Laporte campione, ma perché Van Aert ancora secondo?

24.09.2023
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Difficile dire se in questa serata che saluta l’autunno ci sia da stupirsi più per la vittoria di Laporte all’europeo, per l’ennesima sconfitta di Van Aert o per il podio completamente occupato da corridori della Jumbo-Visma. Allo stesso modo in cui ieri le atlete della olandese SD Worx hanno dominato la prova in linea delle donne, quest’oggi un altro team dei Paesi Bassi ha schiacciato la concorrenza. E trattandosi di un campionato europeo corso per loro sulle strade di casa, c’è da capire che si possa parlare a buon titolo di dominio olandese. Anche se oggi il vincitore è francese, ma ha cambiato decisamente passo da quando è approdato nella squadra giallonera.

Christophe Laporte ha attaccato quando l’ultima caduta del giorno, quella causata dal tedesco Heiduk, ha tagliato fuori dalla lotta metà gruppo di testa, compresi Trentin e Ganna. Il francese ha avuto la scelta di tempo e il coraggio per tirare dritto, con lo stesso piglio che ieri ha consegnato la gara delle donne alla olandese Bredewold. Senza mai voltarsi, Laporte sembrava avere il destino segnato quando ai 200 metri De Lie gli ha portato sotto il gigantesco Van Aert. Sembrava un finale già scritto.

Christophe Laporte è nato nel 1992, è alto 1,91 e pesa 76 chili. E’ pro’ dal 2014. Eccolo all’arrivo di Col du Vam
Christophe Laporte è nato nel 1992, è alto 1,91 e pesa 76 chili. E’ pro’ dal 2014. Eccolo all’arrivo di Col du Vam

Rimonta strozzata

Van Aert infatti è scattato con l’olandese Kooij a ruota. Ha guadagnato metro su metro nel ripido arrivo di Col du Vam. Ha affiancato Laporte. E quando non mancava che la pedalata decisiva, il belga si è seduto. L’altro se ne è accorto e ha rilanciato proprio nel momento in cui anche Van Aert ha trovato la forza per rialzarsi. Risultato: primo Laporte, secondo Van Aert, terzo Kooij. Come già alla Vuelta, podio tutto Jumbo-Visma, ma con attori diversi. Mentre al quarto posto Arnaud De Lie si è messo in un angolo a chiedersi se non avrebbe fatto meglio a farsi gli affari suoi.

«Questa maglia è molto bella – dice il francese – dovrò abituarmi. Sono molto orgoglioso. La squadra ha fatto un ottimo lavoro mettendomi in buone condizioni. Mi sentivo bene, ho provato e ha funzionato. Ne è valsa la pena. Ho sempre sognato di cantare la Marsigliese sul podio con i miei amici. La dedico alla squadra francese e a Nathan Van Hooydonck, che sarà contento per me. Non sono mai stato neppure campione francese, sono davvero molto felice. E sono felice di condividere questo podio con Wout e Olav».

Peso psicologico

Van Aert però probabilmente non è altrettanto allegro. Lo abbiamo visto sorridere in alcune inquadrature prima del podio, poi tornava a guardare il vuoto. Avevamo sentito ieri le sue parole sul fatto di lottare sempre e dei suoi dubbi dopo tanti piazzamenti, ma è davvero credibile che un campione così forte si faccia scivolare addosso certi colpi? Già un’altra volta quest’anno era finito dietro a Laporte: nella Gand-Wevelgem che in modo insolito (e a questo punto poco opportuno) aveva deciso di lasciargli vincere.

«Avevo concordato con De Lie – spiega nella zona mista – che avremmo giocato la mia carta. Penso che anche lui abbia capito che dei due oggi ero il più forte. E’ stata una buona decisione, ma Arnaud (De Lie, ndr) ha inseguito così forte per chiudere su Laporte, che non sono più riuscito a saltarlo. Abbiamo sottovalutato quanto gli fosse rimasto. Forse l’errore è stato che davanti non ci fosse uno di noi due al posto di Laporte, questo sì. 

«Durante le corse non penso che potrei fare secondo – aggiunge e riflette – ma è una constatazione che adesso non posso negare e ovviamente questo in qualche modo agisce nella mia testa. Cerco di vincere ogni gara, oggi ho corso per questo ed è il motivo per cui ho sentimenti contrastanti. Da un lato è bello essere sempre davanti, quest’anno semplicemente non riesco a vincere. Resto fiducioso che in futuro le cose andranno diversamente (il prossimo impegno titolato di Van Aert potrebbe essere il mondiale gravel di inizio ottobre, ndr)».

De Lie è arrivato fortissimo all’europeo. Ha lavorato per Van Aert, ma forse avrebbe potuto fare lui il finale
De Lie è arrivato fortissimo all’europeo. Ha lavorato per Van Aert, ma forse avrebbe potuto fare lui il finale

La saggezza di De Lie

Cosa dice De Lie? Il ragazzone di Libramont, che sogna di comprarsi una fattoria ed è arrivato agli europei con la vittoria di Quebec City, si guarda bene dal fare polemiche. Sa stare al suo posto e conferma le scelte del finale.

«Possiamo dire che sia venuta una corsa davvero dura – spiega – ho parlato con Wout a cinque chilometri dal traguardo. Gli ho detto: “E’ buona per te”. Era l’occasione giusta per regalargli un bel titolo, ma sfortunatamente è arrivato secondo dietro ad un fortissimo Laporte. Non l’ho visto partire, ero troppo indietro, forse altrimenti lo avrei seguito. Guardando indietro, forse avrei anche avuto le gambe per vincere, ma non ne sono certo. Semmai potremmo aver iniziato lo sprint un po’ troppo presto, ma la sensazione era che altrimenti Laporte non lo avremmo più visto. E così è stato».

