Lamperti, cognome italiano e spirito yankee

05.05.2023
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Sono già un paio di stagioni che scorrendo gli ordini di arrivo delle gare under 23 e non solo, spunta un nome italiano che italiano non è. Luke Lamperti (nella foto di apertura di Alexis Dancerelle) ha la bella abitudine di farsi vedere ogni volta che sale su una bicicletta e mette il numero. Il suo divertimento si traduce in risultati, non corre mai per essere una semplice presenza.

Due vittorie lo scorso anno, già il doppio in questa stagione dove su 23 giorni di gara ha centrato la top 10 ben 15 volte. Va bene nelle corse d’un giorno come nelle gare a tappe, al Tour de Bretagne ha centrato il podio finale risultando il migliore dei giovani. E poi ha quel cognome che incuriosisce. Eppure la prima particolarità che emerge dalla chiacchierata non riguarda le sue origini, ma la sua provenienza sportiva.

«Ho corso nel motocross quando ero solo un ragazzino – racconta – poi ho iniziato ad allenarmi in bicicletta a circa 10-11 anni, ma pensando sempre in funzione delle moto. Solo che mi sono innamorato della bicicletta, così ho deciso di cambiare e non ho più mollato la presa».

La volata vincente nella prima tappa del Tour de Bretagne, chiuso al 3° posto (foto Vincent Michel)
La volata vincente nella prima tappa del Tour de Bretagne, chiuso al 3° posto (foto Vincent Michel)
Il tuo cognome tradisce le origini italiane. Quale legame hai con l’Italia?

A dir la verità mi chiamo Luciano Glenn Purdy, quindi anche il mio primo nome è italiano, ma le mie radici sono lontane, risalgono a miei bisnonni che emigrarono da Lucca. La connessione, al di là del nome, è lontana. La lingua si è persa, ma sono sempre convinto che qualcosa resti con il grande Paese dal quale provengo. In Italia non ho gareggiato lo scorso anno, ma nel 2021 ho svolto molta attività e mi piace sempre molto.

Quest’anno hai già ottenuto 4 vittorie, che cosa è cambiato, ti senti più maturo?

Sì, indubbiamente. Rispetto a un anno fa vedo una grande differenza, mi sento più intelligente, più forte, più reattivo. E’ stato davvero un bell’inizio di stagione per me e per il team, faccio parte di un gruppo di ragazzi molto forte e ben amalgamato, questo mi permette di ottenere molte più vittorie.

Sei più un corridore da corse a tappe o classiche di un giorno?

Diciamo che le corse in linea mi piacciono di più e sono un obiettivo, ma credo di essere ancora molto giovane e dovermi costruire. Faccio un po’ di tutto, vado bene negli sprint come in salita, quindi non sono certo un velocista puro, ma ho armi per tutti i percorsi e per questo le corse d’un giorno sono le più adatte.

Il californiano è al terzo anno al Trinity Racing. Ora aspetta la chiamata di un team WorldTour
Il californiano è al terzo anno al Trinity Racing. Ora aspetta la chiamata di un team WorldTour
C’è qualche tipo di percorsi dove ti trovi più a tuo agio?

Quelli belgi sono il mio ideale, dove mi diverto di più e posso fare meglio. A me piacciono i percorsi vallonati, quelli dove non ti annoi mai, devi stare sempre all’erta, non amo quando c’è calma piatta prima dello sprint. Come detto non sono un velocista puro e per fare bene devo prima mettere in difficoltà chi è più specializzato. Sui percorsi belgi questo mi riesce meglio.

Sei al terzo anno nel Trinity Racing: come ti trovi nel team?

E’ davvero una bella squadra. C’è molto supporto. Abbiamo ottimi sponsor e siamo tutti ragazzi molto forti, non c’è un vero e proprio leader, inoltre andiamo tutti d’accordo e quando vince uno, abbiamo vinto tutti. Abbiamo un bel calendario di gare con molte opportunità, mi piace molto la squadra e sarò sicuramente triste quando alla fine dovrò abbandonarla.

Lamperti è nato il 31 dicembre 2002. E’ al terzo anno fra gli U23 ed è andato sempre migliorando
Lamperti è nato il 31 dicembre 2002. E’ al terzo anno fra gli U23 ed è andato sempre migliorando
Peter Kennaugh, il vostro team manager ci raccontava di come voi del team chiediate proprio tutto prima di una corsa, anche i più piccoli particolari. Anche tu sei molto pignolo nell’avvicinamento a una corsa?

Credo sia normale perché è uno sport piuttosto complicato, quindi ovviamente devi essere molto attento a sapere su quali strade stai correndo o conoscere con certezza la concorrenza, perché è molto competitivo. Non si tratta di pignoleria, ma fa parte della professionalità, questo è un mestiere e devi prenderlo molto sul serio se vuoi emergere e lo si fa già da queste cose, prima della corsa.

Molti corridori sono passati dal Trinity per approdare nel WorldTour, come Tom Pidcock. Tu pensi di fare subito il salto o attenderesti ancora un anno?

Questo è il mio terzo anno nella categoria, sto imparando molto ma inizio a sentirmi pronto per il grande salto quindi spero che già nel 2024 sarò in un team di primo piano. E’ ancora presto per dire quale, ma sono molto ottimista, d’altronde sappiamo tutti che questo è un passaggio, siamo un team giovane con tutti ragazzi che puntano a questo.

Volta ao Alentejo, primo successo in stagione favorito anche da Walker (a destra, terzo alla fine)
Volta ao Alentejo, primo successo in stagione favorito anche da Walker (a destra, terzo alla fine)
Qual è la vittoria che ricordi con più piacere?

La prima di quest’anno, sì, davvero una bella vittoria. Era la prima tappa della Volta ao Alentejo in Portogallo, la squadra ha fatto un lavoro perfetto dandomi praticamente un vantaggio sugli altri che ho potuto sfruttare quando il gruppo si è spaccato e con Max Walker (finito terzo, ndr) ho completato l’opera consegnando al team il successo. E’ stata la mia prima vittoria della stagione, quindi sì, resta speciale.

Come viene considerato il ciclismo negli USA oggi?

Non è così grande, non come una volta. Abbiamo molti sport più importanti, sport dove girano cifre pazzesche. Quindi il ciclismo non è così diffuso negli Stati Uniti, ha poche gare di alto livello e poche possibilità per emergere. Ho capito presto che se volevo far qualcosa, dovevo spostarmi.

Quali sono i tuoi obiettivi adesso?

Vorrei vincere qualcuna delle grandi classiche. So che è un azzardo ed è più facile a dirsi che a farsi, considerando anche i grandi campioni che ci sono in questo periodo. Ma parliamo di un sogno e tante volte i sogni diventano realtà. Io lavoro ogni giorno per quello e ogni giorno mi ci avvicino un po’.