Thomas, la fuga giusta. E su Pogacar, Damiani si schiera

08.05.2024
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«Ragazzi – dice Damiani durante la riunione del mattino – guardate l’altimetria della tappa. Non è scritto da nessuna parte che si debba arrivare in volata».

Ben Thomas sta osservando proprio il profilo della Genova-Lucca e annuisce. Sul pullman della Cofidis si ragiona ad alta voce. Non hanno un velocista all’altezza di Milan e degli altri, perciò ogni tappa vagamente mossa può offrire il pretesto per un attacco. E quando i corridori scendono per andare alla partenza, hanno fatto loro un concetto espresso dal direttore sportivo lombardo. Il ciclismo non è matematica: se sei un velocista buonino, ma evidentemente battuto, devi provare a fare qualcosa di diverso. Sei corridori su otto della squadra francese andranno in fuga e la strategia paga. A 28 anni compiuti, Benjamin Thomas ha vinto la tappa, cogliendo la vittoria più bella su strada. Su pista invece il francese è una star e di questo si accorge Valgren, quando lo vede sprintare da seduto come nella volata finale di una madison».

«Prima è andato in fuga Getschke – racconta Damiani, che questa squadra l’ha assortita proprio per attaccare – però l’hanno ripreso. Sapevano che se ci fossero stati altri attacchi, avrebbero dovuto seguirli. Invece la seconda volta è stato proprio Benjamin ad attaccare. Aveva bisogno di ritrovarsi, anche mentalmente. L’anno scorso ha avuto una stagione abbastanza dura, soprattutto verso la fine tra pista e strada. Invece un paio di giorni fa dopo la tappa mi ha detto: “Lo sai che oggi mi sono proprio divertito?”. E io gli ho risposto che quello era un segnale incredibilmente bello e l’ho detto anche in riunione».

La Alpecin è la squadra che più ha lavorato nell’inseguimento, le altre sono mancate
La Alpecin è la squadra che più ha lavorato nell’inseguimento, le altre sono mancate

Chi vince non sbaglia

L’altimetria parlava del Passo del Bracco e di Montemagno a ridosso del finale, ma è palese che fra le squadre dei velocisti qualcuno abbia preso una cantonata. Soltanto la Alpecin-Deceuninck ha provato a lavorare di squadra e Damiani torna sul discorso ripartendo da un concetto appena esposto nell’intervista flash della RAI dopo l’arrivo.

«Chi vince ha fatto tutto bene, chi perde ha fatto degli errori. Qui al Giro – spiega Damiani – ci sono 3-4 squadre con dei velocisti che possono vincere tutti i giorni. Ma secondo me una aspetta sempre un po’ di più l’altra. Oggi, come dicevamo, la Alpecin si è spesa di più, poi la Soudal e la Lidl-Trek, ma hanno messo un solo uomo e solo quando si sono resi conto che la fuga gli stava facendo le scarpe. Avevamo studiato bene gli ultimi 5 chilometri per entrare in città, con il pezzettino di pavé, la curva a sinistra e la curva destra. In quei tratti sicuramente è più vantaggiosa la situazione di chi è in fuga e poi erano dei bei pedalatori. Quando c’è una fuga, devi valutare anche chi c’è dentro».

Pietrobon ha collaborato per buona parte della fuga, poi ha tentato il colpaccio nel finale
Pietrobon ha collaborato per buona parte della fuga, poi ha tentato il colpaccio nel finale

L’effetto domino

Per la Cofidis la ruota è girata e adesso si attende l’effetto domino che nel Tour dello scorso anno mise le ali ai piedi a tutti i ragazzi del team. Per cui alla vittoria di Lafay fece seguito a breve quella di Izagirre.

«Certo che si riprova – sorride Damiani – assolutamente, però con la serenità di avere già una vittoria in tasca. La vittoria di Ben sarà una bella spinta, perché è uno dei leader della squadra. In ogni meeting, lui entra con personalità, con estrema educazione, però tira fuori quello che ha in testa. E’ uno che studia molto i finali, è un bell’uomo squadra, non solo quello che ascolta in silenzio. Sul pullman è uno di quelli che aveva valutato meglio la tappa. Perciò è stato lui a proporre di mettere un corridore vicino ad Aniołkowski per salvare il velocista e poi tutti all’attacco, mentre gli altri sei avrebbero provato».

Dopo l’arrivo, Thomas sfinito dalla fatica e dall’emozione
Dopo l’arrivo, Thomas sfinito dalla fatica e dall’emozione

Il fantasma di Carcassonne

Thomas arriva dopo i tanti rituali del dopo tappa. Dopo l’arrivo si è seduto per terra, ancora incredulo. Quando sono arrivati i compagni lo hanno sollevato di peso per abbracciarlo come si deve.

«Vivo in Italia da sette anni – dice – e sono felice di aver ottenuto la mia prima grande vittoria su strada qui. Onestamente, mi ero segnato alcune tappe in cui attaccare, ma non questa. Ho seguito il mio istinto e ho chiesto in gruppo se qualcuno voleva seguire la mia azione. Valgren era pronto, così come Paleni. Abbiamo interpretato l’azione come fosse un inseguimento a squadre su pista, ci siamo dati cambi regolari, ma non credevo che ce l’avremmo fatta. Quando siamo entrati nel ciottolato a 3 chilometri dall’arrivo, ho pensato che avremmo potuto giocarci la vittoria. Nel ciclismo mi piace giocare, altrimenti avrei già smesso. All’arrivo il mio gesto era un omaggio alla canzone ‘Zitti e buoni’ dei Maneskin. E’ il primo successo stagionale del mio team, è stato bello vederli tutti felici all’arrivo».

Ben vive a Desenzano con la compagna Martina Alzini. Proprio di recente li avevamo incontrati perché raccontassero la bici Look del team e ci avevano dato l’idea di una coppia davvero spensierata nella condivisione della comune passione per il ciclismo. Martina è passata a salutarlo al via da Novara, con sui padre e sua nonna, mentre oggi non c’era.

Questa volta la UAE Emirates si è disinteressata della fuga e dell’inseguimento
Questa volta la UAE Emirates si è disinteressata della fuga e dell’inseguimento

Benedetto sia Pogacar

Il Giro riparte domani per la tappa sugli sterrati di Rapolano che potrebbe mettere nuovamente le ali ai piedi di Pogacar. Sul suo allungo nel finale di Fossano si è detto tanto, i social sono impazziti. Eppure su questo Damiani ha una posizione a parte.

«Se Pogacar si sente di fare così – dice Damiani – non saranno le critiche a fermarlo. Da direttore sportivo non gli direi mai di attaccare in un arrivo come quello di Fossano, però probabilmente lui segue molto l’istinto e sono convinto che, se uno ha una buona condizione, non è la menata di Fossano che gli fa perdere il Giro. Poi ci saranno i soliti benpensanti, che conoscono tutto il ciclismo. E se per caso vince il Giro e fa secondo al Tour, diranno che è stato per lo scatto di Fossano. Io non sono qui per vincere il Giro, ma le tappe. La penserei allo stesso modo se oggi fosse uscito dal gruppo e avesse ripreso Thomas vincendo al posto suo? Non l’ha fatto e nemmeno a Fossano è uscito per andare a prendere una fuga. E’ partito seguendo un attacco, è diverso.

