Le renne, i salmoni, l’aurora boreale e i piani di Zana

17.12.2024
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ALTEA (Spagna) – Dopo i primi cinque minuti a chiacchierare con Filippo Zana, veniamo a sapere che il vicentino e la sua compagna sono stati in vacanza in Finlandia. La curiosità è tanta. Perciò, mettiamo da parte per un attimo il ciclismo e diventiamo turisti da tastiera. Lui sorride e tutto sommato gli farà anche piacere non parlare di sella, pedali e tabelle.

«Ci piaceva l’idea di fare una cosa un po’ diversa – racconta – e soprattutto volevamo vedere l’aurora boreale. E’ stato bellissimo. Ogni giorno facevamo piccole camminate, in un giro che è partito da Rovaniemi ed è arrivato quasi a Capo Nord. I primi giorni era… freschino, intorno ai 10 sotto zero, poi è cambiato ed è risalito a 6-7 gradi sopra lo zero. E’ stato molto strano, lo diceva anche la gente di lì. Non potrei viverci, perché non c’è niente. A me piace la natura, è stato bello, ma fa buio dal primo pomeriggio, non ce la farei».

Filippo Zana, classe 1999, è professionista dal 2020. Nel 2022 è stato campione italiano
Filippo Zana, classe 1999, è professionista dal 2020. Nel 2022 è stato campione italiano

Alcol test di mattina

L’aurora l’hanno vista più di una volta e l’esperienza è stata completata da vari assaggi di tipicità, dal salmone alla renna, passando per varie preparazioni.

«Ho assaggiato tutto tranne l’orso – ammette Zana – mentre la renna la fanno in tutti i modi possibili. Ce ne sono branchi a perdita d’occhio. La fanno a spezzatino, ma anche il filetto. E i filetti sono anche quelli di salmone, che fanno anche in una zuppa alle erbe che è molto buona. E poi bevono molto, direi troppo. Basti pensare che ci hanno fermato alle 11 del mattino e mi hanno fatto un alcol test…».

Leader per caso

Fin qui le vacanze, durate per tre settimane, ma il clima del ritiro ci richiama all’ordine. Ci sono i massaggi che premono, una stagione da riassumere e una da ricordare. La ripresa degli allenamenti è passata per una prima settimana a dir poco blanda e per un aumento progressivo delle ore e della concentrazione.

«Il 2024 è stato un anno di esperienza – ricorda – mi sono ritrovato a fare il capitano al Giro d’Italia dopo la caduta di Dunbar. Inatteso, certo, ma mi ha insegnato tanto. Ho capito che se un Grande Giro non lo prepari, si soffre. Mi ha fatto crescere? Forse sì, ma è stato davvero duro, fisicamente e mentalmente. Ero partito per puntare a qualche traguardo parziale, ma se devi fare classifica, sei meno libero di muoverti. Per cui se dovessi fare nuovamente il Giro puntando alla classifica, quantomeno vorrei arrivarci diversamente. Abbiamo vissuto un giorno per volta, mentre per fare classifica serve un’altra programmazione».

Il Giro di Zana è stato un continuo tenere duro per salvare una buona classifica
Il Giro di Zana è stato un continuo tenere duro per salvare una buona classifica

Manca la vittoria

La sintesi è che in questo ciclismo che va a mille all’ora, prima si capisce di che pasta si è fatti e prima si trova il proprio posto. A stare nel mezzo del guado, si rischia di perdere la rotta.

«C’è stata un’accelerazione molto brusca da dopo il Covid – riflette Zana – e l’aumento di tutto è diventato esponenziale. Forse l’evoluzione maggiore l’ha avuta l’alimentazione. Ora tutti hanno il nutrizionista, mentre a sentire i racconti appena poco prima non c’era nulla di tutto questo. Unitamente alle preparazioni e ai nuovi materiali, questo ha fatto crescere le velocità e i ritmi. Basta guardare la media del Giro d’Italia, la più alta da anni.

«Per questo, per il corridore che sono e il modo in cui ho vissuto il Giro, avrei preferito andare a caccia di tappe. Mi è mancata la vittoria, ho fatto dei piazzamenti alla Vuelta, ma vincere è un’altra cosa. A volte serve anche fortuna, stargli dietro, essere più pronti. E ho capito che ormai non si va più alle corse per prepararsi. Quando attacchi il numero devi essere competitivo e arrivarci con la preparazione giusta, perché ogni volta trovi qualcuno che a quella corsa ci punta».

Ayuso fa rotta sul Giro e lavora per superare Pogacar

16.12.2024
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BENIDORM (Spagna) – Prima di Roglic, la dichiarazione d’amore al Giro d’Italia l’ha fatta Juan Ayuso. E’ stato Matxin, il capo dei tecnici del UAE Team Emirates ad annunciarne la presenza e subito dopo lo spagnolo l’ha confermato. Verrà al Giro per tentare di vincerlo, come ha già fatto nel 2021 fra gli under 23. Il nodo che resta da sciogliere riguarda l’eventuale presenza di Pogacar, che per decidere aspetterà il 19 dicembre e la presentazione della Vuelta. E’ chiaro che in quel caso cambierebbe tutto, ma nel parlarne Ayuso minimizza e tira dritto.

Il terzo posto alla Vuelta del 2022 sembra lontanissimo. I successivi problemi al ginocchio e il quarto posto del 2023 hanno confermato che la sostanza è tanta, mentre il ritiro dall’ultimo Tour con qualche sbavatura nei rapporti con i compagni ha lasciato un interrogativo che il Giro potrebbe risolvere definitivamente.

«Io vado al Giro – sorride Ayuso – se poi ci viene anche Tadej, allora saremo in due e non è un problema. Sono completamente concentrato sul Giro, è uno degli obiettivi più grandi per la prossima stagione. In termini di preparazione per me non cambia nulla. Ci si prepara sempre al meglio delle proprie possibilità, nel miglior modo possibile. Se Tadej ci fosse, correremmo in un modo, se non lo fa, cambierebbe tutto, ma il focus sul Giro non cambia».

Pogacar, Ayuso e il Tour a Firenze. Lo spagnolo lascerà la corsa dopo 13 tappe
Pogacar, Ayuso e il Tour a Firenze. Lo spagnolo lascerà la corsa dopo 13 tappe
E’ stato il tema del 2024, il fatto di essere in una squadra con così tanti leader e non avere il tuo spazio. TI senti mai schiacciato?

Non userei questi termini, ma è vero che siamo una delle migliori squadre del mondo per cui ho molti compagni di livello molto alto. Questo fa crescere il livello di tutti, perché se vuoi avere una possibilità, devi dimostrarti all’altezza, non puoi semplicemente chiederlo, perché potrebbero esserci dei corridori migliori di te. Quindi penso che anche questa sia una motivazione, sai che devi continuare a lavorare e non puoi rilassarti.

Parlando del Giro con Tadej, sei riuscito a farti dare qualche consiglio?

Penso che per Tadej sia tutto più facile che per ciascuno di noi, quindi è abbastanza difficile ottenere dei consigli. E’ il migliore del mondo e tutto ciò che fa lo fa sembrare più facile di quanto in realtà non sia. Ho molti amici al di fuori del ciclismo che non guardano molto le corse. Poi vedono Tadej fare certe cose e pensano che sia normale. E io invece gli dico che non lo è. Tadej Pogacar è un bravo ragazzo da avere intorno ed è meglio averlo dalla tua parte che come avversario.

Sai spiegarti perché gli viene tutto così facile?

Perché è il migliore del mondo. È come quando vedi Messi con la palla e come gira intorno a tutti. Anche quello può sembrare facile, poi però vedi tutti gli altri e capisci che non possono farlo. Penso che nel ciclismo lui sia come Messi.

Prima crono del 2024 alla Tirreno: Ayuso si lascia indietro Ganna per un secondo e Milan di 12″
Prima crono del 2024 alla Tirreno: Ayuso si lascia indietro Ganna per un secondo e Milan di 12″
Avete entrambi dei contratti a lungo termine, quindi per tutto il resto della tua carriera avrai intorno Tadej. Cosa pensi che succederà fra un anno o due?

Se lui oggi è considerato il miglior corridore al mondo, immagino che per fare meglio dovrò prendere io il suo posto. Ma se azzardassi una cosa del genere, voi della stampa chissà cosa direste. Per cui mi limiterò a dire che un giorno mi piacerebbe essere migliore di lui, perché è il miglior corridore del mondo. Sogno di essere come lui, quindi per riuscirci dovrei batterlo. Ovviamente non voglio che questo crei un malinteso perché Tadej non è un rivale, ma il mio metro di paragone. Lui mette l’asticella e tu devi cercare di raggiungerla.

Dopo il Tour si vociferava che fra voi due non corresse buon sangue…

La relazione fra noi è perfettamente normale. Abbiamo passato molto tempo insieme, specialmente quest’anno, preparando il Tour. E anche l’anno scorso, quando lui si allenava per il Tour e io per il Tour de Suisse. Abbiamo passato molto tempo in ritiro e questo crea delle amicizie. E’ stato difficile per me non poterlo aiutare al Tour, mentalmente mi sono sentito incapace di dimostrare quello che ero in grado di fare. Ne abbiamo parlato in privato e penso che abbia capito la situazione. Lo apprezzo molto per questo, perché pur essendo un campione si prende sempre del tempo anche per questi dettagli. E per quanto riguarda il contratto, ora sono contento e non ho bisogno di pensarci.

