La UAE alza il tiro: in arrivo Wellens, gregario extra lusso

10.08.2022
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Prosegue l’opera di rinforzamento della UAE Team Emirates, che non ha certo problemi di budget. E così c’è la conferma che il prossimo anno al servizio di Pogacar ci sarà anche Tim Wellens, grande promessa del ciclismo belga e colonna della Lotto Soudal. Con due vittorie all’Eneco Tour e una al Polonia, il corridore di Sint Truiden, 31 anni, è sempre parso sulla porta del grande risultato. E ora finalmente ha fatto una scelta precisa.

Wellens ha chiuso il Fiandre in 43ª posizione: il Nord è stato una delusione
Wellens ha chiuso il Fiandre in 43ª posizione: il Nord è stato una delusione

«Ho deciso di respirare aria nuova durante il periodo delle classiche valloni – ha raccontato a Het Nieuwsblad – dato che per l’ennesima volta i miei obiettivi di primavera sono stati deludenti. Ho smesso di fare i progressi che volevo e ho deciso che era giunto il momento di cambiare. Non volevo andare in una squadra del livello della Lotto Soudal. Se l’ho lasciata, è stato per migliorare. A mio avviso i team che fanno la differenza sono tre: Jumbo-Visma, Ineos Grenadiers e UAE-Team Emirates. La prima ha fatto capire che il loro interesse si era un po’ raffreddato. La Ineos era interessata, ma voleva una risposta subito. Poi ho parlato con Gianetti e Matxin e li ho trovati davvero motivati a coinvolgermi. Mi hanno dato un tempo per pensarci e così alla fine ho scelto loro».

Tutto per Pogacar

Per Wellens cambierà tutto, a partire dall’allenatore che non sarà più Paul Van Den Bosch, riferimento belga della preparazione, che lo ha seguito sin dai primi passi nel professionismo.

Wellens è uno dei corridori più ricercati dalla stampa belga
Wellens è uno dei corridori più ricercati dalla stampa belga

«Sembra davvero che avrò anche un nuovo allenatore accanto a me – spiega Wellens – un aspetto che fa parte di quel vento nuovo. Ci saranno anche alcuni cambiamenti nel mio programma. La squadra vuole giocarmi al massimo all’inizio della stagione, quando sarò al meglio. Parliamo di gare a tappe come UAE Tour e Tour of Oman. In molte gare fiamminghe e valloni mi sarà permesso di fare la corsa, a meno che non ci sia Pogacar al via. Ovunque ci sarà lui, l’obiettivo dichiarato è che io mi sacrifichi. Il che è del tutto logico, ovviamente. Mi è stato detto che alla Ineos devi giocarti il posto, alla UAE Emirates regna la chiarezza. Riceverò il mio programma in anticipo, con gli obiettivi indicati, in modo da sapere su cosa lavorare. Mi piace di più».

Rimpianto Polonia

Dopo tanti anni nella stessa squadra, partire non sarà facile. Si tratterà di lasciarsi alle spalle la quotidianità del fiammingo e amicizie vecchie di anni. Anche se nel caso di Wellens pare che, dal momento in cui ha comunicato che sarebbe andato via, alcune ruggini si siano create e ne abbiano condizionato i programmi.

«Come in ogni squadra – ha spiegato Wellens, che ha dovuto ritirarsi dal Tour de France per il covid – ci sono persone che mi mancheranno. Prendiamo ad esempio Marc Wauters, le presentazioni che faceva per ogni tappa del Tour erano di altissimo livello. Penso sia importante lasciarsi in buoni rapporti. Spero davvero tanto che non ci sarà la retrocessione dal WorldTour. Per questo mi è dispiaciuto non aver potuto partecipare al Tour de Pologne. Mi sarebbe piaciuto aiutare la squadra con i punti necessari».

L’alta sartoria Santini al servizio del Tour

06.08.2022
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Fornire le maglie di leader per una qualsiasi gara a tappe comporta onori ma anche oneri, soprattutto quando si parla di Tour de France. La corsa francese è da sempre una sfida per tutte le aziende partner della gara a tappe più importante al mondo. A poco meno di due settimane dalla conclusione del Tour, oggi possiamo tranquillamente dire che Santini ha superato alla grande la sua sfida. 

L’azienda bergamasca ha lavorato su numeri importanti. Complessivamente sono stati realizzati ben 2.000 capi che hanno interessato le quattro maglie destinate ai leader delle varie classifiche individuali: gialla, a pois, verde e bianca.

Questi numeri, di per sé già importanti, non sarebbero nulla se non fossero stati accompagnati dalla grande capacità sartoriale che Santini ha messo sul campo per realizzare ogni singolo capo.

Gli ultimi capi realizzati da Santini sono stati i body da crono, fatti rigorosamente su misura (foto BeardyMCBeard)
Gli ultimi capi realizzati da Santini sono stati i body da crono, fatti rigorosamente su misura (foto BeardyMCBeard)

Body su misura

In occasione di una nostra intervista realizzata alla vigilia del Tour de France, Stefano Devicenzi dell’ufficio marketing di Santini ci aveva confidato che tra gli ultimi prodotti realizzati e pronti a partire per la Francia c’erano i body da crono. La spiegazione era molto semplice.

Per la crono d’apertura del Tour non era previsto il loro utilizzo. Sarebbero serviti solamente per la crono del penultimo giorno, la Lacapelle-Marival che avrebbe dovuto decretare il vincitore dell’edizione 2022 del Tour de France.

Alla vigilia della cronometro lo staff Santini ha fatto visita al team Jumbo-Visma per far provare a Wout Van Aert e Jonas Vingegaard i body che avrebbe dovuto poi utilizzare in occasione della tappa a cronometro. Santini ha messo sul campo il meglio del proprio know-how e l’esperienza del proprio staff per garantire il massimo in termini prestazionali, intervenendo appositamente sui capi al fine di soddisfare le necessità dei singoli atleti.

Si è trattato di un lavoro dietro alle quinte, tutt’altro che semplice, che ha richiesto competenza, discrezione e precisione.

Ecco tutti i vari pezzi tagliati dal body verde di Wout Van Aert, taglia “L” per il campione belga (foto BeardyMCBeard)
Ecco tutti i vari pezzi tagliati dal body verde di Wout Van Aert, taglia “L” per il campione belga (foto BeardyMCBeard)

Jonas e Wout tester

Modelli d’eccezione non potevano che essere Jonas Vingegaard e Wout Van Aert, rispettivamente maglia gialla e verde del Tour. Il lavoro di adattamento dei body è stato realizzato direttamente sul corpo dei due campioni del team Jumbo-Visma.

Jonas e Wout sono stati fatti salire in bici e invitati ad assumere la posizione che avrebbero poi avuto durante la prova a cronometro. A questo punto il body è stato controllato dalla modellista e dalla maitre tailleur Santini, che, confrontandosi con l’atleta stesso, hanno preso nota e identificato le modifiche da effettuare.

La fase successiva è stata quella di intervenire sul body stesso, realizzando le modifiche richieste. Una volta effettuate, sono state successivamente verificate ripetendo l’analisi del capo indossato. Il risultato finale è stato quello di un body “su misura” che non a caso ha portato i due atleti ai primi due posti della cronometro.