Oggi Pogacar ha lasciato fare: sta già pensando agli sterrati di Rapolano?
Oggi Pogacar ha lasciato fare: sta già pensando agli sterrati di Rapolano?

Come Bocca di Rosa

«Non sarei stato felice – conclude Damiani – se oggi avesse messo la sua squadra a chiudere sulla fuga, in una tappa per velocisti. Invece in maniera intelligente ha lasciato spazio, pensando forse a domani, ma certo anche alla crono e a Prati di Tivo. A me sinceramente non pare che faccia niente di disdicevole. E’ un campione, uno che quando sente il profumo di vittoria va a cercarla, bello che sia così. Abbiamo martellato per anni tutti quei campioni calcolatori che facevano solo il Giro o solo il Tour e adesso ce la prendiamo con questo che vince le classiche e poi viene a vincere il Giro? Chapeau a lui. Sinceramente non lo conosco, probabilmente gli ho detto tre volte ciao, però tanto di cappello. Quando sento queste cose, mi sembra di sentire la canzone Bocca di Rosa di De André. Sul fatto che è bello e vince, mentre agli altri non restano che i commenti. E’ meglio un Giro con lui da solo oppure un Giro di piccoli calibri che se le danno fra loro?».

Damiani prepara una Cofidis d’assalto

30.04.2024
4 min
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Non solo Tadej Pogacar, il Giro d’Italia è anche quello di chi va a caccia di tappe. Di chi magari fa divertire il pubblico tutti i giorni. Il Team Cofidis potrebbe ricoprire questo ruolo. A guidarla sarà, come succede da ormai sette anni, Roberto Damiani.

E’ lui che ci presenta la “squadra rosa”. Damiani ci dice chi può fare bene e chi invece è chiamato a fare esperienza del suo team. Team che lo scorso anno alla fine si comportò benone, specie con Thomas Champion, spesso in fuga e vero lottatore. A Roma il tecnico ci disse: «Ce ne fossero di corridori coraggiosi come Thomas».

Roberto Damiani (classe 1959) in ammiraglia lo scorso anno a Roma
Roberto Damiani (classe 1959) in ammiraglia lo scorso anno a Roma
Roberto, che Team Cofidis vedremo?

Direi una squadra simile a quella della passata stagione, ma con un velocista che, forse, sta un po’ meglio, anche se quello che avevamo l’anno passato era un nome di qualità, Simone Consonni. Il velocista in questione è Stanislaw Aniolkowski. Un buon corridore che arriva bene al Giro.

E poi c’è Stefano Oldani, il capitano. Al Giro ha già colpito…

Stefano ha avuto tanti acciacchi ad inizio stagione e in questa squadra da combattimento per tutti i giorni ci sta bene. Tanto più che non abbiamo un vero uomo per la classifica. Questi ultimi tra l’altro hanno dimostrato di andare davvero forte e non mi riferisco solo a Pogacar.

Oldani in azione. Stefano ha vinto al Giro nel 2022. Alla Cofidis avrà più spazio
Oldani in azione. Stefano ha vinto al Giro nel 2022. Alla Cofidis avrà più spazio
A chi altro ti riferisci?

Dico in generale. Penso a Geraint Thomas per esempio. Lui è un grande professionista, ha preparato bene il suo Giro e in generale si sa preparare bene. Ha puntato tutto sulla corsa rosa. Poi dico che già Oropa può fare subito la differenza e bisognerà vedere se Pogacar prenderà subito la maglia rosa ed eventualmente se la sua squadra la vorrà tenere, perché questo di conseguenza inciderà anche sulla corsa e per squadre come noi.

Cioè?

Se Pogacar decide di perderla e la maglia rosa va ad un team che al contrario la vuole difendere, magari ci sono più difficoltà per le fughe di andare in porto.

Torniamo ad Oldani, dicevamo dei suoi problemi…

Adesso li ha risolti. In questi pochi mesi che lavoro con lui ho trovato un professionista esemplare, un ragazzo che s’impegna per se stesso e che sa mettersi a disposizione della squadra. Diciamo che ho fiducia in quel che potrà fare.

Benjamin Thomas torna al Giro dopo 4 anni. E’ un altro pistard che ha preferito la corsa rosa al Tour in vista delle Olimpiadi
Benjamin Thomas torna al Giro dopo 4 anni. E’ un altro pistard che ha preferito la corsa rosa al Tour in vista delle Olimpiadi
Oldani è capitano: è un leader? Si sente un leader?

Non è ancora un leader. Per essere leader servono anche i risultati. Poi come persona direi che può esserlo. Si mette in gioco. Al Romandia è andato per il team, per esempio.

A Vendrame, per esempio, i diesse hanno chiesto le sue intenzioni per questa o quella tappa, tu con Oldani sei andato a vedere qualche tappa? Ne avete cerchiata qualcuna di rosso?

Non di persona. Tra l’altro con la tecnologia che abbiamo oggi si riesce a capire tanto: mappe, altimetrie, pendenze… Poi è mancato il tempo materiale, tanto più che con i problemi avuti abbiamo cambiato i programmi in corso d’opera e lo abbiamo mandato al Romandia. Credo che le prime due tappe siano un po’ complicate, la terza è in volata, ma già dalla quarta un buon Stefano Oldani può giocarsela.

Simon Geschke (classe 1986) quello che si appresta ad affrontare sarà il suo 19° grande Giro
Simon Geschke (classe 1986) quello che si appresta ad affrontare sarà il suo 19° grande Giro
E poi ci sono gli altri. Partiamo da Champion…

E’ al Giro per andare in fuga e cercare una vittoria di tappa. L’anno scorso, tappa dopo tappa emerse per un po’ anche l’idea di fare classifica: direi di no. Direi che deve andare in fuga con l’idea e la consapevolezza che stavolta può andare davvero all’arrivo. Insomma le sue non saranno fughe per la tv.

Andiamo avanti: in questa squadra di attaccanti, c’è Simon Geschke…

Il mio vecchietto e me lo tengo stretto! Lui resta un “cagnaccio”. Ha una grande esperienza e una forte motivazione, visto che questo sarà il suo ultimo grande Giro in carriera. Io gli dò fiducia. A proposito – riprende Damiani dopo una breve pausa – volete un nome?

Vai!

Nicolas Debeaumarché. E’ un buon nome per le fughe. E’ al suo primo grande Giro e un po’ come Champion lotterà per le tappe. Ecco, lui potrebbe essere una bella sorpresa.

EDITORIALE / Si poteva evitare lo scempio della Freccia Vallone?

22.04.2024
5 min
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LIEGI (Belgio) – La settimana scorsa eravamo sparsi in ogni angolo d’Europa, la qual cosa ci riempie di orgoglio. Alberto Fossati, appena tornato da un viaggio in Spagna con Ridley, è quello che come meteo se l’è passata meglio. Simone Carpanini e Gabriele Bonetti erano al Tour of the Alps e si sono presi la loro dose di neve e pioggia. Stefano Masi all’Eroica Juniores ha visto l’annullamento di una tappa per la grandine. Infine il sottoscritto, tra Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi, ha vissuto una settimana d’inverno in Belgio. In attesa di fare ritorno in Italia, è venuto perciò spontaneo fare una riflessione sul diverso trattamento che le condizioni meteo avverse hanno avuto nelle tre corse in questione.

