Cinque sprinter italiani sotto l’occhio di Endrio Leoni

01.02.2023
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La stagione è ripartita e come di consueto lo ha fatto dando una grossa priorità alle volate. Hanno gioito per ora soprattutto sprinter stranieri. Giusto ieri ha rotto gli indugi Jonathan Milan, il quale però bisogna vedere se va inquadrato come un velocista puro.

Con Endrio Leoni , grande sprinter degli anni ’90-2000, abbiamo voluto fare un approfondimento sulle ruote veloci del Belpaese. Gli abbiamo chiesto di individuarne cinque. Cosa ci possiamo aspettare da loro? Quali sono quelle più pure che ci consentiranno di tenere alta la bandiera negli sprint più importanti?

Endrio Leoni (classe 1968) è stato un grande sprinter. Professionista dal 1990 al 2002, ha vinto oltre 30 corse… ai tempi di Cipollini
Leoni (classe 1968) è stato un grande sprinter. Pro’ dal 1990 al 2002, ha vinto oltre 30 corse… ai tempi di Cipollini

Tempi duri

Endrio schietto come era in bici lo è anche ai “microfoni” e dice subito che anche gli sprinter italiani di oggi non stanno passando un super momento.

«Faccio un po’ fatica a trovarne cinque – dice Leoni – perché un conto è il “mezzo velocista” che fa settimo, decimo… Un conto è il velocista che lotta per la vittoria. E’ un po’ lo stesso discorso degli scalatori che sento spesso. Dice: “Va forte in salita”. Okay ma se poi non vince….

«Comunque scelgo Nizzolo, Viviani, Dainese e Consonni».

Nizzolo (qui al centro) è potente ma non potentissimo, secondo Leoni
Nizzolo (qui al centro) è potente ma non potentissimo, secondo Leoni

Nizzolo, non solo potenza

E seguendo l’ordine di Leoni, iniziamo questa analisi con Giacomo Nizzolo.

«Nizzolo è uno che vince le sue 2-3 corse l’anno come minimo. All’inizio era davvero un velocista di belle speranze, aveva ottime premesse poi sul più bello ha avuto quel problema fisico, al ginocchio se ben ricordo, e questo gli ha tolto molto. Ti porta via tempo, energie mentali, toglie qualcosa al tuo fisico… mentalmente non sembra, ma si fa sentire».

«Giacomo era uno di quelli che teneva bene sulle salitelle e questa sua caratteristica mi piace molto. Vediamo se potrà arrivare al suo livello (o forse sono gli altri che sono cresciuti molto, ndr). In più è anche capace di destreggiarsi nei finali».

E anche se Nizzolo spinge e ricerca rapporti molti lunghi, Leoni non sembra essere d’accordo sul fatto che Giacomo sia un super potente.

«Non si tratta tanto del rapporto. E’ vero lui parte da lontano, ma poi devi capire anche cosa fanno i tuoi avversari. E’ potente sì, ma quel che voglio dire è che non è un Kittel».

Per Leoni, Elia Viviani (qui affiancato da Albanese, al centro), deve trovare la fiducia totale della squadra
Per Leoni, Elia Viviani (qui affiancato da Albanese, al centro), deve trovare la fiducia totale della squadra

Viviani e la Ineos

Si passa poi a “sua maestà” Elia Viviani, che più passa il tempo e più è stimato da colleghi e tecnici.

«Elia – spiega Leoni – si è un po’ perso nel tempo, almeno su strada. Ed è un peccato. Non so se sia stato uno sbaglio per lui andare in Francia e lasciare il team dove vinceva. Su strada deve rivedere qualcosa.

«Gli servirebbero almeno un paio di uomini, perché è vero che è bravo a saltare di qua e di là, ma se ogni volta sei da solo hai già fatto mezza volata e poi le gambe per l’altra mezza? La mia preoccupazione è che non so se in Ineos Grenadiers gli diano due uomini o comunque lo spazio necessario».

«Cosa mi piace di lui? Che a 33 anni ha ancora una grossa determinazione. Correre su pista e su strada a quel livello è difficilissimo. Ha qualche stagione per fare ancora bene».

Tour de France 2022, Alberto Dainese (in maglia nera) tra i giganti: Sagan, Van Aert e Groenewegen. Alberto può crescere molto
Tour de France 2022, Alberto Dainese (in maglia nera) tra i giganti: Sagan, Van Aert e Groenewegen. Alberto può crescere molto

Speranza Dainese

E veniamo ad Alberto Dainese. Complice forse la sua giovane età, Leoni si accende. L’atleta della DSM è quello più in rampa di lancio se vogliamo…

«Tra quelli nominati – prosegue Leoni – è quello che lascia più speranza. E’ un bravo ragazzino ed è veneto come me! Dovrebbe trovare una squadra a sua disposizione, sarebbe il massimo. Perché vedo che spesso è troppo indietro quando viene lanciato lo sprint. Non può sempre consumarsi per rimontare… e finire quarto, per dire. Ai 250 metri lui è 12°-13°, quando dovrebbe essere 6°-7°. Al Giro d’Italia gli ha dato una mano anche Bardet, che per carità è anche bravo, ma è uno scalatore. Lì ci serve uno sprinter forte quasi quanto te che sei il leader. Uno che sappia spingere bene il rapporto specie con le velocità (e i rapporti stessi) che ci sono oggi. Per me se lo merita, la sua gavetta Alberto l’ha fatta».

«Dainese è esplosivo. Può fare anche una volata di 180 metri. Ma poi queste sono analisi che lasciano il tempo che trovano. Ogni volata è diversa dalle altre. Magari c’è una curva ai 300 metri oppure si arriva velocissimi da un rettilineo di 1.500 metri… come quelle che preferivo io».

Consonni, che sa destreggiarsi benissimo in gruppo, potrebbe essere un ottimo apripista per Endrio
Consonni, che sa destreggiarsi benissimo in gruppo, potrebbe essere un ottimo apripista per Endrio

Consonni, apripista?

La lista dell’ex sprinter veneziano si chiude con Simone Consonni. 

«Simone – va avanti Leoni – è un gran bell’atleta, però io lo vedo più come velocista d’appoggio. In quel ruolo è ottimo… chiaramente se lui è mentalmente disposto a farlo. Può dire la sua in tante occasioni ma è un piazzato. In più tiene bene sulle salitelle».

«Per me Simone dovrebbe trovarsi un velocista di quelli super: uno Jakobsen, un Groenewegen, per dirigere il loro treno. Perché poi è la cosa più difficile quel ruolo, serve un’intelligenza tattica superiore e al tempo stesso bisogna essere fortissimi: qualità che lui ha. Potrebbe essere un Martinello, un Lombardi. Ecco, Giovanni non era super potente, ma era il più intelligente».

E il quinto?

I nomi che snoccioliamo sono tutti di buoni corridori: da Lonardi ad Attilio Viviani. Da Konychev a Fiorelli. Da Mareczko a  Mozzato

«Siamo nella schiera dei piazzati – spiega Leoni – Mareczko è il più sprinter di tutti, anche di quelli nominati prima, ma va bene per le corse più piccole. Io lo seguo da tempo. Da giovane pensavo: “Però, bravo questo ragazzo”. Ma evidentemente non è facile adattarsi tra i pro’».

«Sì, poi ci sono nomi come Trentin o Pasqualon, ma non sono dei velocisti. Sono corridori velocissimi. Anche Pantani era veloce e se si buttava in volata faceva decimo. Ma un conto è lottare tra i primi tre e un conto è farlo per il decimo posto. E’ un altro lavoro, un altro sport, cambiano le velocità, cambiano i watt. Ce ne sono 200 in meno. Un conto è fare lo sprint di testa a 1.600 watt e un conto è farne 1.400 a ruota.

«Semmai aspettiamo i giovani, come Milan ieri. Jonathan lo conosco bene. E’ un 2000, correva con mio figlio. E’ veloce, alto, potente… speriamo che possa trovare lo spazio giusto in quella squadra».

