Secondo in Polonia, Piganzoli fa rotta sullo Slovenia

04.06.2023
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Dopo la Top 10 in Ungheria, Davide Piganzoli ha alzato il tiro e si è presentato all’Orlen Nations Grand Prix con l’obiettivo di essere protagonista. Riuscendoci, finendo secondo battuto solo da quel Gar Glivar che in Slovenia dicono essere già l’erede pronto e sfornato dei Roglic e Pogacar, a dimostrazione che i talenti lì non nascono per caso.

Neanche da noi, a dir la verità e Davide è un talento vero. Molti lo additano come il miglior prospetto che abbiamo per le corse a tappe e le esperienze che sta facendo quest’anno lo dimostrano, con difficoltà ma anche risultati crescenti, che corra con la Eolo Kometa o, come in questo caso, con la nazionale. Ormai anche confrontarsi con i più grandi è uno stimolo che non fa più paura. Ma quando si torna nelle gare specifiche, fra i pari categoria, c’è un ruolo da interpretare.

«La gara polacca non era delle più semplici – ammette il valtellinese – ma era strutturata proprio come piace a me, con percorsi duri dove fare la differenza. Il livello era molto alto, una sorta di antipasto di quel che si vedrà all’Avenir o al mondiale, sono sicuro che quelli emersi in Polonia saranno protagonisti anche lì».

Il podio finale di Orlen, con da sinistra Wilksch (GER), Glivar (SLO) e Piganzoli
Il podio finale di Orlen, con da sinistra Wilksch (GER), Glivar (SLO) e Piganzoli
Tu come ti sei trovato?

Amadori, il nostro cittì era stato chiaro prima dell’inizio, voleva che corressimo da protagonisti, non in maniera passiva ma sempre avanti e lavorando come una squadra. Credo che alla fine sia stato così e i risultati sono arrivati, sia a livello parziale con la vittoria di Busatto nella terza tappa, sia in classifica.

Tu eri partito con il ruolo di capitano?

Diciamo che ero l’elemento più esperto della squadra e dovevo fare un po’ da guida in corsa, prendere per mano gli altri. Non è stato facile, ci siamo trovati subito a correre con un uomo in meno per la defezione forzata di De Pretto per la febbre. Ma devo dire che tutti hanno proprio per questo raddoppiato gli sforzi.

La classifica come si è andata costruendo?

Tutti i giorni sono stati impegnativi, anche quelli dove alla fine si arrivava insieme, perché già al primo giorno ci sono state cadute e molti hanno perso terreno prezioso, come ad esempio il belga Segaert. Il secondo giorno con l’arrivo in salita si è fatta molta selezione e io ho chiuso quinto, nel terzo abbiamo tutti lavorato per favorire Busatto.

Piganzoli insieme a Busatto e Pelizzari, per una nazionale protagonista in Polonia
Piganzoli insieme a Busatto e Pelizzari, per una nazionale protagonista in Polonia
Qual è stata la tappa decisiva?

La quinta che poi sarebbe stata l’ultima vista la cancellazione dell’ultima per maltempo. Anche quel giorno c’era pioggia e si è sviluppata una gran battaglia, ci siamo trovati davanti in una decina, lavorando di comune accordo per far fuori la nazionale inglese. Morgado ha vinto la tappa, Glivar secondo si è preso la maglia e io sono salito al secondo posto.

Com’è lo sloveno? Se ne parla davvero bene…

E’ davvero forte, un “cagnaccio” nel senso che è duro da staccare, non molla mai. Me lo aveva detto Pelizzari che ci aveva già corso insieme, mi aveva specificato proprio quanto fosse coriaceo. Io ho provato più volte ad attaccarlo ma non cede, anche quando è al limite.

Dopo Orlen, Piganzoli ha preso parte al Giro dell’Appennino, finendo 24° a 2’52” da Hirschi
Dopo Orlen, Piganzoli ha preso parte al Giro dell’Appennino, finendo 24° a 2’52” da Hirschi
Questa gara veniva dopo la top 10 in Ungheria e anche dopo, al Giro dell’Appennino hai mostrato una buona forma, eppure finora hai corso già molto, 27 giorni di gara…

E’ stato importante fermarmi a inizio aprile, un mese senza corse prima dell’Ungheria, pensando solo alla preparazione e a ricaricare le batterie. Correndo ho raggiunto rapidamente la condizione migliore che spero di sfruttare ancora.

Dove?

Dopo l’Appennino mi fermo una decina di giorni per tornare ad allenarmi e poi andrò al Giro di Slovenia, dicono che non dovrebbe esserci Tadej Pogacar. Non l’ho mai affrontato di persona, sarà un altro test importante per spingermi ancora oltre i miei limiti.

Il valtellinese inizia a essere molto popolare, tante le speranze riposte su di lui per le corse a tappe
Il valtellinese inizia a essere molto popolare, tante le speranze riposte su di lui per le corse a tappe
Durante la tua trasferta in Polonia e mentre la squadra era al Giro d’Italia è stata ufficializzata l’uscita di scena di Eolo dal vostro team. Sapevi già della cosa e ti ha preoccupato?

Spada ci aveva già avvertito che Eolo è stata venduta a un fondo economico, anche Basso ce ne aveva parlato, sapevamo che il futuro del team non è minimamente a rischio e quindi non mi sono soffermato su questo. Arriverà un altro sponsor di peso, noi dobbiamo solo pensare a correre e fare il nostro lavoro. Io sono sotto contratto anche per il prossimo anno, quindi non ho pensieri da quel punto di vista.

Ora arrivano tre grandi eventi: Giro Next Gen, Tour de l’Avenir e mondiale. Fra questi qual è quello a cui tieni di più?

Sinceramente alla corsa francese, voglio tornarci per fare meglio dello scorso anno (era stato quinto in classifica con due podi di tappa, ndr), ma per farlo devo essere davvero al massimo della forma, bisogna lavorare per quello.