Eroica Juniores, tappa annullata

In Toscana, vuoi un mezzo sciopero (tutto da capire) dei corridori e vuoi qualche indicazione imprecisa, la Giuria ha ritenuto di annullare la terza tappa, data la presenza di grandine sulla strada, che rendeva impraticabile la discesa finale su Montevarchi. Si poteva passare? Decisione presa e palla al centro: ha vinto l’interesse dei corridori. Se non lo avete ancora fatto, potete leggere tutto nell’articolo di Stefano Masi.

«Probabilmente – ha detto il direttore di corsa Paolo Maraffon – si sarebbe potuto fare l’arrivo in cima a Monte Luco. Solo che a Levane, dove c’è stata l’effettiva neutralizzazione, i corridori sono andati dritti alle macchine. Quindi alla fine la decisione è stata quella di non ripartire, i ragazzi hanno praticamente fatto sciopero. Per carità, tutto legittimo, anche perché avevo quattro ragazzi in macchina e tutti tremavano dal freddo. Uno di loro lo abbiamo dovuto accompagnare in due tenendolo per le braccia».

Eroica Juniores, terza tappa annullata. Un corridore intirizzito cerca di riscaldarsi
Eroica Juniores, terza tappa annullata. Un corridore intirizzito cerca di riscaldarsi

Tour of the Alps, freddo sopportabile

Al Tour of the Alps, i corridori hanno preso freddo, ma evidentemente non c’erano le condizioni per applicare il protocollo sulle avverse condizioni meteo.

«Abbiamo trovato neve guidando sul Brennero per rientrare in Italia – spiega Simone Carpanini – mai sulla corsa. L’unica tappa un po’ al limite è stata la terza, quella di Schwaz, in cui è andato in fuga Ganna e che alla fine ha vinto Lopez su Pellizzari. Era una tappa di 124 chilometri, il freddo c’era, ma soprattutto perché i corridori non se lo aspettavano ad aprile. Alcuni sono andati in fuga per scaldarsi, ma niente di troppo estremo. Ricordo che nei giorni successivi ne ho parlato con Pellizzari, mi sembra, e mi diceva che erano stati fortunati a non avere avuto le stesse condizioni della Freccia Vallone. Le immagini di Skjelmose semi assiderato li hanno colpiti parecchio».

Terza tappa del Tour of the Alps: Pellizzari si congratula con Lopez, dopo la sfida sotto la pioggia gelida
Terza tappa del Tour of the Alps: Pellizzari si congratula con Lopez, dopo la sfida sotto la pioggia gelida

Il caso Freccia Vallone

Già, che cosa è successo alla Freccia Vallone? Le previsioni meteo, che ormai non sbagliano un colpo, dicevano che intorno all’ora di pranzo su Huy si sarebbe abbattuta una sorta di tormenta di ghiaccio. Per questo motivo, Roberto Damiani che rappresentava i gruppi sportivi, ha proposto alla Giuria di valutare la riduzione di un giro: arrivo sul terzo Muro d’Huy, anziché sul quarto. La risposta è stata: «Vediamo» e non lasciava presagire niente di buono. Come spesso accade, nulla ha detto invece Staf Scheirlinckx, rappresentante del CPA per il Belgio.

Quando all’ora di pranzo sulla corsa si è abbattuta la nevicata mista a grandine, con temperatura di due gradi, dalle auto della Giuria non è arrivato alcun cenno. Risultato finale: chi si era coperto alla partenza, sudando come in sauna per le prime due ore di corsa, è riuscito a fare la corsa. Gli altri hanno patito una gelata che non dimenticheranno e che ha condizionato il resto della loro settimana. In ogni caso, la Freccia si è conclusa con 44 corridori all’arrivo, 129 ritirati e 2 che non sono partiti.

Dopo l’arrivo, la rivalsa di alcuni team manager e direttori sportivi si è abbattuta sul loro rappresentante: Roberto Damiani. Il quale ha fatto presente di aver segnalato la cosa per tempo e di aver offerto anche una via d’uscita. Annullare un giro a Huy non avrebbe falsato la corsa: «Ma andava fatto subito – dice Damiani – prima che Kragh Andersen andasse in fuga».

Interlocutori diversi

Qualcuno ha scritto sui social che se i corridori si lamentano per queste condizioni, forse hanno sbagliato mestiere. Altri hanno fatto notare che quando Hinault vinse la Liegi nel 1980, finirono la corsa solo 21 dei 174 corridori partiti.

Tutto si può fare e dire. «Non c’è buono o cattivo tempo – diceva da buon militare Baden Powell, fondatore degli scout – ma solo buono o cattivo equipaggiamento». Alla Freccia alcuni hanno sbagliato materiali e altri no, ma c’erano tutte le condizioni per ridurre la prova. Al Giro del 2020 ridussero una tappa solo perché pioveva forte e non era neanche freddo. Si possono fare tutte le congetture che si vogliono e applicare le proprie convinzioni e spesso le frustrazioni alle vite degli altri.

Quello che tuttavia traspare da questi tre casi (forse due, ritenendo che al Tour of the Alps non si sono raggiunte condizioni estreme) è che la vera differenza la fa il potere dell’organizzatore. Perché una Giuria si sente in diritto di fermare una gara juniores organizzata da Giancarlo Brocci, mentre un’altra si volta dall’altra parte quando davanti ha il Tour de France?

Il prossimo anno, andando al via della Freccia Vallone, avremmo tutti ricordato la saggezza dei giudici e celebrato un vincitore comunque degno dell’evento. In cima al Muro d’Huy, che fossero 197 o 168 chilometri (la distanza con un giro in meno), avrebbe comunque vinto un grande corridore.

Il nuovo Oldani parla da leader e la Cofidis punta forte

22.12.2023
5 min
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DENIA (Spagna) – Damiani si alza quando arriva Oldani. C’è stato da aspettare perché i ragazzi hanno fatto sei ore e Stefano si è preso il tempo per mangiare. Nel frattempo il diesse ha speso parole eccellenti sull’impegno e la sua dedizione.

«Mi ha stupito per quanto è scrupoloso – ha detto – cura i dettagli con un’attenzione che ha colpito tutti. Io lo conosco da quando era ragazzino, perché è delle mie parti, ma non credevo fosse maturato tanto. Vasseur (il team manager della Cofidis, ndr) è molto soddisfatto».

Oldani si siede, con il cappellino e una felpa nera. Ha lo sguardo svuotato dalla fatica, per cui ci impegniamo a fare presto. Fra l’altro in serata è prevista una festa di squadra e ci sarà da essere anche brillanti.

Oldani, classe 1998, è passato nel 2020: due anni alla Lotto e due alla Alpecin
Oldani, classe 1998, è passato nel 2020: due anni alla Lotto e due alla Alpecin
Il ritiro è agli sgoccioli, si può fare un primo bilancio del tuo arrivo in Cofidis?