Kooij mattatore al Tour of Britain: Affini fa gli onori di casa

14.09.2023
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L’ultima settimana di corsa della Jumbo-Visma ha visto una grande serie di vittorie. Quella che, da un certo punto di vista, ha colpito più di tutte è il dominio al Tour of Britain. In particolare il poker calato da Olav Kooij nelle prime quattro tappe, un dominio in volata che merita di essere approfondito. Chi può aiutarci a guardare attraverso questi successi è Edoardo Affini

Il mantovano risponde da casa, è appena rientrato dalla trasferta britannica. La notizia dell’incidente di Van Hooydonck lo ha raggiunto nella mattinata di ieri. I due hanno corso insieme il Tour of Britain.

«Siamo stati insieme fino a 24 ore prima dell’incidente – dice Affini con voce affranta – anche noi non sappiamo nulla. Il comunicato di ieri sera della squadra racchiude quel che sappiamo: praticamente nulla. Con Nathan ci avevo appena corso 8 giorni di fila e fino alla sera prima ci eravamo scambiati anche dei messaggi. Mi dà fastidio che parte della stampa scriva cose non accertate, la vedo come una mancanza di privacy verso la famiglia».

Affini è stato il penultimo uomo del treno per Kooij al Tour of Britain
Affini è stato il penultimo uomo del treno per Kooij al Tour of Britain
Edoardo, cerchiamo di tornare con la mente al Tour of Britain, siete andati in grandi forze.

Per fare una squadra da grande Giro mancavano due corridori, visto che correvamo in sei. Però eravamo ben attrezzati diciamo, considerando che l’ultimo uomo di Kooij era Wout (Van Aert, ndr). 

Quattro vittorie di fila non si vedono tutti i giorni…

Vero, ma è anche dovuto alla conformazione delle tappe, l’arrivo in volata era quasi sicuro in tutte le prime frazioni. Dopo aver vinto il primo sprint abbiamo capito che la corsa sarebbe stata in mano nostra. Le altre squadre hanno capito il nostro potenziale e ci hanno lasciato l’onere di chiudere sui fuggitivi. 

Tu che ruolo hai ricoperto in questo Tour of Britain?

Ero il penultimo uomo del treno, un ruolo che ho già fatto qualche volta e con il quale mi sono trovato bene. Alla Parigi-Nizza, sempre per Kooij, ho fatto anche l’ultimo uomo. Al Tour of Britain eravamo più organizzati, perché la squadra era tutta per lui: Van Emden e Kruijswijk avevano il compito di chiudere sulla fuga. Mentre Van Aert, Van Hooydonck ed io eravamo gli addetti al treno. 

L’ultimo uomo era un certo Wout Van Aert, una garanzia per il giovane calabrone
L’ultimo uomo era un certo Wout Van Aert, una garanzia per il giovane calabrone
Che tipo di velocista è, esigente?

Il giusto. In questo caso eravamo ben attrezzati per lui, ma alla Parigi-Nizza ci è capitato più volte di doverci arrangiare. E’ uno che sa prendere bene la posizione in gruppo anche se non scortato alla perfezione, ha una buona capacità di lettura. 

In che modo affrontavate gli sprint?

Nella maniera classica: guardando la strada su Veloviewer. A parte un paio di occasioni, dove abbiamo avuto la fortuna di partire e arrivare nello stesso posto, così dopo il foglio firma andavamo a vedere gli ultimi 2 chilometri.

Sempre meglio avere un occhio in più…

Sì, Kooij veniva insieme a Wout e me e insieme guardavamo la strada: buche, tombini, rotonde. Che poi, si può guardare tutto alla perfezione, ma poi la corsa è un’altra cosa.

Kooij è un velocista moderno, che non teme gli arrivi in leggera pendenza o percorsi difficili
Kooij è un velocista moderno, che non teme gli arrivi in leggera pendenza o percorsi difficili
In che senso?

Ricordo che in un’occasione, ai meno 7 dall’arrivo, eravamo piazzati bene in testa al gruppo. Stavamo arrivando verso una rotonda che avevamo già visto dalle mappe e sapevamo di doverla prendere a sinistra. Solo che accanto a noi c’erano due squadre che hanno sbagliato la traiettoria e siamo finiti dalla parte opposta. Tutto ad un tratto da primi ci siamo trovati ultimi. 

In questi casi è uno che si fa prendere dal panico?

No. Come detto, ha ottimo capacità di prendere posizione anche da solo, quindi non cade in questi tranelli. 

Che tipo di sprint ha?

Non ha una volata estremamente lunga, non è uno di quei corridori che parte ai 300 metri. Allo stesso tempo non nemmeno è uno sprinter alla Ewan che esce praticamente sulla linea d’arrivo. 

Per l’olandese è l’anno della consacrazione: 10 vittorie ed altrettanti piazzamenti sul podio nel 2023
Per l’olandese è l’anno della consacrazione: 10 vittorie ed altrettanti piazzamenti sul podio nel 2023
E’ un corridore che tiene bene anche nelle volate atipiche, magari con la strada che sale un po’ o con un finale insidioso.

Non teme salitelle o rettilinei che tirano un po’ all’insù. Non è pesante (è alto 184 centimetri e pesa 72 chili, ndr) e questo lo aiuta. E’ quello che definiremmo come velocista moderno.

Correrete ancora insieme?

Domenica abbiamo una gara in Belgio: la Gooikse Pijl. 

Poi tu come prosegui con il calendario?

Ancora non lo so bene. L’unica cosa che so è che dovrei finire con la Parigi-Tours l’8 di ottobre. Quest’anno ho iniziato presto: dalla Omloop Het Nieuwsblad a febbraio e correrò fino all’ultima gara del calendario europeo, la Parigi-Tours appunto. Metterò insieme 65 giorni di corsa più o meno, non pochi.

Sul rettilineo di Opole, Kooij distrugge e Thomas costruisce

01.08.2023
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OPOLE – Il rettilineo finale di questa cittadina del Sud della Polonia tira un po’. Ai lati ci sono due ali di folli, sembra che l’intera popolazione di Opole, 126.000 abitanti, si sia riversata sulle strade. Ed è bello. Di questo gruppo che sfreccia fanno parte anche Olaf Kooij e Geraint Thomas.

