Van Aert e Jumbo sulle pietre: scatta l’operazione Roubaix

28.12.2023
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Le Classiche del Nord sono lontane, ma chi ha segnato in rosso quelle date già ci pensa. Wout Van Aert e la Jumbo Visma (che dal primo gennaio sarà Visma-Lease a Bike) sono tra quelli. Il team olandese era sulle pietre della Roubaix qualche giorno fa. Tra loro c’era anche Edoardo Affini, scudiero di Wout Van Aert nelle ultime edizioni e preziosa pedina della squadra (in apertura Photo News/HLN). 

Una pedalata di un centinaio di chilometri, come riportato dal file Strava dei presenti. Un modo per riprendere il feeling con le ruvide pietre che tanto hanno fatto male a Van Aert nell’ultima edizione della Parigi-Roubaix

Sul profilo Strava di Affini ecco la ricognizione degli ultimi 110 chilometri della Roubaix
Sul profilo Strava di Affini ecco la ricognizione degli ultimi 110 chilometri della Roubaix

Ripartenza sulle pietre

Affini lavora, insieme ai suoi compagni di squadra, per iniziare la stagione nel migliore dei modi. Anche in Jumbo Visma i gruppi sono divisi a seconda delle bozze dei vari calendari. C’è chi riparte dall’Australia, a breve, e chi, invece, riprenderà più avanti. 

«Anche in questo periodo natalizio – dice Affini – mi sono tenuto attivo, non ci si può fermare. Mi hanno dato un calendario indicativo, ripartirò dalla Omloop Het Nieuwsblad, quindi tra un mese e mezzo praticamente. E’ lo stesso inizio di stagione che ho da tre anni a questa parte e mi trovo bene, il tempo per correre ci sarà.

«Chi partirà dall’Australia – continua – è già in viaggio praticamente. Mentre noi che iniziamo dalle corse del Nord andremo in ritiro a gennaio, sempre in Spagna, per una decina di giorni. Ormai siamo tutti lì, se volessimo fare una corsa WorldTour non ci sarebbe alcun problema (dice con una risata, ndr)». 

Il feeling con le pietre va ricostruito passo dopo passo per arrivare pronti al grande evento
Il feeling con le pietre va ricostruito passo dopo passo per arrivare pronti al grande evento

Ritrovare la pedalata

E’ di qualche giorno fa, più precisamente del 20 dicembre, l’ultima ricognizione della Jumbo sulle pietre. Le poche foto sono rimbalzate da una parte all’altra del web. 

«In occasione della presentazione del team – spiega Affini – abbiamo sfruttato la vicinanza e siamo andati a fare una ricognizione sulle pietre della Roubaix. Non sono di certo le stesse pietre che trovi nella settimana della corsa, queste erano sporche e non curate, ma è sempre utile fare un giro. Si è trattata di una ricognizione nella quale provare i vari materiali: copertoni, pressioni, gruppo e tutto il resto. E’ utile perché non si ha modo di passare spesso su questi settori, alla fine se ci pedali sopra 3 o 4 volte all’anno è tanto».

Wout Van Aert “scortato” da Laporte durante la ricognizione del 20 dicembre (Photo News/HLN)
Wout Van Aert è stato scortato anche da Laporte durante la ricognizione del 20 dicembre (Photo News/HLN)

Un’idea di base

Curare tutto nel minimo dettaglio serve per arrivare al 100 per cento nel giorno della corsa. I materiali devono essere sicuri: forse il belga, scottato dalla foratura della passata edizione, ha deciso di prendere con largo anticipo l’impegno.

«Sicuramente la foratura fuori dal Carrefour de l’Arbre – continua Affini – non ha fatto piacere a Wout. Però in queste corse c’è anche una dose di sfortuna, noi dobbiamo arrivare pronti per quello che ci riguarda: la parte meccanica. La Roubaix mette sotto stress la bici nella sua interezza. Nel giorno in cui siamo andati a provare i tratti di pavè, abbiamo cercato di curare tutto. Bisogna arrivare nella settimana della corsa con una linea di cosa serve, non ci si può ridurre alla ricognizione del giovedì (quella che anticipa la gara, ndr). 

«Siamo partiti dal settore prima della Foresta di Arenberg e siamo arrivati fino al velodromo di Roubaix. Le velocità non sono state esagerate, ma in alcuni settori come la Foresta, il Carrefour e Mons en Pévèle devi spingere un pochino di più altrimenti non ne esci. E comunque spingere un po’ serve anche per testare i materiali, passeggiare non è utile».

Van Aert “cacciatore”

La Jumbo era presente in gran numero sulle strade della Roubaix, anche se foto e immagini sono state tutte per Van Aert. 

«Sfruttando il fatto che fossimo lì vicino per la presentazione del team – dice ancora Affini – eravamo un bel po’. Praticamente tutto il blocco delle Classiche del Nord, in totale eravamo in una decina. Una sorta di lista lunga. Wout l’ho visto concentrato, ma comunque sereno. In queste situazioni devi essere attento perché cerchi il “pelo nell’uovo”. Si fa il punto sui vari prodotti che i nostri partner ci mettono a disposizione».

Copertoni, pressioni, gruppo… La preparazione e i test dei materiali partono da lontano (foto Instagram)
Copertoni, pressioni, gruppo… La preparazione e i test dei materiali partono da lontano (foto Instagram)

Materiali e test

«Quella del 2024 potrebbe essere la mia quinta Parigi-Roubaix – conclude Affini – non ho un’esperienza esagerata, ma ho visto tanti cambiamenti tecnici. Uno dei più grandi riguarda la dimensione delle coperture, dovuta all’allargarsi della “luce delle forcelle”. Ora un copertone da 30 millimetri passa ovunque. Noi abbiamo provato diverse misure e, di conseguenza, varie pressioni. Un’altra grande novità arrivata nel tempo sono i tubeless e l’air liner, forniti da Vittoria.

«Nella ricognizione vanno valutate anche le parti meccaniche. Il cambio in una corsa come la Roubaix è messo tanto sotto pressione e lavora in condizioni uniche. La “cambiata” è diversa, la catena saltella su e giù e non essendo mai “in tiro” l’affidabilità deve essere massima. Trovare qualche criticità ora ci dà la possibilità di lavorarci su da qui alla settimana che precede la gara».

Alla scoperta di Nimbl, dove l’artigianalità è fulcro e vanto

20.12.2023
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PORTO SANT’ELPIDIO – Nimbl è l’apice della produzione artigianale della calzatura, una brand giovane che fonda le radici in un passato di tradizione calzaturiera. In pochi avrebbero scommesso che nel 2023 la calzatura artigianale e fatta completamente a mano sarebbe stata in grado di rivoluzionare la scarpa per il ciclista, professionista e non solo.

