Zanatta e i giovani: «Chi gli insegna a vincere?»

07.06.2023
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Il tema dei ragazzi giovani che passano professionisti è uno di quelli destinati a non consumarsi mai. Negli ultimi anni si vedono sempre più atleti tra i 18 ed i 20 anni passare nel ciclismo dei grandi. La loro permanenza tra gli under 23 è minima, o addirittura assente, ma questi ragazzi non possono prescindere dagli step di crescita necessari. Il focus però si è spostato dalle formazioni under 23 alle squadre dei professionisti. 

Amadori, cittì della nazionale under 23 ci aveva parlato così a riguardo dell’Orlen Nations Grand Prix: «Sono convinto che corse del genere, per ragazzi così giovani che già sono professionisti, servano tanto. Insegnano loro a vincere e mettersi in gioco. Ne parlavo proprio con Rossato e Zanatta, diesse di Green-Project e Eolo-Kometa».

Il secondo posto di Piganzoli in Polonia ha fatto capire che le qualità ci sono, serve tempo per affinarle (foto PT photos)
Il secondo posto di Piganzoli in Polonia ha fatto capire che le qualità ci sono, serve tempo per affinarle (foto PT photos)

Il passaggio intermedio

Colta la palla al balzo, abbiamo cercato di capire capire come sia cambiato il ruolo del direttore sportivo. Tutto avviene con maggiore anticipo e le squadre si trovano sulle spalle maggiori responsabilità. Zanatta e la Eolo-Kometa hanno la loro ricetta. 

«Con gli ultimi tre o quattro fenomeni passati da junior a professionisti – inizia – tutti i ragazzi sembrano pronti a 18 anni. Ma non può essere così, una cosa secondo me è da guardare: chi ha fatto i giusti passaggi da giovane poi ha avuto una carriera più lunga. Con questa smania di cercare i giovani forti abbiamo perso tanti corridori e tanti ne perderemo. Albanese e Rota sono l’esempio di due corridori che si stavano smarrendo e che il nostro movimento ha dovuto recuperare. Anticipare la maturazione ti fa perdere determinati gradini, come quello di imparare a vincere, cioè essere competitivo».

Fancellu e Piganzoli nel 2022 hanno corso con la maglia della nazionale il Tour de l’Avenir (foto Zoè Soullard)
Fancellu e Piganzoli nel 2022 hanno corso con la maglia della nazionale il Tour de l’Avenir (foto Zoè Soullard)

L’esempio di Piganzoli 

Uno dei giovani professionisti che Amadori ha portato in Polonia è Piganzoli, secondo in classifica generale. Lui è un prospetto interessante, che da under 23 si è fatto vedere ed ora muove i primi passi tra i grandi. 

«Piganzoli – dice Zanatta – ha lottato spesso per vincere tra gli under 23, si è costruito la giusta mentalità grazie al fatto di correre sempre tra i primi. Non è un vincente perché non ha determinate caratteristiche, ma è un corridore abbastanza completo. Negli anni scorsi andava alle gare contento di provare a vincere, di mettersi in gioco. Un ruolo importante lo ha avuto la nazionale di Amadori, che gli ha permesso di correre in determinate vetrine come l’Avenir o il mese scorso in Polonia. Corse nelle quali si può confrontare con i migliori corridori della sua età. Non si deve cadere nell’errore di pensare che un giovane, anche se professionista, non possa fare gare con la nazionale under 23».

Albanese è uno dei corridori che rischiava di smettere, è stato recuperato dal progetto Eolo-Kometa
Albanese è uno dei corridori che rischiava di smettere, è stato recuperato dal progetto Eolo-Kometa

Errare è umano

«Molti ragazzi – aggiunge – passano perché lo vogliono i procuratori o i genitori, ma anticipano i tempi. E se lo si fa quando non si è pronti si vedono delle lacune: non sono abituati a vincere, nemmeno a provarci. Peccano nella lettura della gara, nei movimenti e nell’allenarsi. Pensate a Trentin ed Ulissi, corridori che a più di trent’anni sono in grado di capire la gara e di muoversi di conseguenza. Questo perché hanno avuto una giusta militanza tra i dilettanti e hanno avuto modo di imparare i fondamentali del ciclismo.

«Ora – conclude Zanatta – sono le squadre dei professionisti che hanno in mano la maturazione dei corridori, e bisogna fare le cose per bene. Quindi dare un programma a lungo termine, portarli alle corse giuste e permettergli di sbagliare. Da un errore imparano tantissime cose, vi faccio un esempio: venerdì scorso al Giro dell’Appennino Piganzoli, Tercero e Fancellu sono rimasti fuori dai primi. Ci siamo resi conto che migliorano, crescono e questo è importante. Ogni ragazzo matura ad un’età diversa e dobbiamo dare loro modo di farlo, bisogna lasciare i giusti margini».

Come si gestiscono i fratelli in squadra, parola a Zanatta

03.04.2023
5 min
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Essere fratelli nella stessa squadra: il ciclismo, ma lo sport in generale, più volte ha proposto questa situazione. Ci sono punti di forza e altri meno, specie se tra i due c’è un corridore di primissimo piano e uno che va decisamente meno. Senza tornare ai tempi di Serse e Fausto Coppi, abbiamo analizzato questo aspetto con Stefano Zanatta.

Il direttore sportivo della Eolo-Kometa, oggi si ritrova i fratelli Bais, Davide e Mattia (in apertura foto Borserini), ma in passato ha avuto a che fare con i Sagan, Jurai e Peter, e chiaramente un po’ di esperienza in merito ce l’ha.

Zanatta (con Basso, a sinistra) in riunione sul bus prima di una corsa
Zanatta (con Basso, a sinistra) in riunione sul bus prima di una corsa
Stefano, dai Sagan in cui cera un “centro di gravità”, ai fratelli Bais…

Chiaramente tutto è diverso, Peter… era Peter: un gigante. Fu lui ai tempi della Liquigas a volere il fratello in squadra. Dopo le prime vittorie quando gli chiedemmo di prolungare il contratto, lui chiese però di ingaggiare Jurai. Peter era così, voleva aiutarlo, era il suo lato umano.

Dicevamo che Peter era un super corridore, il fratello ben più normale: come si gestiva questo rapporto?

Togliendo i ritiri, che Peter amava fare in California, per il resto facevano vita a sé. Avevano preso un appartamento a Cima d’Olmo e conducevano la loro vita. E non sempre correvano insieme. 

Quando erano alle corse condividevano la stanza?

Raramente. Peter era in camera molto spesso con Da Dalto, Oss o chi altro c’era… In squadra erano considerati due corridori, non due fratelli. Ed è quel che succede con i Bais. Quel che cambia per noi, in meglio, quando si ha a che fare con due fratelli è la logistica: organizzare le partenze è più facile! Se fanno la stessa gara c’è un solo aereo, un solo transfer. 

