Landa alla corte di Remco, con licenza di vincere

14.01.2024
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CALPE (Spagna) – Uno spagnolo in Belgio. Mikel Landa è approdato alla Soudal-Quick Step per essere l’alfiere pregiato di Remco Evenepoel. Ormai non è più cosa rara che dei grandi campioni vadano a lavorare per i fenomeni. Basta pensare ad Adam Yates per Tadej Pogacar. O ai leader della Jumbo che spesso s’interscambiano.

Ma il basco ha le idee chiare e aver lasciato la Bahrain-Victorious non significa precludersi gli orizzonti del tutto. Anzi, per certi aspetti, come vedremo, questi potranno essere anche ampi. Molto ampi.

Mikel Landa (classe 1989) è arrivato alla corte di Lefevere con lo scopo principale di aiutare Evenepoel (foto Wout Beel)
Mikel Landa (classe 1989) è arrivato alla corte di Lefevere con lo scopo principale di aiutare Evenepoel (foto Wout Beel)
Mikel, sei ancora un leader o sei un gregario?

Tutte e due! Sono arrivato in questa squadra per mettere a disposizione un po’ della mia esperienza per Remco e poi per avere anche qualche spazio per me. In questo team c’è sempre stato un modo diverso d’intendere le corse (il riferimento è alle classiche, ndr), ma ora la cultura è un po’ cambiata e un corridore come me ci può stare bene.

Sei qui per aiutare Evenepoel, ma visto che lui va al Tour hai pensato al Giro d’Italia? Poteva essere una buona occasione per te?

No, quest’anno non ho valutato il Giro d’Italia. Ci aspetta una bella sfida al Tour de France con Remco e credo sia molto importante pianificare bene il tutto. E ancora più importante era correre tanto insieme a lui. Se avessi fatto il Giro avremmo avuto dei programmi differenti. E così ho deciso di fare Tour e Vuelta.

In cosa puoi aiutare Remco? Puoi aiutarlo anche a correggere i suoi errori, quelli magari che notavi in lui da avversario?

Mi aspetto di essere vicino a Remco in salita, prima di tutto, anche se dovesse restare solo o se invece dovesse attaccare. Ho corso con e contro molti campioni che hanno vinto dei grandi Giri e magari riesco a capire prima quali sono i momenti in cui si può vincere una gara e quando invece si può perdere. Spero dunque di riuscire a vedere queste situazioni un po’ prima di lui e di dargli qualche consiglio prezioso in quei momenti. Questo è uno sport difficile, in cui è più facile perdere che vincere. Quindi è molto importante riuscire a salvarsi nelle giornate in cui non stai bene, che guadagnare quando invece sei super. Ecco, io mi aspetto di poterlo aiutare soprattutto in quei giorni difficili. Tanto più oggi in cui i percorsi sono diversi e sono duri già dalla prima settimana.

Remco vive in Spagna e Landa ha detto che sta imparando la sua lingua. Aspetto importante ai fini di un buon feeling (foto Instagram)
Remco vive in Spagna e Landa ha detto che sta imparando la sua lingua. Aspetto importante ai fini di un buon feeling (foto Instagram)
Pogacar, Vingegaard, Roglic… non sono avversari normali, non credi?

Sì, sono più forti. Sono forti nelle cronometro. Sono esplosivi e possono anche guadagnare sugli arrivi “corti” in cui ci sono in palio degli abbuoni. Ma credo che Remco sia uno di loro.

In allenamento avete provato a fare un po’ di “guerra” tra di voi?

Ancora no a dire il vero, ma credo che entro la fine di questo ritiro qualcosa faremo. Per ora abbiamo iniziato tranquillamente. Poi magari, visto che lui vive in Spagna (nella zona del Sud, ndr) qualche volta mi sposterò io da lui se da me, nei Paesi Baschi, dovesse essere brutto tempo. Ma sicuramente faremo molte ore fianco a fianco, nel camp che precederà il Tour.

Sei stato chiamato a stare vicino a Remco, ma c’è qualche opportunità per te? Dove ti piacerebbe vincere?

