Gazzoli: a Leuven per riscattare un anno complicato

28.09.2021
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Michele Gazzoli lo abbiamo visto festeggiare con le braccia alzate sul traguardo di Leuven (foto di apertura) la conquista della maglia iridata di Filippo Baroncini. Un successo di squadra, coronato anche dalla vittoria della Coppa delle nazioni da parte degli azzurri. In questi anni ha corso sulle strade di tutta Europa con la maglia del Team Colpack Ballan. Con la squadra bergamasca ha conquistato anche il prestigiosissimo Gran Premio Liberazione, il 25 aprile a Roma.

Una stagione di alti e bassi ma con un finale in crescendo, tanto da convincere il cittì Amadori a convocarlo per Leuven. Ora un Giro di Sicilia per assaporare quel ciclismo dei grandi e per aprirsi una finestra sul futuro, anche recente. Conosciamo insieme il corridore bresciano classe 1999.

Michele Gazzoli in azione al Memorial Pantani, rifinitura prima del mondiale
Michele Gazzoli in azione al Memorial Pantani, rifinitura prima del mondiale
Un mondiale ricco di emozioni, cosa si prova?

Le emozioni non riesco ancora a descriverle a parole, c’è semplicemente una gioia immensa per la vittoria di “Baro” (Filippo Baroncini, ndr). Sono un po’ meno contento per come ho gestito la volata del gruppo, avremmo potuto fare primo e secondo. Invece sono partito ai 400 metri con uno sprint impossibile da portare a termine.

Una dolce delusione.

Sì certamente, l’obiettivo principale era quello di portare a casa la maglia iridata con Filippo. Tutto quello che sarebbe arrivato dopo sarebbe stato un di più. Un po’ mi spiace perché me lo sarei meritato, anche per le sfortune avute all’inizio di quest’anno.

Cosa ti è successo?

Tante cose. Il 2 gennaio ho preso il Covid ed ho saltato le prime due settimane di preparazione perdendo un primo blocco di lavoro importante. Appena ripresa la bici ho avuto un’infiammazione al ginocchio che mi ha tenuto ai box dal 21 gennaio all’8 febbraio.

Michele Gazzoli e Filippo Baroncini si abbracciano felici dopo l’arrivo di venerdì
Michele Gazzoli e Filippo Baroncini si abbracciano felici dopo l’arrivo di venerdì
Il Covid ti ha destabilizzato molto?

Dovendo stare chiuso in casa ho perso giorni di allenamento preziosi, a gennaio mi sono allenato solo 3 giorni.

Ed invece l’infiammazione a cosa era dovuta?

Probabilmente ho spinto troppo appena risalito in sella per la smania di recuperare la forma il prima possibile. Un errore dovuto alla troppa voglia di correre e fare bene, ma non è finita qui.

C’è dell’altro?

Purtroppo, sì. Il 3 il 7 e l’11 marzo ho corso in Croazia. Proprio all’Istrian Spring Trophy sono caduto. Nulla di grave ma ho perso altri giorni di allenamento, alla fine la mia stagione è iniziata il 21 marzo, il primo giorno di primavera.

Un mese dopo hai vinto il GP Liberazione, hai lavorato bene per prepararlo?

Liberazione di nome e di fatto. Avendo fatto un inverno “strano” avevo una condizione che mi permetteva di fare bene una gara ma non avevo continuità. Diciamo che avevo una condizione ad intermittenza quindi mettevo il focus su un obiettivo sapendo che negli appuntamenti successivi non sarei stato competitivo.

Sei comunque riuscito a far parte della spedizione mondiale, il cittì Amadori crede molto in te?

Abbiamo iniziato a preparare l’appuntamento di quest’anno la scorsa stagione appena abbiamo capito che non avremmo corso ad Imola. Marino (Amadori, ndr) crede molto in me ma soprattutto nel gruppo: sarei stato il primo a tirarmi indietro se non mi fossi sentito pronto. Invece nei due mesi prima del mondiale la mia condizione è cresciuta, negli appuntamenti di preparazione stavo sempre meglio (ha corso la Coppa Sabatini ed il Memorial Pantani, ndr).

Il percorso di preparazione al mondiale di Leuven è iniziato già la scorsa stagione dopo la cancellazione del mondiale U23
Il percorso di preparazione al mondiale di Leuven è iniziato già la scorsa stagione dopo la cancellazione del mondiale U23
Cosa ti porti a casa da questa esperienza?

La bellezza di correre con la maglia azzurra ma anche l’aver visto da vicino grandi campioni, uno su tutti Sonny Colbrelli. Mi ispiro molto a lui, anche come modo di correre credo siamo abbastanza simili, lo conosco molto bene.

Come mai lo conosci bene?

Il nostro punto di contatto è stato il procuratore in comune, ci alleniamo spesso insieme quando vado sul lago di Garda. Imparo tanto da campioni come lui, anche solo ascoltarlo quando descrive i percorsi o parla di ciclismo.

Gli hai chiesto qualche consiglio in questa settimana particolare?

Ho visto come gestisce la tensione e come cura l’avvicinamento alle gare. Da lui ho imparato molto anche sull’alimentazione, è un po’ il mio mentore. Capita che ci alleniamo spesso insieme.

A proposito di campioni, l’anno prossimo cosa farai?

A giugno ho già siglato un contratto con una squadra WorldTour, ma non posso dire il nome perché lascio a loro la prima parola e l’annuncio.

Ti senti pronto per il grande salto? Anche dopo quest’anno così travagliato?

Sì, dopo aver concluso il quarto anno tra gli under 23 penso di aver chiuso un cerchio. Sarà difficile, ma penso di poter dire la mia, spero di ritagliarmi il mio spazio anche se sarà difficile. Poi comunque quando ti arriva la chiamata “dall’altra parte” è difficile dire no, solo il tempo potrà darmi ragione.

ExtraGiro forma i Mobility Manager di domani

27.09.2021
3 min
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E’ ormai tutto pronto per il “via” ufficiale della terza edizione del corso Mobility Manager PRO. L’interessante appuntamento formativo, ideato da ExtraGiro, ha per obiettivo quello di preparare al meglio i nuovi professionisti della mobilità sostenibile. Il corso inizierà lunedì 11 ottobre e le iscrizioni sono tutt’ora aperte.

