Sull’asse di equilibrio con Villella, fra accuse e autocritica

15.01.2023
7 min
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Quando finisce la carriera e non sei pronto per fermarti, fatichi a farci pace. Così Davide Villella, che alla fine del 2022 si è trovato senza squadra, è li che ragiona sui motivi che hanno spinto la Cofidis a non rinnovargli il contratto e su cosa non abbia funzionato nella sua carriera da predestinato. Quando riusciamo a ripescarlo, il discorso percorre l’asse di equilibrio fra dita da puntare e il tentativo di fare autocritica.

«Ormai è andata – dice – la situazione è questa. Non spettava a me cercare squadra, dovrebbero farlo altre persone. Però, vabbè..».

Villella è nato a Magenta il 27 giungo 1991, è alto 1,82 e pesa 66 chili. E’ passato pro’ nel 2014
Villella è nato a Magenta il 27 giungo 1991, è alto 1,82 e pesa 66 chili. E’ passato pro’ nel 2014

In rampa di lancio

Il suo ultimo anno da under 23, il 2013 dei mondiali di Firenze, era stato a dir poco trionfale, con sei vittorie fra cui due tappe e la classifica finale del Val d’Aosta e poi il Piccolo Giro di Lombardia. Lo aveva preso la Cannondale, in un percorso parallelo a quello di Formolo: entrambi rappresentati da Mauro Battaglini.

In quegli anni le cose sembravano funzionare. Rapporto in salita, belle accelerazioni, qualche vittoria. Poi lentamente avvenne un cambio di pelle. Pur continuando a fare i suoi piazzamenti, il bergamasco ha provato a trasformarsi in gregario di lusso. Due anni alla Astana, poi alla Movistar si è ritrovato a lavorare per Valverde e Mas, con tanto di investitura da parte di Cataldo, che lo aveva individuato come suo successore in cabina di regia nella squadra spagnola.

Finché nel 2022 Villella è approdato alla Cofidis, indicato assieme a Cimolai da Roberto Damiani, che lo preferì allo stesso Cataldo in ragione del fatto che fosse più giovane. Ma le cose non sono andate come pensava. A vederlo da fuori, sembrava che Davide avesse perso mordente, in un periodo in cui non puoi mollare un metro. La coincidenza di alcuni problemi tecnici ha composto definitivamente il quadro.

Che cosa è successo?

Ho avuto problemi meccanici in momenti poco indicati. La sella che scendeva anche di un centimetro, ad esempio. Al Tour of Oman, è successo nel momento in cui si faceva il ventaglio che ha deciso la corsa. Potevo entrare nei 10 finali e invece niente. Oppure nella tappa del Giro d’Italia a Potenza (quinto dopo 130 chilometri di fuga, ndr). Prima si è rotto il cambio. Così ho preso la bici di scorta e mi è scesa la sella. Sono rientrato sulla fuga, ho rialzato la sella, ma non abbastanza. E sono arrivato al traguardo, con 5 millimetri di altezza in meno.

Si è capito perché?

Una cosa strana. A casa avevo lo stesso modello, ci ho messo del fissante e non è mai più successo. Alle corse capitava, a me e ad altri. Non credo sia la bici, sarà stato probabilmente qualcosa legato al lavoro dei meccanici. A volte salvi la stagione anche con un giorno alla grande e Potenza è stata un’occasione buttata via non per colpa mia (sull’importanza dell’occasione sfumata per i problemi meccanici, anche il diesse Damiani si dice d’accordo, ndr). 

Nella tappa di Potenza del Giro, una serie di problemi tecnici hanno impedito a Villella di giocarsi la vittoria
Nella tappa di Potenza del Giro, una serie di problemi tecnici hanno impedito a Villella di giocarsi la vittoria
Perché sei andato alla Cofidis e non sei rimasto alla Movistar?

Non lo so perché non sia andata avanti con Movistar. Quando mi è stata data un po’ più di libertà nel finale di stagione, ho fatto qualche piazzamento, ma ho anche aiutato Valverde a vincere una tappa al Giro di Sicilia. Alla Cofidis avevano visto quei piazzamenti e con la questione della classifica WorldTour, cercavano atleti che potessero farne ancora. Per quello mi hanno fatto un solo anno di contratto, ma mi era stato detto che avrei firmato per un altro. Si doveva solo discutere della cifra, almeno questo è quello che mi diceva il procuratore che aveva parlato con Vasseur (Alex Carera conferma che fino al Giro, la Cofidis fosse contenta di Villella. Come lui, anche Damiani, ndr).

Non può essere dipeso da te?

Forse sì. Mi sono un po’ abbattuto, nell’ultimo anno soprattutto. I problemi tecnici sono stati mazzate morali che si sono riflesse sui risultati. In più, non mi sono mai trovato con la squadra. Non ho imparato la lingua come avevo fatto con lo spagnolo e con l’inglese e quella è stata una mia pecca. Non sapere la lingua ti limita molto, ma nemmeno puoi pretendere di parlarla benissimo in così pochi mesi. Non so dire se ci siano state altre scelte che si potevano evitare, però con il senno di poi siamo tutti bravi.

Nei due anni alla Movistar (2020 e 2021), Villella si è trasformato in luogotenente di lusso
Nei due anni alla Movistar (2020 e 2021), Villella si è trasformato in luogotenente di lusso
Sei sempre stato un lupo solitario…

Sono uno cui piace allenarsi da solo. Quindi anche se c’è gente che conosco, a parte Formolo con cui ci si trovava quando ero a Monaco, rimango sempre abbastanza per i fatti miei negli allenamenti. A volte mi seguiva qualche amico amatore. Ho sempre fatto così, non so se sia giusto o sbagliato, però è quello che sono. 

Ti sei mai sentito davvero forte?

Si parla di anni fa, era il 2016. Avevo fatto quinto al Lombardia, poi avevo vinto la Japan Cup. L’anno dopo ho vinto la maglia degli scalatori alla Vuelta. Alla fine però sono più stato un gregario più che un vincente. E per questo, in aggiunta alle mie responsabilità, sono stato anche sfortunato a capitare nella Cofidis che andava a caccia di punti.

Quando hai capito che si metteva male?

Dopo il Giro. Avevo chiesto di riposare un po’, invece la squadra ha insistito perché corressi il Giro di Svizzera. Ci sono andato, ho fatto due tappe e sono tornato a casa, perché sia fisicamente sia mentalmente ero proprio arrivato. Da lì mi sembra che non l’abbiano presa bene (Damiani però esclude che ci sia un nesso fra il ritiro e la mancata conferma, ndr).

Ne hai parlato con Damiani?

Con Roberto ho un buon rapporto, è un buon direttore e mi ha aiutato tanto. Anche con il francese, quando mi ha visto spaesato. Ma alla fine il risultato è stato questo e, per quello che so, non mi ha più cercato nessuno. Mi sarebbe piaciuto andare in una squadra come la Eolo, solo che anche lì non c’era più posto. Avevano finito il budget, perché quando gliel’hanno chiesto, era fine ottobre.

La Cofidis gli ha chiesto indietro la bici per i primi di dicembre, per cui non ha più pedalato
La Cofidis gli ha chiesto indietro la bici per i primi di dicembre, per cui non ha più pedalato
Cosa farai adesso?