Il Catalunya potrà essere un’opportunità. E anche ai Paesi Baschi potrei fare bene. Lì ci sarà anche Remco, ma correrò in casa e magari ci potrebbe essere spazio anche per me. E poi ci sarà la Vuelta, dove sarò leader. Ma l’idea di poter aiutare un compagno, un amico che vince grandi corse mi motiva. E’ uno stimolo per me. E poi come per il “landismo”, è bello veder correre un atleta come Remco. Ti fa saltare dal divano. Attacca. Dà spettacolo.

Alla Vuelta per vincere dunque?

Sono realista: si va per fare bene, ma vincere credo sia dura. Magari è più concreto puntare ad un podio o a una vittoria di tappa.

Non dovremmo più vedere scene così: Remco che forza e Landa (in terza ruota) che insegue. Semmai sarà il contrario
Non dovremmo più vedere scene così: Remco che forza e Landa (in terza ruota) che insegue. Semmai sarà il contrario
Tu e Remco parlavate mai in gruppo, prima del tuo passaggio in questa squadra?

Alla Vuelta, quando era ormai chiaro che sarei venuto qui, abbiamo iniziato a parlare un po’. E quindi abbiamo scherzato.

Mikel, com’è dopo tanti anni correre senza il tuo “fratello” Pello Bilbao?

Abbiamo corso tanto insieme da quando eravamo juniores, a volte come compagni e spesso come rivali. Quest’anno torniamo rivali e penso sia buono per il ciclismo basco avere corridori così importanti che combattono nelle migliori gare del mondo.

Hai detto del ciclismo basco e del ciclismo spagnolo invece cosa ci dici? Avete due ragazzi fortissimi: Juan Ayuso e Carlos Rodriguez. Chi è il più forte?

Io li vedo bene. Sono entrambi giovani, ambiziosi soprattutto e stanno già andando forte da un bel po’. Questo è un bene per il ciclismo spagnolo. Gli auguro una buona carriera, ma spero di trovarli ancora un po’ in difficoltà! Chi è più forte non lo so. Sono due ragazzi molto diversi. Carlos è più regolarista, meno esplosivo, più riflessivo e credo abbia bisogno di più tempo per vincere. Juan è più esplosivo, è cattivo ed è più pronto.

Aitor Galdos al timone della Euskaltel Euskadi che rinasce

07.01.2024
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L’UCI ha sempre tante cose da fare e si dedica spesso a battaglie di vitale importanza, come quella per cui nella primavera del 2021 ha costretto Mikel Landa a dimettersi dalla carica di presidente della Fundacion Euskadi. Il basco si era fatto avanti nel 2018, a fronte al declino della Fondazione che per anni aveva portato il ciclismo basco nel mondo. Secondo i dirigenti di Aigle, tuttavia, il conflitto di interessi rischiava di essere troppo alto. Essendo corridore di un altro team (al tempo la Bahrain Victorious), lo spagnolo avrebbe potuto mettersi a collaborare in gara con gli atleti della Euskaltel-Euskadi. Al momento di fare un passo indietro, il campione di Vitoria si è rivolto ad Aitor Galdos, ex corridore basco e nostra vecchia conoscenza, dai tempi in cui aveva seguito fra i dilettanti in Italia il suo amico Igor Astarloa.

Aitor è entrato nella Fondazione. Ha imparato a conoscerla. E’ diventato il manager della squadra femminile. E ultimamente è diventato presidente e general manager della Fundacion Euskadi, che si compone di due squadre professionistiche (femminile e maschile), un team U23 e tutta la trafila della scuola a partire dai bambini.

La partenza del Tour da Bilbao ha ricordato al mondo che cosa rappresenti il ciclismo da quelle parti. E basta sentire l’orgoglio con cui tutti ne parlano, per toccare con mano una passione che in certi momenti è quasi carnale. Aitor Galdos ha 44 anni, è stato professionista dal 2005 al 2012. La sua “creatura” appare sulla porta di una seconda giovinezza, quasi abbia trovato la spinta per rinascere agli antichi fasti.

Da cosa è composto il ciclismo della Fundacion Euskadi?

Abbiamo la Euskaltel-Euskadi, professional maschile. La Laboral Kutxa-Fundacion Euskadi, continental femminile. La squadra di sviluppo degli under 23 che è pure sponsorizzata da Kutxa. E poi la scuola di ciclismo fin dai bambini, poi esordienti e allievi. Io sono il general manager e ogni squadra ha la sua gente. In tutto, tra staff e corridori, ci sono 125 persone.

