Il ciclismo di Roglic, fra volontà, emozioni e fiducia

22.02.2024
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Non è mai troppo tardi per raggiungere i propri sogni. Primoz Roglic si è raccontato a L’Equipe in una lunga intervista, da cui abbiamo estrapolato e riletto i concetti chiave. Lo sloveno vincitore dell’ultimo Giro d’Italia debutterà il 3 marzo alla Parigi-Nizza (foto Instagram di aperetura), allo stesso modo in cui lo scorso anno era ripartito dalla Tirreno-Adriatico. La sola differenza è che nel 2023 era in ripresa dal terribile infortunio della Vuelta, mentre questa volta sorridendo ammette di aver rallentato per alcuni virus portati in casa dai bambini da scuola, ma per il resto dice di avere buona salute.

Il 28 maggio del 2023, Primoz Roglic riceve il trofeo del Giro dal presidente della Repubblica Mattarella
Il 28 maggio del 2023, Primoz Roglic riceve il trofeo del Giro dal presidente della Repubblica Mattarella

L’usura del tempo

Il cambiamento di squadra è stato fisiologico, per la consapevolezza che nell’attuale Visma-Lease a Bike la presenza di Vingegaard gli avrebbe precluso per sempre la chance del Tour. Poco dice invece della Vuelta. Se il danese ha ammesso di aver sofferto nel lasciare la corsa spagnola a Kuss, Roglic spiega di aver sempre saputo che l’americano potesse vincerla e per questo non sembra particolarmente afflitto.

«L’idea di cambiare maglia – dice – ha cominciato a prendere piede nell’estate. Facevo parte della stessa squadra da parecchio tempo. Non mi è venuto in mente all’improvviso, nell’ultima settimana della Vuelta. Avevo già riconosciuto l’usura del tempo e ad un certo punto bisognava fare il grande passo, ma solo a condizione che le condizioni fossero soddisfatte. Ho identificato venti gare che vorrei ancora vincere e che non sono nella mia lista di successi. Quindi ho dovuto cambiare, visto la mia squadra non poteva offrirmi queste opportunità. Il Tour de France è ovviamente il motivo principale del mio trasferimento e il mio obiettivo finale. A parte questo, mi piacerebbe diventare campione del mondo, vincere il Tour de Suisse e gare come il Tour Down Under. Ci sono tantissime gare fantastiche da vincere nel calendario ciclistico internazionale!».

L’amore per la neve non si scorda: prima di Natale, scorribanda sulle montagne di casa (foto Instagram)
L’amore per la neve non si scorda: prima di Natale, scorribanda sulle montagne di casa (foto Instagram)

Cordialmente avversari

Il guerriero non è affatto arreso, questo è certo. Non è difficile, almeno in apparenza, spiegare la differenza di atteggiamento fra Roglic, Pogacar e Vingegaard. Il danese, come pure Froome prima di lui, vince corse a raffica in avvicinamento al Tour, ma con la sensazione che siano conseguenza e necessità dettata dalla preparazione svolta. I due sloveni vincono perché amano le corse cui prendono parte, ne fanno obiettivi veri, pur riconoscendo la supremazia della sfida francese. E in questo, pur rimanendo rivali e con la ferita del Tour 2020 che ancora pulsa, i due hanno trovato delle insospettabili sintonie.

«E’ bello che Tadej abbia deciso di correre il Giro», spiega Roglic. «Vincerlo alla fine potrebbe essere più facile per lui di quanto sia stato per me. Non conosciamo ancora tutti i rivali, ma sarà difficile che qualcuno possa batterlo. Ha studiato bene tutto. Ama la pioggia e il maltempo, quindi il percorso di quest’anno dovrebbe adattarsi perfettamente. Purtroppo per lui (sorride, ndr) non sarà il primo sloveno a vincere la maglia rosa, perché quello l’ho già fatto io. E non so neppure se spenderà troppo verso il Tour, è difficile da valutare. Nel 2020 lo conoscevo a malapena. Ora so che è un ragazzo molto simpatico oltre che un grande campione. E’ difficile definire il nostro rapporto. Facciamo lo stesso lavoro, veniamo dallo stesso Paese che non è molto grande e viviamo entrambi a Monaco. Anche noi siamo avversari. Andiamo d’accordo, parliamo, è un ottimo compagno di viaggio e ovviamente ha tutta la mia stima».