La stessa attenzione e cura è stata naturalmente riservata a Tadej Pogacar, secondo in classifica generale e leader della classifica del miglior giovane del Tour.

I capi realizzati da Santini durante tutto il Tour de France sono stati 2.000 (foto BeardyMCBeard)
I capi realizzati da Santini durante tutto il Tour de France sono stati 2.000 (foto BeardyMCBeard)

L’esperienza Santini

A supervisionare l’intera operazione di messa in prova era presente Monica Santini, amministratore Delegato di Santini Cycling Wear.

«E’ una attività che conosciamo bene – ha detto Monica Santini – perché da anni viene realizzata per gli atleti che vestiamo. E’ fondamentale che i capi vestano come una seconda pelle, che le pieghe e i tagli dei capi si adattino alla conformazione fisica dell’atleta e che non ci siano eccessi di tessuto; tutto questo garantisce la massima performance aerodinamica.

«Si tratta di un lavoro di grande precisione che richiede dedizione e passione, oltre che grandi competenze; la nostra esperienza è sicuramente un valore aggiunto sia per gli organizzatori del Tour che per gli atleti stessi».

Santini

Il mondo di Pogacar nel racconto di Urska Zigart

03.08.2022
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Prima si è fatto trovare a Meaux, al via della seconda tappa del Tour de France Femmes. Poi Tadej Pogacar si è presentato nuovamente a La Planche des Belles Filles, dove la sua compagna Urska Zigart ha conquistato il 29° posto finale a 4’41” dalla Van Vleuten, migliore della sua squadra. L’avevamo incontrata all’Alpe d’Huez, il giorno dopo la legnata del Granon. Era sulle Alpi per un periodo di allenamento in vista del Tour e si era fatta trovare sul traguardo in cui Tadej avrebbe provato la prima risalita dopo la crisi.

Un’interessante intervista de L’Equipe, insieme a quello che abbiamo raccolto sulle strade francesi, offre un interessante punto di vista sulla vita di Pogacar e su come affronti i problemi.

Pogacar con Zigart al via della seconda tappa del Tour Femmes (foto B. Papon/L’Equipe)
Pogacar con Zigart al via della seconda tappa del Tour Femmes (foto B. Papon/L’Equipe)
Come sei arrivata al ciclismo?

Al liceo da qualche mese avevo problemi di anoressia, una forma abbastanza lieve. Mangiavo e mi sentivo in colpa. I miei genitori mi hanno aiutato molto e mi hanno evitato di finire in un centro specializzato, spingendomi a fare sport. Così ho iniziato a pedalare sempre di più e dopo il diploma mi hanno comprato una bici da corsa e mia madre ha chiamato il club di Lubiana, KD Rog, per vedere se potevo allenarmi con la squadra femminile. Le prime gare le ho finite sempre in ritardo, anche venti minuti. Una volta ricordo di essermi persa nel tentativo di trovare l’arrivo perché tutte le strade erano già state riaperte al traffico.

Non soffri più di anoressia oggi?

E’ una malattia mentale, può volerci molto tempo per uscirne, ma sono stata fortunata ad essere ben circondata e a non esserne stata gravemente affetta. Ne sono uscita con l’aiuto dello sport, ma è un problema che riguarda anche gli atleti. A volte, quando osservo certe ragazze o certi ragazzi, il modo in cui si comportano in relazione al cibo, mi ricorda quello che facevo io. Se posso, glielo racconto perché so che è un modo terribile di vivere. Tadej non ha mai avuto problemi con questo, ha un rapporto molto sano con il suo corpo.

Urska Zigart è nata nel 1996, corre con il Team Bike Exchange-Jayco dallo scorso anno
Urska Zigart è nata nel 1996, corre con il Team Bike Exchange-Jayco dallo scorso anno
Vi siete conosciuti attraverso il ciclismo?

Sì, nella Slovenia U23, nel 2017. Correvamo nello stesso club a Lubiana, ma non ci conoscevamo. Un giorno, durante un ritiro in Croazia, ci siamo ritrovati nello stesso gruppo a gareggiare negli sprint maschili e femminili. Lui aveva 17 o 18 anni e io due di più. Avevo già sentito il suo nome, visto che era arrivato terzo ai campionati europei di Plumelec nel 2016, ma non sarei stata in grado di dargli un volto. Alla fine della seconda serie di sprint, stavo davvero faticando, gli ho chiesto come si chiamasse e a quel punto ho capito perché stessi soffrendo così. Era già un vero talento. Eppure ricordo che nel 2017, quando arrivò 5° al Giro di Slovenia, studiava contemporaneamente perché doveva superare il diploma di maturità a fine mese. Siamo usciti insieme poco prima della sua vittoria al Tour de l’Avenir.

Come hai vissuto la sua prima vittoria al Tour de France, nel 2020, quando batté Roglic proprio a La Planche des Belles Filles?

Ero sul pullman della squadra, era l’ultima tappa del Giro Donne e non avevo quasi nessuna rete. Ho visto il suo tempo passare dal rosso al verde, ma non l’ho realizzato subito subito. Fu una giornata strana. Ero felice, ma la maggior parte della Slovenia era triste perché aveva battuto Primoz Roglic. Ci siamo sentiti un po’ in colpa e non abbiamo festeggiato questa vittoria come avremmo dovuto. Pochi giorni dopo, eravamo tutti e tre nella squadra slovena per i mondiali di Imola e nessuno sapeva cosa dire. Lo sport a volte è crudele…

Alpe d’Huez, Zigart in visita a Tadej nel giorno della prima reazione alla crisi del Granon
Alpe d’Huez, Zigart in visita a Tadej nel giorno della prima reazione alla crisi del Granon
Parlaci di Tadej…

Tadej è molto divertente, ma è stato messo sotto i riflettori molto velocemente (a 21 anni) e all’inizio ha faticato a mostrare questo aspetto di sé. Aveva paura di passare per quello che non è, mentre in realtà è molto umile. Nella sua squadra, fa di tutto per essere uno tra gli altri e perché tutti ricevano lo stesso trattamento. Penso che ciò che lo descrive molto bene, simbolicamente, sia la ciocca di capelli che spunta dal suo casco. E’ uno spirito libero, che va per la sua strada.

Insieme, avete creato il PogiTeam, una squadra di giovani corridori in Slovenia, attaccata al vostro club di Lubiana e che beneficia degli sponsor di Tadej…

In Slovenia, il ciclismo era uno sport minuscolo quando Tadej ha iniziato. In una squadra come la nostra non c’erano soldi e si doveva sempre riuscire a recuperare bici, abiti, scarpe. Avevamo solo attrezzature usate. L’idea è quella di aiutare i bambini ad essere ben attrezzati e questo forse ci permetterà di scoprire più talenti. Per il momento, questa squadra è una squadra di ragazzi ma alla fine vorremmo farne una per ragazze, magari la chiameremo Urska Team! Il ciclismo femminile è ancora tutto da costruire.