L’appuntamento ha l’obiettivo di formare i nuovi professionisti alla mobilità sostenibile
L’appuntamento ha l’obiettivo di formare nuovi professionisti alla mobilità sostenibile

Professionisti della mobilità

Il Decreto dei Ministri Giovannini e Cingolani del maggio 2021, dopo il Decreto Legge Ronchi del 1998 e il Decreto cosiddetto «Rilancio» del 2020, consegna ai Mobility Manager e al Piano Spostamenti Casa Lavoro (PSCL) un ruolo sempre più centrale nel futuro delle nostre comunità.

Il Mobility Manager è di fatto responsabile della mobilità del personale aziendale. L’obiettivo è l’ottimizzazione degli spostamenti dei dipendenti nell’ottica di una maggiore sostenibilità ambientale, facendo da raccordo tra azienda, Comune e attori del settore dei trasporti. Si tratta insomma di professionisti estremamente versatili che devono disporre di competenze trasversali e multidisciplinari. Competenze che vanno dalla comunicazione all’amministrazione, dalla conoscenza tecnica alla gestione delle risorse umane.

Sonny Colbrelli, campione italiano in carica, con Marco Pavarini e Marco Selleri (ExtraGiro)
Sonny Colbrelli, campione italiano in carica, con Marco Pavarini e Marco Selleri (ExtraGiro)

C’è il patrocinio di FCI e Legambiente

La sessione prevede 80 ore di lezione con professionisti del settore. Si affronterà il quadro legislativo. Si definirà inoltre la redazione del PSCL e l’organizzazione delle soft skills comunicative fondamentali per il raggiungimento del risultato. Ma saranno definiti anche gli strumenti operativi per le azioni da svolgere, per analizzare i dati e per esercitarsi su tutte le fasi operative.

I corsi Mobility Manager PRO (patrocinati dalla Federazione Ciclistica Italiana e da Legambiente) nelle due precedenti edizioni hanno visto la partecipazione dei Mobility Manager nominati da importanti aziende come Benetton, Hyundai, Mediaset, Mediobanca, Sammontana e Aipo. Oltre a una serie di professionisti freelance che si sono messi e che si metteranno anche questa volta al servizio delle imprese per assolvere questo delicato incarico.

Per formare al meglio queste figure, ExtraGiro si appresta ad affrontare la terza edizione annuale di questo importantissimo corso
Per formare al meglio queste figure, ExtraGiro si appresta ad affrontare la terza edizione annuale di questo importantissimo corso

Un corso completo di 80 ore

«Le aziende private con oltre 100 dipendenti e con sedi in Comuni sopra i 50.000 abitanti – ci confida Marco Pavarini, direttore di ExtraGiro – devono redigere entro il 31 dicembre di ogni anno il Piano Spostamenti Casa Lavoro (PSCL) ed interfacciarsi con il Mobility Manager di Area che definisce e coordina gli interventi attuati nel territorio di competenza.

«Tutte queste figure, che siano identificate all’interno dell’azienda o che si tratti di consulenti esterni, necessitano della giusta formazione per svolgere il proprio lavoro di Mobility Manager. Ovvero quelli di ridurre l’impatto ambientale. Ma anche urbanistico e sanitario della mobilità automobilistica privata nello spostamento casa-lavoro promuovendo il ricorso a forme di mobilità più sostenibili, tra cui spicca ovviamente in modo particolare la bicicletta».

Al completamento del percorso formativo, i partecipanti potranno avvalersi anche di servizi di “coaching” personalizzabili sui bisogni delle aziende e dei professionisti. Tutto questo per orientarsi e operare nell’ambito della mobilità sostenibile. Il costo del corso avanzato da 80 ore è di 2.000 euro (1.600 qualora ci si iscrivesse in anticipo).


Extragiro

Un Alaphilippe gigante per il bis: «Non sarò mai un robot»

26.09.2021
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Il primo scatto per provare le gambe e guardarli un po’ negli occhi. Il secondo per andare via. Alaphilippe sembra stordito, di sicuro è stanco, ma ha vinto il mondiale per il secondo anno di fila. Per questa edizione, il protocollo ha subito un rimescolamento diabolico. Il tre del podio hanno ricevuto per la prima volta maglia e medaglie sul palco piccolo dopo l’arrivo. Poi sono stati portati in auto nella Ladeuzeplein, la piazza in cui si trovava il podio grande. E da qui, esaurito il secondo ciclo di premiazioni, sono tornati alla zona mista per rispondere alle domande delle televisioni. Solo dopo sono arrivati alla conferenza stampa, avendo ancora da fare il controllo antidoping. Forse per questo quando Alaphilippe ha salutato i giornalisti, ha augurato a tutti un buon Natale…

Il primo attacco di Alaphilippe per saggiare i rivali, poi a testa bassa fino al traguardo
Il primo attacco di Alaphilippe per saggiare i rivali, poi a testa bassa fino al traguardo

Un anno faticoso

Non è stato un anno facile per lui. Quel modo spavaldo di correre, con la maglia iridata addosso si è in breve trasformato in un tiro al bersaglio. Ogni cosa è diventata più complicata. Anche perché il primo anno normale dopo quello del Covid di normale ha avuto ben poco.

«L’anno scorso ero pronto per vincere – dice – il mondiale era il mio obiettivo più grande dopo il Tour. E’ stato bello riuscirci. L’anno da campione del mondo è stato bellissimo, ma essere all’altezza della maglia è stato molto faticoso. Ho appena saputo che nessun francese l’ha mai vinta per due volte di seguito, potrò raccontarlo a mio figlio. In realtà ero rassegnato a riconsegnarla e mi sono detto che fosse il momento di concentrarsi su qualcosa di diverso

«Poi sono venuto qui. Il percorso non era adatto, ma la forma era giusta. Ho lavorato duro per essere pronto. Abbiamo fatto una bella corsa con la squadra. Senechal era concentrato sullo sprint. Io ero libero, se mi fossi sentito bene, di fare la mia corsa. Così ho deciso di attaccare. Non immaginavo che sarei arrivato da solo e di fare più di un giro al comando. E’ stata dura, ma me la sono goduta di più».

Finale duro e doloroso

Il primo scatto per provare le gambe e guardarli un po’ negli occhi. Il secondo per andare via. Dice Cassani che gli è sembrato di vedere il miglior Bettini, capace di fare 3-4 scatti prima di mollarli tutti.

