Jumbo Visma, la corazzata rinata dal fango. Oggi vince Laporte

22.07.2022
8 min
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Da dove nasce la Jumbo Visma che sta guidando il Tour e che oggi ha lanciato al successo Laporte? E’ davvero una fortezza inespugnabile come in altri anni il Team Sky di Wiggins e Froome, oppure c’è qualcosa di diverso?

Come sempre, quando un team si rivela così vincente, apre una strada che gli altri si affrettano a copiare. Anche per questo, la differenza fra ciò che viene mostrato e quel che effettivamente c’è è piuttosto marcata. La Jumbo Visma arriva da molto lontano, dalle ceneri della Rabobank che nel 2007 vestiva saldamente la maglia gialla con Rasmussen. Almeno fino al giorno in cui Cassani raccontò, in diretta e in buona fede, di averlo visto dove non doveva essere e in breve il giallo e il contratto vennero strappati. La Rabobank se ne andò a fine 2012, scossa da casi e sospetti di doping. Il team di Vingegaard e Van Aert nacque dalle sue radici e da quel fango.

Il colpo di mano di Laporte rende la prima vittoria francese del Tour. Festa alla Jumbo
Il colpo di mano di Laporte rende la prima vittoria francese del Tour. Festa alla Jumbo

La maglia bianca

Il lavoro di questi giorni degli inviati al Tour è stato il viaggio a ritroso nella loro storia, fino all’inverno del 2015, quando Merijn Zeeman, responsabile della preparazione, e il manager Richiard Plugge, misero mano alla rifondazione.

Anni difficili, dovuti sostanzialmente alla mancanza di mezzi. Stage invernali in altura dormendo in hotel fatiscenti. Le rinunce imposte da un budget risicato, dopo anni in cui la corazzata arancione poteva permettersi di guardare tutti dall’alto. Quando nel 2012 Rabobank decide di lasciare il ciclismo dei pro’, la squadra cambia nome e passa a Blanco, come il colore della maglia. A significare che si sarebbe ripartiti da un foglio ancora da scrivere. C’è sempre la banca a coprire le spese, avendo ancora un contratto, ma il 2013 è l’ultimo.

«Siamo passati dall’avere il secondo budget al mondo, a doverci accontentare del più piccolo – ha raccontato Zeeman a L’Equipe – eravamo lo zimbello del gruppo. Il ciclismo era immerso in una cultura del doping e questa non era neanche più una buona squadra. Zero comunicazione, trasparenza, coesione. Era tutto negativo, tanti preferirono abbandonare la nave, i corridori non facevano risultato. Ed è stato a quel punto che abbiamo deciso di tracciare una linea».

Condivisione totale

Zeeman ha studiato scienza della formazione. Richard Plugge è un ex giornalista, formato in programmazione neurolinguistica. La linea tracciata prevede di ripartire dagli uomini e non dalle regole. Da interviste approfondite in cui ciascuno possa ragionare sul suo comportamento dentro e fuori la gara.

«Ad alcuni corridori non piace essere spinti – ha spiegato Plugge – ma se invece della persona ne analizzi il comportamento, allora l’approccio cambia. Non diciamo loro cosa devono fare, cerchiamo di creare un ambiente in cui i corridori pensino da soli e prendano le proprie decisioni. La motivazione intrinseca è fondamentale, si chiama assunzione di responsabilità, sia che si tratti di stabilire il programma di allenamento, sia la dieta…».

Tra i fedelissimi della prima ora c’è Gesink: c’era nel Team Blanco e ha il contratto Jumbo Visma fino al 2023
Tra i fedelissimi della prima ora c’è Gesink: c’era nel Team Blanco e ha il contratto fino al 2023

Gli All Blacks e l’Ajax

Nessuna costrizione, insomma, quanto piuttosto il coinvolgimento. Si parla di tutto davanti a tutti e tutti sono coinvolti nello sviluppo della struttura. Nessuna invenzione cervellotica però, tiene a precisare ancora Plugge con L’Equipe, bensì l’ispirazione da un lato agli All Blacks (la leggendaria squadra neozelandese di rugby), passati per una rifondazione analoga dopo il tracollo dovuto all’alcol, dall’altro al calcio totale dell’Ajax di Cruyff.

«Fra le dieci regole di condotta interna – spiega – ho voluto inserirne una ispirata proprio agli All Blacks. E quella che chiamano “lasciare la maglia in un posto migliore”, il fatto che ogni giocatore abbia il compito di rendere la maglia più prestigiosa di quando l’ha ricevuta. Così ognuno può lasciare al gruppo una sorta di eredità personale.