Sono felice, vedo che c’è tanto coinvolgimento. Vasseur mi piace molto e mi piace molto il rapporto che vuole tenere coi corridori. Con Roberto ci conoscevamo da prima, c’è un bel feeling. Si lavora bene, si pianifica tutto bene, si vede che tengono alla tranquillità del corridore. Un esempio: hanno messo giù delle Playstation per giocarci insieme, piuttosto che lasciarci nelle stanze a guardare Netflix. Ci sono tranquillità mentale e i presupposti per fare bene.

Damiani si è detto colpito dalla tua attenzione per i dettagli. Sei sempre stato così?

Ovviamente da ragazzino ero più tranquillo, prendevo le cose alla leggera. Però col tempo, guardando i grandi campioni e come approcciavano le cose, ho capito che i dettagli fanno la differenza. In questi anni ho imparato tanto. Ad alimentarmi e allenarmi, la gestione di corsa e degli allenamenti. Ho messo insieme un bel bagaglio di esperienza di cui avevo bisogno per arrivare in una squadra che mi desse la libertà per gestirmi e andare alle corse con un’ottica diversa.

Stefano Oldani è quello che vinse la tappa di Genova al Giro del 2022 o c’è dell’altro?

Il giorno di Genova mi ha segnato. Indubbiamente finora è stato il giorno più bello della mia carriera. L’obiettivo è dimostrare a me stesso che posso continuare in quella direzione. La cosa bella è che qua ci sono i presupposti: sento l’appoggio di Vasseur e di Roberto che mi sta molto vicino. Condividiamo idee e programmi, ci siamo trovati non so quante volte per parlare dei calendari anche con il mio allenatore.

Un ruolo completamente diverso rispetto a prima…

Prima ero più un numero. Lavoravo per Van der Poel e Philipsen, ora invece mi sento più sostenuto per provare ad alzare l’asticella e puntare anche io a qualcosa di importante.

Da cosa capisci la fiducia?

Faccio un esempio. A gennaio ci sarà un altro ritiro a Calpe. Prima di firmare, ho detto che per me l’altura è importante e che a gennaio vorrei andare sul Teide. E la squadra mi ha lasciato la libertà di andare lassù e preparare bene la stagione. Avrebbero potuto dirmi di no e obbligarmi a venire in ritiro, invece ne avevamo parlato e Vasseur mi ha appoggiato. Stessa cosa con il programma di corse.

Cioè?

Ho proposto la mia idea, con le alture posizionate in maniera strategica. Lui lo ha appoggiato subito insieme a Roberto e mi ha lasciato la libertà di lavorare con tranquillità e nel modo giusto. Per cui a gennaio andrò sul Teide insieme a Sbaragli. Avrei voluto portare un massaggiatore, ma in quell’hotel è stato impossibile trovare una stanza in più.

Anche a gennaio Oldani tornerà sul Teide: qui ad aprile prima del Giro (foto Instagram)
Anche a gennaio Oldani tornerà sul Teide: qui ad aprile prima del Giro (foto Instagram)
Hai parlato di programmi: tornerai al Giro?

No, adesso sono in lista per il Tour. Il Giro l’ho già fatto per quattro volte, ogni anno da quando sono pro’. Così per il prossimo ho detto che tornarci sarebbe stato mentalmente pesante e ho chiesto di cambiare, anche perché il Tour parte da Firenze.

Come ti trovi con la nuova bici?

La Look è molto bella: veloce, leggera e rigida, molto rigida. Ci ho messo un attimo a trovare le misure, ma subito dopo mi sono trovato molto bene. Anche la Canyon era una bella bici, ma era un pelo più pesante. Questa è ancora più leggera, ottima per uno come me che è nel mezzo, tra essere veloce e resistente in salita. La sto usando con ruote Corima e copertoni da 28. Per ora ho provato sia le ruote da 58 che da 47 e preferisco forse quelle da 58 e credo che le userò per tutto l’anno.

Tubeless o copertoncini?

Non abbiamo ancora i tubeless, però il copertone da 28 ci va molto vicino. Ieri ho provato un po’ di pressioni e mi sono trovato bene con 5,8 atmosfere davanti e 6 dietro. Peso 64 chili, in forma sono sui 62, è la pressione giusta.

Oldani è stto tricolore juniores della crono e vuole lavorare sulla specialità
Oldani è stto tricolore juniores della crono e vuole lavorare sulla specialità
E la bici da crono?

L’ho provata proprio oggi, dopo aver fatto ieri la posizione. Ho già una bella posizione, in più da quest’anno l’avrò anche a casa, mentre finora non era stato possibile. E quando ti trovi a fare una crono a tutta senza averla mai usata a casa, non è mai facile. Da junior sono stato campione italiano, perché non lavorarci un po’ pensando alle corse a tappe di una settimana? Quest’anno capiterà certamente di farne. La Tirreno ad esempio…

Dodici arrivi, dodici partenze. Damiani, cosa fa la Cofidis?

09.12.2023
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Ieri sera ha preso ufficialmente il via la stagione della Cofidis. Al velodromo di Roubaix, non lontano dalla sede del team, è stata presentata la squadra che da 27 stagioni vediamo sfilare in gruppo. Ma il suo 2024 si annuncia come un anno particolare: dodici uomini che vanno e dodici che ne arrivano. Una vera rivoluzione ha coinvolto la Cofidis e per questo abbiamo chiesto a Roberto Damiani, storico direttore sportivo del team francese, cosa stia succedendo. Il cambio è corposo e questo prevede un grosso lavoro di adattamento, di coinvolgimento.

La Cofidis tra l’altro riguardo alla classifica a punti delle squadre non naviga in acque super tranquille, è quattordicesima. Nelle parti basse delle prime 18 i distacchi sono molto corti, quindi quando ci sono rivoluzioni simili e partono uomini come Simone Consonni o Victor Lafay, bisogna valutare con oculatezza ogni situazione. 

Roberto Damiani (classe 1959) è alla Cofidis dal 2018 (foto Instagram)
Roberto Damiani (classe 1959) è alla Cofidis dal 2018 (foto Instagram)
Roberto, dodici corridori che vanno e altrettanti che ne arrivano. Un bel po’. Ti era mai capitata una rivoluzione simile?

Più che altro si è trattato di una scelta quasi obbligata. E’ un fatto che 5 dei 12 partenti fossero a fine carriera. Più che di rivoluzione parlerei al contrario di un ricambio nel segno della continuità. Lo scorso anno cambiammo pochissimo, quest’anno di più.

Perdete però dei nomi importanti. Su tutti Simone Consonni, Victor Lafay e Davide Cimolai…

Sono scelte. Con tutto il bene che gli voglio e l’ottimo rapporto umano, credo che per quel riguarda Simone si fosse chiuso un ciclo. E lo stesso vale per Davide. Per Cimolai è venuto meno il lavoro che doveva fare con lo stesso Consonni. E’ stata una scelta della squadra non rinnovargli il contratto. Mentre per quel che riguarda Lafay è stata una scelta sua. Già lo scorso anno aveva ipotizzato l’idea di cambiare team, ma poi si era trovato bene. E credo si sia visto anche al Tour.

Assolutamente e infatti rimpiazzarlo non è facile…

Lui ha grandissime qualità, ma non nella costanza di rendimento. Noi gli abbiamo fatto un’ottima offerta, ma c’è chi gli ha offerto molto di più. Penso anche che se un atleta deve rimanere solo per i soldi, è meglio che parta. Chi l’ha preso ha fatto un ottimo acquisto, spero solo non batta i nostri atleti!