Era il 2011 e Jurai Sagan, raggiungeva il fratello Peter alla Liquigas, dove uno dei diesse era Zanatta. I due hanno sempre corso insieme
Era il 2011 e Jurai Sagan, raggiungeva il fratello Peter alla Liquigas, dove uno dei diesse era Zanatta
E’ chiaro…

Di certo noi non abbiamo preso Mattia per fare compagnia a Davide. Loro vivono insieme, a volte si allenano insieme, condividono molto. E Mattia, che è più esperto (ha un paio di anni di più, ndr) dà qualche consiglio a Davide.

A proposito di prendere Mattia. Ricordiamo una frase di Ivan Basso a bordo strada di una Tirreno. Mattia era ancora con l’Androni e ci fece: «Mattia Bais, per adesso è con loro, ma magari lo prenderemo»: è stato di parola…

Eh sì. Mattia è arrivato un po’ tardi questo inverno, all’ultimo minuto direi. Lui si è liberato dalla Drone Hopper per quel che è successo alla squadra (la chiusura del team, ndr). A noi anche si è liberato un posto. Il suo profilo era buono per il nostro team, visto che Mattia è un attaccante, un coraggioso. Inoltre aveva già vinto due volte il premio delle fughe al Giro… Ci è sembrato utile alla nostra causa e lo abbiamo ingaggiato.

E come sono i rapporti tra loro? Tu che sei diesse come li vedi? Si ha la sensazione di uno più forte dell’altro?

In questo caso hanno caratteri e caratteristiche simili. Sono generosi e altruisti. A volte l’ambizione è provare a fare di più. E’ uno sprone a vicenda, ma sempre per la squadra. Alla Tirreno per esempio c’era da dare una mano a Davide per la fuga e anche Mattia ci si è buttato, senza pensarci troppo. Anche se un filo di agonismo c’è. Quello buono, del tipo: «Se c’è riuscito lui, ci posso riuscire anche io». Sono “rivali” per certi aspetti e questo è stimolante.

Davide (classe 1998) e Mattia (classe 1996) alla sua ruota, in fuga insieme durante l’ultima Tirreno
Davide (classe 1998) e Mattia (classe 1996) alla sua ruota, in fuga insieme durante l’ultima Tirreno
Se magari arriva qualche rimprovero, qualche ramanzina da parte del team c’è chi veste i panni dell’avvocato difensore?

Beh, non è che vada proprio così. Sono professionisti, non si fanno ramanzine: piuttosto si analizzano eventuali errori dopo una gara. Se invece c’è qualcosa di più serio, si parla a tutta la squadra, tanto quello che ha sbagliato lo sa che ci si riferisce a lui, ma il monito vale per tutti. Quindi direi di no: nessun avvocato difensore.

Insomma prima sono professionisti e poi fratelli. Jurai si sentiva mai in obbligo nei confronti di Peter?

No, non mi è sembrato almeno. E neanche noi ci sentivamo in obbligo di farlo con Peter. Anche perché erano molto diversi. Poi è chiaro, se avessimo avuto i fratelli Schleck, che potevano vincere ovunque e grandi corse, magari le cose sarebbero potute andare diversamente. Ripeto: erano considerati due atleti distinti del team, così come i fratelli Bais oggi alla Eolo-Kometa.

Prima hai accennato a quel filo di sana rivalità: a casa si aiutano? Si allenano insieme?

Direi di sì, ma anche in questo caso ci sono delle differenze. Mattia e Davide hanno due preparatori differenti. Sono entrambi due coach del team, ma sono in due distinti gruppi di lavoro. Quando è arrivato Mattia infatti, la divisione era già fatta ed è finito con il coach che aveva il posto libero. Pertanto molto spesso fanno lavori specifici differenti. Magari uno esce alle dieci e l’altro alle nove. Uno deve fare la distanza e l’altro tre ore di specifici. Di buono c’è che in quella zona (il Trentino, ndr) ci sono altri corridori e capita ogni tanto che escano tutti insieme. Per dire il loro programma: in questi giorni Mattia è sul Teide e Davide alle corse.

Zanatta ritrova il “suo” Fancellu: ora sotto con il 2023

12.01.2023
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Quando si parla di giovani corridori italiani promettenti, si fa fatica a nominare Alessandro Fancellu. Non perché non lo sia, anzi, ma il suo nome gira da tanti anni nel mondo del professionismo che si fa fatica a pensare che abbia ancora 22 anni. Il corridore comasco sta per iniziare la sua terza stagione tra i grandi, il cammino tuttavia non è sempre stato semplice. 

Stefano Zanatta, suo diesse alla Eolo-Kometa, ce ne aveva parlato nel momento più difficile. Nel 2021 Fancellu di colpo aveva smesso di correre ed i dubbi su ciò che fosse successo si erano man mano accumulati. La bravura della Eolo-Kometa e di tutto lo staff è stata quella di cancellare e iniziare da zero.

Il Tour of the Alps era stato l’ultima corsa del 2021 per Fancellu (al centro), poi più nulla
Il Tour of the Alps era stato l’ultima corsa del 2021 per Fancellu (in testa), poi più nulla

Il piacere della fatica

Il lavoro di ricostruzione fatto con Fancellu è stato mentale, non atletico. Le doti le ha sempre avute, si è trattato di far scattare la molla giusta (Zanatta ha usato spesso questa parola durante la nostra intervista).

«Quello di Fancellu è stato un bel finale di stagione – spiega Zanatta – ha mostrato quelle che possono essere le sue qualità. La sfida fatta dal team è stata prendere un corridore dal proprio vivaio e farlo diventare grande. La ricostruzione all’inizio del 2022 è partita con un calendario più “soft” con Gran Camino e poi Tour of Turkey. Doveva ritrovare pian piano il piacere di essere competitivo, di andare in bici e fare fatica. Da giugno in poi ha trovato un gran bel colpo di pedale, all’Adriatica Ionica si è messo in luce facendo cinque belle tappe».

Il percorso per tornare è stato ostacolato da un po’ di sfortuna, il comasco ha preso due volte il Covid in un mese
Il percorso per tornare è stato ostacolato da un po’ di sfortuna, il comasco ha preso due volte il Covid in un mese

Lo zampino di Amadori

Fancellu ha nel suo calendario del 2022 una gara tra gli under 23: il Tour de l’Avenir. Un bel pezzo di un puzzle tutto da assemblare. Alessandro è sì un professionista, ma vista l’età, Amadori ha pensato bene di portarlo nella corsa più importante tra gli under 23.

