Per la seconda volta consecutiva, il VM Adria Mobil che è una delle principali classiche slovene è andata al padrone di casa Zak Erzen. Corridore del devo team Bahrain Victorious, Zak è figlio del general manager della squadra del WorldTour e come in ogni ambiente, questo genera sorrisini e retropensieri. Eppure basterebbe guardare al suo curriculum, su strada ma soprattutto su pista per capire che siamo di fronte a un corridore vero.
Zak a 19 anni non è uno che si nasconde e affronta di petto ogni situazione, come anche la convivenza con il padre in seno al team, d’altronde la sua influenza sul suo destino è stata subito molto forte.
«Penso che sia stata importante, forse è un po’ più difficile per me, ho la sensazione che devo dimostrare di più proprio per andare contro quelli che possono dire: “E’ nella squadra per via di suo padre” o qualcosa del genere. Io non voglio pensarci, preferisco pensare che posso sfruttare tutta la sua esperienza. Anche come diesse e allenatore, mi ha aiutato molto».
Hai visto le sue gare, sei un ciclista simile a lui o diverso?
Non ho visto molte delle sue gare, ma credo che siamo simili o così mi dicono coloro che hanno corso con lui. Sono veloce e forte negli sforzi brevi. Quindi direi che siamo abbastanza simili.
Il fatto di averlo come general manager del team ti ha mai fatto sentire un privilegiato?
Non proprio. Non guardo tanto gli altri né posso dire di essere stato mai additato per questo. Sono più io che mi metto pressione perché voglio mostrare di più esattamente per questo, così che non debbano dire che sono nella squadra perché raccomandato. E’ per questo che ho la sensazione di dovermi sempre dar da fare, ma altrimenti penso che non sia un grosso problema.
Come ti sei trovato nel devo team (con cui hai corso la classica di casa), quanto è cambiato rispetto al Cycling Team Friuli della passata stagione?
Il mio approccio in Italia è stato super bello. Con la squadra mi sono trovato subito molto bene e mi diverto ogni volta che vengo a correre qui perché anche le gare sono un po’ diverse da quelle ad esempio in Belgio. Nel team rispetto allo scorso anno e all’altra denominazione non credo che sia cambiato molto. Nuova maglia, nuovi colori, ma la gente è la stessa e anche il metodo di lavoro. Io poi, ora che faccio parte della squadra maggiore, vedo che c’è un forte segno di continuità, una bella componente italiana nel team.
Hai vinto l’Adria Mobil per la seconda volta, che cos’ha quella corsa di particolare per te?
Di sicuro, è che è una gara di casa, alla quale tengo molto. Ecco perché sono super felice di averla vinta. Ogni volta è un’emozione diversa, un impegno diverso. Penso che quest’anno sia stato più difficile dell’anno scorso. Fino all’ultimo non si sapeva in quanti ci saremmo giocati la vittoria, alla fine eravamo una dozzina e sono contento di aver potuto battere allo sprint anche gente molto veloce e vincente quest’anno come Cataldo.
Quanto hanno influito i successi di Pogacar e Roglic nella tua scelta di correre in bici e quanto influiscono sui giovani in Slovenia?
E’ difficile da dire. Sicuramente hanno avuto un influsso, ma rappresentano esempi talmente in là con i loro successi che hanno anche un effetto contrario. Perché vedi Pogacar e pensi che non c’è modo di batterlo. Io sono super contento di poter correre con entrambi e anche con tutti gli altri ragazzi del WorldTour che vengono dalla Slovenia. Hanno anche fatto una foto straordinaria per la Slovenia, per promuovere il ciclismo. Credo che in questo senso il loro esempio sia positivo, dobbiamo cercare di trarne il massimo perché vediamo che la nostra gente ci segue e si esalta per ogni vittoria. E’ stato così anche per me.
Continuerai a correre su pista?
Sì, probabilmente lo farò. Forse non tanto quanto facevo negli juniores, ma penso che farò anche gli europei Under 23 e poi l’anno prossimo di nuovo gli europei elite.
Non pensi che il sogno olimpico di Los Angeles sia più raggiungibile attraverso la pista?
Non credo, penso anzi che, considerando il sistema di qualificazione passato e in attesa di conoscere quello che verrà attuato, sia più difficile. Diverso il discorso sulle chance da potermi giocare, credo che si fossi qualificato avrei più possibilità di vincere una medaglia nell’omnium che su strada. Ma penso che sia solo un sogno. Quindi vedremo come andranno le cose.
Che cosa ti aspetti quest’anno?
Non mi pongo particolari obiettivi. Voglio solo dimostrare di essere bravo e cercare di ottenere buoni risultati e poi mi aspetto di vincere qualcosa nel WorldTour. Ma potrò arrivarci solo imparando il più possibile e lavorando sodo e poi vedremo dove arriveremo. Se parliamo di sogni, un giorno mi piacerebbe indossare una maglia arcobaleno e con quella vincere un Fiandre o una Roubaix come ha fatto un mio connazionale… Ma fino ad allora la strada è ancora lunga.