Siamo stati a tu per tu con Francesco Sergio, co-fondatore di Nimbl. Da lui ci siamo fatti raccontare cosa rappresenta il marchio oggi e quanto è importante la collaborazione con il Team Jumbo-Visma.

Le altre calzature pronte per gli atleti pro’
Le altre calzature pronte per gli atleti proì
Cosa rappresenta Nimbl?

L’azienda è nata pochi anni fa, una realtà di stampo artigianale, quella che comunemente definiamo piccola. Siamo nel cuore delle Marche e nel comprensorio dove prendono forma tutte le calzature di alta moda. Diciamo pure che la vocazione dell’alta moda c’è, è ben presente, ma l’abbiamo estrapolata portandola nel ciclismo.

Poche primavere, eppure sembra un brand con tanta storia e radici profonde!

Negli ultimi tra anni abbiamo avuto una crescita esponenziale, pur mantenendo le connotazioni di una realtà produttiva locale. Al tempo stesso ci rendiamo conto di essere tra i leader mondiali in questa categoria di calzature, quella di alto livello e caratura.

Il disegno della tomaia creata per le scarpe indossate al Tour 2023
Il disegno della tomaia creata per le scarpe indossate al Tour 2023
Rappresentate l’eccellenza artigianale italiana?

Si è così. Ogni calzatura che esce da Nimbl è fatta a mano, disegnata e plasmata, curata nel dettaglio e nelle materie prime. Le nostre scarpe non sono un compromesso, ma per lavorazione e materiali rappresentano quanto di meglio si può indossare. In tutto questo c’è anche uno stile che ben idenfica il brand.

Dal punto di vista tecnico, quale è il segreto di una Nimbl?

Il segreto, se così possiamo definirlo, di ogni calzatura Nimbl è la suola. Quest’ultima è il risultato di un’insieme di fattori che collimano tra loro. Lo spessore ridotto e l’estrema rigidità, la forma che aiuta a contenere il piede ai lati, oltre ad una produzione di questa suola in carbonio che avviene qui da noi, per una una chiave di volta. La suola è un nostro progetto e non arriva nulla dall’esterno.

Quali vantaggi porta una produzione del genere?

Controllo dei diversi step produttivi, controllo della qualità complessiva. Siamo maniacali soprattutto in questo.

Quante scarpe si producono ogni giorno?

Intorno alle 50 unità. E’ un numero molto ridotto se pensiamo ai volumi di aziende che hanno industrializzato e meccanizzato ogni processo. Se invece ragioniamo nell’ottica di una calzatura completamente hand-made, è una cifra importante.

A quanti atleti professionisti fornite le vostre calzature?

Nel roster Nimbl ci sono 125 atleti, uomini e donne.

Cosa significa essere partner del Team Jumbo-Visma?

Per una realtà produttiva dalle dimensioni contenute come Nimbl, è un impegno notevole ed è molto importante sotto diversi punti di vista e non si tratta solo di promozione del marchio.

Spiegaci meglio!

Essere al fianco, o per meglio dire ai piedi, di un team così forte e con tanta visibilità, significa essere al volante di un veicolo promozionale con il turbo.

La bozza per una tomaia dedicata a Sepp Kuss?
La bozza per una tomaia dedicata a Sepp Kuss?
Avete avuto un buon ritorno?

Nimbl ha ricevuto un boost nell’immagine e nella credibilità. E’ altrettanto vero che collaborare con i tecnici della squadra e atleti di altissimo livello ci ha aiutato a sviluppare ulteriormente le calzature e alcuni processi delle lavorazioni del carbonio. Le loro conoscenze in materia sono state fondamentali.

«Ai meno dieci, Wout mi ha chiesto se volessi vincere»

29.03.2023
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«A dieci chilometri dall’arrivo – ha raccontato Laporte nella conferenza stampa di Wevelgem – Wout mi ha chiesto se volessi vincere. Credo che conoscesse la risposta. Quello che avevamo fatto nel 2022 al GP E3 (identico arrivo, ma primo Van Aert, ndr) era stato magnifico. Ne parlavamo qualche giorno prima, dicendo che difficilmente sarebbe successo ancora. Invece alla Gand lo abbiamo fatto nuovamente».

L’arrivo mano nella mano fa pensare ad Harelbeke 2022, ma anche alla Liegi 2002 con Bettini e Garzelli
L’arrivo mano nella mano fa pensare ad Harelbeke 2022, ma anche alla Liegi 2002 con Bettini e Garzelli

Da cacciatori a prede

Il dominio del Team Jumbo-Visma, culminato con l’assolo di Christophe Laporte e Wout Van Aert alla Gand-Wevelgem, ha irretito il gruppo e il pubblico. Le reazioni sono state di vario colore. Dal trionfalismo dei tifosi, alla constatazione degli osservatori che in mancanza di rivali come Van der Poel o Pogacar, Van Aert e soci non hanno avversari. Il divario effettivamente è innegabile e nelle parole dei manager dello squadrone olandese traspare la voglia di fare anche di più.

«Abbiamo ancora bisogno di un grande budget – ha spiegato il team manager Merijn Zeeman a L’Equipe – perché i buoni corridori diventano sempre più costosi. Da questo punto di vista, dovremmo essere strutturalmente tra i primi cinque team del World Tour. Ma non ci siamo ancora…»

«Siamo partiti per diventare come la Ineos durante il periodo estivo – gli ha fatto eco il grande capo Richard Plugge – e la Quick-Step in primavera. Ci stiamo ancora lavorando, siamo passati dal periodo dell’apprendistato al copiare, ma ora dobbiamo arrivare alla fase successiva. Questa è la nostra sfida e dobbiamo fare ancora meglio e trovare il modo di riuscirci. Ma al momento ci troviamo in una posizione che non conosciamo davvero. Non siamo più i cacciatori, ora siamo le prede».

A Wollongong, Laporte ha centrato l’argento dietro Evenepoel: eccoli sul podio con Matthews
A Wollongong, Laporte ha centrato l’argento dietro Evenepoel: eccoli sul podio con Matthews

Spirito di gruppo

Quello che traspare sono la continua ricerca e la cura dei dettagli: tratti comuni a tutti gli squadroni che nel corso degli anni, anche grazie a budget più importanti di altri, sono riusciti a dominare la scena. I soldi però non bastano: se così fosse, altri team riuscirebbero a vincere con più corridori anziché sempre con il solito.