Il giovane della Jumbo-Visma si porta a casa la tappa distruggendo i muscoli degli sprinter avversari. Il “vecchio” della Ineos-Grenadiers invece i suoi muscoli li “costruisce”. Lui continua a mettere chilometri di gara nelle gambe in vista della Vuelta.

E di gambe ne servivano davvero tante per questo sprint. Gli ultimi 500 metri avevano quell’infida pendenza (1,7 per cento), che se non sei del tutto in spinta ti massacrano. L’acido l’attico arriva alle stelle e perdi per distacco, non sulla linea d’arrivo.

Olav Kooij (classe 2001) è al settimo sigillo stagionale. Ad Opole ha preceduto Van den Berg e Moschetti

Il ritorno di Thomas

Muscoli che, come detto, non poteva certo massacrare Thomas. Al contrario lui è qui per costruire. Il gallese ha riattaccato il numero sulla schiena, cosa che non faceva dal Giro d’Italia. La gamba è subito buona, ma non è al top.

“G”, come lo chiamano in squadra, pedala spesso in testa gruppo, prende aria quando c’è da portare avanti Michal Kwiatkowski, colui che sembra lo abbia convinto a venire al Tour de Pologne. Nella seconda frazione in particolare, Thomas ha allungato il gruppo in vista della rampa finale e i compagni lo hanno seguito alla lettera nel lavoro per il leader polacco.

Geraint è stato secondo al Giro e dopo aver ben recuperato è pronto a fare rotta sulla Vuelta. Prima però passerà dalla cronometro iridata.

Quello che stiamo vedendo in questi giorni è un corridore più rilassato rispetto a quello lasciato al Giro, forse perché ancora deve entrare nella modalità “race”.

«Sì sono tranquillo, sereno – dice con tono squillante Thomas – rientro alle corse dopo il Giro. Sto bene. Ho fatto un buon lavoro e sono qui per mettere intensità nelle gambe.

«Voglio completare la preparazione ed aiutare i miei compagni. Voglio arrivare nel modo migliore possibile alla Vuelta. Nelle ultime settimane mi sono anche allenato in quota per questo».

Geraint Thomas (classe 1986) è pronto per la sfida della Vuelta
Geraint Thomas (classe 1986) è pronto per la sfida della Vuelta

Verso la Vuelta

Thomas viene dal ritiro ad Andorra. Con il team c’è stato grande affiatamento. E non vede l’ora di andare alla Vuelta. La sensazione è che sia molto più interessato alla sfida spagnola che non all’altro grande appuntamento che lo attende prima, vale a dire la prova iridata contro il tempo.

Eppure sulla Vuelta, lo stesso Thomas ha cercato di nascondersi un po’. Lascia che i riflettori illumino i Roglic, gli Evenepoel…  «Io penso a me – ci ha detto – voglio fare bene. Chiaramente la classifica generale è un obiettivo, ma intanto penso a vincere una tappa».

Noi abbiamo avuto la sensazione che Thomas abbia voluto gettare acqua sul fuoco più del necessario e tutto sommato Salvatore Puccio, che conosce Geraint come pochi altri, ci conferma che non è proprio così. Uno come lui, specie dopo un Giro d’Italia corso a quel livello, in Spagna punta a fare bene. Molto bene.

«Forse – spiega Puccio – Thomas ha detto così perché alla fine lui la Vuelta l’ha fatta una sola volta e magari non la conosce benissimo. Ma è stato in altura con i ragazzi che andranno Spagna e so che ha lavorato bene. Qui in Polonia, nelle tappe più impegnative nel finale si è staccato ma è normale. Gli manca un po’ di ritmo. Anche De Plus ha fatto lo stesso, ma è così quando si viene da un grande blocco di lavoro».

Il gallese si è visto poco, come per il Giro del resto. In Polonia si è messo a disposizione della squadra
Il gallese si è visto poco, come per il Giro del resto. In Polonia si è messo a disposizione della squadra

Seconda giovinezza

L’atleta della Ineos-Grenadiers sta vivendo una seconda giovinezza. Lo si vede anche dal contorno, non solo da come si muove in gruppo (tra l’altro si vocifera di un suo rinnovo per altri due anni). Sembra più sereno e più spigliato adesso che non qualche anno fa. Questione di pressioni? Probabile. Si sente più consapevole? Sicuro.

«Ma sì – conferma il gallese – in generale mi sento molto bene. Vado ancora forte perché mi piace il mio lavoro. Mi diverto a pedalare e a correre». 

Alla tv polacca Thomas ha detto una cosa per noi affatto secondaria e cioè che il Giro d’Italia gli ha dato nuove motivazioni. Che è stata una bella spinta.

Tutto sommato Geraint era arrivato al Giro con un basso profilo. Nessun risultato di riferimento prima della corsa rosa e alla fine ha agguantato il podio. Magari riuscirà a fare la stessa cosa alla Vuelta.

L’abbraccio di Opole

Intanto Opole torna alla sua normalità. Questa cittadina dell’Alta Slesia ha regalato un grande abbraccio al Tour de Pologne. C’era davvero tanta gente. Mentre scriviamo, dalla sala stampa “open view”, vediamo il pubblico lasciare la piazza centrale. Anche qui come al Tour, il ciclismo sta richiamando un pubblico sempre maggiore e sempre più giovane.

Per quanto riguarda la corsa, domani c’è forse la frazione decisiva. O almeno quella che ci dirà chi non vincerà questo Polonia. Mohoric dice che l’obiettivo non è quello della classifica generale ma di portarsi a casa un’altra tappa. Kwiato ha il dente avvelenato per lo “sgarbo” – a suo dire – che ieri gli ha riservato Majka, reo di averlo portato fuori traiettoria.