Al Giro di Slovenia, la visita era stata ricambiata da Urska
Al Giro di Slovenia, la visita era stata ricambiata da Urska
Lo scorso aprile, Tadej ha rinunciato alla Liegi per essere al tuo fianco, in Slovenia, al momento della morte di tua madre…

Gli ho detto che poteva rimanere in gara, ovviamente, ma ha preso il primo aereo per raggiungermi. Questi sono tempi dolorosi nella vita ed entrambi sappiamo che tra qualche anno ci renderemo conto di quanto fosse importante stare insieme. Più importante di una gara ciclistica. 

Tre settimane fa avete lanciato insieme una fondazione per aiutare a combattere il cancro.

Questa fondazione non è per mia madre. Vogliamo provare a raccogliere fondi per trovare cure per quante più persone possibile e permettere loro di trattarsi diversamente e, magari, di trascorrere più tempo con i propri cari. In Slovenia, dopo le sedute di chemioterapia, mia madre è stata rimandata a casa e, senza l’intervento di Inigo San Millan (medico e allenatore di Pogacar, ndr), non avrebbe potuto beneficiare delle ultime cure. Vogliamo solo che altre persone possano approfittarne.

A tutto Formolo. Intanto Ackermann vince di forza

02.08.2022
5 min
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Tour de Pologne. A Sanok, in un arrivo in volata atipico, visto lo strappo di 300 metri poco prima della linea del traguardo, vince Pascal Ackermann. Un successo di forza, voluto e cercato con tutte le energie rimaste dopo un finale ad altissima velocità. Pascal taglia il traguardo per primo e la folla, riunitasi nella piazza di Sanok, contornata da edifici rinascimentali color pastello, esplode in un boato. «Domani sarà l’Ackermann day», aveva scherzato sul palco della presentazione dei team giovedì scorso Formolo, con qualche giorno di ritardo ma potremmo dire che quel momento è arrivato.

«Quello trascorso per me è stato un periodo difficile – dice il tedesco con il volto rosso mentre si disseta avidamente da una bottiglietta d’acqua – l’infortunio patito a inizio stagione mi ha frenato. Ora sto bene, dopo il secondo posto di domenica ecco la vittoria, ci voleva.

«Il mio grande obiettivo sono gli europei, ma dovrò capire se riuscirò a far parte del team. Poi ci sarà la Vuelta, sarà dura ma la fiducia c’è e la voglia di fare bene anche».

Ackermann vince la quarta tappa del Tour de Pologne con forza e determinazione, ora sogna gli europei
Ackermann vince la quarta tappa del Tour de Pologne con forza e determinazione, ora sogna gli europei

Il solito sorriso

Il parcheggio dei bus delle squadre a Chelm, dove incontriamo Davide Formolo, è a pochi metri dal palco del foglio firma. Arriviamo nel piazzale intorno alle 10, il cielo sopra di noi è grigio e minaccia di piovere, le nuvole sono così basse che hai l’impressione di poterle stringere in una mano. Piano piano arrivano i bus dei team, uno dei primi è quello del UAE Team Emirates, con a bordo Davide Formolo e compagni. 

Davide ci accoglie seduto sulle scalette del bus, tuta della UAE Emirates, occhiali tondeggianti ed il sorriso stampato in faccia, quello non glielo toglie nessuno. «Vi va bene se facciamo l’intervista sulle scale? – ci dice, noi accettiamo, come si fa a dirgli di no? – così non metto le scarpe». Gli chiediamo subito come sta.

«Sto bene, ormai sono un affezionato del Giro di Polonia, è la mia sesta partecipazione, quando facevo Giro e Vuelta era perfetto per prepararsi perché cade esattamente ad un mese dall’inizio della seconda. Quest’anno però non farò la corsa spagnola, ma le corse in Italia quindi siamo più tranquilli non dovendo preparare una grande corsa a tappe.

«Dopo il Polonia mi sposterò in Canada e correrò lì. Prepariamo un bel finale di stagione, ci sono tante belle classiche: il Giro dell’Emilia, il Lombardia, dove aiuterò Tadej a conquistare il bis. Poi ci sono anche le due nuove gare in Veneto che sono interessanti, spero di poter giocare le mie occasioni nelle gare di casa».

Formolo non perde mai il buon umore, eccolo che scherza con i compagni durante la presentazione delle squadre
Formolo non perde mai il buon umore, eccolo che scherza con i compagni durante la presentazione delle squadre

Il Tour da casa

Quest’anno Formolo non ha corso il Tour accanto al suo amico Pogacar, lo ha visto da casa, ma il suo supporto all’amico e compagno di squadra non è mancato.

«Che gara che è venuta fuori – esclama Davide – è stata impressionante, bellissima da vedere. Il fatto che Tadej non avesse addosso la maglia gialla lo ha spinto ad attaccare sempre, lo ha fatto anche sugli Champs Elysées – ridacchia – più di così non poteva fare. Io ho visto il solito Pogacar, un corridore che attacca e che non si tira mai indietro. Non lascia nulla al caso, ha una serenità che gli permette di tentare anche queste azioni da lontano».

«Mi ricordo alla Vuelta del 2019, dove fece terzo, che eravamo caduti nella crono a squadre, doveva recuperare minuti e l’ultima settimana l’aveva fatta sempre all’attacco. Quest’anno è stato simile, questo suo modo di fare dimostra un po’ quel che è lui, un ragazzo che non ha perso la sua essenza della quale ci siamo tanto appassionati».

Davide poco prima del via della seconda tappa: Chelm-Zamosc
Davide poco prima del via della seconda tappa: Chelm-Zamosc

Due contro uno

Cosa pensa Formolo, compagno di migliaia di giornate in sella, della crisi che ha colpito Pogacar sul Granon? Una situazione anomala che sembrava non dovesse arrivare mai per lo sloveno. 

«E’ stato strano vederlo soffrire – dice con una grande risata – è ciclismo, doveva succedere prima o poi che dovesse perdere. Certo che perdere e fare secondo al Tour non è mica male – dice prolungando la risata – sarebbe bello perdere sempre così. La Jumbo-Visma aveva una bella squadra, Vingegaard è andato forte ed è stato bravo ad amministrare il vantaggio che aveva, facendo la stoccata finale quando ha vinto sull’ultimo arrivo in salita.

«Il duplice attacco della Jumbo nella tappa del Granon era inaspettato, si è trovato in una situazione diversa e dovrà imparare a gestirla, alla fine è giovane. Nel calcio c’è un proverbio che dice “O si vince o si impara” e quest’anno Tadej ha vinto un po’ meno ed ha imparato qualcosa in più».

Formolo è stato tante volte accanto a Tadej, eccoli alla Sanremo di quest’anno
Formolo è stato tante volte accanto a Tadej, eccoli alla Sanremo di quest’anno

Ci vuole pazienza

Il foglio firma chiama e Formolo parte insieme ai compagni di squadra. A pochi minuti dal via vediamo il corridore veneto parlare e scherzare con Zhao, l’addetto stampa del suo team. Davide non perde mai il buon umore e la calma, una personalità come la sua aiuta a distendere i nervi nei momenti tesi della corsa. Magari quel che è mancato alla UAE Emirates in Francia è stata proprio la serenità che Formolo è in grado di portare.