«Ho appena compiuto 30 anni – dice Laporte, spiegando i suo momento – è ora che devo fare il mio palmares. Questo gruppo è fantastico perché fra noi c’è il piacere di veder vincere i compagni. Io sono super felice di vedere Van Aert vincere grandi gare, come lo sono stato per Van Baarle all’Het Nieuwsblad e Benoot a Kuurne. E sono sempre stato felice per loro perché sapevo che prima o poi sarebbe toccato anche a me».

Nato in Cofidis

Siccome non è scritto da nessuna parte che i vincitori abbiano sempre ragione, la scelta di Van Aert di lasciar vincere il compagno, gli è valsa qualche illustre… forchettata, come ad esempio quella di Merckx. Il Cannibale ha infatti precisato che lui non lo avrebbe mai fatto. Per contro, si è levato alto anche il coro di chi invece ha applaudito. Di certo questa voglia di condividere gioia e vittorie deve essere ben radicata nell’animo dei corridori, se è vero che Laporte non è stato in grado di seguire Van Aert sul Kemmelberg, ma è stato atteso.

E così il francese, che nelle dichiarazioni di inizio anno è stato descritto come un leader, negli ultimi mesi ha visto arrivare nella sua bacheca una tappa al Tour, il secondo posto al mondiale e ora la vittoria in una grande classica fiamminga.

«Risultati che mi sono costati sacrifici soprattutto sul piano familiare – ha spiegato con riferimento alla compagna Marion e i due figli – ma che hanno premiato il lavoro che faccio tutti i giorni. Il mio ciclismo è cambiato molto da quando gareggiavo in mountain bike e andavo in bici senza pensare al resto. Sono felicissimo di essere arrivato in questa squadra, ma ho potuto farlo grazie ai miei anni nella Cofidis, che sono stati molto buoni. Non ho rimpianti. E’ stato lì che ho imparato a diventare un professionista e grazie a questa esperienza, ho potuto rivendicare il mio status in Jumbo-Visma».

Le parole di Laporte confermano il grande affiatamento fra compagni di squadra: qui l’abbraccio con Wout Van Aert
Le parole di Laporte confermano il grande affiatamento fra compagni di squadra

Impatto psicologico

E qui il salto di qualità è stato palese. Si potrebbe obiettare che la vittoria ottenuta a questo modo non sia delle più esaltanti: l’arrivo solitario o uno sprint le avrebbero tolto il senso del regalo, anche se nelle parole del vincitore e nella pubblica opinione è stato proprio il regalo a renderla più importante.

«Sono molto contento – ha spiegato Laporte – di essere arrivato in questa squadra. Qui ho scoperto i ritiri di tre settimane in altura, le nuove bici che vanno veloci. I piani nutrizionali precisi alla caloria. La mia mente ha retto bene il passaggio in una delle squadre più forti del mondo. Ho sofferto la lontananza dalla famiglia. Mio figlio è nato il giorno di Natale e non è stato facile stargli lontano durante il ritiro di febbraio sul Teide. Ho superato tutto perché in cuor mio so che sto vivendo uno dei miei sogni di bambino».

Vingegaard vuole firmare anche la maglia gialla 2023

27.11.2022
6 min
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«A volte mi sveglio e mi chiedo ancora se sto sognando o se ho davvero vinto il Tour de France. Esco e controllo la maglia gialla… ed è ancora lì. Ce l’ho a casa, è una bella sensazione». Magrissimo, sorridente, semplicissimo: Jonas Vingegaard si aggira nel Service Course della Jumbo-Visma come fosse uno qualsiasi. Si ferma a parlare con i compagni, quasi a chiedere se può inserirsi nella conversazione, passa a ritirare il suo materiale, si dedica alle interviste, autografa maglia gialle e a pois.

Tra l’altro, e fa un po’ ridere, quando arriva il momento del pranzo i panini sono finiti. Lui non trova niente e agguanta dal buffet quel paio di biscotti secchi rimasti. 

Lo tsunami del post Tour de France sembra alle spalle e lui appare sereno e disteso, con quella piega della pelle intorno alla bocca che vorrebbe farlo apparire più vecchio, ma che non ci riesce.

Jonas Vingegaard (classe 1996) ha vinto l’ultimo Tour de France
Jonas Vingegaard (classe 1996) ha vinto l’ultimo Tour de France

Vita di sempre

Come Roglic e Van Aert, anche Vingegaard ci concede un bello spazio per parlare. E si parte proprio dalla vita, quella del post Tour. Ormai la maglia gialla per lui segna un confine tipo, prima e dopo Cristo.

«Ovviamente – racconta il danese – le cose intorno a me sono diverse, ma la mia vita non è cambiata molto. Faccio ancora le stesse cose: vado in bici, vado a fare la spesa, vivo nello stesso paesino di 1.500 persone che sono sempre le stesse… E’ diverso perché ora più gente mi riconosce per esempio se vado in aeroporto.

«A casa però siamo noi: ci alziamo, facciamo colazione tranquillamente. Io vado in bicicletta mentre la mia compagna e mia figlia stanno a casa… Ogni tanto prendiamo una sorta di cargo bike che ci ha dato lo sponsor per andare in giro».

Ancora prima della festa ufficiale, al ritorno a Skive c’era la gente a bordo strada ad accogliere Jonas (alla guida) (foto Instagram)
Ancora prima della festa ufficiale, al ritorno a Skive c’era la gente a bordo strada ad accogliere Jonas (alla guida) (foto Instagram)

Tour e team

Vingegaard passa poi a raccontare del Tour. Di quelle tre settimane incredibili. Le insidie dell’inizio. Il dominio di Pogacar. Il suo ribaltone.

«La cosa più bella – racconta Jonas – è che abbiamo corso come team. Abbiamo cosi tanti talenti in squadra… Avevamo un obiettivo finale e tutti abbiamo rispettato il piano. Wout per esempio aveva la maglia gialla, ma ha rinunciato a difenderla per aiutarmi». Il riferimento è al giorno della tappa in pavé quando Vingegaard rimase indietro e rischiò di perdere tanti, tanti minuti. Fu Van Aert a salvarlo… e anche bene». E Van Aert tenne la sua maglia per una manciata di secondi.

«Credo che il giorno più difficile sia stato quando abbiamo perso Steven (Kruijswijk, ndr) e Primoz (Roglic, ndr). E’stato un giorno molto negativo, che ha avuto un certo peso. Ma poi dovevamo continuare a lottare, quindi il nostro piano è stato di accettare la situazione e provare a fare del nostro meglio e andare avanti. Però altri momenti duri non mi vengono in mente».

