Di Diego Bracalente si parla da tempo come di uno dei migliori talenti del ciclismo italiano, soprattutto se lo si identifica come uno scalatore puro, razza in via di estinzione nel panorama generale (anche dove sembrava li allevassero in serie, come in Colombia), figurarsi nel movimento italiano. Per uno così, le squadre fanno a gara per accaparrarselo, intanto lo ha fatto la Colpack che lo ha inserito nel suo team al primo anno da under 23.
Rispetto alla stagione scorsa è evidente che molto sia cambiato. Il salto c’è stato ed è stato profondo, non solo se si guarda la cosa dal punto di vista dei risultati. Il giovanissimo marchigiano, appena maggiorenne, si è accorto subito che le cose sono mutate, soprattutto per come il ciclismo viene ora vissuto in maniera molto professionale.
«Il team non fa davvero mancare nulla – esordisce il talento di Sant’Elpidio a Mare – siamo seguiti in tutto, dagli allenamenti all’alimentazione, i meccanici sono il massimo della disponibilità, soprattutto per me che sono ancora lontano dai ritmi stretti del team».
Finora il marchigiano al suo primo anno in Colpack ha centrato tre Top 10
Finora il marchigiano al suo primo anno in Colpack ha centrato tre Top 10
In che senso?
I miei allenamenti li faccio a casa perché ho la scuola che mi impegna molto, quando a fine giugno sarà finito l’anno di studi, sarò più libero soprattutto mentalmente. Mi accorgo che è comunque un fardello che mi porto addosso, ma è giusto che sia così. Con il team sono comunque a stretto contatto.
Ti sei già accorto di quanto cambiano le gare?
Altroché… La differenza è enorme, c’è un controllo molto più assiduo e mirato su tutto, la concorrenza è agguerritissima in qualsiasi evento. Poi non va dimenticato che bisogna fare i conti con i chilometraggi aumentati. Ma ci sto facendo l’abitudine e i risultati lo dimostrano.
Il Team Colpack al Recioto, con Bracalente anche Masciarelli, Meris e Nespoli
Il Team Colpack al Recioto, con Bracalente anche Masciarelli, Meris e Nespoli
Tu poi sei guardato a vista, vista la nomea di scalatore puro…
Il vero test sarà quando ci confronteremo con i migliori esponenti stranieri sulle salite vere, quelle lunghe e con pendenze pronunciate. In Italia se guardo a quanto avvenuto mi accorgo che non c’è maggiore concorrenza rispetto a prima, in salita emerge sempre una decina di nomi. Si vede facilmente quali sono quelli che vanno meglio. Sono curioso di vedere quel che succederà affrontando i campioni d’Oltralpe, si dice sempre che il livello è più alto ma voglio constatarlo di persona.
Riferendoti specificamente alle tue prestazioni, noti dei miglioramenti?
Ho un anno in più è la differenza si nota dal punto di vista fisico, le prestazioni sono una diretta conseguenza. Ma so che c’è moltissimo da lavorare, molto più di prima, per questo aspetto con ansia di finire la scuola per potermi concentrare di più. Il problema sono le date…
Bracalente con Meris. Tra i ragazzi del Team Colpack c’è molta collaborazione
Bracalente con Meris. Tra i ragazzi del Team Colpack c’è molta collaborazione
A che cosa ti riferisci?
Mi sarebbe piaciuto correre il Giro d’Italia Under 23, ma la settimana dopo ci sono gli esami di maturità, non so quindi se il team mi selezionerà, tengono molto al rendimento scolastico e considerando che sono un primo anno possono anche valutare di farmi saltare questa edizione. Mi spiacerebbe perché sarebbe quello un vero test.
Finora qual è stata la gara che ti è piaciuta di più?
Devo dire il Palio del Recioto, anche se l’ottavo posto finale mi ha lasciato un po’ l’amaro in bocca. Si poteva fare di più, penso di aver sprecato troppe energie nella fase iniziale andando all’attacco, energie che mi sarebbero state utili nella fase decisiva.
Per il marchigiano l’obiettivo ora è puntare alla miglior forma per il Giro della Val d’Aosta
Per il marchigiano l’obiettivo ora è puntare alla miglior forma per il Giro della Val d’Aosta
Lì come al Piva hai avuto occasione di vedere all’opera un bel po’ di pari età stranieri…
Il livello è alto, si vede che quelle squadre, soprattutto quelle legate ai team del WorldTour vengono sempre per vincere. Io sono convinto che di per sé non siano assolutamente imbattibili, il fatto è che corrono da veri professionisti, sanno come interpretare ogni corsa. Io però resto ottimista.
Che cosa vorresti per quest’anno?
E’ una stagione di apprendimento, ma vorrei almeno condirla e contrassegnarla con una vittoria. Un obiettivo me lo sono dato, considerando anche l’impegno scolastico: il Giro della Val d’Aosta, potrebbe essere il giusto terreno per mettermi in mostra, credo sia una corsa a adatta a me. Io comunque non parto mai battuto, anche sui percorsi dove non ho apparentemente le caratteristiche per emergere. Sto imparando che bisogna sempre essere pronti a provarci, all’estero fanno così.
ROMA – Ultimo giro, la campana accompagna i primi due che si allontanano dall’arrivo del Liberazione, mentre dietro del gruppo non si vede neanche l’ombra. I primi inseguitori passano dopo 52 secondi, ma a quel punto Romele e Wang sono già nel tratto che conduce verso Porta Ardeatina. Sono fuori da più di 100 chilometri, saranno 120 alla fine. Dietro tirano un po’ a strappi. Prima la Svizzera. Poi la Green Project-Bardiani. Prima una e poi l’altra: insieme mai. E così i primi due ringraziano e tirano dritto, respirando l’aria del traguardo.
«Non ho mai visto un Liberazione come questo – commenta a bordo strada Giuseppe Di Leo accanto a Daniele Calosso – nei primi giri continuavano a staccarsi uno dopo l’altro. Tutti i migliori, chi più e chi meno. E adesso sono in due là davanti e devo sperare che non li prendano, perché Persico è rimasto nel terzo gruppo e se il gruppo rientra, la volata non possiamo farla…».
Il vantaggio dei primi ha iniziato a scendere a 5 giri dalla fine, quando la Svizzera di Albasini e poi la Green Project hanno iniziato a tirare
Il vantaggio dei primi ha iniziato a scendere a 5 giri dalla fine, quando la Svizzera e la Green Project hanno iniziato a tirare
Come a Darfo Boario
Per sua fortuna, Alessandro Romele respira l’aria dei giorni buoni. Già vedendolo passare nella parte alta del circuito, quella in cui la pur blanda salita ha morso per tutto il giorno i polpacci dei corridori, si notava che fosse il più brillante nei rilanci all’uscita del tornante. Al bresc piacciono le vittorie da lontano, le fughe alla Van der Poel che a volte gli riescono bene. Come al campionato italiano juniores di Darfo Boario Terme nel 2021, quando se ne andò nei primi chilometri e lo rividero nella foto del podio, primo e tricolore davanti a Zamperini e Biagini. Come sabato scorso a Riolo Terme.
Questa volta c’è da fare la volata contro Gustav Wang, alto e generoso come lui, che per parecchi chilometri ha avuto il supporto del compagno Hansen. I due corrono con la Restaurant Suri-Carl Ras, una continental danese di poche vittorie e bici Trek.