«I miei compagni hanno fatto una grande corsa – dice con serenità – ci sono state anche delle complicazioni non indifferenti. I numerosi casi Covid e qualche episodio sfortunato, come la rottura della catena da parte di Majka. Alla fine a Parigi sono arrivati solamente in quattro, non si può rimproverare nulla a nessuno. Tadej lo incontrerò in Canada probabilmente, non so ancora con precisione i suoi programmi. Dopo il Tour non sono riuscito a sentirlo, anche perché lui è tornato ed in contemporanea io sono venuto qui in Polonia».

Da segnalare il terzo posto di Jonathan Milan, il secondo in terra polacca. «Ci ho preso gusto!» dice scherzando prima di fuggire ai bus delle squadre. Il meteo minaccia pioggia, meglio mettere la testa al riparo, Il Tour de Pologne è ancora lungo. E magari anche Formolo potrà ritrovare una vittoria.

Bennati, al Tour hai scoperto nemici degli azzurri?

31.07.2022
5 min
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C’è chi il Tour lo ha guardato con occhi professionali, attenti, con un taccuino intriso di appunti. C’è chi ogni tappa, ogni azione della Grande Boucle l’ha proiettata verso i prossimi appuntamenti, l’europeo di Monaco di Baviera e il mondiale di Wollongong. E questo lavoro lo ha fatto per la prima volta, perché Daniele Bennati (nella foto di apertura con l’ex re del Tour Bradley Wiggins) freme nell’attesa del suo esordio assoluto nelle gare titolate, vero culmine di un lavoro che dura un anno intero.

Ogni frazione della corsa francese è stata passata al setaccio, ma parlando dell’Europeo, anche se mancano ormai solo poco più di due settimane, le indicazioni arrivate non sono tantissime perché quasi tutte le nazionali, come d’altronde quella azzurra, devono ancora annunciare i loro effettivi. Qualcosa però è già arrivata alle orecchie di Bennati: «Il Belgio incentrerà la sua squadra su Tim Merlier, la Francia su Arnaud Demare, l’Olanda su Fabio Jakobsen, dei tre è l’unico che è uscito dal Tour».

Jakobsen Tour
Fabio Jakobsen, punta olandese agli europei di Monaco. Bennati pensa a un arrivo in volata. Da scongiurare?
Jakobsen Tour
Fabio Jakobsen, punta olandese agli europei di Monaco. Bennati pensa a un arrivo in volata. Da scongiurare?
Una tappa l’ha vinta, ma per il resto non ha particolarmente brillato forse anche perché non è stato certo un Tour per velocisti…

E’ vero, è stato un Tour atipico che ha offerto ben poche occasioni agli sprinter. Jakobsen si è fatto trovare pronto cogliendo una vittoria in una corsa che è stata disputata sempre a un’altissima intensità. Al momento che contava c’era e questo per me conta molto, forse fra tutti è il più temibile.

Hai menzionato tre velocisti puri.

Tutti e tre molto forti. Demare abbiamo visto al Giro che cosa ha fatto, Merlier è molto giovane e quest’anno per problemi fisici ha corso poco, ma sta preparando con attenzione proprio l’appuntamento europeo. E’ gente che sa vincere nei grandi giri, sa orchestrare la squadra, so che si presenteranno al via in forma.

Van Aert Tour
Per il cittì azzurro Van Aert è il netto favorito per l’iride. Sarà da capire la sua tattica
Van Aert Tour
Per il cittì azzurro Van Aert è il netto favorito per l’iride. Sarà da capire la sua tattica
Tornando a Jakobsen e a chi esce dal Tour, il fatto che dalla sua fine del 24 luglio alla gara del 14 agosto passeranno tre settimane è un vantaggio o uno svantaggio?

Non la porrei in questi termini. Se capita una situazione come quella dello scorso anno, con appena 6 giorni di differenza fra Tour e Olimpiadi, è chiaro che chi esce da una corsa di tre settimane ha una condizione migliore rispetto agli altri. Dopo tre settimane il livello si uniforma, ma non per questo chi è uscito dal Tour perde di condizione. Molto poi dipenderà dalla corsa, dal tracciato e soprattutto da come essa si svilupperà tatticamente.

Allarghiamo il discorso ai mondiali, quindi considerando un tracciato più mosso e complicato di quello tedesco. La maglia gialla Vingegaard la vedi un possibile protagonista?

Mi pare difficile proprio perché ha specifiche caratteristiche da corridore per grandi giri, nelle classiche non ha mai ottenuto particolari risultati. Il mondiale oltretutto è sì impegnativo, ma per corridori più esplosivi, capaci della sparata in grado di far esplodere la corsa. Sinceramente non lo vedo un fattore, a differenza ad esempio di Pogacar.

Pogacar Tour
Pogacar potrebbe essere uno dei favoriti ai mondiali. Salterà la Vuelta per prepararli
Pogacar Tour
Pogacar potrebbe essere uno dei favoriti ai mondiali. Salterà la Vuelta per prepararli
La sconfitta patita in Francia potrebbe essere un ulteriore stimolo per lo sloveno?

Da quel che leggo mi pare proprio di sì, Tadej ha scelto di rinunciare alla Vuelta per preparare con cura l’appuntamento mondiale. Non dimentichiamo che Pogacar è uno dei pochissimi corridori che può vincere tanto un grande giro quanto una classica, a dimostrazione della sua completezza. Quando programma un appuntamento arriva sempre in grande condizione, sarà un corridore molto temibile.

Su Van Aert che idea ti sei fatto?

Sarà il favorito numero uno, non si discute. E’ quello che ha dato più spettacolo in terra francese, ha vinto praticamente dappertutto, attaccava all’inizio delle tappe oppure si giocava la vittoria alla fine. Si è anche prestato al ruolo di luogotenente per Vingegaard. Considerando il percorso di Wollongong sarà il pericolo principale proprio perché potrà cambiare tattica a suo piacimento e noi dovremo essere bravi a capire le sue intenzioni e correre di conseguenza.

Kamna Tour
Il tedesco Kamna, protagonista a Giro e Tour. In Australia potrebbe attaccare da lontano, va seguito
Kamna Tour
Il tedesco Kamna, protagonista a Giro e Tour. In Australia potrebbe attaccare da lontano, va seguito
Van Der Poel invece è stato una delusione, te lo saresti aspettato?

Per certi versi sì. Aveva corso un Giro d’Italia come se ogni tappa fosse una classica, dilapidando un patrimonio di energie, senza una strategia ben delineata. Poi è andato in altura e per sua stessa ammissione qualcosa non ha funzionato. Anche per un fuoriclasse il fisico a un certo punto chiede il conto. Era partito con tante velleità, ma non aveva la condizione giusta per supportarle. Se si riprende in questo lasso di tempo, in Australia potrebbe comunque avere un peso importante.

