Bevilacqua, un addio che deve far riflettere

18.12.2023
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A soli 26 anni, Simone Bevilacqua ha detto basta. La sua carriera da pro’ è durata qualche anno, tra la difficile e tumultuosa esperienza alla Vini Zabù e un biennio all’Eolo-Kometa senza squilli personali, ma con molti apprezzamenti per il suo lavoro in seno alla squadra. Il suo ritiro rappresenta l’esempio di quel che significa vivere nel ciclismo contemporaneo, che richiede tantissimo, che ti mette continuamente alla prova, che ti consuma e spreme velocissimamente. Un esempio che dovrebbe far riflettere.

Simone ne parla con tranquillità, convinto della sua scelta seppur conscio di essere alle prese con un profondo cambiamento di vita: «Io sono orgoglioso di quello che ho fatto – dice – sono arrivato a un alto livello seppur non gareggiando in un team del WorldTour, ma potrò dire un giorno di aver corso con i più forti. Se ho un rammarico è quello di essere passato molto giovane, a 20 anni, non ancora in possesso di quelle necessarie linee guida per vivere in quest’ambiente. Senza di esse gli errori arrivano: cerchi di imparare, vai avanti ma ti manca sempre qualcosa».

Il culmine della sua carriera, la vittoria nella settima tappa del Tour de Langkawi 2019
Il culmine della sua carriera, la vittoria nella settima tappa del Tour de Langkawi 2019
Proviamo a ripercorrere la tua carriera, i primi due anni com’erano stati?

Avevo corso nella Wilier Triestina-Selle Italia, poi Neri Sottoli e i risultati non erano mancati. Tante corse all’estero, un po’ di piazzamenti fino alla vittoria di tappa al Tour de Langkawi. Quello è stato il momento più alto, più bello. Da lì mi aspettavo una crescita, che tutto cominciasse invece è stato un continuo su e giù, è come se fossi salito sulle montagne russe.

Hai vinto nel 2019. L’anno dopo è stato quello del Covid, pensi che ti abbia penalizzato oltre misura?

E’ stata una stagione strana, questo sì, ma non c’entra molto con quello che è successo. Sulla Vini Zabù voglio essere chiaro: i “casini” che sono scoppiati, i casi di doping che hanno portato alla sua fine non devono far dimenticare le persone che erano al suo interno. Era un bel gruppo, affiatato, che lavorava bene e in maniera corretta. Al Giro stavamo andando bene, poi il caso di positività portò alle perquisizioni nelle nostre stanze e le ripercussioni sull’ambiente furono forti. L’anno dopo altro caso, vennero a perquisire casa e sequestrare i telefoni, una situazione davvero drammatica per chi come me non c’entrava niente. Venimmo esclusi dal Giro, non si gareggiava quasi più, per fortuna però un giorno squillò il telefono…

L’esperienza alla Vini Zabù è stata difficile, anche dal punto di vista famigliare
L’esperienza alla Vini Zabù è stata difficile, anche dal punto di vista famigliare
Chi era?

Ivan Basso e lo ringrazierò sempre per questo, per l’opportunità che mi offrì di passare alla Eolo-Kometa. Mi ritrovai in un mondo completamente diverso, una struttura estremamente professionale, dove tutto era perfetto e tutte le negatività da cui venivo erano cancellate. Piano piano sentivo che stavo tornando me stesso e infatti la seconda parte del 2022 era stata molto positiva, con tutto che nella stagione ho dovuto affrontare prima il Covid e poi problemi a un ginocchio.

E quest’anno?

Ero partito bene, facendo il mio in Sudamerica e in Istria, ho corso anche la Sanremo, ma poi sono rimasto fermo tre mesi. Sono tornato alle gare a giugno ma ho fatto fatica a riprendere il ritmo gara. Nella seconda parte dell’anno sono arrivate le trasferte in Slovacchia Croazia e Turchia, si era formato un bel gruppo in corsa come fuori, con Maestri, Lonardi e gli altri. Avevo però capito che il contratto non sarebbe stato rinnovato.

In Turchia l’ultima gara, con Lonardi, Maestri e quel gruppo così ben affiatato
In Turchia l’ultima gara, con Lonardi, Maestri e quel gruppo così ben affiatato
Hai provato a vedere se c’erano altre strade?

Tante parole, ma nulla di concreto. Io convivo con la mia fidanzata, sono arrivato a un punto che devo fare scelte ponderate. Non c’era obiettivamente un team che potesse garantirmi uno stipendio adeguato per poter tirare avanti. Ci ho riflettuto e sono giunto alla decisione di chiudere, convinto di quel che faccio.

La tua storia sembra quasi la dimostrazione di come passando molto giovani si vada incontro a un futuro anche molto incerto e non sempre fortunato. Tornando indietro, ci ripenseresti?

Domanda difficile. Quando a quell’età ti trovi di fronte a un contratto triennale, con tutta la carriera davanti, come fai a dire di no? Pensi che magari rinunci, resti U23 ma poi chi lo dice che quel treno ripasserà? Rischi di esserti giocato l’unica vera carta a disposizione perché non sai se nel futuro ti capiteranno incidenti, problemi, sconfitte e nessuno magari ti chiamerà più. Il ciclismo di oggi è così, rischi che arrivi a 24 anni e ti dicono che sei vecchio, quando vecchio assolutamente non lo sei, solo che non c’è la pazienza di aspettare e la voglia di investire su un corridore di quell’età.

Bevilacqua ha corso gli ultimi due anni con la Eolo-Kometa, prodigandosi per gli altri
Bevilacqua ha corso gli ultimi due anni con la Eolo-Kometa, prodigandosi per gli altri
Un altro aspetto che emerge è che figure come la tua, non vincenti ma utilissime per il lavoro nel team, non vengono più prese tanto in considerazione…

E’ vero, ma io dico di più. Andranno a sparire anche i corridori alla Morkov o Richeze, quelli che garantiscono i successi del velocista di turno. Guardate Philipsen: le volate gliele tira un certo Van der Poel, il campione del mondo! I team vogliono tutti corridori vincenti, è come se fossero tutti capitani, i ruoli predefiniti vanno scomparendo e una figura come la mia anche prima delle altre.

E ora?

Ora entrerò a gennaio a lavorare nell’azienda di famiglia, una lattoneria a Marostica, quella di mio padre e dove lavora anche mio fratello. Inizia una nuova vita, più tranquilla, con altri tempi, vivendo la mia famiglia con meno stress. Per ora non penso al ciclismo anche se mi manca, poi col tempo vedremo se qualcosa verrà fuori: mi piacerebbe lavorare con i giovani, ma sarebbe comunque un hobby. Non potrei permettermi di stare fuori ogni weekend per 8 mesi l’anno. Ho già dato abbastanza da quel punto di vista…