Piganzoli e la Valtellina: è vero amore

21.03.2023
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Passeggiate, pedalate e panorami. Davide Piganzoli ama ogni metro della sua Valtellina e lo si percepisce dal modo in cui ce l’ha raccontata. Il classe 2002 di Morbegno, si è innamorato del ciclismo pedalando su una bici da corsa a 8 anni rivolgendo lo sguardo ai colossi da scalare che costellano la galassia della Valtellina.

La passione per la bici è di casa, infatti Davide è compaesano e compagno di squadra di Francesco Gavazzi di qualche anno meno giovane (38 anni). I due pro’ della Eolo Kometa Cycling Team viaggiano per il mondo a correre qua e là e per loro il ritorno a casa ha sempre qualcosa di magico e intimo. Saliamo in sella con Piganzoli per percepire questo attaccamento alla terra e il suo amore per le strade di casa. 

Piganzoli qualche giorno fa è andato alla scoperta della tappa di Santa Cristina al prossimo Giro U23
Piganzoli qualche giorno fa è andato alla scoperta della tappa di Santa Cristina al prossimo Giro U23

Valtellinese DOC

«Sono nato a Sondrio, ma vivo a Morbegno. Mio papà è della Val Gerola e mia mamma di Cosio. I nonni della Val Gerola». Piganzoli ha da sempre respirato l’aria pura della Valtellina, e come lui genitori e nonni. Il suo albero genealogico fonda le sue radici in questo territorio unico. 

«Ho iniziato a correre in bici a 10 anni – dice – ho iniziato da G5. Prima ho fatto un po’ di corsa a piedi e calcio. Da esordiente ho iniziato un po’ a scoprire quelle che erano le salite intorno a casa. Poi da allievo e così via. Tutt’ora ne scopro di nuove e oltre alle salite mitiche come Stelvio, Gavia, Mortirolo, mi piacciono anche quelle un po’ meno conosciute, ma altrettanto belle».

A renderlo però un valtellinese DOC, alla domanda quale sia il piatto tipico, non ha esitato un secondo, pronunciando con un sorriso: «I pizzoccheri! Su questo non ci si può di certo lamentare. Per quanto riguarda i vini invece mentre si pedala si è accompagnati dalle viti e dalle cantine che accarezzano le colline. Io non bevo e non sono un amante, ma so che il vino dalle mie parti lo sanno fare eccome».

Le salite preferite 

I passi da queste parti si “sprecano”: Passo Gavia, Passo del Mortirolo, Passo Forcola, Passo San Marco, Salita ai Laghi di Cancano, Passo dello Stelvio, Passo dello Spluga e infine Salita a Campo Moro. Salite protagoniste del ciclismo che accolgono ogni anno migliaia di ciclisti e appassionati. Luoghi che grazie all’iniziativa Enjoy Stelvio Valtellina sono pedalabili senza il traffico in totale tranquillità.

«A me piacciono molto – dice Piganzoli – le salite al nord. Quindi in direzione di Livigno, per esempio lo Stelvio. Ho la ragazza ad Aprica e quindi faccio spesso Mortirolo e Gavia. Amo fare un po’ quelle che sono le salite storiche del ciclismo. Poi ce ne sono altre un po’ meno conosciute ma belle da scoprire come quella di Teglio oppure la salita di Eita che sale da Grosio. Sono quasi tutte impegnative e pendenti come piacciono a me».

«Se dovessi consigliarne una ad un ciclista che viene da queste parti, gli proporrei sicurante Gavia e Stelvio in quanto rappresentano due colossi e che hanno scritto pagine di storia del ciclismo passato e moderno. Almeno una volta nella vita vanno fatte».

Un luogo tranquillo

Se grazie a Enjoy Stelvio Valtellina pedalare da queste parti lo si può fare con la totale assenza delle macchine, durante l’anno la Valtellina rimane un contesto poco contaminato dalle quattro ruote.

«Di traffico – spiega Piganzoli – in Valtellina ce n’è poco. In questi giorni mi sono allenato in Toscana e sulla riviera romagnola e devo dire, senza nulla togliere a questi posti che hanno tanti altri pregi, che c’è una bella differenza. Quando torno a casa posso pedalare in tranquillità e le strade sono bellissime e si possono percorrere in modo scorrevole. Mi piace molto arrivare in cima alla salita e apprezzare il panorama. Per me non è solo bici ma qualcosa in più, è una fortuna godere di queste viste dopo essersele guadagnate con fatica e sudore

Piganzoli per un breve periodo della sua vita e carriera è andato in Spagna alla Fundacion Contador dove ha conosciuto un’altra cultura per le due ruote. «I nostri paesaggi – spiega – specialmente quelli della Valtellina, ma ovviamente sono di parte, sono bellissimi e anzi possiamo essere orgogliosi nei confronti di tutti. Certo magari da paesi come la Spagna possiamo imparare come ci si comporta nei confronti dei ciclisti, qua a volte sembra quasi che facciamo un dispetto agli automobilisti, mentre là aspettano un tuo segnale per sorpassare».

La Valtellina un paradiso naturale tra Passi e sentieri trekking
La Valtellina un paradiso naturale tra Passi e sentieri trekking

I pro’ sotto casa

I professionisti sono approdati in Valtellina innumerevoli volte e lo hanno fatto passando sotto casa di Davide Piganzoli, facendolo incuriosire e innamorare di questo sport. «Vedere passare – racconta Piganzoli – il Giro d’Italia sotto casa ha sicuramente aiutato ad avvicinarmi al ciclismo. Quando andavo a vederlo sui passi mitici o alle partenze e arrivi, sapevo che quei momenti me li sarei portati dietro per tutta la vita. Sono andato sullo Stelvio, all’Aprica e ovviamente alla partenza da Morbegno».

