Il 6 ottobre, staccatosi per scelta a 10 chilometri dall’arrivo, Luca Wackermann pedalava con alcuni compagni verso il traguardo di Villafranca Tirrena. Il giorno dopo sarebbe andato in fuga nella tappa di Camigliatello Silano: era evidente che un attacco ben portato sarebbe infatti andato all’arrivo. Ganna può confermarlo.
«Mi ricordo bene tutta la corsa – racconta – molto poco del finale. Solo che pedalavo e c’era questo elicottero davvero molto basso. L’ultima cosa che vedo è una transenna che decolla e mi arriva in faccia. Poi il buio. L’ho riguardata due giorni dopo in televisione con Citracca che parlava e vedermi immobile per terra a quel modo è stato brutto. Capisco cosa possa aver provato mia moglie, che era al lavoro ed è stata per un’ora e mezza in attesa di notizie. Per fortuna è riuscita a raggiungermi tramite il telefono del dottore mentre mi stavano portando in ospedale. Dice che abbiamo parlato e ha capito che ero vivo, ma io non ricordo nulla. Anche delle telefonate del viaggio verso casa non ricordo nulla. C’era solo da pedalare e avere un po’ di fortuna perché il Giro fosse la ciliegina sulla torta, ma di nuovo la fortuna…».
Wackermann è a casa, ci sentiamo di mattina presto perché poi ha un’altra serie di visite. Ventotto anni, è professionista dal 2013. La prima risonanza ha evidenziato due ematomi in fase si assorbimento, si spera che la prossima confermi che tutto è posto. Certo qualche mal di testa c’è ancora e la schiena duole, ma il corridore avrebbe già voglia di tornare in bici. E questo è un buon segno.
Il Giro stava andando bene…
Il quinto posto di Agrigento con una bella azione in finale diceva proprio questo. Il morale era alto, per me e per la squadra. E da lì in avanti ci sarebbe stata la possibilità di andare in fuga. Avevo corso molto prima del Giro. Sesto a Sibiu, la corsa della ripartenza. Poi avevo vinto il Tour du Limousin. Quindi ho fatto Coppi e Bartali e Tirreno e a seguire dieci giorni in altura. C’era tutto per fare bene.
Hai parlato di fortuna.
Qualcosa che non ho sempre avuto nella mia carriera. Sono partito dalla Lampre, ma è stata una lunga serie di alti e bassi. La squadra WorldTour è grande, ma se non sfondi, hai la sensazione di essere un numero in mezzo a tanti. La professional è più una famiglia, anche se meno organizzata. E’ stato Visconti, che è un amico e compagno di allenamento, a volermi alla Vini Zabù-Ktm. Una tappa al Giro sarebbe stata una gran cosa, ma per come è andata, mi sarei accontentato di arrivare sano a Milano e di poter fare un buon inverno.
Radio mercato lo vedrebbe dal prossimo anno con la maglia della Eolo-Kometa, la squadra sognata, progettata e finalmente creata da Ivan Basso e Alberto Contador. Si vede che Luca vorrebbe dire, ma non può sbilanciarsi.
«E’ un bel progetto – dice – una bella realtà italiana, ma non c’è ancora nulla di certo. Di certo posso confermare che un contatto c’è stato».