Il 27 maggio 2023, giorno prima del gran finale, Roglic conquista la maglia rosa a Monte Lussari, in un tripudio di bandiere slovene
Il 27 maggio 2023, giorno prima del gran finale, Roglic conquista la maglia rosa a Monte Lussari, in un tripudio di bandiere slovene

Il giorno del Lussari

Il Giro resta un capitolo di grande impatto nella carriera di Roglic, che lo scorso anno scelse di correre in Italia, chiamandosi fuori dal Tour, avendo capito che in quella squadra non ci sarebbe stato posto per le sue ambizioni.

«Vincere un Grande Giro, qualunque esso sia – spiega – richiede un investimento tale per cui non potrò mai dire che una vittoria valga più di un’altra. Sarebbe irrispettoso nei confronti degli eventi e degli avversari. Quello che è certo è che le emozioni vissute al Monte Lussari durante l’ultimo Giro, quasi in Slovenia, rimarranno uniche. E’ legato al lavoro di squadra, alle condizioni drammatiche della mia cronometro (riferimento al salto di catena, ndr), alla comunione con i tifosi in quel contesto così speciale che mi ha ricordato la mia giovinezza come saltatore con gli sci. Tutti elementi che non si riuniranno mai più lo stesso giorno nello stesso posto. Le vittorie sono sempre importanti e allo stesso tempo non possiamo dormire sugli allori, dobbiamo rimetterci velocemente in cammino per prepararci alle conquiste successive. Non voglio nemmeno immaginare cosa significherebbe nella mia vita una vittoria al Tour de France».

Alla Bora lo ha accolto Cesare Benedetti, autentico veterano del team tedesco (foto Matthis Paul)
Alla Bora lo ha accolto Cesare Benedetti, autentico veterano del team tedesco (foto Matthis Paul)

34 come Bartali

Quel giallo continua a scintillare nel mezzo dell’estate, non si può fare a meno di guardarlo. E forse per quest’anno si potrebbe anche giustificarlo se nel nome della conquista sacrificasse il resto. La carta di identità dice che Primoz ha 34 anni, gli stessi di Gino Bartali quando vinse il secondo Tour. Un’età critica, anche se il record appartiene ancora a Firmin Lambot che lo vinse a 36 anni.

«Credo di poterlo vincere – dice Roglic – sono ancora qui, in buona salute, con un livello adeguato: ho la mia occasione e ci credo. Ho scelto la Bora-Hansgrohe perché negli ultimi due anni ha cambiato strategia e obiettivi. Adesso è una squadra completamente diversa, ha corridori di grande talento. Ho visto come ha corso nei grandi Giri delle ultime due stagioni, è strutturata per sostenermi in modo adeguato. Per questo non ho portato compagni con me, mentre ho insistito per avere il mio allenatore, Marc Lamberts. Non me la sentivo di rinunciare al suo bagaglio di conoscenze e sono felice che abbia accettato di cambiare squadra con me».

Non resta che cominciare, annotando un’altra singolare coincidenza. Anche il Tour del 2024, come quello del 2020 e come il Giro dello scorso anno, si chiuderà con una crono molto impegnativa sulle strade di Nizza, su cui Primoz si allena tutti i giorni. Quel giorno non ci saranno le migliaia di tifosi sloveni del Monte Lussari, ma si sentirà ugualmente un po’ a casa. E non è nemmeno da escludere che, con i due eroi nazionali impegnati in una sfida per la maglia gialla, quelle orde di appassionati così in gamba, si mettano in viaggio per fargli nuovamente sentire le loro voci.