Quando si è svolta questa conversazione fra voi?

Andato via dal Tour, la volta successiva ho visto Tadej in Canada. Ci tenevo a dirgli che quello che era uscito sulla stampa non era vero e volevo che lo sentisse direttamente da me. Ma l’ho anche ringraziato per un paio di cose per le quali gli ero molto grato e poi l’abbiamo chiusa lì, perché mi è parso che abbia capito alla perfezione quello che volevo dirgli.

Tirreno-Adriatico 2024, tappa di Valle Castellana: Vingegaard in fuga da solo, Ayuso insegue con Hindley
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Diventare il migliore al mondo è una bella scalata, dove vedi che devi migliorare di più?

Per ora penso a ogni piccolo aspetto. Mi piacerebbe migliorare di più in salita perché mi considero uno scalatore, ma se guardo le mie vittorie, la metà di esse sono venute sulla bici da crono. E’ strano, ma del resto se si vuole vincere una classifica generale, bisogna andare forte anche contro il tempo. Ora per me è difficile recuperare uno o due minuti in salita, ma posso guadagnarli nella cronometro e questo viene in mio favore. Ma se voglio cercare di colmare il divario da corridori come Vingegaard, Remco e Roglic, devo assolutamente diventare uno scalatore migliore.

Non significa mettersi troppa pression?

La pressione che metti su te stesso non è la stessa che può venirti dall’ambiente. Quando sono andato al Tour, volevo fare del mio meglio e avere questo tipo di motivazione è molto importante perché è quello che faccio da quando ero piccolo. E’ un plus che mi motiva di più.

Cambierai la tua preparazione?

Non so ancora dirlo nei dettagli, ma forse ci sarà più carico di lavoro. Fino ad ora, anche a causa della mia età, probabilmente non mi allenavo lo stesso numero di ore degli altri. Quindi un aspetto sarà quello di cercare di aumentare le ore generali, intervenendo poi con dei lavori specifici. Ci sono vari tipi di mitologia sui tipi di allenamento, ma preferisco attenermi a quello che penso abbia davvero funzionato per me. D’altra parte, penso che sarebbe un errore fare 20 anni di carriera allo stesso modo, quindi voglio sperimentare cose nuove.

Juan Ayuso ha compiuto 22 anni il 16 settembre. E’ pro’ dall’estate 2021
Juan Ayuso ha compiuto 22 anni il 16 settembre. E’ pro’ dall’estate 2021
Hai già vinto un Giro d’Italia da U23, qual è il tuo rapporto con l’Italia?

La verità è che fare il Giro mi riporta alla mente tanti bei ricordi, perché ho corso per metà anno alla Colpack. Quattro o cinque mesi a Bergamo in cui sono stato molto bene e le gare da under 23 che ho fatto in Italia mi hanno permesso di fare un salto molto importante grazie al quale sono arrivato di qua con molta più fiducia. Mi piace correre in Italia. L’anno scorso la Tirreno è andata bene per certi versi, ma fare secondo non mi è piaciuto tanto, quindi spero di tornarci il prossimo anno e che il Natale mi porti fortuna e buoni risultati.

O’Connor, quattro anni in Francia e l’inglese ritrovato

15.12.2024
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ALTEA (Spagna) – Dato che non può ancora indossare gli abiti del Team Jayco-AlUla, Ben O’Connor ha pensato bene di presentarsi in ritiro con la maglia bianca e sopra una giacca larga e marrone. Di ottimo umore e anche leggermente abbronzato, l’australiano per quest’inverno non tornerà in patria, essendo diventato da poco papà e volendosi calare appieno nella parte di leader del nuovo team. Australiano come lui.

Riepiloghiamo, per chi fosse rimasto scollegato. Dopo aver conquistato il secondo posto alla Vuelta alle spalle di Roglic (che l’ha detronizzato a tre tappe dalla fine), l’australiano ha vinto con la sua nazionale il Team Mixed Relay ai mondiali di Zurigo e poi si è piazzato secondo nella gara in linea alle spalle di Pogacar e prima di Van der Poel. Ha riannodato in un solo colpo il filo che penzolava dopo il quarto posto al Tour del 2021, guadagnando valore di mercato e stuzzicando l’ambizione della squadra di Brent Copeland, che l’ha ingaggiato per farne il leader nei Grandi Giri. Lo incontriamo nei giorni del training camp della Jayco-AlUla ad Altea, lungo la costa fra Calpe e Benidorm.

O’Connor viene dalla punta più a Sud dell’Australia Occidentale, da una cittadina di settemila abitanti che si chiama Subiaco. Se qualcuno a questo punto ha pensato che c’è una Subiaco anche in Italia, a sud di Roma, sappia che l’omonimia non è casuale. Nell’area inizialmente popolata dagli aborigeni, nel 1851 si stabilì infatti una comunità di Benedettini che fondò la città dandole il nome di New Subiaco, proprio in onore della città italiana. A Subiaco, infatti, San Benedetto aveva fondato dodici monasteri e di uno era divenuto egli stesso l’abate. Otto anni dopo gli stessi monaci costruirono un grande monastero e nel 1881 la città prese semplicemente il nome Subiaco.

Tre le vittorie 2024 di Ben O’Connor, 29 anni: la Vuelta Murcia, la 6ª tappa della Vuelta (sopra), il Team Mixed Relay ai mondiali
Tre le vittorie 2024 di Ben O’Connor, 29 anni: la Vuelta Murcia, la 6ª tappa della Vuelta (sopra), il Team Mixed Relay ai mondiali
Come sta andando l’inverno?

Bene, finora il tempo è stato molto bello, piuttosto mite. Di solito vado via da Andorra quando nevica, non credo di esserci mai rimasto con la neve fuori dalla porta. Io andavo via e la neve arrivava, con un tempismo perfetto. Ma quest’anno che non ho intenzione di partire, la neve sembra non voler venire. Curiosa coincidenza.

Come si guarda indietro alla stagione 2024?

La guardo con un sorriso, è stato fantastico. Poche cose sono andate storte, ma ce ne sono sicuramente alcune che so di poter migliorare. Si potrebbe pensare che uno sia al settimo cielo, ma ci sono sempre prestazioni migliori, risultati migliori o modi migliori di gestire le situazioni. Però è stato certamente un anno da sogno.

Hai conservato tutte le maglie rosse della Vuelta?

Ne ho un sacco, questo è certo. Anche se hai vestito la maglia di leader in una qualsiasi gara World Tour, vorresti tenerla. E’ un ricordo, una cosa speciale. Se poi parliamo di un Grande Giro, è la ciliegina sulla torta. Indossare la maglia rossa per due settimane è stato qualcosa di diverso. Scendere dall’Andalusia attraverso la Galizia fino alla Cantabria è stato davvero una cosa grande. Il bello di quest’anno è che sono riuscito a mostrare la migliore versione di me in tutte le gare.

O’Connor ha conquistato la maglia di leader della Vuelta vincendo la 6ª tappa e l’ha difesa per i 12 giorni successivi
O’Connor ha conquistato la maglia di leader della Vuelta vincendo la 6ª tappa e l’ha difesa per i 12 giorni successivi
Avete individuato un fattore chiave per ottenere questa costanza durante la stagione?

Non so se sia l’età o il fatto di aver imparato a gestire il volume di allenamento. Il corpo ha imparato ad assorbire il carico di lavoro e fisicamente sono migliorato ogni anno da quando ho iniziato. Si impara a riposare e ad allenarsi per dare tutto quando serve. La squadra ha avuto un piano molto chiaro per ogni gara e in questo contesto abbiamo deciso che io fossi l’uomo delle classifiche generali. Alla Vuelta i ragazzi erano un po’ più al guinzaglio perché avevamo la maglia, però al Giro abbiamo vinto due tappe, con Vendrame e Valentin Paret-Peintre. La chiarezza è stata alla base di tutto ed è qualcosa su cui ragionare per la prossima stagione.

Pensi che potrai ripetere quello che hai vissuto quest’anno?

Probabilmente non rimarrò in testa alla Vuelta per due settimane, ma credo di potermi avvicinare. Non so se il 2024 rimarrà l’anno migliore della mia vita di corridore, ma di sicuro l’anno prossimo potrò ottenere prestazioni simili. Non ho dubbi sul fatto che possa migliorare, perché so che posso fare di più. Poi è chiaro che i risultati sono difficili da confermare, fai del tuo meglio e le cose magari non funzionano. Serve essere intelligenti. Non credo che al mondiale fossi il secondo più forte del gruppo, ma me la sono giocata meglio e alla fine ho preso la medaglia d’argento. Il ciclismo è così, non sempre alle prestazioni corrispondono i risultati.

Cosa ti fa pensare che l’anno prossimo otterrai prestazioni migliori?