A San Sebastian, seconda tappa del Tour 2023, la vittoria di Lafay con un gran colpo da finisseur
A San Sebastian, seconda tappa del Tour 2023, la vittoria di Lafay con un gran colpo da finisseur
Però guardandola in chiave positiva, avete preso dei corridori promettenti, e da italiani pensiamo soprattutto a Stefano Oldani, che su carta dovrebbe avere anche un certo spazio…

Io sono convinto che Oldani nel tempo si dimostrerà il miglior acquisto della Cofidis per il 2024-2025. Ho già iniziato a lavorare con lui e sono rimasto stupito dalla sua determinazione. Sì, da noi avrà lo spazio che non aveva prima. Giustamente nella sua precedente squadra era chiuso da corridori del calibro di Van der Poel. In più arriva da noi negli anni buoni del corridore: è alla quinta stagione da professionista. Noi vogliamo supportarlo al meglio e lui vuol mettersi in gioco.

Chi ti aspetti possa fare bene oltre ad Oldani?

Penso ad Axel Zingle, io credo che lui possa essere una bella sorpresa, anche per le classiche. Ogni anno si è portato a casa due o tre vittorie e già questo non è poco. Gli abbiamo fatto fare il Tour sapendo benissimo che per lui sarebbe stata dura, ma sapevamo anche che sarebbe stata un’esperienza molto importante che solo lì puoi fare sei vuoi correre a certi livelli. Poi per le volate vedo bene Alexis Renard, sin qui aveva lavorato per Coquard, adesso anche lui sarà più libero. Poi ci sono dei corridori esperti come gli Izaguirre e Ben Hermans, quest’ultimo arrivato quest’anno. Lui così, come Elissonde, li abbiamo presi perché per la salita eravamo un po’ leggerini. Hermans ed Elissonde saranno vicini ai nostri due leader, Ion Izaguirre e Guillaume Martin.

Stefano Oldani (classe 1998) arriva alla Cofidis con grandi speranze. Può davvero fare il salto di qualità
Stefano Oldani (classe 1998) arriva alla Cofidis con grandi speranze. Può davvero fare il salto di qualità
In questo contesto, con cinque atleti a fine carriera, è scesa anche l’eta media…

Abbiamo preso Oliver Knight, un giovane inglese molto bravo sul passo e nelle crono. Lo abbiamo messo dentro come stagista in Lussemburgo questa estate e si è ben inserito. E poi, ragazzi, questo è quanto si poteva fare con il nostro budget, diciamolo pure. Fino a che non metteranno un tetto agli ingaggi continueremo ad avere due o tre super formazioni che vincono quasi tutto e hanno lo strapotere. Okay, complimenti alla Jumbo-Visma per i suoi tre Grand Tour, ma questo non è accattivante per lo sport. Si è visto nella Formula 1, nel calcio… Alla fine le classifiche le fanno il portafoglio e i tifosi si avviliscono.

In questo contesto anche voi direttori sportivi, Roberto, assumete un ruolo ancora più importante, sia nella tattica di corsa che nel fare le formazioni. Con i punti in ballo dovrete essere dei cecchini…

Sicuramente ogni errore di valutazione sarà pagato caro in termini di punti, così come un’azione giusta porterà tranquillità. In questo contesto emerge la qualità di chi sa decidere, scegliere e gestire i corridori e la squadra in generale. Anche se è cambiata radicalmente negli anni, la figura del direttore sportivo resta importante. Io lo dico sempre: «Il diesse è l’unica figura fondamentale nel ciclismo». Perché tu puoi avere la miglior formazione del mondo, ti può mancare un massaggiatore o un corridore, ma se alla partenza sul tavolo del giudice non c’è la licenza del direttore sportivo, la squadra non parte. Per fortuna devo dire che con il team manager Cedric Vasseur c’è un grande spirito di collaborazione e tutti insieme si decide: sia quando si sbaglia, che quando si fa bene.

Oldani alla Cofidis. Damiani: «Deve correre per vincere»

16.09.2023
4 min
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Nel 2024 Stefano Oldani vestirà la maglia della Cofidis. Per il lombardo classe ’95 dopo Lotto-Soudal e Alpecin-Deceuninck sarà la sua quinta stagione in una World Tour. Per lui c’è una vittoria in bacheca conquistata al Giro d’Italia 2022 sull’arrivo di Genova. Dopo una crescita costante però Stefano ha deciso che forse è tempo di mettersi al tavolo e giocare le sue carte.

La Cofidis per Oldani può essere un banco di prova per misurarsi da protagonista laddove ce ne sarà la possibilità. Il palcoscenico sarà sempre quello dei top team, con però uno spiraglio di ambizioni più ampio. Roberto Damiani lo ha voluto e lo osserva da qualche anno in più di quello che si potrebbe pensare. Scopriamolo…

Stefano Oldani esulta sul traguardo di Genova al Giro d’Italia 2022
Stefano Oldani esulta sul traguardo di Genova al Giro d’Italia 2022
Lo conoscevi già, al di là dei risultati, dal punto di vista personale?

Sì, perché è nato molto vicino a casa mia, siamo quasi conterranei. Lo conosco da quando era junior quando vinse anche il campionato italiano a cronometro. Ha sempre girato nella pista di Busto Garolfo che conosco bene. E’ cresciuto in maniera estremamente costante.

Invece dal punto di vista ciclistico, professionale?

E’ facile tenere sott’occhio chi si comporta bene, chi porta a casa i risultati. A parte la simpatia, la stima che ho per questo corridore, l’ho visto sempre battersi anche quando era in Lotto, squadra in cui sono stato, che adoro ancora. Mi è piaciuta la sua scelta di andare all’estero in squadre World Tour fin da subito, non ha fatto i calcoli col bilancino, ma è andato a mettersi in gioco immediatamente in squadre titolate e storiche. Anche la sua scelta di andare in Alpecin, a mio parere è stata una decisione qualitativa. Penso che Stefano stia proprio cercando il momento, l’opportunità per avere le sue responsabilità e giocarsi le sue carte.

Per Oldani prima della Alpecin ci sono state due stagioni alla Lotto-Soudal
Per Oldani prima della Alpecin ci sono state due stagioni alla Lotto-Soudal
Oldani viene da quattro anni in World Tour. Arriva in Cofidis con un’esperienza consolidata nonostante la sua età in questa tipologia di squadre…

Stefano, pur essendo ancora relativamente giovane, ha già qualche anno di esperienza ad altissimi livelli. Non ultimo da protagonista come la tappa di Genova che ha vinto nel Giro d’Italia 2022 che è stata veramente splendida. Ma anche in altre situazioni si è mosso bene nel World Tour, non è poi facile come sembra. Avrà la possibilità di andare a ricercare dei risultati personali. Oltre alla qualità dell’atleta il fatto di poter avere Stefano con noi ci ha interessato veramente anche per questa sua voglia di andare a cercare risultato. Arriva in un’età in cui raggiungerà l’apice della condizione psicofisica per i prossimi due anni.

Come siete arrivati a sceglierlo?