«Si è parlato con Amadori – riprende il diesse – per fargli fare l’Avenir. Lui era d’accordo con noi, così è andato a fare il ritiro al Sestriere e si è guadagnato la possibilità di essere convocato. La corsa francese è stata una bella fetta di torta nella condizione mentale di Fancellu, ha trovato continuità ed è sempre stato davanti. Impari ad essere un vincente quando hai la possibilità di fare certe corse ed esperienze. Andare a fare la Milano-Sanremo è una bella esperienza, ma se non la finisci rimane un bel ricordo e basta. Fare degli step intermedi partecipando a gare dove nel finale sei lì per giocartela ha un altro valore».

Il ritmo gara pian piano è aumentato, così Alessandro ha trovato fiducia nei propri mezzi (photors.it)
Il ritmo gara pian piano è aumentato, così Alessandro ha trovato fiducia nei propri mezzi (photors.it)

Questione di mentalità

Le parole di Zanatta ricostruiscono un quadro più grande la cui parola base è: fiducia. Dopo il 2021, poche squadre avrebbero scommesso su Fancellu e questo è stato argomento spesso di discussioni e articoli. La mancanza di pazienza, o la fretta di cercare un fenomeno, hanno portato a sacrificare molti ragazzi sull’altare del professionismo. 

«E’ una questione di mentalità – replica Zanatta – il nostro obiettivo era quello di ritrovare un corridore. Il nostro corridore. Ha bisogno ancora di tempo, ma noi abbiamo fiducia in lui, anche perché altrimenti non gli avremmo prolungato il contratto di un anno alla fine della scorsa stagione. Per gli obiettivi più grandi c’è tempo, intanto Fancellu ha ritrovato la consapevolezza di quello che può essere, la voglia di rimettersi in gioco e non era scontato.

«Si è trovato davanti a grandi responsabilità senza essere maturo abbastanza per affrontarle, ora è cresciuto e noi siamo contenti. Anche le scelte della squadra, come non inserirlo nel roster di certe corse, lo ha vissuto come una sfida e non una punizione. Si è trovato un calendario più adatto a lui ed ha avuto l’occasione di mettersi in mostra: è successo all’Adriatica Ionica, al Giro di Slovenia ed al Tour de l’Ain. Questi risultati gli sono valsi la convocazione al Giro di Lombardia dove, al primo passaggio sul Civiglio, era ancora con i migliori».

Stabilità e lavoro

Fancellu è riuscito a ritrovarsi grazie alla fiducia che la Eolo-Kometa ha riposto in lui, questo è sicuro. Ma la squadra di Basso ha ormai trovato un “modus operandi” che permette a quasi tutti i propri corridori di sentirsi avvalorati ed apprezzati

«Nella nostra squadra ci sono tanti ragazzi giovani – continua a spiegare il diesse – davanti a noi abbiamo dei chiari esempi di come si debba avere pazienza. Guardate Albanese e mi verrebbe da dire anche Rota, non corre con noi ma il discorso è lo stesso. Se nessuno avesse avuto fiducia in lui, non sarebbe diventato quello che è. Nel 2022 è stato il miglior italiano nel ranking UCI, eppure qualche anno fa rischiava di smettere. Ivan Basso e Fran (Francisco Javier Contador, ndr) hanno fiducia nei ragazzi, nel capitale umano. Ai corridori, soprattutto quelli giovani, fa bene avere stabilità intorno, lavorare con lo stesso staff e compagni».

Sul volto di Fancellu in questo 2022 si è dipinta più volte la smorfia della fatica, segno di una motivazione ritrovata
Sul volto di Fancellu in questo 2022 si è dipinta più volte la smorfia della fatica, segno di una motivazione ritrovata

Confronto 

E’ importante avere stabilità, certo, ma anche confrontarsi è fondamentale. Capire dove e quando insistere, decidere insieme certi passi da fare…

«A me piace lavorare con i giovani – racconta Zanatta – con Fancellu ho avuto un confronto sempre diretto nel corso degli anni. Ci sentivamo settimanalmente ed in più parlavo con lo staff per capire come e dove agire. Alessandro ha corso molto con me e questo ha aiutato, il programma per la seconda parte del 2022 lo abbiamo praticamente deciso insieme. Abbiamo parlato decidendo cosa fosse meglio fare e quale l’obiettivo da raggiungere. Gli anni di esperienza aiutano e avere una persona accanto che sa guidarti è importante per non perdere di vista l’obiettivo. I corridori non vanno puniti, ma bisogna fargli trovare la voglia di lavorare, toccando i tasti giusti. Ora Fancellu è più grande, maturo e il 2023 sarà un anno dove potrà fare ancora un passo in più». 

Con Geko fermi in sella e prestazioni al top

22.12.2022
3 min
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M9 ha lavorato per rivoluzionare l’idea dei bibshort da ciclismo, dal loro impegno è nato Geko. Si tratta di un capo nato da un mix di esperienze differenti, con l’obiettivo di migliorare l’esperienza in bici. La rivoluzione nasce dall’applicazione di un brevetto speciale ideato da Francesco Nardi.

Il pantaloncino Geko è progettato per avere un maggiore grip sulla sella
Il pantaloncino Geko è progettato per avere un maggiore grip sulla sella

La posizione biomeccanica

Questo pantaloncino è nato dalla necessità di unire sicurezza, comfort e biomeccanica. Si tratta di un prodotto che permette, durante lo sforzo, di rimanere in posizione ottimale senza scivolare in punta di sella. Consentendo al ciclista di spingere meglio e di più, in maniera non vincolata. 

«Siamo stati in grado – spiega Eros Susca, responsabile marketing di M9 – di trovare dei componenti che non sono dei patch adesivi. Ma si tratta di una speciale applicazione che permette, nel momento di sforzo, un maggiore grip con la sella. Molto utile a chi pedala in maniera intensa, in quanto, mantenendo la posizione, la muscolatura lavora più correttamente e di conseguenza si ha un risparmio di energie».

E’ disponibile in due tessuti: Lycra Sport e Lycra bluesign
E’ disponibile in due tessuti: Lycra Sport e Lycra bluesign

Stabilità e comfort

Riuscire a massimizzare la pedalata è l’obiettivo principale per chi va in bici. Il pantaloncino Geko è realizzato con due tessuti: Lycra Sport calandrato 220g e Lycra bluesign 240g. Si tratta di una salopette estiva a taglio vivo con applicato a fondo gamba il LaserGrip, per una vestibilità stabile durante tutta la pedalata

«Quando noi andiamo dal biomeccanico – riprende Susca – veniamo messi in bici nel migliore dei modi. Una volta in sella, però, ci muoviamo a seconda delle sensazioni del momento. Questi pantaloncini aiutano il ciclista a mantenere la posizione ideale, rimanendo stabile e con un maggiore comfort. Il pantaloncino Geko agisce anche in discesa, questo perché si riesce a “sentire” maggiormente la bici e stabilizzare il corpo in fase di frenata».

