Silvio Martinello si è candidato alla presidenza della Federazione e sfiderà Renato Di Rocco. Cinque mondiali e un’Olimpiade su pista, 57 anni, pro’ dal 1986 al 2000. I dati dicono che l’attività di base si va spostando verso il fuoristrada, che i Comitati regionali del Sud sono in sofferenza, che gli juniores sono un fronte nevralgico, che i giudici di gara brontolano e che il professionismo ha le sue gatte da pelare. Questi i macro temi, ma se vuoi candidarti devi approfondirli. Martinello ha seguito il Giro d’Italia per Radio Uno e il viaggio gli è servito per toccare con mano.
«Ho deciso di candidarmi – spiega – quando mi sono reso conto metaforicamente che il ciclismo italiano ha toccato il fondo del barile. Non tanto ai livelli più alti, quanto per il movimento giovanile. Le società soffrono. I tesseramenti calano. Tanti smettono perché non trovano squadra. Bisognerebbe incentivare le società a impegnarsi su tutta la filiera, fino agli juniores. Altrimenti gli squadroni più ricchi fanno incetta di talenti, le squadrette di paese perdono motivazione e chiudono. Questa volta ho percepito una vera voglia di cambiamento da parte di realtà meno conosciute e lasciate da sole. La mia candidatura nasce da qui».
Racconta…
Sono portabandiera di un movimento, non di una corrente autoritaria. Veniamo da un periodo in cui tutto è lasciato alle decisioni di un solo uomo. Per Di Rocco ho grande rispetto e penso che in Italia non ci siano dirigenti sportivi con un profilo come il suo, ma di fronte alle problematiche vastissime del ciclismo, un uomo da solo non basta. Servono inclusione, collegialità , la voglia di fare squadra.
Questo ora non accade?
Si è lavorato per anni fino a raggiungere la quasi assenza di discussione nel Consiglio federale, che oggi si limita a ratificare le decisioni del presidente.
Fosti uno degli artefici della prima elezione di Di Rocco.
Ho riletto recentemente i 22 mesi del mio incarico in Federazione e il percorso che mi portò a rivestirlo. Ora mi sono chiare alcune dinamiche che allora non vedevo. Ragionavo con la testa da atleta e affrontavo i problemi in modo diretto.
Dov’era l’errore?
Avevo un rapporto diretto con il presidente e per questo mi capitava di scavalcare i membri di un Consiglio federale che aveva delle qualità . Non mi resi conto che la corsia privilegiata dava fastidio e Di Rocco, volutamente o no, non mi ha avvertito né tutelato. Ero allo sbaraglio. E il bel progetto non si poté portare avanti.
Si può fare oggi?
La situazione è matura, per la spinta che avverto e per la necessità di dare una nuova visione alla base che forse è ferma su vecchie logiche. Percepisco molta depressione e la speranza di arrivare a una nuova dimensione. E’ una candidatura che nasce dal basso e ne sono orgoglioso.
Si deve buttare tutto giù?
Solo quello che non funziona. Amo circondarmi di persone che portino un valore aggiunto. Vorrei una Fci capace di discutere al suo interno e poi adottare una posizione condivisa. I problemi complessi richiedono soluzioni diverse. Se si ragiona in tanti, cala anche il margine di errore.
Come sta l’Italia?
Conoscevo meglio i Comitati regionali del Centro e del Nord, ho approfittato del Giro per entrare in contatto con quelli del Sud e fissare appuntamenti successivi. Bisognerà lavorare nel rispetto delle società , aiutandole a fare scelte lungimiranti. E’ fondamentale ridare dignità ai territori.
Che cosa significa?
I Comitati regionali sono il braccio della struttura centrale. Bisogna investire, aiutare e sostenerli verificandone il lavoro. Alcuni Comitati del Sud sono stati chiusi. Dove questo è stato fatto, la poca attività che c’era è finita.
Cosa avresti fatto?
Se qualcosa non va, devi guardarci dentro. I Comitati del Sud sono realtà che costano poco, sostenerli non è impossibile. Se invece li chiudi e nomini un delegato, che magari dirige il Comitato confinante, quello non solo non se ne occupa, ma magari gli fa gioco non farlo.
Ripartire dalla base?
Per ricostruirla. Ogni categoria ha le sue criticità . Il professionismo è gestito a livello internazionale, ma credo che una voce italiana in seno all’Uci sarebbe utile averla. Di Rocco è da anni vicepresidente dell’Uci, ma pare che le nostre esigenze non siano tenute in conto.
E Cassani?
Cassani è una risorsa, un uomo molto preparato e competente. La sua esposizione a volte è eccessiva e tanta voglia di darsi da fare a volte può sembrare inopportuna. Ma lo conosco bene e secondo me dietro ogni cosa che fa, c’è la voglia di aiutare il ciclismo. Ne abbiamo parlato. Si dovranno fare delle scelte che possano giovare anche a lui. Avere un binario non è necessariamente un limite, a volte può servire per razionalizzare. Tutti gli ex corridori sono risorse…
Modello francese?
Uomini e donne da coinvolgere nella promozione. Ogni territorio ha il suo ex professionista e credo che nessuno si tirerebbe indietro se si trattasse di andare a parlare nelle scuole. I ragazzi occorre affascinarli e fa piacere a tutti poter raccontare i propri aneddoti. Tutti abbiamo avuto il momento in cui è scattata la scintilla.
Anche Cipollini è una risorsa?
A un certo punto è scattata l’equazione, ma era sbagliata. Mario non ha fatto i suoi interventi guidato da me. Non nascondo che ci siamo parlati e incontrati in ufficio da Zecchetto, il suo sponsor. Gli ho detto che sparare a zero non giova alla sua immagine e al ciclismo. Non ha detto cose prive di significato, però le ha dette male e ha perso credibilità . Anche lui è una risorsa. Magari non per un incarico, ma per la promozione.
Cosa pensi dell’attività amatoriale?
Benvengano, pur sapendo che la ragione sociale della Federazione è la promozione dello sport a livello giovanile. Gli amatori devono essere aiutati a rientrare nella loro casa e devono avere un ruolo. E con gli altri Enti bisogna parlare.
Ti stimola questa politica?
Mi incuriosisce. Vorrei circondarmi di persone che mi aiutino a non commettere errori. Chi fa da solo emargina, io voglio includere per il bene del movimento. Vogliamo conoscere le criticità del territorio per comporre un quadro definitivo. Poi sarà il momento di ragionare sulla squadra.
Come sarà composta?
Lavorerò per comporla in sede assembleare, per le varie commissioni. Gli organi di giustizia, quelli di controllo amministrativo che negli anni hanno avuto alti e bassi. Terremo in considerazione gli equilibri fra i territori. Il criterio principale di selezione sarà la competenza. Ho già rifiutato offerte che in cambio avrebbero portato consensi, ma credo che a questo punto ciò che più conta sia la coerenza.
L’Assemblea ragiona per temi o si muove per convenienze?
Bella domanda. Mi auguro che ci sia da parte dei partecipanti la verifica del movimento e delle sue esigenze. Per questo sto insistendo anche con altri settori.
Quali?
Gli amici del fuoristrada, che rappresentano il 50 per cento del movimento e non partecipano abbastanza alla vita federale. Se si impegnano e fanno la loro parte, possono dare la svolta e ottenerne vantaggi. Spero, dal grande impegno che noto, che tanto fermento non si riveli una grande illusione.