Nella fuga con Romele e Wang è restato a lungo anche l’altro danese Hansen
Nella fuga con Romele e Wang è restato a lungo anche l’altro danese Hansen
Il numero 50
Il danese non salta un cambio. E’ forte, i corridori della Colpack lo sanno bene. Ieri sera a cena hanno annotato il suo numero 50, ricordando di quando nel 2021 vinse il mondiale juniores della crono a Bruges. Wang collabora e accetta la sfida dello sprint, forse conoscendo lo spunto di Romele o forse no. Alessandro ha vinto la Coppa Zappi a Riolo Terme appena tre giorni fa, battendo in una lunga volata a due il romagnolo Ansaloni. Sa come si gestiscono queste situazioni. Perciò quando passa sul traguardo piegando Wang, il suo urlo nasce dalle viscere e lo scuote fino alle lacrime.
«Nell’ultimo periodo – racconta il vincitore – ho iniziato a credere che le cose migliori accadano all’improvviso. Quindi ho ricordato le imprese che avevo fatto da junior, come quella a Darfo Boario Terme. Anche lì inizialmente nessuno ci aveva creduto, io invece ero consapevole delle mie potenzialità. Sapevo della mia condizione, allora come oggi. E non posso che ringraziare enormemente la squadra, perché veramente è una famiglia, fa un casino di sacrifici per farci correre anche nei momenti difficili, come quelli che stiamo vivendo ora. Sono onorato di vestire questa maglia e orgoglioso di quello che ho fatto. In un contesto comunque di livello internazionale come quello che c’era oggi qui a Roma».
Ultimo giro del Liberazione, i primi sono passati da 52 secondi: il gruppo è spacciato
Ultimo giro del Liberazione, i primi sono passati da 52 secondi: il gruppo è spacciato
Intelligenza sopraffina
La seconda cosa che fa dopo aver abbracciato i direttori sportivi Giuseppe Di Leo e Antonio Bevilacqua e aver ricevuto le pacche e le strette dei compagni, è andare a congratularsi con Wang, che è disteso per terra e un po’ respira e un po’ si gode le gambe distese, dopo una giornata trascorsa sempre in tiro.
«Avevo visto ieri il percorso – racconta ancora Romele – e fin dall’inizio avevo notato che avendo tutti questi dentro e fuori e tanti saliscendi molto nervosi, favoriva gli attaccanti, che comunque dovevano spendere molto. Per il gruppo non è stato un percorso semplice, perché comunque faticava a vedere gli attaccanti. Quindi avevo calcolato che serviva più o meno un minuto per non essere visti nelle due parti del circuito in cui ci si incrociava. E questa cosa ha aiutato moltissimo, perché dietro non avendo riferimenti, si son fermati più di una volta.
«Diciamo che ho giocato anche un po’ d’astuzia e poi ho trovato dei compagni di fuga molto molto onesti. Per questo dopo l’arrivo gli ho stretto la mano. Abbiamo fatto, penso, uno spettacolo che non si vedeva da un po’ di anni. E penso che il ciclismo sia anche questo».
In lacrime fra le braccia del diesse Di Leo, Romele festeggia il Liberazione come lo scorso anno fece Persico
In lacrime fra le braccia del diesse Di Leo, Romele festeggia il Liberazione come lo scorso anno fece Persico
Un’investitura importante
Parole benedette dal dio dei ciclisti che attaccano. Parole che per qualche minuto ci fanno sognare di aver trovato un interprete abbastanza coraggioso, forte e sfrontato da lanciare e accettare le sfide a viso aperto.
«Alessandro doveva andare in fuga – racconta ora Di Leo – era programmata, ma non così. Ha fatto davvero un’impresa, i corridori moderni sono questi. E’ andato forte, è andato anche oltre le nostre aspettative, anche se non lo scopriamo adesso. Ha vinto sabato, ha una condizione eccellente e siamo davvero contenti per lui perché lo merita. Credevamo in questo salto di qualità e sta crescendo con calma. E’ del 2003, secondo anno da U23 e ha sicuramente delle potenzialità. Ce lo ritroveremo sicuramente nel professionismo e sarà un nome da tenere in considerazione.
«Se saremo invitati, lo vedremo al Giro d’Italia – prosegue – ma prima abbiamo in programma gare importanti. La Vicenza-Bionde e il Circuito del Porto e poi la Parigi-Roubaix Espoirs. La facciamo come esperienza. Naturalmente non ci tiriamo indietro dalle nostre responsabilità, ma andiamo su tranquilli per divertirci e chissà magari tentare il colpaccio (il Team Colpack vinse la Roubaix Espoirs già nel 2016 con Ganna, ndr)».
Gustav Wang secondo a Caracalla, nel 2021 era stato campione del mondo juniores della crono
Joshua Tarling, Gustav Wang, Alec Segaert, questo il podio della crono juniores del 2021
Gustav Wang secondo a Caracalla, nel 2021 era stato campione del mondo juniores della crono
Joshua Tarling, Gustav Wang, Alec Segaert, questo il podio della crono juniores del 2021
Una volata fra morti
Cosa si pensa quando si resta in fuga da soli per così tanto tempo? Come si organizza il tempo? Quali riferimenti si hanno, senza la radio nelle orecchie, dato che l’ammiraglia non segue?
«Avevo la fortuna di avere sparsi sul circuito svariati collaboratori della squadra – sorride Romele – che mi aggiornavano sul tempo. Quindi ho sfruttato i momenti morti del gruppo, sapendo a tratti di poter recuperare e capendo quando invece c’era da accelerare se anche il gruppo aumentava. Cercavo di incitare anche i ragazzi della fuga perché dessimo il tutto per tutto, perché man mano che andavamo avanti iniziavamo a crederci. Quel poco che ci siamo detti, ce lo siamo detti in inglese. Ormai non se ne può fare a meno, è un obbligo che mi sono dato e un invito che faccio anche ai ragazzi di impararlo, perché è veramente utile in qualsiasi circostanza.
«Poi però in volata – sorride – non c’è stato da dirsi niente. Che poi, volata… E’ stato uno sprint strano perché in una condizione del genere non vince il più veloce, ma quello che arriva con la gamba migliore. Se comunque di gamba si può parlare, perché eravamo tutti e due belli cotti…».
Pinarello terzo con qualche rimpianto: il gruppo a un certo punto si è fermato
Romele ha vinto sulla Cinelli Pressure del Team Colpack-Ballan
Per il vincitore Romele anche la maglia del Gran Premio della Liberazione
Pinarello terzo con qualche rimpianto: il gruppo a un certo punto si è fermato
Romele ha vinto sulla Cinelli Pressure del Team Colpack-Ballan
Per il vincitore Romele anche la maglia del Gran Premio della Liberazione
Buona Liberazione a tutti
Poi si incammina verso il podio per la premiazione. Va scalzo, con gli scarpini in mano. Accanto gli cammina Di Leo con la sua Cinelli Pressure in mano. L’obiettivo sarebbe stato quello di ripartire alla svelta. Ma dopo una vittoria come questa, la proposta del tecnico bergamasco è di fermarsi a cena da qualche parte. Bevilacqua annuisce. Si è offerto di pagare Di Leo, invito accettato all’istante. Se ne vanno in una salva di risate, col senso di aver portato a casa una vittoria di cui si parlerà ancora a lungo.
Roma saluta la Festa della Liberazione, il Team Bike Terenzi ha fatto per il terzo anno uno splendido lavoro. La Capitale è piena di turisti e italiani e in una splendida giornata di sole ha celebrato la Costituzione della Repubblica e i valori su cui essa si fonda. E nel momento in cui i nostri politici si azzuffano e in apparenza alcuni rinnegano la Carta su cui hanno giurato, il ciclismo resta fedele alle sue regole più antiche, che premiano il coraggio e la capacità di sognare e progettare grandi imprese. Oggi alle Terme di Caracalla, qualcuno potrebbe giurare di aver visto nascere un campione.