«Quando mi sono trovato con Colbrelli – conferma – volevo provare le gambe, per vedere chi c’era. Ho visto che Sonny era forte, ma anche che il Belgio aveva ancora due o tre corridori. Non era necessario continuare, perché ero ancora lontano dal traguardo. Poi mi sono reso conto che Evenepoel era il solo a lavorare duro sul circuito di Overijse e ho cominciato a chiedermi come mai nessuno lo aiutasse. Vuoi vedere che Van Aert non sta bene? Ho detto però a Senechal di salvare le energie e di concentrarsi sullo sprint. E’ stato utile per me avere Florian dietro. Ognuno era concentrato sulla sua corsa. Tutti sapevano che Van Aert era uno dei più veloci e dei più forti, ma anche Colbrelli e Van der Poel facevano paura. Non ero concentrato su uno solo, ma ho provato a fare la differenza. Ho smesso di pensare e sono andato a tutta. Gli ultimi 20 chilometri sono stati davvero duri e dolorosi».

Alaphilippe sul podio con Van Baarle e Valgren: il danese ha preceduto Stuyven. Belgi beffati
Alaphilippe sul podio con Van Baarle e Valgren: il danese ha preceduto Stuyven. Belgi beffati

Con cuore e fantasia

Le domande si succedono e lui un paio di volte svia il discorso. Come quando gli chiedono che cosa significherà correre il prossimo anno ancora da iridato e lui risponde che non lo sa. 

«Ragazzi – spiega – io quasi non mi rendo conto di essere davanti a voi con questa maglia. Ho bisogno di tempo, è un’emozione speciale. C’era grande tifo oggi. E’ stato bello vedere tanta gente, anche se nell’ultimo giro tanti belgi mi dicevano di rallentare. A uno ho fatto cenno che non potevo, ma li capisco. In ogni caso mi hanno dato grande motivazioni. In qualche modo sono un po’ belga anche io, la mia squadra è belga e fra agosto e settembre sono venuto a correre qui. E’ stato importante, come quando fai le ricognizioni delle tappe. Capisci dove correrai e io ero pronto per queste strade. Abbiamo avuto un grande spirito. L’ho visto sulle facce dei miei compagni dopo l’arrivo, che erano più felici di me.

«Ora però ho bisogno di tempo per capire e dire cosa farò. Se mi conoscete, sapete che spreco molte energie quando corro. Ma quando hai questa maglia, tutti ti guardano, tutti ti distruggono perché devi vincere. Io sono sempre lo stesso corridore dal 2014, provo sempre lo stesso piacere nel correre e per me è importante rimanere così. Non voglio diventare un robot, voglio continuare con questa grinta, sempre provare a vincere con il cuore e farlo con la maglia iridata sarà anche più bello. Buonasera a tutti, amici. E buon Natale…».

Mondiale compromesso dalla maledetta caduta

26.09.2021
5 min
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Il tempo di capire che i due per terra fossero Trentin e Ballerini e si è capito che stavolta sul mondiale degli azzurri avrebbe brillato una stella nera come la pece. Nella corsa impazzita voluta dai francesi e dai belgi, con la prima ora a 46,6 di media e quella finale di 45,137, trovarsi senza due uomini di quel peso poteva significare essere scoperti quando i fuochi di artificio avessero lasciato spazio ai colpi di cannone. E così è stato.

«Sono dispiaciuto per il risultato perché stavo bene – dice Sonny Colbrelli La caduta all’inizio si è fatta sentire nel finale, perché sicuramente Trentin e Ballerini potevano essere lì con me e quando Alaphilippe e gli altri sono partiti, potevano entrare loro. Io avevo Bagioli e Nizzolo, però avevano già lavorato prima. Nizzolo ha detto che lavorava per me perché non aveva grandissime sensazioni. Ho provato sul primo strappo a seguire Alaphilippe, però ho visto che dietro tirava sempre il Belgio. Allora ho fatto la corsa su Van Aert, invece sono andati via quelli lì e cosa ci posso fare? O guardo l’uno o guardo l’altro ed è andata così…».

Duro lavoro per Bagioli, alla fine tradito dai crampi
Duro lavoro per Bagioli, alla fine tradito dai crampi

Fregato da Van Aert

Colbrelli dice tutto d’un fiato, con il berretto calato sugli occhi, dopo aver regalato la maglia azzurra a un tifoso che l’ha subito passata a sua figlia. Lei l’ha indossata immediatamente, mentre Sonny diceva che avrebbero dovuto lavarla, perché era la maglia con cui aveva appena finito la corsa.

«Avevo già chiuso su Alaphilippe – prosegue – ma non sapevo se scattava perché non ne aveva o perché voleva anticipare. Ma visto il numero che ha fatto, ha spazzato via ogni dubbio. Avevo sensazioni buone, ero sempre davanti quando la corsa si è accesa. Ho chiuso anche io su un paio di buchi ed è stata grande la squadra a chiudere sulla prima fuga. Ma non possiamo tornare indietro. La vigilia è stata super tranquilla, ero sereno. Ero più teso all’europeo, qui siamo stati tutti insieme a ridere e scherzare. Questo gruppo è anche la nostra forza».

Trentin dolorante e deluso, si consola con i figli
Trentin dolorante e deluso, si consola con i figli

Trentin acciaccato

Nella zona dei pullman si smantellano sogni e ammiraglie. Non si dovrebbe entrare, ma grazie al cielo siamo riusciti a passare e a parlare con i corridori. Claudia e i bimbi, aspettano Trentin, che ha le movenze di un eroe azzoppato, anche se la sensazione è che a far male sia soprattutto il morale. Dice di aver picchiato parecchio forte, poi fa spallucce e va a sedersi su di un frigo.

«Non riuscivo a pedalare – ammette – per questo ho tirato. Mi faceva un male cane, ma alla fine la fuga l’abbiamo ripresa. Non ci voleva. Il mio mondiale è andato così».

Nizzolo sfinito, si è messo a disposizione di Colbrelli nel finale
Nizzolo sfinito, si è messo a disposizione di Colbrelli nel finale

Il lavorone di Remco

Bagioli e i suoi 22 anni hanno tenuto tra i denti la ruota di Evenepoel lungo i tanti chilometri di fuga, senza sapere che alle loro spalle si stavano avvicinando vanamente minacciosi gli altri corridori del Belgio.

«Il mio lavoro era più o meno quello – racconta Andrea – anche perché i nostri piani sono stati scombussolati e abbiamo dovuto reinventarci la corsa. Prima del giro grande ho visto che Madouas ha provato ad attaccare e l’ho seguito. Poi è arrivato Remco ed eravamo un bel gruppetto. Ho provato io sullo strappo e siamo rimasti in 4-5.