Gli ultimi particolari

Questo prodotto è stato testato anche da Gianni Bugno e Stefano Zanatta, due figure che nel ciclismo hanno lasciato la loro impronta. 

«Zanatta, che da due anni lo sta testando, ha avuto modo di provarlo anche durante una cronometro amatoriale – conclude – il feedback che ci ha fornito è stato molto utile. Bugno, uno che ha fatto della stabilità in sella il suo mantra, era infatti famoso per la sua posizione compatta. Anche lui ha notato che questo pantaloncino aiuta molto in questo senso, perché la stabilità è automatica, non sei tu che devi ricercarla».

Una bella novità è che il 4 gennaio, durante un open house presso la sede di Castelfranco Veneto, sarà possibile provare il pantaloncino Geko in un test reale, dove ci saranno anche Gianni Bugno e Stefano Zanatta.

M9

Fortunato cade spesso: come mai? Risponde Zanatta

17.10.2022
4 min
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Quante occasioni ha perso Lorenzo Fortunato per caduta? Una a Brisighella alla Adriatica Ionica Race, che ha compromesso la possibilità di difendere la vittoria 2021. Il ritiro al Giro di Slovenia, per i postumi diretti. Poi, fatti finalmente degli accertamenti e scoperte le fratture di una costola e dello scafoide, la sosta forzata lo ha costretto a saltare il campionato italiano. Una caduta alla Tre Valli Varesine sulla via del Lombardia e una proprio nella classica di fine stagione con… gita in ambulanza fino all’ospedale di Lecco. La stagione di Fortunato si è chiusa così, con un sorriso e un ritiro (foto Eolo-Kometa in apertura). E così, avendo da poco raccontato l’odissea e le paure di Enric Mas, abbiamo pensato di vederci chiaro, chiedendo a Stefano Zanatta, il diesse della Eolo-Kometa, che idea si sia fatto delle ripetute cadute del corridore bolognese.

«Non è che ne abbia fatte poi tantissime – ricorda Stefano – al Giro ad esempio non è caduto. E’ caduto una volta a inizio stagione, una alle Asturie, alla Adriatica Ionica e in finale di stagione. Cadute venute per situazioni difficili, per la pioggia o una borraccia nelle ruote. Cadute che pesano, perché adesso stava andando bene, quindi quella del Lombardia l’abbiamo… sentita un po’ di più. Nell’arco dell’anno non è che abbia avuto cadute così frequenti o gravi».

Due cadute alla Adriatica Ionica Race: classifica andata e conseguenze pesanti
Due cadute alla Adriatica Ionica Race: classifica andata e conseguenze pesanti
A volte per bloccarsi basta una caduta sottovalutata…

Non credo sia dovuto al fatto che lui abbia paura o non si fidi del mezzo o che quando è in mezzo al gruppo non si senta sicuro. Non sono successe in situazioni di stress all’interno del gruppo. Sono successe quando si andava più tranquilli e tutte in situazioni diverse. Una in discesa, quando un corridore è arrivato lungo, gli è andato addosso e lui non se n’è accorto. Poi alla Tre Valli, uno si è alzato sui pedali e gli ha toccato la ruota davanti. Lorenzo si è girato ed è caduto, perché era in piedi anche lui e stavano rilanciando sullo strappo a fine discesa, dove si comincia a salire verso l’arrivo.

E al Lombardia?

Una borraccia a terra, caduta a quello davanti. E lui forse per cercare di evitarla, si è spostato un po’, si è sbilanciato e quando c’è salito sopra gli è andata via la ruota davanti. Sono situazioni di gara tutte differenti una dall’altro e non dovute magari a un momento particolare.

Altra caduta in Slovenia dopo quella della Adriatica Ionica
Altra caduta in Slovenia dopo quella della Adriatica Ionica
Visto il tipo di situazioni può essere un problema di concentrazione?

Quando si cade una volta o due, dopo un po’ dei dubbi ti vengono. Sulla stabilità, sulla concentrazione, sulla troppa pressione, il fatto di non essere tranquillo quando non serve. Al momento credo però che sia nella norma. Se fosse caduto ai piedi del Ghisallo, dove c’è lo stress perché voleva stare davanti… Se fosse in occasioni così, vuol dire che magari sei troppo rigido. Qua diciamo che è più un fatto di disattenzione. Non dico che non abbia una dimestichezza grandissima, lo sappiamo che non ce l’ha: non è uno sprinter. Però situazioni simili, a volte è difficile prevederle.

Sta di fatto che per cadute ha perso obiettivi importanti.

In questo finale di stagione non è stato molto… fortunato. Perché poi le altre cadute non è che abbiano comportato grandi conseguenze. Alla Adriatica Ionica, aveva già fatto il Giro d’Italia, quindi sostanzialmente era già nell’ambito di una fase di recupero, anche se poteva essere l’occasione per lasciare il segno. Però andavamo incontro a un periodo in cui avrebbe avuto il tempo per recuperare l’incidente. Invece l’incidente della Tre Valli e poi quello del Lombardia ci sono pesati un po’ di più. Credo che con la condizione che aveva, Lorenzo avrebbe potuto sicuramente giocarsi un posto fra i primi dieci. Sarebbe stato importante fare una bella prestazione. 

Il giorno dopo la caduta in Slovenia, Fortunato riparte, ma si fermerà l’indomani
Il giorno dopo la caduta in Slovenia, Fortunato riparte, ma si fermerà l’indomani
Cosa si può fare?

Durante l’inverno valuteremo se c’è qualcosa che non funziona. Parleremo insieme, ci sta fare qualcosa per capire se le situazioni possono essere legate a una paura come per Mas oppure no. Visto che Lorenzo sarà con noi anche il prossimo anno, come già lo scorso inverno abbiamo lavorato per migliorare a cronometro e raggiungere una stabilità durante l’anno, quest’anno magari valuteremo anche questo aspetto. Sugli atleti l’inverno serve a quello, a cercare di capire dove si possono fare meno errori durante l’anno.

Sarà finalmente conclusa l’odissea di Fedeli?

30.06.2022
7 min
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Una chiamata per farsi raccontare della nuova sistemazione alla Eolo-Kometa e l’incontro con Alessandro Fedeli, 26 anni, diventa un viaggio attraverso la sua carriera colpita, frenata e deviata da circostanze che avrebbero fiaccato chiunque. L’UCI fermò la Gazprom-RusVelo nel giorno del suo compleanno, quando avrebbe dovuto correre a Laigueglia il debutto in Italia. Quello che è successo dopo ai corridori del team lo avete letto spesso su queste pagine, fino al giorno in cui Basso in una telefonata ci confidò di averlo ingaggiato. Lo avevamo appena incontrato assieme alla sua ragazza alla crono di Verona di fine Giro, la notizia venne fuori circa una settimana dopo.