In un periodo decisamente ricco di classiche per gli under 23, la vittoria di Lorenzo Nespoli alla Coppa Caduti di Reda ha un valore particolare per molti aspetti: innanzitutto perché è uno dei primi segni positivi per il nuovo gruppo della Colpack Ballan, profondamente rinnovato proprio per dare nuova linfa al team. Poi perché la concorrenza non era certamente trascurabile: basti pensare che secondo è arrivato il russo Roman Ermakov, oggi al team sloveno Meblo Jogi Pro-Concrete ma fino allo scorso anno punta di diamante del Cannibal Team, una delle multinazionali più accreditate nel panorama juniores.
Nespoli è la perfetta immagine del nuovo Team Colpack. Lombardo classe 2004, si è subito ritagliato uno spazio importante nel gruppo: «Ma più che di un gruppo parlerei di famiglia, perché è questa che si è creata fra noi e non parlo solo dei ragazzi, ma con lo staff tecnico, i meccanici. Ci capiamo subito e ogni trasferta è un vero piacere».
La volata vincente di Nespoli a Reda. Nella classica faentina succede a Francesco Di Felice (foto Italiaciclismo)
La volata vincente di Nespoli a Reda. Nella classica faentina succede a Francesco Di Felice (foto Italiaciclismo)
Il gruppo si è formato subito?
Sì, a novembre abbiamo effettuato un primo ritiro per conoscerci, ma poi nella preparazione svolta in Spagna abbiamo subito legato. Non siamo solo compagni di squadra, è nata un’amicizia fra noi che si traduce anche in grande collaborazione in gara fra tutti.
Il team ha avuto molti nuovi innesti, ma resta anche uno zoccolo duro di corridori più grandi…
Loro fanno un po’ da “chioccia”, i vari Persico, Della Lunga, Romelenon sono solo le punte della squadra, quelli per i quali spesso lavoriamo ma anche coloro che ci guidano, che ci spiegano come comportarci in gara. Ci aiutano ad assuefarci alla nuova categoria, il salto non è di poco conto.
Il lombardo ha trovato nel Team Colpack un ambiente ideale per emergere, vincendo al suo esordio
Il lombardo ha trovato nel Team Colpack un ambiente ideale per emergere, vincendo al suo esordio
Che differenze hai riscontrato?
Si va più forte, questo è certo. Soprattutto in salita sono tutti a un alto livello, non credevo che ci sarebbe stato un tale cambio. Anche in pianura si va più forte, ma la differenza principale è che c’è più organizzazione, qualcosa di più vicino a quello che si vede fra i professionisti.
E personalmente hai riscontrato cambiamenti?
Diciamo che sono riuscito ad adeguarmi abbastanza presto. Mi sento più a mio agio, soprattutto in pianura, sul passo. Le mie prestazioni sono già salite di livello e non era scontato in così poco tempo. Anche in salita vado più forte e credo che la vittoria di Reda sia un po’ la summa di tutti questi cambiamenti.
Lorenzo Nespoli è nato il 30 settembre 2004 a Giussano (MI). Lo scorso anno ha vinto 4 corse
Lorenzo Nespoli è nato il 30 settembre 2004 a Giussano (MI). Lo scorso anno ha vinto 4 corse
Veniamo proprio alla gara vinta…
E’ stata dura, devo ammetterlo. Erano 147 chilometri con ben sette strappi, ma la prima e l’ultima parte erano in pianura e si è subito fatto gran ritmo. Molte strade erano strette, le salite erano diverse ma più erano corte, più avevano pendenze pronunciate, anche superiori al 10 per cento. Fino alla penultima salita c’è stato un certo ordine, si procedeva abbastanza compatti tenendo a bada le fughe di giornata, io tenevo sempre le prime posizioni, poi Faresin ed Ermakov hanno guadagnato terreno, sull’ultima salita io e Ansaloni siamo andati all’inseguimento riagganciandoli a 4 chilometri dall’arrivo e in volata l’ho avuta vinta.
Sei veloce?
A dir la verità non molto. Lì ho vinto perché eravamo tutti stanchi, non contava più chi era il velocista più forte, ha vinto chi ne aveva di più. Io preferisco arrivare da solo, fare la differenza, lo scorso anno ad esempio non ho mai vinto.
Questo successo quindi è la dimostrazione che qualcosa è cambiato…
Sto imparando, è dalle piccole cose che si vede il miglioramento. Ad esempio seguo molto di più le tattiche che si sviluppano in corsa, cerco di non sprecare energie, di rimanere in gruppo e sfruttare anche il lavoro dei compagni che a Reda sono stati eccezionali. Quel capitale di energie è stato decisivo per vincere.
Il podio di Reda, con Nespoli fra il russo Ermakov e Faresin
Il podio di Reda, con Nespoli fra il russo Ermakov e Faresin
Hai mai gareggiato all’estero?
Finora no e la cosa mi incuriosisce alquanto, perché è in quelle occasioni che capisci qual è il tuo reale valore. Non so ancora quando capiterà, il programma viene sviluppato piano piano proprio perché nello staff vogliono farci crescere con calma e io mi fido pienamente di loro.
Secondo te c’è davvero così tanta differenza con gli stranieri come si è visto lo scorso anno? In occasione della tua vittoria c’erano tre squadre di notevole livello, come l’AG2R U23…
Dipende molto dal modo di correre, ma per dare un giudizio dovrei affrontare gare all’estero. So però che squadre come quella francese sono diretta evoluzione del team WorldTour e si allenano come i professionisti, questo la differenza la fa. Ma io sono convinto che anche noi siamo forti e possiamo giocarcela. Batterli non è impossibile, io l’ho dimostrato.
Persico, Romele, Quaranta e Meris insieme a Rossella Di Leo e tutto il Tea Colpack-Ballan, per un giorno nella sede di Santini a Bergamo. Per le foto. Per esplorare il reparto produzione. Infine per imparare a cucire la maglia con cui correranno a partire da sabato prossimo
Alla fine quello che ha lavorato meglio è Persico. Davide ha un certo occhio nel cucire e una buona manualità, dice la signora bionda che a turno ha ospitato i corridori del Team Colpack-Ballan alla sua macchina per cucire. Romele ha presto capito che correre in bici per certi versi è meglio che lavorare. Meris ha cucito la maglia con un buco. Quaranta ci ha provato.
Per i quattro corridori bergamaschi della squadra di Rossella Di Leo, la mattinata nella produzione di Santini Cycling si trasforma in una presa di contatto accelerato col mondo del lavoro e la complessità di realizzare la maglia con cui correranno. L’hanno vista nascere in un computer. Essere stampata su grandi rotoli di carta. Diventare una sagoma da ritagliare. Essere finalmente trasferita su tessuto. E alla fine trasformarsi in una serie di pezze da cucire. Molto più semplice infilarla e sudarci dentro, hanno pensato i corridori. Persico intanto guardava ed era curioso.
La nuova sede di Santini, un altro mondo rispetto alla nostra prima visita e che non si può mostrare prima della presentazione, ha ospitato il Team Colpack al gran completo, velocisti della pista compresi. Tutti gli sponsor del team. I mezzi parcheggiati fuori. E intorno l’azienda bergamasca che da quest’anno veste la squadra, a raccontare il luogo e i prodotti che saranno forniti. Bergamo stamattina è calda, nei notiziari intanto si parla di laghi e fiumi al minino.
