Tour, peso e glicogeno: a parità di salute, il podio è già scritto?

04.06.2024
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Un concetto appena accennato alla partenza dell’ultima tappa del Giro. Si parlava con Paolo Artuso, uno dei preparatori della Bora-Hansgrohe, quando il discorso ha preso una piega curiosa. A parità di salute e non considerando altri fattori esterni, sarebbe possibile sin d’ora dichiarare il podio del Tour. Infatti nelle tappe più dure, quelle con un dislivello davvero importante, il risultato è già scritto: l’atleta più leggero arriva in finale con una maggiore scorta di glicogeno, mentre chi è più pesante finirà prima la benzina. Si può mangiare di più, studiare le necessarie strategie, ma se nessuno commette errori non c’è modo di uscirne.

«Premetto che non sono un nutrizionista – spiega il veneto – ma il concetto è abbastanza semplice. Teoricamente, l’atleta con il peso corporeo più basso è avvantaggiato rispetto a ciclisti più pesanti. Volendo fare un confronto legato al Giro, fra Martinez e Thomas (secondo e terzo in classifica finale, ndr), gli 8 chili di differenza a favore di Martinez sono stati un muro insormontabile per l’inglese. Se sei più leggero, giorno dopo giorno spendi un po’ meno energia e quindi arrivi in finale con più glicogeno muscolare, più benzina per l’ultima ora di gara».

La differenza di peso ha fatto sì che nelle tappe dure del Giro fra Martinez e Thomas si sia scavato un solco
La differenza di peso ha fatto sì che nelle tappe dure del Giro fra Martinez e Thomas si sia scavato un solco
Così scontato?

Dipende sempre da come vengono fatte le salite precedenti, perché se vengono fatte piano, anche chi pesa di più arriva in finale con maggiore energia.

Questo discorso va bene per le corse molto dure? Abbiamo visto che Van der Poel avrebbe potuto continuare la Roubaix per altri 60 chilometri, semplicemente evitando fuori giri e curandosi di mangiare il giusto…

In salita i wattaggi sono più elevati rispetto alla pianura. Ma in pianura si va più veloci, in termini di velocità pura. Per cui per durare di più, bisogna che anche in pianura non si vada a tutta, come si disse a proposito di Van der Poel. Altrimenti rischi di esprimere un wattaggio esagerato, cui però corrisponde una minima differenza di velocità.

Si può ridurre questa differenza nel consumo di glicogeno intervenendo sull’alimentazione?

E’ ovvio che questo ragionamento inizia dal presupposto che tutti quanti partano a posto, cioè con i serbatoi pieni. Quindi che tutti abbiano fatto il corretto carico di carboidrato e di conseguenza siano al massimo delle scorte di glicogeno. E poi parto dall’altro presupposto che tutti quanti in corsa si alimentino in maniera corretta e senza errori. Fatte queste premesse, chi pesa meno consuma meno. La potenza è espressa in due modi, a livello assoluto e relativo al peso. Per cui l’individuo che pesa di più è avvantaggiato a livello assoluto, quello che pesa di meno è avvantaggiato a livello relativo.

Pogacar ha perso peso e aumentato la potenza, mentre Evenepoel sarà l’oggetto misterioso del Tour
Pogacar ha perso peso e aumentato la potenza, mentre Evenepoel sarà l’oggetto misterioso del Tour
Vuoi dire che a parità di condizioni di salute e alimentazione, avendo nel prossimo Tour in gara Pogacar, Vingegaard, Evenepoel e Roglic, potresti già scrivere la classifica finale?

Se non ci sono intoppi, sì! L’unica cosa che sfugge è il confronto fra Evenepoel e gli altri. Remco ha vinto la Vuelta battendo Mas e Ayuso, ma non si è mai misurato coi primi della classe. Lui lo vedo fortissimo nelle corse di un giorno: se a Liegi lo trovi in giornata, è imbattibile. Per cui secondo me, a parità di condizioni (quindi col presupposto niente affatto scontato che il danese arrivi al via nella condizione ideale), la classifica del Tour vede Vingegaard primo, secondo Pogacar e terzo Roglic. Tadej quest’anno sembra dimagrito rispetto all’anno scorso, lo capisci a vista d’occhio.

Ugualmente non potrebbe vincere?

Occhio, ci sono le variabili. Per cui alla fine se quello un po’ più pesante vuole vincere, si deve inventare qualcosa. Ad esempio se c’è tanta crono o se la tappa sullo sterrato diventa più incisiva: ci sono fattori legati all’abilità che non sono misurabili.

Sei spesso con gli atleti, che cosa dicono di queste statistiche così esatte?

Sanno che sono esatte, ma non infallibili. I 20 minuti di crisi possono averli chiunque, anche Vingegaard e Pogacar. L’anno scorso Tadej è saltato a metà della salita finale di Courchevel, perché magari pesando di più, aveva vuotato prima il serbatoio. Oppure c’entrava il fatto che avesse preparato il Tour in un mese, a causa della frattura della Liegi, per cui era rimasto fermo a lungo e probabilmente gli mancava la parte finale della preparazione. Quello che stavolta potrebbe toccare a Vingegaard.

Il Tour 2023 deciso dalle superiori leggerezza ed efficienza di Vingegaard e dalla preparazione frettolosa di Pogacar
Il Tour 2023 deciso dalle superiori leggerezza ed efficienza di Vingegaard e dalla preparazione frettolosa di Pogacar
Sembrano chiacchiere da bar, su cosa ci basiamo per andare avanti?

C’è tutta la parte legata al dispendio energetico: concetti abbastanza ampi, che sembrano teorici, ma sono molto importanti. Quanti grammi di glicogeno ha in corpo uno che pesa 68 chili rispetto a uno che ne pesa 60? Sicuramente ha il serbatoio più grande, però non sappiamo quanti grammi di glicogeno può contenere. Di solito quando abbiamo per avversario un corridore top cerchiamo di studiarlo e poi ci regoliamo su come lavorare con i nostri. Certo, in nome del peso, non si può cominciare una dieta troppo frettolosa. Bene o male sono tutti magri, difficile intervenire da fuori. Per cui nel prossimo Tour ci si dovrà attrezzare, sfruttando la tappa sugli sterrati e ogni altra situazione che possa rendere un vantaggio.

Roglic e Specialized, il feeling cresce. Specie a crono

12.04.2024
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Quando si cambiano bici e materiali, serve sempre un po’ di tempo perché ci si adatti alla perfezione, specie nel ciclismo attuale in cui ogni minimo dettaglio può fare la differenza. Primoz Roglic durante l’inverno è passato da Cervélo, la bici che utilizzava all’allora Jumbo-Visma, alla Specialized in Bora-Hansgrohe.

Già qualche tempo fa vi avevamo parlato di questo cambio di materiali, bene: come sta andando? Ne parliamo con Giampaolo Mondini, storico uomo Specialized e referente tecnico tra squadre e appunto il brand che rappresenta.

Innanzitutto però, merita spazio un altro aggiornamento, quello che riguarda le condizioni della maglia rosa uscente. Dopo i fattacci dei Paesi Baschi, in cui prima aveva battuto il dorso e poi il ginocchio nel giorno della maxi caduta, possiamo dire che Roglic sta meglio del previsto. Si era temuto per una rotula fratturata e invece lo sloveno ha riportato “solo” delle forti contusioni. E questa è una bella notizia in vista del Tour de France.

La Specialized S-Works Tarmac SL8 di Primoz Roglic
La Specialized S-Works Tarmac SL8 di Primoz Roglic
Giampaolo, come sta andando questo “matrimonio” tra Roglic e Specialized?

Ho visto Primoz qualche settimana fa. Abbiamo percorso insieme la tappa del Tour, la prima, quella italiana. Posso dire che in discesa andava come una freccia. Ormai questi ragazzi hanno la velocità addosso! C’erano lui e anche Nico Denz. Abbiamo fatto il Barbotto e poi fino a San Marino. Proprio in quel frangente abbiamo parlato del suo adattamento e mi ha detto che si sta trovando benissimo con la bici.

