Le gare italiane per elite e under 23 sono sempre più ricche di corridori stranieri. Molti scelgono il nostro Paese per trovare la loro strada verso il professionismo e nelle ultime settimane in gruppo non si fa che parlare di Anders Foldager, ventenne della Biesse Carrera. Classico esempio di come spesso si debba guardare oltre ai risultati, cercando di capire quel che succede nelle corse. Il danese, pur non vincendo prove internazionali, è stato nella Top 10 di San Vendemiano e al Giro del Belvedere ma soprattutto ha fatto vedere una crescita di consapevolezza e di interpretazione delle corse che lo hanno fatto spiccare.
Marco Milesi, diesse della formazione lombarda, lo ha subito gettato nella mischia contro i professionisti, al Laigueglia e nella Per Sempre Alfredo e Foldager ha tenuto botta con carattere, senza farsi impressionare.
«Me lo aveva consigliato un mio amico della Trek – racconta – lo scorso anno aveva fatto già belle cose, si era messo in evidenza in montagna al Giro di Danimarca. Abbiamo organizzato un incontro e sentito quali fossero le sue aspettative. Lo abbiamo testato e abbiamo visto che era davvero forte, con valori importanti, così lo abbiamo preso».
Tifoso del Tour a 9 anni
«Ho sempre sognato di fare il corridore – racconta Foldager – ricordo che quando avevo 9 anni guardavo il Tour e dissi a mio padre che un giorno ci sarei stato anch’io fra quei ciclisti seguiti da tutto il mondo. Iniziai il mio cammino che prosegue tuttora».
Foldager ha dimostrato di essere un corridore completo, capace di emergere sugli strappi brevi, ma che tiene il passo anche sulle salite lunghe (anche se chiaramente va valutato nelle prove di alta montagna): «E’ particolarmente forte sui percorsi misti – riprende Milesi – ma ha anche un buon spunto veloce e tiene bene sulle salite di 5-6 chilometri. Poi parliamo di un ventenne, che ha ampi margini di crescita».
Come viene gestito? «Dipende dalle gare. Ad esempio alla Coppi e Bartali il nostro leader era Garosio che puntava alla maglia di miglior scalatore e Anders si è messo a sua piena disposizione per permettergli di conquistare e difendere il trofeo. Nelle gare dove invece il percorso gli si adatta meglio, era lui il leader e i compagni hanno lavorato per lui».
In Italia per crescere
La scelta di venire in Italia non è stata casuale per il danese: «Appena finita la scuola avevo intenzione di spostarmi per proseguire nel mio cammino di crescita, dovevo andare in un Paese con una forte cultura ciclistica e ho visto che in Italia c’è un calendario internazionale molto importante e ricco per la mia categoria. C’erano le opportunità migliori per crescere».
Il suo approdo non è stato semplicissimo: «E’ stata una scelta difficile e coraggiosa, lo ammetto. Non conoscevo la lingua, all’inizio è stata davvero dura anche perché mi sono dovuto confrontare con una cultura molto diversa da quella che c’è da me, ma sapevo che avrei potuto imparare tanto. Ho trovato una società ideale, un bell’ambiente con ragazzi con cui condividere la mia attività ma anche la vita al di fuori del ciclismo».
E’ dura imparare l’italiano…
L’ostacolo maggiore resta ancora la lingua: «E’ difficile, molto diversa dalla nostra. Cerco di studiare, la società mi ha messo a disposizione un’insegnante e poi con i ragazzi parliamo anche inglese. E’ dura, ma spero di migliorare».
«Noi abbiamo cercato di metterlo nelle condizioni migliori per emergere – interviene Milesi – d’altronde è una persona gentile e disponibile, ha chiaramente un carattere diverso dal nostro, ma si è adattato bene. Quel che mi piace di più è che da quando è arrivato è andato sempre in crescendo, nelle gare internazionali si piazza sempre e ha ancora un grande potenziale da esprimere».
Nel solco dei cacciatori di classiche
Foldager si inserisce in una grande tradizione danese che emerge particolarmente nelle classiche d’un giorno. Asgreen, Valgren, Cort-Nielsen sono i suoi riferimenti attuali, ma certamente è curioso come ci sia una certa specializzazione mentre in passato si sono avuti anche vincitori del Tour de France come Riis. Da che cosa dipende?
«E’ difficile dirlo – risponde il ventenne di Skive – penso dipenda molto dalla tradizione del nostro ciclismo. Abbiamo sempre avuto grandi corridori per le classiche e pochi per i grandi Giri. Non credo dipenda dalla conformazione geografica del nostro Paese, anche noi ci alleniamo e corriamo gare fino a 5-6 ore e poi le montagne le possiamo trovare in Europa. Io comunque vorrei fare bene anche nelle corse a tappe, già da quest’anno».
Infatti Foldager dovrebbe essere al via sia del Giro che (se verrà convocato dalla sua nazionale) al Tour de l’Avenir: «Vorrei poi fare le gare titolate, tutto per arrivare al mio sogno, strappare un contratto per una squadra professional a fine stagione. Intanto ora andrò tre settimane a Livigno, per preparare gli impegni dell’estate».
Foldager ha idee molto chiare su quale deve essere il suo futuro e un pro’ lo si vede anche da queste cose…