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Germani e l’educazione alimentare che ti cambia il motore

22.02.2023
7 min
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Dopo il debutto al Tour Down Under in Australia e due corse in Spagna nel weekend 11-12 febbraio, Lorenzo Germani è tornato a casa a Roccasecca, mettendo in fila una serie di allenamenti con la maiuscola. Incuriositi dal lavoro e dal debutto, lo abbiamo raggiunto, scoprendo che le ultime settimane hanno portato dei notevoli cambiamenti nel metodo di lavoro. Soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione. Niente di nuovo probabilmente per gli atleti più maturi, ma il primo passo per il ventenne della Groupama-FDJ verso il livello superiore.

«Il debutto nel WorldTour – dice – è stato duro. Le prime tre tappe sono andate bene. Nelle ultime due però… Niente, finito, morto. Nell’ultima in realtà mi ero ripreso un po’, solo che a 20 chilometri all’arrivo Molard, che era il nostro uomo di classifica e che puntava a entrare nei 10, ha forato. Gli ho chiesto alla radio se volesse la ruota o la bici e lui ha detto la bici. Così mi sono fermato e gliel’ho data, poi ho continuato tranquillo. E’ andata così, però diciamo che il mio gesto è stato apprezzato.

Nell’ultima tappa del Tour Down Under, Germani ha ceduto la bici a Rudy Molard, che faceva classifica
Nell’ultima tappa del Tour Down Under, Germani ha ceduto la bici a Molard, che faceva classifica
Qual è stata la difficoltà principale?

Il ritmo, ma soprattutto i cambi repentini. Dal mortorio ad avere la sella in punta ai 60 all’ora, neanche te ne accorgevi. In un momento passi dal ridere e scherzare a sputare l’anima. E poi anche il nervosismo, la maggior parte delle volte per niente.

Un altro stile di corsa, insomma…

Prima tappa, prima corsa da professionista. Partiamo e penso che qualcuno proverà ad andare in fuga, invece niente. Allora il direttore sportivo alla radio si mette a scherzare: «Benvenuti nel World Tour…». E allora rispondo io e chiedo: «Ma quando finisce il trasferimento?». E giù tutti a ridere, poi però il trasferimento è finito e non rideva più nessuno…

Recuperato subito tutto?

Mica tanto. Sono arrivato in Australia che stavo bene. Siamo andati due settimane prima e abbiamo fatto 25 ore di lavoro tosto per settimana. Quando sono tornato a casa avevo una sensazione strana. A livello di jet lag e cose legate non ho avuto nessun problema. Però in bici non mi sentivo per niente bene, in più mi vedevo gonfio e ho preso peso. Finché una settimana dopo il rientro, ho avuto un virus intestinale. Quindi praticamente ho passato una settimana a non fare niente per via del recupero post Australia e un’altra a non fare niente perché stavo male. Nei giorni successivi mi allenavo però non andavo avanti e questa cosa l’ho pagata in Spagna nelle corse di due settimane fa: Murcia e Almeria.

E adesso?

Insieme all’allenatore ci siamo messi a studiare. A me piace analizzare e capire. E visto che ci sentiamo quasi ogni giorno, abbiamo fatto il punto della situazione. Abbiamo visto che in 8 giorni di allenamento, ne ho fatti 3 di vero lavoro. E a questi livelli, se sei anche al 75-80 per cento prendi delle belle sventagliate…

Adesso va meglio?

Mi sono allenato e sinceramente mi sento bene. Ho approfittato dell’ultima settimana per rimettermi a posto. Sono tornato lunedì e abbiamo pianificato di fare martedì tranquillo, poi mercoledì e giovedì un po’ di più, venerdì recupero e poi una bella tripletta sabato, domenica e lunedì. Inoltre in questa settimana di carico, anche con il nutrizionista abbiamo impostato bene il piano alimentare. Alla fine sono riusciti ad inculcarmi il fatto di mangiare e bere bene in bicicletta. In effetti mi sono sentito per tutto il tempo con la gamba piena.

Vedendo la tua attività sui social, hai fatto anche parecchia salita…

Sì, stavo bene e ho fatto un sacco di dislivello. Solo questa settimana ho fatto 20 ore e 9.000 metri di dislivello, con un giorno di riposo. Ieri ho fatto 4 ore scarse con 1.800 metri di dislivello e ho preso i KOM sulle tre salite principali della zona.

In questa settimana, per Germani finora 20 ore di allenamento e 9.000 metri di dislivello (foto Instagram)
In questa settimana, per Germani finora 20 ore di allenamento e 9.000 metri di dislivello (foto Instagram)
Rientri nel weekend a L’Ardeche, ma quando è previsto che tu vada forte davvero?

Tra circa un mese, diciamo da fine marzo a fine aprile. Avrò il Catalunya, le tre classiche francesi a Besancon, poi il Romandia. In quel periodo dovrò essere davvero in condizione. Avrò due settimane e mezzo per prepararmi. Per metà faremo un blocco di lavoro, per metà assimilazione.