Sul ritiro di Roglic, Jonas è parso davvero dispiaciuto. Loro due hanno un ottimo rapporto e il danese spera, ed è certo, che Primoz potrà tornare a grandi livelli già dalla prossima stagione.

Parigi, arrivo in parata per la Jumbo-Visma. Vingegaard ha sottolineato l’importanza del team nel suo successo
Parigi, arrivo in parata per la Jumbo-Visma. Vingegaard ha sottolineato l’importanza del team nel suo successo

Verso il 2023

«Ho iniziato due settimane fa ad allenarmi – prosegue Vingegaard – ho avuto una lunga vacanza rispetto al solito. E quando sono tornato dal Giappone (per le kermesse organizzate da Aso, ndr) ho subito iniziato ad allenarmi.

«In cosa posso migliorare? Sicuramente lo sprint, per iniziare. Ma ci sono molti aspetti da migliorare ancora. Non voglio solo migliorare fisicamente, voglio migliorare in tutto. Quest’anno spesso sono stato male, vorrei migliorare anche questo. Nei materiali…».

Quando si va molto in alto poi accade che pressione e stimoli ti facciano vacillare. E’ questione di carattere e di nervi saldi, ma in questo caso sembra emergere l’uomo del Nord. Jonas è razionale e consapevole.

«Non so se sia più affamato per vincere rispetto allo scorso anno. Sono affamato in maniera diversa. C’è qualcosa di speciale. Voglio ancora fare bene e vincere corse».

«Con la mia storia, essere nervoso sarebbe stato facile. Non mi innervosisco più come prima. Mi sono detto: “Se vinco, vinco… altrimenti sarà per l’anno prossimo. E ci riproverò fino a che non vincerò”. In tal senso sono migliorato dall’inizio del 2021, anche nel gestire le aspettative. Io non ho mai avuto problemi a mantenere le aspettative degli altri, ma ho sempre avuto difficoltà nel mantenere le mie. Mettevo molta pressione su di me. Questo era il mio problema».

Ma poi ci sono anche gli altri. Pogacar magari avrà perso qualche certezza, ma è sempre Pogacar e ci ha messo poco a rimboccarsi le maniche. Guardate come ha vinto il Lombardia… Ma lui sarà ancora più aggressivo? Si dice che lo sloveno voglia lavorare ancora di più per la salita.

«Penso che sarà più motivato. Non so se più aggressivo. E’ stato già abbastanza aggressivo quest’anno!».

Giro o Tour?

Jonas ha visto i percorsi del Giro d’Italia e del Tour. La sua destinazione è scontata e anche lui ammette che con tre cronometro in Italia, la corsa francese sia più adatta alle sue caratteristiche.

«Però non abbiamo ancora pianificato cosa fare l’anno prossimo. Io vorrei tornare al Tour».

Mentre scarta l’idea di una doppietta Giro-Tour, nonostante il suo idolo da ragazzo fosse Contador, l’ultimo ad averci provato veramente. 

«Quando ho iniziato con il ciclismo mi piaceva molto Contador. Mi piaceva il suo modo di correre, di attaccare. Da lui ho preso l’ispirazione a non avere paura di attaccare. Di essere aggressivo, ma in un modo intelligente.

«E’ difficile dire se è possibile fare la doppietta in un grande Giro. Credo che se dovessi iniziare penserei più al Tour e alla Vuelta. Non è facile, ma di sicuro Giro e Tour è duro. Forse li potrei fare in futuro. Per il prossimo anno non so… magari potrei fare anche la Vuelta».

Crono finale del Tour a Rocamadour: poco prima di questa curva, Jonas aveva rischiato tantissimo uscendo fuori strada
Crono finale del Tour a Rocamadour: poco prima di questa curva, Jonas aveva rischiato tantissimo uscendo fuori strada

Paure

Vingegaard ha detto di aver lavorato molto anche su stesso con la gestione del nervosismo, della pressione e sta maturando velocemente. Ma poi ci sono dubbi con i quali anche i campioni devono fare i conti e Jonas lo dice apertamente.

«Certo che ci sono delle cose che mi fanno paura. Per esempio in allenamento cerco di andare più piano che nelle corse. Sto attento alle curve, ho paura di essere tamponato da una macchina. Cerco di essere sempre essere concentrato sulla strada. 

E palrando dell’incidente di Bernal, lui dice: «Guardo sempre avanti. Ovviamente sono cose possono capitare, ma sono sempre molto più prudente durante gli allenamenti».

E la paura c’è stata anche in quell’ultima curva nella crono di Rocamadour, quando finì al di fuori dell’asfalto e sfiorò la parete di roccia che c’era subito al margine. Rischiò di mandare tutto in fumo quando mancavano 2.000 metri all’impresa.

«Eh sì – ricorda Vingegaard – mi sono spaventato abbastanza. Ma non volevo andare piano. E penso che rifarei lo stesso. Ho preso la linea sbagliata e siccome la strada era sconnessa, ho fatto anche peggio. Se la strada non fosse stata sconnessa, sarei riuscito a passare facilmente.

«Dall’ammiraglia cosa mi hanno detto? Non ricordo bene, ma mi hanno detto: “Bel salvataggio!”».

Tre ore alla crono, ragionamenti tecnici su Van Aert

01.07.2022
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Un’altra sfida fra quei due, dopo la crono di Bruges che fece piangere (simbolicamente ma neanche troppo) Van Aert ed Evenepoel, attoniti sul podio alle spalle di Ganna. Da allora non ci sono più state occasioni di scontro ad alta tensione, ad eccezione della crono del Delfinato, vinta da Ganna con 2″ sul belga. Ma oggi che c’è in palio la prima maglia gialla del Tour, evidentemente le motivazioni somigliano a quelle di settembre sul Mare del Nord.

Van Aert in azione nella crono del Delfinato di 31,9 chilometri, battuto solo da Ganna per 2″
Van Aert in azione nella crono del Delfinato di 31,9 chilometri, battuto solo da Ganna per 2″

Tre partenze stellari

Alla vigilia della partenza del Tour, Van Aert avrà una lepre d’eccezione: lo stesso Filippo Ganna che gli rovinò il giorno del mondiale. L’italiano partirà alle 17,03, il belga un minuto dopo, con Pogacar subito dietro.

Martin Heijboer, coach della Jumbo Visma ieri ha fatto il punto tecnico sul suo corridore con i giornalisti fiamminghi, cercando di spiegare e forse anche di capire come si giocherà la sfida. Ovviamente non ha detto tutto, ma ha lasciato intuire che dai numeri in suo possesso, il belga del Team Jumbo Visma potrebbe avere le carte per sovvertire un pronostico che parrebbe già scritto.