Per la tappa di Bergamo, Consonni dice no al Tour

03.01.2023
6 min
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Consonni sapeva che il 2022 non sarebbe stato un anno semplice. Dopo essere stato per due anni nell’ombra di Viviani, la Cofidis lo ha scelto per andare avanti nei panni del velocista, ma ritrovarsi di colpo nei panni del front man non è stato semplice e Simone lo sapeva.

Nel frenetico e insano 2022 della caccia ai punti per non uscire dal WorldTour, il suo tabellino parla di una vittoria, un secondo e un terzo posto. Forse meno di quanto si aspettasse, ma quanto basta per pensare che si possa andare meglio.

«Per questo – dice e sorride – voglio che il 2023 sia un anno importante. La verità è che lo dico da un paio d’anni e sono sempre lì che navigo a metà gruppo. Ma spero veramente che questo sia quello della svolta. Il 2022 è stato di gavetta, nel passaggio tra il lavoro da ultimo uomo e il tornare a far le volate. A inizio stagione si è visto che stavo veramente veramente bene, però ho sbagliato tante volte nell’ultimo chilometro. Mi mancavano certi meccanismi che si acquisiscono solo facendo e rifacendo le volate».

Vittoria a fine stagione: Simone Consonni vince così la Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Vittoria a fine stagione: Simone Consonni vince così la Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
A tua discolpa ci sono stati anche vari acciacchi, no?

Dopo l’italiano sono stato per 20 giorni fuori a causa di un virus intestinale, che mi ha debilitato. Ero in altura e veramente non riuscivo a fare più di un’ora. Poi sono sceso, sono migliorato pian pianino, sono andato al campionato europeo e ho fatto l’argento nell’omnium. Ma due giorni dopo che sono tornato a casa, è arrivato un tampone positivo. Stavo bene, ma sono venuti altri 10 giorni di riposo completo. 

Maledetto Covid…

Anche per rispetto di questo virus che ci ha fatto tanto male negli anni passati, mi sono fermato. E poi è venuto fuori un finale di stagione veramente ottimo per quanto riguarda le sensazioni su strada. Sono venuti dei piazzamenti e sono riuscito a vincere una corsa. Magari non era super blasonata, però c’era un parterre di velocisti veramente importanti. Di questo sono stato molto contento e ne ho tratto ottime sensazioni. A quel punto restava il mondiale su pista, ma sono stato un po’ sottotono a livello mentale. Ci siamo arrivati veramente tutti a tutta, soprattutto quelli che venivano dalla strada, abbastanza dal limite di energie mentali.

Da quest’anno la Cofidis corre su bici Look, provate per la prima volta nel ritiro di dicembre
Da quest’anno la Cofidis corre su bici Look, provate per la prima volta nel ritiro di dicembre
Oggi che rapporto hai col Covid?

Le cose sono cambiate. Mi ricordo ancora quando ai primi anni magari avevi un po’ di influenza o anche un po’ di febbre e la squadra diceva: «Vabbè, prendi, parti e poi vediamo». Mi ricordo una tappa al Giro d’Italia in cui la mattina avevo 38 e mezzo di febbre. Era il giorno della crono individuale e la squadra mi ha detto di partire, che poi la sera avremmo visto. Adesso questo non c’è più, nel senso che si tende sempre a preservare i corridori e la nostra salute. C’è più rispetto per il Covid e anche per l’influenza, che spesso ti può mettere fuori combattimento.

Gli europei su pista di febbraio saranno il lancio per la stagione su strada?

Si, assolutamente. Non ho ancora il programma definitivo, però gli europei sono saranno un passaggio obbligatorio verso la stagione. Si riparte da quello che so fare meglio, quindi dalla pista, sperando che porti entusiasmo per le corse su strada.

Una partecipazione scontata?

Saranno gli europei nell’anno prima delle Olimpiadi, quindi nessuno è sicuro del posto, anche se siamo campioni olimpici. Prima dovremo meritarci il posto per entrare a far parte del quartetto o dell’americana. In chiave olimpica, mi piacerebbe essere competitivo nell’omnium, per cui gli europei saranno un passaggio molto importante.

E’ diventato stressante vedere che nel quartetto c’è una concorrenza così forte?

No, è diventato motivante e molto, molto bello. Ci sono tanti corridori che possono essere inseriti in più ruoli. Questo è uno stimolo, per cui ognuno fa i suoi ragionamenti. E anche io forse dovrò tornare a pensare un po’ di più a essere schierato nel ruolo di primo uomo. Comunque, è bello quando c’è così tanta scelta, perché stimola ognuno di noi a dare il meglio.

Abbigliamento Van Rysel, casco e occhiali Ekoi, scarpini Shimano: si può andare
Abbigliamento Van Rysel, casco e occhiali Ekoi, scarpini Shimano: si può andare
Se ti diciamo Sanremo a cosa pensi?

Al mare (ride, ndr). Alla pista ciclabile. Ma soprattutto penso che per qualunque velocista, meglio ancora se italiano, quella corsa sia un emblema del ciclismo, qualcosa che tutti sognano. E quindi, come dicono tanti, sognare non costa nulla.

Giro o Tour?

Ci poteva essere il Tour, nel senso che mi sarebbe piaciuto fare il Tour, visto che l’anno prossimo non sarà ottimale per preparare le Olimpiadi. Per questo nel primo ritiro ho chiesto di farlo e la squadra aveva anche accettato. Il problema è stato che poi hanno presentato il Giro…

E che cosa è cambiato?

Ho visto la tappa di Bergamo. Su e giù dalle salite dove mi alleno sempre. E siccome da quando sono professionista non ho mai corso sulle strade di casa, anche se non vincerò mai quella tappa, potrò godermela veramente. Potrò godermi gli amici, i compagni e i parenti che saranno sulle strade.

Simone Consonni è professionista dal 2017: primi tre anni alla UAE Emirates, altri tre alla Cofidis
Simone Consonni è professionista dal 2017: primi tre anni alla UAE Emirates, altri tre alla Cofidis
Per questo hai cambiato idea?

Per questo ho chiesto di non fare più il Tour, perché quella tappa l’ho sempre sognata. Si fa Valcava. Si scende per Bedulita. Si fa la Roncola. Si passa per Brembate. Si passa dai paesi dove mi ricordo che ho iniziato a girare con la mia mountain bike tutta scassata. Sarebbe stata una tappa difficilissima da vedere in televisione. Voglio assolutamente farla e mi piacerebbe godermi quel giorno, sperando di non essere nell’ultimo gruppetto a lottare per il tempo massimo, magari 10 minuti più avanti. 

E del mondiale strada cosa si può dire?

E’ qualcosa di affascinante, bellissimo e stimolante. Però sono obiettivo: sono Simone Consonni e voglio fare una cosa fatta bene. Per questo adesso la mia testa è al 100 per cento sulla pista, poi non si sa mai. Durante la stagione vedremo come si evolverà la situazione 

Lanfranchi racconta Briancon, il Pirata e i giovani

18.12.2022
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«Quella tappa del Giro d’Italia (la Saluzzo-Briancon del 2000, ndr) rimane la ciliegina sulla torta della mia carriera, non capita tutti i giorni di lasciarsi alle spalle Pantani e Simoni». A raccontare l’aneddoto è Paolo Lanfranchi, che parlando di quel giorno fa una lieve risata e continua: «Anche la Gazzetta dello Sport titolò “Il coraggioso sbagliato nel giorno sbagliato”. La tappa successiva, la Torino-Milano, fu lo stesso Pantani che venne a congratularsi con me».