Che cosa intendevi dicendo che ti hanno convinto a mangiare bene in bicicletta?

Quando ero a casa, partivo con una borraccia d’acqua e mangiavo una barretta. Poi magari mi fermavo per un caffè e semmai un cornetto. Adesso invece mi hanno fatto entrare in testa che se alla macchina metti la benzina dopo che l’hai finita, devi portarcela a piedi in una tanichetta. Se invece la metti mentre ancora vai, ti risparmi di camminare fino al distributore.

Quindi adesso come mangi?

Dipende dal tipo di lavoro. Per questa settimana il nutrizionista mi ha fatto proprio il piano perfetto. L’allenatore gli ha dato gli allenamenti di tutti i giorni e lui ha elaborato il piano alimentare. Sono nello stesso ufficio in sede a Besancon, hanno le scrivanie attaccate. Lavorano sempre in sintonia.

La sosta al bar ci può anche stare, conferma Germani, ma solo se inserita in una pianificazione attenta (foto Instagram)
La sosta al bar ci può anche stare, ma solo se inserita in una pianificazione attenta (foto Instagram)
Che cosa è cambiato?

Soprattutto il conto dei carboidrati per ogni ora. Oggi che dovevo fare 3 ore e mezza di endurance, avevo 75 grammi di carboidrati per ora, fra borracce e barrette. Un altro giorno avevo 4 ore, ancora di endurance, e abbiamo fatto 60 grammi. Quando si è trattato di fare 4 ore con lavori intensi, siamo saliti a 120 grammi per ora, come in corsa, ma solo nell’ora in cui raggiungevo le intensità più alte. Nelle ore restanti, sono ritornato a 60 grammi l’ora, perché ne avevo meno bisogno. Devo dire che c’è stato un cambio netto. Anche ieri ho dovuto fare dei lavori di soglia e praticamente con il piano che mi aveva fatto, erano previsti 80 grammi l’ora. E ho notato che dal primo al terzo dei lavori ho avuto sempre le stesse sensazioni. Come in gara, perché in gara ho sempre mangiato come diceva lui. Bisogna allenarsi anche a mangiare.

In che modo?

Mi dice Lucas Papillon, il nutrizionista, che se l’intestino non lo abitui già in allenamento, in gara puoi mangiare pure 200 grammi di carboidrati l’ora, ma non li assimili perché l’intestino non è capace. In gara c’è lui che ti fa trovare le borracce e le barrette pronte. A casa te le devi preparare da solo e quindi se uno non ci sta con la testa al 100 per cento, si perde qualche pezzo. Io con questo piano così preciso, mi sono trovato davvero bene. Perché mangiando così in bici, anche fuori dalla bici non c’è bisogno di tanto. Insomma, al rientro a casa non avevo neanche troppa fame. Perché non arrivi in debito, la glicemia è sempre costante e alla fine mi sono anche asciugato.

I 120 grammi l’ora di carboidrati li raggiungi con le barrette o anche le borracce?

Quasi solo con le borracce. Ieri ne avevo due da un litro ciascuna. Avevo da fare quattro ore con il lavoro specifico nella prima. Perciò per la prima ora ho usato la prima borraccia con 120 grammi di carboidrati. Nella seconda borraccia c’era quel che serviva per finire il lavoro.

Allenarsi vicino casa, scrive su Instagram, non ha paragoni. Germani è del 2002, vive a Roccasecca (Frosinone)
Allenarsi vicino casa, scrive su Instagram, non ha paragoni. Germani è del 2002, vive a Roccasecca (Frosinone)
E per i cibi solidi?

Ha fatto il piano anche con quelli e sta tutto nel timing in cui prenderli. Nel momento in cui devi fare un certo lavoro, sai di dover prendere il gel tot minuti prima. La barretta invece tot minuti dopo. Fatto questo, non serve altro. Anzi, una volta che hai questa disciplina, puoi anche fare la sosta al bar. Tanto che nella tabella di ieri c’era scritto che dopo le prime tre ore potevo fermarmi in una boulangerie.

Tutti i corridori della squadra vengono seguiti in questo modo?

Lo fanno con tutti. Magari una settimana glielo chiede un corridore. La settimana dopo arriva un altro. Una settimana lavorano con la glicemia di uno, la settimana dopo con la glicemia di un altro. Sono quelle cose che ti fanno fare il salto di qualità. Insomma, penso che ho appena fatto tre giorni di carico e non me li sento per niente. 

EDITORIALE / Torniamo in Europa, ma tanto si è già visto

30.01.2023
5 min
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Se ne va anche gennaio e da stanotte inizierà il lungo volo di ritorno verso l’Europa delle squadre e degli inviati dalla Vuelta a San Juan, mentre è già iniziato il rientro dall’Australia. Una puntatina nel deserto arabo, con Saudi Tour appena iniziato e UAE Tour in arrivo, prima di atterrare a casa e si concluderà la prima fase… esotica del calendario. Corse al caldo, il modo per gratificare un pubblico (australiano e argentino) altrimenti escluso dal grande ciclismo.