«E’ stata una cosa abbastanza veloce – dice il veronese – quando è venuta fuori la notizia, avevo firmato da una settimana. Alla crono di Verona c’è stato il primo avvicinamento, abbiamo parlato di disponibilità, di budget da verificare e fatto quattro chiacchiere. Però non c’era niente di concreto». 

Al Giro di Sicilia, corso in appoggio di Caruso, si era parlato di un passaggio alla Bahrain-Victorious
Al Giro di Sicilia, corso in appoggio di Caruso, si era parlato di un passaggio alla Bahrain-Victorious
Ma alla fine hai firmato…

Sono contento di essere entrato in una squadra seria e di avere il contratto anche per il 2023. Il materiale è buono, la bicicletta buonissima. Questa è una bella cosa, però mi dà ancora fastidio quello che è successo. Alla fine mi hanno fatto perdere la parte più bella della stagione. Adesso devo fare un mese a casa perché non ci sono corse, c’è solo il Tour. Ripartirò il 25 luglio con una corsa a tappe, poi mi concentrerò sull’ultima parte di stagione, che di solito è quella che mi viene meglio.

Se non altro hai debuttato al tricolore.

Speravo di fare meglio. Avrei voluto cominciare bene con loro, perché comunque era una gara abbastanza adatta. A parte il caldo che non amo, il percorso tutto sommato mi si addiceva. Ma ho cambiato tutto in una settimana. Le scarpe, la bici, la sella… tutto diverso. Ho fatto i primi tre giorni ad allenarmi troppo forte e ho sbagliato. Muscolarmente l’ho pagato per una settimana. Errori da principiante, però magari sarei stato in difficoltà anche se mi fossi allenato poco. Una corsa singola dopo un mese che non correvo, potevo aspettarmelo…

Fedeli ha ricevuto il nuovo materiale poco prima dei campionati italiani
Fedeli ha ricevuto il nuovo materiale poco prima dei campionati italiani
Come ci si riprende da un periodo così?

Ho avuto parecchie batoste, sin da quando ero piccolo. Da junior vinsi corse importanti il primo anno e feci anche il mondiale arrivando 18°. Il secondo doveva essere il mio anno, invece ebbi una grossa diatriba con la società e non mi fecero correre per buona parte della stagione. Non era come adesso, che gli juniores sono l’anticamera del professionismo, ma era ugualmente importante. E io purtroppo il secondo anno sono partito fortissimo, poi mi hanno fermato ed è stata la batosta più grossa.

Più dell’ultima?

Sembra una stupidata, però è stata molto più grossa della Delko e della Gazprom. Persi tantissima sicurezza nel ciclismo e nell’approcciarmi con la gente nel ciclismo. In questo sport basta litigare con una persona e ti può rovinare la carriera. Sei in balia della situazione e a me questa cosa ha sempre messo paura. Da lì purtroppo è stato un susseguirsi di problemi.

Fedeli Liberazione 2018
L’arrivo di Fedeli al Liberazione 2018, una vittoria di forza con 45″ sul gruppo
Fedeli Liberazione 2018
L’arrivo di Fedeli al Liberazione 2018, una vittoria di forza con 45″ sul gruppo
Quali?

Al quarto anno da dilettante ho vinto una tappa al Val d’Aosta, Collecchio e il Liberazione, però la Trevigiani era in una situazione economica difficile e abbiamo dovuto rinunciare a tante corse. Ringrazio Mirko Rossato, che ha sempre cercato di darci tutto, ma nonostante le vittorie e la partecipazione al mondiale, sono passato in una professional francese. Quelli che vincevano tappe al Val d’Aosta sono sempre andati nelle WorldTour, io ne ho vinte due e sono andato alla Delko (sorride amaramente, ndr).

Però ti ambientasti bene, no?

E’ bello andare fuori dall’Italia, però c’era la difficoltà di un Paese estero, di un calendario limitato, di dover prendere l’aereo tutte le volte per andare a fare anche la corsa più piccola. Per fortuna il francese l’avevo studiato a scuola. Comunque al primo anno sono andato bene, ho vinto la prima e l’ultima corsa del calendario. La tappa di Kigali al Rwanda e una alla CRO Race. Il secondo anno c’è stato il Covid e l’ho preso subito, poco prima che si fermasse tutto. Ugualmente a fine anno ho vinto la tappa al Limousin e ho fatto quinto a Plouay.

Nel 2019, Fedeli vince alla CRO Race, il Giro di Croazia, a fine stagione
Nel 2019, Fedeli vince alla CRO Race, il Giro di Croazia, a fine stagione
E il terzo?

E il terzo anno, che la squadra era centrata su di me, al primo raduno ci dissero che c’erano problemi economici e poi è fallita. Mi trovavo bene, avrei potuto fare tanto, ma non abbiamo neanche iniziato. Mancavano i materiali. Si correva solamente in Francia, quindi mai. Insomma, quest’anno che alla Gazprom sentivo di aver riagganciato il pedale, è successo ancora. Mi chiedete come ci si riprende? Vediamo…

La Gazprom sembrava la squadra giusta?

Sono stati bravi a creare un gruppo. Abbiamo fatto mesi di ritiro vero, la squadra ha investito un sacco di soldi in questo. Da un lato era pesante, perché comunque stai lontano dalla famiglia, però loro avevano questa disponibilità economica di farlo e noi ci abbiamo creduto. Alla fine li abbiamo ripagati con delle bellissime prestazioni. La piccola professional Gazprom è stata una delle migliori al mondo, contando anche le nostre prestazioni in nazionale. Nulla da invidiare a certe squadre francesi che hanno il quadruplo del budget, come Total Energies e la B&B. Spero che Renat (Khamidouline, il manager della squadra russa, ndr) si rimetta in piedi, con me o senza di me. Glielo auguro perché fa bene al ciclismo. C’è bisogno di persone così. Dava sicurezza ai dipendenti, ti dava tutto, era proprio un bel sistema.

Fedeli si era messo in luce nell’arrivo in salita del Tour of Antalya, con il secondo posto
Fedeli si era messo in luce nell’arrivo in salita del Tour of Antalya, con il secondo posto
E’ stato bello finché è durato…

Posso solo ringraziare la Gazprom, il manager, tutti… Avevo trovato la mia dimensione, ero vicino a casa, era un sistema di lusso, tante squadre avrebbero da imparare, purtroppo però è andata. Sono felice di essere qua. Se non avessi trovato una squadra di livello, avrei smesso di correre. Non avrei avuto paura di farlo, perché il ciclismo mi ha fatto troppo male.

Questi passaggi lasciano il segno?