Alla base c’è sempre la filosofia del team arancione di una volta?

La stessa filosofia, cioè portare avanti il ciclismo basco. La mentalità è sempre quella, lo stesso progetto attraverso cui sono passati corridori come Landa e anche io. C’è ancora parte dello staff di quella squadra. Vogliamo far crescere i ciclisti dei Paesi Baschi, ma i tempi sono cambiati e mentre prima i corridori erano solo di qui, adesso ci sono anche degli stranieri (nel team femminile corrono ad esempio quattro italiane: Quagliotto, Silvestri, Tomasi e Tonetti, ndr). Questo fa bene anche ai nostri corridori.

Quanto è forte ancora la passione per il ciclismo nei Paesi Baschi?

I Paesi Baschi sono un territorio di ciclisti. Non abbiamo soltanto le grandi corse, come la Clasica San Sebastian e il Giro dei Paesi Baschi. Ce ne sono tante altre, anche per gli U23. Il ciclismo è parte della nostra cultura. Siamo cresciuti sempre andando a vedere il Tour de France sui Pirenei. Siamo cresciuti con Indurain, con la Euskaltel-Euskadi e con questa marea arancione. Avete visto la partenza del Tour de France da Bilbao? Siamo una regione con neanche due milioni e mezzo di abitanti e abbiamo avuto la partenza del Tour de France con tre tappe. E adesso Bilbao vuole la partenza del Tour delle donne, lo hanno annunciato l’altro giorno.

Il pubblico di Bilbao alla partenza del Tour 2023: uno spettacolo di suoni e colori
Il pubblico di Bilbao alla partenza del Tour 2023: uno spettacolo di suoni e colori
Mikel è davvero fuori da tutto?

Totalmente. Come corridore non poteva fare di più, però ha dato la spinta. E’ sempre attento a cosa facciamo, ci segue.

Ci sono stati gli anni di Lejarreta, Astarloa, Iban Mayo, Igor Anton, di chi sono innamorati oggi i tifosi baschi?

Oggi i nomi sono quelli di Mikel Landa e Pello Bilbao. I fratelli Izagirre. Ragazzi che hanno vinto corse al Giro e al Tour e fatto il podio alla Vuelta. Sono loro i corridori che i bambini baschi vedono in televisione e in un modo o nell’altro sono passati tutti per la Fondazione Euskadi. Io ho corso quattro anni con quella maglia. Dopo gli anni in Italia, avrei avuto anche altre offerte, ma per un ciclista di qui vestire la maglia arancione era il massimo. Ho fatto le migliori corse al mondo ed era un orgoglio, perché quella maglia ci rappresentava.

La squadra di oggi ha gli stessi valori?

E’ nata da poco, ma ha lo stesso DNA. Questo è un Paese in cui si lavora, ci sono tante fabbriche e abbiamo la mentalità che per ottenere le cose bisogna lavorare sodo. Che nessuno ti regala niente. La gente ci segue perché si riconosce in quello che facciamo, siamo ancora una squadra vicina alla gente.

Il ciclismo spagnolo adesso si aggrappa ad Ayuso e Rodriguez, c’è un giovane basco in arrivo?

Abbiamo tanti corridori buoni, ma il ciclismo è cambiato tanto. Questi campioni che stanno uscendo così presto sono la causa della troppa fretta per gli altri giovani, ma non tutti sono pronti, per i motivi più diversi. Non è che se un corridore di 22 anni non è ancora venuto fuori, non possa uscire a 24-25 anni e diventare ugualmente un campione. Ci sono corridori forti e ci saranno sempre, noi lavoriamo per farli uscire e per far crescere nuovamente questa squadra.

Vai ancora in bici?

Ogni tanto, meno di quel che vorrei. Il lavoro che faccio è impegnativo, ti porta a stare tante ore e tanti giorni fuori da casa e non è facile. Cerco di fare sport per essere in forma e per avere la mente libera dai tanti pensieri che ho per la testa. Per cui ogni tanto vado a farmi un giro, anche se evidentemente la condizione è calata tantissimo e al massimo posso dire di fare delle passeggiate. Ricordo bene cosa significhi allenarsi, quello che faccio è un’altra cosa. 