“Hai voluto la bici, ora pedala”. Un proverbio vecchio e ridondante ma che da queste parti acquisisce un risvolto romantico che sembra quasi di barare nei confronti di altri luoghi. «L’estate è un vero e proprio paradiso. Le temperature fresche e il contesto la rendono un luogo magico. L’inverno quando è più freddo mi piace girare intorno a casa e fare passeggiate e trekking. Amo la montagna in ogni sua sfumatura».

Valtellina

Novità Eolo-Kometa: Sidi torna con Basso e Contador

05.01.2023
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Il team Eolo-Kometa-Visit Malta nel 2023 calzerà Sidi. L’annuncio è stato dato appena qualche giorno fa, segnando un vero e proprio glorioso ritorno al passato considerando crescita e sviluppo del brand. Quella tra Sidi e la squadra di Alberto Contador e Ivan Basso è la definizione di una partnership che sancisce la volontà di unire la tradizione con l’innovazione verso grandi obiettivi. Già testimone di grandi successi assieme ad Alberto Contador e Ivan Basso, ora fondatori e dirigenti della squadra, Sidi si prepara dunque a supportare il team con prodotti in grado di rappresentare un perfetto “trait d’union” tra gli atleti e la bicicletta.

Sidi sarà accanto alla Eolo Kometa per questa stagione (foto Maurizio Borserini)
Sidi sarà accanto alla Eolo Kometa per questa stagione (foto Maurizio Borserini)

Un ritorno alle origini

«A titolo personale – ha affermato Alberto Contador – avere Sidi con noi in squadra è motivo di eccitazione e di orgoglio. Sidi è il brand di scarpe con cui fin da giovanissimo ho ottenuto i miei primi successi. Con loro ho vinto i Grandi Giri, mi hanno seguito in ogni appuntamento importante e hanno saputo sempre meravigliosamente adattarsi ad ogni mia più specifica esigenza. In un certo senso, questa realtà ha fatto parte della mia vita, condividendo i momenti più belli che ho vissuto in bicicletta… Le loro scarpe garantiscono elevate performance grazie all’altissimo grado di personalizzazione: lavorare di nuovo assieme ha per me un grande significato».

«Con Sidi ai piedi – ha ribattuto successivamente Ivan Basso – ho vinto i miei due Giri d’Italia, ed avere oggi un brand così importante e prestigioso in squadra rappresenta per noi un bellissimo ritorno ad un’azienda che ci ha accompagnato nel raggiungimento dei nostri traguardi sportivi più importanti. Sono contentissimo, e sono sicuro che questa sarà una partnership di grande successo».

Denis Favretto, Team & Athletes Sidi Sport
Denis Favretto, Team & Athletes Sidi Sport

Sviluppo e performance

Nel corso del “fitting day”, organizzato in occasione dell’ultimo “training camp” del 2022, i corridori della Eolo-Kometa-Visit Malta hanno avuto modo di provare le calzature e scegliere il modello più adatto in riferimento alle proprie specifiche esigenze. Un attività, quest’ultima, assolutamente fondamentale per Sidi, per conoscere nel dettaglio le necessità dei propri atleti

«Ho già avuto modo di correre con Sidi per due stagioni – ha commentato Lorenzo Fortunato, corridore della Eolo-Kometa-Visit Malta e splendido vincitore della tappa con arrivo sul Monte Zoncolan durante Giro d’Italia 2021 – le conosco benissimo, e posso dire che sono delle scarpe con le quali ho sempre avuto ottime sensazioni. Un motivo in più per non vedere l’ora di iniziare la prossima stagione».

Una parte dello sviluppo dei prodotti Sidi passa attraverso la collaborazione con i professionisti
Una parte dello sviluppo dei prodotti Sidi passa attraverso la collaborazione con i professionisti

«In quanto realtà proiettata costantemente al futuro – ha dichiarato Davide Rossetti, nuovo CEO di Sidi Sport – siamo davvero entusiasti di aver chiuso questa importante collaborazione con la Eolo-Kometa-Visit Malta. La rapida crescita di questo team è sinonimo di impegno, totale dedizione e attenzione ai minimi dettagli. Inutile negare l’emozione di collaborare con Alberto Contador e Ivan Basso, ora alla guida di una squadra alla quale trasmetteranno inevitabilmente il loro talento. Impossibile dimenticare gli innumerevoli successi raggiunti da entrambi e la passione con la quale hanno condotto la loro carriera ciclistica. Un biglietto da visita di tutto rispetto. Condividiamo il loro percorso e crediamo nel confronto, certi che i continui scambi di opinioni e di esperienze, con atleti e staff, permetteranno all’azienda di accrescere ulteriormente il proprio già ricco bagaglio di conoscenza da tradurre in prodotti sempre più performanti e disponibili sia ai professionisti quanto all’immensa community di amatori». 

Sidi

Dinamo, l’incontro con il pubblico porta interesse e nuove idee

23.09.2022
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Fra gli incontri di Italian Bike Festival, quello con gli amici di Dinamo, che bici.PRO ha tenuto a battesimo sin dal suo lancio, è stato uno dei più coinvolgenti, per l’entusiasmo palesato da Tiziana Ardo e il suo team. Per l’amministratrice della società varesina, l’evento di Misano è stato la prima occasione per entrare in contatto con il suo pubblico e toccare con mano il modo in cui i prodotti e la filosofia che li genera sono stati accolti.

«Sono molto contenta – racconta – c’è stato un bel passaggio di gente. Tutti quelli cui abbiamo raccontato il nostro modo di vedere le cose e come lavoriamo sono sembrati davvero interessati. Tanti ci hanno fatto i complimenti, perché non ci conoscevano. Con alcuni invece mi sono divertita a fare un test».

Che tipo di test?