Mathieu Heijboer è il preparatore che segue i corridori di punta del team (foto Jumbo-Visma)
Mathieu Heijboer è il preparatore che segue i corridori di punta del team (foto Jumbo-Visma)
In che misura il percorso della crono si addice a Van Aert per puntare al giallo?

E’ abbastanza tecnico, con 22 curve. Dobbiamo ancora capire in che modo piazzeranno esattamente le transenne, perché questo potrebbe cambiare un po’ lo spazio e la velocità in curva, quindi lo vedremo sicuramente domattina (oggi, ndr). E’ una cronometro che gli piace molto. Se avesse dovuto disegnare lui il percorso, l’avrebbe allungata un po’, per sfruttare di più la sua potenza. Ma Wout è così versatile che saprà esprimersi anche su una distanza più breve.

Ti aspetti un altro duello con Ganna?

Proprio per la distanza inferiore, dovremo tenere conto di più concorrenti. E’ sicuro al 100 per cento che Ganna sia il favorito in assoluto, ma Bissegger può essere un cliente molto pericoloso. Bisogna fare attenzione a Küng e forse anche ad Asgreen, che corre sulle strade di casa, anche se non ha avuto un avvicinamento ideale.

Anche Ganna appare molto concentrato e in condizione. Qui sorride alla presentazione delle squadre
Anche Ganna appare molto concentrato e in condizione. Qui sorride alla presentazione delle squadre
Siete intervenuti sulla posizione e la bicicletta di Van Aert?

E’ la stessa dall’inverno scorso. Abbiamo svolto sessioni approfondite e quando si apportano modifiche, è importante abituarsi e non cambiare tanto presto. Devi allenarti e trovare confidenza, stabilità e forza. Devi essere capace di mantenere al meglio e a lungo la posizione, sono aspetti importanti. Solo il manubrio da crono è stato leggermente rinnovato. Una regolazione minima per le mani che non incide sulla posizione. La presa ora è leggermente più ergonomica e questo rende ancora più facile impugnarlo.

C’è un tratto in cui Van Aert può fare la differenza su Ganna?

Dipenderà principalmente dalla condizione nel giorno di gara. Noi siamo fiduciosi di avere una super giornata. Se è così, vittoria o sconfitta dipenderanno dai dettagli più piccoli. Abbiamo in mente un pacchetto di soluzioni che abbiamo adottato, per cui Wout potrebbe vincere. Inutile dire che non posso parlarne.

Pochi considerano tra i favoriti Van der Poel, ma Mathieu si avvicina sornione
Pochi considerano tra i favoriti Van der Poel, ma Mathieu si avvicina sornione
Van Aert si è allenato molto sulla sua bici da cronometro negli ultimi tempi?

Non tanto fino alla primavera, ma dal ritiro di Sierra Nevada, è andato sulla sua bici da crono almeno due volte a settimana.

C’è di buono che se anche non vincesse la crono, potrebbe prendere la maglia con gli abbuoni nei giorni successivi…

Abbiamo elaborato una strategia anche per questo. Abbiamo riflettuto a lungo su come suddividere le energie tra sprint intermedi e finali, ma alla fine puoi farne un piano concreto solo il giorno della gara.

Un tuttofare come Van Aert si allena ancora negli sprint?

Abbiamo aumentato la frequenza di questi allenamenti nel suo programma settimanale. Principalmente gli sprint più lunghi, perché sono la sua forza. Spesso li alterniamo con alcuni più brevi alla fine di un allenamento. Abbiamo già visto al Delfinato che quegli allenamenti hanno dato i loro frutti.

Cercate principalmente di aumentare il picco di potenza o la durata del suo sprint, mantenendo una velocità elevata il più a lungo possibile?

Per Wout, si tratta principalmente di mantenere la sua velocità di sprint per un tratto più lungo. Aumentare la sua potenza di picco significherebbe anche allenarsi per la forza. Però metterebbe massa muscolare extra, quindi aumenterebbe anche il peso e sarebbe svantaggioso in altre aree. La differenza tra Wout e i velocisti tipici è che può mantenere la sua velocità molto a lungo. E il suo sprint ha un calo minore dopo le tappe più dure. Abbiamo cercato di affilare il più possibile queste armi per essere all’altezza della maglia verde.

Dumoulin e i lenti passi dell’addio

15.06.2022
5 min
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Sarebbe bastato guardarlo bene in faccia in cima al Blockhaus per capire come sarebbe finita. Dumoulin era piantato in mezzo alla strada nel giorno in cui tutti aspettavano da lui il primo squillo e sembrava estraneo alla scena. Fissava un punto all’orizzonte, ma la sua mente era altrove.

I 9 minuti dell’Etna, che inizialmente erano stati attribuiti al caldo e al primo arrivo in salita, avevano appena trovato un’altra spiegazione. Era passato un anno dal suo ritorno in bici. Il terzo posto nella crono di Budapest aveva fatto sperare di averlo ritrovato, il Giro sarebbe stato la sua rinascita. Invece di colpo Tom è crollato nuovamente. Il suo talento di sottile cristallo ha iniziato nuovamente a sbriciolarsi. Il ciclismo è così esigente, che anche la crepa più piccola diventa fatale.

Il Giro di Dumoulin era iniziato bene, con il 3° posto nella crono di Budapest, a 5 secondi da Yates
Il Giro di Dumoulin era iniziato bene, con il 3° posto nella crono di Budapest, a 5 secondi da Yates

La bici non è la cura

In Olanda non si rassegnano o forse sarebbe meglio dire che non rinunciano. Un po’ come quando qua si cercava in tutti i modi di rimettere in bici Pantani, pur essendo evidente che la bici non fosse più la cura. Parlano di virus. Di problemi alla schiena. Dei postumi del Covid. Tutte cause certamente possibili, che diventano insormontabili in un uomo che ha perso da tempo la voglia o la capacità di andare oltre la soglia della sofferenza. E’ chiaro che se le gambe non girano a dovere, la testa va giù. Ma in questa sorta di circolo vizioso, chi può dire quale disagio venga prima dell’altro?

Bruciato nel 2020

«Nel 2020 ho avuto un periodo molto difficile – ha raccontato dopo il ritiro, avvenuto nella tappa di Torino – e alla fine di quell’anno mi sono allenato tanto e bruciato. All’inizio del 2021 ero ormai un’ombra e ho deciso di prendermi una pausa dal ciclismo per pensare al mio futuro. E quando ho ripreso, nonostante alcuni giorni buoni, molte volte, soprattutto quest’anno, ho vissuto periodi frustranti. Il mio corpo si sentiva stanco e si sente ancora stanco. Non appena il carico in allenamento o in gara aumenta, soffro di stanchezza, dolori e infortuni invece di migliorare. Lo sforzo in allenamento non porta più alle prestazioni desiderate. Da un po’ di tempo c’è uno squilibrio tra la mia dedizione al 100 per cento al ciclismo e ciò che ne ottengo in cambio.