Il polacco potrà contare proprio su Thomas e sulla crono con finale che gli sorride. E in tutto ciò Almeida è in agguato. Lui e il compagno della UAE Emirates, Majka, inseguono lo sloveno a 10″, mentre lo stesso Kwiato è a 12″.

All’ombra di Kooij si è rivisto il Mareczko che punge

15.06.2023
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Di Jakub Mareczko si parla sempre abbastanza poco, pur facendo parte di un team WorldTour. Chiamato a correre lo ZLM Tour in Olanda, il corridore bresciano di origine polacca ha risposto presente alla sua maniera, con una vittoria e due podi, dimostrando di essere ancora un velocista di primissimo piano. Per lui non è ancora passato il valico dei trent’anni, eppure molti lo considerano uno dei più maturi sprinter del momento e in un ciclismo che punta sempre verso la giovinezza sfrenata, il termine “maturi” per qualcuno assume una concezione negativa.

Pochi si sono accorti ad esempio che con il successo olandese, Mareczko ha toccato quota 62 vittorie fra i professionisti e si ha un bel dire che fra queste non ci saranno grandi classiche, ma è pur sempre un traguardo che vale e che pochi possono vantare. La verità è che in Olanda Jakub ha raggiunto finalmente la forma, in un consesso non di poco conto.

«Lo ZLM Tour era una corsa con tracciati adatti a me, questo è certo – spiega Mareczko – sapevo che poteva essere foriero di soddisfazioni e volevo farmi trovare pronto, quindi mi sono preparato con cura. C’erano tutti percorsi pianeggianti salvo la prima tappa che era un cronoprologo e di fatto ha costruito la classifica».

La volata vincente di Mareczko a Buchten, con l’aiuto di Robbe Ghys (a sinistra) terzo
La volata vincente di Mareczko a Buchten, con l’aiuto di Robbe Ghys (a sinistra) terzo
Guardando le classifiche ci si accorge che, al di là del vincitore Kooij, c’erano molti velocisti di spicco e soprattutto molti sprinter italiani, essere riuscito a svettare in quel consesso vorrà pur dire qualcosa.

Assolutamente, quando ho tagliato il traguardo vittorioso ero davvero soddisfatto, ma anche i due podi successivi sono stati importanti perché hanno dimostrato la mia costanza di rendimento e la mia forma. Avevo già gareggiato lo scorso anno, ma non c’era il prologo quindi ci si giocava tutto con gli abbuoni, questa volta sono emersi velocisti capaci di far bene anche a cronometro.

Come Kooij, che ha confermato la sua predisposizione per le classifiche delle corse a tappe…

Non solo lui, anche l’australiano Welsford. Sapendo che i percorsi erano a loro congeniali, sia la Jumbo Visma che il Team DSM hanno tenuto la corsa molto chiusa, non dando grandi possibilità per andare in fuga, quindi ci si giocava tutto allo sprint e come detto c’era gente di peso, dagli stessi sopra nominati a Cavendish.

Per Mareczko finora poche apparizioni in gara ma con ottime percentuali di risultati
Per Mareczko finora poche apparizioni in gara ma con ottime percentuali di risultati
Tu finora hai gareggiato piuttosto poco, appena 20 giorni di gara con un bilancio statisticamente lusinghiero: 2 vittorie e altre 5 presenze nella Top 10. Come mai così poche apparizioni?

E’ una scelta del team, che è molto ampio come ogni squadra del WT. Considerando Philipsen e Groves come gli sprinter principali per i grandi Giri, per me è stato scelto un calendario ridotto, ma con appuntamenti adatti alle mie caratteristiche, ricalcando un po’ quello dello scorso anno, ma con differenze sostanziali.

Quali?

Il primo anno alla Alpecin è stato fondamentale per capire le gare alle quali partecipavo, le prove del Nord Europa che non sono certo quelle italiane o quelle che vai a fare in giro per il mondo. Pian piano sono entrato nel mood di questo modo di correre e infatti, se si va a guardare ci sono stati miglioramenti in quasi tutte le gare alle quali ho partecipato.

La doppietta vincente dell’Alpecin al Tour de Bretagne, con l’azzurro davanti a Dehairs (BEL)
La doppietta vincente dell’Alpecin al Tour de Bretagne, con l’azzurro davanti a Dehairs (BEL)
Vorresti gareggiare di più?

Il sistema dimostra di funzionare, quando sono stato chiamato in causa mi sono fatto trovare pronto. Nel team mi trovo molto bene, quando non sono in gara con loro posso allenarmi a casa oppure in Spagna per qualche ritiro ben posizionato nella stagione. Ora ad esempio farò il Giro di Polonia e poi staccherò dalle gare per un paio di settimane per poi preparare la seconda parte di stagione.

Parlando dei tuoi colleghi Philipsen e Groves, che velocisti sono?

Fortissimi e per Jasper direi quasi atipico, perché è uno che tiene bene anche in salita. Uno che vince sui Campi Elisi al Tour e giunge secondo alla Roubaix dietro Van Der Poel non puoi certo considerarlo un velocista comune, è davvero tanta roba.

Un altro centro per Olav Kooij, primo in classifica con 13″ su Welsford e 15″ su Eekhoff
Un altro centro per Olav Kooij, primo in classifica con 13″ su Welsford e 15″ su Eekhoff
Nella seconda parte di stagione speri di avere più occasioni di confronto?

Dipende dal calendario, considerando che Jasper e Kaden presumo si divideranno fra i grandi Giri. Io voglio continuare su questa strada, prendere parte a corse che si adattano alle mie caratteristiche, per aumentare le mie possibilità di vittoria e, perché no, potermi presentare alle trattative per il rinnovo del contratto con risultati, che ci sono, e con un rendimento costante e anche pienamente integrato nel gruppo.