Chiedevo se quando comprano un qualsiasi prodotto e in questo caso un integratore, leggono mai gli ingredienti. E la risposta che ottenevo era sempre stata un no. E così cominciavo a spiegare loro il rischio di assumere prodotti troppo condizionati dalla chimica o che comunque non agevolano il recupero. Vedevo che dopo la Gran Fondo, tanti bevevano la Coca Cola che veniva distribuita. Ma quella non è un prodotto per il post attività. La gente dovrebbe informarsi su quello che prende, assumere prodotti che aiutino a smaltire le tossine.

Il nome inizia a diffondersi?

Diciamo che nel mondo bike siamo arrivati da poco, mentre in parallelo abbiamo avuto uno stand al Tor de Geants, la celebre corsa a piedi in alta montagna, dove ci conoscevano in tanti. In compenso ho notato un bel passaggio dal mondo della mountain bike e tanti genitori in cerca di prodotti per i figli che stanno entrando nell’agonismo. I prodotti giusti fanno bene anche per la crescita. Così tante mamme e tanti papà sono venuti a chiedere e poi sono tornati per comprare. E francamente questo è un fronte cui non avevo ancora pensato e su cui si può ragionare. Quelli che sono tornati sono stati molto utili da ascoltare.

Il mondo della mountain bike ha mostrato un interesse inatteso (foto Dinamo)
Il mondo della mountain bike ha mostrato un interesse inatteso (foto Dinamo)
Cosa avevano da dire?

Hanno portato i loro feedback. E’ chiaro che un utilizzo di due giorni non è sufficiente per capire un prodotto, ma sentire che non hanno avuto problemi di digestione neppure con i sali, nonostante le alte temperature di quei giorni e le borracce che si scaldano, mi ha fatto molto piacere.

Corsa in montagna, mountain bike…

Un’assonanza interessante, due discipline che si svolgono nella natura. Su strada abbiamo il Team Eolo-Kometa, nella mountain bike abbiamo preso come ambassador Massimo Berlusconi, tricolore senior della marathon a luglio. In genere si sono avvicinati a noi gli amanti degli sport di endurance.

Luca Spada ha partecipato alla gran fondo della domenica a IBF, “battezzata” da un acquazzone
Luca Spada ha partecipato alla gran fondo di IBF, “battezzata” da un acquazzone
Quindi un’esperienza positiva?

Decisamente molto. Sarà il verde del nostro stand che parla di natura, sarà la curiosità, mi è piaciuto molto l’andare e venire di gente che chiedeva ed è rimasta tutto il tempo ad ascoltare. L’Italian Bike Festival è stato proprio una bella esperienza.

La Maurienne conferma: Piganzoli è uno scalatore…

11.08.2022
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Non è una corsa come le altre. L’hanno inventata quest’anno ed è forse una delle future grandi corse d’un giorno per scalatori puri. E’ la Maurienne Classic, che ha riservato agli iscritti un percorso di 138 chilometri per ben 4.441 metri di dislivello con quattro colli da superare. L’altimetria terribile ha tenuto lontani molti corridori e molte squadre, non però la Fundacion Contador che ha portato 6 uomini tra cui Davide Piganzoli. Lui non si è spaventato, anzi…

La convocazione per la corsa francese gli è piovuta addosso un po’ inaspettatamente: «Ero appena sceso dall’altura, quindi non pensavo di andare così forte, non sapevo come avrebbe reagito il mio fisico. Invece mi sono ritrovato ad affrontare una vera gara a eliminazione, nella quale la squadra non aveva alcun peso. Ognuno doveva correre per se stesso. Alla fine, su 95 partenti, si sono classificati in 18…».

Piganzoli caldo
La gara è stata contraddistinta dal gran caldo: solo in 18 sono arrivati al traguardo (foto Zoe Soullard)
Piganzoli caldo
La gara è stata contraddistinta dal gran caldo: solo in 18 sono arrivati al traguardo (foto Zoe Soullard)
Com’era il tracciato?

Durissimo, neanche un metro di pianura, un continuo saliscendi anche con alcuni tratti di sterrato adatti più alle gravel che alle nostre bici. Oltretutto sono partiti subito a tutta. Dopo la seconda salita, davanti siamo rimasti una trentina, poi è iniziata la vera selezione.

Il percorso ti ha sorpreso?

Un po’ lo conoscevamo e abbiamo affrontato questa gara anche perché sappiamo che parzialmente sarà toccato dal prossimo Tour de l’Avenir. Una cosa che ho notato è che da quelle parti il ciclismo è quasi una religione, le strade sono sempre piene di scritte.

Piganzoli Maurienne 2022
Piganzoli, unico italiano in gara, si è sobbarcato tutto l’inseguimento sulla salita finale (Foto Zoe Soullard)
Piganzoli Maurienne 2022
Piganzoli, unico italiano in gara, si è sobbarcato tutto l’inseguimento sulla salita finale (Foto Zoe Soullard)
Quanto ha influito il caldo?

Molto, perché non c’era un attimo di ombra e con le temperature così alte abbiamo dovuto costantemente idratarci. La squadra aveva previsto molti punti di appoggio considerando la giornata molto calda. Sicuramente il tempo ha condizionato molto la gara.

Raccontaci come si è sviluppata…

Come detto, siamo arrivati alla terza salita, la più lunga con i suoi 14,6 chilometri e la selezione è iniziata. Si è sviluppata una fuga ed è rimasto davanti Jenner del Team Bridgelane. Ci siamo impegnati per riprenderlo e nell’ultima salita, la più dura con i suoi 10 chilometri per una pendenza media dell’8,5 per cento ma punte al 15, soprattutto nell’ultimo chilometro, è partito il suo compagno Dinham. Io ero distratto proprio per idratarmi e ho perso la sua ruota. Tiravo sempre io, Jenner faceva gioco di squadra. Alla fine ha vinto per mezzo minuto (nella foto in apertura di Freddy Guerin/DirectVelo l’arrivo del lombardo, ndr).