E’ stata una cosa molto reciproca, data anche dalla dalla conoscenza che c’era già in particolare fra me e lui. L’ho proposto a Cédric Vasseur che ha subito dato l’okay. Poi si sa, ci sono i vari processi con i procuratori e manager. Ho parlato anche con Stefano più di una volta, prima che lui scegliesse di venire con noi. Quando ha deciso veramente a me ha fatto molto piacere e devo dire che questa cosa mi ha anche molto responsabilizzato. Quando l’atleta pensa che tu possa dargli qualcosa di importante, è una responsabilità che ancora adesso per me rappresenta uno dei punti principali del rapporto dell’attività di un direttore sportivo. 

Stefano Oldani chiude questi due anni in Alpecin-Deceuninck positivi e ricchi di esperienza
Stefano Oldani chiude questi due anni in Alpecin-Deceuninck positivi e ricchi di esperienza
Ci spieghi cosa rappresenta un innesto come lui, da un lato le ambizioni di squadra e dall’altro di ambizioni personali. Credi possa essere prezioso in entrambe le situazioni?

Direi che Stefano è un atleta poliedrico. Non è certo lo scalatore puro, ma ha una buonissima tenuta in salita e un ottimo spunto veloce. Quindi il fatto di andare a cercare di metterlo in condizione di fare il massimo dei risultati sarà uno degli obiettivi principali. Poi lo ritengo un ottimo professionista, quindi sono certo che quando ci saranno le condizioni per cui dovrà essere lui ad aiutare un altro leader, un altro capitano di giornata, lo farà sicuramente. Non ho nessun dubbio in questo senso.

Abbiamo visto che Oldani è competitivo nei grandi giri, l’ha fatto vedere l’anno scorso, ma anche quest’anno. E’ un corridore su cui si può fare affidamento anche per questo tipo appuntamenti?

Assolutamente sì. Penso che quando ci troveremo nei primi ritiri dell’anno in cui faremo i programmi dei corridori ci sarà veramente un’attenzione per lui sotto questo punto di vista. Sicuramente può far bene per le vittorie di tappa nei grandi giri e non mi dimenticherei che il Tour partirà dall’Italia…

Ti sei fatto un’idea su quali possano essere degli obiettivi papabili per lui. Nelle corse autunnali è sempre competitivo ed è un profilo che può essere pronto anche nelle corse di un giorno a inizio anno?

Sì, è sicuramente un corridore che da un punto della classifica generale non potrà mai farne un obiettivo. E’ un atleta, diciamo da tappe, ha le caratteristiche per puntare alle corse di un giorno. Deve e dovrà andare a correre per vincere.

Lafay: il pupillo di Damiani che fa gioire la Cofidis

06.07.2023
4 min
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Il successo di Victor Lafay a San Sebastian ha riportato la Cofidis a vincere sulle strade del Tour de France a distanza di 15 anni. Il corridore di Lione, 27 anni compiuti a gennaio, si è portato a casa la seconda firma in una grande corsa a tappe. Abbiamo così bussato alla porta di Roberto Damiani, diesse della Cofidis e di Lafay per farci raccontare il momento di questo corridore e non solo. 

Vitor Lafay, 27 anni della Cofidis, vince così a San Sebastian
Vitor Lafay, 27 anni della Cofidis, vince così a San Sebastian

Altalenante

Dopo la vittoria al Giro 2021, nella tappa di Guardia Sanframondi, la carriera di Lafay ha avuto degli alti e dei bassi. 

«Quella tappa del Giro – racconta Damiani – è stata una sorpresa per il mondo esterno, ma non per noi. Le qualità di Lafay sono sempre state chiare ai nostri occhi, tuttavia lui ha sempre avuto dei picchi di prestazione alti alternati a momenti in blackout. Nella parte finale del 2021 ha avuto un periodo difficile, con delle prestazioni di livello basso».

Giro d’Italia 2021, Guardia Sanframondi: Lafay è andato, Carboni si volta e vede arrivare Gavazzi
Giro d’Italia 2021, Guardia Sanframondi: Lafay è andato, Carboni si volta e vede arrivare Gavazzi
Caratterialmente che persona è?

Victor è un ragazzo che ha bisogno di un supporto morale, ha dei vecchi valori di amicizia e fiducia che per lui sono benzina. Con lui è meglio vivere dei momenti umani, come una partita a carte o a scacchi, piuttosto che fare una ripetuta in più. Da questo punto di vista abbiamo un carattere molto affine

Per questo ti trovi così bene?

Ho un rapporto ottimo, è l’unico con cui ho scambiato un messaggio prima che partisse per il Tour de France. Gli ho detto: «Ricordati che sei un valore aggiunto per questa squadra». Mi ha ringraziato per la fiducia. Tra noi della Cofidis c’è un bel rapporto in squadra, anche tra i tecnici. Ci scambiamo spesso qualche opinione tra chi è in corsa e chi, come me, è a casa. 

E tu da casa come hai visto la vittoria di Lafay?

Benone! Vedevo che il gruppo di testa continuava a perdere elementi, mentre Lafay pedalava benissimo. In quel momento ho proprio pensato: «Adesso gliela dà secca». Ci siamo sempre detti che basta un colpo solo per vincere, ma ben assestato. Anche quando ha vinto al Giro è stato uguale glielo ripetevo spesso alla radio: «Un colpo solo che deve uccidere la corsa».

Durante la terza tappa Lafay è andato in fuga per prendere punti al traguardo volante e mantenere la maglia verde
Durante la terza tappa Lafay è andato in fuga per prendere punti al traguardo volante e mantenere la maglia verde
La differenza tra la vittoria al Giro è questa al Tour è che a San Sebastian è rimasto con i migliori, resistendo alla selezione.

In quel drappello c’era la creme del Tour, serviva un’ottima tenuta mentale e fisica. Lui ha fatto una gran cosa, poi dietro hanno sbagliato, vista anche la reazione di Van Aert. Ma nulla toglie il merito a Lafay per quello che ha fatto. Una cosa che mi ha dato fastidio è che la gente si è dimenticata quello che ha fatto nella tappa precedente, a Bilbao. E’ stato lui a rilanciare mentre i grandi nomi si rialzavano. 

Mentre nella terza tappa è scattato per difendere la maglia verde…

Un bel gesto a mio modo di vedere, per rispettare la corsa e per tenere un primato importante. 

La vittoria di San Sebastian che clima ha lasciato in squadra?

Vi basti sapere che da quando sono in Cofidis, ovvero dal 2019, l’obiettivo numero uno della stagione è sempre stato vincere una tappa al Tour de France. Quel chilometro finale lo abbiamo vissuto “a tutta” insieme a Lafay. Quella che è arrivata dopo è una giustissima euforia, ma con la volontà di continuare. Questo entusiasmo deve essere la giusta benzina per dare il meglio. 