Qualche mese un po’ tranquillo, per dedicarmi alle cose che non ho fatto in questi anni. Al dopo ci penserò più avanti. Non sto andando in bici, perché mi è stata ritirata. Avevo chiesto se me la potevano lasciare sino a fine anno, ma ho dovuto riportarla ai primi di dicembre. L’unico che mi abbia mandato un messaggio è stato Cimolai, che ho sentito l’altro giorno. Qualche chiamata con Damiani, ma poi zero. Alla fine non avevo fatto grandi annunci sul fatto che stessi smettendo.

Ci pensi spesso?

Molto spesso. Durante il giorno e anche la notte prima di dormire. Sapevo che prima o poi sarebbe finita, però non pensavo in questo modo. Così passo le giornate facendo qualche corsetta a piedi e cercando di tenermi occupato. Ho fatto una vacanza a New York con la ragazza e spero di farne un’altra fra uno o due mesi. Nel frattempo ho ordinato la bici, che però arriva a febbraio. Ma se anche qualcuno mi proponesse di ripartire, forse non troverei gli stimoli giusti. Mi piacerebbe entrare in un’azienda vicino casa, magari da Santini, per fare un esempio. Alla fine quella può essere una chiave per tenere un piede dentro.

Reparto velocisti Cofidis: il bilancio con Damiani

12.10.2022
5 min
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Fare punti per una squadra WorldTour è uno, se non l’aspetto più importante per il bilancio stagionale. Ne conseguono infatti la permanenza nella categoria e l’appetibilità verso sponsor e atleti. Per Cofidis la zona retrocessione di cui si era parlato a inizio anno è ormai dimenticata. Hanno fatto tutti la loro parte, gli scalatori e soprattutto i velocisti. La stagione ormai alle battute finali si è rivelata essere uno step in avanti sotto più punti di vista.

I velocisti per molte formazioni rappresentano la linfa vitale per accumulare vittorie, piazzamenti e quindi punti preziosi. Ci siamo posti interrogativi e li abbiamo dirottati su Roberto Damiani diesse del team francese, chiedendogli come si gestiscano tante ruote veloci e cosa ci sia dietro l’esigenza di finalizzare ogni ordine d’arrivo per l’accumulo dei punti. 

Tirreno-Adriatico, Roberto Damiani e Fabio Sabatini, che ha chiuso sull’ammiraglia la sua carriera da ultimo uomo dei velocisti
Roberto Damiani e Fabio Sabatini, che ha chiuso sull’ammiraglia la sua carriera da ultimo uomo dei velocisti
Roberto, facciamo una panoramica sui vostri velocisti…

Partirei con Max Walscheid che ha vinto una corsa poi ha avuto un incidente in allenamento e da aprile ha rincorso sempre un po’ la condizione. Ritengo che Max sia l’interprete ideale per essere l’ultimo uomo per un altro velocista. Lui non ha l’esplosività naturale vista la stazza, ma dispone di una progressione importante. C’è una grossa differenza tra il velocista esplosivo o il velocista come Max più alla Petacchi o Cipollini. Questi atleti infatti sono in grado di raggiungere delle punte di velocità in progressione. Per cui diventano veloci, ma per questo tipo di caratteristiche. 

Continuiamo…

Piet Allegaert che ha fatto buonissimi risultati, ma che probabilmente manca di quell’esplosività finale che gli potrebbe permettere di vincere. Anche lui potrebbe essere inserito tra gli uomini di aiuto per il pit out finale. 

Poi c’è Coquard il vostro migliore velocista quest’anno…

Bryan ha riaperto il discorso con la vittoria, l’ha fatto bene già a inizio stagione e vincendo anche adesso alla fine. E’ un velocista che invece diventa uno di quegli uomini da ultimi 100/150 metri. Ha fatto bene il suo lavoro, abbiamo cercato di sostenerlo come peraltro lui ha sostenuto Simone Consonni nell’ultima Parigi-Tours facendo davvero un ottimo lavoro. 

Coquard Besseges 2022
Lo sprint vincente di Coquard all’Etoile de Besseges dopo 551 giorni di astinenza
Coquard Besseges 2022
Lo sprint vincente di Coquard all’Etoile de Besseges dopo 551 giorni di astinenza
Eccoci a Consonni, che stagione ha disputato?

Direi abbastanza complicata, perché ha avuto qualche problema di salute. Simone ha forse pagato il fatto di trasformarsi da ultimo uomo di Elia Viviani a protagonista in ricerca del risultato. Però sta lavorando bene, sta crescendo e oltretutto ha fatto un buon cumulo di risultati.

Poi c’è Davide Cimolai altro azzurro molto veloce…

Cimolai è sicuramente un buon velocista, quest’anno si è dedicato più ad aiutare gli altri. Questi corridori sono stati importanti per un certo numero di punti che ci hanno dato la possibilità di arrivare nella posizione attuale di squadra.

Fare punti quindi è l’obiettivo?

Il primo obiettivo rimane quello di vincere. Sembra di dire un’ovvietà, ma se vinci fai anche i punti

Simone Consonni ha vinto alla Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Simone Consonni ha vinto alla Paris-Chauny 2022 (foto @westcoo)
Abbiamo visto spesso ordini d’arrivo con più uomini dello stesso team fare la volata, anche nel vostro caso. Come spieghi questo approccio?

Ci siamo trovati qualche volta a prendere in considerazione dei risultati che ponevano due o tre corridori nei dieci all’interno di una gara, come hanno fatto altre formazioni. Contenti per il numero di punti che hanno fatto un po’ meno per la corsa che si è persa. 

E’ un aspetto tattico che diventa esigenza programmata prima della gara o è un’eventualità del finale?

E’ anche un’esigenza, io faccio fatica a non pensare di essere alla partenza di una corsa per non vincere. Anzi non ci riesco proprio. Per me ogni corsa è fatta per cercare il massimo risultato. 

Questo non incide sull’ordine d’arrivo in negativo a volte?

Sono situazioni che a posteriori puoi anche dire che avresti potuto giocartela meglio. Ma l’importanza di essere nel WorldTour è comunque fondamentale

Consonni e Cimolai sono i due velocisti azzurri in forza al team francese
Consonni e Cimolai sono i due velocisti azzurri in forza al team francese
Facendo un paragone calcistico i velocisti sono come delle prime punte. Più fanno gol e più acquistano continuità. Vale lo stesso per i tuoi sprinter, vedi Consonni sempre più presente negli ordini d’arrivo?

Buttarla dentro è importantissimo. Quella vittoria lì è stata come aprire una porta importantissima. Anche perché è stato un ordine d’arrivo pesante. C’erano davvero degli ottimi velocisti. A me dispiace tantissimo quello che è successo alla Coppa Bernocchi. In un momento chiave della gara, in cui Simone godeva di grande forma, ha avuto un problema meccanico e li è rimasto fuori dai giochi. Alla Parigi-Tours c’è stato quel tentennamento in cui Mozzato gli ha messo il manubrio davanti e lui non è riuscito più a partire per lo sprint. Sono situazioni che non gli hanno permesso di raccogliere risultati ancora meglio di quello che ha fatto. 

E’ in un percorso di crescita?

Direi più un periodo di trasformazione e ci vogliono tempo e calma. 

Cimolai è stato portato ala Vuelta per aiutare i corridori preposti a fare punti
Cimolai è stato portato ala Vuelta per aiutare i corridori preposti a fare punti
In ottica 2023 avete in mente di rinforzare il roster dei velocisti?

Siamo in uno sfondo più dedicato al nostro manager che si occupa di mercato. Chiaramente si confronta con noi per le scelte tecniche, però adesso abbiamo già un buon numero di velocisti che potranno vantare un anno in più di lavoro insieme. Qualche dinamica di gara per il prossimo anno avverrà più facilmente nei finali di corsa. Penso che sia uno dei settori su cui ci possiamo affidare maggiormente. 

