Freddo e cadute, cosa non ha funzionato nel Giro di Ravasi?

01.06.2021
5 min
Salva

Edward Ravasi doveva essere il capitano della Eolo-Kometa, l’uomo di classifica della squadra di Ivan Basso e invece il corridore lombardo ha reso meno di quel che ci si aspettava. Come mai? Cosa è successo? Facciamo questa analisi direttamente con lui che, con grande lucidità, conferma la nostra idea e ci spiega come sono andate le cose nel suo difficile Giro d’Italia.

Edward era al suo secondo Giro d’Italia, questo lo ha concluso al 46° posto nella generale
Edward era al suo secondo Giro d’Italia, questo lo ha concluso al 46° posto nella generale
Edward, innanzi tutto come è stato il risveglio in questi giorni? Sei stanco?

Mi sono risvegliato a casa e ho potuto riabbracciare il mio letto e ammetto che ho faticato un po’ a alzarmi. In più in la sera di Milano con la squadra abbiamo fatto un’apericena a “Casa Eolo” con staff, diesse, corridori, Spadaun modo per salutarci e per festeggiare il nostro primo Giro d’Italia.

Cosa ti è piaciuto e cosa non ti è piaciuto della corsa rosa?

Parto da cosa non mi è piaciuto. Mi sono dovuto scontrare con giorni abbastanza duri, nei quali il freddo, che soffro veramente tanto, mi ha bloccato. Soprattutto nelle prime tappe sugli Appennini e lo stesso quel giorno sul Giau: credo che se non avessero accorciato la tappa mi sarei fermato. In più sono caduto a Chieti. Mi sono rialzato subito convinto che non fosse niente, invece strada facendo mi si è gonfiato il braccio sinistro e la gamba. Ho passato 3-4 giorni difficili, facevo fatica a rilanciare la bici, a stare in gruppo.

E le cose belle?

Il pubblico. E’ stato bello rivedere tanta gente a bordo strada. E poi la nostra vittoria sullo Zoncolan. Ha vinto Fortunato, ma potevo esserci io. Quel giorno ce la sentivamo proprio. Dovevamo andare in fuga, eravamo motivati a fare bene. Sarebbe toccato ad uno di noi entrare nella fuga buona.

Il varesino forse è arrivato al Giro già con un peso limite
Il varesino forse è arrivato al Giro già con un peso limite
Tu dovevi essere il capitano del team, secondo a un Tour de l’Avenir, hai fatto una Vuelta…

E anche un Giro – puntualizza Ravasi – nel 2017 da neopro’. Purtroppo come ho detto le cose non sono andate bene. Già  nella tappa di Sestola il freddo mi ha bloccato e ho perso subito velleità di classifica. Da quel momento il corpo non ha più risposto come volevo. Sono andato bene a Sega di Ala. Quel giorno ho provato a lottare per la top ten, avevo ripreso e staccato Bardet nel pezzo più duro, ma forse ho anche un po’ esagerato e nel chilometro finale ho pagato un po’. Ma è anche vero che avevo speso molto, avevo provato a fare il “pronti e via” per andare in fuga. Ci ho riprovato anche verso l’Alpe di Mera e l’Alpe di Motta ma nella prima ora di pianura uno di 60 chili come me (Ravasi è alto 1,81 metri, ndr) spreca molto.

Basso è stato corridore e uomo di classifica, ti dava consigli?

Ivan è sempre stato con noi. Lui così come Zanatta e i diesse. Ogni giorno ci spronavano a dare il massimo, a dirci quando mollare perché magari si poteva fare qualcosa il giorno dopo. Non abbiamo mai corso solo per far vedere la maglia. E credo si sia visto. Ivan mi ha detto di stare tranquillo sin dalla sera di Sestola. Mi ha detto che a quel punto avrei cercato una vittoria di tappa. Mi resta l’amaro in bocca per non essere riuscito ad esprimermi come volevo e mi dispiace perché ho fatto davvero tanti sacrifici, sarebbe bastata una giornata fatta bene e sarebbe cambiato tutto.

Però è stata un’esperienza, non sei un ragazzino (Ravasi è un classe 1994, ndr) ma neanche un vecchietto…

Sì certo. A Sega di Ala ho capito che posso stare davanti. E infatti Ivan me lo ha detto subito a fine tappa: visto che c’eri nonostante tu abbia fatto il “pronti e via”? Mi ha fatto notare che potevo stare con i primi dieci della classifica. Questo Giro ha evidenziato qualche qualità e anche dove ho sbagliato, a cominciare dalla testa e dall’aspetto fisico. 

A Sega Italia una buona tappa per Ravasi, Bardet lo ha riacciuffato nel finale
A Sega Italia una buona tappa per Ravasi, Bardet lo ha riacciuffato nel finale
In che senso?

Che non serve a nulla essere troppo magri se poi paghi così tanto gli eventi naturali, il freddo per intenderci, anche se poi io lo soffro lo stesso. Sono partito sin troppo tirato. Però tutto questo adesso è utile per tirare una riga per il prosieguo della stagione e della carriera.

Che programmi hai?

Farò qualche giorno di riposo, poi andrò all’italiano e poi ancora staccherò del tutto. E penserò alla seconda parte di stagione. Non ho un calendario definitivo, ma l’idea è di fare un bel “reset”. Non ho corso molto, ma ho lavorato tanto, per questo mi spiace di come sia andato il Giro: so quanto avevo fatto e come andavo. Comunque credo che farò il blocco delle corse italiane, quelle da fine agosto ad ottobre per chiudere la stagione al top con qualche gara tipo il Giro dell’Emilia più adatta a me. E nel mezzo non so se farò Burgos o il Giro di Sardegna.

Ravasi ammette molto: errori e qualche limite. Ma la presa di coscienza è già un ottimo passo e se il corridore della Eolo-Kometa riuscirà a farne tesoro sarà un ottimo passo in avanti per lui e per il nostro ciclismo. Questo ragazzo è un talento e va tutelato fino alla fine.