Proviamo un nome a sorpresa: Kamna…

Per ora il tedesco è uno di quei corridori che si esaltano nei grandi giri, che vivono giornate eccezionali entrando in azioni da lontano, ma non ha un grande curriculum nelle classiche d’un giorno, almeno non di recente. Può essere però un nome da tenere sotto controllo proprio perché da lui può scaturire un’azione da lontano e dovremo essere bravi nel caso a piazzare qualche nostro uomo alle sue calcagna, per costringere le altre squadre a lavorare e dispendere energie.

Ancora su Pogacar. Quali risvolti psicologici dalla sconfitta?

31.07.2022
5 min
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In primavera avevamo messo in luce la superiorità di Tadej Pogacar nei confronti dei suoi avversari. E di quanto li avesse annientati anche psicologicamente. All’epoca, con la psicologa Elisabetta Borgia parlammo di senso d’impotenza acquisita, in quanto nonostante gli sforzi degli avversari il risultato rimaneva il medesimo vista la superiorità dello sloveno. L’emblema fu la tappa del Carpegna alla Tirreno, dove stravinse letteralmente “giocando”.

Questa sconfitta cambia le cose? Mina gli equilibri psicologici del corridore della UAE Emirates? Che conseguenze può avere? Riprendiamo l’analisi dunque con la dottoressa Borgia.

Mezzo scatto e sul Carpegna Pogacar lasciò tutti sul posto. Vingegaard incluso (che fu secondo)
Mezzo scatto e sul Carpegna Pogacar lasciò tutti sul posto. Vingegaard incluso (che fu secondo)

Attacco come difesa

«Io sono rimasta piacevolmente colpita da come abbia preso la sconfitta – dice la Borgia – tu continui a vincere e sai che prima o poi questa sconfitta deve pur arrivare, ma poi quando arriva non è così semplice da gestire, visto anche la risonanza mediatica che ha.

«Il fatto che abbia esagerato un po’ nelle prime tappe, con quelle volate, quegli scatti, magari era una strategia per coprire alcune lacune che sentiva dentro di sé. Magari sapeva di avere una squadra meno forte e decimata giorno dopo giorno».

Quattro mesi dopo il Carpegna, la “resa” di Pogacar sul Granon: prima batosta della carriera
Quattro mesi dopo il Carpegna, la “resa” di Pogacar sul Granon: prima batosta della carriera

“Frittata rigirata”

La Borgia spiega che Pogacar sembra aver reagito bene alla sconfitta, ma è chiaro anche che a livello mentale un evento del genere ha un effetto importante soprattutto a livello di senso di autoefficacia, ovvero senso di padronanza.

Mentre i suoi avversari fino ad ora alla luce dei risultati a favore dello sloveno erano nel circolo del senso d’impotenza acquisita nei suoi confronti e lui invece aveva un senso di autoefficacia molto forte, adesso gli equilibri sono un po’ mutati.

«Con la sconfitta di Pogacar – riprende la Borgia – si è creato un precedente: gli altri corridori sanno che si può battere, perche questa cosa è già avvenuta. Vingegaard ha aperto un varco.

«Sia chiaro, Pogacar resta un super campione, un fuoriclasse e un bellissimo personaggio del ciclismo attuale, ma in questo Tour qualcuno ha fatto meglio di lui, quindi in ottica di prestazione si sono evidenziati dei limiti personali e del suo team».

Ieri a San Sebastian il primo ritiro stagionale per Pogacar scortato dai compagni. Era la prima gara post Tour
Ieri a San Sebastian il primo ritiro stagionale per Pogacar scortato dai compagni. Era la prima gara post Tour

Da dove ripartire…

In UAE Emirates sicuramente staranno esaminando le cause di questa sconfitta. Una delle più concrete sembra essere il caldo. Sin qui Tadej non aveva mai incontrato il caldo estremo per più giorni e forse questo agente esterno ha fatto emergere un suo punto debole. E lo si è visto anche dalla sua eccessiva perdita di sali.

«Conoscere la causa, il motivo per cui si è reso di meno aiuta moltissimo – dice la Borgia – La situazione peggiore senza dubbio è quando non si hanno risposte. Se invece si riesce ad analizzare la situazione in maniera lucida e metodica prendendo in considerazione dati oggettivi, si può capire dove migliorare e che strategie usare.

«Cosa posso fare io per superare questo ostacolo? In psicologia dello sport una regola aurea è tenere ben chiaro in testa da una parte cosa è andato bene (i miei punti di forza) e dall’altra parte cosa si può migliorare: i punti ‘deboli’ diventano obiettivi di miglioramento. E’ un approccio metodico. E di certo Tadej e il suo staff faranno tutti gli accertamenti del caso».

Pogacar Belgio 2022
Ma Tadej è un ragazzo solare e si saprà rialzare. Non va dimenticato che aveva una squadra decimata… contro una corazzata
Pogacar Belgio 2022
Ma Tadej è un ragazzo solare e si saprà rialzare. Non va dimenticato che aveva una squadra decimata… contro una corazzata

Analisi al dettaglio

Il senso di autoefficacia è stato colpito, ma non stravolto, come dicevamo. Non c’è stata una debacle totale, una controprestazione e dunque non tutto deve essere messo in dubbio. Semmai si cercherà di limare laddove si poteva fare diversamente. 

«In questo caso – spiega la dottoressa – la Jumbo-Visma è una squadra altamente all’avanguardia. Sappiamo, che gli olandesi sono metodici al massimo. Lavorano in modo veramente minuzioso direi.

«Pogacar sembra essere un atleta molto equilibrato, senza “integralismi” sembra fare tutto con molta semplicità e divertimento, ma magari c’è qualche aspetto su cui si può lavorare per crescere ulteriormente».

«Pogacar ha una mentalità da campione e lo si è visto da come ha reagito, ammettendo la sconfitta, e da come ha cercato di attaccare Vingegaard fino alla fine. A volte le sconfitte possono far cambiare atteggiamento, portando l’atleta ad essere più remissivo e meno determinato ad attaccare. Se ogni volta che mi muovo prendo una “scoppola” del genere, magari gioco di rimessa.

Tuttavia al Tour Pogacar non ha fatto così, anzi… Si è subito mostrato grintoso, voglioso di rifarsi. Ha attaccato tanto da dire: “Semmai salto io”. Ed è questa la mentalità del campione».

«Avrà qualche insicurezza in più, ma quelle le hanno tutti».

A bocce ferme, con Matxin il punto su Pogacar

29.07.2022
5 min
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Il secondo posto di Tadej Pogacar continua a far rumore. Non c’è niente da fare: è il destino dei campioni. Ma a noi più del rumore interessa la sostanza. Interessa capire cosa non abbia funzionato. Interessa sapere come ha reagito lo sloveno. E chi se non Joxean Fernandez Matxin poteva aiutarci in questo cammino?

Lo spagnolo è una delle menti tecniche, ma anche psicologiche della UAE Emirates. Nessuno come lui conosce gli atleti, Pogacar incluso. A distanza di una manciata di giorni dalla fine del Tour de France e con la mente appena più fredda, si possono fare le prime considerazioni.