«Successivamente è rientrato il gruppo dei migliori e Remco ha fatto un grande lavoro. Non credo che prima sapesse che dietro c’erano i belgi. Senza radio è difficile da capire la situazione. Dal circuito grande fino in città, ha tirato lui. Io ero in seconda posizione e faticavo a stargli a ruota. Poi mi sono venuti i crampi e addio…».

Nel finale del mondiale Colbrelli ha corso su Van Aert e la corsa è andata via
Nel finale del mondiale Colbrelli ha corso su Van Aert e la corsa è andata via

L’uomo mancante

E poi c’è Cassani, che avrebbe immaginato e meritato un finale diverso, mentre il presidente Dagnoni rimanda tutti i discorsi all’incontro che avranno mercoledì al Vigorelli e ribadisce che non si sarebbe mai sognato di augurare ai nostri una prestazione scialba per poter legittimare l’allontanamento del cittì.

«La sfortuna è stata grande – dice Davide – perché abbiamo perso presto Ballerini e Trentin, che ci sono mancati nel finale. Tra l’altro sono caduti proprio nel settore di gara in cui è andata via l’azione e per fortuna siamo riusciti a rimediare. Anzi, ci sono riusciti loro due. Perché stavano male, non riuscivano a pedalare, ma si sono messi a disposizione e ci hanno permesso di riaprire la corsa. Su 17 uomini in testa, tre erano i nostri. Abbiamo cercato di fare il massimo, ma Alaphilippe è stato incredibile. Niente da dire, oggi ha vinto il più forte».

Cassani ha chiuso con i brividi il suo ultimo mondiale: «Non ho rimpianti, a parte la sfortuna»
Cassani ha chiuso con i brividi il suo ultimo mondiale: «Non ho rimpianti, a parte la sfortuna»

I brividi di Nizzolo

Il dubbio resta sulla corsa del Belgio, che ha incastrato Colbrelli e forse ha costretto il gruppo ad attendere l’attacco di Van Aert che in realtà non aveva le gambe per farlo.

«Abbiamo subito visto che Evenepoel – riprende Cassani – si era messo a disposizione e ha tirato fortissimo. Alla fine Sonny ha tergiversato un pochino, ha perso l’attimo o forse ha cercato di dare un’occhiata a Van Aert e Van der Poel. Loro avevano due uomini, a noi ne è mancato uno nel finale, nonostante Nizzolo sia stato grande, si sia sacrificato e abbia cercato di rimediare».

«Non ho rimpianti, se non maledire la sfortuna. Senza la caduta, invece di tre uomini davanti, ne avremmo avuti cinque e forse la corsa poteva avere una piega diversa. Con i se ed i ma non si fa niente, per cui onore ad Alaphilippe. E’ sembrato di vedere il miglior Bettini, in grado di fare due, tre, quattro scatti. Sapevamo che era forte. Sabato prima della corsa ha fatto 60 chilometri, aveva puntato deciso a questo mondiale. Quanto a me… Me ne vado con la pelle d’oca. Finire la mia avventura qui a Leuven, dove c’erano migliaia di persone è stato comunque speciale. Si parla di un milione e mezzo di persone? Li abbiamo sentiti tutti. Pensate che Giacomo Nizzolo mi ha detto grazie di averlo portato qui, perché oggi anche in corsa ha avuto anche lui i brividi».

Rudy Project per Colbrelli: un Nytron da record

25.09.2021
3 min
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Rudy Project ha voluto omaggiare Sonny Colbrelli con una livrea speciale sul casco Nytron. Il disegno celebra i due titoli vinti quest’anno dal campione bresciano. Sulla parte frontale è presente la bandiera europea replica della maglia, che rappresenta la vittoria recente avvenuta al campionato europeo di Trento. Segue la bandiera italiana a ricordare la maglia tricolore conquistata a Imola nel campionato dominato dal lombardo sulle strade protagoniste del mondiale 2020

Il Nytron già usato da Colbrelli porta su di sé i colori d’Europa e il tricolore italiano
Il Nytron già usato da Colbrelli porta su di sé i colori d’Europa e il tricolore italiano

Bandiere e simboli

Il casco è già stato indossato da Colbrelli nelle gare di avvicinamento al campionato mondiale di Leuven che correrà domani. Simboli che hanno appagato il ciclista del Team Bahrain-Victorious che commenta così: «Sono super contento di questo casco, mi piace davvero che ci sia tanto bianco e come hanno posizionato la bandiera italiana e quella dell’europeo. Me lo sono sentito subito mio e ne conoscevo già la comodità perché già in tutte le corse usavo questo modello in particolare».

Una dedica speciale dell’azienda di Treviso alla straordinaria stagione che Sonny sta vivendo a suon di vittorie e titoli

Performance e sicurezza 

Ultimo arrivo nella collezione Rudy Project, il casco Nytron integra performance aerodinamiche straordinarie con un design compatto ed estremamente filante. Il dispositivo è stato sviluppato e ingegnerizzato in galleria del vento, con il supporto degli esperti di aerodinamica di Swiss Side che hanno effettuato test di Fluidodinamica Computazionale (CFD).

Campionati europei 2021, Sonny Colbrelli vince a Trento indossando il suo Nytron tricolore
Campionati europei 2021, Sonny Colbrelli vince a Trento indossando il suo Nytron tricolore

La struttura è composta da quattro calotte In-Mold che assicurano protezione e capacità di assorbimento urti massimi. Nytron, oltre a rispettare i requisiti standard di legge, supera anche i test previsti dal protocollo sperimentale sviluppato dal gruppo di lavoro CEN (European Committee for Standardization). Questo protocollo misura la capacità di assorbimento di energia del casco in caso di impatti obliqui, in cui vengono valutate le forze e le accelerazioni rotazionali presenti negli incidenti reali.

Il protocollo di test “WG11” adottato da Rudy Project si basa sul valore denominato BRIC (Brain Injury Criterion): un algoritmo che definisce la probabilità di subire infortuni al cervello dopo un impatto. Questo valore, affinché il test sia superato, deve essere inferiore a 0,68. Nytron ha ottenuto un valore BRIC medio di 0,24 e rappresenta quindi un notevole sviluppo per quanto riguarda il tema della sicurezza dei caschi. 

L’aspetto estetico non deve far passare in secondo piano sicurezza e ventilazione del Nytron
L’aspetto estetico non deve far passare in secondo piano sicurezza e ventilazione del Nytron

Ventilazione e comfort 

Un pregio di Nytron è sicuramente la ventilazione, che lo rende un casco particolarmente innovativo nella categoria dei caschi aero road. Il posizionamento delle 15 prese d’aria e dei canali di circolazione interni al casco assicurano una areazione senza pari consentendo all’atleta di beneficiare di una performance migliore per le sfide su strada, triathlon e a cronometro. L’elmetto protettivo è dotato del sistema antiscalzamento regolabile RSR 10 con rotellina per incrementare comodità e sicurezza grazie alla struttura avvolgente e alla possibilità di regolare il casco sia in altezza che in larghezza per trovare sempre la misura più adeguata.