Per le foto ufficiali del 2023, si è scelta la nuova sede Santini, che sarà presentata a maggio (foto Rodella)
Per le foto ufficiali del 2023, si è scelta la nuova sede Santini, che sarà presentata a maggio (foto Rodella)
Donna fra le donne
Rossella Di Leo ha l’espressione soddisfatta. La team manager del Team Colpack-Ballan respira la vigilia di una buona stagione e intanto si frega le mani, donna nel mondo del ciclismo, per la neonata collaborazione con Santini, che a sua volta è amministrata da due donne: Paola e Monica. Il Cavalier Pietro Santini si aggira orgoglioso, intrattiene e osserva ogni dettaglio.
«In realtà – precisa – abbiamo iniziato la collaborazione col Maglificio Santini tanto tempo fa, parlo di trent’anni, quando con la UC Bergamasca eravamo ancora alle prime squadre dilettantistiche. Quest’anno è iniziata una nuova collaborazione che ci rende davvero orgogliosi».
Anche per il 2023, il Team Colpack-Ballan correrà su bici Cinelli
Anche per il 2023, il Team Colpack-Ballan correrà su bici Cinelli
La stagione del riscatto
Sulla stagione si potrebbe dire tanto, ma par di capire che sarà meglio aspettare il debutto di sabato alla San Geo, tirata ancora una volta a lucido da Gianni Pozzani.
«Due anni fa – prosegue Rossella – abbiamo vinto il Giro d’Italia con Ayuso e il campionato del mondo con Baroncini. Sono state due grosse soddisfazioni, arrivate dopo 32 anni di attività. Non è passato molto tempo, ma sembra che tutti si siano già dimenticati di quel periodo. Il 2022 è stato una stagione difficile per varie sfortune. Comunque venivamo da due anni di Covid, per cui siamo in cerca di riscatto. Abbiamo una squadra giovane come siamo abituati a fare. Sono tutti under 23 tranne Boscaro, che corre nelle Fiamme Azzurre. Abbiamo fiducia nei giovani».
La grafica della maglia è insolita e interessante, dato che rappresenta i sacchi neri di produzione Colpack
La grafica della maglia è insolita e interessante, dato che rappresenta i sacchi neri di produzione Colpack
I sacchi neri
La singolarità della maglia sta nella grafica che la riempie. Si potrebbe pensare a una fantasia astratta, ma basta osservare con più attenzione e farsi guidare da Stefano Devicenzi di Santini per rendersi conto del messaggio.
«La grafica della maglia – spiega- è nata in seguito a un profondo studio e alla possibilità di avere carta bianca. Così abbiamo studiato qualcosa un po’ diverso dal solito. Magari non è facile intuirlo o scoprirlo da soli, ma se indirizzati si possono cogliere dei dettagli molto interessanti. La proposta nasce dal nostro designer che sviluppa le collezioni e lavora sulla linea grafica e il visual a livello aziendale.
«L’idea è stata quella di mettere sotto una luce mai avuta prima il main sponsor della squadra. Abbiamo utilizzato una grafica che a primo impatto può sembrare un pattern astratto, quando in realtà rappresenta la produzione di Colpack. Sono dei sacchi della spazzatura, un elemento in apparenza povero che diventa l’elemento distintivo per la maglia 2023».
La maglia è in stampa su carta: i corridori la vedono avvolgersi sul rotolo bianco
Davide Persico dispone le pezze ritagliate sulla base grafica da cui il colore passerà sulla stoffa
La maglia è in stampa su carta: i corridori la vedono avvolgersi sul rotolo bianco
Davide Persico dispone le pezze ritagliate sulla base grafica da cui il colore passerà sulla stoffa
«Per noi è un orgoglio – dice – semplicemente per il fatto che siamo due realtà del territorio bergamasco, quindi il fatto di collaborare ci è parso naturale. Abbiamo iniziato a confrontarci, a parlare e ci siamo trovati subito in sintonia. Perché non mettere insieme due realtà bergamasche come la Colpack, che è una bellissima realtà nel ciclismo dei giovani, e noi che siamo fermamente convinti dello sviluppo del territorio in cui in cui lavoriamo?
Prima la dimostrazione di un’addetta alla cucitura, poi toccherà ai corridori. La maglia è un puzzle di tanti pezzi
Persico è quello che l’ha presa più seriamente e infatti è riuscito a cucire qualcosa, sotto lo sguardo di Meris
La maglia non è riuscita, così Romele si consola trasformandola in un sottocasco
Prima la dimostrazione di un’addetta alla cucitura, poi toccherà ai corridori. La maglia è un puzzle di tanti pezzi
Persico è quello che l’ha presa più seriamente e infatti è riuscito a cucire qualcosa, sotto lo sguardo di Meris
La maglia non è riuscita, così Romele si consola trasformandola in un sottocasco
«Come necessità tecniche, una continental non differisce tantissimo da una squadra professionistica. Cambiano i numeri, cambiano gli impegni. Per fare un parallelismo, sono in linea con le squadre femminili del WorldTour attuale, che comunque hanno una fornitura e una tecnicità dei prodotti identiche a quelle dei professionisti. Nel nostro caso, comunque, la squadra l’abbiamo equipaggiata con il meglio che possiamo offrire».
Le medaglie ci sono, ora a Minuta serve la squadra. Era questo il titolo dell’articolo con cui alla fine di novembre presentammo Stefano Minuta: velocista piemontese su pista, campione italiano juniores di specialità e bronzo agli europei di Anadia. Uno di quelli che presto o tardi approderanno in un gruppo militare o di polizia, ma che ancora non aveva una squadra alle spalle.
Alla fine per fortuna, Minuta la squadra l’ha trovata, ma ha dovuto pagarsi i punti. E come lui anche altri: l’alternativa era rimanere a piedi.
Non si tratta del sistema “paga per correre”, che ha prodotto i guasti ben noti nel professionismo, ma della soluzione impropria per un problema che quest’anno è diventato più pressante: il pagamento del punteggio di valorizzazione.
Minuta è uno dei velocisti azzurri in rampa di lancio su pista: come Napolitano è tesserato con il Team Colpack
Minuta è uno dei velocisti azzurri in rampa di lancio su pista: come Napolitano è tesserato con il Team Colpack
La tutela dei team giovanili
Di cosa si tratta? Di qualcosa che c’è sempre stato, ma ricorda nel nome il meccanismo ideato da Gianni Savio per cedere i suoi atleti alle WorldTour. Come quando Bernal passò al Team Sky e più di recente Piccolo e Cepeda alla Ef Education. Io investo per valorizzare il giovane e tu mi paghi, riconoscendo il mio lavoro.
La Federazione l’ha previsto per tutelare i team giovanili, sempre alle prese con problemi di bilancio, e per dare una mano ai Comitati regionali. La nuova società dovrà pagare infatti quella di provenienza e anche la regione, casomai il corridore dovesse cambiarla. Succede a ogni passaggio di categoria.
La novità del bonus
Da quest’anno il sistema è diventato più complesso, dato che al solito conteggio si è aggiunto un bonus legato al rendimento. Come previsto dalla tabella di tutte le categorie, per un corridore con zero punti, che passi ad esempio da junior a U23, il bonus è di 450 euro. Sale a 600 euro da 11 a 20 punti. A partire dai 21 punti, sale a 800 euro che si sommano al pagamento del punteggio. Il bonus non è dovuto alle regioni.
E’ interessante far notare che si tratta di un meccanismo solo italiano: non è previsto infatti dalla normativa UCI. Per questo al passaggio al professionismo, non tutte le squadre straniere ritengono di versare l’importo al team da cui arriva l’atleta italiano. Tanto che ad esempio, anche passando dagli juniores alle development europee, qualcuno ha scoperto di dover pagare di tasca sua l’importo al team in cui è cresciuto.