Pellizotti su Landa gregario: «Una scelta che capisco»

22.09.2023
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Perché un corridore come Mikel Landa, che ha ancora le gambe per arrivare quinto alla Vuelta, di colpo si converte in gregario e passa con Evenepoel? La domanda ce la siamo fatta un po’ tutti e così a un certo punto c’è venuto in mente di porla a Franco Pellizotti, che Landa ha guidato nella corsa spagnola. Anche se di recente il basco è parso meno incisivo, è un fatto che quando trova la condizione sia fra i pochi a cambiare gli equilibri delle corse in montagna. Forse alla Soudal-Quick Step avrà i suoi spazi, ma il passaggio nella squadra belga lo rimette al servizio di qualcuno più grande di lui, come inizialmente fu con Nibali e poi parzialmente con Aru.

«Mikel – dice Pellizotti – ha dimostrato di essere uno dei primi fra i… normali. All’inizio sembrava quasi che avessero trovato l’accordo per restare con noi, ma alla fine è possibile che la scelta di andare con Remco sia stata dettata dalla voglia di avere un po’ meno pressione. Qua era il nostro leader, entrare nella squadra che ha un capitano come Evenepoel, che sta dimostrando di essere uno tra i più forti al mondo, gli permetterà di fare un lavoro che conosce bene. Quindi è una scelta che capisco e magari posso anche condividere…».

Pellizotti, Landa e Gradek dopo l’arrivo sul Tourmalet: per Mikel quel giorno un ottimo 7° posto
Pellizotti, Landa e Gradek dopo l’arrivo sul Tourmalet: per Mikel quel giorno un ottimo 7° posto
Landa è stato con voi per quattro anni, secondo te è riuscito a esprimere tutto il suo potenziale o la sfortuna in certe occasioni l’ha frenato?

Prima ho corso contro di lui, poi da direttore sportivo l’ho avuto come corridore. Devo dire che secondo me nella sua carriera avrebbe potuto fare molto di più. Ma lui è così, non per niente tantissima gente gli vuole bene per il suo modo di essere: il famoso “landismo”. Mikel è questo e non puoi farci niente, però ha doti che non hanno nulla da invidiare a quelle di Vingegaard e Roglic. Magari ha il punto debole della cronometro, però in salita ha delle doti fantastiche.

Che cosa significa che Mikel è questo e non ci si può fare niente?

Lo vedo come un’artista. Ha le sue idee, non è un corridore come il ciclismo moderno vorrebbe. Non fa diete assolute e ferree, è ancora un corridore vecchio stile. Gli piace godersi la vita, la famiglia, gli amici e questo magari lo porta ad arrivare alle corse non ai livelli che vediamo al giorno d’oggi.

Perché dici di condividere la sua scelta?

Perché per questo suo modo di essere, va bene così. Con quel ruolo riuscirà a vivere un po’ meglio come qualità della vita. Condivido la scelta perché comunque, per quello che dice, stiamo parlando degli ultimi anni della sua carriera. Oddio, quando vai a metterti a disposizione di un corridore come Remco (senza togliere che anche lui potrà togliersi altre soddisfazioni in corse dove magari l’altro non ci sarà), comunque dovrà essere a livelli altissimi. Se andiamo a vedere, l’ultimo uomo dei leader della Jumbo-Visma ha appena vinto la Vuelta. Oggi l’ultimo uomo di un grande capitano fa il lavoro quando davanti restano veramente pochi, quindi devi essere a livelli molto alti. Mikel riesce ancora a farlo.

Sul traguardo dell’Angliru, Landa e Kuss sono arrivati insieme, a 19 secondi da Roglic
Sul traguardo dell’Angliru, Landa e Kuss sono arrivati insieme, a 19 secondi da Roglic
Tu passasti al servizio di Nibali che ormai avevi 38 anni, ci sono punti di contatto?

Non troppi, Mikel è ben più giovane e con altre qualità. Lui non vede ancora tanti anni di ciclismo davanti a sé, ma tra il dire e il fare passa veramente tanto. Perché adesso la vede così, poi va a lavorare per un leader e magari scopre gli stimoli per andare avanti qualche anno in più.