Prezzo, colori e taglie

Il modello Nytron ha un prezzo di 199,90 euro ed è disponibile in 3 colori: nero, rosso e bianco. Per un peso di 250 grammi le taglie selezionabili sono: S-M (55-58 cm) e L (59-61 cm).

Visconti e gli insoliti messaggi a Colbrelli. Storia di un’amicizia

16.09.2021
5 min
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«Non “muovo” la bici da tre giorni». «Meglio così, anzi spero che all’inizio della gara starai anche male». A lanciare l’allarme è Sonny Colbrelli a pochi giorni dal campionato europeo di Trento, che lo ha poi visto trionfare. A rispondere è Giovanni Visconti, uno dei veterani del gruppo, corridore (e uomo) tra i più sensibili. Uno scambio di messaggi così, che lo stesso siciliano ha poi pubblicato sui social, non poteva certo lasciarci indifferenti.

Perché questa risposta inaspettata? Che poi letta così sembra anche possa esserci maretta tra due, cosa invece diametralmente opposta.

Prima del via degli europei Colbrelli era piuttosto teso. Magari ripensava ai messaggi di Visconti!
Prima del via degli europei Colbrelli era piuttosto teso. Magari ripensava ai messaggi di Visconti!

La premonizione di Visconti

«Perché sarà una cavolata – dice Visconti – ma a me è quasi sempre andata così. Quando stavo male in partenza ho poi avuto delle giornate super. Quelle giornate in cui sei al massimo dal primo all’ultimo chilometro ti capiteranno una volta all’anno, ma neanche. E’ una questione di testa. Magari sei in forma, punti forte, ma a ridosso dell’evento può capitare che tu non abbia più grandi sensazioni. Questo perché sei fin troppo concentrato, sei lì a finirti di testa, sei super convinto. Aumenta la pressione. E fino a che non iniziano i primi chilometri di gara non scarichi il nervosismo».

«Sonny a tre giorni dalla gara non stava bene. Ma perché? Perché era il leader della nazionale, sapeva di essere in forma, sentiva la pressione e ha iniziato a domandarsi: sarò in grado? Gli sono serviti i chilometri iniziali della gara per cancellare tutte queste tensioni».

Visconti vince il Melinda 2009 (davanti a Garzelli) dopo essere stato ad un passo dal ritiro
Visconti vince il Melinda 2009 (davanti a Garzelli) dopo essere stato ad un passo dal ritiro

Dal piede a terra alla vittoria

Visconti più di altri è in grado di tirare fuori prestazioni eccellenti quando la sua testa gira bene e quindi conosce molto bene l’argomento. Lui stesso ammette di aver avuto moltissime esperienze simili a quella di Colbrelli.

«In particolare mi viene in mente un trofeo Melinda (era il 2009, ndr). Dopo 80 chilometri avevo messo piede a terra. No dico: piede a terra… Mi sono fermato urlando. Volevo ritirarmi. Per radio quasi litigai con Scinto. No, basta, continuavo a ripetere. Poi Luca mi ha convinto a ripartire e ho vinto.

«Al contrario, una di quelle giornate in cui sei super dall’inizio alla fine mi capitò nel campionato italiano di Conegliano. Quel giorno “giocavo” con gli avversari, potevo fare tutto quello che volevo. Avrei potuto fare un giro in più. Ecco, quella è stata una di quelle giornate che nella carriera di un corridore capitano due o tre volte».

«Per questo per me stare male a ridosso delle gare a cui puntavo era diventato quasi un rito. Quasi speravo di stare male perché sapevo che dopo 80-100 chilometri mi sarei sbloccato. Altre volte in cui invece mi sentivo bene all’inizio avevo poi paura di spegnermi nel finale e così è successo».

Nel 2011, quando Colbrelli era stagista alla Colnago Csf, ci fu una protesta al Giro di Padania
Nel 2011, quando Colbrelli era stagista alla Colnago Csf, ci fu una protesta al Giro di Padania

Quello schiaffo al Padania

Visconti poi ci parla del suo bel rapporto con Sonny Colbrelli. Un rapporto di amicizia vera. Ma nonostante ciò i due si sono sentiti solo per messaggi vocali via WhatsApp.

«So che dopo la sua vittoria a Trento gli sono arrivati migliaia di messaggi, quindi volevo lasciarlo tranquillo – riprende Visconti – Gli ho scritto solo a mezzanotte e lui mi ha risposto. Ma adesso non voglio disturbarlo troppo e lasciarlo tranquillo. Capisco questo momento che sta vivendo».

«Come nasce questa amicizia? Beh, la nostra conoscenza è tutta da ridere. Eravamo al Giro di Padania in quel giorno in cui ci fu quella protesta. Lui era stagista alla Colnago Csf. Si fece portavoce del gruppo nei confronti del pubblico a bordo strada. Ci andò parlare e per tutta risposta prese uno schiaffone dalla gente! Che ridere. Era un simpaticone, un “pacioccone”… Poi l’amicizia vera è nata dai tempi della Bahrain. Posso dirvi che quando vince lui sono davvero contento. E lo stesso vale per Ulissi».

Tanta umiltà, per Visconti è questo il segreto della crescita di Colbrelli
Tanta umiltà, per Visconti è questo il segreto della crescita di Colbrelli

Parola chiave umiltà

Visconti, nella sua ormai lunga carriera ne ha visti di corridori vincere, crescere e altri sparire. Quindi può dirci perché secondo lui Colbrelli è migliorato in questa misura.

«Credo che sia cresciuto così tanto per la sua umiltà – risponde secco il corridore della Bardiani Csf Faizané – guardate anche quello che è successo al Benelux Tour. Sonny stava per vincere la classifica generale, un suo compagno, Mohoric, lo ha attaccato, ma lui è rimasto a ruota composto. Poteva dare un cambio per chiudere, ma non lo ha fatto… Poi è andata bene, ma pur di non intralciare la squadra era rimasto al suo posto. E quella comincia ad essere una bella corsa, perderla potrebbe dare fastidio. E poi pensateci: lo avete mai visto litigare con qualcuno? Davvero, Sonny è rimasto un bambinone, nel senso buono, non è mai malizioso e questi successi se li merita tutti».