Alessio Delle Vedove passa al devo team della Intermarché e paga da sé i suoi punti (foto Instagram)
Alessio Delle Vedove passa al devo team della Intermarché e paga da sé i suoi punti (foto Instagram)
Su richiesta di Quaranta
Per approdare al Team Colpack-Ballan, Stefano Minuta ha dovuto pagare circa 2.000 euro fra punti e bonus e altro presumibilmente avrà versato al Comitato regionale del Piemonte, dato che passerà in Lombardia.
«Ci ha chiesto di prenderlo Ivan Quaranta – racconta Rossella di Leo, team manager Colpack – come pure per Napolitano. Tuttavia, avevamo già speso 23.000 euro per i punteggi di altri corridori, così abbiamo messo a disposizione la dotazione tecnica necessaria, ma non ce la facevamo a pagargli anche i punti».
I pro’ che non pagano
Questo succede anche in altre squadre, mentre non è detto che i team pro’ facciano la loro parte al passaggio fra i professionisti.
Sarebbe competenza del procuratore far presente questo aspetto: alcuni lo fanno (Raimondo Scimone fra questi), altri no, come recitava la lettera anonima di un neopro’ pubblicata prima di Natale. La Trek-Segafredo ad esempio ha sempre fatto la sua parte, forse perché ha management italiano. La Mapei pagava regolarmente. Alcuni lo fanno, altri no, avendo il diritto (e la convenienza) di non versare i 5.000 euro richiesti per un italiano. E se l’italiano vuole passare e nessuno paga per lui i suoi punti, quei soldi deve pagarseli da solo. Se si volesse applicare il regolamento, la società di provenienza potrebbe addirittura non concedergli il nulla osta.
Si tratta evidentemente di un’anomalia. Come può una società non concedere il nulla osta a un atleta dopo averlo cresciuto, solo perché non le vengono pagati i punti? Perciò accade anche che la squadra di provenienza non chieda un euro e rinunci al dovuto per amore del suo corridore. Come ha fatto la General Store con Busatto, passato alla Intermarché Continental.
Buratti passerà pro’ nel 2024 con la Bahrain Victorious: il team non è tenuto al pagamento dei punteggi
Buratti passerà pro’ nel 2024 con la Bahrain Victorious: il team non è tenuto al pagamento dei punteggi
Gli stranieri in Italia
Poi ci sono gli atleti stranieri. La stessa Colpack ad esempio per il 2023 ha tesserato Pavel Novak, che da junior correva nella Ciclistica Trevigliese. L’importo dei punti sarebbe stato di 4.000 euro, ma dato che il corridore ha tessera della Repubblica Ceca, Colpack non ha pagato. Tuttavia per una sorta di compensazione, avendo perso Gomez che dopo quattro anni ha portato i suoi tanti punti alla Hopplà e ha licenza colombiana, la Colpack non ha preso un centesimo da parte di Provini.
Fra i casi insoliti dell’ultima ora, c’è anche che la stessa Colpack ha preso Volpato dalla UC Giorgione pagando circa 4.000 euro a una società che dal 2023 non farà più gli juniores, bensì gli amatori.
Famiglie in soccorso
Dal punto di vista delle società giovanili, l’operazione è sicuramente vantaggiosa. A voler cercare il pelo nell’uovo, con i punti legati ai risultati, potrebbe esserci la tentazione di spingere più forte sul gas. Resta il fatto che alcune società fanno fatica a restare in equilibrio e non hanno budget per i punti, prendendo così i corridori meno… costosi e lasciando i più forti a chi può permetterseli. E laddove il pagamento non avvenga da parte della squadra, gli juniores che vogliono continuare chiedono l’ennesimo sacrificio alle famiglie e versano il dovuto.
David Gomez passa al team Hopplà e ha tessera colombiana, che per questo non verserà i punti al Team Colpack
David Gomez passa al team Hopplà e ha tessera colombiana, che per questo non verserà i punti al Team Colpack
L’anomalia dei velocisti
Possibile che non ci fosse una squadra piemontese che potesse far correre Minuta, facendogli risparmiare i soldi da versare al Comitato regionale? Stefano correva con Bortolami, ma grazie a una plurima era tesserato in Piemonte. Essendo un pistard velocista, non correrà mai su strada, come Napolitano, per cui il tesseramento nel team bergamasco è stato fatto per amore del ciclismo o poco più. Nel team c’è Boscaro, ad esempio, pistard anche lui. Ma Davide corre nelle Fiamme Azzurre e fa anche parecchia strada: qualcuno lo vedrà correre con i colori del team.
La controproposta
Sono anni che questo succede. Il discorso come linea di principio è giusto per tutelare le squadre juniores. Si paga di passaggio in passaggio, poi ci si ferma al momento di andare fra i pro’. Quando hanno contestato l’aumento, le continental hanno proposto l’aumento del tesseramento, includendo nel pacchetto anche un’assicurazione ad hoc per i ragazzi, facendo fronte al tema della sicurezza stradale. Se la tessera oggi costa 45 euro, si potrebbe anche portarla a 100 euro, ma questo non porterebbe risorse alle giovanili: obiettivo del nuovo sistema. Le loro richieste non sono state accolte. Come mai all’estero tutto questo non accade? E perché fra i prossimi provvedimenti non si lavora alla semplificazione del sistema anziché renderlo più ingarbugliato?
Nicolas Gomez risponde dall’altra parte dell’oceano, ora si trova in Colombia e sta preparando la stagione 2023. Non tutto, durante quest’anno, è andato come si sarebbe aspettato il giovane velocista sudamericano. Le vittorie nella prima parte di stagione non sono mancate, ma nella seconda metà del 2022 qualcosa non è andato secondo i piani.
Gomez aspettava la chiamata dal mondo dei professionisti, ma per diverse situazioni il tutto è rimasto un sogno. Ora riparte dalla Hopplà Petroli-Firenze Don Camillo, inizierà la sua prima stagione da elite e sarà un punto di riferimento della squadra di Matteo Provini.
Nicolas Gomez ha concluso la sua esperienza in Colpack dopo quattro stagioni
Nicolas Gomez ha concluso la sua esperienza in Colpack dopo quattro stagioni
Dall’altra parte del mondo
In Italia, quando componiamo il numero di telefono di Nicolas Gomez, sono le 9,30 del mattino. In Colombia, invece, sono le 4,30, ma Nicolas risponde comunque e inizia a parlare. Non si tiene dentro le emozioni e le sviscera tutte, d’altronde è sempre stato abituato così e da un punto di vista questo è un gran bene.
«Ho ripreso ad allenarmi da qualche settimana – ci dice – sto facendo un po’ di palestra e qualche uscita in bici. Ieri sera (venerdì, ndr) ero a casa di un amico e siccome casa mia è lontana sono rimasto a dormire da lui. Così oggi mi sono svegliato presto, verso le quattro e sto tornando indietro, appena arrivo a casa vado diretto in palestra ad allenarmi. Sono qui in Colombia da circa un mese e rimarrò fino all’inizio di febbraio. Sono tornato per restare con la mia famiglia e passare le feste con loro. Allenarmi da queste parti è più bello perché è un’eterna primavera, non fa mai troppo freddo».