Velocisti e campioni non si sono sottratti alla sfida, in barba ai calcoli più prudenti. L’Australia ha visto la ribalta vittoriosa dei due atleti arrivati alla strada dalla Zwift Academy – Jay Vine ha vinto il Tour Down Under, mentre Loes Adegeest s’è portata a casa la Cadel Evans Great Ocean Road Race –  e di atleti come Simon Yates e Pello Bilbao. L’Argentina invece ha segnalato le prime accelerazioni di Evenepoel e Bernal, ha ribadito la classe innata di Filippo Ganna, regalato un volto nuovo alle volate con Welsford e si è consegnata prevedibilmente a Miguel Angel Lopez.

Lopez ha vinto la Vuelta a San Juan. Il suo Team Medellin è atteso anche in Europa
Lopez ha vinto la Vuelta a San Juan. Il suo Team Medellin è atteso anche in Europa

Certi avvertimenti

Prevedibilmente, certo. Era stato palese, in occasione del primo incontro alla vigilia della corsa, che Superman morisse dalla voglia di riscattarsi dopo il licenziamento dall’Astana. Il medico con cui è stato messo in relazione di recente ha raccontato di avergli dato dei consigli legati all’alimentazione. Il suo procuratore lo ha lasciato libero, pur ammettendo di non ritenerlo un corridore dopato. Il Team Medellin lo difende a spada tratta, accusando l’Astana di ipocrisia e scarsa umanità. E così alla fine, in attesa che la famosa indagine porti a qualcosa, un corridore di livello WorldTour come Lopez (al netto delle sue stranezze più volte evidenziate) si ritrova ai margini per una telefonata ricevuta dalla squadra kazaka. Uno di quegli avvertimenti amichevoli tipici delle regioni più calde, con cui si fa intendere tutto e l’esatto contrario. Un altro modo, già visto in precedenza, con cui si esercita il potere.

E’ iniziato oggi il Saudi Tour, antipasto per il UAE Tour. Poi il ciclismo tornerà in Europa
E’ iniziato oggi il Saudi Tour, antipasto per il UAE Tour. Poi il ciclismo tornerà in Europa

Campionati colombiani

Lo stesso trattamento è toccato infatti a Quintana, messo ai margini dalla positività al Tramadol, che non è vietato in nessun’altra parte del mondo al di fuori del ciclismo. Nairo non trova squadra e difficilmente ci riuscirà. Per lui si tratta di una seconda scivolata: non dimentichiamo gli integratori sospetti che gli furono trovati due anni fa e per i quali tuttavia fu prosciolto. Usando il Tramadol e sapendo di non poterlo fare, il colombiano ha commesso una leggerezza purtroppo imperdonabile e adesso è atteso ai campionati nazionali colombiani, dove come Lopez farà il diavolo a quattro per farsi vedere e lanciare un nuovo appello ai team WorldTour, dopo quello di qualche giorno fa.

Sia Lopez che Quintana sottolineano di avere passaporti biologici nella norma.

Il ritiro di Bernal non comprometterà il suo programma: sarà al via dei campionati colombiani
Il ritiro di Bernal non comprometterà il suo programma: sarà al via dei campionati colombiani

Apprensione per Bernal

Accanto a Higuita, secondo a San Juan e in continua crescita, il quarto colombiano che più tiene in apprensione i tifosi è Egan Bernal. Il fuorigiri all’Alto del Colorado lo ha pagato con un’infiammazione del ginocchio battuto nella caduta del primo giorno, di cui nessuno si era accorto. Egan è il solito modello di determinazione e simpatia, ma non ha ancora l’aspetto di un corridore in salute. Le sue gambe sono ancora sottili, i polpacci non hanno la tonicità di quando vinse il Giro, nel muoversi per infilare la maglia osserva ancora mille cautele. L’incidente mostra i suoi segni, inevitabilmente. E certamente per andare al Tour contro Pogacar, Vingegaard e chissà chi altri, dovrà lavorare sodo, crescere e sperare che il tempo gli basti. Il suo livello migliore rischia di non bastare.

La Vuelta a San Juan è stat per Evenepoel un bel rodaggio in vista del UAE Tour
La Vuelta a San Juan è stat per Evenepoel un bel rodaggio in vista del UAE Tour

Attacco a Evenepoel

Egan non ha mai dominato. Vinse il Tour del 2019 grazie al vantaggio sull’Iseran, prima che il resto della tappa venisse neutralizzato per grandine. E poi al Giro del 2021 ebbe il suo bel da fare per contrastare i rivali. I successivi problemi alla schiena e l’incidente del 2022 hanno arrestato un processo di crescita che lo pone ora in posizione di svantaggio rispetto ai rivali del momento.