Kooij, quando vincere non basta mai

07.06.2023
4 min
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Olav Kooij ha un piccolo difetto: vince. Sempre e comunque. Qui in Italia abbiamo cominciato a conoscerlo un giorno di settembre del 2020, in quella stagione stravolta dalla pandemia con la Settimana Coppi e Bartali spostata a fine estate e con l’olandese che allora apparteneva al team Devo della Jumbo Visma, vincitore della prima semitappa a Gatteo a Mare. Già quell’anno portò a casa 7 successi internazionali, ma era ancora under 23.

L’anno dopo, approdato nella squadra maggiore, ha preso le misure, con sole 2 vittorie ma anche il bronzo iridato U23 in Belgio, nel 2022 ben 12 successi, quarto nella classifica dei plurivincitori e quest’anno è già ben avviato, con 5 vittorie di peso, battendo il fior fiore dei velocisti mondiali. Ma certe volte anche toccare la punta della piramide non basta a chi deve giudicare…

L’olandese ha vestito la maglia di leader alla Parigi-Nizza. Spesso riesce a far sue anche brevi corse a tappe
L’olandese ha vestito la maglia di leader alla Parigi-Nizza. Spesso riesce a far sue anche brevi corse a tappe

Un velocista… da classifica

Da qualche giorno gira nell’ambiente la notizia che a fine stagione le strade di Kooij e della Jumbo Visma si separeranno e considerando che si parla di un velocista di soli 21 anni, che nel team olandese è praticamente cresciuto, sembra davvero incredibile. Anche perché non stiamo parlando di un velocista comune.

Kooij ha una capacità innata di vincere, ma non solo le volate. E’ uno che capitalizza, che segue con attenzione l’evoluzione delle corse e che sa fare tesoro dei suoi successi, altrimenti non si spiegherebbe come nel suo curriculum spicchino anche corse a tappe come ZLM Tour o Circuit de la Sarthe.

Kooij è nato a Numansdorp il 17-10-2001. E’ alto 1,84 per 72 chili
Kooij è nato a Numansdorp il 17-10-2001. E’ alto 1,84 per 72 chili

La “fame” dello sprinter

«Puoi essere un ciclista professionista senza avere una completa mentalità vincente – affermava qualche giorno fa a Ride Magazine – ma non vai da nessuna parte se non senti dentro di te una totale voglia di emergere e di arrivare prima degli altri. Questo influisce anche sul mio modo di essere, completamente diverso quando salgo in bici.

«Per me, in quel momento, gli altri smettono di essere persone – ha spiegato Kooij arrivando anche a sfiorare il paradosso – sono avversari, corridori da superare, corridori che devono arrivare dietro quando passo la linea d’arrivo. Poi finisce tutto e si ritorna a com’era prima».

Sande, il belga appena riconfermato. Per lui invece trattative in stallo
Olav con Van Der Sande, il belga appena riconfermato. Per lui invece trattative in stallo

Il traguardo come una liberazione

Questi principi, sui quali fonda la sua attività, ma anche il suo modo di interpretare il mestiere di velocista lo hanno portato a essere accomunato a personaggi carismatici e caratterialmente anche spigolosi, come Cipollini o Cavendish e Kooij, onorato di essere affiancato a tali campioni, ha voluto specificare ulteriormente il suo pensiero.

«Un velocista non è come uno scalatore. In quei pochi secondi in cui si va a tutta raggiungendo velocità da auto in corsa, rischiando anche la vita come ad esempio è capitato a Jakobsen, devi avere carattere. Devi lottare per mantenere la posizione, devi avere qualcosa più degli altri per capitalizzare il lavoro di tutta la squadra e dell’intera giornata. Per questo quando taglio per primo il traguardo è come una liberazione, che ha un senso di bellezza epica per l’obiettivo raggiunto, ma anche il sapore della chiusura di una parentesi».

Kooij sta diventando sempre più popolare in Olanda, grazie alle vittorie e al carattere forte
Kooij sta diventando sempre più popolare in Olanda, grazie alle vittorie e al carattere forte

Un occhio verso Parigi

Questo atteggiamento lo ha portato a emergere sempre più velocemente. Chi bazzica nell’ambiente si è accorto che rispetto allo scorso anno è forse il velocista che più è progredito, tanto quanto De Lie che però ha caratteristiche un po’ diverse. Rispetto al corridore della Lotto Dstny, Kooij è velocista più puro, forse meno duttile tatticamente ma sfrontato al confronto con chiunque: «Io non ho paura di chi ho di fronte, ho il massimo rispetto per ogni avversario ma mai paura o senso di inferiorità. Posso giocarmela con tutti».

Parliamo di un ragazzo di 21 anni, che sa bene come programmare i grandi eventi tanto che molti lo additano come la vera carta da giocare al tavolo di Parigi 2024, una delle punte della spedizione arancione che non fa mistero di voler puntare alla top 5 del medagliere anche, anzi soprattutto grazie al ciclismo. Forse anche per questo la sua probabile fuoriuscita dalla Jumbo Visma non lo porterà lontano, visto che i “cugini” del Team Dsm si sono detti subito pronti ad accoglierlo. Meno vincolati alle esigenze di classifica dei loro capitani e più pronti a costruire un treno intorno a lui. Perché le vittorie contano e lui ne garantisce in buon numero…

Kooij sprinter del futuro… che non ha finito di crescere

03.12.2022
4 min
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Ventun anni compiuti da poco e già ben 15 vittorie in bacheca. E’ Olav Kooij da Numansdorp, nell’Olanda meridionale, la stessa terra che ha dato i natali alla famiglia Van der Poel, a Demi Vollering e a tanti altri campioni dei Paesi Bassi.

Capello biondo, fisico slanciato, una muscolatura potente ma non esagerata che lo rende compatto al tempo stesso, Kooij si annuncia come uno dei migliori velocisti della nuova generazione. Al netto del numero delle vittorie, i suoi sprint sono di peso. Quando è in volata ricorda molto Mark Cavendish. Si schiaccia tantissimo, ma lui sembra più elegante.