Sono fiducioso perché, per esempio, nell’ultima settimana del Giro sono stato male come un cane. Eppure alla fine è stata una grande occasione persa, perché avrei avuto ugualmente la possibilità di salire sul podio, ma non ce l’ho fatta. Sarei potuto salire sul podio in entrambi i Grandi Giri della mia stagione. Avrei potuto vincere il UAE Tour e conquistare una gara a tappe WorldTour, invece Van Eetvelt è stato migliore di me. Tante cose sarebbero potute accadere, ma non sono successe. E io so che l’anno prossimo si può migliorare, ma non si può tornare indietro e cambiare il tempo.

O’Connor non ama le classiche ma riconosce l’atmosfera unica del mondiale con la maglia della nazionale
O’Connor non ama le classiche ma riconosce l’atmosfera unica del mondiale con la maglia della nazionale
Pensi di poterti avvicinare a Pogacar e Vingegaard?

No, sono fuori portata, sono troppo forti. Posso essergli vicino in certi giorni, ma non credo fisicamente di avere il loro stesso talento.

Arriverai al punto di pianificare le tue gare in base a ciò che non fanno loro?

Sì, è possibile. Si potrebbe seguire questa linea, perché ciascuno di noi ha sempre il proprio obiettivo personale. Potrei fare ogni anno il Giro se volessi, ma significherebbe evitare il Tour, che alla fine è l’apice. E proprio per questo tutti vogliono andare in Francia, perché è la corsa più importante dell’anno e tu vuoi esserci. Lo sport è pieno di grandi campioni, è una sua caratteristica, così come il fatto che non si può vincere tutto. Non si può evitare di andare al Tour e neppure di essere sconfitti, perché così è lo sport professionistico. Devi andare avanti e affrontarlo.

Perché si guarda a te solo per i Giri quando la tua prima vittoria 2024 è stata la Vuelta Murcia, di un solo giorno, poi sei arrivato secondo al mondiale?

Le corse di un giorno sono qualcosa che il mio ex allenatore ha sempre pensato che avrei dovuto fare di più. Solo che i programmi non si sono mai allineati. Le classiche devono piacerti e io non le trovo proprio così divertenti. Non è che proprio non veda l’ora che arrivino Amstel, Freccia e Liegi. Invece il mondiale è un po’ diverso, perché ha un’atmosfera da brivido. Indossi la maglia della nazionale australiana insieme agli altri corridori australiani ed è davvero una cosa speciale e allo stesso tempo per me un’eccezione. Con le corse di un giorno devi davvero metterti in gioco, mentre nelle corse a tappe puoi aspettare. Puoi essere il migliore semplicemente alla fine, che sia con la cronometro o sulla cima di una montagna. Invece durante la gara di un giorno, devi andare a cercarti anche il vento, devi essere aggressivo ed è un modo piuttosto divertente di gareggiare. Quindi da un lato non mi fanno impazzire, dall’altro forse potrei impegnarmici di più.

Il concetto di O’Connor è chiaro: la Decathlon non era il team più forte, ma ha guidato la Vuelta grazie a ruoli ben definiti
Il concetto di O’Connor è chiaro: la Decathlon non era il team più forte, ma ha guidato la Vuelta grazie a ruoli ben definiti
Che cosa hai imparato dal 2024?

Che puoi anche non avere una squadra di superstar, ma puoi ugualmente controllare una gara. Alla Vuelta avevamo un gruppo di bravi ragazzi, ma non certo dei campionissimi. Al confronto con quelli della UAE eravamo inferiori, ma i miei compagni sono stati forti perché avevano un compito prestabilito da svolgere e sono stati in grado di farlo. Ne sono rimasti tutti colpiti e abbiamo imparato che se hai le idee chiare, puoi riuscirci a prescindere dal nome dei tuoi compagni.

E’ scontato dire che il legame con l’Australia sia stato un fattore importante nella tua scelta?

No, di sicuro è stato un fattore importante. Sono stato per quattro anni in una squadra francese e ha significato cambiare completamente il mio stile di vita, il modo di comunicare. Se vai a correre in Francia, devi imparare prima di tutto la lingua. Sei tu il leader, hai la responsabilità di fare tu la corsa, eppure i direttori sportivi che ti guidano non parlano inglese. Così ho imparato a comunicare con i compagni e tutti i membri dello staff e i direttori. Soprattutto se sei un australiano in una squadra francese, devono davvero fidarsi di te perché vieni da un diverso modo di lavorare.

Una convivenza difficile?

Da un lato mi è piaciuta, ho vissuto un bel periodo, ma allo stesso tempo ero pronto per cambiare. Essere in una squadra australiana significa ritrovare la facilità di parlare e di stare con i ragazzi, me ne sono accorto già in questi pochi giorni. E anche con lo staff fila tutto liscio, si può parlare in modo diretto. Penso che come persona mi sentirò molto più a mio agio. In Francia mi sono divertito, ma qui è come tornare a casa.

Mohoric: genio e ciclismo schematico, sognando la Roubaix

15.12.2024
5 min
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ALTEA (Spagna) – Eravamo lì a parlare del più e del meno con Matej Mohoric, quando il discorso è finito sui sacrifici e le rinunce del fare il corridore in questo tempo così scientifico e definito. Si potrebbe pensare che tante rigidità siano vincolanti e compromettano l’equilibrio nella vita dell’atleta, invece lo sloveno ci ha offerto un punto di vista così lucido da non ammettere tante repliche. A patto che il corridore in questione sia dotato di grande determinazione e razionalità: doti senza le quali non arrivi da nessuna parte o comunque non troppo lontano.

Si parlava nello specifico di tutto quello che si potrebbe fare per migliorare, aggiungendo con la ricerca qualche cavallo al proprio motore nel tentativo di opporsi alla forza dei più forti. E Matej, cui non mancano sagacia e ironia, ha cominciato col dire che si potrebbe fare anche parecchio, ma servirebbero giornate più lunghe delle 24 ore. Potrebbe valere la pena correre di meno e ricercare il meglio negli allenamenti come sembrano fare Pogacar e Van der Poel?

«Non penso che serva aumentare gli allenamenti», dice. «Magari cinque anni fa ci allenavamo pure di più – prosegue – più ore, però adesso è cambiato il modo, sono cambiate l’intensità e la struttura di tutto. Adesso è più scientifico, è tutto provato, tutto studiato, è più metodico. Prima magari ti dicevano di andare finché le gambe ti bruciavano, adesso ti dicono che devi fare 43 secondi a 730 watt. Quindi è tutto più studiato, più preciso, più definito. C’è anche meno margine di sbagliare in ogni cosa. Nella nutrizione, nell’allenamento, nel recupero».

Giornata piena: anche un’intervista ai microfoni di Rai Sport, in Spagna con Stefano Rizzato
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E’ faticoso o comunque pesante starci dietro?

No, no, no. Prendiamo solo l’esempio della nutrizione, del mangiare. Quando mi chiedono cosa mangiamo, io lo spiego e tanti mi dicono che è impossibile seguire sempre i numeri. Se però i nutrizionisti riescono a suggerirmi quello che devo mangiare per sentirmi meglio e io, provandolo, scopro che è vero, personalmente diventa più facile farlo. Perché so che il giorno dopo mi sentirò meglio in bicicletta e grazie a questo mi sentirò anche sazio dopo il pasto. Se è così, se sono consapevole dei benefici, non ho né voglia né desiderio di mangiare qualcos’altro, quello che magari so che mi farebbe male.

Non ti pesa?

Non è uno sforzo, non è un sacrificio. E’ una cosa che rende la mia vita e le mie decisioni più facili, perché so che ho mangiato quello che serviva. So il perché di certe scelte e le faccio volentieri e senza nessun dubbio. E’ lo stesso sull’allenamento, sui materiali, su tutto. Più queste cose vengono studiate, più vengono provate, più per me diventa tutto facile.

Però in tutto questo controllo estremo, tu hai vinto la Sanremo con il reggisella telescopico e con una discesa da pazzo. Quindi non è tutto scientifico…

Sì, ovvio. Perché se fosse tutto solo di gambe, se dipendesse solo dalla forza, vincerebbe sempre quello più forte fisicamente che è Tadej. Per fortuna non è così. Per fortuna oggi le corse sono più imprevedibili e il finale inizia anche a 80 chilometri dall’arrivo, mi ci trovo meglio, piuttosto che ad aspettare gli ultimi chilometri.

L’hai mai riguardata quella discesa di Sanremo?

Sì, sinceramente dalla televisione sembra molto più da pazzi rispetto a quello che ho vissuto io in quel momento.

E’ il 19 marzo 2022, scollinamento del Poggio. Mohoric sta per lanciare l’attacco diventato leggenda
E’ il 19 marzo 2022, scollinamento del Poggio. Mohoric sta per lanciare l’attacco diventato leggenda
Come si vive questo momento di sloveni fortissimi?

Per me è più facile che ci siano due che hanno vinto tanto di più, così l’attenzione è più su loro. Sicuramente è un’era che prima o poi finirà, come è successo nel passato, con tante altre Nazioni. C’è anche da dire che lo sport è sempre più globale, che c’è sempre più competizione, sempre più altre nazioni da cui arrivano ragazzi tanto competitivi. E questo è un bene secondo me per tutto il ciclismo, per tutto il movimento e soprattutto per tutta la gente che inizia a seguire lo sport. E magari si appassionano e iniziano anche loro ad andare in bicicletta, che secondo me è una cosa buona perché fa bene alle salute.