L’attacco della Ineos Grenadiers a Evenepoel c’è stato e ha fatto capire che gli stessi dubbi dimorano nella squadra britannica, che però ora fa quadrato attorno al piccolo colombiano, cercando di capire quale ruolo potrà avere in futuro Pidcock. Vorrebbero dirottarlo sui Giri, ma pare che Tom non abbia la minima voglia ancora di scegliere, divertendosi ancora molto in tutte le altre discipline.

Tadej Pogacar è il vincitore del UAE Tour 2022, cui quest’anno arriverà in modo più blando
Tadej Pogacar è il vincitore del UAE Tour 2022, cui quest’anno arriverà in modo più blando

Remco e Tadej

Insomma, la carne al fuoco è davvero tanta. Il UAE Tour ci proporrà il primo scontro fra Pogacar ed Evenepoel. Ieri Remco ha attaccato con Simmons nel finale piattissimo dell’ultima tappa argentina, mentre Pogacar sarà al debutto. La sensazione è che il belga arriverà negli Emirati per cogliere la prima vittoria di peso, mentre lo sloveno sarà al debutto stagionale, ma non si sottrarrà alla sfida.

Perciò in attesa di tornare a fusi orari uguali per tutti, vi diamo appuntamento a Montichiari dove vivremo la preparazione degli azzurri per gli europei su pista della prossima settimana e vi aspettiamo a Hoogerheide, da dove vi racconteremo i mondiali di ciclocross. Sarà pure appena iniziato, ma questo nuovo anno di corse promette già molto bene.

Prime corse e grande caldo, non si sfugge ai crampi

25.01.2023
4 min
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Crampi e caldo fuori stagione. Vedere Bettiol alle prese con le odiate contratture e sperimentare il caldo argentino dall’altra parte del mondo ha fatto capire a quali violente sollecitazioni siano sottoposti i corridori nelle corse di inizio stagione. Il caldo da questo punto di vista è un pessimo cliente. Ancora Bettiol e Izagirre furono frenati allo stesso modo alle Olimpiadi di Tokyo, uno su strada e l’altro nella crono, dove caldo e umidità non facevano difetto.

Così stamattina, al riparo dal sole nell’autodromo di Villicum da cui è partita la terza tappa della Vuelta a San Juan, abbiamo chiesto a Emilio Magni, medico dell’Astana Qazaqstan Team, di spiegarci il meccanismo dei crampi. E come mai ad alcuni atleti capitino più spesso che ad altri.

Emilio Magni è medico dell’Astana: ha seguito tutta la carriera di Nibali
Emilio Magni è medico dell’Astana: ha seguito tutta la carriera di Nibali
Dottore, ripariamoci dal sole. Esiste una predisposizione al crampo?

Diciamo che i crampi hanno delle cause multifattoriali, ovviamente. E quindi diciamo che parlando in termini un po’ allargati, si può parlare di predisposizione. Nel senso che per un soggetto alcune condizioni possono predisporre all’insorgenza dei crampi.

Il caldo è la condizione scatenante?

Per quanto ci riguarda, in questo momento è la causa più importante: queste temperature molto elevate, che ovviamente comportano una sudorazione abbondante. La sudorazione comporta una perdita di elettroliti, in particolare sodio, potassio e anche calcio, che sono tutti elementi che rientrano a pieno titolo nella contrattilità muscolare. Per cui quando c’è uno squilibrio idroelettrolitico, cioè tra contenuto di acqua e presenza di minerali, il muscolo diventa un organo bersaglio.

Bettiol al Down Under ha mostrato una condizione super, ma i crampi lo hanno colpito la 2ª tappa
Bettiol al Down Under ha mostrato una condizione super, ma i crampi lo hanno colpito la 2ª tappa
Quindi viene da pensare che, al di là dell’acclimatazione a queste temperature, un supporto di integrazione sia fondamentale.

E’ fondamentale mantenersi molto ben idratati prima di partire. Addirittura non è sbagliato se c’è un po’ di eccesso di idratazione. Tanto è vero che si ricorre per esempio anche all’aumento del dosaggio del classico sale da cucina, il cloruro di sodio. Perché il sodio, circondandosi di molecole di acqua, tende a trattenerle. Quindi quello che in molte altre situazioni può essere uno svantaggio, in questi casi si rivela un vantaggio.

L’atleta che, come dicevamo prima, ha questa predisposizione può fare dei test preventivi per capirlo?

Ci sono dei test, degli esami che ti possono mettere parzialmente in guardia, ad esempio sul controllo degli elettroliti. In più si fa il bilancio idrico della giornata. Tanto è vero che, come molti altri colleghi, la mattina faccio il controllo delle urine, sia per quanto riguarda il ph, cioè il lato dell’acidità, sia la densità urinaria o peso specifico, per valutare lo stato di idratazione. E’ una misura indiretta, però è semplice a farsi e ci dà un elemento importante di valutazione.