Maurienne Podio 2022
Il podio finale con Matthew Dirham (AUS) primo con Piganzoli a 31″ e il connazionale Sam Jenner a 1’21”
Maurienne Podio 2022
Il podio finale con Matthew Dirham (AUS) primo con Piganzoli a 31″ e il connazionale Sam Jenner a 1’21”
Un secondo posto che ti ha lasciato l’amaro in bocca o ti ha soddisfatto?

Sono rimasto contento, considerando che non credevo di avere già una gamba così brillante appena sceso dall’altura. E’ stata un’esperienza molto utile che mi ha detto molto anche su me stesso.

Sei giunto secondo in una corsa per scalatori puri. E’ vero che sei campione nazionale a cronometro, ma puoi definirti uno scalatore come tua caratteristica principale?

Io mi ci sento. Se non proprio “puro”, sono comunque convinto che la salita sia il mio terreno principale. Il fatto di aver vinto a cronometro è qualcosa che integra questa caratteristica e mi fa davvero pensare che le corse a tappe possano essere il mio terreno preferenziale per il futuro. Ho anche un buon recupero, tanto è vero che fatico soprattutto nelle prime giornate di gara, poi vado sempre meglio. Anche all’ultimo Val d’Aosta è stato così, appena ho ritrovato brillantezza non mi sono nascosto.

Tricolore a cronometro e molto forte in salita, Davide guarda con fiducia a un futuro nelle corse a tappe
Tricolore a cronometro e molto forte in salita, Davide guarda con fiducia a un futuro nelle corse a tappe
Che cosa ti aspetta adesso?

L’appuntamento principale della stagione, il Tour de l’Avenir. So che Amadori intende costruire la squadra su me e Frigo, poi sarà la strada a stabilire le gerarchie, io comunque devo farmi trovare pronto, anche perché in queste settimane si gioca molto del mio futuro.

Anche a livello contrattuale?

Sì, diversi team si sono interessati, dopo la trasferta francese prenderemo una decisione in base alle offerte e alle possibilità per il mio futuro. Ora devo pensare solo a pedalare e a pedalare forte…

Le storie del Mortirolo, Basso racconta

24.05.2022
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Il 28 maggio del 2010 era un venerdì e Basso aveva ancora 2’28” dalla maglia rosa di Arroyo (in apertura, Ivan con Scarponi sul Mortirolo). Quel Giro era cominciato in modo balordo, con la fuga di L’Aquila che aveva spinto avanti coloro che ci avevano creduto e affossato le ambizioni degli altri. Ma la Liquigas non si era arresa e alla vigilia della tappa di Aprica, Basso aveva già recuperato 9’21”. Ancora poco, rispetto agli 11’49” di quella sera maledetta in Abruzzo, all’ombra delle case ancora devastate dal sisma dell’anno prima.

«Si facevano Aprica e Trivigno – ricorda Ivan – poi il Mortirolo da Mazzo, discesa su Edolo e ancora Aprica. Dovevo giocarmi tutto sul Mortirolo, il giorno dopo sul Tonale si poteva fare poco. Dovevo mandarlo in crisi. Su quella salita, se la attacchi subito forte, fai i distacchi veri. Fu un Giro tutto particolare, dovendo sempre recuperare. Fu un vero sfinimento…».

Il Mortirolo e la rosa

Il Mortirolo torna oggi per una di quelle tappe che, soprattutto all’indomani del riposo, ha sempre fatto tremare i polsi.

«Sicuramente sarà decisivo – prosegue Basso – considerando il blocco del weekend appena passato, con Torino e Cogne e quello che verrà poi, con Lavarone e Marmolada. Chi esce in maglia rosa dal Mortirolo, difficilmente sarà spodestato. Se ne hai per fare la differenza nel penultimo weekend, di solito vai a crescere…».

Ricordi di bambino

Per il varesino che oggi porta avanti la sua Eolo-Kometa, quella salita significa anche altro e affonda le radici nel ricordo dell’infanzia e della casa materna a Bianzone.

«Mia mamma era di là – conferma, ricordando la signora Nives scomparsa troppo presto – e la tappa passa a poche centinaia di metri dalla casa in cui sono cresciuto. Ho tenuto la baita più alta, a 1.600 metri e mi capita spesso di andarci. Sul Mortirolo ci salii per la prima volta a 11 anni, con una mountain bike in acciaio che pesava 11 chili. La prima salita su bici da corsa fu lo Stelvio, ma non avevo i rapporti per il Mortirolo. Serviva la tripla e in un paio di tornanti misi anche piede a terra. Quando da bambino facevo queste salite, sognavo che da grande le avrei fatte al Giro d’Italia. Per me il ciclismo era la sigla della Rai, con Jesper Skibby che si buttava in quella discesa e la musica della Turandot in sottofondo, con il Vincerò di Pavarotti. Quelli sono i miei ricordi. La corsa si guardava in tivù, ora vedo Santiago che si collega col cellulare ovunque si trovi…».

Pantani vinse ad Aprica, scalando Mortirolo e Santa Cristina. Era il 1994.
Pantani vinse ad Aprica, scalando Mortirolo e Santa Cristina. Era il 1994.

Attesa della Ineos

Il Mortirolo di questa volta sale da Monno e affronta la direttissima, un tratto che in allenamento era una sorta di banco di prova per Contador, legato alla Valtellina da antica amicizia.

«Il Mortirolo – conferma Basso – è lo spartiacque che condiziona la corsa. Il versante più cattivo e vero è quello di Mazzo, perché è quello che ha fatto la storia. Ma alla fine ognuno ha le sue caratteristiche. E’ la salita che in gruppo temono di più in assoluto, poi bisogna anche vedere a che punto della corsa viene affrontata, perché ovviamente l’interpretazione di corsa sarà diversa. In una tappa come quella di oggi, mi aspetto che la Ineos faccia la differenza. Non lasciamoci condizionare da quello che abbiamo visto sul Blockhaus e a Torino, quelle non erano tappe per loro…».