«Con molta pazienza e un approccio molto cauto – ha aggiunto – sono convinto di poter tornare al massimo delle mie potenzialità. Ma sarebbe una strada troppo lunga, senza garanzie di successo. Per questo ho scelto di non seguirla e di abbandonare invece il ciclismo attivo e di intraprendere un percorso nuovo e sconosciuto».

Dumoulin quarto a Potenza, dopo aver lavorato per la vittoria del compagno Bouwman
Dumoulin quarto a Potenza, dopo aver lavorato per la vittoria del compagno Bouwman

Segni di fragilità

I corridori sono nudi davanti a un mondo che alza le attese e poi li giudica. Il riscontro del cronometro non è neanche il dato più duro, le prestazioni possono arrivare oppure no. Quel che pesa sono il giudizio e il senso di responsabilità che un atleta trasparente come Dumoulin probabilmente non riesce più a maneggiare. Mi pagano perché io vinca. Non ci riesco. Crollo. Si era nascosto nel 2020 mettendosi al servizio di Roglic, poi il problema è esploso in tutta la sua evidenza.

Tornerà? Vorrà azzerare di nuovo la situazione e poi cercare di ripartire? I media olandesi se lo augurano, le sue parole non lasciano in realtà troppi margini di speranza. Quando non raggiungi il livello più alto per troppo tempo, la durezza della gara si riesce a superare solo correndo e poi correndo ancora. E la sensazione è che Tom non ne abbia più voglia.

«Non so ancora cosa voglio fare dopo la mia carriera di ciclista attivo – ha detto – e non voglio nemmeno saperlo in questo momento. Ma so che il mio amore per la bici mi terrà sempre connesso al mondo del ciclismo in un modo o nell’altro. Sono molto curioso di sapere cosa riserverà il futuro per me. Mi sento felice e grato e già ora guardo indietro alla mia carriera con molto orgoglio».

Invece l’Etna è stato la prima vera mazzata, con un passivo (inatteso) di 9’10”
Invece l’Etna è stato la prima vera mazzata, con un passivo (inatteso) di 9’10”

Cambio di squadra

Arriverà ai mondiali, come fu la crono di Tokyo a dargli la voglia di ripartire. Si vociferava che, scaduto il contratto con il Team Jumbo Visma, sarebbe passato alla Bike Exchange, dove avrebbe ritrovato la bici Giant con cui vinse il Giro, ma il suo annuncio sembra aver tagliato anche l’ultimo filo che lo teneva legato al gruppo.

«Il team e io – ha detto – ora faremo un piano insieme per rendere più belli, divertenti e si spera di successo questi ultimi mesi. Non vedo l’ora in particolare di arrivare al mondiale in Australia, dove mi piacerebbe ottenere un’ultima medaglia nella crono».

Estate 2021, Tom è rientrato da poco e ha vinto il titolo olandese della crono: il bacio di sua moglie Thanee
Estate 2021, Tom è rientrato da poco e ha vinto il titolo olandese della crono: il bacio di sua moglie Thanee

Il controllo della sua vita

Koos Moerenhout è il tecnico olandese della crono e smise di correre nel 2010, alla vigilia dell’arrivo del giovane Dumoulin nella sua stessa Rabobank. E’ stato lui ad aspettarne il ritorno alle Olimpiadi e ancora una volta gli ha spalancato le porte.

«Tom è uno specialista – ha detto – un uomo che sa esattamente cosa serve per fare bene in un importante appuntamento a cronometro. Gli ho dato fiducia l’anno scorso e lo sto facendo di nuovo ora, senza dubbio. Soprattutto perché lui per primo dice di voler puntare al massimo possibile. E’ un peccato perdere un campione così, ma se si sente in questo modo, allora dovremmo lasciargli il controllo della propria vita».

Roglic è tornato, cresce a vista d’occhio e adesso sorride

12.06.2022
5 min
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Roglic, in maglia gialla al Delfinato, non vede l’ora di mettere mano anche all’ultima tappa, oggi appunto, per capire se potrà portarsi a casa la classifica finale. E se ieri Carlos Verona è riuscito a resistere alla sua rincorsa, sarà difficile che sia il compagno Vingegaard a impensierire lo sloveno, che sta lentamente tornando ai suoi livelli. Anche se proprio Roglic, prima di salutare i giornalisti, ha voluto schiudere una porta su questa eventualità.

Il Galibier in avvio ha persuaso i corridori a riscaldarsi a lungo sui rulli prima della partenza
Il Galibier in avvio ha persuaso i corridori a riscaldarsi a lungo sui rulli prima della partenza

Rispetto per Verona

Difficile dire se ieri non abbia spinto a fondo per lasciare la vittoria allo spagnolo della Movistar, di certo la sensazione è che non lo abbia mai neppure visto. Oppure, memore della crocifissione per aver ripreso e battuto Mader lo scorso anno alla Parigi-Nizza, Roglic potrebbe aver semplicemente evitato di spingere al massimo.

«Ovviamente volevo vincere la tappa – ha detto dopo l’arrivo – ma non era quello l’obiettivo principale. L’obiettivo principale era riprendere il ritmo. Anche la squadra è stata super forte. Alla fine ci siamo andati molto vicini, ma Carlos Verona si meritava di vincere».

All’arrivo lo ha abbracciato a lungo. E lo scuotere del capo di Vingegaard sul traguardo, dopo il duro lavoro per lanciare il capitano, fa pensare che una vittoria non sarebbe dispiaciuta.

Avvicinamento complicato

L’avvicinamento non è stato dei migliori, lo abbiamo già detto. Il ginocchio lo ha fatto tribolare, tanto che il suo allenatore è stato ben attento ad evitare interviste, rispettando la cortina di silenzio imposta dal Team Jumbo Visma. Tuttavia a partire dal ritiro di Sierra Nevada le cose hanno ripreso a girare nel modo giusto.

Durante la tappa lo si è visto provare la gamba e persino fare quelli che in certi momenti sono parsi dei lavori di forza. Di sicuro, quando il suo gruppo è arrivato all’attacco della salita di Vaujany, la pedalata è tornata agile e potente in tempo per l’attacco.

«In realtà – ha proseguito Roglic – mi sono davvero divertito. Ero già stato qualche anno fa da queste parti e vinsi una tappa. Ora siamo passati dall’altra parte della stessa valle e m’è sembrata ugualmente dura. E’ stata una bella prestazione. E’ andata bene, ho ritrovato le sensazioni giuste». 