In questo passaggio da Cervélo a Specialized avete riportato fedelmente le sue misure o ci sono stati degli adattamenti?

Le misure sono rimaste esattamente quelle, specialmente sulla bici da strada, mentre qualche piccolo intervento è stato fatto sulla bici da crono (in zona manubrio, ndr)

Partivate da 3-4 posizioni ci avevi detto l’ultima volta, che tipo d’intervento avete apportato?

Abbiamo fatto altri test, anche in galleria del vento, proprio prima di provare la tappa del Tour. Li abbiamo fatti a Milano. Dopo la Parigi-Nizza, Primoz è andato direttamente a Milano, appunto, e quindi è sceso in Romagna dove ha provato la prima tappa del Tour e poi anche la seconda.

Primoz Roglic (classe 1989) su Specialized, il feeling di guida è sembrato buono sin dalle prime uscite. Angoli uguali a quelli del 2023
Primoz Roglic (classe 1989) su Specialized, il feeling di guida è sembrato buono sin dalle prime uscite. Angoli uguali a quelli del 2023
Hai detto che si trova benissimo, cosa gli è piaciuto dunque di questa Specialized SL8?

La reattività della bici. Ci si trova a suo agio, ha avuto subito un buon feeling e la trova veloce. E lo stesso vale per la bici da crono. Anzi, forse su quella va ancora meglio.

Perché?

In termini di guida ci si trova molto bene e infatti proprio ai Paesi Baschi a nostro avviso ha vinto anche perché nelle curve più strette è riuscito guidare molto bene. Era una crono molto tecnica e ha fatto veramente la differenza sugli altri, posto che chiaramente è andato forte anche nei tratti in cui bisognava spingere. Abbiamo i parametri, li abbiamo visti. Però proprio riguardando i vari parziali ha guadagnato nel tratto di discesa.

Discorso gomme. Primoz veniva da un team molto attento alla questione degli pneumatici. Utilizzava tubeless Vittoria che spesso sono stati sviluppati proprio in collaborazione col team giallonero, adesso è passato ai vostri copertoncini. Cosa puoi dirci in merito?

Primoz è un corridore sensibile su queste cose. Cosa posso dire: non ha mai protestato. Ha iniziato ad usarli sin da subito, si è informato però. Gli abbiamo mostrato i nostri numeri, gli abbiamo fatto vedere quali sono le combinazioni migliori ed è andato. Alla fine i nostri clincher in cotone sono quelli che danno la prestazione migliore, pertanto li ha abbracciati subito.

Parliamo della sella. Due modelli differenti: tra la sua vecchia Fizik e la vostra Specialized Phenom qualche aggiustamento, magari piccolo, ci sarà stato…

Il discorso non è tanto alzare o abbassare la sella, il ragionamento che noi facciamo è diverso. Quello che guardiamo è se gli angoli che aveva sono stati riprodotti rispetto alla bici precedente. Poi abbiamo riadattato il tutto con il nostro sistema Retul. Gli abbiamo consegnato un “prodotto” finito: a quel punto è lui che ci dà i feedback. Se poi Roglic, ma questo vale anche per altri atleti e atlete, vuole cambiare qualcosa, ne discutiamo. Cerchiamo però di non lasciare il corridore libero di decidere se cominciare ad alzare o abbassare la sella, arretrarla o spostarla in avanti…

Secondo Mondini, Roglic ha fatto un bel salto di qualità in termini di guida con la bici da crono
Secondo Mondini, Roglic ha fatto un bel salto di qualità in termini di guida con la bici da crono
Come mai?

Perché oggi ogni cosa è ponderata in un certo modo. Si cambia? Bene, ma perché? Cosa comporta questo cambiamento? E non siamo noi ad imporre queste regole, è il team. E in accordo col team, ogni cambiamento è deciso insieme. Nel caso della sella, per esempio, se s’inizia a spostarla va da sé che cambino gli angoli. E se non li ricontrolli poi cambia tutto il resto. Faccio un esempio: Barbara Guarischi, per vari motivi ha dovuto cambiare un paio di selle durante le classiche. Tra una corsa e l’altra non c’è stato tempo, ma adesso deve rifare un controllo Retul per verificare questi cambiamenti e riportare gli angoli nella posizione ottimale. Questi check ormai sono fondamentali.

Insomma va tutto bene con Roglic e da quello che capiamo non è neanche un pignolo che fa impazzire i meccanici…

No, no… ce ne fossero come lui! Il processo di adattamento sta andando avanti regolarmente. Ma in generale ormai certi cambiamenti in corso d’opera si fanno sempre meno. Lavoriamo sodo sulle posizioni nei mesi tra ottobre e dicembre e durante la stagione non abbiamo più grossi problemi. Può capitare che un corridore abbia un’infiammazione, abbia subito un infortunio e allora bisogna rimetterci mano, ma è un’altra motivazione. In quel caso l’intervento prima ancora che biomeccanico è medico. Tornando a Roglic, secondo me, se non ci fosse stata quella caduta, Primoz avrebbe avuto grosse possibilità di vincere il Giro dei Paesi Baschi.

Casa Visma: non è ancora allarme, ma quasi…

08.04.2024
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In un modo o nell’altro, i grandi cicli si somigliano tutti. Per questo quando la settimana scorsa è stato annunciato che Merijn Zeeman, numero uno dei tecnici Visma-Lease a Bike, passerà dal prossimo anno al calcio nelle file dell’Alkmaar, la mente è andata a quando Rod Ellingworth lasciò, sia pure per il solo 2020, il Team Ineos Grenadiers. In un modo o nell’altro quel passaggio di mano segnò l’inizio del ridimensionamento della squadra britannica, che vinse il Giro con Bernal e poi si mise in cerca di una nuova identità. Ellingworth fece in tempo a tornare e poi ad andarsene di nuovo e nel vuoto lasciato libero dagli inglesi si è infilata con prepotenza la squadra olandese di Vingegaard e Van Aert. Il loro ciclo avrà qualche ripercussione per la partenza di Zeeman?

Zeeman, capo dei tecnici della Visma, dal prossimo anno passerà al calcio
Zeeman, capo dei tecnici della Visma, dal prossimo anno passerà al calcio

Due cadute all’unisono

Il primo a saltare giù dalla nave è stato Primoz Roglic. La sua scelta non è legata alla partenza del tecnico, quanto piuttosto alla necessità di avere un proprio spazio al Tour de France. Nonostante ciò, la partenza dello sloveno ha aperto una voragine nell’organico del team che lo scorso anno ha vinto i tre grandi Giri e al momento rischia di non vincerne neanche uno. Chiaramente nel discorso entrano due cadute: quella di Van Aert a Waregem e quella di Vingegaard ai Paesi Baschi.

Già è parsa una forzatura la presenza del belga come uomo di classifica al Giro, ma adesso le incertezze sul suo recupero e quello del danese rendono il quadro ben più confuso. Al punto che la possibilità di Pogacar di fare la doppietta Giro-Tour, che fino a un mese fa sembrava irrealistica, adesso sembra meno remota. Con questi immensi campioni funziona così: se non hanno intorno rivali della loro grandezza, è difficile batterli. Come conferma il dominio di Van der Poel al Fiandre e ancor più alla Roubaix.

Anche Roglic coinvolto nella caduta dei Paesi Baschi, ma per una volta se l’è cavata con poco (foto Instagram)
Anche Roglic coinvolto nella caduta dei Paesi Baschi, ma per una volta se l’è cavata con poco (foto Instagram)

Linea verde per Roubaix

Proprio ieri, complice anche il forfait in extremis di Van Baarle, la presenza della Visma-Lease a Bike nella corsa del pavé è rimasta legata all’entusiasmo dei gemelli Tim e Mick Van Dijke e al talento di Per Strand Hagenes. Solo che quando si è varcato il muro dei 220 chilometri l’entusiasmo è stato scalzato dalla fatica, come è giusto che sia per atleti così giovani.