Sono tutte cose che non ti faranno mai esplodere, perché ti bloccano mentalmente. Hai paura del futuro e delle situazioni. Sembra che ogni corsa sia l’ultima della tua vita e quindi vai con l’ansia e commetti anche errori d’ansia. Io so che avrei potuto fare tanto di più nella mia carriera, però purtroppo il ciclismo è fortuna al 90 per cento e non posso dire di averne avuta….

La prossima corsa di Fedeli a fine luglio, preparando il finale di stagione
La prossima corsa di Fedeli a fine luglio, preparando il finale di stagione
Alla Eolo hai un direttore sportivo di riferimento?

Mi interfaccerò con Zanatta, il capo dei tecnici. Stefano mi sembra una persona di grande esperienza, da quello che ho potuto vedere al campionato italiano. Ci tengono molto che non manchi nulla e questo è sicuramente diverso rispetto a come ero abituato alla Delko, in cui si facevano le cose un po’ alla carlona. 

Cosa farai in vista della prossima gara?

Adesso andrò qualche giorno al mare con la ragazza, però sempre con la bicicletta dietro per prenderci confidenza. Poi una decina di giorni in altura, non per la quota, ma per fare qualche bell’allenamento lungo e al fresco. Poi torno a casa, faccio una settimana di rifinitura dietro moto per riprendere l’esplosività e finalmente si inizia a correre.

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Fancellu e il ritorno alle corse: «Che emozione!»

16.06.2022
5 min
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Quanto può essere lungo un anno? La risposta giusta è 365 giorni, ma lo scorrere del tempo è soggettivo. Quando facciamo qualcosa che ci appassiona, il tempo ci scivola via dalle dita senza rendercene conto. Al contrario, nel momento in cui aspettiamo, diventa incredibilmente lento. Le lancette si appesantiscono e sembrano non girare più. Finora Alessandro Fancellu ha vissuto così questo suo ultimo anno.

Il giovane corridore in forza alla Eolo Kometa si era fermato nell’aprile del 2021 a causa di un male invisibile. Invano per mesi si erano cercate le risposte, ne avevamo parlato con lui e con Stefano Zanatta, suo diesse. Poi a settembre un incidente in allenamento aveva fermato nuovamente Alessandro, e nel 2022 si è aggiunta una doppia positività al Covid. Ma ora il corridore comasco ha ripreso a gareggiare con tanta continuità, e all’Adriatica Ionica Race è tornato ad assaporare la testa del gruppo.

Il Tour of the Alps è stata la sua ultima corsa del 2021, poi il black out. Eccolo con Bais e Fetter
Il Tour of the Alps è stata la sua ultima corsa del 2021, poi il black out. Eccolo con Bais e Fetter

Sensazioni via via migliori

Fancellu ha ripreso a correre con una buona continuità, fino ad ora ha totalizzato 28 giorni di gara. Guardando le statistiche si vede come pian piano stia sempre meglio e continui la sua risalita ad una condizione sempre migliore.

«All’Adriatica Ionica Race il livello non era dei più alti – dice – ma sono contento per come è andata». Alessandro ci parla da Nova Gorica, ieri è iniziato il Giro di Slovenia, la sesta corsa a tappe della sua stagione. «Sono riuscito a fare quello che la squadra mi ha chiesto, tappa dopo tappa. Noi tutti eravamo in appoggio a Fortunato e nella frazione del Grappa sono riuscito a rimanere per tanto tempo con lui dandogli una mano. Non posso pensare di passare dal non correre a vincere, bisogna fare le cose per step, ed anche ripartire da questo è ottimo per il morale e la fiducia. Qui al Giro di Slovenia il livello sarà già un po’ più alto visto che ci sono alcuni corridori che stanno definendo la condizione in vista del Tour (Pogacar stesso è presente nella corsa di casa, ndr)».

Alessandro Fancellu all’Adriatica Ionica Race è tornato a correre in testa, qui nella tappa di Brisighella chiusa in decima posizione
Fancellu all’Adriatica Ionica Race è tornato a correre in testa, qui a Brisighella chiusa in 10ª posizione

Con l’aiuto della passione

Dai momenti difficili si riesce ad uscire aggrappandosi alle poche certezze che in quel momento si hanno. Per un ciclista la certezza si chiama bici, o meglio, la passione per la bici.

«La voglia di andare in bici non mi è mai passata – dice Fancellu – anche nei momenti in cui non potevo proprio toccarla ero comunque determinato a riprendermi. La voglia di tornare a far girare i pedali è sempre stata forte, anche nei momenti di massimo sconforto. Quando ho iniziato a sentirmi meglio è arrivato l’incidente e anche il doppio Covid è stata una gran mazzata. Si impara sempre qualcosa, anche dai periodi bui. Ho capito che non bisogna mai mollare, le cose si risolvono sempre».

Anche i compagni sono stati importanti per aiutare Alessandro, eccolo alla partenza della Milano-Torino con a destra Viegas e Rivi
Anche i compagni sono stati importanti. Eccolo alla Milano-Torino con Viegas

Team e compagni

Stefano Zanatta ci aveva fatto capire che la Eolo tiene in modo particolare ad Alessandro e che crede in lui. Da subito è stato circondato da tante persone che hanno seguito il suo recupero.

«Quello che la squadra ha fatto per me – conferma – è stato davvero bello. Già lo scorso anno, anche se non potevo correre, mi avevano portato al campionato italiano, per respirare il clima della corsa. E’ stato un bel gesto, mi ha aiutato ad uscire dalla monotonia di tutti i giorni e mi sono sentito parte della squadra. E’ una cosa bella, che ti fa sentire il supporto di tutti. Zanatta, Basso, ma tutto lo staff mi ha dato una gran mano e questo mi ha fatto capire quanto tengono a me. Anche i miei compagni hanno fatto tanto, uno con cui ho parlato un po’ di più è Fortunato. Spesso capita di allenarci insieme, la sua fidanzata è di Erba, io di Como e quindi è facile incontrarsi. Tante volte Lorenzo mi ha raccomandato di avere pazienza e di fare le cose per bene, questa è la ricetta giusta per superare tutte le difficoltà».

Il ritorno alle corse è costato tanta fatica, ma altrettanta emozione
Il ritorno alle corse è costato tanta fatica, ma altrettanta emozione

Emozioni ed obiettivi

Tornare in gara dopo tanto tempo non può lasciare indifferenti, soprattutto se la passione per la bici è così grande come detto prima. Allora quali sono le sensazioni di un corridore che torna in gruppo dopo un lungo periodo di assenza?

«Prima del mio ritorno ero un po’ teso – racconta Fancellu – è stato come rivivere il tutto per la prima volta. C’era un po’ di agitazione nel tornare a fare le azioni che precedono la corsa: attaccare il numero, la riunione pre gara. Una volta in corsa però queste cose te le dimentichi e pensi solo a fare del tuo meglio. Ciò che in realtà mi ha creato più difficoltà sono state le discese, ma quello era dovuto al trauma dell’incidente in allenamento. Una volta fatta la prima, mi sono sentito più sicuro».