Lanfranchi (a sinistra) ha passato tanti anni accanto ai giovani, parlando ed insegnando ciclismo
Lanfranchi (a sinistra) ha passato tanti anni accanto ai giovani, parlando ed insegnando ciclismo

La ciliegina sulla torta

Il cielo sopra Milano, nella tarda mattinata di venerdì, è plumbeo e pesante, carico di pioggia che non si decide a venir giù. Paolo Lanfranchi si trova fermo in coda sulla tangenziale, tra meteo e traffico è facile far scivolare la mente verso ricordi più caldi

«Marco ed io – riprende Lanfranchi – nonostante non avessimo mai corso insieme ci volevamo bene, eravamo amici. Negli anni della Mercatone Uno ha provato a portarmi da lui, parlai anche con Magrini ma non se ne fece nulla. Pantani aveva un unico difetto, era troppo sensibile. Quel giorno, 2 giugno 2000, c’erano in programma Colle dell’Agnello e Izoard. Ebbi la fortuna di entrare in una fuga di trenta corridori che arrivò a guadagnare un bel po’ di minuti. Ci ripresero nella scalata dell’Izoard, lì Tonkov si staccò e io lo aspettai (i due erano compagni di squadra alla Mapei, ndr). Sapevo che nella discesa verso Briancon sarebbe stato fondamentale rientrare il prima possibile e così fu.

«ho rivisto quella gara proprio qualche giorno fa – confessa – e ho rivisto un dettaglio che negli anni avevo quasi dimenticato. Appena rientrati sul gruppetto di Pantani e Simoni, Tonkov mi fece un cenno ed io andai avanti per tirare. Gli altri, invece di seguirmi, mi lasciarono un paio di metri così continuai, la mia fortuna fu che dietro si guardarono e io riuscì a vincere».

La passione per la bici

Una volta smesso di andare in bici, Lanfranchi, ha iniziato a seguire qualche squadra juniores delle sue zone. Lui è di Gazzaniga, in provincia di Bergamo, una terra che dal ciclismo ha preso e dato tanto.

«Ho cominciato grazie ad un amico, all’inizio non ero sicuro di voler prendere un impegno simile, sapevo sarebbe diventato importante. Da qualche anno, a causa del lavoro, non lo faccio più, ma ora che sono vicino all’età pensionabile sto pensando di ritornare. Non ho mai smesso di amare la bici, è la mia vita. Sono entrato anche nel comitato tappe per Bergamo, e quest’anno il Giro arriverà proprio qui da noi. Insomma il mondo della bici mi ha dato tanto e mi piace l’idea di restituire qualcosa».

L’esasperazione per la categoria juniores non permette una maturazione completa (photors.it)
L’esasperazione per la categoria juniores non permette una maturazione completa (photors.it)

I ragazzini

La categoria juniores è da tempo al centro di tante discussioni: l’età media dei corridori professionisti si abbassa e molte squadre vengono qui a cercare i campioni del futuro. 

«Ormai si sta esasperando la categoria – dice con un tono serio Paolo – viene presa alla pari del dilettantismo. A mio modo di vedere il passaggio tra i professionisti di ragazzi così giovani non è corretto, ma questo è il meccanismo, e se non fai così rischi di rimanere escluso. E’ un’età in cui si deve imparare ancora molto, io ho sempre consigliato di fare doppia attività: ciclocross o pista. Però se ti trovi i ragazzi, o meglio i diesse, che sono impuntati sulla strada fai fatica ad emergere perché estremizzano già tutto. Gli anni da junior devono essere quelli dell’apprendimento, i ragazzi devono sbagliare e poter imparare da quell’errore. Io mi sono arrabbiato di più per gare vinte correndo male che per sconfitte arrivate dopo buone prestazioni».

Uno dei punti di forza di Consonni è stata l’umiltà, una caratteristica trasmessa dalla famiglia
Uno dei punti di forza di Consonni è stata l’umiltà, una caratteristica trasmessa dalla famiglia

I Genitori

«Il problema tra gli juniores – racconta – sono anche i genitori, non tutti ovviamente, ma molti non riescono a capire il proprio ruolo. I ragazzi non sono ancora maggiorenni, quindi non hanno la patente e devono essere accompagnati. Avere i genitori così presenti non è sempre un bene, i ragazzini a quell’età hanno bisogno anche di un po’ di indipendenza. Guardate che ci sono anche i genitori dietro i passaggi prematuri tra i professionisti, non sempre, ovvio, ma spesso sì. Molti ragazzi accantonano la scuola per andare in bici, ed i genitori glielo permettono, anzi a volte sono proprio loro a dirglielo. Ci sono anche delle realtà molto belle, nelle quali ho lavorato, dove si è creato un bel gruppo coeso di persone».

Secondo Lanfranchi, Consonni non ha ancora espresso tutte le sue potenzialità su strada
Secondo Lanfranchi, Consonni non ha ancora espresso tutte le sue potenzialità su strada

Si parla di Consonni

Nel parlare con Lanfranchi emergono due nomi importanti: quello di Rota e Consonni. I due corridori, entrambi bergamaschi, sono passati sotto il suo occhio vigile proprio quando erano juniores. 

«Il percorso migliore per arrivare professionista lo ha fatto Consonni – ci spiega Lanfranchi – lui aveva quel qualcosa in più, lo vedevi. La sua fortuna è stata di essere davvero un ragazzo umile e con la testa sulle spalle. E’ una caratteristica di famiglia, suo padre non lo ha mai esaltato o montato. Simone quando correva da junior era un leader silenzioso, mai una parola fuori posto. In più nonostante fosse forte non disdegnava di mettersi a disposizione dei compagni, gli volevano bene tutti. E lui era il primo ad essere felice per una vittoria di un compagno. Quando lavori per gli altri loro lo fanno per te, si tratta di dare e avere. A mio modo di vedere, su strada, non ha ancora espresso a pieno il suo potenziale».

Per Rota un passaggio prematuro tra i pro’ stava per frenarne la carriera
Per Rota un passaggio prematuro tra i pro’ stava per frenarne la carriera

Invece Rota…

«Lorenzo – riprende a raccontare – ha rischiato quasi di smettere. E’ passato professionista nel 2016, dopo due stagioni da under: una alla Mg.K Vis ed l’altra alla Trevigiani. Dopo quattro anni difficili era lì lì per smettere e se Scinto non gli avesse dato l’occasione per riscattarsi, avremmo perso un bel corridore. Ora è cresciuto molto ciclisticamente, ma sta ancora imparando. Avrebbe potuto e dovuto farlo prima».

Coupe de France, festa di pubblico. Consonni racconta

28.10.2022
5 min
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A inizio 2022, la Cofidis era considerata tra le maggiori indiziate per la retrocessione dal gruppo WorldTour, destino poi toccato a Lotto Soudal e Israel Premier Tech. Al di là dei disastri altrui, molto del merito sta ai ragazzi del team francese, autori di una stagione importante come sottolineato dal Direttore delle Risorse Umane di Cofidis, Thierry Vittu.

«Abbiamo raddrizzato una situazione difficile – ha detto – scaturita dal pessimo 2020. Abbiamo avuto ben 19 vittorie con 10 corridori diversi».

«E lo abbiamo fatto su qualsiasi terreno tra gare Uci e Coupe de France – gli ha fatto eco il team manager Cedric Vasseur – questo ci dà convinzione per la prossima stagione per fare ancora meglio».

Fra i 10 vincitori stagionali c’è anche Simone Consonni, che ha dato il suo contributo e con il quale al di là dell’andamento della stagione abbiamo voluto approfondire un aspetto: l’importanza di una challenge come la Coupe de France come “aiuto” per un team francese.

«Io ho preso parte solamente a un paio di tappe, ad esempio il GP di Fourmies – dice – ma se devo giudicare solo in base a queste, non sono gare diverse da quelle solite. Fanno anch’esse parte del calendario Uci».