Gli pesava fare il leader?

Non so neanch’io se sia stato questo. Sinceramente non mi aspettavo che andasse via, ma pensandoci le opzioni erano due. Quella che ha scelto, oppure restare qui facendo il leader e un po’ la chioccia per i giovani. Mi avrebbe stupito di più se avesse scelto di andare a fare il leader in un’altra squadra, alla Lidl o alla AG2R come si era sentito dire. Quello mi avrebbe colpito di più, perché ci ha sempre detto che qui alla Bahrain Victorious si trovava bene. La scelta di andare alla Soudal-Quick Step ha un senso.

Cosa vi lascia Mikel?

Domenica sera, dopo l’ultima tappa abbiamo cenato a Madrid. E Milan Erzen, il nostro capo, ha preso la parola e lo ha ringraziato molto. A questa Vuelta non era arrivato in grandissima forma, però ha dimostrato ancora una volta di aver avuto carattere e di aver lottato fino alla fine. Giorno dopo giorno è stato un esempio per i giovani che c’erano in squadra, il nostro Antonio Tiberi, Govekar e anche Buitrago. Ogni giorno prendeva la parola anche lui dopo le riunioni, quindi è uno che ci metteva del suo anche nella gestione della squadra.

Tirato da Caruso, con Vingegaard a ruota: le prestazioni di Landa in salita sono ancora eccellenti
Tirato da Caruso, con Vingegaard a ruota: le prestazioni di Landa in salita sono ancora eccellenti
Proprio alla Vuelta è andato forte all’Observatorio Astrofisico della sesta tappa e anche sull’Angliru, un fatto di motivazioni o di condizione in arrivo?

Ha sofferto nella prima settimana, perché non è arrivato al 100 per cento per problemi di stomaco. Sapevamo che si era allenato bene, era anche andato a provare alcune tappe, però fisicamente non era al massimo. Per cui nella prima settimana siamo andati un po’ cauti, poi piano piano è cresciuto. E’ entrato nella fuga dei 40 corridori con Kuss, recuperando quello che aveva perso nel primo arrivo in salita ad Andorra. Poi ha fatto una bella cronometro: visto il percorso, una delle più belle della sua carriera. E alla fine ha dimostrato di essere un corridore di fondo. La tappa del Tourmalet è stata dura, corsa a velocità molto alte. Nel finale non usciva più la differenza fra chi aveva 7 watt/kg e gli altri, ma chi aveva più fondo. Lui ha sempre sofferto le tappe piatte con l’arrivo in salita, perché non è esplosivo come gli altri. Però nelle tappe impegnative ha dimostrato di avere ancora grandi attitudini nel soffrire e sempre la solita classe.

Che bilancio fai della vostra Vuelta?

Lo ripeto: la prima settimana abbiamo sofferto perché i ragazzi non andavano come volevamo, però piano piano sono cresciuti. Siamo riusciti a mantenere la calma e nella terza settimana sono usciti molto bene. Tiberi è un ragazzo su cui stiamo lavorando molto e abbiamo visto dei miglioramenti grandissimi dalla prima all’ultima tappa, non solo a livello fisico, ma anche a livello tattico. Abbiamo dovuto lavorare molto per fargli capire che ogni tappa ha una logica e che noi partiamo sempre con un copione diverso. All’inizio aveva qualche difficoltà a entrare in questi meccanismi, correva sempre molto lontano dai suoi compagni. Invece piano piano, anche con l’aiuto di Damiano Caruso (lo abbiamo messo in camera con lui proprio per questo) è venuto fuori. Siamo molto felici. Quello che è riuscito a fare è solo l’inizio di quello che ci aspettiamo da lui. E poi la vittoria di Wout Poels…

Dalla Vuelta al Tour (nella foto) i tifosi amano Landa: il “landismo” è quasi una filosofia di vita
Dalla Vuelta al Tour (nella foto) i tifosi amano Landa: il “landismo” è quasi una filosofia di vita
Importante?