Primo settembre 2020, a Gatteo sfreccia un ragazzino della Jumbo-Visma Development
Primo settembre 2020, a Gatteo sfreccia un ragazzino della Jumbo-Visma Development

Da Gatteo a Monaco

Il talento della Jumbo-Visma è definitivamente esploso questa estate, quando dominò le prime frazioni del Giro di Polonia. La prima di queste 15 vittorie Olav la ottenne da noi in Italia.

Era la prima frazione della Coppi e Bartali del 2020 e la tappa era la Gatteo-Gatteo. Battè un altro ragazzino mica da ridere, Ethan Hayter. Da allora i successi si sono susseguiti fino ad arrivare all’ultimo, ottenuto a Monaco di Baviera (nella foto di apertura) lo scorso ottobre.

Questa volta i battuti sono stati ancora più importanti: Philipsen, Bennett, Jakobsen, Groenewegen. Quel giorno Kooij disse apertamente: «Vincere fa sempre piacere, ma è ancora più gradevole quando batti i migliori interpreti al mondo». Insomma “petto in fuori e spalle larghe”.

«Amo l’Italia – dice Kooij – ci sono venuto in vacanza da bambino. Mi piace molto anche la cultura del ciclismo, le corse che avete. Spero di farci ancora molte gare. E poi la cucina italiana è la migliore! Pizza, gelato, pasta…

«E’ stata una bella stagione e ho ancora addosso le belle sensazioni di questa annata. È stato bello. Voglio dire, ho fatto ancora dei bei passi in avanti e ho potuto festeggiare alcune belle vittorie».

Olav Kooij durante lo “sponsor day” presso il Service Course della Jumbo-Visma
Olav Kooij durante lo “sponsor day” presso il Service Course della Jumbo-Visma

Kooij e la salita 

«Per la prossima stagione devo ancora vedere bene i programmi, ne parleremo nel corso di questo mese, ma il mio obiettivo è continuare a crescere e a vincere». 

E per vincere bisogna allenarsi, non è una novità certo, ma bisogna farlo con criterio, oggi più che mai. Kooij ne è ben consapevole e seppure è un velocista sa bene che deve concentrarsi non solo sulle volate.

«E’ molto importante allenarsi in salita per un velocista – prosegue Kooij – Le gare del World Tour sono difficili e devi riuscire a sopravvivere alle salite. Non solo, ma è importante sopravvivere bene, perché devi arrivare al traguardo in buona forma, fresco per la volata. Noi velocisti dobbiamo trovare il giusto equilibrio tra la salita e l’essere esplosivi. Ed è una bella sfida!».

Kooij parla con calma e pondera bene le parole. Ha ragione il veterano della Jumbo-Visma, Jos van Emdem che qualche tempo fa aveva detto: «Olav ha molto talento ed è molto più vecchio di quanto si possa pensare. Non mi sembra un ragazzo che ha vent’anni, un ragazzo che potrebbe essere mio figlio».

Olav (classe 2001) non è solo uno sprinter, se la cava anche in salita
Olav (classe 2001) non è solo uno sprinter, se la cava anche in salita

Nel mito di Kittel

Prima abbiamo accennato alla posizione di Kooij, la quale ricorda non poco quella di Cavendish. Ma lui preferisce paragonarsi ad un altro grande sprinter.

«Cavendish, Bennett, Jakobsen quando sono al via sai che tutti vogliono vincere la gara e allora io mi concentro su me stesso. Cerco solo di fare del mio meglio e spero di poterli battere».

E quando gli diciamo di Cavendish ci pensa un po’ e risponde: «Quando ero giovane (come se fosse vecchio, ndr) ammiravo Marcel Kittel, era davvero forte. Aveva una potenza super. Ha vinto molte gare e io lo guardavo dalla televisione».

Viviani Ungheria 2022
Quest’anno al Giro d’Ungheria Kooij ha battuto di un soffio Viviani nella prima frazione
Viviani Ungheria 2022
Quest’anno al Giro d’Ungheria Kooij ha battuto di un soffio Viviani nella prima frazione

L’investitura di Viviani

Ma tornando al discorso della salita, Kooij sa che non potrà essere proprio come il suo idolo. Kittel oggi farebbe davvero fatica in questo ciclismo: troppo pesante, troppi muscoli. E lo sa bene anche Elia Viviani.

Recentemente il veronese ha detto alla Gazzetta dello Sport: «Jakobsen credo che sia il miglior sprinter attualmente, negli ultimi 200 metri è imbattibile. Attenzione per il futuro anche a Olav Kooij. Ha già mostrato consistenza e penso che possa solo migliorare».

Rispetto a molti sprinter Kooij è sì “muscolato” ma non è pesantissimo. E questo può agevolarlo non poco nell’identikit dello sprinter del futuro. 

Jumbo-Uae, a confronto il 2022 delle due corazzate

28.11.2022
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Una sfida appassionante, dal primo all’ultimo giorno. Il ranking Uci dice che la Jumbo Visma è la squadra numero 1 davanti alla Uae, le statistiche però recitano un clamoroso pareggio nel numero di vittorie – 48 a testa – totale massimo in tutta la stagione. Abbiamo quindi provato a ripercorrere il 2022 attraverso i successi delle due squadre, come in un videogioco, come se fossero due auto guidate da un joystick, con il traguardo tagliato in contemporanea.

Partiamo da gennaio: una vittoria a testa, con Rohan Dennis che porta il primo successo per la Jumbo al campionato australiano a cronometro, ma a fine mese l’americano McNulty pareggia il conto al Trofeo Calvia. A febbraio però la Uae inizia la sua fuga e si capisce subito che sarà una fuga lunga, con ben 8 successi tra cui i 3 di Pogacar all’Uae Tour (sarebbe quasi il caso di dire che giocando in casa il team ha fatto valere il fattore campo…). La Jumbo risponde con soli 2 successi, ma quello di Van Aert all’Omloop Het Nieuwsblad fa capire le intenzioni del belga.