Al Tour de l’Avenir Gomez (terzo da destra) ha colto due piazzamenti nelle prime due tappe dedicate ai velocisti
Al Tour de l’Avenir Gomez (primo a destra) ha colto due piazzamenti nelle prime due tappe dedicate ai velocisti
Un 2022 a due facce
Avevamo sentito Gomez all’inizio della stagione, intorno ai primi di marzo, dopo che aveva conquistato due vittorie in due giorni. La prima parte di stagione è andata molto bene per il colombiano, a maggio, infatti, ha conquistato la maglia di campione panamericano under 23. Nella seconda parte del 2022 i successi non sono arrivati, tuttavia non sono mancati i piazzamenti, anche di prestigio.
«I primi mesi sono andati bene, anzi benissimo – racconta Gomez – ero molto motivato e ho trovato delle vittorie importanti. Da giugno in poi gli obiettivi erano il Tour de l’Avenir (foto di apertura Tour de l’Avenir/Wa’sii) ed il mondiale, che sarebbero state due belle occasioni per mettersi in mostra e cercare di fare il passo nel mondo dei professionisti. Nella corsa a tappe francese la Colombia non è riuscita a supportarmi come ci saremmo aspettati, ma qualche bel piazzamento è comunque arrivato. Il secondo obiettivo era il mondiale, ma il percorso si è rivelato più duro del previsto e lontano dalle mie qualità. Quello, forse, rimane il rimpianto più grande».
Al Giro del Friuli, invece, ha centrato la seconda posizione alle spalle di Buratti nella tappa con arrivo a Udine
Al Giro del Friuli, invece, ha centrato la seconda posizione alle spalle di Buratti nella tappa con arrivo a Udine
Qualche porta chiusa
Già all’inizio della passata stagione Nicolas ci aveva raccontato che qualche squadra professional spagnola lo aveva contattato. Lui non era però sicuro di voler passare subito ed in più era convinto di potersi giocare ancora le proprie carte per aprire qualche porta di una squadra WorldTour.
«Ho parlato con Kern Pharma e Caja Rural – riprende – nel frattempo ho firmato con i Carera che hanno iniziato a cercare anche nelle squadre WorldTour. Quest’ultime, però, hanno deciso di prendere qualche scalatore in più e qualche ragazzo più giovane di me. Pensano di trovare il nuovo Bernal o i nuovi Pogacar ed Evenepoel, ma loro sono dei campioni, di corridori come loro ne nascono pochissimi. Una cosa che mi fa un po’ ridere ma che dall’altra parte mi “spaventa” è l’età. Per la società sono considerato un giovane, ho ancora 22 anni, ma per il ciclismo sembra che io sia quasi vecchio. Sono rimasto deluso anche da com’è andata, ho ottenuto quattro vittorie e il campionato panamericano, che equivale all’europeo, ma non sono riuscito a passare».
La prima parte di stagione è stata più prolifica con quattro successi tra marzo e maggio
La prima parte di stagione è stata più prolifica con quattro successi tra marzo e maggio
Una chance con Provini
Il passaggio di Nicolas Gomez alla Petroli Firenze Hopplà di Provini ci ha interessato. Da un lato per le cose appena raccontate dal ragazzo colombiano, e dall’altro per comprendere meglio come sia nato questo contatto.
«Il 2023 sarà un’altra occasione, forse l’ultima – dice con un velo di tristezza Gomez – per passare professionista. Provini mi aveva chiamato mentre ero in contatto con i team WorldTour e gli ho dato la mia parola che se non fossi riuscito a passare sarei andato da lui. Successivamente mi aveva contattato anche la Zalf ma ormai mi ero impegnato. Mi piace come persona e mi trovo molto bene. E’ uno molto presente, ci segue quasi sempre in allenamento e ci chiede i video quando ci alleniamo in palestra, per vedere se sbagliamo qualcosa. In Colpack questo atteggiamento non c’era e un po’ ne ho risentito perché sono un ragazzo che ha bisogno di continui stimoli.
«Alla Colpack – continua – mi sono trovato bene ma eravamo fin troppi velocisti ed ho pensato più ai miei interessi. Mi è dispiaciuto andare via ma mi serviva un po’ di spazio in più per avere una maggiore continuità. Alla Petroli Firenze di velocisti di punta ci saremo io e Nencini che ci divideremo i compiti e le volate».
Nicolas è un ragazzo molto espansivo e con una grande voglia di scherzare (foto Tour de l’Avenir/AnoukFlesch)
Nicolas è un ragazzo molto espansivo e con una grande voglia di scherzare (foto Tour de l’Avenir/AnoukFlesch)
Poche gare a tappe
Il tema delle corse a tappe per far crescere i ragazzi è molto battuto in questo periodo. Far correre ai ragazzi tante gare di più giorni permette loro di crescere in maniera continuativa. Questo Gomez lo sa e infatti qualcosa da ridire sul calendario italiano ce l’ha.
«In Italia ci sono tantissime gare di un giorno e davvero poche corse a tappe (recrimina il velocista colombiano, ndr). Se penso al mio anno da junior in Spagna mi viene da sorridere, ho fatto più corse a tappe in quella stagione che in questi quattro anni da under 23. Ho pensato di andare via dall’Italia ma in realtà il livello che si trova all’estero, in Spagna per esempio, è più basso. Il livello italiano è alto ma manca un’organizzazione che permetta ai ragazzi di crescere nel modo giusto.
«Poi una cosa che non mi è andata giù riguarda Avenir e mondiale. Se si prende la classifica della corsa a tappe francese molti dei primi sono tutti di team WorldTour, così come al mondiale. Ne parlavo proprio in Australia con Quintana ed Higuita, che senso ha essere professionista tutto l’anno e poi correre alcune gare under 23. Secondo lo stesso ragionamento Evenepoel avrebbe potuto vincere nel giro di una settimana il mondiale under 23 e quello dei professionisti. Servirebbe un po’ più di tutela da parte dell’UCI: o sei professionista o sei under 23.».
Ivan Quaranta è uno dei tecnici della Colpack, ma fra i suoi corridori pochi lo hanno visto correre. Campione estroso con le idee molto chiare. Sentiamolo
Il primo fu Ganna, sbarcato dalla Viris-Maserati dove l’attività su pista non era troppo considerata. Pippo arrivò al Team Colpack nel 2016 e per far capire che la pista fa bene alla strada, vinse il GP Laguna in Istria il giorno di San Valentino, la Roubaix U23, una crono, l’europeo dell’inseguimento e a fine stagione il primo mondiale. Quando la neonata UAE Emirates andò a prenderselo e si portò via anche Consonni, Ravasi e Troìa, per l’accordo che c’era fra la Colpack e la Lampre Merida da cui la squadra araba discendeva, il team bergamasco proseguì con quel progetto pista, tenendo Lamon e Giordani, cui di lì a un anno si sarebbe aggiunto Davide Plebani.
Marzo 2016, debutto italiano per Ganna che ha già vinto il GP Laguna in Istria
Marzo 2016, debutto italiano per Ganna che ha già vinto il GP Laguna in Istria
«Partì davvero tutto da Pippo – ricorda Gianluca Valoti, tecnico del team bergamasco – perché fu allora che prendemmo quel gruppo eccezionale di atleti, che erano anche dei grandi amici. Abbiamo sempre tenuto qualche pistard e adesso prenderemo anche un crossista, che dal 2023 ha detto di voler provare su strada».
Quaranta e Napolitano
A partire dal 2022 la Colpack ha tesserato Davide Boscaro e Daniele Napolitano. Il primo ha vinto il quartetto e l’eliminazione al campionato europeo U23, il secondo ha preso il bronzo della velocità a squadre agli europei elite di Monaco ed è arrivato alle semifinali nel keirin, guidato da Ivan Quaranta che prima di essere chiamato in nazionale, era uno dei tecnici della Colpack.