Ha vinto la tappa numero 20, che per noi è stata la ciliegina sulla torta. Abbiamo fatto un’ottima terza settimana, ma col fatto che Evenepoel era uscito di classifica, ce lo trovavamo sempre nelle fughe e non era facile. Come non era facile, quando arrivavi in gruppo sotto le salite, battere quelli della Jumbo. Caruso ha fatto un ottimo secondo posto, ma la vittoria di Poels è stata importante perché, dopo aver vinto due tappe al Giro e tre al Tour, finire la Vuelta senza vincerne una sarebbe stato brutto. Ce l’abbiamo messa tutta, è stata sofferta, ma siamo tornati a casa finalmente soddisfatti.

Caruso torna a scuola, prepara la Vuelta e pensa a Mader

11.07.2023
5 min
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Smaltite le ultime fatiche del Giro d’Italia, Damiano Caruso si è fermato per un po’ ed ha recuperato in vista dei prossimi impegni. Il corridore siciliano ora si trova con i propri compagni di squadra a Livigno, in altura si allena e prepara la seconda parte di stagione. Intanto i ragazzi del Team Bahrain Victorious seguono le fatiche dei compagni impegnati al Tour de France

«Oggi (domenica, ndr) Mohoric ci ha provato – dice Caruso – ha fatto una bella tappa, alla fine ha vinto uno scalatore vero: Woods. Michelino (Landa, ndr) ha preso un’altra batosta, forse gli conviene azzerare tutto e provare a vincere una tappa. Quest’anno sto vivendo un Tour da appassionato, non l’ho studiato molto, mi metto davanti allo schermo e dico: “Vediamo cosa c’è oggi”. Però una tappa me la ricordo, quella del Col de la Loze, con arrivo a Courchevel. Lì Mikel lo vedo bene».

Landa domenica sul traguardo di Puy de Dome ha pagato 3 minuti a Pogacar e Vingegaard ora il distacco in classifica è di 9’09”
Landa domenica sul traguardo di Puy de Dome ha pagato 3 minuti a Pogacar e Vingegaard ora il distacco in classifica è di 9’09”

Ritorno a scuola

Damiano Caruso, però, prima di attraversare lo Stivale in direzione Livigno, si è reso protagonista di un bel gesto nella sua Ragusa. Il siciliano è tornato tra i banchi di scuola, per affiancare un ragazzo al suo esame di terza media. Il motivo? Il protagonista di questa tesina era Caruso stesso. 

«In quella scuola, l’Istituto Comprensivo Vann’Antò di Ragusa – racconta Caruso – mi ero diplomato anche io, ormai 20 anni fa. Un mesetto fa mi ha contattato un professore chiedendomi se avessi voluto presenziare all’esame di questo ragazzo che aveva scelto me come protagonista del suo esame. Il professore stesso è un appassionato di ciclismo e, nel momento in cui questo ragazzo ha voluto fare una tesina sullo sport, è venuto fuori il mio nome. Sono uno dei pochi corridori che è rimasto a vivere nella città dove è nato e questo mi ha reso lo sportivo di riferimento. Quando mi è stata comunicata la scelta del ragazzo, presenziare al suo esame mi è sembrato bello». 

Caruso durante la discussione della tesina insieme al ragazzo ed al professore che li ha messi in contatto
Caruso durante la discussione della tesina insieme al ragazzo ed al professore che li ha messi in contatto
Com’è stato vedersi raccontato in un contesto così?

Parecchio emozionante, devo ammetterlo. Il ragazzo ha raccontato la mia carriera collegandola alle materie di studio. Per esempio con geografia ha unito le mie sei partecipazioni al Tour de France. Personalmente è stato un momento particolare, quando un ragazzo sceglie te come riferimento positivo è bello. Non tanto per me, ma per il fatto di scegliere uno sportivo, uno stile di vita sano, fatto di sacrifici e passione. 

Ti ha fatto qualche domanda?

Era molto curioso sul mio stile di vita, mi ha chiesto come gestisco l’alimentazione e in che modo mi alleno. Ha voluto sapere quanti chilometri faccio in un anno, siamo passati anche alle domande in inglese. Alla fine la mia carriera è stata un filo rosso all’interno del suo esame, non ho potuto far altro che ringraziarlo per avermi scelto. Gli ho anche fatto una promessa. 

Il quarto posto al Giro d’Italia ha lasciato il sorriso e tanta soddisfazione nel siciliano
Il quarto posto al Giro d’Italia ha lasciato il sorriso e tanta soddisfazione nel siciliano
Quale?