Ognuno ha il suo piano di idratazione?

Esatto. Come fra le persone… normali, c’è chi già beve due litri di acqua al giorno, chi invece beve mezzo litro. Quello che ne beve 2, in queste situazioni deve andare a 3 oppure 3,5. Quello che ne beve mezzo non si può accontentare di un litro e mezzo. Volendo dare una percentuale, direi che bisogna idratarsi di un 100 per cento in più.

Altre le cause per i crampi di Scaroni sul Grappa alla Adriatica Ionica Race: il bresciano non correva da mesi e ha pagato lo sforzo
Altre le cause per Scaroni sul Grappa alla Adriatica Ionica Race: il bresciano non correva da mesi e ha pagato lo sforzo
Quando arriva il crampo durante la corsa, partita chiusa?

Se compaiono i segni della disidratazione o comunque un po’ più in generale quelli del classico colpo di calore, nel senso della performance è tardi. Però certamente sul piano della salute no, si fa sempre in tempo a rimediare, facendo una diagnosi precoce.

Questo caldo umido aumenta la propensione al crampo?

L’adattamento influisce. Si viene qui da temperature vicine allo zero e ci si proietta in questo mondo, in questo forno… Quindi sì, l’impatto è violento.

Qui in Argentina quali rimedi adottate?

Quelli che abbiamo detto. Quindi un’idratazione importante e un buon apporto di sali, eventualmente mirato al discorso del sodio. Ma ci sono delle criticità.

Durante la prima tappa in fuga, Tarozzi non ha fatto che vuotare borracce
Durante la prima tappa in fuga, Tarozzi non ha fatto che vuotare borracce
Ad esempio?

Uno dei rimedi per star bene idratati è mangiare verdura e frutta. Però la verdura e la frutta sono molto ricche di acqua, quindi una volta che quest’acqua vegetale entra nell’organismo, va a creare uno squilibrio tra apporto idrico e apporto di sodio. Quindi da una parte ti dà un vantaggio perché ti idrata, ma dall’altra riduce relativamente il contenuto di sodio. Ecco perché si tende anche ad aumentare un po’ il quantitativo di sale.

Un altro caso di coperta corta?

Come per tanti altri aspetti, molto corta, ma bisogna tirarla un po’ da tutte le parti

EDITORIALE / Come cambia il mestiere del corridore

16.01.2023
5 min
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Trent’anni fa Sergio Neri scrisse un testo dedicato ai corridori, tracciando la linea guida del loro mestiere. Era denso di valori come viaggio, scoperta, ispirazione, carattere, dedizione, impegno, gusto per la fatica, rinunce fatte per sostenere l’impegno di uno sport che non è gioco, ma la perfetta metafora della vita. Il mestiere del corridore.

«Quando penso agli anni in Belgio con Ballerini – ha ricordato Andrea Tafiricordo il tanto tempo passato insieme a parlare. A spiarci fra noi per capire le scelte tecniche che facevano gli altri corridori. Era bello. Non avevamo lo stress di oggi. Ogni volta che parlo con Bettiol, me lo conferma. Devi essere super concentrato e non basta. E’ cambiato il modo di allenarsi e di correre. Prima ci divertivamo di più, si aveva uno spirito diverso. Ormai però il ciclismo è cambiato, è andato avanti come il mondo».

Con la stagione 2023 in partenza da Australia e Argentina, vogliamo soffermarci su una somma di pensieri che si sono formati nelle ultime settimane, parlando di preparazione, punteggi, vincoli e vite di corridori.

Tafi ha messo a confronto il ciclismo romantico dei suoi anni con quello sfrenato di oggi
Tafi ha messo a confronto il ciclismo romantico dei suoi anni con quello sfrenato di oggi

Come Nibali e Valverde

La vita da corridore nel testo di allora era un fluire faticoso e poetico. E’ ancora così, oppure essere corridori è un asfissiante star dietro a tabelle e rigidità?

Madiot ha parlato del paradosso di Pinot, che ha rifiutato vari strumenti per andare più forte. Come i ritiri in altura cui si è rassegnato un paio di anni fa. Che pur professando la sua voglia di normalità, condivide gli allenamenti su Strava. E che, quando uno degli sponsor della squadra è andato a consegnargli l’orologio per monitorare il sonno notturno, lo ha guardato come fosse un marziano.

Chi ha smesso anzitempo probabilmente non è riuscito a tenere in mano il filo del discorso, lasciando che il mondo fuori si imponesse del suo mondo interiore. Lo ha raccontato benissimo Dumoulin, spiegando come da un certo punto abbia cominciato a perdere il controllo della sua carriera.