Matxin con Tadej Pogacar (foto Instagram – Fizza)
Matxin con Tadej Pogacar (foto Instagram – Fizza)
Matxin, che idea ti sei fatto dunque del Tour di Pogacar?

La mia idea è che Tadej fosse ad un buon livello. Un livello molto, molto simile a quello di quando ha vinto. Jonas Vingegaard non ha sbagliato neanche un attimo, Tadej non è stato al massimo per un solo giorno e ha commesso un “errore” che ha segnato tutto il Tour.

I suoi valori quindi erano buoni?

Sì, ripeto, molto simili a quando ha vinto. Dobbiamo dare atto a Vingegaard che è stato più forte. Il suo trionfo è meritatissimo.

Per te dunque un solo giorno, quello del Granon, ha inciso per tutto il Tour?

Quel giorno ha perso 3′, se ci pensiamo è un po’ come quando Pogacar battè Roglic nella famosa crono. Lui quel giorno tirò fuori una super prestazione e l’altro ebbe un momento negativo. Poi è anche vero che nel giorno del pavè se non c’era Van Aert, Vingegaard perdeva 3′ e sarebbe stata un’altra corsa ancora. Ma ripeto, Jonas ha meritato.

Tu che lo conosci, adesso Tadej si rimboccherà le maniche, lavorerà ancora di più? Magari l’anno prossimo lo vedremo super magro per andare più forte in salita?

Certo che lavorerà. E’ ovvio. Uno come Tadej deve pensare che può vincere il Tour de France. Quello che non capisco è che sino ad ora era un fenomeno che non doveva toccare nulla e adesso deve cambiare qualcosa. Io dico no. Io dico che va bene così in salita, in pianura, nell’atteggiamento nei confronti della sconfitta e dei compagni. Ci metterà più rabbia per vincere, ancora più voglia. Come poi fanno i veri campioni. Ma questo corridore è speciale così.

Nella tappa del pavè un mega lavoro di Van Aert per Vingegaard, che avrebbe potuto perdere moltissimo
Nella tappa del pavè un mega lavoro di Van Aert per Vingegaard, che avrebbe potuto perdere moltissimo
Voi di certo avrete analizzato la debacle del Granon: si è parlato di problemi di alimentazione, del fatto che Tadej sudasse più degli altri…

Teniamo sempre tutto sott’occhio e controlliamo ogni aspetto del corridore e della corsa sin dal chilometro zero. Per quanto riguarda la parte dell’alimentazione abbiamo Gorka Prieto-Bellver, che a mio avviso è il più bravo in assoluto, in questo settore. Lui ha la nostra fiducia e i ragazzi si fidano di lui. Poi ci sta che durante la corsa, in momenti di grande impegno e tensione come quelli che ha vissuto sul Galibier, Pogacar possa non essersi alimentato alla perfezione, non abbia assunto i carboidrati sufficienti.

La tensione c’era, quello è inevitabile. Ma come ha detto Gianetti la sera stessa del Granon, per crescere si passa anche da questi momenti…

Pogacar ha fatto otto volate, otto scatti per chiudere, ma anche gli altri che lo hanno attaccato hanno fatto degli scatti, non ha sprecato energie solo Tadej. Semplicemente Pogacar è umano. Lo era anche prima, solo che non aveva avuto “giorni no” in certi momenti e, come ripeto, ha trovato un grande avversario. Io non sono mica così convinto che il secondo posto sia da buttare. E neanche che fosse così scontato. Tanto più al termine di un Tour così combattuto che tanto piace alla gente.

Beh sì, se le sono date…

Van Aert, che per me è stato il miglior corridore del Tour, è stato super. Anche in questo caso però Tadej scatta in maglia gialla come Wout, vero. Solo che Pogacar lotta anche per la generale, Van Aert no. E gli scatti in giallo di Tadej hanno un altro significato.

Con Bennett e Majka (e un Soler in salute), Pogacar avrebbe avuto le spalle coperte in salita
Con Bennett e Majka (e un Soler in salute), Pogacar avrebbe avuto le spalle coperte in salita
Secondo te quanto ha inciso davvero il fatto di ritrovarsi con una UAE Emirates incerottata già prima del via?

Tanto, tantissimo. Avevamo uno squadrone. Avevamo la forza per lottare con tutti e su tutti i terreni in tutti i momenti. Nel giorno che ha vinto Jungels, George Bennet ha dimostrato di essere uno dei top scalatori del Tour. Erano rimasti in 15 quando tirava lui e aveva margine. Perdere uno così credo che conti, no? Majka: sul Granon prima che scattasse Vingegaard erano rimasti in quattro. Uno era lui, uno Tadej, uno Jonas e uno Thomas. Soler, poteva chiudere in almeno tre delle azioni che hanno cambiato il Tour, ma stava male. E poi Trentin. Ecco, non aver avuto un corridore capace, forte, che vede la corsa come Matteo è stata una grande perdita.

Di certo, e questo è un dato di fatto, le cose non si sono messe bene per voi…

Assolutamente no. Io sono convinto, anzi sono certo di quel che dico, che la UAE Emirates al massimo era più forte della Jumbo-Visma. Credo nei miei corridori, conosco perfettamente le loro capacità. E poi ho i dati per dirlo. E li difenderò fino alla morte.

Sembra che Pogacar abbia digerito bene la sconfitta, ma adesso? Cercherà il riscatto sin dalla Vuelta o è ufficiale che non sarà in Spagna?

Non ci sarà, lo abbiamo detto e lo ribadisco. Da qui a fine stagione Tadej farà solo corse di un giorno, a cominciare da San Sebastian domani, poi correrà a Plouay, farà le corse canadesi, il mondiale e le classiche italiane di fine stagione.

Il Tour di Vingegaard, un piano ben riuscito

26.07.2022
6 min
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Sui Campi Elisi c’è ancora l’eco del vociare sfinito e festante di domenica sera, anche se la carovana del Tour si è dispersa in mille scintille, schizzate dalla fiamma di Parigi verso casa, verso i circuiti o la prossima corsa. Vingegaard invece continua a vivere nella sua bolla e a giudicare dalla sua espressione, ci rimarrà ancora parecchio. Il ritorno a casa ha il sapore di una festa in Olanda, poi una in Danimarca. Poi finalmente per la maglia gialla verrà il momento di trascorrere qualche giorno a casa. Il racconto dei suoi giorni da re lo ha fatto come di rito nell’ultimo incontro con la stampa, il momento in cui finalmente si abbassano le armi e ci si lascia un po’ andare. Anche se del suo essere riservatissimo abbiamo già detto.

Sulla sua Cervélo celebrativa, poche parole chiare: Jonas conquista il giallo
Sulla sua Cervélo celebrativa, poche parole chiare: Jonas conquista il giallo
Cosa ricorderai di questo Tour?

Abbiamo trascorso tre settimane incredibili. Personalmente, ricorderò per sempre le due vittorie al Col du Granon e ad Hautacam. Non è tanto il fatto di aver vinto che le rende così speciali. E’ stato più il modo in cui abbiamo corso in quei due giorni, dando tutto, applicando una strategia offensiva che preparavamo da mesi. E poi ovviamente, il giorno del pavé. A un certo punto ero davvero nei guai e mi hanno salvato i miei compagni. Se non avessero fatto tutto quel lavoro per riportarmi in gruppo, non credo che avrei vinto il Tour de France.