«Nel contesto dello sviluppo dei talenti – ha spiegato proprio Merijn Zeeman al belga Het Nieuwsblad – volevamo vedere fino a che punto potevano spingersi i nostri tre corridori più giovani. E loro hanno dimostrato di avere una prospettiva per il futuro. Naturalmente ci aspettavamo di più, sicuramente alla Roubaix, che per noi è un po’ più adatta rispetto al Fiandre. L’opening-weekend (vittorie di Tratnik e Van Aert, ndr) e la Dwars door Vlaanderen (vittoria di Jorgenson, ma caduta di Van Aert, ndr) sono state un sollievo per i risultati. Se avessimo avuto tutti i nostri leader lì, avremmo potuto lottare anche per la Roubaix, ma si è imposta la Alpecin-Deceuninck. E Mathieu era addirittura in una classe a parte».

Van Aert è convalescente in Belgio, sul mare di Knokke. Per ora la Visma non rivede i suoi piani (foto Instagram)
Van Aert è convalescente in Belgio, sul mare di Knokke. Per ora la Visma non rivede i suoi piani (foto Instagram)

Van Aert e il Giro

E adesso il gioco si fa spinoso. Manca meno di un mese all’inizio del Giro (4 maggio) e Van Aert si è fatto fotografare ancora fasciato e immobile sul balcone di un centro residenziale sul mare di Knokke. 

«Nove giorni dopo l’intervento chirurgico – ha scritto su Instagram, prima di ringraziare tutti quelli che lo stanno sostenendo – e inizio a sentirmi di nuovo un po’ me stesso. Spero di tornare presto in sella alla mia bici, ma in questo momento il recupero completo delle ferite e delle ossa rotte ha la mia priorità assoluta».

In realtà non è ancora dato di sapere quando potrà riprendere gli allenamenti e questo, in un ciclismo che vive di calcoli millimetrici, è un bel problema. Quel che fa onore alla squadra olandese è voler per ora mantenere fede all’impegno del Giro, che potrebbe in ogni caso diventare un buon rodaggio sulla strada eventuale del Tour. Il recupero per ora procede.

«Si tratta di una combinazione di costole e clavicole rotte – spiega Zeeman – un polmone contuso e una vasta ustione sulla schiena. Le cose stanno migliorando, ma non possiamo ancora dire quando potrà riprendere ad allenarsi sui rulli. Non dico che non possa accadere presto, ma al momento resta da vedere. Non so dire neanche di quanto lavoro avrà bisogno Wout per arrivare bene al via del Giro. Tutto dipende dal punto di partenza, dalla condizione che gli sarà rimasta. Il principio di base è che in corsa dovrà essere al 100 per cento. E’ uno dei nostri leader e non andrà al Giro solo per pedalare: questo è chiaro come il sole. Il tempo è poco, ma speriamo di ottenere informazioni dettagliate sulla situazione di Wout nelle prossime settimane».

Vingegaard ha riportato fratture e un pneumotorace: è ancora in ospedale (immagine Eurosport)
Per Vingegaard fratture e un pneumotorace: è ancora in ospedale (immagine Eurosport)

Vingegaard e il Tour

Il Tour per fortuna è più lontano, anche se neppure le condizioni di Vingegaard sono così tranquillizzanti. Il danese è sparito dai radar, come è giusto che sia, ma il bollettino relativo alla sua caduta è nettamente peggiore rispetto a quello di Van Aert. Per lui si parla di costole e clavicole fratturate, di un polmone contuso e un polmone collassato.

«C’è un po’ più di tempo per Jonas – chiude Zeeman – perché ovviamente punta al Tour. Solo che abbiamo deciso di non mantenere il ritiro in quota di Sierra Nevada che dovrebbe iniziare il 6 maggio. Troveremo un altro avvicinamento. Ogni giorno migliora un po’, ma è ancora in ospedale e questo ovviamente dice abbastanza. Tutto quello che possiamo fare ora è pensare a quanti più scenari possibili. Wout potrebbe non arrivare pronto per il Giro, come Vingegaard potrebbe non essere pronto per il Tour. Speriamo di poter concretizzare tutto questo nelle prossime settimane».

Debutto in Francia con capitan Roglic: Sobrero ci dice che…

16.03.2024
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PAVIA – Matteo Sobrero è magro come non mai. Almeno così ci sembra: «Ovunque vado – spiega il piemontese – tutti mi dicono così, ma io sono sempre uguale». E allora saranno i nuovi colori della Bora-Hansgrohe a “snellirlo”. Fatto sta che la pancia è scavata!

Siamo alla vigilia della Milano-Sanremo, primo monumento dell’anno, e i corridori che sfilano nella mix zone ci appaiono tutti abbastanza concentrati. Magari non tesi, ma si vede che sono consapevoli che il gioco inizia a farsi serio.

A proposito di Bora-Hansgrohe, la nuova squadra con Primoz Roglic e tanti altri ottimi corridori, tra cui lo stesso Sobrero, era molto attesa alla Parigi-Nizza. Primoz era al debutto stagionale. Sulle strade della Francia sta puntando praticamente tutto il suo finale di carriera, per quel grande goal chiamato Tour de France.

Matteo Sobrero (classe 1997) pronto per la sua terza Sanremo, che affronta con una monocrona da 55 denti
Matteo Sobrero (classe 1997) pronto per la sua terza Sanremo, che affronta con una monocrona da 55 denti

Sobrero, inizio ok

E Matteo Sobrero è uno degli ingranaggi fondamentali di questa sfida. Fa parte a tutti gli effetti della Bora che vedremo al Tour.

«La mia Parigi-Nizza è stata corsa in supporto di Primoz – ha detto Matteo – quest’anno ho un programma di gare praticamente speculare al suo. Sarò in suo supporto nelle corse. E lo stesso nei camp in vista di preparazione per il Tour. Mi sto trovando bene, siamo un bel gruppo. Stiamo lavorando. E abbiamo parecchio da lavorare… come si è visto alla Parigi-Nizza».

Sobrero dice apertamente, ma si vede anche dagli occhi, di essere motivato. E’ contento di questa nuova avventura nella Bora. Ripete più volte di trovarsi bene in squadra. Ha un solo piccolo rimpianto: non aver colto un risultato migliore nella primissima gara dell’anno.

«La stagione è partita bene. La gamba rispondeva sin da subito. Al Saudi Tour speravo di salire sul podio, invece ho fatto quarto, ma è stato un buon inizio per me e per la squadra». 

Ad Auxerre, cronosquadre di 27 km, la Bora si spacca presto. Davanti restano in tre: Roglic, Vlasov e Sobrero
Ad Auxerre, cronosquadre di 27 km, la Bora si spacca presto. Davanti restano in tre: Roglic, Vlasov e Sobrero

Pasticcio cronosquadre

E con quel “abbiamo parecchio da lavorare… come si è visto alla Parigi-Nizza“, Sobrero ci porta nel cuore della conversazione: il lavoro che c’è da fare e quello che oggettivamente non ha funzionato in Francia. Anche uno dei tecnici della Bora-Hansgrohe, Patxi Vila, ha ammesso che sono stati commessi degli errori.

«I primi due giorni sono filati via bene – ha detto Sobrero – poi al terzo, nella cronosquadre, abbiamo avuto qualche problema. Abbiamo perso troppo presto diversi uomini e siamo rimasti in tre. Quel restare in tre per tanto tempo a tutta, ci ha fatto spendere molto. E quello sforzo in più lo abbiamo pagato nei giorni successivi. Abbiamo provato a correre all’attacco… alla fine il risultato è arrivato con Vlasov. Ed è stata una soddisfazione. A Primoz invece è mancato qualcosina, ma nel complesso l’ho visto bene. E già dai Baschi potrebbe farci vedere qualcosa».