La Cofidis era partita tra le papabili per la retrocessione, ma ha saputo risalire il ranking Uci
La Cofidis era partita tra le papabili per la retrocessione, ma ha saputo risalire il ranking Uci
Molti sottolineano però come in ogni tappa della Coupe de France, anche di quelle non internazionali, ci sia una straordinaria presenza di pubblico…

Questo avviene in tutte le gare del Nord. Basta che cominci a salire dalla Francia, Belgio, Olanda e così via e la presenza popolare è sempre molto alta. Ma questo non significa che da noi non avvenga lo stesso in alcune corse: prendete l’ultima Coppa Bernocchi, sul piccolo Stelvio c’era davvero tanta passione, tanta gente che ti da una straordinaria carica. Molto per me dipende dalla morfologia del percorso: se una gara è in linea la gente è meno invogliata, se ci sono strappi e i corridori passano più piano, c’è più pubblico.

Quanto influisce la gente nel successo di quelle corse francesi?

Moltissimo, sono autentiche feste popolari. Oltretutto sono organizzate benissimo: sin dall’arrivo del pullman facciamo percorsi prestabiliti per ridurre al minimo i contatti, sono le disposizioni rimaste dopo il Covid. E’ chiaro che ci sono più limiti per arrivare ai corridori, ma se fatto in sicurezza il contatto ci può essere e i tifosi lo cercano molto.

Lo sprint vincente di Consonni alla Paris-Chauny, battuti Groenewegen e Tesson
Lo sprint vincente di Consonni a Chauny, battuti Groenewegen e Tesson
Voi corridori siete infastiditi dalle continue richieste?

Al contrario, sono il sale di questo mondo. Siamo noi i primi a renderci disponibili, chiaramente nei limiti consentiti e pensando anche che quando arriviamo nella sede di gara abbiamo molto a cui pensare, dal riscaldamento alle ultime disposizioni dei diesse. Ma sappiamo che per la gente quel momento di contatto significa moltissimo, vale in pratica tutta la giornata.

Alla Coupe de France c’è qualcosa che da noi non si vede: un gran mercato di gadget ciclistici, cartoline in primis…

Devo dire che questo mi stupisce e mi emoziona ancora. In alcuni eventi è capitato che si siano presentati tifosi con cartoline straordinarie, c’ero io in foto scattate da dilettante o all’inizio della mia carriera da pro’. Ogni volta che vedo questo mi colpisce profondamente. E’ bellissimo vedere appassionati così attaccati, ma soprattutto esiste un mercato enorme.

Per i team francesi le cartoline sono un ottimo introito grazie ai tifosi. Qui Consonni a inizio stagione
Per i team francesi le cartoline sono un ottimo introito grazie ai tifosi. Qui Consonni a inizio stagione
Favorito anche dalle squadre?

Sì, la Cofidis ogni anno fa stampare le cartoline con i suoi corridori e queste vanno a ruba. Molti hanno collezioni invidiabili e anche noi ci teniamo a vederle, a mettere le nostre firme, è un legame che abbiamo con la gente. Un altro particolare che ci tengo a sottolineare è che non c’è la minima distinzione fra corridori francesi e stranieri, chiedono l’autografo veramente a tutti senza guardare chi è il corridore vincente e chi invece il semplice gregario. E’ qualcosa che per me vale molto, dà un po’ il senso al nostro mestiere.

In questo c’è molto di diverso rispetto all’Italia…

Qui si guarda molto al vincente, al campione. Non saprei dire se è questione di cultura sportiva, anche qui la passione per il ciclismo nonostante tutto non viene mai meno, ma io credo anche che tutto ciò faccia parte di quel particolare fascino che hanno le corse al Nord.

La Coupe de France comprendeva 17 corse. Vittoria finale per Julien Simon e la TotalEnergies, Mozzato miglior giovane
La Coupe de France comprendeva 17 corse. Vittoria finale per Julien Simon e la TotalEnergies, Mozzato miglior giovane
Quando ricomincerà la tua preparazione?

Ora mi prendo una settimana di vacanza in una spiaggia esotica, staccando completamente anche con la mente. A metà novembre avremo il primo incontro anche per avere i nuovi materiali e programmare la stagione.

Che cosa ha rappresentato per il tuo team questa salvezza arrivata anche con corposo anticipo?

E’ stata un passo importante. Non nego che durante la stagione abbiamo sentito molto la pressione, i diesse ci ripetevano spesso che cosa c’era in ballo e questo è un fardello pesante, ma alla fine è stata una gioia che abbiamo provato tutti perché ha testimoniato la bontà del lavoro svolto. Ora questa salvezza ce la godiamo…

Reparto velocisti Cofidis: il bilancio con Damiani

12.10.2022
5 min
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Fare punti per una squadra WorldTour è uno, se non l’aspetto più importante per il bilancio stagionale. Ne conseguono infatti la permanenza nella categoria e l’appetibilità verso sponsor e atleti. Per Cofidis la zona retrocessione di cui si era parlato a inizio anno è ormai dimenticata. Hanno fatto tutti la loro parte, gli scalatori e soprattutto i velocisti. La stagione ormai alle battute finali si è rivelata essere uno step in avanti sotto più punti di vista.

I velocisti per molte formazioni rappresentano la linfa vitale per accumulare vittorie, piazzamenti e quindi punti preziosi. Ci siamo posti interrogativi e li abbiamo dirottati su Roberto Damiani diesse del team francese, chiedendogli come si gestiscano tante ruote veloci e cosa ci sia dietro l’esigenza di finalizzare ogni ordine d’arrivo per l’accumulo dei punti. 

Tirreno-Adriatico, Roberto Damiani e Fabio Sabatini, che ha chiuso sull’ammiraglia la sua carriera da ultimo uomo dei velocisti
Roberto Damiani e Fabio Sabatini, che ha chiuso sull’ammiraglia la sua carriera da ultimo uomo dei velocisti
Roberto, facciamo una panoramica sui vostri velocisti…

Partirei con Max Walscheid che ha vinto una corsa poi ha avuto un incidente in allenamento e da aprile ha rincorso sempre un po’ la condizione. Ritengo che Max sia l’interprete ideale per essere l’ultimo uomo per un altro velocista. Lui non ha l’esplosività naturale vista la stazza, ma dispone di una progressione importante. C’è una grossa differenza tra il velocista esplosivo o il velocista come Max più alla Petacchi o Cipollini. Questi atleti infatti sono in grado di raggiungere delle punte di velocità in progressione. Per cui diventano veloci, ma per questo tipo di caratteristiche. 

Continuiamo…

Piet Allegaert che ha fatto buonissimi risultati, ma che probabilmente manca di quell’esplosività finale che gli potrebbe permettere di vincere. Anche lui potrebbe essere inserito tra gli uomini di aiuto per il pit out finale. 

Poi c’è Coquard il vostro migliore velocista quest’anno…

Bryan ha riaperto il discorso con la vittoria, l’ha fatto bene già a inizio stagione e vincendo anche adesso alla fine. E’ un velocista che invece diventa uno di quegli uomini da ultimi 100/150 metri. Ha fatto bene il suo lavoro, abbiamo cercato di sostenerlo come peraltro lui ha sostenuto Simone Consonni nell’ultima Parigi-Tours facendo davvero un ottimo lavoro. 

Coquard Besseges 2022
Lo sprint vincente di Coquard all’Etoile de Besseges dopo 551 giorni di astinenza
Coquard Besseges 2022
Lo sprint vincente di Coquard all’Etoile de Besseges dopo 551 giorni di astinenza
Eccoci a Consonni, che stagione ha disputato?

Direi abbastanza complicata, perché ha avuto qualche problema di salute. Simone ha forse pagato il fatto di trasformarsi da ultimo uomo di Elia Viviani a protagonista in ricerca del risultato. Però sta lavorando bene, sta crescendo e oltretutto ha fatto un buon cumulo di risultati.

Poi c’è Davide Cimolai altro azzurro molto veloce…

Cimolai è sicuramente un buon velocista, quest’anno si è dedicato più ad aiutare gli altri. Questi corridori sono stati importanti per un certo numero di punti che ci hanno dato la possibilità di arrivare nella posizione attuale di squadra.