Quanto sei diverso dal Matej che vinse il mondiale under 23 del 2013?

Dieci anni ti fanno cambiare in ogni caso. Adesso sicuramente ho più esperienza, in questi anni ho imparato tante cose e ho sempre comunque la stessa voglia di crescere, non solo di migliorare me stesso, ma anche di aiutare gli altri. E porto sempre lo stesso rispetto per la squadra, lo staff e tutti quelli che lavorano perché noi possiamo fare quello che sognavamo da piccoli.

E quanto è diverso invece il Matej neoprofessionista dai ragazzi che passano oggi?

Anche in questo si vede che sono passati dieci anni, è un po’ diverso. Non dico che abbiano più esperienza, ma sono già più pronti. Sanno più cose su tutti gli aspetti della performance nel ciclismo. Sanno di nutrizione e di allenamento. Magari hanno avuto la possibilità di praticare ciclismo in un modo più strutturato sin da più piccoli. Anche per questo non dico che per loro sia facile perché non lo è, ma è più probabile che già a 22, 23, 24 anni possano già vincere delle gare che prima erano molto improbabili o quasi impossibili. Adesso è così.

Al rientro dalla sessione fotografica del mattino, ci si cambia, ci si copre e si va alle interviste
Al rientro dalla sessione fotografica del mattino, ci si cambia, ci si copre e si va alle interviste
Anche questo è un bene per lo sport?

Penso proprio di sì. Magari però da un altro punto di vista per loro è difficile se hanno successo quando sono troppo giovani. Il successo porta anche più responsabilità, non solo nella professione, non solo nel dover vincere di nuovo la gara che hai vinto l’anno precedente, ma anche a livello personale. Se hai successo, aumenta anche la responsabilità nella vita privata. Gestire il denaro di un contratto importante e le tante aspettative può creare dei problemi.

Ultima domanda, dici spesso che la tua classica preferita è la Roubaix: forse perché si può inventare qualcosa come alla Sanremo?

Sì, esatto. Secondo me il Fiandre puoi rigirarlo come vuoi, ma alla fine vince quello più forte. Alla Roubaix invece possono succedere tante cose. Per vincerla devi essere comunque molto forte, però possono capitare tanti imprevisti. Penso che per me un giorno sarà più facile vincere la Roubaix che vincere il Fiandre.

Perché ti piace così tanto?

C’ero quando la vinse Sonny (Colbrelli, ndr) e fu un vero colpo di fulmine. Quest’anno sono caduto al Fiandre e ho dovuto saltarla, speriamo di tornarci nel 2025.

L’inverno spagnolo di Piganzoli, mentre fuori diluvia

14.12.2024
7 min
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OLIVA (Spagna) – Mercoledì mattina, tre giorni fa. La stanza di Bais e Piganzoli è sotto sopra come quella di chiunque sia appena arrivato e non ha ancora vuotato la valigia. Piove così tanto che le strade sono trasformate in un vero acquitrino. La Polti-Kometa ha dovuto cambiare sistemazione, perché nel solito Nova Beach sono arrivate come un tornado la Visma-Lease a Bike e la Ineos Grenadiers, che per la prima volta da anni ha abbandonato la soluzione di Mallorca. Così la squadra di Basso e Contador ha ripiegato su un complesso dal nome Las Dunas: casette bianche e due corridori per appartamento. Sono arrivati nella serata di ieri, martedì.

Quando entriamo nella hall, Giovanni Ellena e Jesus Hernandez lavorano al computer sul tesseramento degli atleti e sui programmi. I meccanici stanno sistemando una fila di rulli sotto alla grande tettoia, perché i corridori di certo non usciranno, ma dopo la palestra si concederanno ugualmente qualche pedalata. Sono anche giornate di vari approfondimenti, non solo tecnici. Stamattina si è svolta la riunione con ITA (International Testing Agency) a proposito di antidoping e reperibilità Adams. Scambiamo poi due parole con Tommaso Cappella, che sta girando nei ritiri dei team sponsorizzati dalle gomme Vittoria. Mentre in uno degli appartamenti si provano nuove appendici da cronometro, in attesa di definire il partner ufficiale.

Abbiamo incontrato Piganzoli mercoledì mattina nella stanza che divide con Mattia Bais. Erano arrivati la sera prima
Abbiamo incontrato Piganzoli mercoledì mattina nella stanza che divide con Mattia Bais. Erano arrivati la sera prima

Nella stanza di Piganzoli

A farci strada fino alla camera di Piganzoli (in apertura foto Maurizio Borserini) è stato Asier Ferdandez Soberta, il social media manager passato dai team giovanili a quello dei professionisti. E’ singolare rendersi conto che nella squadra sostenuta da sponsor italiani, la catena di comando sia quasi interamente spagnola. Davide invece l’accento iberico di quando correva nella squadra U23 spagnola l’ha perso del tutto. Così come il ragazzino esile dei primi tempi ha lasciato spazio a un atleta sulla via della maturità, con le idee chiare e poche parole, sempre essenziali. Il 2024 è stato l’anno del primo Grande Giro e non poteva essere che quello d’Italia, dato che la trazione spagnola non è bastata per un invito alla Vuelta. Ed è stato anche l’anno del podio al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock.

«Sicuramente ho fatto una buona annata – dice il valtellinese – un buon Giro d’Italia e un ottimo finale di stagione. Alla fine tra il Lussemburgo e le gare in Italia, l’Emilia e il Lombardia un po’ meno, ho messo insieme dei buoni ricordi che ci fanno lavorare bene e sperare nel 2025. Il podio del San Luca ha portato tante emozioni. Quando sei davanti in una gara come quella e in mezzo a certi nomi, dai quel qualcosina in più che magari non riusciresti a dare quando ti stai giocando una settima, ottava posizione. E’ stata una buona gara, ho fatto buoni numeri e cercheremo di ripartire proprio da questo».

Terzo al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock: se serviva un segnale, questo è arrivato molto forte
Terzo al Giro dell’Emilia dietro Pogacar e Pidcock: se serviva un segnale, questo è arrivato molto forte
Quei numeri si possono davvero tradurre in fiducia?

Sicuramente ho fatto una buona crescita, non solo con l’Emilia che però è stata la ciliegina sulla torta perché lì è arrivato il risultato. Ma ci sono state tante gare, soprattutto al Giro del Lussemburgo, in cui ho sentito di essere passato a un altro livello. Ho fatto un secondo ritiro in altura da solo, tra Livigno e lo Stelvio, che mi ha dato tanta forza tanto e tanto morale. Non dimentico che il 2024 è stato l’anno in cui per la prima volta sono andato sul Teide. Stavo preparando il Giro e ho visto che davvero mi ha dato tanto. Perché al Giro ho ottenuto il tredicesimo posto finale, però ho fatto buoni numeri. Sono cresciuto molto e per tre settimane non sono mai calato. Quindi penso che l’altura mi abbia fatto bene e per questo cercheremo di ripercorrere gli stessi passi.

Come è stato andare per la prima volta sul Teide?

Bellissimo, non si può dire altro. E’ stato un ritiro in altura che mi è piaciuto molto, sia per i paesaggi che trovi lassù, sia per i percorsi che ci sono quando scendi. Alla fine è vero che ogni volta devi tornare sul Teide, quindi fare un’ora e mezza, due ore di salita. Però quello che ottieni in cambio è veramente tanto e ti fa capire la fortuna che abbiamo noi di lavorare in posti del genere. Quando sono sceso e sono andato al Tour of the Alps, sapevo di non essere al 100 per cento perché avevo fatto tanto fondo, però mi mancava il ritmo gara. Una volta che è è arrivato anche quello, al Giro si è vista la differenza, soprattutto nella terza settimana.

Prova a pensare al “Piga” neoprofessionista che veniva dalla Spagna. Quanto ti vedi più grande rispetto a quei giorni?

Mi vedo veramente tanto più grande, migliorato sia fisicamente che mentalmente come uomo, come atleta. Penso che questo sia successo soprattutto grazie alla squadra in cui sono, che mi ha fatto fare i passi giusti al momento giusto. La volontà è sempre stata quella di continuare qui e alla fine abbiamo trovato un buon accordo, in cui è compresa la possibilità di fare il programma giusto per me. Non vedrei possibile in questo momento in altre squadre riuscire a fare un altro Giro e giocare le mie carte. Come minimo avrei degli spazi limitati. Qui ho la possibilità di mettermi alla prova e credo che sia una buona cosa.

Piganzoli e Pellizzari (un anno più giovane) hanno vissuto finora carriere parallele
Piganzoli e Pellizzari (un anno più giovane) hanno vissuto finora carriere parallele
Tempo fa si fece una riflessione proprio su questo: andare in uno squadrone, come ad esempio ha fatto Pellizzari, potrebbe significare non correre il Giro: un vantaggio o uno svantaggio?