Il Giro della Eolo-Kometa? Un po’ bello, un po’ no…

01.06.2022
5 min
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Dopo un Giro come quello dello scorso anno non era facile tenere i piedi per terra. Soprattutto se arrivano altre squadre e provano a portarti via i gioielli di famiglia. Così alla Eolo-Kometa, una volta blindati Fortunato e Albanese, si sono avviati alla corsa rosa facendone il centro della stagione. Con Fortunato da rivedere all’opera dopo lo Zoncolan e il Monte Grappa del 2021 e Albanese da condurre alla prima vittoria dopo tanti piazzamenti interessanti.

Zanatta ha seguito il Giro osservando i suoi atleti e prendendo nota dei loro margini
Zanatta ha seguito il Giro osservando i suoi atleti e prendendo nota dei loro margini

Lampi di Eolo-Kometa

Le cose sono andate parzialmente come si voleva. Rosa ha fatto vedere di avere nuovamente gamba e l’ha immolata nella rincorsa alla maglia azzurra dei Gpm. Fortunato ha mostrato di avere ancora bisogno di consolidarsi prima di reggere il passo dei grandi: una considerazione persino banale, a pensarci bene. Gavazzi è stato la solita granitica certezza. Mentre Albanese è stato il primo degli umani nella tappa di Jesi, battuto solo da Van der Poel e Girmay, poi si è progressivamente estraniato dalla corsa, facendo venir meno il suo appoggio a compagni, come lo stesso Fortunato, che probabilmente ne avrebbero avuto bisogno per entrare in fuga.

Rosa ha speso molto per rincorrere la maglia dei GPM ed è stato a lungo protagonista
Rosa ha speso molto per rincorrere la maglia dei GPM ed è stato a lungo protagonista

Parla l’ammiraglio

Con Stefano Zanatta abbiamo voluto ripercorrere i giorni rosa del team varesino, che nel prossimo futuro potrebbe voler fare delle scelte di organico, puntando su qualche nome ancora nel pieno dell’efficienza che garantisca punti e risultati che tengano i giovani al riparo da attese eccessive.

«E’ stato un Giro – dice il tecnico veneto – da qualche parte bello, da qualche parte un po’ meno bello. Un Giro d’Italia combattuto. Abbiamo mantenuto lo stesso spirito dello scorso anno, correndo secondo le nostre possibilità. Siamo entrati nelle fughe in qualche occasione e non abbiamo avuto la fortuna di arrivare come l’anno scorso. Quella fu una cosa eccezionale, dove tutti gli astri si misero a nostro favore».

Albanese terzo a Jesi alle spalle di Girmay e Van der Poel, eccolo dietro in pieno sprint
Albanese terzo a Jesi alle spalle di Girmay e Van der Poel, eccolo dietro in pieno sprint
Una prestazione pari al 2021?

Credo che il livello della squadra sia stato superiore. Abbiamo lottato con Diego Rosa e preso la maglia dei Gpm. Albanese ha fatto due risultati di livello. E’ arrivato a Potenza dopo 5.000 metri di dislivello con tutti i migliori della classifica e ha lottato per un piazzamento (Vincenzo è arrivato 7°, battuto da Kamna nella volata alle spalle della fuga di Bouwman, ndr). E poi a Jesi l’hanno battuto solo Girmay e Van der Pool, i due più forti che ci sono in questo momento in tappe come quelle. Quindi credo che il livello di Albanese e della squadra sia stato buono.

Quanto a Fortunato?

Lorenzo ha dimostrato ancora una volta che in salita va. Sul Fedaia, togliendo la fuga, ha dimostrato che dove le pendenze si fanno più importanti, lui c’è. Deve avere magari la fortuna di trovarsi in una fuga dove non ci siano i leader di altre squadre WorldTour, perché abbiamo visto che dopo metà Giro tutti quelli che non erano più in classifica hanno lottato per entrare nelle fughe. Se ti trovi a confronto con i più forti, poi diventa un po’ più difficile. Questo è lo spirito della squadra, questo è lo spirito di una professional come la nostra.

Sfinito dopo la tappa di Torino, Francesco Gavazzi è stato un solido regista in corsa per la Eolo-Kometa
Sfinito dopo la tappa di Torino, Francesco Gavazzi è stato un solido regista in corsa
Gli altri giovani?

Sono cresciuti. Ragazzi come come Bais, Rivi e Fetter si sono messi in mostra in qualche occasione e sicuramente ci porteranno valore aggiunto nei prossimi anni.

Fortunato era partito per far classifica?

Credo che questo sia stato detto solo a titolo di cronaca. Però noi abbiamo pensato, soprattutto io che ho parlato sempre con Lorenzo, di poter correre come abbiamo fatto l’anno scorso. La classifica viene di conseguenza e lui attualmente non ha ancora nelle corde la possibilità di arrivare nei 10 facendo corsa di testa. Soprattutto con questa partecipazione. Può arrivare nei 10 in un grande Giro, però entrando in qualche fuga nell’ultima settimana. La dinamica della gara si è rivelata un po’ penalizzante per lui…

Davide Bais e Samuele Rivi, due giovani per cui il Giro è stato una grande esperienza
Davide Bais e Samuele Rivi, due giovani per cui il Giro è stato una grande esperienza
Quindi la mancata classifica dipende dal non essere entrato in una fuga giusta?

Magari tutti si aspettavano che Lorenzo potesse fare classifica, ma nella mia testa e soprattutto nella sua questo non c’era. Lo Zoncolan fu una scoperta, quest’anno c’era la consapevolezza che lui andasse bene. E’ partito subito forte all’inizio dell’anno, con il secondo posto nell’ultima tappa alla Vuelta Andalucia. E’ stato a lungo con i migliori nella tappa di Carpegna alla Tirreno e questo ha fatto sì che il ragazzo abbia più consapevolezza delle proprie forze. Solo che manca ancora l’esperienza necessaria per arrivare con i primi.

Esperienza o forza fisica?

L’anno scorso è arrivato al Giro quasi per caso. Quest’anno l’ha preparato in maniera diversa e adesso ha la consapevolezza di dove si può lavorare e migliorare. Abbiamo i parametri perché nella seconda parte di stagione possa lavorare per togliere il gap e salire ancora uno scalino.

A Lavarone, Fortunato è stato in fuga e si è poi piazzato a 4’56” da Buitrago
A Lavarone, Fortunato è stato in fuga e si è poi piazzato a 4’56” da Buitrago
E’ stato un Giro allenante per lui?