Il discorso della crono, degli uomini che si perdono ci dicono che certi meccanismi nel ciclismo moderno sono troppo importanti. Non s’improvvisa nulla. Erano diversi i nuovi innesti schierati dalla Bora alla Parigi-Nizza. Quei meccanismi vanno oliati. E’ bastata una collinetta dopo pochi chilometri per sfaldare il treno tedesco. Certi wattaggi vanno calibrati, omogeneizzati fra i componenti del team. Insomma errori di “gioventù”. Come diceva Gasparotto, la Bora per ora è un cantiere.

Senza dimenticare che quello sforzo maggiore ha presentato il conto. Pensate che il quarto di loro, Marco Haller, ha incassato 4’05” da Roglic. La Bora-Hansgrohe in quella cronosquadre è arrivata undicesima, pagando 49” alla UAE Emirates. Ma loro così come tutte altre squadre davanti hanno pedalato ben più compatti e numerosi per tanti chilometri.

Matteo (al cnetro della foto) alle spalle di Primoz. Un’indicazione specifica del leader sloveno
Matteo (al cnetro della foto) alle spalle di Primoz. Un’indicazione specifica del leader sloveno

Prove di Tour

Una corsa come la Parigi-Nizza, come diceva anche Cattaneo, vale un piccolo Tour. Disputarla è importante, disputarla con la squadra che poi sarà schierata alla Grande Boucle lo è ancora di più. Bisogna conoscersi e trovare il feeling.

«Ho fatto – racconta Sobrero – anche il ritiro sul Teide con Roglic e devo dire che mi piace molto. Mi trovo benissimo con lui. Ho subito notato che ha una grande forza in tutto. Primoz ti mette a tuo agio, nonostante le mille pressioni che ha è molto rilassato, tranquillo. Non ho mai avuto un capitano del genere. Davvero una bella scoperta».

Matteo aggiunge che questa tranquillità Roglic ce l’ha anche in corsa. In gruppo non chiede di essere portato avanti, non parla in continuazione né chiede ai gregari di andare all’ammiraglia spesso.

«No, no… niente di tutto ciò. Anzi, addirittura nelle tappe di pianura mi diceva: “Stammi sulla ruota. Così se succede qualcosa mi passi davanti”. L’opposto di quello che mi sarei aspettato di fare. Visto che abbiamo misure simile, nel caso di un cambio bici sarei stato pronto a dargli la mia».

Il piemontese ha parlato di un buon clima in squadra (foto Instagram/@friesooooo)
Il piemontese ha parlato di un buon clima in squadra (foto Instagram/@friesooooo)

Tra Sanremo e Ardenne

Sobrero saluta i giornalisti nella mix zone. Deve andare. Snocciola il programma che lo attende dopo la Classicissima: il Giro dei Paesi Baschi, le Ardenne e poi un altro ritiro in quota.

«Sempre insieme a lui (Roglic, ndr). Io però le Ardenne le farò tutte, mentre Roglic farà solo la Liegi. Ma intanto pensiamo a domani (oggi, ndr). Avrò la possibilità di giocarmi le mie carte.

«Alla fine la Sanremo è una corsa un po’ particolare e aperta a molti scenari. Con i fuoriclasse non c’è storia, ma dietro ci può essere un po’ di “casino”. Per questo ho puntato sull’effetto sorpresa: monocorona da 55 denti!». Chissà, questa soluzione tecnica potrebbe essere ereditata da Roglic che a sua volta se l’è portata via dalla Jumbo-Visma.

Cantiere Bora, al Tour tutti per Roglic: Gasparotto racconta

14.03.2024
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«Roma non è stata costruita in un giorno, abbiamo ancora tempo per arrivare al nostro obiettivo. Grazie allo staff che ci ha supportato». Queste per sommi capi le parole che Enrico Gasparotto ha affidato a un post su Instagram dopo la Tirreno-Adriatico, in cui con Hindley ha provato a far saltare Ayuso per prendergli il secondo posto. La Bora-Hansgrohe ha mandato in Francia Roglic con Vlasov e ha tenuto qui in Italia Hindley con Kamna (i due sono insieme in apertura) e “Dani” Martinez, in un’insolita commistione fra uomini del Giro e gente da Tour. E mentre qui si facevano i conti con Vingegaard, alla Parigi-Nizza si è lottato contro le stesse maglie, ma indossate da Jorgenson e McNulty.

Il programma della squadra tedesca è importante e prevede l’attacco frontale ai giganti Visma e UAE al Tour de France, lasciando però spazio ai suoi leader che da un giorno all’altro hanno scoperto l’arrivo di Roglic e le sue (legittime) ambizioni che rischiavano di sovrapporsi alle loro. Martedì Gasparotto è andato con Kamna a provare la salita di Oropa e, sorridendo, ha ammesso che la ricordava meno dura.

Enrico Gasparotto, friulano classe 1985, è stato pro’ dal 2005 al 2020. Dal 2022 è diesse alla Bora-Hansgrohe
Enrico Gasparotto, friulano classe 1985, è stato pro’ dal 2005 al 2020. Dal 2022 è diesse alla Bora-Hansgrohe
Che cosa volevi dire con quel post?

In generale, è sempre un processo riuscire a far sì che i ragazzi lavorino bene assieme. L’ho detto per noi, ma vale per tutti. Del gruppo della Tirreno, 5 su 7 erano tutti ragazzi che erano già al Giro 2022, con l’innesto di Martinez e Macejuk, per cui gli automatismi si guadagnano correndo assieme. E credo che valga anche per la Parigi-Nizza.

Come sta andando finora l’inserimento di Roglic?

Va tutto com’era normale aspettarsi e probabilmente quella mia frase è veramente di attualità. Martinez ha subito vinto la prima gara in Algarve perché aveva una gamba stratosferica, però lui ha cambiato diversi team nella sua carriera. Invece Roglic ha vissuto tanti anni in un unico ambiente e quindi, una volta che esci dalla bolla, ti devi adattare nelle gare più importanti del calendario europeo. Non è automatico ed è stato voluto che andasse alla Parigi-Nizza piuttosto che alla Tirreno, perché in Francia ci sono sempre criticità maggiori, nelle quali si cementa il gruppo.

Come dire che sbagliando s’impara?

Quando viene tutto facile, gli errori non si capiscono, non si riconoscono. Quando invece le cose sono leggermente più complicate, si deve lavorare per adattarsi reciprocamente. Lui a noi e noi nei suoi confronti.

Roglic è andato alla Parigi-Nizza per avere un banco di prova davvero impegnativo
Roglic è andato alla Parigi-Nizza per avere un banco di prova davvero impegnativo
Quando Viviani lasciò la Quick Step, tentò di replicare in Cofidis quel che faceva nel team belga…

Non credo che Primoz voglia ricreare qui l’ambiente Visma. E’ un fatto che negli ultimi anni ci sia stata prima Sky che si è posta per tutti come punto di riferimento, perché era una squadra vincente e organizzata. In questo momento quel ruolo ce l’ha la Visma. Io credo che ci siano molti spunti interessanti da prendere da organizzazioni che funzionano, però il copia e incolla non funzionerà mai. Perché non è reale e soprattutto farebbe sparire le caratteristiche dell’altro ambiente. Ogni gruppo ha la sua filosofia e le sue differenze, che verranno capite col tempo e con le varie situazioni.

Però Roglic potrebbe portare qualcosa di buono dalla precedente esperienza, no?

Questo è certo. Ho passato con lui finora solo cinque giorni sul Teide e mi ha dato la sensazione di un atleta molto meticoloso e probabilmente è così non solo perché è stato nella Jumbo. Anzi, al contrario, non dimentichiamoci il suo ruolo nella crescita di quella squadra. Secondo me è così preciso per via dello sport che faceva prima. Uno che fa salto con gli sci sa che se sbaglia lo stacco di 10 centesimi, va in terra.  Sono certo che la meticolosità di Primoz, che è di alto livello, arriva proprio da lì. Ed è una dote che nel ciclismo attuale è decisiva e lui la sta portando da noi, allo stesso modo in cui ha dato il suo contributo per far diventare grande la sua vecchia squadra.

