CALPE (Spagna) – «Io devo fare riferimento al Gianni del 2021, perché quelli sono i miei livelli». Gianni Moscon ha voglia di parlare, si percepisce: frutto di un ritrovato entusiasmo. Il talento trentino è passato dall’Astana-Qazaqstan alla Soudal-Quick Step, la squadra con la quale vuole rilanciarsi dopo due stagioni non troppo brillanti.
Il Covid preso in maniera violenta, qualche difficoltà “logistica”, chiamiamola così, con la sua ex squadra, Moscon, 30 anni ad aprile, sembra essere sulla strada giusta per tornare quello di un tempo. Pensate che la sua ultima vittoria è del giugno 2021, il Gp di Lugano: incredibile per un corridore del suo talento.
Gianni, si ricomincia e si torna in una squadra del Nord Europa, cambiano le mentalità rispetto ad un team più “latino” vista la tanta Italia che c’era in Astana?
Direi che si torna in una squadra seria. Ogni team ha la propria peculiarità. E’ certamente diversa dall’Astana, ma non assimilerei neanche la Soudal-Quick Step a quella che era la mentalità Sky di un tempo o Ineos attuale.
E come sta andando qui?
Per il momento mi sono trovato molto bene. Chiaro che è presto per dirlo, però la prima impressione è sempre molto importante. Mi sono sentito subito parte del team. Già nel meeting di metà novembre, quello in cui ci si ritrova per le foto, body fitting, sponsor… ero già uno di loro, uno del Wolfpack. Ogni squadra cerca di integrare i nuovi arrivati coinvolgendoli subito, però qui è avvenuto tutto con naturalezza. Forse anche perché i fiamminghi sono molto uniti tra di loro. Sono una popolazione radicata in generale e anche nel team tendono a fare gruppo, ma se sei all’interno di questo gruppo tutto viene più facile. Hai la loro fiducia e ti danno tutto.
La fiducia specie di questi tempi conta, no?
E’ molto apprezzabile. Che poi è un po’ come sono io: molto diretto, dico le cose come stanno. Poi magari si può litigare o discutere, ma la cosa finisce là, come se fossimo in famiglia. E una famiglia rema nella stessa direzione.
Veniamo a discorsi più tecnici, Gianni. Sei nel pieno della tua forza, della maturità psicofisica. E’ ora di iniziare a portare a casa risultati importanti…
Vero, dobbiamo portare a casa i risultati assolutamente. Gli ultimi due anni sono stati molto duri e difficili per vari motivi. So cosa non ha funzionato, lo sapevo sin da subito, ma non ho avuto la possibilità di correggere il tiro perché ormai la stagione era iniziata e quando devi fare una gara ogni settimana, tra l’altro anche gare dure ed importanti, non hai il tempo di ricostruire niente. Di allenarti. Quindi se inizi male puoi solo finire peggio. E così è stato. Ma ora basta, capitolo chiuso. Io riparto dal 2021. Quello è il mio punto di riferimento, quando ero al livello che mi compete e qui penso di poterci tornare.
Chiarissimo…
Vincere è l’obiettivo di tutti. Vincere è bello. Quando ci riesci diventa tutto più semplice. Io credo che questa squadra sia l’ambiente migliore per me, per il corridore che sono, per la mia mentalità da classiche.
Questa è la squadra delle classiche per antonomasia, però è anche difficile trovare spazio, essere un leader per certe corse. Come farai?
Negli ultimi due anni ero leader per le classiche, ma andavo alle corse che ero un cadavere e in quei casi della leadership te ne fai poco. Qui c’è un discorso di squadra, una squadra che sa come lavorare. Tutti si sacrificano e contemporaneamente ci sono tante carte da giocare. Penso che ognuno, in base al proprio stato di forma o al proprio livello, sia messo nelle condizioni di fare bene. Ti puoi anche muovere d’anticipo se non hai le gambe per stare coi migliori. E’ inutile aspettare, ma così facendo puoi raccogliere un risultato personale o essere una pedina importante per il team. Alla fine sarà la strada a determinare le gerarchie. In più credo sia il momento storico più favorevole per fare bene in questa squadra, perché non c’è la superstar, almeno per certe classiche, come magari succedeva in passato.
Un’analisi ben definita Gianni. Era un po’ che non ti sentivamo parlare così…
Come ho detto, questi ultimi due anni sono stati veramente difficili. Non avevo neanche più tanto da dire perché cosa vuoi fare in una situazione del genere? Non vedevo l’ora che arrivasse la fine dell’anno. Una volta finito il giro di Lombardia mi sono tolto un peso. Anzi, poco dopo, perché dovevo fare anche le ultime gare in Veneto, ma le ho saltate ed è stata una liberazione. Adesso mi diverto, me la godo di nuovo. In gruppo mi alleno col sorriso. E penso che siano i migliori presupposti per poi ottenere i risultati in bici, perché il motore se ce l’hai non lo perdi. Io so quello che sono.
Non senti delle pressioni dunque?
No, specie se riesco a dare il massimo. Poi sappiamo tutti che sono stato preso all’ultimo e in qualche modo sono anche una scommessa per la squadra. Anche in passato se ho avuto pressioni, queste non sono mai arrivate dal team, ma da me stesso… Quando stavo bene perché sapevo di poter arrivare in alto.