Che bilancio dai al reparto in questa stagione?

Sicuramente è stata una stagione positiva, oltre che per il reparto per la squadra. Per il numero di vittorie conquistate e per il fatto che probabilmente una grande percentuale di quelli che si considerano come grandi esperti di ciclismo ci davano per spacciati nel WorldTour. Invece nella classifica annuale siamo in 11° posizione e in quella triennale in 14°. Siamo andati dritti verso i nostri obiettivi, con grande umiltà ma anche con grande determinazione. E questo devo dire che è una di quelle cose che ci fa maggiormente piacere. 

La guerra dei punti. La classifica UCI cambia anche le tattiche

26.08.2022
7 min
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La questione dei punti sta assumendo sempre più peso. Ormai influenza in modo visibile l’andamento delle corse. Tattiche, formazioni… si sta scatenando un vero rush finale. Al termine di questa stagione infatti scadrà il triennio che determinerà chi resterà nel WorldTour e chi no.

La maggior parte dei team è al sicuro, ma ci sono gli ultimi 5-6 in classifica e gli ultimi due in particolare che se la stanno passando davvero brutta. Rischiano di perdere una licenza che all’epoca fu pagata e che dopo l’ultima riforma (fatta nel 2019, attiva dal 2020) si è trasformata in uno status che si ottiene per merito: la classifica, appunto.

Marcatura a uomo. Tour du Limousin: scatta un Movistar, chiude un Lotto, rispettivamente 18° e 19° nella classifica UCI
Marcatura a uomo. Tour du Limousin: scatta un Movistar, chiude un Lotto, rispettivamente 18° e 19° nella classifica UCI

Coltello tra i denti

Sportivamente parlando sarebbe anche giusto, ma ci sono due “ma” che non vanno sottovalutati.

Uno: di questa classifica fanno parte anche i team che non sono WorldTour, i quali si ritrovano per regolamento ad essere avvantaggiati sulla gestione degli obblighi di calendario e delle conseguenti formazioni da schierare.

Due: l’avvento del Covid è stato un terremoto che ha sparigliato le carte e mandato a monte tante programmazioni.

Dicevamo dell’andamento tattico. Giovanni Ellena ci ha detto di aver visto al Tour du Limousin una Movistar stile Tour per la formazione schierata, i mezzi, lo staff e la cattiveria agonistica nell’affrontare la corsa. Filippo Conca, della Lotto Soudal (una delle squadre a rischio), che non rientra nei primi dieci corridori del team e quindi non “porta punti”, sa già che sarà costretto a fare quasi sempre il gregario. Dovrà lavorare per quei dieci compagni che invece contribuiscono alla causa del team. E come lui moltissimi altri atleti.

All’Arctic Race Lafay ha vinto, ma non ha portato punti al team in quanto 11° della Cofidis, ma ha limitato i diretti rivali della Israel (3° e 5°)
All’Arctic Race Lafay ha vinto, ma non ha portato punti al team in quanto 11° della Cofidis, ma ha limitato i diretti rivali della Israel (3° e 5°)

Damiani: è caccia ai punti

«Purtroppo – dice Roberto Damiani diesse della Cofidis – bisogna essere realisti e dico che ha ragione Conca. L’UCI ha creato questa spaccatura che è devastante per i team e fa male soprattutto ai giovani. Quando il loro livello non è eccelso non hanno modo di fare la corsa. E se in gara ci sono i top team sono costretti a lavorare anche per non vincere.

«Anche noi ci siamo ritrovati a tirare per fare i punti o per non far vincere gli altri. Una marcatura a squadre che di certo taglia lo spettacolo».

Damiani riprende la situazione che si era venuta a creare quando c’era la Coppa Italia. In pratica si correva per portare più atleti nei primi, piuttosto che farne vincere uno. Perché un 5° e un 7° posto davano più punti che una vittoria.

«Oggi ci sono 13-14 squadre che tutto sommato sono tranquille, poi è bagarre totale. Basta sbagliare una settimana di corse che ti ritrovi in piena lotta retrocessione.

«Non solo la Movistar ha corso così al Limousin – ha commentato Damiani – ma anche noi all’Arctic Race. Per forza: sei costretto. Abbiamo corso col coltello tra i denti: abbiamo vinto due tappe, indossato una maglia, portato due corridori nei primi cinque e preso 250 punti, una boccata d’ossigeno.

«Ci siamo ritrovati in questa situazione in virtù di un 2020 pessimo a causa del Covid. Un 2021 che ne ha risentito ma discreto e un 2022 direi buono. Adesso, avendo la tripla attività, la squadra è ripartita con tre (o quattro) atleti dei primi dieci che portano punti in ogni corsa e tutti gli altri a tirare per loro. Non solo, ma ci siamo ritrovati a partecipare o a richiedere di partecipare a corse che un tempo neanche avremmo preso in considerazione».

Cozzi nell’ammiraglia della Israel. Al momento questa squadra, 20ª, avrebbe la wild card 2023 solo per le gare WT di un giorno
Cozzi nell’ammiraglia della Israel. Al momento questa squadra, 20ª, avrebbe la wild card 2023 solo per le gare WT di un giorno

Israel nella burrasca

Chi chiude la classifica delle WorldTour e in questo momento sarebbe fuori dalle “fab 18” è la  Israel-Premier Tech. La squadra ha in Claudio Cozzi uno dei suoi direttori sportivi di maggior esperienza. E anche lui ricalca quasi per filo e per segno le parole di Roberto Damiani.

«La situazione – dice Cozzi – è così quasi per tutti. Non dico che siamo sotto stress, ma da giugno a settembre ci siamo ritrovati a fare un sacco di corse. Corse che non pensavamo di dover fare. La situazione è questa e ognuno cerca di portare acqua al suo orto… altrimenti i frutti non nascono».

E i frutti si chiamano WorldTour. Cozzi punta fortemente il dito contro il 2020 e l’avvento del Covid. E’ quello che più di altri ha scombinato le cose, ha mescolato così tanto le carte in tavola da vanificare molte delle programmazioni fatte. Fatto che non è stato preso in considerazione.

«E anche in questa stagione – dice Cozzi – il Covid si è fatto sentire. Noi abbiamo dovuto rinunciare al Giro delle Fiandre perché non avevamo corridori a sufficienza. Ma vi rendete conto? Il Fiandre…

«Anche la Movistar è crollata. Prima si reggeva quasi con i punti del solo Valverde, adesso è con noi a rischio. E’ un vero caos. E anche la questione dell’assegnazione dei punti deve cambiare. Non può essere che molti team che erano al Giro abbiano raccolto meno di squadre che non c’erano e che non avendo l’obbligo di partecipazione hanno potuto scegliere dove correre».

Il riferimento è al caso Arkea-Samsic, di cui parlammo a giugno.

«Quello che dice Damiani è vero. Spesso si corre per non far fare punti agli altri che per vincere. Non ci sono poi vincoli sul numero delle gare e si può cercare di correre su più fronti. Il che in teoria è vantaggioso. Ma anche fare la tripla (o quadrupla, ndr) attività non è facile. E’ dispendioso sotto ogni punto di vista e anche avendo tutti i corridori non ci si arriva con lo staff e la logistica. E’ un impegno importante.