Con quale criterio avete operato la divisione degli uomini fra Giro e Tour?

Martinez è il leader del Giro e tutti gli altri saranno insieme al Tour perché comunque sul Tour ci giochiamo la scommessa più grande. Primoz è un vincente e ha vinto. Non ha vinto il Tour, ma ci è arrivato vicino. Rispetto a Hindley, Vlasov, Kamna o Martinez, ha un’età diversa. Lui per primo sa che non è che ha davanti sei chance di vincere il Tour de France, ne ha meno. Di conseguenza lo sforzo della squadra è quello di dargli il supporto necessario per quello che sarebbe la grande ciliegina che manca su una carriera incredibile. Per contro, avendo diverse punte, al Giro andremo con Martinez e Kamna, che sono corridori solidi, e cercheremo di approfittare anche degli arrivi in volata.

Vlasov ha vinto la tappa a Madone d’Uteille alla Parigi-Nizza
Vlasov ha vinto la tappa a Madone d’Uteille alla Parigi-Nizza
Come si fa, infilandoci un attimo nei panni del diesse, a mettere d’accordo le ambizioni di Vlasov oppure Hindley? E’ una grande pressione?

Non mi sento messo alla prova, perché se apprezzano quello che faccio, va bene. Se non apprezzano, baci e arrivederci. E la stessa cosa vale per chi è sopra di me nella gerarchia della squadra. Io sono come sono, personalmente la ragiono così. Sul fatto di mettere assieme le varie personalità e soprattutto le varie ambizioni, all’inizio avevamo qualche timore.

Invece?

Invece quando è stato chiesto ai vari Hindley e Vlasov di andare al Tour, ci hanno detto di sì, purché si vada con un solo obiettivo che deve essere Primoz e a patto di essere anche loro allo stesso livello di condizione. Quindi hanno sposato il progetto e ci hanno davvero colpito. Sono bravi ragazzi e persone intelligenti, a volte probabilmente sono anche troppo bravi e troppo onesti. La cosa che ci siamo sempre sentiti di fare nei loro confronti è dargli delle opportunità prima del mese di maggio. Per questo Jai era alla Tirreno e non alla Parigi-Nizza. Per questo Vlasov sarà al Catalunya e non ai Paesi Baschi. E per questo Jai sarà ai Paesi Baschi insieme a Primoz. Abbiamo gestito le ambizioni in questo modo.

Alla Tirreno nel giorno del Petrano avete corso da Bora, tutti all’attacco per far saltare Ayuso…

A me dispiace solo che sia stata una Tirreno con due salite. Per la squadra che avevo, mi è mancata una giornata da muri come è stata quella di Castelfidardo nel 2021. In quelle giornate, puoi utilizzare i numeri e la quantità di corridori validi che hai in squadra. Invece con salite lunghe nei finali di corsa, viene fuori la superiorità di Vingegaard.

Martinez, uno dei leader per il Giro, ha iniziato vincendo in Algarve su Evenepoel
Martinez, uno dei leader per il Giro, ha iniziato vincendo in Algarve su Evenepoel
Solo che di fatto quella superiorità ha schiacciato la corsa.

Rispettiamo profondamente Vingegaard e la sua forza. Hanno il loro modo di correre e di impostare le tappe e l’hanno dimostrato anche al Tour. Per cui ci siamo detti: cosa succede se facciamo qualcosa che a loro non sta bene? E soprattutto sulla prima salita non ho visto un grande Ayuso e se non fosse stato per Del Toro, forse Jai avrebbe guadagnato i 26 secondi che ci mancavano per il secondo posto. Quando poi il giorno di Monte Petrano ho visto che lo spagnolo aveva bucato ed era rimasto dietro, diciamo che li ho incitati con più energia. Ma hanno reagito bene, niente da dire. Resta la grande sorpresa della Tirreno: Del Toro, per me è stato a dir poco impressionante.

Vingegaard firma una super primavera e avvisa Roglic

13.03.2024
5 min
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Vingegaard se ne è andato da San Benedetto portando con sé la settima vittoria stagionale e il tridente di Nettuno, con cui viene premiato il re dei Due Mari. Scherzando a corsa finita, l’ha definito uno dei premi più belli e singolari da aggiungere alla sua collezione, perché lo lega al precedente lavoro al banco del pesce. La prossima sfida del danese sarà il Giro dei Paesi Baschi, vinto l’anno scorso su Landa e Izagirre.

Da solo sul Petrano, spingendo quel tanto che bastava per guadagnare sugli inseguitori
Da solo sul Petrano, spingendo quel tanto che bastava per guadagnare sugli inseguitori

Prima il Tour

Nei giorni della Tirreno-Adriatico hanno provato tutti a fargli dire che verrà a correre il Giro, ma due aspetti sono stati palesi: la sua grande educazione nel rispondere sempre in modo affabile e l’intenzione di restare legato al Tour per tutto il tempo che sentirà di poterlo vincere. Nel giorno finale della Tirreno, lo stesso in cui Jorgenson vinceva la Parigi-Nizza, Vingegaard è parso allegro e più spiritoso del solito.

«E’ un giorno fantastico per la nostra squadra – ha detto – con Matteo che vince alla Parigi-Nizza e io qui. Immagino che non potrebbe andare meglio per noi. Siamo arrivati molto pronti a questi appuntamenti. Abbiamo fatto una buona base durante l’inverno e poi siamo appena scesi dal ritiro in altura, dove abbiamo fatto un sacco di duro lavoro. Ho visto quanto ha lavorato Matteo lassù, quindi ero sicuro che avesse un livello altissimo e che fosse in grado di fare qualcosa di veramente buono in Francia. Questo mi dà molta fiducia. Si è detto che senza Van Aert e Roglic al Tour potremmo essere meno forti, ma vedere i compagni vincere dà fiducia e convinzione che possiamo lottare di nuovo per la vittoria. Mi piace correre in Italia. Mi piacciono i posti, le strade, il tifo e i tifosi. Non escludo che un giorno io venga al Giro, ma finché potrò vincere il Tour, il mio obiettivo sarà quello».

Il trofeo della Tirreno-Adriatico è un singolare omaggio al campione che da ragazzo lavorò al mercato del pesce
Il trofeo della Tirreno è il singolare omaggio al campione che da ragazzo lavorò al mercato del pesce

Roglic, un rivale

La sfida del Tour sarà come al solito roboante e di altissimo livello. Non è sfuggito, anche perché lo ha fatto notare lo stesso Vingegaard, che la sua squadra si ritroverà senza Van Aert e Van Hooydonck, che lo scorso anno fecero la loro parte, e senza Roglic, che è diventato un avversario. Il primo confronto fra i due è ormai alle porte. Si sfideranno ai Paesi Baschi, che Primoz ha vinto nel 2018 e nel 2021, mentre Jonas ne è appunto il vincitore uscente.

«E’ sarà un po’ strano, credo – dice – perché ho corso nella sua stessa squadra negli ultimi cinque anni, quindi correre contro di lui sarà una sensazione davvero particolare. Però dovrò sforzarmi di considerarlo un avversario come chiunque altro. Come Remco, come Ayuso, come Pogacar. Immagino che una volta capito questo, non cambierà molto».

La Visma-Lease a Bike si è mostrata molto solida, con uomini come Attila Valter e Uijtdebroeks che non faranno il Tour
La Visma-Lease a Bike si è mostrata molto solida, con uomini come Attila Valter e Uijtdebroeks che non faranno il Tour

Colonna Jorgenson

L’arrivo di Jorgenson e la sua capacità di esprimersi a un livello così alto in qualche maniera lo solleva. Quando si arriva alla fine di un ciclo come quello di Roglic, occorre ricrearsi subito dei punti di appoggio e l’americano ha tutti i requisiti per diventarlo.

