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Per Jacopo Mosca due vittorie e una piadina

24.03.2021
5 min
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Nel weekend indimenticabile della Trek-Segafredo, primo Jasper Stuyven a Sanremo, primo Matteo Moschetti a Sesto Fiorentino e prima Elisa Longo Borghini a Cittiglio, un ruolo molto importante l’ha giocato Jacopo Mosca. Chiaramente a Cittiglio non c’era! Ma nelle altre due prove il piemontese ci ha messo del suo. 

L’abbraccio di Mosca con Stuyven a Sanremo…
L’abbraccio di Mosca con Stuyven a Sanremo…
Jacopo, due vittorie su due gare: una bella soddisfazione…

Decisamente! Sono stato presente a tutte e due e in entrambe sono stato parte attiva, ma non ho fatto nulla di eclatante, soprattutto a Sanremo, il merito è stato tutto di Jasper, bisogna essere onesti. Però è stato bello far parte di una vittoria storica per il team.

Raccontaci la vigilia della Sanremo…

Una vigilia classica. Il giretto il giorno prima con la squadra, i massaggi e la riunione dalla quale è emerso che Stuyven e Nibali erano i leader. Noi dovevamo metterli nelle condizioni migliori in corsa, soprattutto nel finale.

Qual era il tuo ruolo?

Dovevamo essere nel vivo della corsa. E’ chiaro che non siamo partiti con l’idea concreta di vincere la Sanremo. C’è differenza tra l’avere il leader per giocarsela e quello per vincerla, però ci hanno detto di provarci, di crederci sempre. E lui è stato bravo a cogliere l’occasione. Se fosse rimasto in gruppo cosa avrebbe fatto? Un sesto, un ottavo posto in volata? Dovevamo proteggere i capitani, portarli avanti nel finale. Io in particolare dovevo stare vicino a Vincenzo, ma alla fine è stato un gioco di squadra perché siamo sempre stati tutti insieme. Io mi sono staccato nel finale del Poggio. A quel punto in discesa, dopo due curve ho sentito alla radio che Stuyven aveva attaccato. Così, mi sono detto: aspetta, fammi ascoltare.

Fantastico, ti sei sentito la “radiocronaca”!

Sì! Sono sceso “tranquillo” tanto non sarei più rientrato, ho “portato la bici al traguardo”. Negli ultimi due chilometri ho pedalato in pratica con il dito sulla radiolina per ascoltare meglio. Vicino a me c’era Vliegen, il belga della Wanty, amico di Stuyven. Gli dico: Jasper è davanti. E lui è restato con me. Poi ho sentito gli urli e ho capito che avevamo vinto!

E 24 ore dopo quello con Moschetti a Sesto Fiorentino
E 24 ore dopo quello con Moschetti a Sesto Fiorentino
Caspita, è una soddisfazione doppia per te sapendo della tua storia. Nell’estate del 2019 sei passato da una continental, la D’Amico, ad una WorldTour, la Trek-Segafredo…

Se mi avessero detto che mi sarei ritrovato qui, non ci avrei creduto. Già fare il Giro l’anno scorso con Vincenzo è stato un qualcosa d’incredibile. Così come è stato bello aspettare Jasper sul bus. Ci ha messo almeno un’ora e mezza ad arrivare…

Eh lo sappiamo, anche in conferenza stampa non arrivava mai! Che poi mentre ritornavamo verso il quartier tappa abbiamo incrociato due tuoi compagni con la bottiglia dello spumante del podio… 

Sì, erano Simmons e Mullen. Loro si erano staccati e sono passati sul traguardo mentre c’era la premiazione. Così hanno preso direttamente la bottiglia di Jasper e l’hanno portata al bus.

E ne hai bevuto un goccio?

Sinceramente no! E’ stata una vittoria di squadra. Abbiamo lavorato bene questo inverno e non è stata una sorpresa ritrovarsi competitivi per queste corse. Per battere Van der Poel, Van Aert, Alaphilippe devi essere al 100% e serve anche un po’ di fortuna.

Fortuna, alla fine siete sempre lì…

Beh, diciamo che nulla deve andare storto.

E poi sei partito per Sesto Fiorentino, per la Per Sempre Alfredo. Immaginiamo una vigilia molto diversa, visti i tempi ristretti.

Parecchio diversa! Io e Conci siamo partiti poco dopo l’arrivo di Stuyven al bus. Con noi in macchina c’era Baffi. Siamo arrivati in hotel dopo le 23 e tutti già erano a letto.

E dove avete mangiato?

Abbiamo preso una cosa al volo in autostrada. Di questi tempi anche trovare un autogrill aperto non è facile. Io ho preso una piadina e Conci non ricordo, un panino mi sembra.

E la mattina dopo altra riunione lampo sul bus per la Per Sempre Alfredo. Come è andata?

Bisogna essere onesti: il livello non era quello del giorno prima.

Le corse facili non esistono…

Noi avevamo Moschetti e se non vinci certe gare meno importanti, ti dicono che “non vinci neanche quelle”.

Moschetti vince e sullo sfondo Mosca alza le braccia al cielo
Moschetti vince e sullo sfondo Mosca alza le braccia al cielo
Quindi per certi aspetti c’era anche più pressione?

Ah, sì sì. Comunque era un percorso nuovo, nessuno lo conosceva o sapeva come sarebbe andata. Con quelle salite iniziali tutti hanno cercato di staccare Mareczko, il più veloce, e per noi che venivamo dalla Sanremo è stato un bene, perché alla fine si è fatto un buon passo, ma regolare. Non era un ritmo impossibile. E questo ci ha aiutato a smaltire un po’ la corsa del giorno prima. E poi anche noi non è che potevamo andare a tutta, altrimenti si sarebbe staccato Moschetti. Quindi dopo le tre salite iniziali, una volta in pianura, abbiamo preso in mano la corsa. Eravamo in sette, cinque scalatori, più Moschetti ed io, che ancora non so bene cosa sono!

E qual è stato il tuo compito?

Ho fatto l’ultimo uomo. Tra l’altro è stato tutto molto scenografico perché ai quattro chilometri dal traguardo c’è stata una caduta (in cui è rimasto coinvolto anche Mareczko, ndr), noi l’abbiamo mancata perché eravamo messi bene. Devo averlo pilotato bene. Ho lasciato Matteo ai 200 metri e ai 50 ero già con le braccia al cielo. Si è visto subito che era davanti. Aveva due bici di vantaggio.

Come si trovano le motivazioni per due gare tanto diverse e con due sforzi tanto ravvicinati?

Le mie motivazioni sono sempre alte in questo team. Il mio lavoro viene notato e sono apprezzato. Qualsiasi gara devo fare, io ci sono e do il massimo. Se poi arriva una corsa come la Coppi e Bartali nella quale magari ho qualche occasione per me, spero di coglierla, come il terzo posto nella tappa di Asti al Giro dell’anno scorso. Ma prima di tutto spero di essere un valido supporto per i leader.