Resa Van Aert

La staffetta in casa Jumbo Visma era prevedibile, anche se Van Aert ha provato a tenere duro fino alla Croix de Fer, almeno fino a quando il ritmo in testa al gruppo lo ha fatto la sua squadra. E di colpo tanti ragionamenti sulle sue attitudini in salita sono tornati nei vari cassetti.

«Quando la Groupama ha iniziato ad accelerare – ha dovuto ammettere il campione belga – per me è diventata dura. Sapevo dal via che se avessi avuto difficoltà sulla Croix de Fer, non avrebbe avuto senso lottare alla morte per difendere la maglia, perché in ogni caso mi sarei staccato sulla salita finale. Così non ho neanche cercato di limitare i danni. Penso che ora dovremo cercare di ottenere la vittoria assoluta con Primoz. Ci vorrà molto impegno, ma saremo tutti con lui».

L’attacco di Roglic è stato tardivo, ma più che alla vittoria mancata, lo sloveno pensa all’ottima prova
L’attacco di Roglic è stato tardivo, ma più che alla vittoria mancata, lo sloveno pensa all’ottima prova

Sponda a Vingegaard

A questo punto non resta che aspettare il tappone di oggi, che chiuderà la corsa. E capire se i 44 secondi che dividono Roglic da Vingegaard siano un tesoretto che lo sloveno difenderà o se invece, non volendo forzare troppo i tempi della ripresa, potrebbe lasciare via libera al danese in caso di difficoltà.

«Oggi il più forte ha fatto girare la squadra – ha detto ieri a proposito del compagno – e possiamo essere leader sia io che Jonas. Più forti siamo, più forte è il team. Tutti possiamo trarne vantaggio. Resta la tappa regina. Me ne sono successe tante nelle tappe finali negli ultimi anni, vedremo come va. Finché la maglia gialla rimarrà nella nostra squadra, saremo tutti contenti. Io sono venuto qui per riprendere fiducia ed è stato importante. Mi sento sempre meglio ogni giorno, anche durante la cronometro. Dopo una settimana così intensa, sarò pronto per il Tour de France».

La maglia gialla a due settimane dal Tour è per Roglic una grande infusione di fiducia
La maglia gialla a due settimane dal Tour è per Roglic una grande infusione di fiducia

Il suo rivale dichiarato, il connazionale Pogacar, ha scelto di arrivare al Tour passando per la corsa di casa: il Giro di Slovenia che inizierà mercoledì prossimo. E se non ci sono dubbi che vi arriverà bene, la tappa di ieri al Delfinato ha fugato dubbi importanti sulla consistenza di Roglic. Che aveva già previsto di correre meno a primavera per arrivare più fresco alla sfida di luglio, ma forse nemmeno lui pensava che ci sarebbe arrivato con più giorni dello scorso anno e finalmente senza dubbi sulle sue capacità.

Affini e De Bondt, ispirazione e rispetto sul traguardo di Treviso

26.05.2022
6 min
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L’ultima volta che Affini s’era ritrovato a fare uno sprint fu nel 2019 in Norvegia e gli andò bene, poiché vinse. Il mantovano correva ancora con la Mitchelton-Scott. La tappa aveva l’arrivo a Sandefjord. Ancora una fuga, ma di cinque. E volata vincente su Anders Skaarseth.

«E’ passato tanto tempo – riesce a scherzare Edoardo – penso però che la volata l’ho fatta bene. Io non sono molto esplosivo quindi avevo bisogno di lanciarla lunga. Penso di essere partito intorno ai 230-250 metri, sperando che gli altri fossero più stanchi. Sapevo che Dries De Bondt e Magnus Cort erano più veloci di me, ma in qualche maniera me la sono dovuta giocare e penso di averlo fatto bene».

Dopo la linea di arrivo, Affini si è preso due minuti per smaltire la delusione e poi si è raccontato
Dopo la linea di arrivo, Affini si è preso due minuti per smaltire la delusione e poi si è raccontato

Un Giro molto duro

E’ stato per un po’ piegato sulla bici, riprendendo fiato a stento. Quando poi si è sollevato e si è messo in piedi, ci ha costretto al passo indietro per guardarlo in faccia, tanto ci è parso alto. Gli occhi chiari passano da lampi di orgoglio ad accessi di delusione.

«L’idea stamattina – conferma – era quella di andare in fuga. D’altronde io non posso fare altro. Questo Giro è stato molto duro per uno della mia stazza (Affini è alto 1,92 e pesa 80 chili, ma la sensazione è che questo Giro lo abbia sfinato molto, ndr), peccato! Un’occasione mancata. Sono ancora lì e cercherò di fare meglio la prossima volta. Ancora una volta secondo. Sicuramente brucia, però continuiamo a provarci e prima o poi riuscirò a portarla a casa. Evidentemente c’è da lavorare».

Il gatto nel sacco

Questa fuga, a ben vedere è stata una figata. I ragazzi davanti hanno giocato col gruppo. Preso vantaggio, hanno capito che le squadre dei velocisti non si sarebbero dannate per riprenderli, perché altrimenti sarebbe partita un’altra fuga e sarebbe toccata a loro gestire la situazione

«Nella prima parte – spiega Affini – siamo andati full gas per prendere vantaggio. Poi abbiamo deciso di mollare un po’ fino alla salita di Refrontolo. Là in cima abbiamo deciso di accelerare e guadagnare tempo. Il piano ha funzionato molto bene. Siamo andati d’accordo sino alla fine e abbiamo mantenuto la tattica che ci eravamo dati in fuga. Alla fine nell’ultimo chilometro è iniziato un po’ il gioco. Dries è stato più veloce, ma lui è stato molto forte anche in fuga, complimenti al vincitore».

I quattro in fuga non hanno saltato un solo cambio: la loro azione è stata eccezionale
I quattro in fuga non hanno saltato un solo cambio: la loro azione è stata eccezionale

Ispirazione De Bondt

Dries De Bondt è un ragazzo sveglio, che dalla vita non ha avuto solo carezze. Per questo quando racconta la vittoria, a tratti si commuove e in ogni caso dalle sue parole traspare l’orgoglio.

«Io non sono un grande vincitore – dice – sono uno del gruppo che lavora a volte per Mathieu, a volte per Merlier oppure per Philipsen e sono felice di farlo. Vivo un sogno e ne sono consapevole. Prima di essere un pro’ ho avuto un incidente nel 2014 che mi ha fatto capire che bel lavoro sia questo. E quando poi ho vinto la prima corsa nel 2016 ho ricevuto messaggi da gente che conosceva la mia storia. Ero diventato un’ispirazione e sono orgoglioso di essere d’esempio per qualcuno».

