Il regno degli italiani, a partire dal “Leone” Magni

03.04.2021
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Per i belgi il Giro delle Fiandre è la corsa più amata, quella che vale una carriera e soprattutto l’amore della propria gente. L’hanno vinta ben 69 volte, i belgi, anche se sono tre anni che la gara sfugge. Dietro, con 11 successi, ci sono Olanda e Italia. Agli italiani il Fiandre ha spesso sorriso, basti pensare che tra la vittoria di Argentin nel ‘90 e di Ballan nel 2007 ci sono ben 14 presenze sul podio, ma i successi azzurri iniziarono ben prima.

Iniziando da Fiorenzo Magni, che resterà sempre il Leone delle Fiandre. Tre successi per lui, unico a fare tris consecutivo dal ‘49 al ‘51 e proprio l’ultima vittoria è quella più leggendaria, fra i belgi inferociti per la lesa maestà, sicuri che in una giornata di tregenda l’italiano sarebbe crollato. Invece tra vento e pioggia Magni ha energie doppie rispetto ai rivali. Se ne va a 70 chilometri dal traguardo e solo il francese Gauthier, secondo a 5’35”, rimane sotto i 10 minuti di distacco. Una lezione amara per i locali.

Lo sprint vincente di Bugno su Museeuw e Tchmil, più indietro Ballerini
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Il Fiandre più inaspettato

Nel 1967 il favoritissimo è Eddy Merckx, agli inizi della sua parabola da Cannibale. Alla Salvarani la punta è Gimondi, ma un esperto stratega come Luciano Pezzi sa che per Merckx va prevista una marcatura speciale, affidata a Dino Zandegù, che in gara non lo molla un secondo, infastidendolo non poco. Alla fine rimangono in tre: Eddy, Dino e il belga Foré. Tutti scommetterebbero su Merckx, invece è Zandegù che attacca, Foré lo segue, Eddy non ne ha più. Ma neanche l’altro, che nemmeno fa la volata e Zandegù sul palco intona “O Sole Mio” per salutare i tanti immigrati italiani presenti.

Bugno, che rischio….

1994, la grande paura di Bugno: si presentano alla volata decisiva in 4, l’ex iridato è in forma, la volata è imperiosa, solo che dura un po’ troppo poco, alza il braccio al cielo quando ancora c’è spazio e il belga Johan Museeuw lo agguanta. Questione di millimetri, per decifrare i quali passano interminabili minuti mentre De Zan in telecronaca affianca al pessimismo una malcelata stizza per il marchiano errore del lombardo. Invece il responso dei giudici gli è favorevole, per fortuna…

Andrea Tafi sul Grammont: quel giorno non ce n’è per nessuno…
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Bartoli, la prima Monumento

Due anni dopo è la volta di Michele Bartoli, che si consacra specialista delle classiche vincendo la prima delle sue cinque Monumento (foto di apertura). Sul Kapelmuur si scatena, mette in crisi tutti gli specialisti, Museeuw in testa, scollina con una manciata di secondi che andranno progressivamente aumentando, mostrando una supremazia che sa di grandi capacità di affrontare un percorso così particolare, fra muri e pavé.

Fiandre, sobborghi di Toscana…

Le Fiandre sembrano diventati terra di Toscana… Nel 2002 Andrea Tafi mette il suggello alla sua quindicennale carriera, passata anche per il trionfo a Roubaix cogliendo quel successo che nessuno più si aspettava, alla soglia dei 36 anni, interpretando una corsa sempre d’attacco, facendo faville sul Paterberg e il Taienberg finché sul Kapelmuur rimangono in cinque, compreso il compagno di colori Nardello. Il finale è un tutti contro tutti, ma la stoccata giusta è la sua, a 4 km dalla fine, sfruttando la stanchezza dei rivali.

Una vittoria inattesa, quella di Alberto Bettiol, pronto a ripetersi, influenza permettendo
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Bettiol, il più fresco

L’ultimo sigillo è del 2019, firmato Alberto Bettiol, che parte sul Kwaremont per riprendere i due fuggitivi di giornata per poi ritrovarsi solo, senza che da dietro riescano a riprenderlo a dispetto degli attacchi di Van der Poel e Asgreen. E’ la vittoria italiana numero 11 (le altre sono di Bortolami nel 2001 e Ballan nel 2007), ma la serie è ancora aperta, chi vuole aggiungersi?