A fine stagione cercherò di contattarlo nuovamente e magari faremo una pedalata insieme. Ci siamo salutati così, con i complimenti da parte mia ed un sincero ringraziamento.

Quindi il ragazzo va in bici?

No, la cosa bella è proprio questa. Ha scelto me nonostante lui non vada in bici. Per me è stato un motivo di riflessione e di “vanto” perché il ragazzo ha scelto una figura sana e professionale. Nella mia carriera ho sempre pensato che lavoro, sacrificio e dedizione valgono per la vita di tutti i giorni. Non è una scelta facile che porta al risultato, ma tutto arriva dopo un lungo lavoro. 

A proposito di lavoro, tu ora stai preparando la seconda parte di stagione, come procede?

Dopo il Giro mi sono fermato per un mese, non ne sono uscito troppo stanco, infatti dopo una settimana senza bici sono tornato a pedalare. La cosa importante era mantenere un filo di condizione per arrivare a questo ritiro in buona forma. Il 21 torniamo a casa e poi partirò per il Tour de Pologne, la Vuelta a Burgos ed infine la Vuelta Espana. 

Fare due grandi corse a tappe era in programma fin da inizio stagione?

Ne avevamo parlato con la squadra fin dall’inverno. Come corridore riesco ad esprimermi al meglio nelle corse a tappe. Ad aprile e maggio ho fatto terzo al Romandia e poi quarto al Giro, quindi abbiamo avuto la conferma di ciò. Ora lavoriamo per avere un secondo picco di forma e andremo alla Vuelta, ma lo dico subito: non curerò la classifica. Punterò a qualche tappa, alla mia età è difficile curare la classifica in due grandi Giri. 

Alla presentazione del Tour de France si è ricordato ancora Gino Mader, una ferita ancora aperta nei cuori dei suoi compagni di squadra
Alla presentazione del Tour de France si è ricordato ancora Gino Mader, una ferita ancora aperta nei cuori dei suoi compagni di squadra
Sarai in supporto a qualcuno?

Difficile dirlo prima che finisca il Tour, magari Landa virerà sulla Vuelta, ma non possiamo ancora dirlo. Oppure i leader saranno Tiberi e Buitrago. Fa male dirlo: anche Mader avrebbe potuto curare la classifica…

Com’è stato ripartire dopo quella tragedia?

La botta morale è stata profonda, noi corridori siamo abituati a salutarci e rivederci dopo settimane o mesi. Il cervello fa fatica a realizzare che Gino non lo vedrò mai più. Anche ora che siamo in ritiro la mia mente dice: «Non c’è perché sta correndo da qualche parte». Poi però quando sei fermo realizzi e rischi di impazzire. Anche semplicemente leggere la dedica sulla maglia mi fa venire un magone incredibile. E’ triste, ma il fatto che non ci sia più è da accettare.

Landa e Pello, patto fra baschi per il podio e per Mader

01.07.2023
4 min
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BILBAO – Sono i padroni di casa, i corridori più attesi su queste strade, le loro. Parliamo di Mikel Landa e Pello Bilbao. Davanti al loro hotel c’è più gente che negli altri. Nei Paesi Baschi il ciclismo è tradizione vera, inoltre i baschi sono molto campanilisti. Solo qualche lustro fa lottavano per l’indipendenza dalla corona di Madrid, tanto per rendere l’idea.

Addirittura Landa stesso nel 2018 aveva di fatto “comprato” la Euskaltel-Euskadi, in crisi finanziaria, pur di salvare la squadra di casa, quella dove era cresciuto. Poi l’Uci aveva decretato incompatibile questa manovra con l’essere un corridore professionista e lui aveva dovuto lasciare la presidenza. Ma questo ci dice quanto i baschi siano attaccati ai loro valori e al loro territorio.

Sul Pike quante scritte per Landa (e a fianco anche per Pello Bilbao)
Sul Pike quante scritte per Landa (e a fianco anche per Pello Bilbao)

Un vittoria per Gino

Pello e Mikel, Mikel e Pello, carriere incrociate sin da bambini per questi due formidabili atleti della Bahrain-Victorious. Ieri alcuni ragazzini del team giovanile Zorri Bike li aspettavano sul Pike, il muro che con ogni probabilità deciderà la frazione inaugurale del Tour de France.