Giro del 2006, sul Mortirolo il duello fra Basso e Simoni, con tanto di polemica
Giro del 2006, sul Mortirolo il duello fra Basso e Simoni, con tanto di polemica

Quella volta con Simoni

La tappa parte da Salò. Affronta subito il Crocedomini, poi va a Monno per addentare il Mortirolo. E alla fine propone la salita di Teglio da Bianzone e quella del Santa Cristina, che nel 1994 lanciò Pantani verso lo stesso traguardo di Aprica. Fra i ricordi di Basso c’è anche quello: aveva ancora 15 anni. E poi il Mortirolo del 2006, quello con Simoni e della grande litigata sul traguardo di Aprica.

«Il Mortirolo di Pantani nel 1994 – ricorda Basso – lo vidi in televisione. Sono di quelle immagini che non dimentichi. Nel 2006 invece avevo già un vantaggio importante, volli vincere la tappa. Quell’episodio ormai è passato. Ci siamo chiariti. E adesso andiamo alle corse per seguire i nostri figli».

A casa in bici dopo la Sanremo: che avventura per Diego Rosa

23.03.2022
5 min
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Tutti i corridori sabato scorso sono andati da Milano a Sanremo, ma ce n’è uno, Diego Rosa, che ha fatto la Milano-Montecarlo, corsa non riconosciuta dall’UCI! Ma pur sempre una cavalcata di oltre 340 chilometri. In pratica una tappa dei tempi di Binda o Girardengo…

E’ andata così. Al termine della Classicissima, che il corridore della Eolo-Kometa ha regolarmente portato a termine in appoggio a Vincenzo Albanese, il piemontese ha preso lo zaino e se n’è tornato a casa in quel di Montecarlo, una quarantina di chilometri verso Ovest.

Una bella scarpinata dopo una corsa così lunga (la più lunga del calendario, ndr). Serve coraggio, forza e un pizzico di follia. Che ad un biker nel Dna come Diego proprio non manca. 

Diego Rosa in azione durante l’ultima Classicissima. Lo scalatore piemontese adesso è in altura
Diego Rosa in azione durante l’ultima Classicissima. Lo scalatore piemontese adesso è in altura
Diego, come stai? Ma ci spieghi come è andata: davvero tua moglie ti ha lasciato a piedi?

E chi ci ammazza! Adesso sono in altura a Sierra Nevada. Come è andata? E’ successo che mia moglie aveva un matrimonio ed era la testimone di nozze, non poteva certo mancare. Dovevo andare anche io, ma poi mi hanno chiamato per la Sanremo e quindi tra disguidi nell’organizzazione del ritorno sono rientrato in bici. L’ho detto per scherzo all’inizio, poi invece…

Poi invece ti sei fatto la distanza….

Eh sì, che poi queste cose mi piacciono. Alla fine con tutti i corridori che ci sono a Montecarlo un passaggio me lo avrebbe dato chiunque. 

Chiaramente hai impostato la tua giornata per la Sanremo, ma come ti sei gestito con l’alimentazione?

Quando ho detto del mio rientro a casa in bici ho detto anche ai diesse: tranquilli, non è che mi risparmio nella Sanremo. Semmai faccio l’autostop! E infatti prima del via non ho dichiarato che avrei fatto questa cosa. Metti che cadevo, sarei dovuto andare poi a casa con tutti i cerotti!

E con l’alimentazione?

Ecco, quella è stata un bella fregatura! Io ho mangiato per la Sanremo, nei tempi e nelle quantità, senza pensare al rientro a casa. Una volta arrivato, ho preso due borracce d’acqua, una barretta e sono ripartito. Tutto andava bene, poi a 10 chilometri da casa non vedevo più la strada… e non era notte! 

Crisi di fame!

Mamma mia! Sono entrato in una boulangerie e ho preso un panino. Dopo quel momento sarei andato di slancio fino a Nizza. La panettiera era anche appassionata di ciclismo. Aveva visto la corsa in tv.

Diego Rosa, classe 1989, è approdato questo inverno alla Eolo-Kometa (foto Maurizio Borserini)
Diego Rosa, classe 1989, è approdato questo inverno alla Eolo-Kometa (foto Maurizio Borserini)
E cosa ti ha detto quando ti ha visto nel suo locale?

E’ rimasta un po’ così. E’ stata simpatica. Ho preso un panino con prosciutto e formaggio. In realtà era l’ultimo che aveva ed era anche del giorno prima, mi ha detto. Però mi ha fatto lo sconto perché ero un corridore.

Quanto ci hai messo da Sanremo a casa?

Normalmente è un’altra ora e mezza, ma io sono andato tranquillo. Me la sono proprio goduta. Ho fatto pipì, ho preso l’acqua ad una fontana, ho lavato gli occhiali perché ci avevo sudato dentro, ho risposto a dei messaggi. Ero tranquillo, dai. Senza nessuno a casa che mi aspettava me la sono presa comoda. 

Che storia, Diego!

L’unica cosa un po’ imbarazzante è che quando sono arrivato io, arrivavano anche le ammiraglie con i diesse che riaccompagnavano i corridori a casa. Io invece ero lì in bici e mi sono chiesto: chissà cosa pensano. Se dovessi rifarlo prenderei delle stradine più nascoste. E comunque ho fatto questa avventura perché per un mese non corro. Se avessi dovuto fare una Coppi e Bartali o un Catalunya, non mi sarebbe passato neanche per la testa. Anche perché se poi vai piano i diesse te lo avrebbero fatto notare.

Cosa ti hanno detto i tuoi colleghi quando ti hanno visto partire?

Luca Spada quando mi ha visto non ci credeva. Qualche battuta, qualche presa in giro, ma è stato simpatico. Se il prossimo anno faccio la Sanremo, lo rifaccio ma con delle scommesse in gruppo. Si potrebbe fare con Peter (Sagan, ndr). Gli direi: se non vinci torni a casa in bici con me. Di sicuro lui ci verrebbe. Ma rilancerebbe anche con un qualcosa del tipo: se però vinco tu vai tipo a casa tua in Piemonte. E’ rischioso!