Boscaro fa parte del GS Famme Azzurre e corre su strada con il Team Colpack
Boscaro ha partecipato ai mondiali 2121 correndo il chilometro. Quest’anno, doppio oro agli europei U23
Napolitano è tesserato da quest’anno con il Team Colpack, in precedenza correva con il team dei Ceci
Boscaro fa parte del GS Famme Azzurre e corre su strada con il Team Colpack
Boscaro ha partecipato ai mondiali 2121 nel chilometro. Quest’anno, doppio oro agli europei U23
Napolitano è tesserato da quest’anno con il Team Colpack, in precedenza correva con il team dei Ceci
La differenza fra i due è che Boscaro corre anche su strada e ha portato a casa due vittorie (Gran Premio della Battaglia e GP San Bernardino), mentre Napolitano su strada non ci andrà mai. E forse per questo la scelta di tesserarlo è ancor più apprezzabile.
«Ci ha chiamato Quaranta – racconta Valoti – e ci ha chiesto se poteva interessarci tesserarlo e abbiamo detto di sì. Lo vediamo poco, per le foto e la presentazione e mi pare un bravissimo ragazzo. Mi fa quasi paura (sorride, ndr), per quanto è grosso. E vedendo le foto con i pesi che avete pubblicato, ho capito anche perché. I campionati italiani quest’anno si sono fatti a Torino, quindi vicino casa sua, per cui ha avuto l’appoggio della nazionale. Villa aveva organizzato la trasferta per gli azzurri e Quaranta si è aggiunto».
Il supporto azzurro
Pur rilevando che quest’ultima suona come un’anomalia (ai campionati italiani si dovrebbe andare con la propria società e non con la nazionale), è un fatto che il supporto per questi specialisti sia molto aumentato negli ultimi tempi e permetta loro di fare attività.
Coppia Colpack agli europei del 2016 a Montichiari: madison per Lamon e Consonni
Nel 2015, Lamon è già nel gruppo della pista e vince con la Colpack il Circuito di Sant’Urbano
Alla Colpack ha corso anche Carlo Alberto Giordani, qui ai tricolori del 2018, che si è appena ritirato
Anche Plebani, qui a destra con Bertazzo, ha corso nel team bergamasco
Coppia Colpack agli europei del 2016 a Montichiari: madison per Lamon e Consonni
Nel 2015, Lamon è già nel gruppo della pista e vince con la Colpack il Circuito di Sant’Urbano
Alla Colpack ha corso anche Carlo Alberto Giordani, qui ai tricolori del 2018, che si è appena ritirato
Anche Plebani, qui a destra con Bertazzo, ha corso nel team bergamasco
«A differenza di quando avevamo Ganna, Consonni e Lamon – conferma Valoti – per cui spendevamo un sacco di soldi, ora si capisce che in Federazione qualcosa è cambiato. Vedo Boscaro, per esempio. A dicembre vanno in ritiro a Calpe, poi lo portano a correre a gennaio e da lì farà gli europei. Rispetto a prima sono più seguiti».
Forse per questo, anche Minuta troverà una squadra per il 2023. Il tesseramento non comporta grossi obblighi. La nazionale arriva in supporto sgravando alcune società da impegni certamente gravosi. E così il sistema pista ha ripreso il largo, con il silenzioso benestare di tutti gli altri.
Nel giovane gruppo dei velocisti azzurri di cui si parlava nei giorni scorsi con Quaranta e stamattina con Diego Bragato, quelli che trasmettono più esperienza sono Matteo Bianchi e Daniele Napolitano, sebbene il primo abbia 21 anni e il secondo appena 19. Napolitano è di Torino e il velodromo Francone è sempre stato il suo parco giochi, con il supporto di Dario Zampieri, campione italiano del keirin nel 2017 e oggi tatuatore. Il fulmine sul polpaccio sinistro glielo ha disegnato lui, mentre è stato il team della famiglia Ceci a far salire in alto il suo tasso tecnico, in quel periodo nebbioso in cui i velocisti erano a rischio estinzione.
«Tre anni fa – dice Napolitano – c’eravamo solo Matteo Bianchi ed io, quindi non c’era grande voglia di fare risultato perché eravamo da soli in due categorie diverse. Era più difficile. Adesso che si è creato un gruppo. Ci siamo noi e se ne aggiungeranno altri. C’è più stimolo, c’è competizione in allenamento e c’è tanta voglia di far bene, perché siamo sei che hanno dimostrato di andare forte».
Napolitano (a destra) e Bianchi: l’arrivo nel velodromo di Noto dei due velocisti più esperti
Napolitano (a destra) e Bianchi: l’arrivo nel velodromo di Noto dei due velocisti più esperti
Allo stesso modo in cui Bianchi e Predomo corrono con la Campana Imballaggi-Geo&Tex Trentino, dal 2022 Napolitano è tesserato con il Team Colpack-Ballan, che già in precedenza aveva lanciato la carriera di Filippo Ganna e poi si era fatto carico del gruppo di endurance in cui correvano Consonni e Lamon. Oggi gli specialisti sono rimasti in due: Davide Boscaro, che corre nella continental, mentre Napolitano è nel team U23.
Anche tu, come Bianchi, avevi pensato di andare in Svizzera?
Avevo chiesto, mi ero informato, ma soprattutto perché nel periodo invernale Montichiari è chiuso quasi tutti gli anni per lavori. Quindi volevo avere un altro posto per andare ad allenarmi. Sarei andato per conto mio, pagando tutto di tasca mia.
Agli europei Napolitano ha trovato anche Boscaro, compagno di club (foto Team Colpack)
Agli europei Napolitano ha trovato anche Boscaro, compagno di club (foto Team Colpack)
Poi cosa è successo?
Mentre ero lì che ci pensavo, per fortuna è arrivato Ivan Quaranta e ci ha offerto di lavorare tutti insieme, così ho preferito seguire lui che farmi consigliare da un altro che poi non sai mai come va a finire.
E di colpo è rinata la velocità…
Il settore veloce per me è stato sempre molto bello da vedere, bello da vivere. Vedere le gare degli altri mi ha sempre appassionato. E adesso, avendo un gruppo di tutte le età, da Stefano Moro che è elite agli junior di primo anno, ci sono i ragazzini ancora grezzi che devono imparare e i più grandi che possono insegnargli qualcosa. E’ comunque aggiungere qualcosa che il tecnico non sa: un atleta che corre molto durante l’anno, per esempio ti può insegnare qualche malizia.
Napolitano ammette che l’arrivo di Quaranta ha cambiato radicalmente il settore velocità
Tre ore di palestra e sei ore in pista: la vita del velocista non è affatto tenera
Napolitano ammette che l’arrivo di Quaranta ha cambiato radicalmente il settore velocità
Tre ore di palestra e sei ore in pista: la vita del velocista non è affatto tenera
Quanto dura la costruzione di quei 10 secondi di gara?
Tanto! Passo tanto tempo in palestra, ci sto anche tre ore e mezza. Mi piace stare lì a fare un bel carico. E poi comunque anche noi facciamo i nostri 80-90 chilometri con i vari lavori. Mentre in pista si fanno giornate da 6-7 ore ogni volta. Lavori tanto finché non scendi di un decimo, finché non arrivi ai tempi per qualificarti. Tanti pensano che dietro una volata da 9-10 secondi ci sia solo il provare in pista, invece è molto più complesso di quello che sembra. Perché porti il tuo corpo al limite per quei 10 secondi e devi essere al massimo delle tue condizioni perché non hai il tempo di pensare e gestirti. In quei 10 secondi devi essere a tutta, dare tutto e non sprecare niente.