I corridori che invece sono durati di più, come ad esempio Nibali o Valverde, sono nati da una base più consapevole. Hanno imparato a dire qualche no. Condividevano la stessa genialità e hanno capito che le fondamenta del lavoro sono rimaste le stesse. Sono cambiati invece il contesto, le velocità, le esigenze e la visione dello sport.

Alla Vuelta del 2022, l’omaggio del gruppo per Valverde e Nibali, alle ultime corse della carriera
Alla Vuelta del 2022, l’omaggio del gruppo per Valverde e Nibali, alle ultime corse della carriera

La fase di passaggio

Se nascevi corridore un tempo, i valori raccontati da Sergio Neri li avevi cuciti addosso. Se sei nato corridore nella fase di passaggio, potresti esserti trovato nei guai. A metà fra il ritmo romantico raccontato da chi c’era e la spinta vertiginosa di chi è già allo step successivo.

E se nasci corridore oggi, preparati per una carriera ad alta velocità, non necessariamente lunghissima. Avrai tanti referenti e pochissimo tempo per ambientarti, ma ti sembrerà normale.

Le eccezioni si chiamano campioni. Evenepoel, Pogacar e Van Aert sembrano capaci di restare in sella senza togliere troppo alla loro normalità. Dipende tutto dalla velocità del processore, da quel che si considera normale e quello che non lo è, quello che è necessario e quello di cui si può fare a meno. Come dare in mano lo stesso smartphone a un sedicenne e insieme a un cinquantenne. Magari il più giovane non saprà spiegarti il perché di certe funzioni o da quali esigenze siano nate, ma è certo che saprà usarlo subito e meglio e con automatismi pazzeschi, senza bisogno del manuale.

Evenepoel e Pogacar: oltre al lato tecnico, la loro grandezza sta nella naturalezza con cui vivono lo sport
Evenepoel e Pogacar: oltre al lato tecnico, la loro grandezza sta nella naturalezza con cui vivono lo sport

Il grosso errore è valutare il presente volendolo uguale al passato. Al massimo, a essere davvero bravi, si può ridisegnare il presente senza dimenticare il passato. Lasciarlo invece in mano agli interessi particolari significa non avere una progettualità e tantomeno il controllo della situazione.

L’interesse di chi?

La tecnologia serve, ma non è tutto. Anche parlando di posizione in sella, si è capito nei giorni scorsi che i sistemi di posizionamento sono utili, ma l’osservazione dell’atleta lo è di più. Se di questo è consapevole chi gestisce la formazione degli atleti più giovani e permette loro di crescere ascoltando la testa prima che i suoi stessi ordini, l’approccio con le loro carriere sarà di vera consapevolezza.

Per questo bisognerebbe stare attenti nel trasformare lo sport di base in un laboratorio al servizio del professionismo: ci sono anche altre esigenze. Gli interessi delle squadre (che puntano a monetizzare i punteggi dei propri talenti), gli interessi dei gruppi sportivi WorldTour (che fanno di tutto per accaparrarsi gli atleti migliori) e gli interessi degli agenti (che guadagnano sulla somma delle percentuali) non distolgano dall’interesse primario: quello del corridore.

Riparte dall’Australia anche Aleotti: talento italiano che corre alla Bora-Hansgrohe a metà fra gregariato e le sue chance
Riparte dall’Australia anche Aleotti: talento italiano che corre alla Bora a metà fra gregariato e le sue chance

Che siano destinati a vivere in un ciclismo romantico oppure matematico, il dato oggettivo che resta è uno solo: troppi passano, tanti smettono e altrettanti non hanno la carriera che avevano lasciato intuire. Villella è andato forte nell’italiana Liquigas, si è perso nelle squadre straniere in cui è andato dopo.

Il pretesto per cui ciò accade è il principio per cui sia giusto dare a tutti la possibilità di partire e di provarci. Guai pensare di porvi un freno. Ma ci siamo chiesti se davvero tutti siano pronti per riceverla o se ne abbiano davvero bisogno.

Con Ulissi nei segreti del Tour Down Under che riparte

05.01.2023
5 min
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Dopo due anni di stop ripartirà il Tour Down Under, la prima corsa di livello WorldTour della stagione. Si tratta di una gara a tappe che ha sempre condito l’ultima metà di gennaio, che ha come cornice le strade ed i colori dell’Australia Meridionale. Regione non lontana da Wollongong teatro degli ultimi mondiali di ciclismo. 

Chi con la corsa australiana ha costruito un buon feeling è Diego Ulissi, il toscano nei suoi ormai 13 anni di carriera ha collezionato degli ottimi piazzamenti. Terzo nel 2014, quinto nel 2017, quarto nel 2018 ed infine secondo nel 2020. Quest’ultimo è il miglior risultato ottenuto da Ulissi in Australia.

L’ultimo vincitore del Tour Down Under, nel 2020, è stato Richie Porte
L’ultimo vincitore del Tour Down Under, nel 2020, è stato Richie Porte

A ruota di Ulissi

Il corridore della UAE Emirates ci porta con sé tra i ricordi e le curiosità del Tour Down Under. Una corsa che si gioca sempre sul filo dei secondi dato che il percorso non presenta grandi difficoltà altimetriche.

