma sarebbe giusto anche riconoscere il merito anche a tutte le altre ragazze.
«Questa convinzione è maturata già da tempo, una volta visto il percorso. L’alchimia perfetta si è iniziata a respirare negli ultimi tre giorni, quando abbiamo fatto la riunione tecnica. E’ nostra abitudine anticipare molto, in modo che ciascuna possa concentrarsi sul suo compito. E questa volta c’era la netta convinzione di potercela fare, più di altre volte.
«Le olandesi sono fortissime e oggi hanno corso da squadra e non da individualità, che mettevano le altre nelle condizioni di soffrire e non giocarsi le loro possibilità. Ci hanno provato, avevano anche loro la velocista, ma mi pare che non ci sia stata storia. Negli anni, la Vos ha trovato Bastianelli, Giorgia e adesso questa qua, la nostra Elisa, che ha 23 anni».