Fare punti quindi è l’obiettivo?

Il primo obiettivo rimane quello di vincere. Sembra di dire un’ovvietà, ma se vinci fai anche i punti

Simone Consonni ha vinto alla Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Simone Consonni ha vinto alla Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Abbiamo visto spesso ordini d’arrivo con più uomini dello stesso team fare la volata, anche nel vostro caso. Come spieghi questo approccio?

Ci siamo trovati qualche volta a prendere in considerazione dei risultati che ponevano due o tre corridori nei dieci all’interno di una gara, come hanno fatto altre formazioni. Contenti per il numero di punti che hanno fatto un po’ meno per la corsa che si è persa. 

E’ un aspetto tattico che diventa esigenza programmata prima della gara o è un’eventualità del finale?

E’ anche un’esigenza, io faccio fatica a non pensare di essere alla partenza di una corsa per non vincere. Anzi non ci riesco proprio. Per me ogni corsa è fatta per cercare il massimo risultato. 

Questo non incide sull’ordine d’arrivo in negativo a volte?

Sono situazioni che a posteriori puoi anche dire che avresti potuto giocartela meglio. Ma l’importanza di essere nel WorldTour è comunque fondamentale

Consonni e Cimolai sono i due velocisti azzurri in forza al team francese
Consonni e Cimolai sono i due velocisti azzurri in forza al team francese
Facendo un paragone calcistico i velocisti sono come delle prime punte. Più fanno gol e più acquistano continuità. Vale lo stesso per i tuoi sprinter, vedi Consonni sempre più presente negli ordini d’arrivo?

Buttarla dentro è importantissimo. Quella vittoria lì è stata come aprire una porta importantissima. Anche perché è stato un ordine d’arrivo pesante. C’erano davvero degli ottimi velocisti. A me dispiace tantissimo quello che è successo alla Coppa Bernocchi. In un momento chiave della gara, in cui Simone godeva di grande forma, ha avuto un problema meccanico e li è rimasto fuori dai giochi. Alla Parigi-Tours c’è stato quel tentennamento in cui Mozzato gli ha messo il manubrio davanti e lui non è riuscito più a partire per lo sprint. Sono situazioni che non gli hanno permesso di raccogliere risultati ancora meglio di quello che ha fatto. 

E’ in un percorso di crescita?

Direi più un periodo di trasformazione e ci vogliono tempo e calma. 

Cimolai è stato portato ala Vuelta per aiutare i corridori preposti a fare punti
Cimolai è stato portato ala Vuelta per aiutare i corridori preposti a fare punti
In ottica 2023 avete in mente di rinforzare il roster dei velocisti?

Siamo in uno sfondo più dedicato al nostro manager che si occupa di mercato. Chiaramente si confronta con noi per le scelte tecniche, però adesso abbiamo già un buon numero di velocisti che potranno vantare un anno in più di lavoro insieme. Qualche dinamica di gara per il prossimo anno avverrà più facilmente nei finali di corsa. Penso che sia uno dei settori su cui ci possiamo affidare maggiormente. 

Che bilancio dai al reparto in questa stagione?

Sicuramente è stata una stagione positiva, oltre che per il reparto per la squadra. Per il numero di vittorie conquistate e per il fatto che probabilmente una grande percentuale di quelli che si considerano come grandi esperti di ciclismo ci davano per spacciati nel WorldTour. Invece nella classifica annuale siamo in 11° posizione e in quella triennale in 14°. Siamo andati dritti verso i nostri obiettivi, con grande umiltà ma anche con grande determinazione. E questo devo dire che è una di quelle cose che ci fa maggiormente piacere. 

Sarà un’Ora molto rock, parola di Scartezzini

07.10.2022
6 min
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Mercoledì a Montichiari hanno fatto le prove generali con due quartetti, poi gli azzurri hanno continuato ad allenarsi per i mondiali. Come anticipato da Marco Villa, la partenza dei ragazzi per la Francia avverrà domenica mattina, all’indomani dell’Ora di Ganna (in apertura immagine Instagram/Ineos). Scartezzini racconta queste settimane non troppo diverse dal solito, con Pippo diviso fra il record e l’inseguimento, eppure non eccessivamente in pensiero.

«E’ tutto normale sinceramente – dice il veronese – conosciamo bene Pippo. Lunedì ha fatto la sua prova e poi da martedì ha lavorato con noi, non si pensava neanche al record dell’Ora. Non è cambiato niente, sinceramente, non pensava a quello che deve fare. Io sono in camera con lui, ma non è che sia lì a farsi mille pensieri. Parliamo di tutt’altro, non mi dice che deve fare la posizione, la tecnica, la tattica, girare. No, è molto sereno su quel lato».

Ai mondiali del 2021, Scartezzini e Consonni presero l’argento nella madison
Ai mondiali del 2021, Scartezzini e Consonni presero l’argento nella madison
Niente di strano?

Insomma, niente di particolare. Tranne che gli arrivano 1.000 interviste da fare da parte di varie testate importanti, ma quello è un altro discorso. Come pressione non ha niente, diciamo.

Come sta il quartetto azzurro?

Ci arriviamo con tre corridori sicuramente forti. Pippo, Milan e Manlio Moro. E poi Lamon. Anche se prima magari si poteva discuterlo, mercoledì in prova ha tirato fuori la grinta. Non lo dico perché sono suo amico, ma proprio perché l’altro giorno mi è piaciuto. Quindi abbiamo quattro nomi buoni. Poi c’è il solito discorso di come ci si arriva.

Moro 2022
Manlio Moro è uno dei nuovi possibili innesti del quartetto dopo gli ottimi europei di Anadia
Moro 2022
Manlio Moro è uno dei nuovi possibili innesti del quartetto dopo gli ottimi europei di Anadia
Cioè?

Prendiamo Milan, per esempio, arrivato dalla gara a tappe in Croazia. Ha fatto due giorni di recupero e quando ha provato a fare la prova gara, si lamentava perché non andava. Era normale che fosse così, non era il fatto che non andasse, ma doveva assimilare del tutto la gara su strada. Infatti poi in prova è andato forte.

Ci parli della reazione di Lamon?

Si continuava a criticarlo, perché magari non era più lo stesso di Tokyo. Invece mercoledì “Lemon” ha fatto una bella prova e forse s’è anche ripreso la fiducia che agli europei gli era mancata. Quindi secondo me, quest’anno c’è un bel quartetto.

La prova sui 35′ si è svolta lunedì, poi Ganna ha ripreso il lavoro per i mondiali (foto Instagram/Ineos Grenadiers)
La prova sui 35′ si è svolta lunedì, poi Ganna ha ripreso il lavoro per i mondiali (foto Instagram/Ineos Grenadiers)
E Scartezzini dove lo mettiamo? 

Nella madison assieme a Consonni. L’altro giorno Pippo ha fatto la battuta a Villa, dicendogli: «Sta attento, quest’anno che la stiamo preparando, sarà l’anno che fanno il flop». Con Simone ci siamo allenati bene settimana scorsa, martedì abbiamo fatto un altro bell’allenamento intenso, domani (oggi, ndr) ne abbiamo un altro. Arriviamo al mondiale avendola preparata e dopo aver girato un bel po’ insieme. L’anno scorso invece non avevamo preparato niente, sono sincero. Il discorso è che lavoriamo molto di più sul quartetto e poi le gare di gruppo sono una conseguenza. Invece quest’anno, Consonni ed io stiamo facendo più cose mirate. La gara di gruppo è diversa.

Per cui, riepilogando?

Ho la madison e mi piacerebbe anche fare la corsa a punti. Però vediamo. La settimana scorsa ero alla Tre Giorni di Aigle e pensavo di andare forte, invece c’è stato una giornata proprio no. Non mi era mai successo, però il giorno dopo mi sentivo già molto meglio. Ho analizzato e capito cosa potrebbe essere mancato, quindi non mi sono neanche allarmato. Infatti questa settimana a Montichiari sentivo di andare forte. Quindi, come pensavo, sto arrivando molto in crescita.