Dice di esserne uscito bene, per cui si è deciso proprio domenica dopo la crono di portarlo alla Adriatica Ionica Race. C’erano aspettative da parte sua, dell’entourage, gli amici, la famiglia, dei giornalisti. Però considerando l’aspetto tecnico, noi abbiamo sempre considerato di mantenere un basso profilo e lavorare. C’era la consapevolezza che lui potesse essere ancora un gradino sotto ai suoi livelli, ma certo è stato un Giro duro, soprattutto nell’ultima settimana. Per cui con la Adriatica Ionica Race e poi lo Slovenia si lavorerà per puntare al campionato italiano, dove si concluderà la prima parte della nostra stagione.

Fetter e Dina: una maglia per due. Zanatta fa il punto

29.04.2022
5 min
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Erik Fetter e Marton Dina, due ungheresi, due ragazzi della Eolo-Kometa e un Giro d’Italia che guarda caso parte proprio dalla loro patria, da Budapest. I due corridori faranno del tutto per esserci, ma a quanto pare ne vedremo uno solo.

Noi però più che capire chi prenderà il via alla corsa rosa, vogliamo conoscerli meglio. E Stefano Zanatta (in apertura affianco a Dina), direttore sportivo della Eolo-Kometa che lavora a stretto contatto con loro è l’interlocutore migliore.

Marton Dina (classe 1996) in azione in salita al Tour of the Alps
Marton Dina (classe 1996) in azione in salita al Tour of the Alps

Dina lottatore

«Marton Dina – spiega il diesse – un po’ “più vecchio” tra i due. Lui ha 26 anni. E’ un bravo ragazzo e un buon corridore. Una sua caratteristica è quella di saper entrare nelle fughe. E’ un coriaceo, ha un carattere tosto. Già l’anno scorso ha preso parte al Giro: ha attaccato, si è mosso bene il che va bene per un team come il nostro.

«Per adesso Marton non è ancora al top. Anche lui non ha avuto un inverno proprio facile, ma lo abbiamo portato al Tour of the Alps perché potesse crescere di condizione.

«Tra i due, senza dubbio Dina è il più scalatore. Non è un grimpeur puro, va bene su scalate non lunghissime, non è insomma da arrivo puro in salita. E non è neanche velocissimo, ma come detto è un lottatore e si adatta a molti percorsi».

«E poi l’ho detto, è uno tosto. Alla Coppi e Bartali l’anno scorso ha preso la maglia dei Gpm al primo giorno. Nella seconda tappa per cercare di difendere la maglia voleva entrare in fuga, ma nel momento in cui è partita ha forato. Cambiata la ruota e ripartito e ha inseguito da solo per 25 chilometri. A fine tappa era riuscito a mantenere la maglia, ma in due giorni aveva consumato tutta la benzina per la corsa!».

Erik Fetter, alto 190 centimetri, è un ottimo passista
Erik Fetter, alto 190 centimetri, è un ottimo passista

Fetter talento

E poi Erik Fetter. Anche se più giovane, è classe 2000, è quasi più conosciuto del suo connazionale. Se non altro per le buone prestazioni fatte da dilettante e tra gli U23 come il quarto posto ottenuto lo scorso anno agli europei di Trento.

«Fetter – riprende Zanatta – è certamente più talentuoso. Ha già vinto una gara, una tappa al Tour du Limousin, lo scorso anno, ha disputato un ottimo mondiale under 23 a Leuven e anche quest’anno ha fatto con noi un paio di gare buone, alla Coppi e Bartali e al Gp di Larciano. Al Giro lo porteremo.

«Erik è un corridore più completo rispetto a Marton, è anche campione nazionale a crono. E’ meno scalatore, ma è più potente e veloce. Lo scorso anno ha vinto la tappa al Limousin con un attacco a 1,5 chilometri dall’arrivo e non lo hanno più ripreso.

«Oppure, lo scorso anno lo abbiamo portato alla Strade Bianche. Aveva 19 anni. Ha fatto tutta la corsa davanti fino a una quarantina di chilometri dall’arrivo. Poi si è staccato. Io e Ivan Basso lo abbiamo scortato con l’ammiraglia fino all’arrivo. Ai 2 chilometri, prima di entrare dentro Siena ha avuto i crampi. Ma forte. Si è fermato e steso a terra come i calciatori. Lo abbiamo aiutato, ma è voluto andare a tutti i costi all’arrivo.

«Per dire anche delle qualità morali di questo atleta. Oltre al fatto che a 19 anni è riuscito a finire una corsa dura e di alto livello come la Strade Bianche. Che caparbietà. Hanno entrambi delle qualità che devono emergere e noi ci stiamo lavorando».

Marton Dina seguito a ruota da Erik Fetter: per Zanatta i due ungheresi sono due veri lottatori
Marton Dina seguito a ruota da Erik Fetter: per Zanatta i due ungheresi sono due veri lottatori

Ungheria alla ribalta

E la Eolo-Kometa è forse l’ambiente ideale per crescere. Le pressioni sono il giusto, a ruota tutti hanno i loro spazi e direttori sportivi come Zanatta o Biagio Conte con i giovani sanno il fatto loro.

«Sono due ragazzi – dice Zanatta – che si danno da fare, sono generosi, ma certo non hanno ancora un’elevata cultura ciclistica, nel loro Paese ancora non c’è. Adesso sono loro gli idoli ciclistici in Ungheria. Sono un esempio per tanti altri giovani, sono ben considerati e loro stessi vogliono crescere e far crescere il ciclismo nel loro Paese».

E questa cosa del seguito del ciclismo in Ungheria la scrivemmo anche in merito ad Attila Valter. Nello stato magiaro c’è voglia di ciclismo, c’è curiosità e fermento. Quando Zanatta afferma che sono degli idoli nel loro Paese non ha torto. Per Valter sembra ci saranno 10 milioni di persone lungo le strade del Giro nell’arco dei tre giorni. Dopo la maglia rosa dell’anno scorso la sua popolarità è esplosa in patria.

Fetter e Dina sono nel gruppo Kometa da tempo. Si tratta infatti di uno sponsor ungherese.

«Sono con noi – spiega Zanatta – da tre anni. Facevano già parte della Fundacion Contador e l’anno scorso sono passati con i pro’. Erano già seguiti in Spagna da Barredo. Ascoltano molto i suoi consigli e si sono adattati bene a questa vita. Posto poi che la Fundacion li ha sempre seguiti passo passo.

«Kometa è un gruppo ungherese. Alberto e Fran Contador e anche Ivan per aiutare quei ragazzi hanno pescato in quel vivaio. C’era anche Valter, poi lui è andato alla Groupama-Fdj. Noi abbiamo loro che sono bravi e hanno voglia. Fetter resterà con noi anche il prossimo anno, mentre per Dina stiamo ancora vedendo come andranno le cose».