«Per le formazioni si cerca di mandare quell’uomo o due più appropriati per la determinata gara e gli si mette loro una serie di gregari. Non puoi fare altro. E anche in questo caso penso che i punti dovrebbero portarli tutti gli atleti e si dovrebbe consentire di schierare più corridori nelle corse, almeno quelle a tappe. Tanto più con il Covid. Noi quest’anno, per esempio, al Giro dopo meno di una settimana siamo rimasti con cinque corridori. Come fai a fare un gioco di squadra?».

Aranburu vince al Limousin, mentre sprintano anche i compagni Garcia Cortina e Serrano, contro ogni manuale del ciclismo
Aranburu vince al Limousin, mentre sprintano anche i compagni Garcia Cortina e Serrano, contro ogni manuale del ciclismo

Movistar: parla Unzue 

Se la Cofidis di Damiani tutto sommato si è un po’ ripresa e adesso è al 15° posto, la Israel-Premier Tech naviga in acque burrascose. Al momento il team è ventesimo, quindi fuori. E la Movistar, 18ª, è appesa ad un filo. La filosofia della squadra di Eusebio Unzue è sempre stata quella di fare bene nei grandi Giri, ma si è visto che sono le piccole corse di un giorno quelle che pagano: le 1.1 e le 1.Pro.

Ma dopo un Giro e un Tour sotto tono questa Vuelta diventa più che un ancora di salvezza: è la vita.  

«Questo sistema di punti – ha detto Unzue a L’Equipe – è stato creato con buone intenzioni. Ma non funziona. Credo che dobbiamo correre per garantire lo spettacolo e non mi sembra logico come si corre adesso. Ora si va a caccia di punti UCI per restare nel WorldTour».

Anche nel giorno della vittoria di Aranburu al Limousin, la squadra spagnola ne ha piazzati tre nei primi sei: primo, quinto e sesto, col rischio di perdere la volata principale.

Il team, forse per la prima volta o comunque dopo moltissimo tempo, prenderà parte al Tour of Langkawi, l’importante corsa in Malesia, lontana anni luce dalla filosofia di ciclismo del manager spagnolo e della sua squadra.

Ma la Movistar come le altre squadre a rischio non ha scelta. Perdere il WorldTour significa perdere certezze sul futuro, fatica a reperire sponsor, possibilità che alcuni contratti con i corridori possano decadere poiché firmati per una squadra il cui status non c’è più. Insomma, una patata a dir poco bollente.

Quindi se dovessimo vedere, anche in questa Vuelta, tattiche poco chiare e andamenti della corsa che apparentemente non hanno senso, magari la spiegazione potrebbe essere proprio nella guerra dei punti.

Cofidis e la “lotta salvezza”: Damiani tira le somme

04.08.2022
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Il Tour de Pologne è una corsa che ha tanti volti al suo interno, una gara poliedrica, potremmo definirla. Ogni corridore ed ogni squadra passa da qui con obiettivi ed ambizioni diversi. Uno dei team che affronta la corsa con particolare attenzione a quello che è successo e a quello che succederà è la Cofidis. Nella quale militano Consonni, Cimolai e Villella.

La squadra francese si trova nelle ultime zone della classifica delle squadre WolrdTour, è una di quelle che si sta giocando la “lotta salvezza” se volessimo esprimere il tutto in termini calcistici. 

«E lo è ancora – dice subito Roberto Damiani, diesse del team (nella foto di apertura a sinistra, ndr) – La situazione è chiara. Ci sono più squadre che stanno lottando in questa classifica che si è stilata nel corso delle ultime tre stagioni». 

Un buon inizio

La Cofidis aveva iniziato la stagione molto bene, con qualche vittoria e qualche certezza in più, soprattutto grazie alle volate di Thomas e Coquard. Poi però nel corso della stagione si è un po’ persa, ed ora cerca di ritrovare il bandolo della matassa.

«Come detto – prosegue Damiani – abbiamo iniziato bene, con qualche vittoria e dei bei piazzamenti. Poi siamo stati meno presenti a livello punti sui grandi Giri, fino ad ora. Questo la dice lunga su quanto sia importante il tipo di distribuzione dei punti che viene fatta nelle varie corse. C’è una seconda parte di stagione estremamente importante, abbiamo recuperato tantissimo. Ad inizio anno eravamo diciannovesimi, ora siamo sedicesimi a 5 punti dalla EF Easy Post. E’ veramente una lotta punto a punto, come in un campionato di calcio».

Consonni con Cimolai (di spalle) al Tour de Pologne, corsa di rientro per entrambi dopo un periodo di recupero
Consonni con Cimolai (di spalle) al Tour de Pologne, corsa di rientro per entrambi

Velocisti = punti

Sono i velocisti coloro che hanno maggiori possibilità di raccogliere punti. Da questo punto di vista i francesi (Thomas e Coquard) hanno dato qualcosa in più dei nostri Consonni e Cimolai. 

«Se parliamo di “Cimo” non ha raccolto in termini di quantità – riprende con voce profonda Roberto – però gli è stato chiesto di fare un certo lavoro come ultimo uomo. Di conseguenza o porti punti o fai un certo tipo di lavoro. Per quanto riguarda Consonni, in effetti, è mancata la vittoria, perché il miglior piazzamento è un secondo posto. Da questo punto di vista ne risente un po’ moralmente. Lui è arrivato da noi come “pesce pilota” di Viviani ed ora si è preso delle responsabilità e questo gli fa onore. Quando uno fa questo lavoro per passione e voglia di fare bene, sente anche una pressione interna, che da un lato dobbiamo smorzare e dall’altro incentivare nel senso positivo del termine».

Simon Geschke ha corso un buon Tour. Lottando per la maglia a pois è stato spesso in fuga: molta visibilità, ma pochi punti UCI
Simon Geschke ha corso un buon Tour. Lottando per la maglia a pois è stato spesso in fuga: molta visibilità, ma pochi punti UCI

I Grandi Giri

Nelle grandi corse a tappe la Cofidis ha avuto un po’ di luci e ombre. A volte anche la sfortuna si è messa di mezzo, e quando lotti punto a punto anche il caso gioca la sua parte.

«Nei grandi Giri abbiamo avuto due facce della stessa medaglia. Al Giro siamo anche andati bene, Consonni si è mosso bene per quel che doveva fare. Da un’altra parte Guillaume Martin ha avuto un Giro tra luci e ombre, sicuramente non è stata un’edizione facile.

«Al Tour direi che il Covid ci ha fortemente penalizzato, prima la positività di Coquard e poi quella di Martin ci hanno azzoppato. C’è stata una bellissima situazione di Geschke che ha preso la maglia a pois e ha cercato di difenderla in tutti i modi. Però in termine di punti non abbiamo raccolto molto. Ecco che però mi sento di fare un appunto, le maglie intermedie sono importanti, anche per lo spettacolo, allora si dovrebbero dare punti anche per queste cose. C’è da fare un ragionamento fondamentale sulle classifiche, per esempio: vincere una tappa al Giro ti fa prendere meno punti di una corsa 1.1 (argomento di discussione che abbiamo già trattato, ndr)».

Axel Zingle, classe 1998, è uno dei giovani che Cofidis sta facendo crescere (foto Cofidis)
Axel Zingle, classe 1998, è uno dei giovani che Cofidis sta facendo crescere (foto Cofidis)

Una gestione difficile

Conciliare le esigenze del team e quelle dei corridori è difficile ma è anche l’arduo compito del diesse. Certo che, quando si ha a che fare con i punti, la matematica purtroppo la fa da padrona. 