Dal mio punto di vista sarà utile tornarci. Quest’anno ho fatto una buona esperienza e ora so dove posso migliorare. Quindi cercherò sicuramente di farlo, per capire se veramente si riesce a crescere su questi punti o se in un futuro dovrò dedicarmi ad altro. Penso che anche Giulio abbia fatto i giusti passi. Ha corso per tre anni in Bardiani ed è cresciuto anche lui molto. Siamo molto amici. Nel 2024 è andato veramente forte in certe tappe del Giro e quest’anno è passato in uno squadrone. Avrà gli spazi ridotti però se lui crede che sia l’ambiente giusto, ha fatto molto bene.

Quali sono le aree in cui pensi di dover crescere?

So che posso migliorare in salita: devo lavorarci ancora tanto, però sono fiducioso. Poi sicuramente nella cronometro, perché quest’anno ho utilizzato poco quella bici. Adesso stiamo apportando dei miglioramenti, cercheremo di mettere a posto alcune cose su cui nel 2024 si faceva un po’ fatica. Ho già iniziato a utilizzarla da quest’inverno almeno un paio di volte a settimana per trovare la posizione e prenderci la mano. Da junior ho fatto il podio ai campionati italiani, da under 23 li ho vinti. Nelle categorie giovanili sono sempre andato a podio dietro gente come Milesi, quindi non penso di essere così lontano. So che devo lavorarci tanto, bisogna dedicarsi ai materiali e cercheremo di fare il possibile.

Le sedute in palestra proseguiranno per tutta la durata del ritiro, ma intanto ha smesso di pievere (foto Maurizio Borserini)
Le sedute in palestra proseguiranno per tutta la durata del ritiro, ma intanto ha smesso di pievere (foto Maurizio Borserini)
Milesi, Pellizzari… Cosa pensi a vedere che la tua generazione sta crescendo così bene?

Mi fa sicuramente un bel effetto, anche perché siamo tutti amici. Con Milesi e Romele che erano nella mia squadra, con Garofoli, con Germani e con Frigo. Stiamo uscendo pian pianino, perché abbiamo fatto i giusti passi da giovani.

Hai già un’idea del tuo calendario?

E’ ancora presto, stiamo studiando qualcosa, però più o meno cercheremo di seguire il calendario dello scorso anno. Intanto siamo qui per fare un avvicinamento alle prime corse. Siamo divisi in due gruppi, perché non siamo come le WorldTour che partono dall’Australia quindi deve esserci qualcuno che sia pronto già ora. Fra noi, qualcuno partirà un filo prima, qualcuno un po’ dopo. Ma in generale il primo ritiro è più tranquillo. Iniziamo magari con qualche doppia fila, ma soprattutto per affinare il gesto e spolverare gli automatismi. In salita non si va più del medio, perché penso che sia un buon periodo per fare tanto fondo e mettere chilometri nelle gambe sperando che il tempo migliori. E se piove, si va in palestra…

Davide Piganzoli è nato a Morbegno l’8 luglio 2002. E’ alto 1,74 per 61 chili (foto Maurizio Borserini)
Davide Piganzoli è nato a Morbegno l’8 luglio 2002. E’ alto 1,74 per 61 chili (foto Maurizio Borserini)
Un lavoro che si tiene comunque almeno d’inverno?

Almeno una o due volte a settimana e penso che dal mio punto di vista sia funzionale e utile. Spesso in bici alleni una forza diversa e hai bisogno di altri stimoli per altri muscoli.

Vacanza di Natale a casa?

Con i miei genitori, magari qualche giorno con la mia ragazza e poi tornerò a San Marino fino al secondo ritiro. Da noi ci sono tanti mercatini di Natale, perché sono posti vicini alle montagne, quindi in tutti i paesini si organizzano queste piccole fiere, che dal mio punto di vista sono molto belle perché senti proprio l’aria natalizia. Il Natale mi piace, non mi piace il freddo, però il Natale è bello. Cosa dice il meteo per domani? Massima di 13 gradi, speriamo che si scaldi ancora un po’…

Gasparrini parla da leader e benedice la Longo

14.12.2024
8 min
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BENIDORM (Spagna) – Alla fine di settembre ci aveva raccontato le tre vittorie e il podio degli europei U23. Ora Eleonora Gasparrini si guarda intorno e cerca di dare una dimensione alla squadra che i dirigenti del UAE Team Adq stanno ricostruendo attorno a Elisa Longo Borghini e le leader rimaste. Fra queste, a buon diritto c’è anche lei (in apertura con la madre Simona dopo la vittoria di Francoforte).

Dopo due anni di tentativi, rivoluzioni, alternanze e cambiamenti (alcuni traumatici), la squadra parrebbe aver trovato un equilibrio, che ha indotto anche la “Gaspa” a non accettare altre offerte, credendo nel progetto.

Vacanze finite

Nel gigantesco hotel che accoglie le formazioni emiratine, la hall è un andirivieni di staff, sponsor e atleti. Turisti non ce ne sono, la loro stagione si chiude di solito alla fine di ottobre e chi rimane lo fa pedalando sulle strade dei dintorni. I social l’hanno mostrata sbarazzina e sorridente nelle vacanze al mare e poi a Londra, ma ora che è arrivato il momento di ripartire, è evidente che nel suo sguardo sia scattato l’interruttore. E’ la determinazione di cui dopo un solo anno al suo fianco aveva parlato Marta Bastianelli: l’essere naturalmente decisa a portare avanti la sua carriera, facendo le cose come si devono. E a ben vedere, la traiettoria della piemontese è un continuo crescendo.

«Quest’anno è tutto più grande – dice guardandosi intorno – a un livello superiore. Noto tanti miglioramenti e sono contenta, si respira una bella atmosfera. Come tutte le cose, serve il tempo perché le cose funzionino. Questo è il terzo anno vero e la squadra sta iniziando a capire come muoversi.

«Sono arrivati nomi importanti, quindi secondo me anche questo produrrà un grosso cambiamento. Li vedo come vantaggio anche per me, perché saranno sicuramente un riferimento grandissimo. Credo che un’atleta come la Longo Borghini possa aiutare tanto anche noi più giovani e anche in generale, proprio come squadra, anche a livello tattico si partirà in maniera diversa. Avremo un approccio diverso alla gara quindi credo che sia un aspetto davvero positivo».

Vacanze finite. Prima al mare e poi a Londra con Kevin Colleoni: anche lui in ritiro in Spagna (immagine Instagram)
Vacanze finite. Prima al mare e poi a Londra con Kevin Colleoni: anche lui in ritiro in Spagna (immagine Instagram)

L’arrivo della Longo

L’arrivo di Elisa Longo Borghini può avere due impatti sulla squadra. Quello positivo di chi vede la possibilità di salire di livello oppure quello geloso di chi teme di veder ridotto il suo spazio. Per ora la sensazione è che prevalga la prima opzione, che renderà agevole l’inserimento della campionessa italiana e ne farà il riferimento per le compagne.

«Elisa non la conosco super bene – prosegue Gasparrini – però comunque ho avuto modo di chiacchierarci ed è una bravissima ragazza. Mi sembra una persona semplice, però ha anche tanto carattere e credo che sarà una bella leader per questa squadra. Io nel frattempo sono cresciuta piano piano e sto crescendo ancora. Ogni anno porta qualche consapevolezza in più e anche sul piano fisico noto dei continui progressi.

«Dal 2024 mi porto via tante soddisfazioni in termine di vittorie e di prestazioni. Per esempio il campionato europeo non era la corsa più adatta a me, eppure me la sono giocata. Ho vissuto una bella annata. Ho qualche rammarico per il Giro d’Italia, perché sono stata malata la settimana prima, quindi ci sono arrivata un po’ in down. Per me è stato tutto in salita (quinta nella classifica delle giovani, ma senza acuti, ndr), però per il resto mi sono fatta trovare pronta dove dovevo, quindi sono andata in vacanza con la sensazione di aver fatto il mio dovere».

Longo Borghini e Gasparrini, la stretta di mano sul podio tricolore si estende al futuro gioco di squadra
Longo Borghini e Gasparrini, la stretta di mano sul podio tricolore si estende al futuro gioco di squadra

Palestra e ore

La squadra si è data un nuovo assetto tecnico, in una struttura piramidale complessa, ma ordinata. Così il responsabile della performance è lo spagnolo Alejandro Gonzalez Tablas. La responsabile degli allenatori è Cristina San Emeterio. E gli allenatori sono Paolo Slongo, in funzione centrale, che si dovrà coordinare con Dario Giovine e Luca Zenti. Tuttavia, al netto di tutto questo, ci sono ragazze che proseguono la loro preparazione con allenatori esterni.

«Per quest’anno – spiega Gasparrini – non avrò grossi cambiamenti nella preparazione. Lavoro ancora con il preparatore che avevo già nel 2024, vale a dire Marcello Albasini. Però ovviamente gli anni passano, sono un po’ più matura e ad ogni inizio stagione si può partire da uno step superiore. Quest’anno ad esempio a casa ho curato di più l’aspetto della palestra, che adesso è una parte molto importante.