Anche quando le cose non hanno girato al meglio, come quest’anno, Visconti non ha mai mollato
Anche quando le cose non hanno girato al meglio, come quest’anno, Visconti non ha mai mollato

Tensione e cattiveria agonistica

Prima di chiudere, con Visconti ritorniamo sul discorso dello stare male prima di un grande evento. Anche perché per inviare dei messaggi come quelli rivolti a Colbrelli devi essere più che sicuro di ciò che scrivi e pensi. E gli chiediamo se secondo lui è un qualcosa che riguarda pochi corridori o invece è un qualcosa di più comune.

«Io credo – conclude Visconti – che valga per il ciclista in generale. Il corridore è lì che sta facendo una super preparazione, sempre a tutta, anche con la testa. Sente la pressione crescere, la tensione prende man mano il posto della cattiveria agonistica. E quasi si stacca dalla realtà. A quel punto per ritornare in sé stesso lo possono aiutare le prime ore di corsa. Lì i dubbi e le paure vengono cancellati e torna in gara».

Colbrelli, è tutto nella testa. E la pressione si può gestire

15.09.2021
5 min
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«Sono davvero contento, non è mai semplice partire, correre e vincere da favorito. Correvamo in casa, non ero nella super condizione, perché un po’ di pressione me la sono messa. Ero in po’ bloccato. La nazionale girava alla grande e volevo ricambiarli».

Con queste parole Sonny Colbrelli ha iniziato il racconto della vittoria di Trento, spiegando che a causa della pressione che si era messo addosso da solo, non avesse delle grandi sensazioni in bici. Il suo coach Artuso ha invece spiegato come i test fossero ottimali. E allora noi prendiamo spunto delle parole del campione europeo per capire che rapporto ci sia fra testa e gambe quando la pressione sale in modo deciso. Per farlo siamo nuovamente con la dottoressa Manuella Crini, psicologa piemontese super titolata, con cui in passato abbiamo sondato più volte le abitudini e i disagi degli atleti.

Le lacrime dopo la vittoria di Trento fanno capire quanto fosse alta in lui la pressione
Le lacrime dopo la vittoria di Trento fanno capire quanto fosse alta in lui la pressione
E’ possibile che correre vicino casa ed essere per la prima volta leader della nazionale possa bloccarti?

Certo che sì, ti viene il peso addosso. E’ ansia. E’ stress, una roba che ormai abbiamo fatto diventare patologica. Sono funzionamenti fisiologici del corpo volti a garantirci la sopravvivenza. L’ansia è strettamente connessa alla paura. La paura è un’emozione regolata dall’amigdala, che scatena tutta una serie di azioni ormonali che provocano tre reazioni comportamentali: fuga, attacco o freezing. Tre modalità che abbiamo per affrontare uno stimolo esterno pericoloso.

Come funzionano?

Sono una preda, arriva il predatore e posso scappare. Quindi ovviamente c’è l’azione del battito cardiaco con il sangue che viene portato nelle parti distali, svuoto gli intestini, mi libero di tutto e scappo. Oppure attacco, se sono bravo nel gestire il predatore. Altrimenti con il freezing mi congelo. Se io mi paralizzo, il predatore magari non mi vede più.

Manuella Crini, piemontese, nostra guida nei complessi meandri dei comportamenti
Manuella Crini, piemontese, nostra guida nei complessi meandri dei comportamenti
E se il predatore ce l’abbiamo dentro?

Il problema di noi esseri umani è che ci facciamo spaventare dai pensieri e non dal predatore, però le reazioni sono le stesse. Quindi quel senso di peso nelle gambe, la condizione che non è ottima, può essere un mix tra il blocco del freezing e l’incertezza. La scelta è fra scappare e combattere. Il pensiero non è valutabile tanto quanto un predatore, ma certo hai un’attivazione del sistema nervoso autonomo. E se porta con sé un senso di pesantezza, allora è avvenuto anche il passaggio nel sistema nervoso autonomo. In questo caso più che paura è stress. E lo stress se ben gestito ti aiuta ad aumentare la performance, come anche la paura. Perché produci comunque adrenalina. Il battito cardiaco accelera e quindi corri più veloce.

La situazione ambientale incide?

E’ il limite, che probabilmente in questo caso è stato superato. Perché sei in un ambiente familiare e quindi devi dimostrare di più. Poi ci sarà sicuramente la sua storia di vita, cioè com’era giudicato nel suo paese quindi l’ansia la prestazione aumenta. E quella ti può paralizzare. E’ stato molto bravo Colbrelli a un certo punto ad elaborarla.

Quando ti assale di solito?

In teoria ti aggredisce nel momento in cui hai la valutazione dello stimolo. In pratica puoi avere l’ansia anticipatoria, cioè inizi a pensare alla situazione e il tuo cervello la raffigura come se la stessi vivendo davvero. E’ come se fosse reale. Il cervello vive solo nel tempo presente, quindi attiva l’ansia e con essa arriva un’immagine mentale che può anche indurti a rinunciare .

Con la ricerca della giusta concentrazione, anche gestire la pressione diventa più agevole
Con la ricerca della giusta concentrazione, anche gestire la pressione diventa più agevole
Il cervello fa tutto da sé?

Alla fine lavoriamo costantemente oscillando tra il passato e il futuro. La memoria non è solo il ricordo di quello che ci è accaduto, ma anche una memoria prospettica, quindi in grado di pianificare. E nella pianificazione, immaginiamo sempre ogni decisione. Appena sappiamo di partecipare alla data gara, nel cervello si attiva già l’immagine del contesto e del luogo. E in automatico le emozioni vengono trascinate dentro, quindi anche la paura.

Un passaggio davvero automatico?

All’inizio magari pensi che sia figo correre vicino casa, però poi nel tempo i pensieri lavorano e quelli non li comandi. Emeronoe in maniera spontanea e magari resta a livello subcosciente. Poi nel momento in cui ti trovi lì, nel contesto reale e con stimoli più forti, dal subconscio viene fuori nel cosciente e a quel punto scattano tutti i meccanismi. Più che di stress, in questo caso è veramente ansia. Ansia intesa come paura, ma non relativa alla prestazione, quanto piuttosto legata al giudizio. E ti sembra di non avere forze.

In realtà il suo preparatore dice che la condizione fisica era ottima.