Nella prima tappa l’unico a resistere alle accelerazioni di Pogacar e Vingegaard è stato Lafay (a destra)
Nella prima tappa l’unico a resistere alle accelerazioni di Pogacar e Vingegaard è stato Lafay (a destra)
Una vittoria che per Lafay può essere un passo importante…

E’ un successo che può aiutarlo a diventare più costante, sappiamo quanto un successo al Tour possa essere importante. Figuriamoci per un atleta francese di una squadra francese. Ma non voglio che ci si monti la testa, non mi dimentico la sofferenza che ci ha portato la sua assenza dal Giro. Ci hanno accusato di non rispettare la corsa, ma questo non è vero. Purtroppo Lafay doveva essere uno dei nostri uomini di punta e si è ammalato poco prima di partire. Un corridore del suo calibro alla corsa rosa ci è mancato molto. Una vittoria al Tour non può far dimenticare quello che c’è stato prima e quel che verrà poi. Vorrei dire un’ultima cosa…

Prego.

Di un corridore, ed un ragazzo come Lafay, bisogna parlarne più spesso, non solo quando vince.

Damiani: «Prepariamoci a una sfida fra grandi tecnici»

03.05.2023
6 min
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«Non so come sarà scritto l’articolo – dice subito Damiani, direttore sportivo della Cofidis – ma mi piacerebbe che non venisse visto come un giudizio nei confronti dei miei colleghi, ma proprio un mio pensiero sul fatto che va bene parlare dei campioni, ma anche i direttori sportivi hanno la loro importanza. Non mi va di fare quello che giudica o si permette di farlo, però quando mi hai mandato i nomi, la prima cosa che mi è saltata all’occhio è che, tranne due, gli altri sono stati miei corridori…».

Roberto Damiani guida la Cofidis dal 2018. Classe 1959, viene da Castellanza
Roberto Damiani guida la Cofidis dal 2018. Classe 1959, viene da Castellanza

Il ruolo del direttore

Tre giorni al via del Giro d’Italia. Si fa un gran parlare di capitani e gregari, ma poco dei loro tecnici. Eppure nell’elenco dei partenti ci sono anche loro e non sarà una presenza banale. Per questo ci siamo chiesti se sia giusto non considerarli oppure andarli a cercare solo dopo, a cose fatte, per farsi dire quanto sono stati bravi o per metterli sulla croce.

Sfogliando la rosa, abbiamo individuato i tecnici dei pretendenti più accreditati alla rosa e abbiamo proposto a Damiani di parlarci di loro. Anche lui farà parte della sfida e avrà degli obiettivi da raggiungere: la sua presenza in questo articolo serve a sottolineare una volta di più che in questo ciclismo tutto watt, grammi e angoli, c’è bisogno anche di una bella parte di cervello. E quello, nei momenti di massimo sforzo e stress estremo, si va a cercarlo sull’ammiraglia.

Engels ha vinto la Vuelta con Roglic, ma ha avuto sempre un rapporto faticoso con il Giro (foto Eurosport)
Engels ha vinto la Vuelta con Roglic, ma ha avuto sempre un rapporto faticoso con il Giro (foto Eurosport)
Partiamo dall’estero. La Jumbo-Visma avrà Engels e Van Dongen, sono esperti di Tour, hanno vinto la Vuelta ma non il Giro.

La Jumbo mi sembra che abbia una gestione di gambe. Quando fanno la corsa, la fanno in maniera molto dritta. Sicuramente ci saranno degli input precisi a livello di ammiraglia, ma il grosso del lavoro viene incentrato sulla forza.

Viene in mente il Giro del 2016, quando Nibali attaccò sul Colle dell’Agnello e Kruijswijk in rosa, anziché ragionare e rimanere freddo, buttò via la vittoria.

Il fatto di saper gestire o meno il momento di difficoltà può essere uno dei punti deboli. Molto spesso nel calcio si dice che la miglior difesa è l’attacco. In questo caso, quando le cose non vanno come ti aspetti, il miglior attacco è la difesa. Difenderti bene ti mette in condizione di non farti mai trovare con il lato scoperto.

Tosatto ha vinto il Giro nel 2018 con Froome, nel 2020 con Geoghegan Hart, nel 2021 con Bernal. Qui con Ganna
Tosatto ha vinto il Giro nel 2018 con Froome, nel 2020 con Geoghegan Hart, nel 2021 con Bernal. Qui con Ganna
Bramati, Tosatto e Gasparotto: tre direttori sportivi diversi, come furono anche tre atleti diversi…

Sono personalità completamente differenti, non a caso Tosatto e Bramati sono stati due ottimi gregari, mentre Gasparotto era un po’ più individualista e vincente. “Brama” e ormai anche “Toso” hanno un’ottima quantità di esperienza e mi sembra che tutti e due abbiano la qualità di prendersi le loro responsabilità quando c’è da decidere. E questo è importante nel gestire atleti di altissimo livello come quelli che hanno. Perché se non hai la stima e la loro fiducia, puoi avere tutte le radioline del mondo, ma il lavoro che hai fatto non viene fuori. Gasparotto si è trovato sull’ammiraglia di una squadra molto forte e ha vinto un ottimo Giro. Però ha una quantità di esperienza molto minore in termini, permettete il paragone, di ore di volo rispetto agli altri due.

Però è anche quello più capace di inventare, forse perché a sua volta sapeva farlo in bici?

Esatto, secondo me ha la grande capacità di uscire dagli schemi, come per esempio nella tappa di Torino dello scorso anno. Hanno fatto una cosa davvero importante, uscendo dallo schema che magari per tutti gli altri prevedeva di attendere l’ultimo giro. Hanno spaccato la corsa molto prima e devo dire che hanno avuto ragione, sfruttando la giusta percezione degli atleti che avevano in mano. Perché i tecnici hanno chiesto una tattica del genere, ma gli atleti l’hanno attuata molto bene. Hanno avuto anche tante gambe per fare un lavoro del genere, quindi in questo senso “Gaspa” ha più estro.

Enrico Gasparotto ha debuttato lo scorso anno sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe, portando a casa il Giro d’Italia
Gasparotto ha debuttato nel 2022 sull’ammiraglia della Bora-Hansgrohe, portando a casa il Giro
Negli ultimi anni Tosatto ha vinto il Giro per tre volte. Bramati non ancora, ma ha centrato per due volte il podio con Uran , Gasparotto ne ha vinto uno: secondo Damiani sono differenze che si sentono?

Sicuramente sono esperienze importanti. Come per i piloti sull’aereo, nei momenti in cui è dentro o fuori, quelli in cui devi decidere, sono esperienze che contano. Non si vive solo di quello che si è già fatto, mi rompe la retorica dell’esperienza degli anziani, però esserci passato ti aiuta a farlo ancora e meglio. Sai che per fare classifica in un grande Giro, non devi mollare un attimo per tre settimane. Ma proprio niente, nella gestione umana, se c’è una foratura, quando gli dai la borraccia, a che ora arrivi alla partenza… Tutto questo conta e Tosatto, pur nei meccanismi che hanno alla Ineos, ha dimostrato di essere bravo nella direzione sportiva.

Si parte battuti quando ci sono certi campioni e certe squadre al via?

Se devo partire rassegnato, sto a casa. Noi con la nostra piccola squadra abbiamo i nostri obiettivi e molto chiari. Chiaramente non di classifica generale, però abbiamo degli obiettivi intermedi. Diventa pesantissimo fare un Giro d’Italia senza un obiettivo. Mi successe con la Lotto nel 2009, l’anno di Menchov. Feci tre settimane a spaccarmi il fegato, finché alla fine scoppiò il bubbone, alzammo la voce e venne fuori a tappa vinta da Gilbert ad Anagni. Ma fu dura. Se vieni in un Giro d’Italia senza l’idea di avere degli obiettivi reali – Damiani su questo è netto – meglio che stai a casa.