«I corridori fanno i corridori e noi facciamo i direttori sportivi ed è giusto che sia così – dice Damiani – però capiscono quel che sta succedendo. Tante volte vedi delle squadre che fanno risultati molto buoni con corridori che non sono nei dieci e quindi questi punti vengono persi. Io continuerò a dire che è molto meglio correre per vincere, in questo modo si fanno anche i punti.

«D’altra parte mi rendo conto che a volte è meglio fare un secondo o un terzo posto con corridori che hanno punti e non vincere con un ragazzo che non ne ha: è pazzesco dirlo ma è così. Non che i corridori non riescano ad emergere, noi abbiamo un neo professionista come Zingle che ha fatto bene, ha vinto qualche corsa ed è entrato trai i primi dieci».

Cimolai-Consonni, cambio di strategia in casa Cofidis?

13.05.2022
5 min
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Consonni ottavo a Scalea dopo il decimo posto di Messina non fa che risvegliare il quesito della vigilia, quando fu chiaro che Simone sarebbe stato il velocista della Cofidis e Cimolai il suo ultimo uomo. Consonni non è un velocista da volate di gruppo, non lo è mai stato. Ha pilotato Viviani, questo sì. Ed è anche vero che quando Elia non andava, l’opinione pubblica chiedeva di lasciare a lui gli sprint. Ma da quando i ruoli in squadra li decidono i tifosi?

La tappa di Potenza si è appena avviata da Diamante. Per Roberto Damiani sarà una delle più dure del Giro e sarebbe questo uno dei motivi per cui ieri il gruppo si è trascinato lentamente fino all’arrivo di Scalea.

«Il rischio è che stasera in gruppo ci saranno meno velocisti – dice accennando al tempo massimo – e spero anche che abbiano sistemato le strade. Quando sono venuto a vederla il mese scorso, c’erano almeno 100 chilometri messi piuttosto male».

Consonni non è un velocista puro, ma è molto veloce e tiene in salita: appuntamento domani a Napoli?
Consonni non è un velocista puro, ma è molto veloce e tiene in salita: appuntamento domani a Napoli?

Il gruppo va, ma prima che partisse abbiamo ragionato con il tecnico della Cofidis sugli equilibri fra i suoi velocisti. Anche per capire come mai si sia puntato su Consonni per le volate e non su Cimolai che lo scorso anno tornò a casa dal Giro con dei bei piazzamenti negli sprint, a fronte del secondo posto di Consonni nella tappa di Stradella vissuta completamente in fuga.

Perché Consonni velocista?

Abbiamo provato a farlo uscire dalla bolla di aiutante in cui ha vissuto con Viviani e nel frattempo anche lui ha capito che fare il capitano non è facile. So anche io che Cimolai vorrebbe fare le sue volate, ma almeno per queste prime tappe siamo stati chiari, lui è molto onesto e ha accettato di aiutare. Fra loro c’è accordo, in corsa e fuori corsa.

Consonni di base non è mai stato un velocista…

Si è fatto un discorso anche con lui. Ha manifestato la volontà di mettersi in gioco, anche se è vero che non ha le caratteristiche del velocista e che in gruppo ce ne sono 4-5 più esplosivi. Simone ha bisogno di tappe più dure, come quella di Messina in cui si sono staccati Cavendish e Ewan. Invece purtroppo per troppa foga, l’ha sbagliata completamente. Quando l’ho visto in seconda posizione ai 700 metri, ho capito che ormai era andata.

Non sarebbe più giusto nei suoi confronti infatti puntare su di lui in tappe come quella di Napoli, domani?

Decisamente sì, anche perché tutti ci ricordano quella di Stradella, vinta da Bettiol, in cui lui arrivò secondo e che aveva una serie simile di strappi. Oppure la tappa di Jesi, dove i velocisti si staccheranno e il finale è perfido, come in certi giorni alla Tirreno-Adriatico. Simone ci ha chiesto fiducia per la tappa di ieri, ma forse adesso converrà cambiare strategia.

Purché non la viva come una bocciatura…

Non ce n’è motivo. Abbiamo provato e con tutta serenità si può cambiare. Come spunto e attitudine, Cimolai è più velocista, Mentre Simone ha già pilotato Viviani e può farlo anche con il compagno. C’è anche da dire che la volata di ieri è stata abbastanza banditesca, con Ewan e Gaviria che non sono stati due gioiellini e anche Nizzolo che ha fatto la sua parte. Ma le volate sono così e soprattutto quando un velocista vuole vincere a tutti i costi, fa la sua linea.

Oggi tappa dura, domani giornata sulla carta adatta a Consonni: cosa gli hai consigliato?

Sia lui sia Cimolai dovranno stare vicini a Guillaume Martin (uomo di classifica della Cofidis, per ora 27° a 4’06”, ndr) per i primi 50-60 chilometri. Poi gruppetto.

Esiste un modo tecnicamente giusto di vivere il gruppetto, volendo puntare alla tappa dell’indomani?

La vecchia teoria prevede di non andare in rosso, di mangiare bene e portare la bici all’arrivo entro il tempo massimo. Inutile andare a cercare teorie su internet, che li condizionano fin troppo. Piuttosto meglio andare sul sicuro. E se ti rendi conto che per arrivare 10 minuti prima sei costretto a spendere troppo, tanto vale prendersi il tempo che serve, arrivare sul pullman, tornare in hotel, fare il massaggio e recuperare bene. Come la Quick Step e la Lotto a Messina. Quando hanno visto che non rientravano più, si sono rialzati e hanno recuperato per la tappa di ieri.

Axel Zingle dalla A alla Z. Conosciamolo meglio con Damiani

08.04.2022
6 min
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C’è un giovane francese di cui ci aveva parlato Roberto Damiani, il suo diesse, in termini più che positivi quasi due mesi fa. E noi incuriositi vorremmo sapere tutto di questo ragazzo. Dalla A alla Z, è il proprio il caso di dire. Stiamo parlando di Axel Zingle, ventitreenne della Cofidis in rampa di lancio in questa prima parte di 2022.

Per la verità ha già spiccato il suo primo volo verso la vittoria il 1° aprile conquistando La Route Adélie de Vitré (foto in apertura, ne abbiamo già parlato a proposito di Samuele Manfredi), semi-classica che si corre sulle strade nervose della Bretagna. E qualche giorno dopo, alla prima tappa del Circuite de la Sarthe (in programma dal 4 all’8 aprile), ha sfiorato il bis chiudendo terzo dietro Mads Pedersen (Trek-Segafredo) e Benoit Cosnefroy (Ag2R-Citroen).

L’emozione della prima

«Sono super felice – ha dichiarato Zingle, nativo di Mulhouse – aspettavo con impazienza il mio primo successo tra i pro’. Abbiamo fatto una grande corsa collettiva. Il nostro team si è preso le proprie responsabilità, tutti hanno dato il massimo ed io nel finale ho dovuto solo attaccare. E’ ancora più bello vincere con stile, in questo modo. Conosco sia Dorian che Valentin (rispettivamente Godon e Ferron, secondo e terzo, ndr) e sapevo che potevo essere più veloce di loro. Non ho esitato molto, sono partito ai 250 metri e non mi sono più girato. Questa vittoria mi permette di raggiungere un nuovo livello e spero di continuare così».

Se davvero ora Zingle – già campione francese negli U23 nel 2020 – abbia raggiunto un nuovo livello lo abbiamo chiesto a Damiani, che in lui vede un atleta di prospettiva e che ci aveva consigliato di seguirlo con attenzione.