Una volta a casa cosa hai fatto?

La valigia per l’altura. Doccia e valigia. L’ho fatta mentre aspettavo mia moglie. Senza i bimbi è tutto più facile e non si dimentica nulla. In questo modo la domenica sono stato con loro, li ho portati al parco. Insomma, mi sono portato avanti. Quindi se uno si chiede: cosa fa un pro’ dopo la Sanremo? La risposta è la valigia per l’altura. 

I dati, presi da Strava, della lunga cavalcata da Milano a Montecarlo
I dati, presi da Strava, della lunga cavalcata da Milano a Montecarlo
Cosa hai mangiato poi a cena?

Quello che ho trovato: scatolette, prosciutto… sinceramente non avevo voglia di cucinare, di lavare poi i piatti… Però una birretta mentre facevo la valigia me la sono fatta.

Alla fine quanti chilometri hai fatto?

Ho percorso 344 chilometri, trasferimento incluso. 

Tra l’altro quello della Sanremo neanche è breve, di trasferimento…

Caspita, perché gli avrei dovuto regalare 20′ “a gratis”! Eh, io timbro il cartellino quando esco dal bus!

Diego, chiudiamo con una domanda più seria. Prima hai detto che non corri per un mese. Quindi sei già in ottica Giro d’Italia?

Sì, farò il Giro Sicilia, le Asturie e quindi il Giro d’Italia.

Anche le Asturie?

Eh sì. Tanto sono solo tre tappe. E poi lì piove sempre, ci si abitua per il Giro visto come è andata negli ultimi anni. Non faccio il Tour of the Alps in Trentino, soffro sempre un po’ di allergia pedalando in mezzo ai meli in fiore. Se posso, quindi, preferisco evitarlo.

Pietrobon, un italiano in vetta alla Coppa di Spagna

22.03.2022
4 min
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Andrea Pietrobon, dal Veneto alla Spagna. Il corridore della Eolo-Kometa under 23 con il buon piazzamento di ieri è balzato in testa alla “Copa de Espana” (nella foto di apertura eccolo con la maglia di leader), il circuito più importante del dilettantismo iberico.

Il cadorino si è ritrovato in un ambiente del tutto nuovo. Forse anche un po’ inaspettatamente, ma a quanto pare se la sta cavando alla grande e l’ambiente iberico non è poi così male, anzi… Di certo è un’esperienza che si ritroverà in futuro.

Andrea Pietrobon (classe 1999) in azione in una delle gare della Coppa di Spagna
Andrea Pietrobon (classe 1999) in azione in una delle gare della Coppa di Spagna
Andrea, partiamo da ieri, dal Gran Premio de Primavera Ontur. Come è andata?

È andata bene direi! Il percorso era abbastanza facile, non c’erano queste grandi altimetrie. Ha vinto un mio compagno (Francisco Munoz, ndr) e io ho fatto quarto in volata. E con questo piazzamento sono tornato leader della Coppa di Spagna. Avevo perso la leadership domenica scorsa. Con la squadra puntiamo a vincere la generale. Mancano 7 gare e servono punti. Cercheremo di fare il meglio possibile fino a fine maggio, giugno quando termina la Coppa.

Spiegaci bene come funziona questa challenge…

Sono 11 prove in tutto. Vengono assegnati dei punti a scalare fino al 20°. Chi fa più punti vince. In Spagna ci tengono tanto. E’ l’evento under 23 di maggior importanza, visto che non ci sono molte gare internazionali.

Che differenze hai notato rispetto ai nostri under?

Il livello è un po’ più basso rispetto all’Italia. Da noi credo ci sia il livello più alto d’Europa, o comunque tra i più alti. Da noi ci sono molti team di alto livello e tantissime continental e questo alza molto gli standard. In Spagna le continental under 23 non ci sono e questo fa sì che la qualità sia un po’ meno alta. I primi comunque vanno forte!

E per quel che riguarda le dinamiche del gruppo? Hai notato differenze?

In Italia c’è più nervosismo e per uno sprinter, per esempio, è più difficile prendere le salite davanti. Da noi tutti vogliono imboccare le salite davanti, anche chi non ha le gambe. E per questo ci sono più cadute. In Spagna insomma c’è più “relax” in gruppo.

Che poi loro sono più votati agli scalatori, ai corridori da corse a tappe… Detto ciò, tu cosa ci dici: il prossimo anno entrerai a far parte del gruppo professional della Eolo-Kometa?

Non lo so  e non posso dirlo adesso. Adesso il primo obiettivo è la Coppa, dall’estate farò il possibile per fare lo stagista con la professional. E poi si vedrà…

Andrea con suoi 191 centimetri d’altezza svetta tra i compagni del Gp di Primavera, tutti spagnoli tranne Oioli
Andrea con suoi 191 centimetri d’altezza svetta tra i compagni del Gp di Primavera, tutti spagnoli tranne Oioli
Ieri hai fatto quarto in volata, avevi vinto la cronosquadre al campionato italiano col Cycling Team Friuli. Allora ci chiediamo: che corridore è Pietrobon?

Vado bene sulle salite lunghe, quelle un po’ più regolari. Direi quindi un passista scalatore. In Spagna però faccio anche le volate per due motivi: uno, come ho detto, perché il livello essendo meno estremo che in Italia mi consente di farle: è un po’ meno difficile. E poi perché cerco di raccogliere più punti possibili per la Coppa. 

Ma non sei esperto di volate…

Diciamo che in passato tra Zalf Euromobil Fior e CTF a Dainese, Lonardi, Milan le tiravo io. Adesso mi sto adattando alle volate.

E della mentalità spagnola cosa ci dici?