Ci sono stati momenti di dubbio?

Ovviamente. Sul pavé ho perso solo 13 secondi, ma Primoz (Roglic, ndr) è caduto. Quel giorno sembrava che il piano ci stesse sfuggendo di mano. Avevamo pianificato tutto attorno a due leader. Molti giornalisti sembravano dubitare che io e Primoz potessimo davvero convivere. Quella sera ci siamo imposti di continuare a crederci e a combattere come avevamo programmato. Ci siamo aggrappati al nostro desiderio di mostrare di cosa fosse capace il nostro team.

Nonostante Roglic già in ritardo, gli attacchi sul Galibier erano stati preparati così
Nonostante Roglic già in ritardo, gli attacchi sul Galibier erano stati preparati così
Senza nessun condizionamento?

Il fatto che Primoz abbia perso più di due minuti da Pogacar ci ha davvero disturbato, perché la nostra idea era di attaccare in montagna avendo entrambi lo stesso distacco da Tadej, ma abbiamo giocato le nostre carte come se fosse così. Penso che fossimo tatticamente superiori e che per il pubblico sia stato un Tour emozionante da guardare.

Come è stato veder andar via Roglic?

Primoz ha lottato tanto, per dieci tappe. Ogni giorno lo vedevamo soffrire e ci rattristava. Poi una sera ci ha detto che le cose andavano davvero male. E’ stato commovente perché, pur salutandoci, ha detto anche che era fiero di noi e che dovevamo continuare a lottare, che era orgoglioso di quello che avevo fatto e che credeva in me.

I rulli dopo la tappa, con addosso i segni della caduta sul pavé
I rulli dopo la tappa, con addosso i segni della caduta sul pavé
E’ stato un Tour di forti emozioni…

E’ raro vedere una tale emozione collettiva nel ciclismo. Le lacrime di Wout, le mie, sono come valvole che cedono dopo tre settimane di estrema tensione. Credo che questo parli della grandezza di ciò che abbiamo raggiunto collettivamente. Alla Jumbo Visma c’è un gruppo che va molto d’accordo, abbiamo costruito una solida amicizia tra di noi perché trascorriamo molto tempo insieme. Non è che ci vediamo tre o quattro volte l’anno. Da metà maggio viviamo in comunità, lavoriamo, ceniamo tutti insieme, ridiamo, ma ci prendiamo cura anche l’uno dell’altro. Ecco perché eravamo così commossi.

Immaginavi che la tua vittoria smuovesse anche certi sospetti?

I sospetti non mi danno fastidio, è giusto farci queste domande. Ma il nostro sport è cambiato. E se si tratta della mia squadra, metto la mano nel fuoco per ciascuno dei miei compagni di squadra. Siamo puliti al 100 per cento.

La squadra come una famiglia. Qui l’abbraccio con Kuss dopo la crono: il Tour è vinto
La squadra come una famiglia. Qui l’abbraccio con Kuss dopo la crono: il Tour è vinto
Credi fosse necessario avere due leader per battere Pogacar?

Non ne abbiamo la certezza, ma penso di sì. Senza il lavoro che ha fatto Primoz durante la tappa del Granon, tutti i suoi attacchi che hanno stancato Pogacar, non so se sarei riuscito a batterlo.

E’ stato facile accettare la coabitazione?

Tutti erano d’accordo su questa strategia. Successivamente, abbiamo concordato che se uno di noi avesse ottenuto un vantaggio, l’altro si sarebbe messo al suo servizio. Andiamo molto d’accordo, non è stato un problema accettarlo. Mi dispiace solo che Primoz sia stato eliminato nuovamente da un incidente, non lo meritava. Dopo il pavé, ci credeva ancora, ma era ferito in modo davvero serio.

Non solo la maglia gialla: alla fine Vingegaard ha portato a casa anche quella della montagna
Non solo la maglia gialla: alla fine Vingegaard ha portato a casa anche quella della montagna
La vittoria cambierà questi equilibri?

No, abbiamo messo in atto la soluzione giusta e non vedo perché dovremmo cambiare. In realtà non ne abbiamo ancora parlato e sta ai tecnici rispondere. Io continuo a pensare che essere in due resti un vantaggio.

Sogni di diventare un corridore completo come Pogacar?

No, rimarrò concentrato sulle gare a tappe. Quelle di un giorno mi vanno meno bene perché sono un corridore resistente, che aumenta lentamente di potenza. Ho sempre bisogno di due o tre giorni per raggiungere il mio livello.

Nel 2019, primo anno con la Jumbo Visma, Vingegaard era un talento ancora da sgrezzare
Nel 2019, primo anno con la Jumbo Visma, Vingegaard era un talento ancora da sgrezzare
SI è parlato dei tuoi pochi risultati nelle categorie giovanili…

Non è facile sfondare a 23 anni. Ci sono tanti fattori che determinano il successo di un corridore. Allenamento, vita, carattere. Prima dei vent’anni, io non avevo idea di poter essere un professionista, non brillavo su nessun terreno, l’unica cosa che parlava di buone potenzialità erano i miei test. Il mio allenatore alla Jumbo, Tim Heemskerk, mi disse subito che avevo progressi da fare in tutti i settori: recupero, alimentazione, allenamenti…

Cosa farai nei prossimi giorni?

Voglio solo andare a casa e riposarmi! Ma prima ci saranno due cerimonie, martedì (oggi, ndr) in Olanda e mercoledì in Danimarca. Tornerò a Tivoli, il luogo in cui si è svolta la presentazione delle squadre

Vingegaard commosso alla presentazione delle squadre a Copenhagen
Vingegaard commosso alla presentazione delle squadre a Copenhagen
Bei ricordi?

Quando seppi che il Tour si sarebbe svolto in Danimarca, mi dissi subito che avrei voluto esserci. Ebbene, a causa del Covid, è stato posticipato di un anno, ma per ogni corridore danese è stato pazzesco.

Quel giorno hai pianto.

Sì, sono un tipo emotivo. Ero così sconvolto, da non essermi accorto che mentre il pubblico gridava il mio nome, Primoz avesse preso il microfono per gridarlo anche lui

Il giorno dopo, a piccoli passi nel mondo di Jonas

25.07.2022
6 min
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Dalla Coppi e Bartali del 2021 al podio del Tour nello stesso anno e da lì alla maglia gialla, il percorso di Jonas Vingegaard potrebbe essere raccontato come una favola, perché della favola ha la partenza e il lieto fine.

Nel mezzo invece, la vita del danese della Jumbo Visma è un concentrato di dedizione e senso del dovere, come quando cresci sapendo che il pane prima di mangiarlo, devi sostanzialmente guadagnarlo. E come quando l’arrivo di una figlia ti suggerisce che c’è un motivo in più per rimboccarsi le maniche.