«Sono stato in stanza con lui a Tenerife per tre settimane – spiega Vingegaard – ed è un ragazzo davvero eccezionale. E’ calmo e molto professionale, non è difficile stare con lui. Penso che si adatti molto bene alla nostra squadra in ogni aspetto, per gli allenamenti e l’alimentazione. Ha fatto un grande passo quest’inverno e penso che tutti possano rendersene conto. Non che prima fosse un cattivo corridore, perché ricordo che l’anno scorso alla Parigi-Nizza, nell’ultima tappa facevo fatica a seguirlo. E quando ho saputo che lo avevano ingaggiato, ho detto subito che era un ottimo acquisto e lui lo ha già dimostrato».

Una foto su Instagram di Matteo Jorgenson: «Mostrando al grande capo il trofeo che ho vinto»
Una foto su Instagram di Matteo Jorgenson: «Mostrando al grande capo il trofeo che ho vinto»

Gestendo lo sforzo

Lo vogliamo al Giro e lo vogliamo assolutamente alle classiche. Nei giorni precedenti Vingegaard ha dovuto smarcarsi anche da domande sulla Liegi: sono corse che gli piacciono, ma si resta fedeli alle scelte fatte con i necessari elementi nelle mani.

«Stessa cosa per le Olimpiadi – dice Vingegaard – sarei anche pronto a farle. Ma quando guardo le possibilità e la quantità di corridori che possiamo portare, capisco che per me sarebbe molto difficile fare la selezione, su un percorso che mi si addice davvero poco. Penso che in Danimarca abbiamo tanti corridori di qualità che meritano più di me di andare alle Olimpiadi. Quindi si può dire che sarei felice di andare, ma dubito che lo farò. Diverso invece il discorso dei mondiali di Zurigo, che in teoria sono molto più adatti. Quella è un’opzione che dobbiamo ancora studiare, perché non abbiamo ancora deciso quale sarà il mio programma dopo il Tour. La Tirreno mi ha dato buone sensazioni, ma non posso dire di essere andato davvero a fondo nello sforzo. Monte Petrano è stato una scalata molto dura, ma non sempre è necessario andare al massimo. Adesso torno a casa con il mio trofeo e fino ai Paesi Baschi non andrò nuovamente in altura, starò al livello del mare».

Fa un sorriso per il riferimento alla Corsa dei Due Mari e poi prima di andarsene si presta a piccoli video per gli uomini di RCS Sport. Con sette vittorie collezionate in undici giorni di corsa, si capisce bene che l’umore sia lieve. E il bello è che la stagione vera non è ancora cominciata.

EDITORIALE / La sfida di Roglic e il copiare che non funziona

11.03.2024
5 min
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La vera difficoltà per Roglic sarà ricreare attorno a sé i meccanismi che lo scorso anno, pur al rientro dall’infortunio, lo portarono a vincere la Tirreno-Adriatico, poi il Catalunya e il Giro. Ma si tratta davvero di una necessità?

La Visma-Lease a Bike, come la Quick Step degli anni migliori, è la squadra che rende forte chi vi arriva e priva di qualcosa chi ne esce. Alla Parigi-Nizza non deve essere stato facile per lo sloveno veder vincere Jorgenson, appena aggregato al team, e arrivargli davanti anche Kelderman che fino allo scorso anno tirava per lui. Il punto è capire se esista un modo diverso per raggiungere il successo. Oppure se il lavoro di Roglic e del suo staff, di cui fa parte anche l’allenatore Marc Lamberts, consista nel ricreare meccanismi che riconosce come vincenti.

Vingegaard, Kuss e Roglic: la concorrenza interna è di stimolo, ma può essere anche un freno (foto Jumbo-Visma 2023)
Vingegaard, Kuss e Roglic: la concorrenza interna è di stimolo, ma può essere anche un freno (foto Jumbo-Visma 2023)

La concorrenza interna

Conoscendolo, non servirà molto tempo perché il suo orgoglio torni a ruggire. In fondo ce lo auguriamo tutti, per la simpatia che Primoz ha saputo generare attorno a sé. Tuttavia il suo esempio ci porta a fare un passo indietro, tornando alle due tappe vinte da Vingegaard alla Tirreno.

Gli è stato chiesto per quale motivo abbia ritenuto di vincerle, avendo un obiettivo gigante come il Tour che lo attende. La risposta di Jonas è stata logica. Per dare un senso a tutto il lavoro, perché non si vive di solo Tour e non è detto che a luglio avrà la stessa condizione. Risposte ineccepibili, che tuttavia ne lasciano intravedere un’altra sullo sfondo: in quella squadra è meglio battere il ferro finché è caldo. Da un momento all’altro potrebbe emergere un giovane altrettanto formidabile, capace di portarti via lo scettro.

In quale altro team avrebbero lasciato andare via un capitano come Roglic, che nelle ultime 5 stagioni ha vinto tre Vuelta e un Giro? Neppure la Sky delle meraviglie si è mai privata dei suoi leader, arrivando a far convivere Wiggins, Froome, Thomas e Bernal. Quelli che sono andati via – Carapaz e Landa su tutti – non erano poi così formidabili.

Alla UAE Emirates verrà il momento in cui dovranno scegliere fra Pogacar e Ayuso?
Alla UAE Emirates verrà il momento in cui dovranno scegliere fra Pogacar e Ayuso?

Copiare non funziona

E’ lo sport dei cicli e ora dominano quello della Visma e della UAE Emirates . Chissà che anche in casa Pogacar non si debbano tenere gli occhi aperti per il crescere di Ayuso, che quanto a mordente e voglia di vincere non è certo inferiore a Tadej. In assoluto, la competizione interna fa parte dello sport ed è lo stimolo che spinge gli atleti a non sedersi sugli allori. Quello che con il suo modo sgangherato di esprimersi probabilmente Lefevere intendeva far notare ad Alaphilippe. Dalla vittoria di Imola 2020 ad oggi, il francese ha vinto appena 10 corse. Forse per il tempo che passa, certo per qualche infortunio di troppo, forse perché è venuta meno la spinta interiore.

Roglic non ha difetti di motivazione. Ha corse che vorrebbe ancora vincere e la voglia di dimostrare di non essere inferiore a nessuno. La differenza la farà con il metodo di lavoro, a patto di aver capito che i cicli altrui non sono replicabili, perché hanno dietro una storia e il pregio dell’originalità. Primoz ha portato con sé il suo coach, ma forse avrebbe potuto affidarsi a quelli della Bora-Hansgrohe. Il bello di cambiare sta anche nel provare strade nuove.

In anni non sospetti, lasciata la Quick Step per andare alla Cofidis, Elia Viviani ammise di aver perso troppo tempo per ricreare gli automatismi di un treno che non è mai stato all’altezza. Nei quattro anni successivi al 2019 (secondo e ultimo nel team belga, con 11 vittorie), il veronese ha messo insieme lo stesso numero di successi e su traguardi meno prestigiosi. I cicli altrui non sono replicabili e tutto sommato neppure le esperienze.

Cavendish ha voluto in Astana un piccolo spicchio di ambiente Quick Step: come vanno le cose?
Cavendish ha voluto in Astana un piccolo spicchio di ambiente Quick Step: come vanno le cose?

Il coraggio di cambiare

Abbiamo letto nell’intervista a Marcellusi, 23 anni e all’attivo la vittoria nel Trofeo Piva del 2023 (internazionale U23), che il suo 2024 per ora è stato più allenarsi che correre. Con la regia del team performance del VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè, il romano ha fatto tre giorni di corsa a Mallorca, poi è andato sull’Etna in ritiro e tornerà in gruppo il 13 marzo, mercoledì, alla Milano-Torino. Poi Sanremo, Coppi e Bartali e, nell’ipotesi del Giro, forse un altro ritiro in altura. Per ammissione del corridore, lo staff ha deciso questo percorso prendendo spunto dalla programmazione dei team WorldTour.

Ci sorge un dubbio: Marcellusi è in grado di fronteggiare una programmazione così simile a quella di Pogacar e Van der Poel? Che cosa avrebbe potuto fare, seguendo un cammino più tradizionale, nelle tante corse che si sono svolte finora?