Allora è stato freezing, quando senti un peso che ti blocca. Il freezing è ricorrente nel mondo animale. Avete presente i due animaletti dell’Era Glaciale che si fingono morti? Quello è freezing. Nell’uomo non è così, a meno che ad esempio non stai subendo un abuso sessuale, allora puoi veramente avere un freezing totale. Altrimenti stai nel range tra la performance normale e il blocco totale. Senti pesantezza alle gambe, la paura ti blocca, ti frena.

Solo la grande convinzione ti permette di resistere agli attacchi dei rivali più forti
Solo la grande convinzione ti permette di resistere agli attacchi dei rivali più forti
Una volta che l’hai sconfitta non torna più?

Si crea uno storico molto forte, cioè ci appoggiamo molto a quello che abbiamo già passato. Se in passato l’abbiamo superato e siamo abbastanza bravi da averne memoria, allora non accade più. Se invece pensiamo che quella volta è stata un’eccezione alla regola, allora la volta successiva vado ancora in ansia.

Fa parte di un processo di crescita, giusto?

Nella nostra storia c’è comunque qualcosa di un vissuto che ti porti dentro. Quando sei sicuro di te dei tuoi mezzi, non vuol dire pensarsi immortali o in grado di fare tutto. E’ avere una buona conoscenza delle proprie capacità e dei propri limiti. Capire come funzioni ti permette di funzionare al meglio. Se sei insicuro su alcune cose, i tuoi limiti vacillano. Quindi non sei molto in grado di gestire tutto. Ripeto, lui è stato molto bravo…

Quasi 480 watt per seguire Remco. E ora rotta su Leuven

15.09.2021
4 min
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Ragionando sui mondiali di Leuven, racconta Paolo Artuso, avendo letto i dati sulla bici di Colbrelli, che nei 6 minuti di attacco selvaggio da parte di Evenepoel sulla salita di Povo agli europei, Sonny saliva a 470-480 watt.

«Era al limite – ammette il preparatore del Team Bahrain Victorious – anche se sono numeri che aveva già fatto al Tour. Aveva già fatto lo “sforzone” al terzultimo giro per rientrare nella scia dei francesi. Evenepoel ha impresso un cambio di intensità da metà salita, un’accelerazione lunghissima. Ma Sonny è rimasto con lui, è stato grande».

Sabatini nel mirino

Basta socchiudere gli occhi per rivedere la scena e provare ancora una volta il senso di esaltazione per la vittoria del campione italiano, mentre l’autostrada lo porta in Toscana dove oggi correrà il Giro di Toscana e domani la Coppa Sabatini. Nell’ammiraglia c’è già il casco un po’ tricolore e un po’ con i colori d’Europa, mentre alla bici stanno ancora pensando. Artuso pensa e racconta. E un po’ per curiosità e un po’ per scaramanzia, avendolo già fatto prima degli europei, gli chiediamo di spiegarci quale sarà ora il cammino di Colbrelli dall’europeo al mondiale.

«Nella settimana precedente Trento – sorride – abbiamo fatto poco, per recuperare il Benelux Tour. Quattro ore il giovedì, tre ore il venerdì. Le sensazioni non erano super, ma era normale visto l’affaticamento della corsa. I dati visti all’europeo sono stati gli stessi fatti al Benelux, la condizione era ancora ottima. Lunedì era stanco ed è stato bravo a non festeggiare. Perciò al Giro di Toscana correrà libero, senza alcun tipo di pressione. Mentre punteremo a qualcosa di più alla Coppa Sabatini. Poi ci saranno due giorni di recupero, quindi Memorial Pantani, Trofeo Matteotti e una fase di scarico come prima di Trento».

Rispetto all’europeo, a Leuven si correrà per 98,1 chilometri in più: cruciale l’alimentazione in gara
Rispetto all’europeo, a Leuven si correrà per 98,1 chilometri in più: cruciale l’alimentazione in gara
Lo schema sembra chiaro…

Non sappiamo quanto abbia effettivamente recuperato dopo gli europei, per questo non serve che al Giro di Toscana abbia addosso qualsiasi tipo di pressione. In ogni caso è un bene poter gestire l’avvicinamento al mondiale prevedendo delle corse, perché mettersi a progettare sedute di allenamento a fine stagione diventa pesante. In più gareggiando, si mette insieme la fatica giusta.

Al mondiale ci sarano due ore di corsa più che a Trento, Sonny sarà ugualmente forte?

Ci sarà sicuramente un diverso approccio tattico, dubito che ai mondiali partano a tutta come a Trento. Ma se ricordate anche il campionato italiano era lunghissimo e Sonny non ha avuto problemi di tenuta. Siamo al top, si tratta di rimanerci.

Che cosa farà la prossima settimana?

Molto dipende da come uscirà dal Matteotti, che correrà con la nazionale. Comunque direi che lunedì e martedì si farà recupero. Mercoledì si farà volume e giovedì prevedo una bella distanza con un po’ di lavoretti specifici.

Stando a quel che ha detto Cassani, giovedì saranno già a Leuven per provare il percorso.

Bisogna che giovedì si possa fare un bel lavoro, di 4-5 ore. Giovedì e non mercoledì oppure venerdì. Si guarderà il meteo, ma non vedo eccezioni.

Prima del via, anche a Leuven cercherà la giusta ispirazione
Prima del via, anche a Leuven cercherà la giusta ispirazione
Che tipo di… lavoretti dovrà fare?

Fuorigiri, un mix con salite di 10-15 minuti facendo lavori di forza e anaerobici, per tenere allenate quelle qualità. Come prima degli europei.

Il ginocchio sta bene?

E’ a posto, abbiamo fatto tanta terapia e credo che il prossimo inverno neanche servirà il piccolo intervento di cui si era parlato.

Il peso invece?

A posto anche quello, è bello concentrato. Bisognerà battere il ferro finché è caldo. Va forte dal Romandia ed è stato bravo a restare concentrato. Se avesse mollato quando non poteva allenarsi a Livigno, adesso saremmo a parlare d’altro. Ma Sonny è davvero un grande professionista, ha fatto tutto come andava fatto. Arriverà lassù veramente a posto.

Europei, quattro anni di successi azzurri

13.09.2021
5 min
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Il primo si sarebbe dovuto correre a Nizza, ma a 40 giorni dall’attentato sul lungomare, il sindaco della città francese ritenne che non fosse opportuno far svolgere il campionato europeo di ciclismo su quella stessa strada. Così il presidente Lappartient, allora a capo dell’Unione Europea di Ciclismo che tanto aveva voluto la nascita della rassegna continentale per professionisti, portò la gara sulle strade di casa. I primi europei si corsero a Plouay e vinse Sagan su Alaphilippe. Primo italiano Diego Ulissi. La storia iniziò così.