L’uomo del pesce

Fino ai 22 anni, quindi fino al 2018, Vingegaard correva infatti per la continental danese ColoQuick. E siccome questo non gli sarebbe bastato per vivere, univa alla bici il lavoro nel mercato del pesce, dove rimuoveva le interiora dal pesce dalle 5 del mattino a mezzogiorno. Solo allora poteva iniziare ad allenarsi. Di fatto, Jonas ha lasciato quel lavoro solo alla firma del contratto con la Jumbo Visma, ma nessuno in patria è più riuscito a togliergli di dosso il soprannome di “pescatore”.

Tutto di giallo per il gran finale, Vingegaard ha vissuto la celebrità con discrezione
Tutto di giallo per il gran finale, Jonas ha vissuto la celebrità con discrezione

Una bici in vacanza

I suoi genitori ricordano di quando una volta, durante una vacanza di famiglia, Jonas fosse sparito su per una salita, tornandone a tarda ora e con un sorriso grande così. Che a pensarci bene è il racconto che accomuna alcuni fra i più grandi campioni di questo sport.

La passione per il ciclismo viene dopo quella per il calcio, abbandonato per lasciare posto alla bicicletta, e venne scatenata il giorno in cui il Giro di Danimarca attraversò Hillerslev, la loro città natale.

Sua madre Karina, che è forse la sua tifosa più grande, ha raccontato in alcune interviste che il metodo danese di avviare i ragazzi al lavoro già al termine del percorso scolastico sia il modo migliore per farli maturare. Anche grazie a questo suo figlio è approdato al professionismo già formato al lavoro, conoscendo regole e strutture, e pronto per le difficoltà che esso comporta.

Karina e Claus, i genitori di Vingegaard: una piccola porta sul suo mondo (foto Norway Posts)
Karina e Claus, i suoi genitori: una piccola porta sul suo mondo (foto Norway Posts)

Da Strava al WorldTour

La storia racconta che Jonas fosse già tra gli osservati, ma la Jumbo Visma fosse in realtà più interessata a Mikkel Honoré (ora alla Quick-Step). Tuttavia i tecnici decisero alla fine di scommettere su Vingegaard, valutando che i suoi risultati fossero meno prestigiosi a causa del minor tempo per allenarsi, dovuto proprio al lavoro e a qualche infortunio.

Così, dopo aver riscontrato su Strava il celebre KOM sul Coll de Rates (salita usata dalle squadre per i test durante i ritiri nella zona di Alicante), lo convocarono in Olanda per una valutazione più approfondita. Da questa emerse una capacità cardiaca fuori dal comune, del 15 per cento superiore alla media dei corridori. E questo, visti i 58 chili di partenza, gli avrebbe consentito un rapporto potenza/peso piuttosto importante (anche se i numeri non sono mai stati diffusi).

In salita, già dal Granon, ha dimostrato di avere un passo vincente
In salita, già dal Granon, ha dimostrato di avere un passo vincente

Lacrime a Copenhagen

La partenza del Tour dalla Danimarca è stata la chiusura del cerchio. Le immagini della sua commozione hanno fatto il giro del mondo, travolto dall’affetto ricevuto dal pubblico di casa. I danesi amano gli sfavoriti e Vingegaard, con il suo aspetto infantile, era l’eroe perfetto all’ombra dell’imbattibile Pogacar.

Durante i racconti messi insieme nei giorni del Tour, Vingegaard ha ripetuto che quella partenza gli ha dato una motivazione speciale. Che il Tour è stato una serie di avventure indimenticabili, ma i giorni in Danimarca li ricorderà per sempre.

Grande stima per Pogacar, ma caratteri diversi
Grande stima per Pogacar, ma caratteri diversi

Vingegaard vs Pogacar

Il dualismo con Pogacar viene vissuto con garbo tutto nordico. Da quando ha capito di poterlo battere e dopo aver vissuto dall’interno il dramma del compagno Roglic al Tour del 2020, Vingegaard si è dedicato anima e corpo a migliorare nella cronometro. La chiave per aspirare alla maglia gialla e per scongiurare finali come quello di due anni fa.

I due sono profondamente diversi. La giovialità del primo si contrappone alla riservatezza del secondo. La loro capacità di relazione durante il Tour, la correttezza di Vingegaard nel non attaccare quando Pogacar è caduto e le congratulazioni dello sloveno dopo le tappe perse, hanno conquistato i tifosi, ma il rapporto fra i due resta strettamente professionale. Rispetto e stima reciproca, più che amicizia. Vingegaard ha raccontato di non avere il numero di telefono del rivale.

La coppia delle meraviglie: Vingegaard e Van Aert, il Tour sulle loro spalle
La coppia delle meraviglie: Vingegaard e Van Aert, il Tour sulle loro spalle

Affari di famiglia

Del resto, che ci sia un muro fra il danese e il mondo è abbastanza evidente. Jonas Vingegaard è una persona tranquilla, poco disposta a condividere la sua vita fuori dalla bici con degli estranei. Provate durante la prossima conferenza stampa a fargli dire qualcosa di diverso dalla gara: cambierà discorso. Ecco perché per conoscere i dettagli della sua vita è stato necessario rivolgersi a compagni di squadra, tifosi e anche ai suoi familiari. I suoi stessi profili social sono funzionali alla carriera di ciclista, altro non contengono.

L’unica eccezione alla privacy lo abbiamo visto nell’abbraccio con la sua compagna e la figlia quando l’hanno raggiunto al traguardo della crono. In quel nucleo così stretto c’era tutto il suo mondo. E gli altri, pur potendo osservare, hanno avuto la chiara sensazione di non essere invitati.

La famiglia è il centro di Vingegaard: dopo la crono, i tre sono stati un lampo di bellezza
La famiglia è il centro di Vingegaard: dopo la crono, i tre sono stati un lampo di bellezza

Doping, no grazie

Sempre garbato e mai oltre il limite, anche quando nella conferenza stampa di fine Tour gli è stato chiesto se sia giusto fidarsi di lui, con evidente riferimento al doping.

Intendiamoci, abbiamo sentito varie invettive di stampa nei confronti di chi ha posto la domanda e non le condividiamo. I giornalisti devono fare domande: per troppi anni in passato questa indignazione di maniera ha permesso di coprire scempi di cui paghiamo ancora il conto. E soprattutto la domanda ha permesso a Vingegaard di rispondere da campione.

«Non è più lo stesso ciclismo – ha detto – sono nato nel 1996, anno della vittoria al Tour di Bjarne Riis (che nel 2007 ammise di essersi dopato, ndr). So che la Danimarca ha una storia con il doping, come tanti altri Paesi del resto. Ma non è la mia storia. So come lavoro, come lavora la mia squadra ed è per questo che mi fido completamente dei miei compagni. Non ho assolutamente dubbi sul fatto che non stiano barando. Quando ho iniziato a considerare di diventare professionista, era a condizione che non facessi nulla di illegale. Non voglio usare il doping, non voglio essere così, è una convinzione profonda. Se per essere un corridore professionista e avere questo livello, la condizione fosse quella di dover prendere dei prodotti, sceglierei di non esserlo e di non prendere niente. Preferirei fare qualcos’altro, non so, un altro lavoro».