I cicli e le esperienze possono servire come ispirazione, ma non si copiano e sono impossibili da replicare. Cavendish ha voluto il diesse Renshaw, l’allenatore Vasilis Anastopulos e il leadout Morkov: come Viviani, sta dedicando tempo a inseguire uno schema che nella squadra attuale non funziona? Per ora i risultati sono al di sotto delle attese. Dopo il ritiro in Colombia, i progressi sembrano essersi interrotti. Forse anche lui, come Alaphilippe, deve fare i conti con il tempo che passa e magari con una minore spinta interiore. Per Roglic non è così, non dovrebbe. Crediamo che Primoz arriverà a conquistare ancora qualcosa. Perché ha iniziato tardi, sa adattarsi e il tempo gli è amico. E soprattutto negli occhi ha ancora il sacro fuoco.

Il ciclismo di Roglic, fra volontà, emozioni e fiducia

22.02.2024
6 min
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Non è mai troppo tardi per raggiungere i propri sogni. Primoz Roglic si è raccontato a L’Equipe in una lunga intervista, da cui abbiamo estrapolato e riletto i concetti chiave. Lo sloveno vincitore dell’ultimo Giro d’Italia debutterà il 3 marzo alla Parigi-Nizza (foto Instagram di aperetura), allo stesso modo in cui lo scorso anno era ripartito dalla Tirreno-Adriatico. La sola differenza è che nel 2023 era in ripresa dal terribile infortunio della Vuelta, mentre questa volta sorridendo ammette di aver rallentato per alcuni virus portati in casa dai bambini da scuola, ma per il resto dice di avere buona salute.

Il 28 maggio del 2023, Primoz Roglic riceve il trofeo del Giro dal presidente della Repubblica Mattarella
Il 28 maggio del 2023, Primoz Roglic riceve il trofeo del Giro dal presidente della Repubblica Mattarella

L’usura del tempo

Il cambiamento di squadra è stato fisiologico, per la consapevolezza che nell’attuale Visma-Lease a Bike la presenza di Vingegaard gli avrebbe precluso per sempre la chance del Tour. Poco dice invece della Vuelta. Se il danese ha ammesso di aver sofferto nel lasciare la corsa spagnola a Kuss, Roglic spiega di aver sempre saputo che l’americano potesse vincerla e per questo non sembra particolarmente afflitto.

«L’idea di cambiare maglia – dice – ha cominciato a prendere piede nell’estate. Facevo parte della stessa squadra da parecchio tempo. Non mi è venuto in mente all’improvviso, nell’ultima settimana della Vuelta. Avevo già riconosciuto l’usura del tempo e ad un certo punto bisognava fare il grande passo, ma solo a condizione che le condizioni fossero soddisfatte. Ho identificato venti gare che vorrei ancora vincere e che non sono nella mia lista di successi. Quindi ho dovuto cambiare, visto la mia squadra non poteva offrirmi queste opportunità. Il Tour de France è ovviamente il motivo principale del mio trasferimento e il mio obiettivo finale. A parte questo, mi piacerebbe diventare campione del mondo, vincere il Tour de Suisse e gare come il Tour Down Under. Ci sono tantissime gare fantastiche da vincere nel calendario ciclistico internazionale!».

L’amore per la neve non si scorda: prima di Natale, scorribanda sulle montagne di casa (foto Instagram)
L’amore per la neve non si scorda: prima di Natale, scorribanda sulle montagne di casa (foto Instagram)

Cordialmente avversari

Il guerriero non è affatto arreso, questo è certo. Non è difficile, almeno in apparenza, spiegare la differenza di atteggiamento fra Roglic, Pogacar e Vingegaard. Il danese, come pure Froome prima di lui, vince corse a raffica in avvicinamento al Tour, ma con la sensazione che siano conseguenza e necessità dettata dalla preparazione svolta. I due sloveni vincono perché amano le corse cui prendono parte, ne fanno obiettivi veri, pur riconoscendo la supremazia della sfida francese. E in questo, pur rimanendo rivali e con la ferita del Tour 2020 che ancora pulsa, i due hanno trovato delle insospettabili sintonie.

«E’ bello che Tadej abbia deciso di correre il Giro», spiega Roglic. «Vincerlo alla fine potrebbe essere più facile per lui di quanto sia stato per me. Non conosciamo ancora tutti i rivali, ma sarà difficile che qualcuno possa batterlo. Ha studiato bene tutto. Ama la pioggia e il maltempo, quindi il percorso di quest’anno dovrebbe adattarsi perfettamente. Purtroppo per lui (sorride, ndr) non sarà il primo sloveno a vincere la maglia rosa, perché quello l’ho già fatto io. E non so neppure se spenderà troppo verso il Tour, è difficile da valutare. Nel 2020 lo conoscevo a malapena. Ora so che è un ragazzo molto simpatico oltre che un grande campione. E’ difficile definire il nostro rapporto. Facciamo lo stesso lavoro, veniamo dallo stesso Paese che non è molto grande e viviamo entrambi a Monaco. Anche noi siamo avversari. Andiamo d’accordo, parliamo, è un ottimo compagno di viaggio e ovviamente ha tutta la mia stima».

Il 27 maggio 2023, giorno prima del gran finale, Roglic conquista la maglia rosa a Monte Lussari, in un tripudio di bandiere slovene
Il 27 maggio 2023, giorno prima del gran finale, Roglic conquista la maglia rosa a Monte Lussari, in un tripudio di bandiere slovene

Il giorno del Lussari

Il Giro resta un capitolo di grande impatto nella carriera di Roglic, che lo scorso anno scelse di correre in Italia, chiamandosi fuori dal Tour, avendo capito che in quella squadra non ci sarebbe stato posto per le sue ambizioni.

«Vincere un Grande Giro, qualunque esso sia – spiega – richiede un investimento tale per cui non potrò mai dire che una vittoria valga più di un’altra. Sarebbe irrispettoso nei confronti degli eventi e degli avversari. Quello che è certo è che le emozioni vissute al Monte Lussari durante l’ultimo Giro, quasi in Slovenia, rimarranno uniche. E’ legato al lavoro di squadra, alle condizioni drammatiche della mia cronometro (riferimento al salto di catena, ndr), alla comunione con i tifosi in quel contesto così speciale che mi ha ricordato la mia giovinezza come saltatore con gli sci. Tutti elementi che non si riuniranno mai più lo stesso giorno nello stesso posto. Le vittorie sono sempre importanti e allo stesso tempo non possiamo dormire sugli allori, dobbiamo rimetterci velocemente in cammino per prepararci alle conquiste successive. Non voglio nemmeno immaginare cosa significherebbe nella mia vita una vittoria al Tour de France».

Alla Bora lo ha accolto Cesare Benedetti, autentico veterano del team tedesco (foto Matthis Paul)
Alla Bora lo ha accolto Cesare Benedetti, autentico veterano del team tedesco (foto Matthis Paul)

34 come Bartali

Quel giallo continua a scintillare nel mezzo dell’estate, non si può fare a meno di guardarlo. E forse per quest’anno si potrebbe anche giustificarlo se nel nome della conquista sacrificasse il resto. La carta di identità dice che Primoz ha 34 anni, gli stessi di Gino Bartali quando vinse il secondo Tour. Un’età critica, anche se il record appartiene ancora a Firmin Lambot che lo vinse a 36 anni.

«Credo di poterlo vincere – dice Roglic – sono ancora qui, in buona salute, con un livello adeguato: ho la mia occasione e ci credo. Ho scelto la Bora-Hansgrohe perché negli ultimi due anni ha cambiato strategia e obiettivi. Adesso è una squadra completamente diversa, ha corridori di grande talento. Ho visto come ha corso nei grandi Giri delle ultime due stagioni, è strutturata per sostenermi in modo adeguato. Per questo non ho portato compagni con me, mentre ho insistito per avere il mio allenatore, Marc Lamberts. Non me la sentivo di rinunciare al suo bagaglio di conoscenze e sono felice che abbia accettato di cambiare squadra con me».