Dopo averla corsa a Roubaix nel 2021, Scartezzini riproverebbe volentieri la corsa a punti
Dopo averla corsa a Roubaix nel 2021, Scartezzini riproverebbe volentieri la corsa a punti
Come sarà sabato fare il tifo per Pippo? 

Io faccio molto il vago, anche perché non so realmente quali saranno i programmi. Lui mi ha chiesto più volte se ci sarò, ma non ho saputo ancora cosa rispondergli. Poi magari, quando ci vede tutti lì, secondo me lui si libera ed è più tranquillo. Ma la prova di lunedì dice tanto. Ha fatto 35 minuti e ci siamo accorti che più siamo ignoranti a bordo pista, più lui si gasa. Quindi mettevamo la musica che dicevamo noi, visto che a lui piace. Perciò, quando e se magari ci vedrà tutti lì, anche con il suo amico che mette la musica, il supporto sarà forte e a lui questo darà tanto.

Tu lo faresti mai un record dell’Ora? Ti ci vedi per un’ora in pista a girare?

Allora, l’altra sera eravamo lì che lo guardavamo e dicevo: «Cavoli, sembra anche facile per come sta girando». Poi ho pensato al rapporto che aveva e mi sono detto che a girarlo mi verrebbe un gran mal di gambe. Anche ad andare regolari e provarci a farlo da fresco, farei fatica a girarlo. Perciò portarlo a quel ritmo… Ci siamo guardati con Lamon e ho detto che io non credo proprio che mi metterei a farlo.

Che rapporto aveva?

Davanti non so perché continuavano a cambiare, dietro aveva il 14. Ma non è tanto il rapporto. Vedi la pedalata e sembra che sia normale, poi vedi il tempo e capisci che sta girando proprio forte. Quindi capisci che non è un rapportino, ma un rapportone. E un conto è girare a 40 all’ora, un altro farlo a 60. Eppure lo guardi e sembra che sia facile. Gli ho visto fare un centinaio di giri e ho pensato che deve essere proprio una rottura di scatole. Non so a cosa si possa pensare in quelle fasi, neanche provo a immaginarlo. 

Ha provato in assetto da record, quindi col body giusto e tutto il resto? 

Ha provato tutto come dovrebbe essere sabato. La bici e tutto il resto. Ed è giusto che sia così. Un mese prima puoi essere più rilassato, però a cinque giorni dal tentativo deve essere tutto perfetto e tutto uguale al giorno di gara. Neanche puoi pensare di cambiare qualcosa, perché ormai quelle sono le scelte. Aveva tutto lo staff Ineos, sia quelli dell’aerodinamica sia Cioni.

Eppure è tranquillo.

Tranquillissimo, voi non lo sapete com’è davvero Pippo.

Quell’allenamento in pista prima di Chauny. Bravo Consonni

29.09.2022
5 min
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«Sono davvero contento. Ci voleva. Era da tanto che ci giravo intorno», racconta Simone Consonni. Alla Paris-Chauny (in apertura foto @westcoo) Simone porta a casa il primo successo dopo diversi anni. La sua prima ed unica vittoria tra i pro’ sin qui era stata quella ottenuta nel 2018 in una tappa del Giro di Slovenia.

Ed è incredibile come un atleta delle sue qualità, della sua classe, che vince le Olimpiadi, non vanti una bacheca piena di successi. Ma questo è dovuto anche al fatto che spesso, ma tanto spesso, Consonni ha dovuto lavorare per altri velocisti. E altrettanto spesso c’è stato lo zampino della sfortuna.

Prima di Chauny tante sfortune per Simone già in primavera quando dovette lasciare la Tirreno per un problema al ginocchio destro
Prima di Chauny tante sfortune per Simone già in primavera quando dovette lasciare la Tirreno per un problema al ginocchio destro
Simone, finalmente è arrivata questa benedetta vittoria…

Era ora, quest’anno ci sono state varie sfortune… E’ la prima vittoria con la Cofidis. Avevo fatto podio al Giro, al Tour e in tante altre occasioni… è una bella spinta morale. Visto che anche quest’anno avevo avuto mio malgrado degli alti e dei bassi.

Vogliamo ricordarli?

Ho dovuto abbandonare la Tirreno per un problema al ginocchio. Poi mia nonna che non stava bene, Dopo il campionato italiano sono dovuto stare fermo per altre tre settimane, avevo una grande stanchezza. Quando ho ripreso, dopo l’argento europeo in pista ho avuto di nuovo il Covid e sono stato un’altra settimana senza bici. Però nelle ultime gare stavo sentendo che la condizione era in crescita.

Sono momenti difficili in effetti…

Sì. E infatti un pensiero è per la mia squadra, per la mia famiglia e per la mia ragazza (l’ex pro’ Alice Algisi, ndr). Lei ha sofferto più di me. Sa bene quel che significa questa vita, incastrare tutto ogni volta per vederci…

Però adesso hai vinto. Andiamo alla corsa…

Non è un corsone, ne sono consapevole. Però visto i velocisti che ho battuto – Groenewegen, Philipsen, De Lie, Demare – e per come l’ho vinta, va bene!

Tra Giro e Tour (e non solo) negli ultimi anni, Consonni spesso era stato vicino alla vittoria. Qui la volata di Parma: lui ha il casco bianco
Tra Giro e Tour (e non solo) negli ultimi anni, Consonni spesso era stato vicino alla vittoria. Qui la volata di Parma: lui ha il casco bianco
Come l’hai vinta?

Credo sia stata la seconda gara dall’inizio dell’anno in cui nella riunione si è detto che non dovevamo correre per i punti. Alla fine sono importanti. Il team ha investito ed è giusto lottare per non retrocedere. Quindi abbiamo corso per vincere. Potevamo fare il nostro treno. In realtà il capitano era Bryan Coquard. La corsa all’inizio non era dura, ma nervosa. Tanti su e giù. Abbiamo cercato noi di farla più dura. Io stavo tirando la volata a Bryan, quando dopo una spallata che ho preso ho sentito che aveva perso la mia ruota. Allora per radio mi ha detto di andare e sono partito lungo. In pratica ho fatto una volata di 300 metri. Per questo è stato un piacere vincere così. Poi quelle sono le mie corse. Percorsi dove arrivano tutti, ma senza gambe. 

Senza gambe, ma 300 metri di volata sono tanti! E comunque Coquard è stato lucido nell’avvertirti via radio in quei pochi concitati istanti…

Noi siamo usciti col treno ai 700 metri e ai 350 c’è stata questa curva nella quale Bryan ha perso la mia ruota. E mi ha detto subito: «Go, go Conso». Mi ha fatto capire di andare. Con lui ho corso poco, ma è un corridore onesto, che tiene alla squadra. Magari un altro dopo aver perso la ruota ti avrebbe fermato o non ci avrebbe pensato.

Alla vigilia come è andata? C’è stato qualche segnale, quelle cose… mistiche, che emergono a posteriori?

Una vigilia tranquilla. Venivo da un weekend di corse e da un po’ di altura a Macugnaga con Pippo (Ganna, ndr), ma di certo non era la vigilia di un mondiale. Però devo dire che uno dei miei migliori amici, Marco Capelli, alle 12 mi ha inviato una foto con lo striscione che trovai al ritorno da Tokyo. «Simone sei storia, ora baldoria», aggiungendo sotto: «Ora aspetto la prossima». Io ho visto il messaggio proprio mentre stavo per uscire dal bus. Erano le 12,08 e gli risposto: «Ce ne vorrà». E quindi sono andato perché la corsa partiva di lì a poco. Alle 17 quando ho ripreso il telefono ho ritrovato un suo messaggio: «Te lo avevo detto».