«E come insegnato dal calcio totale, vogliamo praticare un ciclismo che ci permetta di essere forti e vincere con tutti i corridori. Vogliamo essere sempre davanti. L’Ajax e la nazionale di quegli anni giocavano insieme, tutti in attacco e poi tutti in difesa. Sarebbe fantastico se un giorno, la gente parlasse della nostra squadra gialla come noi abbiamo parlato di quella arancione».

Al Tour 2020 Roglic superiore a Pogacar, ma lo ha spesso graziato, forse per la comune nazionalità
Al Tour 2020 Roglic superiore a Pogacar, ma lo ha spesso graziato, forse per la comune nazionalità

L’istinto tradito

I colori della maglia sono la conseguenza di un ragionamento nel ritiro invernale 2016, con la dominante gialla chiaramente ispirata al Tour. A fine 2015 è arrivato Roglic dal salto con gli sci, che nel 2016 vince una crono del Giro e nel 2017 centra la prima tappa al Tour. Nel 2019 Kruijswijk sale sul podio della Grande Boucle dietro Bernal e Thomas. Nel 2020, la squadra si presenta al via da Nizza con il coltello fra i denti e domina dall’inizio. Salvo fermarsi contro il muro della crono a La Planche des Belles filles che rivela al mondo la stella di Pogacar.

«Pensavamo troppo a fare i nostri calcoli – racconterà Roglic, rivivendo la pagina più drammatica della sua carriera sportiva – io in particolare. Mi facevo tante domande, non correvo in modo naturale e nemmeno la squadra. Non ci piaceva affatto il divertimento, l’istinto. Avevamo scelto di controllare tutto e ci siamo chiusi su noi stessi».

Lo spirito libero

L’anno scorso, l’uscita di scena di Roglic in avvio di Tour compie il miracolo, come l’uscita di scena di Thomas al Giro del 2020 permise alla Ineos di diventare simpatica.

«Contrariamente ai nostri grandi discorsi – spiega Plugge – nel 2020 ci è mancato il coraggio quando in certe fasi avremmo dovuto chiudere la partita. Nel 2021 l’abbandono di Roglic e il fatto che Vingegaard fosse ancora giovane e al primo Tour ci hanno permesso di correre senza pressioni e sono venute quattro vittorie di tappa. Al contempo però abbiamo spinto maggiormente sui miglioramenti. Ogni nuovo corridore viene scelto per la capacità di inserirsi nel progetto e supportato per raggiungere il meglio delle sue possibilità. A ogni livello, corridori e staff».

Tour con tre punte

I direttori sportivi e gli allenatori vengono aggiornati con il supporto di formatori esterni. Lo staff è stato ampliato inserendo cinque cuoche-nutrizioniste, tutte dipendenti a tempo indeterminato come gli altri dirigenti della squadra. La precarietà, dice chiaramente Plugge, è un deterrente al fatto che si partecipi davvero allo sviluppo del progetto. Dopo aver cambiato le bici, passando da Bianchi a Cervélo, l’anno scorso il focus verteva sull’alimentazione. Per cui, in collaborazione con i Supermercati Jumbo, è stata sviluppata un’app che offre ai corridori menù e quantità in base ai tempi di allenamento o di gara. Infine la strategia, per anni punto debole di una squadra che si stava costruendo.

«Abbiamo scelto di rischiare con Vingegaard, Roglic e Van Aert nella stessa squadra – dice Zeeman – ma solo dopo molti ragionamenti con i corridori. Era necessario tenere conto del loro ego, per sapere cosa fossero pronti a sacrificare, sapendo che la ricerca più alta era la vittoria finale».

L’apoteosi nella tappa di Hautacam, con Van Aert che tira per Vingegaard e stacca Pogacar
L’apoteosi nella tappa di Hautacam, con Van Aert che tira per Vingegaard e stacca Pogacar

Il gigante verde

La risposta di Van Aert è stata illuminante e la sua condotta irreprensibile. «Ho bisogno di avere la speranza di vincere le tappe per me stesso – ha spiegato nell’ultimo giorno di riposo – e penso di essere più utile alla squadra con questa possibilità che essere un semplice gregario per tre settimane. Mi motiva avere la prospettiva di vittoria e mi permette di aiutare meglio gli altri».

Quello che ha fatto ieri a Hautacam lo ha confermato fugando ogni dubbio. Ciascuno di loro ha fornito un contributo decisivo. E’ presto per dire che abbiano davvero inventato il ciclismo totale. Di sicuro sono sulla strada giusta per fare di quel giallo la loro prossima conquista.