Roberto come lo avete individuato?

Sono stati i miei colleghi francesi che lo avevano visionato quando correva tra gli U23 nel Centre Cycliste d’Etupes. Nel 2020 ha fatto uno stage con la Nippo Delko e l’anno scorso con noi, dopo che ce lo avevano proposto. Onestamente non lo conoscevo però ad agosto ce l’ho avuto al Tour Poitou-Charentes ed ho subito avuto una buona impressione. Ho visto che quando gli abbiamo chiesto un certo tipo di supporto alla squadra lo ha fatto senza problemi. Addirittura, quando lo abbiamo lasciato libero da vari compiti, nel finale nell’ultima tappa (dove si è piazzato sesto, ndr) era là davanti con una bella dose di personalità. Non è stato difficile fargli il contratto per il 2022.

Com’è stata la sua vittoria?

Vitrè è una corsa poco conosciuta in Italia ma di buon livello. Si disputa su un circuito nervoso da ripetere otto volte e fa parte della Coupe de France, challenge molto sentita dai francesi. Lì ha confermato quanto vi avevo detto di lui la volta scorsa. Oltre a sapersi gestire e tenere le prime posizioni sui vari strappi, ha fatto una grande volata battendo un rivale tosto come Godon. Quel giorno abbiamo fatto un buon controllo della gara ed abbiamo piazzato quinto Anthony Perez che è stato il nostro regista nel finale. E’ stato lui che ha suggerito ad Axel di partire in contropiede.

Anche il terzo posto a La Sarthe vale tanto…

Anche lì è partito un gruppetto, addirittura a quasi 70 chilometri dal traguardo. Anche per stessa ammissione di Pedersen è stata una tappa bella dura, con lotta fin dalle prime battute, come capita ormai sempre più frequentemente. Il fatto di essere in mezzo a corridori come il danese, Cosnefroy, Ganna e tanti altri è stata un’altra dimostrazione di grande personalità. Anche se è una parola negativa, per me Axel ha quell’egoismo buono e sano di quei corridori che corrono per vincere. Quando la gara entra nel vivo, e lui è presente, non ha problemi né ad aiutare i compagni né ad andare a cercare la vittoria in prima persona.

E quest’anno come sta andando, vittoria a parte?

Finora ha svolto un buon lavoro per la squadra al Saudi Tour e al Tour de Provence. Quando ha avuto carta libera ha cercato di sfruttare al meglio le occasioni centrando anche due settimi posti. Ha avuto qualche problema di salute, si è ammalato ad inizio marzo. Peccato, perché volevamo fargli fare Laigueglia e Tirreno-Adriatico, quest’ultima poteva essere ideale per le sue caratteristiche. Quando è rientrato ha mostrato le sue qualità da uomo da classiche vallonate.

Che calendario avete previsto per lui dopo questi risultati?

Ne dovremo parlare fra noi tecnici e preparatori, ma penso che per lui sia una buona occasione correre gare come la Freccia Vallone. Tra le classiche delle Ardenne è quella più indicata per inserire giovani come lui. Un po’ per il percorso impegnativo, un po’ perché non essendo più di 200 chilometri ti dà la possibilità di farlo crescere in modo graduale. Perché l’errore imperativo, nel processo di crescita dei giovani che stanno andando bene, è quello di fargli fare troppo poco o troppo in generale. La capacità di gestire bene un giovane sta in questo equilibrio. Poi potrebbe disputare anche la Liegi per capire che tipo di gara è e per fare esperienza. Anzi vi dirò di più…

Spiegaci pure…

Per me, per le sue caratteristiche e per come si sta evolvendo la Milano-Sanremo, nei prossimi anni potrebbe essere un corridore protagonista su Cipressa e Poggio. Infatti se non si fosse ammalato, quest’anno lo avremmo portato alla Classicissima per fargliela provare. In allenamento è una cosa, in corsa è un’altra. Queste grandi classiche prima vanno conosciute. Qui prendi le botte ed impari mentre nelle gare più adatte a te vai dentro per fare risultato.

Axel che tipo è?

E’ un ragazzo tanto tranquillo giù dalla bici quanto determinato in corsa. Non ha particolari grilli per la testa. La sua determinazione sta nel fatto che lui sa che si sta giocando delle buone opportunità in questi mesi e lo sta facendo al meglio. Di lui mi piace molto, lo ripeto, che ha quella giusta aggressività agonistica che non fa mai male. Inoltre come succede per tanti ha un passato da ciclocrossista e biker (due medaglie europee da junior nel 2016 e da U23 nella Mtb ha corso col Team Absolute Absalon, ndr) e queste esperienze tornano sempre utili.

Hai avuto tanti corridori nella tua carriera, chi ti ricorda a grandi linee?

Non è mai bello fare paragoni perché è sempre difficile però per caratteristiche il primo che mi viene in mente è Diego Ulissi. Tra l’altro proprio quando eravamo assieme alla Lampre, gli avevamo fatto fare la Freccia Vallone con l’idea di fargli fare risultato, dove infatti fece nono (era il 2012, ndr). Forse Axel è un po’ più potente di lui ma ognuno poi ha le sue caratteristiche.

Sabatini: anche in ammiraglia, non passa il mal di gambe

22.03.2022
5 min
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Sabatini è salito in ammiraglia. Di correre non aveva più voglia, era chiaro. Lo scorso anno, in un video dal Giro di Polonia, era parso chiaro che il suo viaggio nel ciclismo fosse bello e finito. Però non si chiude una porta così importante e semplicemente si cambia strada. Così, quando Cedric Vasseur ha iniziato a parlargli di un nuovo ruolo alla Cofidis, il toscano si è affrettato a prendere i primi due livelli, programmando il terzo nella prossima estate.

«Dopo la Sanremo – sorride – ho mal di gambe, soprattutto quella della frizione. Però ammetto che mi ha fatto strano arrivare in Riviera dal Turchino e vederli passare sulla Cipressa mi ha emozionato».

Fabio è un toscano atipico. La battuta pronta non manca, ma di base è un po’ brontolo anche lui come Noè. Non è mai stato (non troppo, almeno) di quelli che ti dava la risposta comoda. Pane al pane, vino al vino. E alla fine con questo modo di fare e di essere, si è ricavato il rispetto del gruppo, dei suoi capitani e dei suoi tecnici.

Al Polonia si era capito che la carriera di Sabatini come atleta fosse agli sgoccioli
Al Polonia si era capito che la carriera di Sabatini come atleta fosse agli sgoccioli
Come sei arrivato all’ammiraglia?

Il ruolo è sempre stato nell’aria. Ho parlato con Vasseur. Ho preso la tessera per poter salire in macchina. Mi hanno provato alla Tirreno per vedere come fossi e devo essergli piaciuto, visto che mi hanno chiesto di andare alla Sanremo e poi al Giro.

Il tuo ruolo è stato delineato?

Mi hanno preso per impostare i finali in volata. Sono andato a vedere gli arrivi e poi via radio trasmettevo le mie osservazioni ai direttori in corsa. Un ruolo importante, che non tutte le squadre ancora hanno capito. Ad esempio ho potuto dire che il ponticello verso l’arrivo di Terni sarebbe stato pericoloso e se restavi indietro, non rimontavi. Quando correvo con Petacchi, mandavamo in avanscoperta Andrea Agostini, che avendo corso, sapeva cosa guardare.

Ti piace?

Molto, è quello che avevo chiesto e che speravo di poter fare.