Gli scalatori hanno l’assillo del peso…
Noi, a differenza di uno stradista che magari fa uscite di 5-6 ore, facciamo molti lavori a secco più brevi in pista, quindi ovviamente dobbiamo stare molto attenti all’alimentazione. Facciamo molti più pasti al giorno di quelli che fa uno stradista. Lo stradista fa due ore in più e perde un po’ di massa grassa. Noi abbiamo questi lavori, poi si fanno 30-40 minuti di pausa, poi si risale in pista. Non hai tempo veramente di consumare la massa grassa, quindi è molto importante mangiare bene. Devi arrivare al momento in cui serve, perché devi fare le prove di gara o devi correre, che il tuo corpo ha energia da vendere.
Agli europei di Monaco, bronzo nella velocità a squadre con Bianchi e Tugnolo ed è stato 12° nel keirin
Nel 2021, quando correva con il Piceno Cycling Team di Ceci, Napolitano ha vinto il tricolore keirin juniores
Agli europei di Monaco, bronzo nella velocità a squadre con Bianchi e Tugnolo ed è stato 12° nel keirin
Nel 2021, quando correva con il Piceno Cycling Team di Ceci, Napolitano ha vinto il tricolore keirin juniores
Un altro modo di mangiare?
Sì, noi mangiamo molte proteine. Io personalmente mangio piatti non tanto abbondanti, però mangio più volte al giorno. Faccio colazione, poi lo spuntino tra la colazione e il pranzo, pranzo, la merenda e la cena. Sono di media in 5-6 pasti al giorno, ma c’è chi ne fa anche di più. Perché bisogna sempre mantenere il corpo con la giusta energia.
Usciamo dalla crono iridata degli under 23 con il 9° posto di Baroncini. Vittoria al danese Price-Pejtersen, già campione europeo a Trento. E ora la strada
Il Giro del Casentino è una delle gare più antiche del calendario italiano under 23 essendo arrivata alla sua edizione numero 105. Attraverso le sue strade nella provincia aretina sono passati fior di campioni, basti pensare che nel suo albo d’oro militano personaggi quali Bartali, Coppi e Nencini. L’ultimo a essere entrato in questo prestigioso consesso è Sergio Meris, che si era già messo in luce all’ultimo Giro d’Italia.
Già dalle sue prime parole si coglie come Meris, oltre ad essere profondamente appassionato per la sua attività, faccia parte di una cerchia andata restringendosi nel tempo, quella degli scalatori.
«Il Giro del Casentino è una gara nervosa – dice – con una salita di 7 chilometri prima di entrare ad Arezzo e un’altra di 18 divisa in due parti, che alla fine si è rivelata decisiva. La squadra si era votata alla mia causa e nella salita principale ho provato a fare selezione così siamo rimasti in una decina. Alla fine della discesa è partito Iacchi, al quale ci siamo accodati io e Menegotto. Ero solo contro due, ho dovuto rintuzzare ogni attacco, poi in volata ho saltato il primo e scongiurato il tentativo di rimonta del secondo».
Il passaggio al GPM: Meris è primo e ha già fatto selezione, ma i Qhubeka sono in agguato (foto Valerio Pagni)
Il passaggio al GPM: Meris è primo e ha già fatto selezione, ma i Qhubeka sono in agguato (foto Valerio Pagni)
Partendo dal tuo racconto e da quanto hai fatto nel corso della stagione, ti si può considerare uno scalatore?
Io vorrei essere un corridore completo, competitivo su tutti i terreni, ma certamente in salita mi trovo meglio. Si è visto anche al Giro Under 23, non solo nella tappa che ho chiuso al secondo posto. So però che devo migliorare ancora molto, soprattutto nelle salite più lunghe, quelle dove lo sforzo si protrae e bisogna saper dosare le energie, mentre invece sugli strappi brevi sono già in grado di fare la differenza. Io però voglio essere competitivo dappertutto.
Le squadre professionistiche cercano prevalentemente specialisti, potrebbe quindi essere quella una soluzione per il tuo futuro?
Io lo spero, ma come detto devo ancora lavorare molto e il Giro in tal senso è stato molto istruttivo. Le caratteristiche sono sicuramente quelle, ma devo dimostrare il mio valore nel tempo. Io comunque ce la metto tutta.
La volata vincente di Meris in rimonta su Menegotto all’estrema sinistra (foto Valerio Pagni)
La volata vincente di Meris in rimonta su Menegotto all’estrema sinistra (foto Valerio Pagni)
Come è nata questa tua passione?
Non poteva essere altrimenti considerando che ho due fratelli più grandi che correvano e mi hanno contagiato subito, tanto che ho cominciato a gareggiare già da G1. I risultati arrivavano e mi instillavano la voglia di provarci sempre di più, sognavo di essere Nibali o Contador, i miei idoli del tempo. Ora mi piacciono i corridori che fanno spettacolo e vincono dappertutto, come Van Aert, completamente diversi da quelli di allora.
La tua stagione, partendo dal prestigioso secondo posto di tappa al Giro, è stata finora molto positiva, colpisce però il fatto che tu non abbia ancora avuto un’occasione per vestire la maglia azzurra. Con il cittì Amadori hai avuto contatti?
Ci siamo scambiati qualche battuta, soprattutto al Giro d’Italia, ma finora non è ancora arrivata quella benedetta convocazione. Non voglio però che sembri una lamentela, sono io il primo a dire che in molte occasioni ho sbagliato qualcosa, non mi sono mosso bene e devo lavorare molto dal punto di vista tattico. La vittoria di sabato è un buon punto di partenza in tal senso perché la gara si era messa in maniera difficile. Spero che da lì possa mostrare una buona continuità.
Meris, qui sul podio di Corsalone, è nato a Gorle (BG) il 10 marzo 2001 (foto Valerio Pagni)
Meris, qui sul podio di Corsalone, è nato a Gorle (BG) il 10 marzo 2001 (foto Valerio Pagni)
Al di là delle tue vittorie nelle gare d’un giorno, sembri avere caratteristiche più adatte per le gare a tappe…
Penso anch’io che possano essere un giusto approdo per me, anche al Giro mi sono accorto che andavo sempre meglio ogni giorno che passava, mentre altri cominciavano ad accusare la fatica. Ho chiuso 17° ed è una buona posizione vista la concorrenza, ma si può fare meglio. Credo comunque di essere adatto per quel tipo di gare.
Prossimi appuntamenti?
Intanto il Giro del Friuli dove appunto voglio mettermi alla prova cercando di puntare alla classifica, poi tutte le classiche italiane fino al Piccolo Lombardia, gara alla quale tengo particolarmente perché so essere durissima e spettacolare, chi emerge lì non è un corridore qualsiasi.
Prima del Casentino, Meris si era aggiudicato il Trofeo Castello di Albola ad aprile
Prima del Casentino, Meris si era aggiudicato il Trofeo Castello di Albola ad aprile
Che idee ti sei fatto per la prossima stagione, potresti cambiare squadra?
No, ho già il contratto con la Colpack Ballan, penso che il prossimo anno sarà decisivo per il mio futuro, per raccogliere quanto seminato se continuerò a lavorare bene. Lo scorso anno avevo ancora la scuola perché avevo perso un anno, quindi non mi ero potuto concentrare completamente sulla mia attività. Quest’anno la differenza si è già vista e voglio che si veda ancora di più nel 2023, magari per coronare il mio sogno: vestire la maglia azzurra. Ma devo meritarmela…