Dries De Bondt ha 30 anni ed è professionista dal 2017
Dries De Bondt ha 30 anni ed è professionista dal 2017

«Quando finalmente sono riuscito a passare Affini – prosegue – ho lasciato che tutte le emozioni venissero dentro di me. Ci sono così poche occasioni di fare cose come queste, che è incredibile riuscirci. Anche io ho avuto degli esempi. Di certo Tom Boonen. Vederlo vincere i Monumenti e il modo in cui lo ha fatto mi ha fatto innamorare del ciclismo. Devi combattere per i tuoi sogni. Amo questo lavoro, fa vedere belle persone e bei posti. Per questo do sempre tutto per inseguire i miei obiettivi».

La crono? Forse no…

Dopo la riga e prima di fermarsi, Affini gli ha fatto i complimenti. E mentre raccontava la sua giornata in fuga e l’aver giocato con il gruppo come il gatto col topo, lo sguardo è andato alla crono di Verona. Il ritiro di Almeida e l’assenza di Ganna potrebbero spalancare la porta al gigante mantovano.

«Ma non penso che la crono sia un obiettivo realistico – ammette Affinila farò a blocco, sperando di avere la gamba giusta, ma è un percorso che non mi si addice molto. C’è un po’ di piana e molte curve, non dà molta velocità. E poi le Torricelle sono 5 chilometri al 5 per cento di media, posso cercare di non perdere troppo, ma al confronto di altri corridori più quotati, sarà molto difficile».

Poi Affini si concede a un’intervista in olandese e strappa l’ammirazione dell’inviato di Eurosport. L’abbiamo già detto, l’Olanda è la seconda casa, visto che lassù vive la sua compagna. E mentre lo ascoltiamo ripetere parole incomprensibili, il rimpianto invade anche noi. Di una cosa siamo certi: prima o poi verrà. Ha ragione De Bondt: si deve combattere per i propri sogni. Allenarsi e provare, allenarsi e provare. Affini lo sa, è solo questione di tempo.

Sarà vero che Van Aert correrà la Roubaix da gregario?

14.04.2022
4 min
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Alla fine Van Aert ha scelto di correre il rischio e sarà regolarmente al via della Roubaix, dopo aver saltato per Covid il Fiandre che aspettava da un anno. L’unica concessione che ha fatto ai medici della squadra è stato non prendere parte al sopralluogo di questo pomeriggio. Probabilmente questo sarà un vantaggio per i suoi avversari, ma dato che il campione belga ha avuto il via libera per la ripresa degli allenamenti soltanto martedì scorso, la squadra ha preferito tenerlo sotto stretta osservazione per il maggior tempo possibile.

Gli ultimi aggiornamenti arrivano in diretta proprio dalle strade assolate della Roubaix, dove questo pomeriggio il Team Jumbo Visma composto da Affini, Laporte, Roosen, Teunissen, Van Dijke e Van Hooydonck ha provato prevalentemente i materiali e lo stato del pavé.

Con questo post su Twitter, il campione belga ha ufficializzato il suo ritorno alle gare
Con questo post su Twitter, il campione belga ha ufficializzato il suo ritorno alle gare

Ripresa in Spagna

Come Van der Poel prima di lui, ma per differente motivazione, il belga è andato in Spagna per ripartire al caldo e ottimizzare le poche giornate di allenamento, con la ferma raccomandazione della squadra di non caricare le sue uscite su Strava.

La decisione di schierarlo al via della Roubaix è venuta solo dopo l’ultima distanza, effettuata a ritmo gara nei giorni scorsi, in cui Van Aert ha dimostrato di aver ritrovato un livello accettabile. Essendo tuttavia rimasto in isolamento per una settimana e avendo poi ripreso con estrema gradualità, è evidente che la sua condizione non sia perfetta come prima. Per cui Wout non sarà il solo leader della Jumbo Visma, ma dividerà i gradi con gli altri.

Immagini del sopralluogo 2021 della Roubaix: alla vigilia il pavé era asciutto
Immagini del sopralluogo 2021 della Roubaix: alla vigilia il pavé era asciutto

Prima la salute

La salute del campione belga ha la priorità assoluta. La squadra dà per scontato che Van Aert non avrà le gambe migliori. Solo dopo la Roubaix ci sarà una nuova valutazione che permetterà di stilare il suo programma successivo. L’opzione Liegi-Bastogne-Liegi è attualmente sul tavolo, ma dipenderà da come Wout uscirà dall’Inferno del Nord.

«Dopo un’infezione da Covid – ha spiegato il diesse Merijn Zeeman – siamo estremamente attenti alla salute dei nostri atleti. Lo staff medico ha un ruolo importante in questo ed è un fattore determinante. Lo abbiamo seguito molto da vicino insieme. Un medico ha visitato Wout per quattro giorni consecutivi, per monitorare la risposta del suo corpo all’allenamento. Ha sostenuto anche esami molto approfonditi al cuore prima di riprendere ad allenarsi. All’inizio di questa settimana, lo staff medico ha dato il via libera, stabilendo che Wout poteva iniziare a sostenere carichi importanti come si addice a un professionista».

Lo staff tecnico e quello medico sono stati accanto a Van Aert durante tutta la ripresa degli allenamenti
Lo staff tecnico e quello medico sono stati accanto a Van Aert durante tutta la ripresa degli allenamenti

Cuore a posto

Un’attenzione particolare è stata dedicata appunto al suo cuore, dato che proprio il cuore negli ultimi tempi si sta rivelando l’anello debole nella ripresa post Covid, senza che nessun medico riesca ancora a spiegarne appieno il legame. Van Aert, fra l’altro, ha evitato di sottoporsi alla terza dose di vaccino, rinviandola proprio alla fine delle classiche di primavera.

«La salute di Wout – dice ancora Zeeman – è completamente a posto. Ma dopo una settimana di isolamento, ovviamente, la forma migliore non è più possibile. La rincorsa alla Roubaix è fallita. Gli mancherà anche la ricognizione di oggi e tutto sommato questa è tutt’altro che una preparazione ideale. Ciò non toglie che un corridore come Wout possa ancora avere un ruolo importante, ad esempio nel supportare Laporte, Teunissen o Van Hooydonck. Non partire non è mai stata un’opzione. Wout è in forma e in salute. Il Fiandre e la Roubaix erano i grandi obiettivi. Dopo aver perso il primo, non avrebbe mai accettato di saltare anche la seconda».