Alla Quick Step è stato anche l’ultimo uomo di Kittel. Qui nel 2017
Alla Quick Step è stato anche l’ultimo uomo di Kittel. Qui nel 2017
Hai anche interagito con i corridori?

Nelle riunioni, Roberto Damiani mi chiedeva di parlare, anche se io non volevo farlo per non entrare nei ruoli di altri. Però chiedeva il mio parere su come sarebbe potuta andare la corsa e io a quel punto rispondevo.

C’è un tecnico cui pensi di ispirarti?

Sono uno che sente tanto la corsa. Quando siamo arrivati terzi a Bellante con Lafay, avrei spaccato la macchina da quanto mi ero esaltato. Mi ispiro a direttori come Bramati, mi è piaciuto molto lavorare con Zanatta e poi con Damiani. La mia paura semmai è salire in macchina…

In che senso?

Il corridore prende cento volte più rischi di un direttore sportivo, perché la bici ha due ruotine sottili e la macchina ne ha quattro. Ma fare la discesa in mezzo ai corridori che ti passano a destra e sinistra, magari giù dal Carpegna che fuori c’erano due gradi sotto zero… Credo di non aver mai sudato tanto come quel giorno.

Nel magico 2018 di Viviani, qui alla Vuelta, lo zampino di Fabio
Nel magico 2018 di Viviani, qui alla Vuelta, lo zampino di Fabio
Ti sei mai pentito di aver smesso?

Dopo la Sanremo, mi sono detto: «Meno male che ho smesso!». Erano anni che non si faceva la Cipressa forte a quel modo. Prima le squadre venivano alla Sanremo col velocista, c’erano sempre gli attacchi e poi era tutto un inseguire. Oggi è battaglia continua. Credo di aver smesso proprio nel momento giusto. Ho smesso sereno e mi dispiace ad esempio per Visconti, che lo ha fatto con un po’ di magone. Gli ho mandato un messaggio. Io ho deciso di chiudere, quando ho capito che il mio livello era calante, quando ho capito che non avrei potuto più fare il mio lavoro.

Si dice che il direttore sceso da poco di sella capisce meglio i corridori di oggi…

E’ vero, il ciclismo è tanto diverso rispetto a 20 anni fa. Riusciamo a capire il perché di certe risposte, anche quando il corridore non ti dice la verità e vedi quel che c’è dietro. Inoltre il livello di corsa ora è così alto e la vita è così esigente che se non l’hai provato sulla pelle, fai fatica a capirlo.

Sei stato ultimo uomo di Kittel e Viviani, cosa ti pare di Cimolai e Consonni che ti troverai a guidare?

Cimo l’ho visto bene a San Benedetto, fa la vita al 100 per cento e, avendo corso con lui, lo conosco davvero bene. Conso l’ho conosciuto da un paio di anni. Sono forti, ma ancora gli manca quel picchetto in più che ti permette di vincere. Puoi trovarlo oppure no, può dipendere dalla preparazione o dalla propria natura. Tanti corridori, non parlo specificamente per loro, devono capire che è un lavoro e che ci sono altri ruoli oltre a quello del velocista. Si lavora per guadagnare e si prende di più lanciando il velocista che vince, piuttosto che facendo continui piazzamenti. Per carità però, sono scelte personali…

Cimolai e Consonni sono nella stagione delle conferme: Sabatini su questo è molto netto
Cimolai e Consonni sono nella stagione delle conferme: Sabatini su questo è molto netto
Consonni è giovane…

Ed è ancora alla ricerca della strada. Prima è stato accanto ad Elia (Viviani, ndr), ora finalmente è leader e ha il tempo necessario per capire.

Vai ancora in bici?

Volevo oggi, ma era il giorno libero di mia moglie e siamo andati fuori a pranzo. Però 3-4 volte a settimana continuerò ad andarci. Mi serve per stare bene, non certo per staccare qualcuno…

Cofidis, un buon inizio per salvare la licenza WT

25.02.2022
5 min
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L’inizio di stagione è sempre un ottimo periodo per mettere fieno in cascina ma senza viverci di rendita. Per la Cofidis sembra essere questa la filosofia dell’avvio di 2022, soprattutto in ottica ranking World Tour. Le licenze per il 2023 infatti verranno assegnate in base ai punti di graduatoria al termine dell’attuale ciclo triennale alla fine di quest’anno.

Damiani guida la Cofidis. Qui al Tour of Oman 2019
Damiani guida la Cofidis. Qui al Tour of Oman 2019

Damiani e gli obiettivi

La formazione francese (che partiva dalla zona retrocessione del WT) ha aperto la sua annata in grande spolvero centrando già quattro vittorie (tra il 3 e il 12 febbraio) con due degli undici nuovi innesti. Bryan Coquard e Benjamin Thomas sono andati a segno due volte ciascuno. Seconda tappa sia all’Etoile de Besseges sia al Tour de la Provence per il 29enne velocista di Saint-Nazaire giunto dalla B&B Hotels Ktm. Terza frazione e classifica generale all’Etoile de Besseges invece per il 26enne cronoman bresciano d’adozione arrivato dalla Groupama-Fdj.

Due corridori (entrambi pistard con medaglie olimpiche e mondiali) con grandi ambizioni di rilancio, se non addirittura di definitiva consacrazione, che sembrano perfetti per meccanismi e strategie con il resto della squadra biancorossa. Abbiamo sentito Roberto Damiani, diesse della Cofidis dal 2018, per parlare di questo momento e capire i loro obiettivi.

Coquard Provence 2022
La vittoria di Coquard nella seconda tappa del Tour de la Provence, battendo due campioni come Alaphilippe e Ganna
Coquard Provence 2022
La vittoria di Coquard nella seconda tappa del Tour de la Provence, battendo due campioni come Alaphilippe e Ganna
Roberto, siete partiti molto forte…

Le vittorie sono sempre una buona cosa, soprattutto ad inizio stagione perché ti danno l’idea del lavoro fatto in inverno. Siamo contenti di questi quattro successi, che sono un buon bottino. Ma restiamo con i piedi per terra. Dobbiamo continuare a progredire perché è un anno importante per i punti e per il rinnovo delle licenze.

Che vittorie sono state?

Innanzitutto ci danno un grande morale. Sono state conquistate con atleti nuovi che non vincevano da diverso tempo. Coquard che batte in volata prima Pedersen e poi Alaphilippe (gli ultimi campioni del mondo, ndr) è un bel vedere. Stesso discorso vale per Thomas. Hanno portato una bella ventata di tranquillità ed euforia allo stesso tempo. Non dimenticherei nemmeno Guillaume Martin che si è già fatto vedere al Tour des Alpes Maritimes et du Var (per lui un quinto e un secondo di tappa e terzo nella generale, ndr). Stiamo lavorando serenamente.

La lotta per aver nuovamente diritto alla licenza sembra serratissima.

Noi siamo rientrati nel WT nel 2020 e ce la giochiamo con 5-6 formazioni. Ci sono differenze di struttura e budget. Noi non abbiamo i fondi di Ineos Grenadiers o Quick Step-Alphavinyl pur avendo con Cofidis tutta la tranquillità economica del mondo. Facciamo la corsa su team come Lotto-Soudal, Intermarchè-Wanty-Gobert e le altre squadre che stanno lottando per questo obiettivo (Israel-Premier Tech, Movistar e BikeExchange-Jayco sono le altre che rischiano di essere trascinate nella zona retrocessione, ndr).

Avete cambiato la vostra anima con le tante operazioni di ciclomercato?