Questa estate agli Europei su pista Consonni era stato argento nell’omnium. La pista resta importante per Simone
Questa estate agli Europei su pista Consonni era stato argento nell’omnium. La pista resta importante per Simone
E il team?

Siamo stati tutti contenti, anche perché abbiamo corso davvero bene. Anche sull’ultimo strappo abbiamo tirato, ci siamo mossi da protagonisti. E poi fa piacere, non sono e non siamo una squadra da 60 vittorie l’anno.

A Simone Consonni cosa ha lasciato questa vittoria?

Sono riuscito a sbloccarmi. Sai, quando vinci una volata così ti dà fiducia. Dopo quelle tre corse in Belgio nel fine settimana precedente, ho chiamato il mio preparatore, Luca Quinti, e gli ho detto che avremmo dovuto preparare meglio gli sprint. Non mi sentivo tranquillo.

E lui era del tuo stesso parere?

Mi diceva di stare calmo, che venivo da un ennesimo rientro, che ero stato in altura. Nonostante questo abbiamo passato una giornata in pista in cui abbiamo fatto tutti lavori specifici: partenze lanciate, partenze da fermo, sprint e persino una “botta” di palestra. Magari anche questo mi ha dato qualcosa a livello mentale. Mi ha dato inconsciamente la sicurezza di farmi partire lungo. Che poi è di certo un fatto mentale, perché una singola seduta non cambia le cose. Lo devo ringraziare.

Ora cosa prevedono i tuoi programmi?

Tra poco (ieri pomeriggio, ndr) scendo in pista! Faremo delle prove del quartetto. Per quanto riguarda le gare su strada farò la Bernocchi, il Gran Piemonte, la Parigi-Tours e poi il 12 la Veneto Classic. Da lì volerò direttamente ai mondiali in pista, ma correndo il 12 ottobre su strada salterò il quartetto (che c’è proprio il 12, ndr). Vedremo Villa cosa mi farà fare.

Kung, questa volta il cronometro è stato dalla sua parte

21.09.2022
5 min
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Ci sono giorni buoni e meno buoni. Stefan Kung lo sa, la sua carriera è sempre stata un andare su e giù. Fino all’inizio dell’estate tutto bene, molto, poi duri colpi al morale, medaglie che hanno l’amaro sapore della sconfitta. Ecco perché l’oro nella staffetta a Wollongong ha un sapore speciale. 3″ sull’Italia, difesi con i denti dalle ragazze che hanno fatto tesoro del gruzzoletto consegnato da lui, Bissegger e Schmid. 3 secondi, soli 3 secondi. Il tempo della caduta di una foglia, ma in quel lasso passa una carriera. Per lui è sempre stato così.

Salendo sul podio ha un mezzo sorriso. Si vede che nella mente si affollano tante sensazioni. Rivive passo dopo passo emozioni ancora fresche. Quest’oro aiuta, sì, ma ci vorrà tempo per digerire quanto avvenuto domenica, quella crono breve e interminabile, dolcissima e amara nel suo ultimo boccone. 3 secondi, anche lì, dietro i quali si cela una storia…

Kung in mezzo, con lui Bissegger e Schmid. Primo oro per la Svizzera, grazie anche alle ragazze Reusser, Koller e Chabbey
Kung in mezzo, con lui Bissegger e Schmid. Primo oro per la Svizzera, grazie anche alle ragazze Reusser, Koller e Chabbey

Viaggio nella beffa del tempo

Corre veloce, la bici di Stefan. Sempre più veloce, verso quel traguardo che sembra non voler arrivare mai. I rilevamenti lo danno in testa, forse è la volta buona, forse è il giorno della conquista del titolo mondiale a cronometro così a lungo inseguito. Nella sua ancor giovane carriera (in fin dei conti lo svizzero di Wilen, con il doppio passaporto elvetico e del Liechtenstein) di vittorie ne ha collezionate tante, quasi tutte in prove contro il tempo, ma questa rappresenta qualcosa di speciale.

Il tempo ha un valore particolare e quando sei solo sulla bici, concentrato sì sul movimento ma anche determinato a cogliere un obiettivo, la mente è come uno specchio, qualcuno con cui confrontarsi attraverso il pensiero. Di pensieri, nella mente di Kung lungo quei 34 chilometri così delicati da affrontare, tra salite all’8 per cento e curve da affrontare alla Valentino Rossi o Marc Marquez, ne passano tanti.

Kung ha vinto 2 titoli europei a cronometro e 2 medaglie mondiali, ma l’iride resta un tabù
Kung ha vinto 2 titoli europei a cronometro e 2 medaglie mondiali, ma l’iride resta un tabù

Una beffa come il mese prima (e a Tokyo)

Stefan, spingi a tutta perché il tempo corre sempre più veloce e sa anche essere beffardo. Ricordi quel che è successo poche settimane fa? Sentivi che la vittoria agli europei di Monaco era in tasca, te la stavi giocando, ma per un secondo, un solo secondo Bissegger ti ha beffato. Potevi fare tripletta consecutiva di successi ma quel grido di vittoria ti è rimasto in gola.

Ha fatto male? Sì, ma non come lo scorso anno a Tokyo, quando in palio c’era il podio olimpico. Quattro corridori in lotta per due medaglie, a giocarsi tutto su quel rettilineo finale che non finiva mai. Kung era il terz’ultimo a finire, con quel cronometro che sembrava andare veloce, troppo veloce. Alla fine il verdetto: secondo Dumoulin per 3”, terzo Dennis per 1” e poi lì, con quei secondi che gli erano scivolati tra le dita come sabbia.

Quest’anno lo svizzero ha ottenuto grandi risultati nelle classiche: qui 3° alla Roubaix
Quest’anno lo svizzero ha ottenuto grandi risultati nelle classiche: qui 3° alla Roubaix

Non più solo un cronoman

Sei lì e pedali, e spingi, e ci pensi. Questa volta no, questa volta finirà diversamente. Questo è l’anno tuo, Stefan, quello nel quale hai dimostrato di non essere solo un grande cronoman. Alla Groupama non credevano di avere per le mani un simile gioiello, capace di collezionare grandi piazzamenti nelle classiche: 5° al Giro delle Fiandre, 3° alla Parigi-Roubaix, 8° all’Amstel come a dire: «Ehi, ci so fare anche nell’1 contro 1, non solo con il cronometro in mano…».

A proposito di Fiandre, ti ricordi quell’enorme sagoma che ti raffigurava e che campeggiava lungo il percorso? Quelli del fans club l’avevano commissionata in Italia, enorme, un gigante che guardava tutto il tracciato e che sembrava pronto sul punto di dire «Ragazzi, è all’orizzonte…». Sarebbe stato bello averlo anche qui, ma come fai a portare una cosa simile fino in Australia?

L’ormai famoso pupazzo raffigurante l’elvetico, posto dai suoi tifosi a margine del Giro delle Fiandre
L’ormai famoso pupazzo raffigurante l’elvetico, posto dai suoi tifosi a margine del Giro delle Fiandre

Quei 3 maledetti secondi…

Il tempo scorre insieme ai pensieri e forse niente come il tempo sa far male. Fino all’ultimo rilevamento, eri in testa, gli altri a inseguire e tutti a dire che in bici eri il più bello, il più ergonomico, il più redditizio. Ma era un rilevamento, non il traguardo. Spingi a tutta, sullo schermo c’è impresso il tempo di Foss, il norvegese che è già arrivato, era nettamente dietro prima, ma nel finale ha volato. C’è da spingere, c’è da sbrigarsi. Ma non basta: 3”, i soliti 3” che si tramutano in un groppo in gola che non riesce ad andar giù.