Non resta che cominciare, annotando un’altra singolare coincidenza. Anche il Tour del 2024, come quello del 2020 e come il Giro dello scorso anno, si chiuderà con una crono molto impegnativa sulle strade di Nizza, su cui Primoz si allena tutti i giorni. Quel giorno non ci saranno le migliaia di tifosi sloveni del Monte Lussari, ma si sentirà ugualmente un po’ a casa. E non è nemmeno da escludere che, con i due eroi nazionali impegnati in una sfida per la maglia gialla, quelle orde di appassionati così in gamba, si mettano in viaggio per fargli nuovamente sentire le loro voci.

Coppie per la salita. Per Pozzovivo è già scontro fra UAE e Visma

17.02.2024
5 min
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Il livello è sempre più stellare. Se pensiamo che un corridore come Adam Yates deve fare il gregario di Pogacar in salita, ogni cosa si spiega da sola! Proprio da questo spunto e vedendo il ciclomercato di questo inverno, vogliamo fare un’analisi delle migliori coppie per la salita.

Un’analisi nella quale ci conduce Domenico Pozzovivo. Il “Pozzo” è super tecnico e soprattutto è uno scalatore che con questi grandi campioni ci corre. Adam Yates e Tadej Pogacar dunque. Ma anche Sepp Kuss e Jonas Vingegaard. Mikel Landa e Remco Evenepoel…. chi sono i più forti?

Pozzovivo e Nibali a ruota. Il lucano e il siciliano hanno formato una formidabile coppia per la salita
Pozzovivo e Nibali a ruota. Il lucano e il siciliano hanno formato una formidabile coppia per la salita
Domenico, partiamo da queste tre coppie…

Sono tutte molto forti, specie le prime due. Difficile stabilire quale sia la migliore, perché comunque presentano delle differenze.

Analizziamole queste differenze. Partiamo da Kuss e Vingegaard?

E’ la coppia migliore per le salite lunghe. La loro squadra, la Visma-Lease a Bike, è ben attrezzata per i tapponi. E loro due in particolare si esaltano su questo tipo di scalate e quando ci sono dislivelli estremi. Sono molto adatti alle pendenze più arcigne. Vediamo tutti la facilità di passo che ha Kuss in salita, come si muove in gruppo. Dal suo lavoro partono le azioni top di Vingegaard. Li vedo molto a loro agio.

Adam Yates e Pogacar…

Gli UAE Emirates in quanto a brillantezza sono la coppia killer. Forse sono anche i più completi, perché anche se sulle salite lunghissime pagano qualcosa rispetto ai Visma, sono più forti su quelle brevi. Sono entrambi due corridori più esplosivi.

Ci sono poi Remco e Landa. Come ti sembrano?

Loro costituiscono la coppia più imprevedibile. Nella giornata secca, se sta bene, Remco è il più forte di tutti. Ma entrambi non danno totale affidamento nelle tre settimane. Ogni tanto hanno degli alti e bassi, si somigliano parecchio in tal senso. Però Landa ha esperienza e potrebbero completarsi alla Soudal-Quick Step.

Algarve 2024: prime prove per Landa e Remco. A sua volta lo spagnolo è protetto da Knoxx prima di entrare in azione
Algarve 2024: prime prove per Landa e Remco. A sua volta lo spagnolo è protetto da Knoxx prima di entrare in azione
L’ultimo uomo in salita incide come l’apripista del velocista?

Conta, eccome. E’ un riferimento per il capitano e deve capire cosa vuole il suo leader. Non tutti infatti amano stare in seconda o terza posizione, altri preferiscono avere un approccio più conservativo alla salita. L’ultimo uomo per la salita deve destreggiarsi diversamente. Sono meccanismi diversi sul passo e sul proporre l’azione.

Cioè?

Ci sono leader che prima dell’attacco preferiscono gli venga impostato un passo molto forte nei 2′-3′ prima dell’affondo. E chi invece preferisce un ritmo meno intenso per poter fare un’azione più brusca. A questi meccanismi ci si abitua stando parecchio dentro la squadra, con le corse. E potrebbe essere lo svantaggio di Remco e Landa.

A tal proposito c’è anche un’altra coppia che può fare molto bene ed è quella della Bora-Hansgrohe: Alex Vlasov e Primoz Roglic. Cosa pensi di loro?

Vlasov e Roglic sono le tipiche persone che a prima vista non sono loquaci, ma quando prendono fiducia e si aprono sono invece espansive. Tecnicamente, sono la coppia che corre di rimessa, pronta a sfruttare i punti deboli degli altri. Questo soprattutto per le caratteristiche di Roglic. Primoz ama stare coperto e quasi mai è il primo a muoversi. Lui, e in questo mi ricorda molto Purito Rodriguez, sa di avere un ottimo finale. Quindi calibra il suo attacco violento in base alle energie e alla distanza. Anche io spesso ragionavo in questo modo. Nel 2012-2013 sapevo che avevo quell’autonomia, quel minutaggio per l’attacco e mi regolavo di conseguenza. Spesso vediamo Roglic attaccare negli ultimi 1.500 metri.

Veniamo in Italia: Damiano Caruso e Antonio Tiberi…

Anche tecnicamente i due della Bahrain-Victorious sono corridori simili nella capacità di esprimersi in salita. Sono due regolaristi. Vanno bene sulle scalate lunghe. Si adattano bene l’uno all’altro sotto questo punto di vista. Certo, in questa coppia c’è un grande dislivello di esperienza. C’è un maggiore flusso d’informazioni da Caruso a Tiberi. Intendo che più che in altre coppie il pallino della situazione sarà molto più spesso in mano a Damiano, anche sul posizionamento in gruppo.

Il metodo Sky: ritmi folli. Il leader attaccava alcuni minuti dopo che rano rimasti in 5-6 corridori al massimo
Il metodo Sky: ritmi folli. Il leader attaccava alcuni minuti dopo che rano rimasti in 5-6 corridori al massimo
Altre coppie di vertice? Alla Ineos-Greandiers Thomas non ha più un uomo così fidato. Ciccone e Geoghegan Hart non dovrebbero correre spesso insieme…

Io trovo interessante un’altra coppia italiana: Piganzoli e Fabbro della Polti-Kometa. Loro però hanno un focus diverso: le tappe e non la generale e l’approccio cambia parecchio. Non devono stressarsi sempre. Non devono prendersi dei rischi inutili limando anche nei finali in pianura. Possono stare lontani dalle mega cadute. Possono mollare. Credo che difficilmente li vedremo lavorare insieme, ma sono paralleli: un giorno può andare in fuga uno e un giorno l’altro. Questo può essere il loro vantaggio.

Possono risparmiare energie?

Esatto. Nel ciclismo moderno si è visto come a certi livelli si aspetta un po’ prima di mollare del tutto. Oggi l’ultimo uomo per la salita è un po’ una seconda punta. La prova l’abbiamo avuta all’ultimo Tour proprio con Yates e Pogacar. Tadej non ha vinto, ma in UAE sono riusciti a piazzare un secondo atleta sul podio. In questo caso l’uomo per la salita esce da certe dinamiche di squadra. Magari in pianura non deve coprire o badare al capitano e sprecare energie, ma può salvarsi per conto suo. Restare coperto.

Nel ruolo di ultimo uomo per la salita, la scuola Ineos ha segnato un punto: ritmi estenuanti prima dell’attacco. Anche voi capivate quando stavano per attaccare?

Quello sicuramente è il modo più “facile” per preparare un attacco, ma non era il solo. Per esempio, quando lavoravo per Nibali, lui voleva un ritmo forte ma non impossibile. Preferiva fare lui una differenza netta di passo. Quel metodo che dite voi è la scuola Ineos o Sky e l’emblema era Froome. Era il più forte e partiva quando ormai il gruppo era ridotto a 5-6 unità. Era uno scatto telefonato, ma non ci potevi fare nulla. Erano i più forti.