«Il Down Under – spiega dalla sua calda toscana Ulissi – è fondamentalmente una delle gare meglio organizzate a livello mondiale. E’ sempre stato un piacere andarci, anche se il viaggio è davvero lungo. Il clima è bellissimo, soleggiato e parecchio caldo (in Australia ora è estate, ndr). Il fuso orario è tosto da assorbire quindi è meglio andare lì il prima possibile così da adattarsi al nuovo ritmo di vita. Si tratta della prima gara WorldTour, quindi ci sono tanti punti in ballo ed un grande livello di competizione. Una corsa come il Tour Down Under si programma già dal finale della stagione precedente».

Giacomo Nizzolo, Tour Down Under 2020
Nel 2020 l’unica vittoria italiana è arrivata grazie allo sprint vincente di Giacomo Nizzolo
Giacomo Nizzolo, Tour Down Under 2020
Nel 2020 l’unica vittoria italiana è arrivata grazie allo sprint vincente di Giacomo Nizzolo

Il percorso

Fino al 2020, l’ultima volta in cui si è disputato, il Tour Down Under prevedeva sei tappe con un percorso sempre mosso. Quest’anno le tappe sono sempre sei, ma è stato aggiunto un prologo iniziale di sei chilometri che si correrà nella città di Adelaide

«Non sono presenti grandi salite lungo le varie tappe – riprende Ulissi – di conseguenza i distacchi si mantengono minimi. Diventano importanti i piazzamenti, nel 2020 sono arrivato a pari tempo con altri tre corridori (Dennis, Geschke, Van Baarle, ndr) ed ho guadagnato il secondo posto in classifica generale grazie ai piazzamenti. Questo per dire che se si vuole fare classifica al Tour Down Under bisogna arrivare preparati e correre sempre nelle prime posizioni del gruppo.

«Quest’anno, con l’aggiunta di un prologo all’inizio – continua Ulissi – che di conseguenza toglie una tappa in linea, aumenterà l’importanza degli abbuoni e dei piazzamenti. Una cronometro all’esordio, anche se di sei chilometri, è pur sempre un fattore determinante. Perdere quindici o venti secondi può escludere alcuni corridori dalla lotta per la vittoria finale».

In una corsa come il Tour Down Under bisogna sempre farsi trovare pronti, anche pochi secondi possono essere determinanti
In una corsa come il Down Under non si possono perdere nemmeno pochi secondi, bisogna correre davanti

La grande assente: Willunga

Rispetto alle edizioni prima della pandemia il Tour Down Under ha perso il suo “giudice” ovvero la salita di Willunga. Non una grande ascesa come la intendiamo noi ma comunque un bel trampolino di lancio per tentare di scavare un solco, seppur minimo, in classifica generale. Per aumentarne l’importanza la salita di Willunga era inserita nell’ultima o penultima tappa. 

«E’ sempre stata la salita più lunga del Tour Down Under – dice – che inevitabilmente decideva le sorti della classifica generale. Richie Porte è il re di quella salita (il tasmaniano dal 2014 al 2020 non è mai uscito dai primi due sul traguardo di Willunga, sei vittorie ed un secondo posto, ndr). Si tratta di un’ascesa di quattro chilometri con punte massime all’otto per cento, gli ultimi cinquecento metri sono praticamente piani, è una salita da rapportone».

La salita di Willunga è terreno di caccia del tasmaniano, per lui in 8 anni ben 6 vittorie
La salita di Willunga è terreno di caccia del tasmaniano, per lui in 8 anni ben 6 vittorie

I corridori di casa

Nelle ventidue edizioni del Tour Down Under i corridori di casa si sono aggiudicati per tredici volte la classifica finale. Un dato che evidenzia come questa corsa sia fondamentale per il movimento ciclistico del Paese. 

«E’ molto difficile equiparare lo stato di forma dei corridori australiani – conferma Ulissi – si allenano su quelle strade da mesi. In più il caldo incide, noi andiamo a fare la preparazione in Spagna ma per la maggior parte del tempo ci alleniamo al freddo. Il percorso non è difficile ma è un continuo sali e scendi, in più i corridori australiani sono spinti anche da una grande motivazione. Si tratta della gara di casa ed una delle poche che ci sono nel loro Paese, quindi hanno voglia di mettersi in mostra».

Il pubblico australiano si è sempre presentato il gran numero sulle strade della corsa
Il pubblico australiano si è sempre presentato il gran numero sulle strade della corsa

Logistica

In una corsa dall’altra parte del mondo è importante arrivare sempre con una grande organizzazione, sia per quanto riguarda gli hotel che gli spostamenti.