Stavolta è difficile nascondere la delusione: «Oggi pensavo davvero che ce l’avrei fatta – sono le sue parole ai microfoni della Tv svizzera – 4 anni fa magari sarei stato anche contento, ma questa volta no, ci sono andato vicino troppe volte. Stavolta non mi basta. Mi sento frustrato. Quando ho visto l’elenco dei partenti mi sono detto che in fin dei conti, una volta o l’altra, li avevo battuti tutti, quindi potevo farcela. Qualcuno però non era d’accordo». Chissà, forse alludeva al tempo, ma quello non lo batti mai, ha sempre ragione…

La delusione in camper, ancora una volta per questione di secondi
La delusione in camper, ancora una volta per questione di secondi

Il responso dei parziali

Tornando verso il camper, sente dentro di sé una grande voglia di piangere, ma la gente non capirebbe. Come lo spieghi che sei comunque medaglia d’argento ma che se finisce così non è una vittoria, non è una conquista? Riguardi i parziali e così scopri che tutto è nato nei 10 chilometri finali. Lì Foss ha volato mentre tu hai ottenuto solo il quinto parziale (Ganna non è neanche nei primi 10, preceduto anche da Sobrero e questo dice molto della sua prestazione). A questo punto però una spiegazione c’è e quel dolore resta sì dentro, ma è più facile mitigarlo. Sul podio magari un timido sorriso si riuscirà anche a tirarlo fuori e a chi chiederà riuscirai a dare una delle risposte meno di pancia, più di prammatica: «Un epilogo simile è quel che rende il nostro sport così interessante, ma anche spietato».

Consonni, la fatica di un anno storto e le birre della Barbieri

24.08.2022
5 min
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Dice Consonni di aver corso le ultime prove dell’omnium di Monaco, chiuso con la medaglia d’argento, più di testa che di gambe. E alla fine quel malessere che, assieme alla compagna Alice, aveva spiegato come lo sballottamento dopo i tanti viaggi, ha preso la forma di un tampone positivo che l’ha costretto a fermarsi ancora. Dalla Tirreno in poi, non c’è stato mese nella stagione di Simone che non abbia avuto qualche intoppo. E quando è così, diventa anche difficile mantenere i buoni propositi.

«Sarei voluto andare ad Amburgo – ammette – ma la stagione non vuole lasciarmi tranquillo. Così sono stato a casa per una settimana senza andare in bici e ieri ho fatto la prima ora e mezza, che sembrava di essere ripartito a novembre. Devo ricostruirmi ancora. Ho fatto tante pause. E se tutto va bene riprendo dall’11 settembre a Fourmies. Mi sarebbe piaciuto anche fare la Vuelta, per avere un grande stimolo, ma la squadra ha detto di no per il problema dei punti…».

Consonni è rientrato al Polonia (qui con Cimolai), ma dopo 5 tappe è stato mandato in Belgio e Francia
Consonni è rientrato al Polonia (qui con Cimolai), ma dopo 5 tappe è stato mandato in Belgio e Francia
Proviamo a ricominciare da qualcosa di più allegro. Dice Rachele Barbieri che deve offrirti qualche birra per averle fatto cambiare rapporto agli europei…

Dai, facciamoci una risata. Ero sui rulli, perché dopo le ragazze toccava a me e mi stavo giocando l’europeo. Quando però sono scese di pista per la caduta, ho smesso di riscaldarmi e sentivo che nel box c’erano Villa e Rachele che parlavano di cambiare rapporti. Dicevano che così accorciata, la corsa sarebbe stata quasi una prova di scratch.

Quindi?

Anche io venivo da grandi ragionamenti sul rapporto da usare e m’è venuto di getto, senza pensarci tanto: «Allora perché non mettete un rapporto da scratch?». Mi hanno guardato come se avessi avuto l’intuizione del secolo e alla fine l’hanno cambiato. Secondo me un dente non fa grande differenza, per me vinceva lo stesso, anche per come l’ha fatto.

Non dirglielo, sennò non ti paga da bere…

Ha avuto sicuramente vantaggio sul piano psicologico (sorride, ndr). Rientrare sapendo di avere un rapporto più lungo ti fa sentire forte.

Il secondo posto nell’omnium di Monaco è un buon risultato, ma c’era già qualche segnale negativo
Il secondo posto nell’omnium di Monaco è un buon risultato, ma c’era già qualche segnale negativo
Villa si è detto molto soddisfatto del tuo omnium.

Ci teneva a farmelo fare. Mi sono liberato all’ultimo, perché la squadra è piuttosto concentrata in questa caccia ai punti, quindi non ero sicuro di poter lasciare la strada e nemmeno troppo della mia condizione.

Sei rientrato al Polonia e prima non correvi dai campionati italiani, giusto?

Giusto, ma dopo 5 tappe in Polonia usate per riprendere ritmo, mi hanno fatto ritirare per andare a Leuven, dove ho fatto decimo e ritrovato fiducia, e al Circuit Franc Belge. Quando uno sponsor investe tanto come Cofidis, l’idea di retrocedere non va tanto giù. Comunque mi sono liberato, ho fatto una scappata il venerdì a Montichari e ho lavorato con la bici del quartetto che era rimasta in Italia. E poi sono andato a Monaco.

Che tipo è Grondin che ti ha battuto nell’ultimo sprint?

Chiuso, introverso. Sembra che se la tiri, ma è un tipo alla mano. Ha un grande motore. Mi raccontava Benjamin Thomas che erano in caccia in una madison e non riuscivano a prendere il giro. Finché Grondin gli ha chiesto se volessero prenderlo, oppure c’era un motivo in quello stare nel mezzo. E quando Ben gli ha detto che bisognava prenderlo, l’altro ha accelerato e in meno di cinque giri l’hanno guadagnato. Altrimenti restavano nel mezzo per tutta la corsa…

Il terzo posto di Reggio Emilia, dietro Dainese e Gaviria, è stato il miglior risultato al Giro
Il terzo posto di Reggio Emilia, dietro Dainese e Gaviria, è stato il miglior risultato al Giro
In teoria ti servono 50 punti per qualificarti ai mondiali.

Nel quartetto ci sono, perché la qualifica è per Nazioni. Per l’omnium mi mancano 50 punti, ma voglio capire bene cosa faremo. Stiamo parlando della specialità di Elia (Viviani, ndr), che ha annunciato di puntare forte sui mondiali. Se lui ha in testa altre prove, allora ne possiamo ragionare.

Siamo in balia dei punti, insomma. Peccato che quelli della pista non valgano su strada…

Già ci si lamenta perché nelle corse di un giorno se ne fanno più che vincendo tappe di un grande Giro. Da una parte potrebbe essere giusto per premiare chi fa più specialità e magari non partecipa ai Giri, ma la vedo complicata. Però il sistema nelle gare su strada non mi convince. A inizio anno l’Arkea venne a una corsa con tre velocisti. Ognuno fece la sua volata, si piazzarono nei 10 e andarono a casa con un baule di punti. Io sono abituato che si corre per vincere, non per piazzarne più che puoi.

Cambiano gli scenari.

E cresce lo stress. Le corse sono tutte più tirate e nessuno molla. Si fa la volata anche per il 60° posto e si lima all’inverosimile. E badate, lo dice uno che ha sempre limato tanto. Adesso tenere le posizioni è diventato snervante.

L’oro olimpico del quartetto a Tokyo è il momento più alto nella carriera di Consonni, primo a destra
L’oro olimpico del quartetto a Tokyo è il momento più alto nella carriera di Consonni, primo a destra
Forse ti aspettavi una stagione diversa?

Decisamente. Fino alla Tirreno ero stato perfetto, poi si è ammalata mia nonna e insieme è venuto fuori il problema al ginocchio. Ho sempre saputo di non essere un corridore da 15-20 vittorie l’anno, ma aver avuto un percorso tutt’altro che lineare non ha aiutato. Quest’anno mi sono rimesso in gioco, puntando su me stesso, cercando tempi e occhio nelle volate. Spero che servirà a raccogliere l’anno prossimo. E spero che vada come nel 2021, in cui gli altri si sono presi i vari titoli in palio e io sono arrivato alla fine con le Olimpiadi.