Subito Pogacar protagonista all’Uae Tour, davanti ai suoi capi…
Subito Pogacar protagonista all’Uae Tour, davanti ai suoi capi…

Uae in fuga solitaria

A marzo arriva l’abbondante doppiaggio del team arabo, che tocca quota 22 successi contro gli 8 di quello olandese. Pogacar fa ancora la parte del leone con 3 vittorie alla Tirreno Adriatico in aggiunta alla straordinaria prestazione alla Strade Bianche. In casa Jumbo Roglic dice la sua con una vittoria di tappa e la classifica finale della Parigi-Nizza, ma sembra poco per contrastare la corazzata degli Emirati.

Corazzata che però, un po’ a sorpresa, resta a bocca asciutta nel mese di aprile. La Jumbo ne approfitta per ridurre lo svantaggio con un bel poker di successi, di cui ben 3 hanno la firma di Olav Kooij, al Circuit de la Sarthe. A maggio i due team non sono fra i più vincenti, ma la Jumbo rosicchia un altro spicchio grazie soprattutto a Bouwman con le sue due vittorie al Giro d’Italia delle 3 totali, mentre la Uae ne assomma solo due.

Bouwman, una delle rivelazioni della Jumbo Visma, protagonista di un grande Giro
Bouwman, una delle rivelazioni della Jumbo Visma, protagonista di un grande Giro

Riscossa Jumbo Visma

Giugno vede le due squadre sfidarsi a viso aperto. In casa Jumbo arrivano ben 10 successi e un giorno è destinato a restare, almeno statisticamente, nella storia. Il 12 giugno infatti la squadra olandese vince ben 3 volte, con Vingegaard la tappa del Giro del Delfinato, con Roglic la classifica finale e con Kooij una frazione dello ZLM Tour. La Uae si ferma a 8 successi, sempre con il famelico Tadej protagonista con tre vittorie nel suo Giro di Slovenia. Totale 32-25 per la Uae, che però comincia a sentire il fiato dei rivali…

Arriva luglio e per la Jumbo è l’apoteosi gialla di Vingegaard. Ben 9 in totale le vittorie con il danese e lo straordinario Van Aert delle giornate francesi che accorciano le distanze nei confronti del team rivale, dove Pogacar limita i danni con 3 vittorie di tappa che però non possono lenire il dolore per la perdita del trono della Grande Boucle. Il computo recita 36-34, è tutto rimesso in discussione.

Marc Hirschi conquista il Giro di Toscana davanti a Rota. Lo svizzero si ripeterà al Giro del Veneto
Marc Hirschi conquista il Giro di Toscana davanti a Rota. Lo svizzero si ripeterà al Giro del Veneto

Volata al fotofinish

Siamo ad agosto e la Jumbo opera il grande sorpasso con 8 vittorie in totale, il doppio dei rivali. L’incertezza su come andrà a finire la sfida regna sovrana. A settembre, mese ricchissimo di eventi, la Jumbo ottiene 3 successi, la Uae uno in più. Il 14 del mese, quasi in contemporanea, lo svizzero Hirschi porta a casa il Giro di Toscana e Trentin una tappa al Giro del Lussemburgo. Alla vigilia del round finale, il tabellone segna 45-44 per la Jumbo.

Ottobre: gli olandesi portano a casa 3 vittorie, ma dall’altra parte si scatena Pogacar che mette in fila Tre Valli e Lombardia. Quattro i successi della Uae, così si chiude la sfida con un salomonico pareggio, 48-48, ma il computo dei punti Uci premia la Jumbo-Visma, per un primato che per i dirigenti arancioni ha un peso enorme, un premio al loro lavoro.

Olav Kooij a sorpresa primatista di vittorie. L’unica sua delusione il 5° posto al mondiale
Olav Kooij a sorpresa primatista di vittorie. L’unica sua delusione il 5° posto al mondiale

Obiettivo 2023

Scendendo nei dettagli, si nota che il Uae Team Emirates, pur lavorando molto sul contorno a Pogacar è ancora strettamente dipendente dallo sloveno, che porta a casa un terzo delle vittorie totali: 16. A seguire c’è Hirschi con 4 e la sproporzione è evidente. In casa Jumbo arriva una sorpresa, il primatista di vittorie è nettamente il giovane olandese Olav Kooji con 12, seguito da Van Aert con 9 e da Roglic e Laporte con 5.

Il concetto è però ribaltato se guardiamo a quanti corridori hanno tagliato per primi il traguardo: nella Uae sono stati ben 16 contro gli 11 della Jumbo e su questo aspetto i diesse del team arabo fanno molto affidamento per ribaltare nel 2023 le sorti della classifica a squadre. Si preannuncia un altro “campionato” incerto fino all’ultimo giorno…

Viviani: «Cerco la vittoria, ma questi giovani vanno forte»

03.08.2022
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Ce lo aveva raccontato Jacopo Guarnieri alla partenza di Kielce, il Tour de Pologne è una corsa molto gettonata dai velocisti. Tra i tanti uomini veloci che ci sono qui in Polonia c’è anche Elia Viviani, alla sua prima stagione nella Ineos Grenadiers, con la quale aveva già corso in passato quando portava il nome di “Sky”.

Quando Elia scende dal pullman per parlare con noi sono passate da pochi minuti le dodici. Il sole splende alto nel cielo e inizia a fare un gran caldo. Ci saluta, chiede ai suoi meccanici le ultime informazioni per sapere se la bici è pronta, nello specifico si informa della pressione delle gomme. 

Elia Viviani e Richard Carapaz sono stati tra i corridori più ricercati dai media al Tour de Pologne
Elia Viviani e Richard Carapaz sono stati tra i corridori più ricercati dai media al Tour de Pologne

Le prime risposte

Viviani raccoglie grandi consensi ovunque vada, con un palmares come il suo è difficile passare inosservati. Mentre parliamo molte persone si avvicinano incuriosite e scattano foto, il veronese torna alle corse dopo un periodo di pausa. Le domande sono molte e le risposte piano piano arriveranno.