I nostri preparatori sono bravi. Fanno le cose giuste. Alla fine devo dire che tutto è molto simile a quanto si faceva nel CTF. Entrambe curano molti aspetti. Sono molto attenti ai giovani. Ci dicono bene del riposo, dell’alimentazione, dello stile di vita migliore per fare per attività fisica. Sì, cambia poco. Sono due squadre simili, due team buonissimi e preparati.

Parlaci della Spagna: cosa ti piace?

In generale mi piace il modo di vivere, sia con lo staff, che con i compagni. Devo dire che sono molto gentili, calmi e ci tengono a me. Già questo inverno mi hanno aiutato nelle difficoltà.

Andrea Pietrobon è al primo anno nella Eolo, o più precisamente nella Fundacion Contador Team
Andrea Pietrobon è al primo anno nella Eolo, o più precisamente nella Fundacion Contador Team
Quali difficoltà?

Ho avuto dei problemi fisici già sul finire della scorsa stagione e loro mi hanno aiutato nel lasciarmi riprendere con calma. Problemi che non mi hanno più consentito di andare forte. Sarei dovuto andare nella professional ma abbiamo poi deciso che sarei rimasto nella under 23.

La Eolo-Kometa è un po’ spagnola, appunto il team giovanile, e un po’ italiana, la professional: adesso quindi fai la spola con la Spagna…

Esatto, qualche volta resto lì una settimana, altrimenti faccio avanti e indietro. Parto il venerdì e rientro il lunedì. Faccio da Venezia a Madrid, dove abbiamo la casa della squadra e da lì ci muoviamo per il resto della Spagna. 

E cosa ti piace di questa Spagna?

Beh, il mangiare non è male. L’Italia è al primo posto chiaramente per quel che riguarda il cibo, ma rispetto a tanti altri Paesi qui non ci si può lamentare. La “tortilla de papas” è il mio piatto preferito. E poi apprezzo la gentilezza delle persone e il loro calore.

E’ nata la Eolo Campo dei Fiori Climb

11.12.2021
3 min
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Lo scorso 28 novembre è stata ufficialmente inaugurata la “Eolo Cdf Climb” (apertura, foto Agenzia Blitz). Si tratta di un progetto voluto da Elmec Informatica che ha trovato il supporto attivo di Eolo Spa, l’azienda fondata da Luca Spada, main sponsor del team Eolo-Kometa: il progetto rientra fra le iniziative messe in atto dalle due aziende a supporto della sostenibilità e del territorio.

Alla presentazione di Eolo CDF Climb, l’intervento di Rinaldo Ballerio (foto Agenzia Blitz)
Alla presentazione di Eolo CDF Climb, l’intervento di Rinaldo Ballerio (foto Agenzia Blitz)

Un percorso permanente

“Eolo Cdf Climb” è un percorso permanente che unisce lo stadio Franco Ossola di Varese e il Belvedere del Campo dei Fiori, la montagna che domina la città. A volerlo in prima persona è stato Rinaldo Ballerio, presidente del Cda di Elmec Informatica, che ha preso esempio dalla vicina Francia dove tutte le salite che hanno fatto la storia del Tour de France presentano una cartellonistica dedicata ai ciclisti.

Ora anche quella al Belvedere del Campo dei Fiori ha una sua segnaletica permanente a partire da due totem completi di mappa che segnalano rispettivamente la linea di partenza e di arrivo della scalata. Ogni mille metri sono stati inoltre posizionati dei cartelli con indicata la distanza ancora da percorrere, l’altitudine e la pendenza. E’ stata inoltre prevista sul lato destro della carreggiata una striscia blu continua molto utile per guidare chi non è della zona e affronta per la prima volta la salita. Si tratta anche di un segnale di attenzione per gli automobilisti.

Maglie Eolo-Kometa Team sulla salita imbiancata dalla prima nevicata di stagione (foto Agenzia Blitz)
Maglie Eolo-Kometa Team sulla salita imbiancata (foto Agenzia Blitz)

Battesimo imbiancato

Per l’inaugurazione dello scorso 28 novembre, si sono presentati allo stadio Franco Ossola oltre cento ciclisti che al risveglio hanno trovato le colline attorno a Varese imbiancate dalla prima neve di stagione. Tra loro anche gli ex professionisti Stefano Zanini e Noemi Cantele. A tagliare il nastro erano presenti oltre allo stesso Rinaldo Bellerio, il sindaco di Varese Davide Galimberti e Renzo Oldani, presidente della Società Ciclistica Alfredo Binda che ogni anno organizza la Tre Valli Varesine e che ha curato la logistica dell’evento. Per Eolo era presente Ivan Basso che ha guidato poi il gruppo nella scalata accompagnato da Alessandro Fancellu e Andrea Montoli del team Eolo-Kometa. Era presente per lo stesso team anche Edward Ravasi che però non ha potuto pedalare in quanto ancora convalescente.

Ivan Basso raggiunge il Belvedere Campo dei Fiori, teatro di tanti allenamenti (foto Agenzia Blitz)
Ivan Basso raggiunge il Belvedere Campo dei Fiori (foto Agenzia Blitz)

E Basso racconta

Prima della partenza Ivan Basso ha voluto descrivere la salita al Belvedere del Campo dei Fiori, avendola scalata più volte nella sua carriera di atleta.

«Ho affrontato tantissime volte questa salita – ha detto – che possiamo dividere in due parti. La prima parte è quella più dura, sicuramente la più impegnativa. La seconda parte, seppure più facile, merita la massima attenzione. E’ qui che si può sviluppare maggiore velocità. Ho proposto a Renzo Oldani della Società Ciclistica Alfredo Binda – ha continuato Basso – di inserirla in una Tre Valli Varesine. Mi piacerebbe che un giorno potesse anche diventare un arrivo di tappa al Giro».

La salita misura circa 10,5 chilometri con una pendenza media del 6,6 per cento e un dislivello di 700 metri.

Eolo

Elmec