C’è stato un grosso cambiamento nel nostro roster, con undici nuovi arrivi. E’ stato fatto chiaramente con l’idea di migliorare. Abbiamo cercato di prendere atleti che nei loro settori, di capacità di aiuto o di risultato, potessero far crescere il peso specifico della squadra.

Guillaume Martin quest’anno esordirà al Giro d’Italia cercando di fare classifica
Guillaume Martin quest’anno esordirà al Giro d’Italia cercando di fare classifica
I vostri intenti quali sono?

Il buon inizio di stagione, ripeto, ci ha dato serenità. Andiamo avanti senza eccessi anche se chiaramente vogliamo fare più vittorie e punti possibili. Il Tour de France, per una formazione storica francese come la nostra, resta un obiettivo primario. Quest’anno verremo al Giro d’Italia con Martin, uno dei nostri migliori scalatori, che viene anche per conoscere la corsa rosa visto che non l’ha disputato prima. Ovvio che con un corridore di questo genere cercheremo di fare il meglio possibile in classifica ma senza fare proclami.

Il marchio Cofidis è uno dei più longevi nel ciclismo professionistico essendoci ininterrottamente dal 1997. Come la vivi da italiano?

Con grande invidia per la qualità del movimento ciclistico francese. Vorrei una Cofidis italiana, ovvero una azienda italiana che creda nel ciclismo come ci crede Cofidis. Sarebbe una luce accesa per noi. Di fatto ha triplicato le sue forze. Dopo la squadra di paraciclismo, che era presente già da tanto tempo, quest’anno c’è anche il team continental femminile. E il loro progetto è a lungo termine. Da diesse invece, il fatto di avere alle spalle una azienda come Cofidis ci inorgoglisce e ci stimola ancora di più. E’ una squadra che ha la sua… francesità, pur essendo una formazione francese con meno corridori della sua nazione.

Roberto prima di salutarti, a parte i nomi che abbiamo già fatto, quali altri corridori ci vuoi segnalare per questo 2022?

Uno è certamente Simone Consonni, che ormai è decisamente più libero di fare la propria gara. Non posso dimenticare Ion Izagirre che purtroppo è caduto in Algarve facendosi male ad una mano. Lui è uno dei punti di forza che abbiamo preso quest’anno (arriva dall’Astana, ndr). Infine faccio i nomi di due giovani francesi, Axel Zingle e Hugo Toumire (che erano stagisti nel finale del 2021, ndr). Il primo è un passista classe ’98. Un uomo da classiche, con un buono spunto veloce che tiene bene su certi tipi di strappi. Il secondo invece ha 20 anni, fisico e caratteristiche da scalatore. Ovviamente bisogna dargli un po’ di tempo ma sono due ragazzi molto interessanti. Questo dimostra come Cofidis, in tutti questi anni, guardi ancora ai giovani. E su di loro ve lo dico, seguiteli.

EDITORIALE / Botta e risposta sull’utilità dei ritiri

07.02.2022
4 min
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I discorsi di Madiot. Il richiamo agli alleati che nel 1944 sbarcarono in Normandia. Il dichiarare che il 2022 sarà diverso perché finalmente si sono potuti fare dei ritiri completi. Lo spirito di squadra. Sarà vero?

Romanticismo o ragione?

La prima sensazione va in questo senso. Chiamatelo romanticismo, ci piace immaginare la squadra insieme a tavola, nella condivisione di obiettivi comuni. Il pedalare insieme. Il farsi la mezza ruota per marcare il territorio. E tutto sommato crediamo siano dinamiche utili per consolidare il gruppo. Ma sarà davvero così?

«Non credo proprio – dice Roberto Damiani, in partenza per il Tour of Oman – che i ritiri servano per creare lo spirito di squadra. Non si creano certe dinamiche in una settimana e neanche in due. Il ritiro permette a noi direttori di conoscere meglio i corridori, questo sì, soprattutto i giovani. Allenarsi bene è un vantaggio, ma non è decisivo. Lo conferma il fatto che lo scorso anno, con i ritiri impediti dal Covid, c’erano lo stesso squadre subito compatte, perché avevano al loro interno uomini capaci di fare gruppo. Il non aver lavorato insieme non cambia lo spirito».

Damiani guida la Cofidis. Qui al Tour of Oman 2019
Damiani guida la Cofidis. Qui al Tour of Oman 2019

Il mondo dei social

Qui il discorso si fa interessante e torna su un tema che si è spesso affrontato con corridori e tecnici. E che dal nostro punto di vista è condizionato anche dal tipo di hotel che ospitano i corridori nei ritiri di dicembre e gennaio. Strutture mastodontiche in cui diventa difficile incontrarsi rispetto agli hotel in cui ad esempio negli anni 90 le squadra alloggiavano in Toscana.

«Rispetto ai ritiri pre-social – dice ancora Damiani – è cambiato tutto. Non voglio andare indietro a Gimondi, ma a poco tempo fa. Prima si faceva goliardia, i corridori passavano del tempo insieme. Adesso è in voga l’abitudine che ognuno fa quel che deve e poi basta. Devi cercarli nelle camere. E’ quello che succede alle corse, dove però è più comprensibile, perché dopo la gara devi recuperare. Puoi provarci, ma si riesce a legare molto meno. Capita più che siano momenti utili per lo staff, loro davvero li trovi insieme a farsi una birra e raccontarsi le cose della vita».

Marc Madiot è certo che la sua squadra sarà più unita grazie ai due ritiri svolti (foto Groupama-Fdj)
Marc Madiot è certo che la squadra sarà più unita grazie ai ritiri svolti (foto Groupama-Fdj)

Manca qualcosa?

Il mondo cambia, impossibile opporsi al fluire del tempo. Impossibile e anche inutile. I ragazzi sono coinvolgibili soltanto proponendo argomenti che li interessino davvero, altrimenti trovano più stimolante passare il proprio tempo nella casa virtuale del proprio device. Bramati ad esempio è un direttore della nuova scuola, che sa coinvolgere i propri corridori che, non a caso, nel ritiro di Calpe abbiamo trovato spesso attorno a un tavolo a chiacchierare, bevendo un caffè.

«Soprattutto se la squadra ha avuto dei cambiamenti – dice il bergamasco della Quick Step-Alpha Vinyl (la foto del ritiro in apertura è di Wout Beel) – il ritiro è importante per conoscersi e unirsi. Noi siamo riusciti a farne due anche lo scorso anno, ma mi rendo conto che laddove ci siano stati dei divieti per Covid, aver perso il ritiro può essere stato una bella mancanza. Secondo me il ritiro è importante per farsi conoscere e lavorare bene al caldo, soprattutto quando hai tanti corridori che vivono in luoghi freddi come il Belgio. Credo che a Calpe abbiamo lavorato bene, nelle prime corse si è visto».

Bramati rivendica l’utilità del ritiro per compattare la squadra
Bramati rivendica l’utilità del ritiro per compattare la squadra

Scuole diverse

Chi ha ragione? Alcuni diesse che sono stati corridori fino a ieri assecondano la voglia dei corridori di starsene da soli. Quelli più esperti stanno un passo indietro e magari masticano amaro. Serve grande carisma per proporre un modello di squadra diverso. Madiot sembra essere uno di quelli che ci provano, Bramati appare in sintonia. Benvenga il lavoro dei preparatori, più che mai necessario. Benvengano i nutrizionisti e gli psicologi. Benvengano tutti. Ma questa voglia di non condividere nulla più del dovuto è qualcosa su cui dobbiamo interrogarci o ci sta bene così?