«Sto bene dai – ci dice coperto dai grandi occhiali scuri che non fanno percepire il suo sguardo – alle prime gare, dopo un periodo di altura c’è sempre da scoprire come si sta. Fino ad ora ci sono state due volate, la prima l’abbiamo fatta per Ethan Hayter, nella seconda mi sono lanciato io ma ho raccolto un settimo posto che non può accontentarmi.

«Però quando si rientra nella mischia è sempre così, qui ci sono tante squadre attrezzate per fare bene. Vedremo se ci saranno ancora una o due occasioni, sicuramente l’ultimo giorno con arrivo a Cracovia ci si riproverà».

Una delle due occasioni che diceva Elia si è presentata oggi. La quinta tappa di questo Tour de Pologne portava con sé alcune difficoltà che avrebbero potuto disarmare i velocisti, nonostante ciò il gruppo si è presentato compatto all’ultimo chilometro. Purtroppo per Viviani, una curva presa a tutta velocità ha causato una caduta a 700 metri dall’arrivo ed il veronese è rimasto intrappolato nelle retrovie.

Altura e pista

In questo periodo di metà stagione sono tanti i corridori che sono stati a preparare la seconda parte di stagione in altura. Cosa ha fatto il velocista veneto tra le vette delle montagne?

«Sono rimasto 15 giorni ed ho lavorato sulle volate – riprende Viviani – alla fine devo vincere quelle e lì mi concentro. Ho fatto 4 giorni di lavori specifici: due giorni solo volate e gli altri due su lunghe salite. Per il resto ho gestito un po’ i giorni lavorando sulla condizione in generale. L’altura da questo punto di vista dà sempre qualcosa in più.

«Sono sceso due giorni prima di venire qui, in quel breve periodo ho fatto qualche lavoro in pista giusto per velocizzare ed arrivare qui pronto».

Viviani accanto a Milan durante la prima tappa del Tour de Pologne, corsa in supporto a Hayter
Viviani durante la prima tappa del Tour de Pologne, corsa in supporto a Hayter

L’esclusione dal Giro

Avevamo lasciato Viviani escluso dal Giro, con il suo diesse Matteo Tosatto che ci aveva promesso che Elia sarebbe tornato forte ed affamato. Sulla professionalità dell’ex campione olimpico non si discute.

«Prima di fare il ritiro in altura ho corso tante gare di secondo livello (Giro di Ungheria, ZML Tour e Route d’Occitanie, ndr). Tanti piazzamenti nei cinque ma nessuna vittoria, quindi ovvio che la stia ricercando con tutto me stesso. L’avevo trovata all’inizio della stagione in Francia al Tour de la Provence e poi non l’ho più ritrovata».

«Da qui a fine stagione farò tante gare di un giorno, torna ad esserci Amburgo, che ho vinto nelle ultime tre edizioni e mi piacerebbe metterci un cerchio rosso. Poi Giro di Germania e Tour of Britain, sono tutte gare che servono per aggiungere qualche numero 1 alle statistiche».

La Ineos sempre più piena di campioni, sia per la classifica che per le volate, è difficile trovare spazio per un velocista puro come Elia
La Ineos sempre più piena di campioni, sia per la classifica che per le volate, è difficile trovare spazio per un velocista puro come Elia

Una stagione senza grandi giri

Per quest’anno Viviani guarderà le grandi corse a tappe da casa, non succedeva dal 2017, il suo ultimo anno in Sky. Una scelta dettata dal team e dalle sue esigenze, ma anche dalle poche vittorie trovate, come ha preso questa decisione Elia?

«Sono in un team dove sapevo che avrei avuto poco spazio per fare le grandi corse a tappe da protagonista – spiega Viviani – Anzi sarebbe stato difficile anche entrare nella selezione.

«La squadra punta molto alla classifica generale nelle corse a tappe ed è chiaro che concentrino le loro forze in quella direzione, non è un problema, la convocazione va meritata ed io non ho vinto quanto sperato».

«Per quanto riguarda le vittorie direi che è un mix di tanti fattori che mi tiene lontano dalla prima posizione, alla fine le volate son volate. Quando non vinci tanto vuol dire che qualcosa manca, a volte ero troppo dietro, altre non mi posizionavo bene. Bisogna ritrovare la fiducia. Che poi è il classico “una vittoria tira l’altra”».

Viviani Kooij 2022
Elia battuto da Kooij allo ZLM Tour, il velocista veronese ha visto da vicino la forza delle nuove generazioni
Viviani Kooij 2022
Elia battuto da Kooij allo ZLM Tour, il velocista veronese ha visto da vicino la forza delle nuove generazioni

Giovani alla riscossa

Viviani si è scontrato molto quest’anno con i giovani, e ne ha potuto vedere le qualità da vicino. Per fare un esempio: ha trovato sulla sua strada Olav Kooij, prima al ZML Tour, vinto proprio dal giovane olandese, e poi qui in Polonia.

«Sicuramente abbiamo avuto conferma anche a questo Tour de Pologne, dove il parterre dei velocisti è competitivo, hanno vinto i giovani. La prima tappa proprio Kooij e la seconda dal belga Thijssen, stanno arrivando. Probabilmente a livello internazionale Jakobsen e Kooij sono i velocisti più forti, Philipsen subito a ruota. In questa annata stanno dominando i giovani e si vede: a partire da Bennet, Cavendish e Ewan, non stiamo avendo una super stagione».

Quella di oggi è un’altra occasione sfumata per Viviani. Il quale, come detto anche a noi ha messo nel mirino la tappa di Cracovia, l’ultima occasione per non tornare a casa a mani vuote. Vincere aiuta a vincere – lo ha detto anche lui – ma prima bisogna trovare l’equazione giusta per tornare a superare per primo quella maledetta linea bianca.