«Sono anche aumentati i chilometri in allenamento, ma questo già dallo scorso anno quando passai a lavorare con Marcello. Le gare sono sempre più lunghe per cui dalla fine del 2023 ho iniziato a fare molte più ore, cosa che non ero abituata assolutamente a fare. Il risultato è che quest’anno, tra virgolette, ho sofferto meno e probabilmente sarà così anche nel 2025, perché ci sono più abituata. La tendenza a fare sempre più ore è un dato di fatto. Bisogna alzare l’asticella e adattarsi».

Il 28 agosto 2020, Gasparrini vince l’europeo juniores a Plouay: i suoi passi avanti da allora sono stati notevoli
Il 28 agosto 2020, Gasparrini vince l’europeo juniores a Plouay: i suoi passi avanti da allora sono stati notevoli

Altri due anni

Alla UAE Adq c’è arrivata attraverso la Valcar-Travel&Services. Arzeni si era affrettato a prendere la ragazzina che nel 2020 aveva vinto i campionati europei juniores di Plouay e che aveva nelle gambe anche un oro mondiale nell’inseguimento a squadre (2019) due titoli europei ancora nel quartetto e poi nell’omnium (2019). Di lì a poco la torinese avrebbe vinto ancora il quartetto U23 ad Apeldoorn 2021 e Anadia 2022, tanto che il tecnico varesino l’aveva indicata come l’erede in squadra di Elisa Balsamo. Quel gruppo di atlete, che nel frattempo sono diventate grandi, si è sciolto. Le ragazze però continuano a essere amiche e ad andare in vacanza insieme, lo spirito di quella squadra resta un ideale da rincorrere.

«Questo è ovviamente un ambiente completamente diverso – ammette Gasparrini – ma devo dire che fin dal primo ritiro ad Abu Dhabi, si è respirata una bella area tra noi ragazze, anche se non ci conoscevamo tutte. Ho visto una situazione serena e comunque anche di amicizia, che ricorda un po’ la Valcar. Ovviamente a quel tempo eravamo in un altro contesto. Era tutto molto molto più familiare, quindi è difficile da paragonare. Anche solo la quantità di persone che componevano la squadra era meno della metà di adesso.

«L’amicizia rimane? Certamente, infatti mi dispiace sia andata via la “Conso” (Chiara Consonni, passata alla Canyon//Sram, ndr), una persona a cui tengo. Ha fatto le sue scelte, che si possono condividere oppure no, ma forse per la sua crescita ha preso la strada giusta. Magari in un altro ambiente, con altri stimoli, potrà rendere ancora meglio. Anche io ho avuto offerte per andare via. Ho fatto qua già due anni, non sono pochi, ma neanche tanti. Sono giovane e ho ancora tempo per fare le mie scelte. Sto bene, è una squadra in crescita che deve ancora dimostrare tanto. Per questo ho deciso di avere fiducia per altri due anni».

Tour de Suisse 2023, Marta Bastianelli ha indicato Gasparrini come modello di atleta giovane e ben mentalizzata
Tour de Suisse 2023, Marta Bastianelli ha indicato Gasparrini come modello di atleta giovane e ben mentalizzata

Il cittì e la Sanremo

Quel che invece cambierà sarà la conduzione della nazionale. Il cittì Sangalli è passato sull’ammiraglia della Lidl-Trek e sfogliando la margherita dei possibili sostituti e in attesa delle elezioni federali, il nome che ricorre più spesso sulla bocca delle atlete è quello di Marta Bastianelli.

«Anche io avrei fatto il suo nome – ammette Gasparrini – ma quando ho visto la bella notizia che aspetta un bambino, mi sono detta che sarà difficile. E sinceramente non ho idea di quali candidati ci siano. Il commissario tecnico deve essere qualcuno in grado di prendersi le giuste responsabilità. Che non sia di parte, ma oggettivo. Qualcuno che però abbia anche un po’ di umanità. Una persona che sia in grado di interagire con noi atlete. Ad esempio una cosa che apprezzavamo di Paolo era la sua presenza alle gare, che è il modo per prendere meglio le decisioni. Purtroppo non si può accontentare tutti, quindi serve anche carattere. Perciò cominciamo e vediamo come va.

«Non ho ancora un calendario definito, lo faremo in questi giorni. Abbiamo parlato anche della Milano-Sanremo, che potrebbe essere un obiettivo anche per la Longo. Sarei veramente contenta di essere lì da supporto, mi piacerebbe un sacco. Anche perché sono strade su cui sono abbastanza abituata a pedalare. Quando faceva tanto freddo a Torino, mi capitava sin da piccolina di andare giù al mare e pedalare lì. Mi piacerebbe farne parte, insomma…».

Tiberi, parole da grande e lavori massimali progettando il Giro

12.12.2024
6 min
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ALTEA (Spagna) – Quinto al Giro d’Italia e miglior giovane, Antonio Tiberi si muove col passo felpato di chi ha in testa il ritmo giusto per fare le cose. Il mattino è stato dedicato alle visite mediche e ad una sessione fotografica, poi ci sono i giornalisti e le loro domande. La giornata è accecante di sole e mare, il riverbero del marmo a bordo piscina costringe a socchiudere gli occhi.

L’hotel Cap Negret è meno affollato del solito. Ci sono la Bahrain Victorious e la VF Group-Bardiani, come pure la FDJ Suez di Demi Vollering e Vittoria Guazzini. Il parcheggio però è mezzo vuoto, perché quest’anno la geografia dei team si è rimescolata. Ci sono stati anni in cui qui potevi incontrare anche sei squadre contemporaneamente: una sorta di caccia grossa per chi fosse in cerca di interviste.

Tiberi inizia la seconda stagione con la Bahrain Victorious, cui è arrivato a metà del 2023
Tiberi inizia la seconda stagione con la Bahrain Victorious, cui è arrivato a metà del 2023

La stessa flemma di Nibali

Per l’Italia che va in cerca di una nuova voce per i Grandi Giri, la carta Tiberi è il ponte più concreto fra il ricordo di Nibali e un futuro da scrivere. Di Vincenzo ha la flemma e per certi versi lo stile: la Trek-Segafredo aveva visto giusto nel metterli uno accanto all’altro, anche se alla fine il piano è caduto nel vuoto. Probabilmente al laziale manca ancora la capacità di inventare azioni vincenti, ma quella verrà quando le gambe saranno in grado di sostenerle. Il quinto posto al primo Giro è senza dubbio un bel trampolino da cui spiccare il volo.

Prima di raggiungerci, Tiberi si è coperto di tutto punto. Non tragga in inganno il sole: a volte si alzano delle folate di vento che suggeriscono prudenza in atleti che sono ancora lontani dal peso forma, ma si riguardano come meglio possono. Quando anche la mantellina è chiusa fino sotto il collo, Antonio si accomoda sullo sgabello di fronte.

«Vengo da un anno più che ottimo – dice – quindi sono qui per lavorare bene, cercare di crescere e fare qualcosa di ancora migliore per l’anno prossimo. Ho passato le vacanze a casa, un po’ a San Marino e un po’ dai miei genitori. Per me la vacanza è stare a casa, tranquillo e senza impegni. Sono sempre in giro a prendere aerei, quindi non ho molta voglia di prenderne altri anche a stagione finita».

Quinto al Giro e miglior giovane: il podio di Roma ha consacrato il primo grande risultato di Tiberi
Quinto al Giro e miglior giovane: il podio di Roma ha consacrato il primo grande risultato di Tiberi
Cosa si fa in questo primo ritiro?

Ci dedichiamo ai test, alle nuove foto, a provare nuove bici e il nuovo abbigliamento. E soprattutto avviamo la preparazione in vista del ritiro di gennaio, cui spero di arrivare con la gamba pronta per iniziare a lavorare sul serio.

Hai imparato qualcosa di più su Antonio nel 2024?

Ho imparato che facendo le cose con la testa e mettendoci impegno, riesco a ottenere degli obiettivi che prima neanche avrei immaginato. Sicuramente tutto quello che è venuto nella scorsa stagione mi ha dato più sicurezza e la maturità per iniziare la preparazione con maggiore concentrazione. E con la consapevolezza che, se faccio le cose al meglio, riesco ad ottenere comunque dei buoni risultati.

Il fatto di stare in salita con i migliori dipende dalla preparazione oppure in gara si alza anche la soglia del dolore?

E’ anche una questione mentale, giusta osservazione. Il lavoro conta tanto, perché a casa si allenano anche la sopportazione del dolore e della fatica. Il fatto di reggere certe andature è più che altro una questione di tempistiche e varia da persona a persona. Allenarsi tanto è necessario, ma per arrivare a un certo livello quello che fa tanta differenza è la testa. Penso che ogni persona abbia bisogno di arrivare al punto giusto di maturazione per riuscire a fare determinati sforzi e determinate prestazioni. Per metabolizzare bene lo stress e la fatica.

Su cosa devi crescere per essere ancora più incisivo?

Abbiamo fatto un’analisi delle mie prestazioni e quello che manca e che vorremmo migliorare è il cambio di ritmo, quello con cui Pogacar riesce a fare la differenza quando siamo tutti al limite. Ci lavoriamo già, l’idea è di alzare questa soglia, certe azioni non le puoi improvvisare.