Che all’Italia i nuovi europei piacessero si cominciò a capirlo dall’anno successivo, nel 2017 di Alexander Kristoff. Nell’edizione di 241 chilometri, prima che si decidesse per il taglio del chilometraggio, il norvegese ebbe il suo da fare per battere Elia Viviani che aveva appena iniziato la sua scalata ai vertici dopo l’oro di Rio. Era solo l’inizio e nel 2018 a Glasgow si aprì il ciclo azzurro che ieri a Trento con Colbrelli ha scolpito nel porfido trentino un poker senza precedenti.

Nel 2018 Cimolai tira la volata a Trentin che diventa campione europeo
Nel 2018 Cimolai tira la volata a Trentin che diventa campione europeo

L’urlo di “Cimo”

Era il 12 agosto quando si capì che nella nazionale italiana dei professionisti battesse ancora il cuore azzurro inaugurato da Ballerini e ripreso da Cassani. In quella giornata fredda e fradicia, un commovente Davide Cimolai ancora senza squadra, che con un podio avrebbe dato probabilmente una svolta alla carriera, prese per mano Matteo Trentin e lo lanciò nella volata vincente.

«E’ incredibile, dopo tutto quello che ho passato – spiegò il trentino – come nazionale ci siamo comportati in maniera perfetta. Volevo ringraziare tutti quelli che mi sono stati vicini, niente era andato dritto in questi ultimi mesi. Non voglio dimenticare nessuno, è una grandissima giornata. Ci eravamo parlati con Cimolai, doveva attaccare per portare i migliori allo scoperto. La caduta nel finale ci ha semplificato le cose. E’ stata una Italia spettacolare».

Cimolai riassunse benissimo su Instagram la sua scelta da uomo, prima che da atleta.

«Non ci sono parole per descrivere certe emozioni – scrisse – vanno solo vissute. Sono un ragazzo cresciuto con dei valori che per me vanno al di sopra di tutto come l’onestà e la generosità e che vive ancora di emozioni. Ieri è stata una delle giornate più belle della mia carriera, ha vinto l’amico Matteo Trentin, ma ad esultare per primo ed a commuovermi sono stato io».

Nel 2019 Viviani, già olimpionico su pista a Rio 2016, vince gli europei su strada ad Alkmaar
Nel 2019 Viviani, già olimpionico su pista a Rio 2016, vince gli europei su strada ad Alkmaar

Un Viviani inedito

Ancora il 12 agosto, ma l’anno successivo e sui 176 chilometri voluti dalla Uec per provare a rendere più frizzante la corsa, sulle strade di Alkmaar tocca a Elia Viviani. La crescita del veronese è sotto gli occhi di tutti. Ha già vinto il campionato italiano correndo in modo sbarazzino. Tuttavia il suo atteggiamento sulle strade olandesi spiazza tifosi, rivali e addetti ai lavori. Il veronese attacca, dimentica di essere un velocista e vince per distacco. Alle sue spalle per un solo secondo arriva Lampaert, poi Ackermann a nove. Kristoff che lo aveva castigato nel 2017 vince a 33 secondi la volata dei velocisti battuti.

«Credo che oggi abbiate conosciuto un Elia nuovo – dichiara – un Viviani che non ha paura di fare una gara dura e che corre anche qualche rischio. Quando ci sono le gambe, però, è giusto farlo».

Nella squadra della doppietta italiana corrono ancora Trentin e Cimolai, con l’aggiunta di Consonni, il cui legame con Viviani affonda le radici in pista.

Giacomo Nizzolo, Arnaud Demare, Campionato europeo, Plouay, 2020
Agosto 2020, Giacomo Nizzolo vince gli europei di Plouay
Giacomo Nizzolo, Arnaud Demare, Campionato europeo, Plouay, 2020
Agosto 2020, Giacomo Nizzolo vince gli europei di Plouay

L’anno del Covid

Si corre d’agosto anche nel 2020, nella stagione balorda del Covid in cui il ciclismo riesce a mettere in strada le sue corse più belle. L’europeo si sarebbe dovuto correre a Trento. La città trentina ha avuto l’assegnazione e punta forte sulla rassegna continentale, ma quando ci si rende conto che le restrizioni, i DPCM e i rischi oggettivi renderebbero ingestibile la situazione, si preferisce fare un passo indietro. E’ ancora una volta Lappartient a salvare l’europeo, che nella conferenza stampa tenuta sabato a Trento ha definito «i miei figli». La corsa si svolge a Plouay, ancora Francia, sulle strade del Gp Ouest France e sfruttandone la logistica.

Dall’Italia, gli ultimi azzurri arrivano in auto e in quella di Cassani viaggia Giacomo Nizzolo, fresco, come Viviani l’anno precedente, della vittoria nel campionato italiano.

Per la tripletta azzurra, il corridore dell’allora Ntt Pro Cycling si lascia indietro l’eroe di casa Demare con una grande volata.

Giacomo Nizzolo, Davide Cassani, europei Plouay 2020
A Plouay, Cassani centra con Nizzolo il terzo titolo europeo
Giacomo Nizzolo, Davide Cassani, europei Plouay 2020
A Plouay, Cassani centra con Nizzolo il terzo titolo europeo

«Una giornata incredibile – commenta il milanese dopo il traguardo – la squadra mi ha lanciato alla perfezione, al termine di un grande lavoro da parte di tutti i miei compagni. Sinceramente nella volata non pensavo di aver avuto un buon colpo di reni, ma alla fine è bastato e sono molto felice così. Avevamo un piano preciso, che se nell’ultimo giro la corsa era ancora chiusa, avremmo lavorato per lo sprint e così abbiamo fatto».

E adesso i mondiali

Nella squadra del fantastico tris azzurro, corrono ancora Trentin e Cimolai. Il gruppo di Cassani ha un’anima forte che ruota attorno a un manipolo di campioni e veri uomini. Quel che manca ai mondiali, i cui percorsi sono disegnati per scalatori, è l’atleta di punta che possa giocarsela con Alaphilippe, Pogacar e Roglic. Si va per cicli, questo è quello degli uomini da classiche veloci, in passato abbiamo avuto quelli per le corse più dure. Il poker di Trento parla nuovamente di un campione italiano divenuto campione d’Europa. Ai mondiali di Leuven 2021 troveremo strade più adatte ai nostri uomini. E chissà che dopo la vittoria di Fourmies, non torni in ballo anche Viviani…