Bramati guiderà Evenepoel, come già nel 2021. In precedenza ha centrato due podi con Uran
Bramati guiderà Evenepoel, come già nel 2021. In precedenza ha centrato due podi con Uran
Credi che sia un Giro già scritto oppure si può uscire dalla morsa di Evenepoel e Roglic? 

Può succedere di tutto, lo abbiamo già visto. Jumbo-Visma e Soudal-Quick Step sono dedicate a un uomo solo, che cosa succederebbe se il leader avesse un grosso problema? Si troverebbero senza il vero obiettivo, come è successo alla Uae al Liegi. Il numero uno può essere il più forte in assoluto, ma può anche incappare nel Giro peggiore della sua carriera, può avere un inconveniente di qualunque tipo, anche per un solo giorno. Niente è già scritto. E il lotto dei partenti è più ampio di quello che sembra. Almeida, per esempio. Finora ha mostrato delle fragilità psicologiche, ma è forte e lo guida Baldato, un altro grande tecnico italiano. Ripeto: niente è già scritto.

EDITORIALE / Troppe cadute o va bene così?

03.04.2023
5 min
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«Adesso nelle radio – ha detto Sagan alla vigilia del Fiandre, a proposito di sicurezza e cadute – parlano ogni 100 metri. Parlano tanto, ma dicono cose che a volte non servono e fanno solo casino. Puoi anche non dargli peso, ma ci sono i più giovani che non capiscono niente, non conoscono le strade e sono alle prime gare in Belgio, ma hanno grinta e lottano tutto il giorno per la posizione. A volte sto prendendo la posizione e mi sto concentrando, quando cominciano a parlarti in radio e la concentrazione si interrompe. Prima non c’era tutto questo stress».

«Andiamo sempre più veloci – ha detto Trentin dopo la corsa – ogni gara è importante, ogni curva diventa importante e sai che in realtà non lo è. Siamo in uno stato d’animo in cui tutto è importante, ma a volte ti dimentichi che a volte è necessario frenare. Siamo in un loop dove ogni mezza posizione conta. C’è stress. Entrambe le cadute che ho visto oggi sono state causate da mosse stupide. Quindi credo che a volte convenga frenare e sopravvivere un giorno di più, piuttosto che ammazzare 25 corridori». 

Due cadute per Ballerini: prima con Mohoric e l’ultima nel finale con Teuns
Due cadute per Ballerini: prima con Mohoric e l’ultima nel finale con Teuns

La mossa di Maciejuk

Chissà se Filip Maciejuk aveva nelle orecchie la raccomandazione a stare davanti quando ha deciso di superare il gruppo sulla sinistra passando nella banchina (immagine televisiva in apertura). Oppure se ha deciso di farlo per un suo impeto sconsiderato. Di sicuro è giovane: 23 anni. Di sicuro, come diceva Sagan non conosce le strade e ha tanta grinta. E di sicuro ha capito di aver fatto una cavolata quando per uscire dal fango si è catapultato nel gruppo, abbattendo Wellens e altri 30 corridori. E’ stato squalificato, ma pare che l’UCI stia valutando una sanzione disciplinare.

«Mi sento davvero una merda – ha detto il giovane polacco dopo la corsa parlando con i giornalisti anche contro il parere della squadra (fonte Het Nieuwsblad) – volevo spostarmi a sinistra per arrivare ai miei compagni. E improvvisamente ho visto l’erba. Non riuscivo a fermarmi, sono rimasto bloccato nel fango e ho perso il controllo del manubrio. Devo davvero scusarmi. Spero solo che stiano tutti bene. Sono triste, ci penserò molto nei prossimi giorni. Ma cosa posso fare ora? Niente».

Nella caduta Wellens si è rotto la clavicola, Sagan si è ritirato, Alaphilippe ha compromesso la sua corsa: il tutto per una mossa stupida, di quelle indicate da Trentin. Se non c’è spazio, si frena.

A chi giova la radio?

La posta in gioco è sempre più alta. I corridori vanno più forte e sulle ammiraglie c’è parecchia tecnologia più di prima: come per ogni strumento, dipende dall’uso che se ne fa.

Racconta Roberto Damiani, che da domani sarà in corsa al Circuit de La Sarthe, che alla Strade Bianche si era riproposto di dare ai corridori della Cofidis la distanza fra un settore di sterrato e il successivo. Solo che dopo la corsa, uno dei suoi è andato a dirgli che non gli bastava sapere che mancassero 5 chilometri, voleva il conto alla rovescia. E il direttore sportivo lombardo ha obiettato che nel computerino hanno l’indicazione delle curve, della pendenza e delle distanze: per fare il professionista serve essere autonomi, non aspettarsi sempre le indicazioni dalla macchina. Lo stesso Damiani racconta che per non turbare la concentrazione degli atleti, non parla lungo le discese. Insomma, i corridori lamentano l’eccesso di informazioni, i direttori sportivi dicono di esaudire le loro richieste. Chi ha ragione?

«E’ anche possibile – prosegue Damiani – che qualcuno in radio continui a dire allo sfinimento di stare davanti, stare davanti e stare davanti. Ma da una parte non credo che ieri al ragazzo polacco qualcuno abbia detto di superare il gruppo nell’erba a quel modo. Dall’altra, se ti dicono di andare davanti, servono anche le gambe per farlo. Perché se alla Sanremo dopo i Capi, quindi dopo 250 chilometri, ti dico di stare davanti, devi avere la forza e la lucidità per farlo. Altrimenti sembra davvero di giocare con il joystick».

Le strade sono strette e sono le stesse da anni: la frenesia dello stare davanti crea frequenti cadute
Le strade sono strette e sono le stesse da anni: la frenesia dello stare davanti crea frequenti cadute

La giusta misura

Questo editoriale non vuole puntare il dito nei confronti di nessuno, eppure lo punta su tutti. E’ fisiologico che a denunciare l’eccesso di stress siano stati due corridori maturi, che hanno conosciuto un ciclismo meno asfissiante e non per questo meno duro. I ragazzini cresciuti con auricolare e VeloViewer ne sono tuttavia dipendenti e, se nessuno si propone di educarli dando una misura, finisce come nella vita di tutti i giorni, in cui non si leggono più libri e si vive con lo smartphone impiantato nel cervello.

Le cadute ci sono sempre state, anche quando non c’era la diretta integrale e non c’erano i social a ingigantire ogni cosa. Ma questa non può essere una scusante per continuare a spingere sul gas senza insegnare che ci si può far male e non è mezza posizione guadagnata a 120 chilometri dall’arrivo a cambiare il corso della storia.

Nella diretta di ieri di procyclingstats.com la parola crash ricorre per 14 volte: forse un po’ troppe. Prima di arrivare a invocare nuovamente divieti anacronistici e miopi, sarebbe utile che ciascuno in casa propria trovasse il modo più redditizio e sicuro per andare avanti.

«A volte – chiudiamo con un’altra frase di Trentin – tirare i freni e magari perdere una posizione ti permette di non rischiare la pelle e non farla rischiare a 100 persone dietro di te».