Con la maglia bianca nel gruppo di Pogacar verso il Mottolino: il livello di Tiberi è in crescita
Con la maglia bianca nel gruppo di Pogacar verso il Mottolino: il livello di Tiberi è in crescita

Il cambio di ritmo

Il suo preparatore è Michele Bartoli, che lo ha preso in carico a metà 2023, ma ha potuto iniziare a lavorare con lui in maniera completa alla vigilia del 2024. Un anno di osservazione e lavoro ha portato appunto alla conclusione di cui parla lo stesso Tiberi.

«Faremo un programma di allenamenti intervallati – spiega il toscano – che durano secondi fino ad arrivare a pochi minuti. Andando avanti riesci a vedere più cose e guardandolo correre, abbiamo notato questo aspetto in cui possiamo lavorare per migliorare. Lavori che vanno da 30-40-50 secondi fino ad arrivare ai 3-4 minuti. Ma non ci si limita a quello. Si arriva a fare lavori massimali anche di 6-7-8-10 minuti, perché quello che ci serve e che serve ad Antonio è prettamente questo. Lavori con frequenti cambi di ritmo, da pochi secondi fino a pochi minuti.

«Ma non cominceremo subito – prosegue il toscano – perché Antonio ha corso fino a una gara in salita organizzata da Merida a Taiwan, quindi si è dovuto allenare dal Lombardia al 25 di ottobre, come se corresse ancora. Poi ha scaricato quattro settimane e siamo arrivati al 20 di novembre, quando ha ripreso a pedalare. Perciò sono due settimane che si allena e ora deve fare un po’ di base, non può caricare subito al massimo».

Nel tavolo accanto è seduto Colbrelli, con il computer aperto che all’esterno del monitor ha le foto delle sue vittorie più belle. Questi sono i giorni in cui si definiscono i programmi: per i direttori sportivi un vero rompicapo fra i desiderata degli atleti e le esigenze della squadra.

Caruso e Tiberi (di spalle), il fresco diesse Sonny Colbrelli e Stangelj: si parla di corse e programmi
Caruso e Tiberi (di spalle) e il fresco diesse Sonny Colbrelli: si parla di corse e programmi
Qual è stato il giorno più bello dell’anno?

Ne dico due. La penultima tappa del Giro, quella di Bassano, quando ho trovato i miei genitori dopo l’arrivo. E poi l’ultima tappa, quella di Roma, che a modo suo resta indimenticabile.

I mondiali potevano esserlo e non lo sono stati?

Diciamo che li ho presi come un’esperienza che sicuramente mi servirà in ottica futura, essendo stato comunque il primo mondiale. Sono andato a Zurigo con le aspettative alte, forse anche troppo per quello che era realmente il percorso. Speravo in qualcosa più adatto agli scalatori, che ci fossero delle salite dure. Invece era più esplosivo, per gente come Van Der Poel. Però il mondiale è sempre una gara particolare. L’ultima volta che lo avevo corso era da junior e bisogna dire che c’è una bella differenza tra juniores e professionisti. Si corre senza radio, è uno stile di gara molto molto diverso da quello cui siamo abituati.

In un ipotetico avvicinamento al Giro, se sarà Giro, rifaresti tutto quello che hai fatto quest’anno oppure si può cambiare qualcosa?

Se fosse Giro, l’avvicinamento sarebbe molto simile. Magari potrebbe cambiare un pochino la prima parte, proprio l’inizio della stagione e forse sarà così. Probabilmente inizierò all’Algarve, ma il resto sarà quasi uguale all’anno scorso, magari facendo qualche ritiro in più con la squadra.

Il quinto posto del Giro ha fatto crescere la tua popolarità?

Leggermente, qualcuno mi riconosce quando sono in giro a casa o anche quando mi alleno. Mi fa piacere, è qualcosa che ti dà più morale, che dà orgoglio e ti stimola a fare ancora meglio.

Meris in Olanda alla TDT-Unibet: tra ambizioni, lavoro e social

10.12.2024
4 min
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La voce che Sergio Meris fosse in procinto di firmare con la Unibet-Tietema-Rockets ci era arrivata sotto l’ombra dello striscione di partenza al Giro di Lombardia, nella sua Bergamo. I ragazzi della MBH Bank-Colpack-Ballan giravano per le strade incuriositi e alla fine, parlando del più e del meno, era uscita la notizia. Lo scalatore bergamasco, al suo primo anno da elite, ha raccolto l’interesse della squadra olandese. Si sono parlati, hanno visto insieme il progetto di crescita, che riguarda entrambi, e hanno proseguito spediti.

Meris ora si trova in Spagna, vicino a Calpe, e insieme ai nuovi compagni sta già gettando le basi della sua prima stagione da professionista. 

«Siamo partiti presto – racconta dall’hotel – il 2 dicembre. Venerdì scorso abbiamo eseguito i primi test e siamo lanciati verso il 2025. Tra un paio di giorni torneremo a casa, per poi ritornare qui in Spagna a gennaio, dall’8 al 20, per rifinire la preparazione. Ho già messo insieme parecchie uscite e sto imparando a conoscere i miei compagni. Nella prossima stagione saremo in 25, ci sono alcuni nuovi innesti, anche se lo zoccolo duro è confermato».

Alla Coppi & Bartali i primi contatti con il team olandese, poi proseguiti attraverso i social
Alla Coppi & Bartali i primi contatti con il team olandese, poi proseguiti attraverso i social

I primi contatti

Sergio Meris ha già visto come funziona il mondo Tietema, con un’organizzazione differente e uno stampo giovane. Nel mese di agosto era andato in Olanda per parlare con la squadra, capire quali erano i progetti del team e che cosa prevedevano per la sua crescita. 

«Sono stato ad Amsterdam – spiega Meris – per parlare con Julia Soek, la Sports Director. Mi ha spiegato quali sono gli obiettivi del team a medio e lungo termine. Poi mi ha parlato di quello che si aspettano dai corridori. Da esterno anche io facevo fatica a realizzare cosa stessero facendo e in quale direzione, ma una volta visto da dentro è stato tutto più chiaro».

La TDT-Unibet Cycling Team nel 2024 ha ampliato il suo bagaglio di corse, arrivando a correre in due gare WT
La TDT-Unibet Cycling Team nel 2024 ha ampliato il suo bagaglio di corse, arrivando a correre in due gare WT
Raccontaci…

La voglia di affermarsi è tanta e gli investimenti non mancano, a partire dalla bicicletta e dal kit per gli allenamenti. Dopo il breve incontro estivo ero tornato a novembre per prendere il materiale e iniziare a provarlo. 

Com’è nato il contatto?

Alla Coppi e Bartali, nella tappa di Brisighella, abbiamo parlato un po’ e poi mi hanno seguito sui social. Ho curiosato sul loro profilo, la loro storia e il modo di fare mi hanno intrigato. Fanno tanti contenuti tra videomaker e fotografi, siamo sempre circondati. La squadra punta molto sull’immagine e sul mondo dei social.

L’uso dei social contribuisce a creare un clima sereno e divertito in squadra
L’uso dei social contribuisce a creare un clima sereno e divertito in squadra
In questi giorni a Calpe cosa hai visto?

La squadra e lo staff sono molto sul pezzo, c’è un costante scambio di idee con la volontà di migliorare giorno dopo giorno. Nonostante ci siano tanti ragazzi che arrivano da parti diverse dell’Europa mi sono sentito subito accolto. C’è fiducia in me, come in ognuno dei ragazzi presenti. Fin dal primo giorno di ritiro abbiamo parlato di come migliorare e su che punti crescere. Il personale è preparato e l’ambiente sereno, la situazione giusta per tirare fuori il meglio. 

Alle quattro vittorie stagionali si affianca la maglia di miglior scalatore all’Arctic Race of Norway, con un premio speciale
Alle quattro vittorie stagionali si affianca la maglia di miglior scalatore all’Arctic Race of Norway, con un premio speciale
Che ambizioni vedi nel team?

Il loro obiettivo è quello di partecipare al Tour de France, non è facile visto che si tratta della corsa più importante al mondo. I passi sono però ponderati, con scelte mirate e fatte in progressione. Già nel 2024 hanno preso la licenza per diventare una professional e hanno preso parte alla Amstel Gold Race e al Renewi Tour, due gare del circuito WorldTour.

Quali sono i passi per arrivare al massimo livello del ciclismo?

Affiancare a tutto il lavoro dell’immagine anche i risultati. Nel 2024 ci sono riusciti in parte e nel prossimo anno gli investimenti sono stati fatti per portare punti e corridori. L’arrivo di Carboni è un esempio, sono contento di averlo perché per me è un riferimento con il quale confrontarmi. Lo staff lavora con serenità, anche ora che si avvicina il momento di iniziare la stagione non manca la tranquillità. Un ambiente sereno aiuta a concentrarsi al 100 per cento sulla bici.