«In Australia ci siamo sempre trovati benissimo – conclude Ulissi – le tappe si svolgono sempre nella stessa zona intorno ad Adelaide. L’hotel dove si alloggia è sempre lo stesso, non cambia mai per tutta la durata della corsa e questo è una grande comodità. Siccome le tappe si svolgevano sempre nella zona di Adelaide gli spostamenti tra hotel e partenza o arrivo e hotel li abbiamo quasi sempre fatti in bici. E’ un bel modo per evitare stress e per aggiungere chilometri nelle gambe. Le tappe sono sempre abbastanza corte, intorno ai 150 chilometri e quindi mettere qualche ora in più non è male».

Anna Trevisi, Tatiana Guderzo, Tour Down Under 2020

Piccolo, il WorldTour e un’azienda da guidare

01.11.2020
3 min
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Alessia Piccolo è la titolare dell’unica squadra italiana di WorldTour. E’ appassionata di ciclismo. Partecipa alle Gran Fondo. Della sua Alè Btc Ljubljana segue la parte logistica e quella dell’immagine. Di ciclismo, insomma, ne sa parecchio. Ma le piace anche giocare con la moda. Il suo altro lavoro, infatti, quello che altrove si definirebbe “più serio”, è dirigere la Alè Cycling, l’azienda che ha portato le sue note di colore nel vestire del ciclismo.

Alessia Piccolo, Ale Cycling
Alessia Piccolo, manager d’azienda e della squadra WorldTour (foto Alè Cycling)
Alessia Piccolo, Ale Cycling
Alessia Piccolo, manager a 360° (foto Alè Cycling)

Fra bici e azienda

In questo momento di pandemia e le comprensibili difficoltà che essa porta con sé, il discorso è un andare e venire tra il ciclismo e la vita quotidiana.

«Fino a metà ottobre – dice – non avevamo particolari limitazioni, se non le attenzioni rimaste dopo il lockdown. In azienda diamo la mascherina ogni giorno, igienizzante da tutte le parti, prendiamo la temperatura, si va in bagno uno per volta. Cerchiamo di stare attenti. Il rientro dopo la chiusura è stato uno choc. Il mondo reclamava le sue forniture, tanto che un giorno ho detto ai ragazzi che se fosse successo ancora, sarei scappata a Tenerife per tornare quando fosse tutto finito. E mentre stai attenta a tutto questo, scopri che la squadra resta bloccata in Belgio per un tampone positivo. Ci credo che Tatiana (Guderzo, ndr) non sia contenta, sono rimaste su per 20 giorni. Ma alla fine, sono cose che possono succedere…».

Gaudu ha vinto alla Vuelta vestito Alè Cycling
Gaudu alla Vuelta, vestito Alè Cycling
Perché il ciclismo femminile?

Non solo perché mi piace pedalare, anche perché vedo una forte crescita. Siamo ancora ai primi passi, ma la soddisfazione di essere arrivate nel WorldTour è enorme. Prima le straniere non si avvicinavano, adesso vogliono venire a correre da noi. Prima eravamo poco credibili.

Anche l’immagine del ciclismo femminile è cambiata.

Vero, non sono più solo maschiacci, ma si vedono in giro delle belle ragazze che tengono al loro aspetto. Prima si puntava solo sul ciclismo come sport di fatica. Oggi la fatica è sempre quella, ma se prima metti un filo di trucco, perché dovrebbe essere un problema?

Facile produrre per le ragazze?

Facilissimo (si fa una risata, ndr). In azienda siamo un gruppo di donne e andiamo tutte in bici. Però ce la caviamo bene anche col maschile. Abbiamo la Movistar e anche la Groupama (nel giorno dei campionati italiani di Breganze, in cui si è svolta l’intervista, Gaudu ha vinto alla Vuelta e Kung ha vinto il campionato svizzero. Vestiti Alè Cycling, ndr). Disegno io i capi, sono molto esigente.

Ma la moda è un’altra cosa?

Ci si diverte di più a disegnarla e seguirla. Fai colori inusuali, puoi spaziare e osare di più.

In che modo le vostre atlete sono testimonial del brand?

A parte vestire Alè Cycling in gara e allenamento, spesso le coinvolgo come tester di prodotti, anche se qualche altro sponsor mugugna. Bastianelli, Trevisi e Guderzo a volte escono con capi nuovi da provare, perché è molto importante avere chi ti dà una mano e pareri obiettivi.

Tatiana correrà anche il prossimo anno.

Uno dei regali del Covid. Avrebbe voluto smettere quest’anno con le Olimpiadi, proverà a farlo nel 2021. Poi potrebbe anche pensare di diventare direttore sportivo, perché vede bene la corsa ed ha un’esperienza infinita. Affiancata agli altri tecnici, può far crescere la squadra e restare un riferimento per le più giovani.

Passerà la tempesta?

Passera quando troveranno un vaccino. E nel frattempo spero che il Governo capisca che la salute è importante, ma l’economia è alla base di tutto il resto.