Meccanici on the road, in viaggio con Adobati e Campanella

04.12.2024
7 min
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Stanotte, spiega Adobati, hanno dormito a Reims e scherzando si sono detti che avrebbero fatto l’aperitivo con lo champagne. Stamattina intorno alle 8, i quattro camion della Lidl-Trek hanno ripreso il viaggio verso la Spagna. Il primo ritiro è nel mirino, i corridori arriveranno domenica e per allora dovranno trovare tutto pronto. Stanze, bici, abbigliamento e tutto quello che serve per lanciare la nuova stagione. I meccanici sono partiti una settimana fa per il service course di Deinze, in Belgio. Calpe non è dietro l’angolo e bisogna essere certi di aver preso tutto.

Su uno dei camion viaggia Mauro Adobati, il capo dei meccanici del team americano, e al suo fianco c’è Giuseppe Campanella (i due sono insieme nella foto di apertura), il compagno di tante corse. E proprio con Adobati abbiamo voluto fare un punto per dare l’idea del gigantesco meccanismo che si sta mettendo in moto in questi giorni. Le strade spagnole saranno a breve prese d’assalto, camion come questi stanno solcando le autostrade di tutta Europa.

Mauro Adobati, bergamasco, è il capo dei meccanici della Lidl-Trek. Immagine del primo ritiro 2023
Mauro Adobati, bergamasco, è il capo dei meccanici della Lidl-Trek. Immagine del primo ritiro 2023
Siete in giro da una settimana, che cosa portate in Spagna?

Tutto quello che serve. Una bici da strada e una bici da crono per ciascuno. Qualcuno poi avrà anche qualche bici in più, ma parliamo dei più forti. Il bike fitting dei corridori nuovi è stato fatto in Italia dopo il Lombardia, nei due o tre giorni di ritiro prima di chiudere la stagione. In Spagna però ci saranno dei controlli. Il ritiro di dicembre è orientato alla preparazione, ma anche alla prova dei manubri, delle bici, delle ruote. Per i ragazzi che c’erano l’anno scorso, la bici e i materiali non sono cambiati. Però poi si va in pista, si prova, si cerca di affinare il dettaglio. Ogni anno ci sono cambiamenti, qualcuno prova le pedivelle più corte, qualcuno i manubri più stretti. E i primo ritiro è il più adatto, oltre a permetterci di fare le varie riunioni fra meccanici e tutto il personale per la preparazione della nuova stagione.

Questa tendenza di accorciare le pedivelle si sta davvero diffondendo così tanto?

In questo ambiente si tende a prendere ispirazione dagli altri – dice Adobati sornione – diciamo così. Lo fa qualcuno che va forte e gli altri ci provano. Lo scopo è cercare di migliorare anche l’uno per cento delle prestazioni, quindi le provi tutte. Poi c’è chi si trova bene e continua e chi invece non si trova e torna indietro. In effetti la vera resa di 2 millimetri in meno sulla pedivella è difficile da capire, ma non è solo un fatto di convinzione, ci sono anche degli studi.

La mappa del viaggio: eccola qua. Un viaggio di 1.852 chilometri, le 18 ore valgono per un’auto, non per 4 camion
La mappa del viaggio: eccola qua. Un viaggio di 1.852 chilometri, le 18 ore valgono per un’auto, non per 4 camion
Siete in viaggio con il materiale degli uomini e delle donne?

Ieri siamo usciti dal magazzino con quattro camion. Due da 12 metri della squadra WorldTour. Abbiamo diviso il materiale mettendo in uno tutte le bici, sia strada che crono, dei corridori da classiche. Nell’altro camion mettiamo quelle per i più scalatori. E poi ci dividiamo anche noi meccanici, in modo che il lavoro venga distribuito. Poi c’è un camion più piccolo per il devo team e uno per la squadra donne. E noi siamo stati in Belgio a preparare, perché le due squadre WorldTour hanno gli stessi materiali, per il devo team cambia qualcosa. Per cui siamo tutti insieme in carovana, passiamo due notti fuori, perché ci vogliono due giorni e mezzo. Si potrebbe fare anche in due, ma arriveremmo morti e non ne vale la pena.

In ritiro si parlerà anche di come comporre le squadre di meccanici alle corse?

Ogni corsa ha i suoi meccanici e sono ragionamenti che si fanno anche con i manager, perché ci sono colleghi che lavorano meglio insieme. Ma il fatto è che con il crescere della squadra, certi ragionamenti si riescono a fare sempre meno facilmente. Per fortuna abbiamo un bel gruppo che si integra bene, anche se è ovvio che ci siano delle preferenze. Si fa qualche eccezione se un corridore ha il suo meccanico personale e allora in base a quello si fa il calendario e poi si cerca comunque di ruotare. Chi fa il calendario si preoccupa di far girare anche i meccanici perché l’attività e le gare siano distribuite nel modo migliore.

Tornando ai camion e al loro carico, il primo ritiro è anche l’occasione di provare materiali mai usati prima?

Soprattutto i corridori nuovi oppure quelli che già c’erano, ma hanno usato poco le ruote da 60 e quella da 37, sicuramente dovranno provarle per capire in quali tappa e quali possono utilizzarle. Poi si farà anche il punto delle pressioni, perché con il tubeless è diventata fondamentale. Pirelli ci dà delle tabelle consigliate, più che da seguire. Di conseguenza il corridore le prova e poi nell’80 per cento dei casi è lui che dà la pressione che preferisce, in base anche alle condizioni dell’asfalto. Invece una piccola parte di corridori si affida al meccanico e ai nostri consigli.

I camion Lidl-Trek parcheggiati con gli sportelloni a contatto per impedire i furti
I camion Lidl-Trek parcheggiati con gli sportelloni a contatto per impedire i furti
Hai fatto un conto di quante bici ci sono sui camion?

No, però possiamo farlo velocemente. Abbiamo 30 corridori WorldTour con due bici ciascuno, quindi sono 60. Poi ci sono i 14 corridori del devo team, con due bici ciascuno e sono 28. Infine le donne che sono 15, quindi fanno 30 bici. Fate voi la somma? Sono 118 biciclette. Però qualcuno ha anche una bici di scorta in più che deve provare e in più abbiamo qualche bici per i VIP che arrivano dall’America come ospiti. Sono tante, davvero tante.

Di solito veniamo in ritiro e troviamo anche una bici non verniciata, un prototipo che magari qualcuno sta provando: la vedremo anche quest’anno?

A livello telaistico no. Ci sarà qualcosa di nuovo sicuramente da provare però il telaio è appena uscito, quindi non ci saranno prototipi.

E tutte quelle bici quante ruote hanno, oltre a quelle già montate?

Senza contare quelle e le ruote da crono, abbiamo una cinquantina di ruote da strada, tra alte, basse e medie.

Due meccanici per camion che poi lavoreranno per tutto il ritiro?

No, arriva qualcun altro. Noi abbiamo organizzato il carico e ci facciamo il viaggio, altri arriveranno domenica in aereo, ma restano per una settimana in più. Dato che la nuova Madone ci è arrivata a metà anno, non l’abbiamo cambiata a tutti, quindi non ne avevamo tante da montare. Anche i nuovi sono tutto sommato pochi, per cui il lavoro in Belgio non è stato eccessivo. Alla fine la somma dei giorni sarà più o meno la stessa, per non caricare uno piuttosto che un altro prima ancora di cominciare. Quest’anno mi sono fermato una quarantina di giorni, ma ogni anno sono sempre meno…

Il ritiro di dicembre serve perché tutti i corridori della Lidl-Trek possano provare i materiali a loro disposizione
Il ritiro di dicembre serve perché tutti i corridori della Lidl-Trek possano provare i materiali a loro disposizione
Allo stesso modo dei corridori, anche voi meccanici avrete un calendario ben definito dopo il ritiro?

Il bello di questa squadra è che abbiamo il calendario sino a fine anno. Può esserci qualche cambio, però in linea di massima torneremo a casa con una pianificazione già fatta ed è davvero una cosa molto buona, una fra le tante di questa squadra. Ti puoi organizzare anche qualcosa al di fuori dal lavoro. E se avvisi che nei tuoi giorni liberi sei fuori, casomai ci fosse un problema chiamerebbero un altro, non te. Basta comunicare che si va in vacanza.

Chi pianifica la vostra attività?

Sul fronte della performance, c’è Josu Larrazabal. Ma la figura che sta sopra di noi e fa da tramite tra noi e Trek si chiama Glenn ed è un ragazzo abbastanza giovane però molto in gamba. Lui fa da tramite con Trek e una parte dei corridori. L’idea è che non arrivino da noi tutti insieme e per questo dallo scorso anno abbiamo iniziato a lavorare come i direttori sportivi. Abbiamo i nostri 5 corridori da seguire, ma è davvero raro che si rivolgano al meccanico che gli è stato indicato. Io lo scorso anno avevo Mollema, che mandava messaggi in continuazione. Poi Ciccone e Bagioli. Dovrebbero essercene altri due, ma non li ricordo. Forse perché preferiscono andare direttamente al magazzino, direttamente alla fonte. Se però hanno un problema quando sono a casa, allora ci chiamano e il sistema funziona.

Buon viaggio allora, ragazzi. Dove dormirete stanotte?

Il piano è di arrivare in zona Montpellier. E domani si fa l’ultima tratta fino a Calpe.