I due non arrivano col morale alto a questo appuntamento. La morte del compagno Gino Mader è stata una vera pugnalata, specie per Pello Bilbao, che era in corsa con lui. «Per alcuni giorni tutto aveva perso senso – ha detto Pello – poi siamo tornati a casa e con il calore della famiglia le cose sono migliorate.

«Stare qui, con tutta questa gente è incredibile. Neanche in un sogno avrei pensato di avere questa possibilità».

Pello non lo dice apertamente, ma darebbe l’anima pur di vincere oggi. Anche più di Landa. Lui è veramente di casa. Il Pike era la sua palestra naturale quando era bambino. «Ci sono tanti motivi per vincere domani (oggi, ndr), uno più importante dell’altro».

Pello Bilbao (classe 1990) ha accusato non poco la morte di Mader. Per lui ha avviato una raccolta fondi al Tour
Pello Bilbao (classe 1990) ha accusato non poco la morte di Mader. Per lui ha avviato una raccolta fondi al Tour

Troppo realismo?

I due si aiuteranno, come del resto fanno da anni. Si spartiscono i ruoli alla bisogna. Generalmente Landa, il più solido, è leader nelle corse maggiori e anche stavolta sarà così.

I due però nella conferenza stampa di ieri sono stati (forse) sin troppo realistici. «Sappiamo che è dura e che ci sono due corridori nettamente favoriti. Noi proveremo a puntare al podio», queste in sintesi le loro parole. Al che, abbiamo provato ad incalzarli mettendogli sul piatto l’ipotesi di un attacco a sorpresa, magari anche in tappe inaspettate, proprio perché “quei due” sono più forti.

«Vediamo, magari proverò ad inserirmi in qualche attacco, ma le imboscate vanno fatte sempre nel rispetto del fair play», ha detto Landa. Ancora più categorico Bilbao. «Attacchi a sorpresa? Difficile ipotizzarli in questo ciclismo, soprattutto nelle prime tappe». 

E allora si parte così: con tanta voglia di fare – Landa ha detto chiaramente che proveranno a vincere con Bilbao… a Bilbao – ma anche con tanta consapevolezza che si lotterà per un piazzamento e non per la vittoria.

Un vero boato ha accolto i due beniamini di casa durante la presentazione delle squadre
Un vero boato ha accolto i due beniamini di casa durante la presentazione delle squadre

Landa determinato

«Io sto bene e darò il massimo. Per me, che spesso mi sono concentrato sul Giro d’Italia, quest’anno è stato diverso. Ho corso poco e quindi ho fatto una preparazione differente, ma credo di essere pronto a questa sfida. Sul duello con Vingegaard e Pogacar… proverò a seguirli in salita.

«Sono tanti che vogliono il podio, noi – ha proseguito Mikel – dobbiamo essere bravi a non commettere errori e soprattutto a salvarci nei giorni storti».

E a proposito di preparazione, Landa quest’anno ha davvero cambiato le carte in tavola. Ha corso molto nella prima parte di stagione. Poi si è fermato del tutto. Ha ripreso al Delfinato, ma non è andata bene. Ha incassato quasi 13′ da Vingegaard.

«Sapevo di non stare ancora bene – aveva detto Landa dopo la gara francese – non correvo da mesi e mi serviva quel tipo di fatica. E’ stata una settimana dura ma necessaria in vista del Tour».

Infine si è parlato di cronometro, in particolare dei pochi chilometri contro il tempo che ci sono in questo Tour de France.

Giusto due giorni fa, il suo grande connazionale Miguel Indurain ospite d’onore qui a Bilbao, aveva detto che non va bene che ci siano ormai crono così corte e così poche per numero. Queste servono per lo spettacolo.

Ebbene ieri Landa è andato nella parte opposta: «Sono contento che di crono ce ne sia poca e tra l’altro quella che c’è in questo Tour è anche dura. Questo può essere un vantaggio davvero importante per me pensando al podio». Insomma, ognuno tira l’acqua al suo mulino. Vedremo come andrà questa ennesima occasione per Mikel. Il patto con il suo alleato basco è saldo.

Il Tour nei Paesi Baschi. Astarloa, che cosa ci aspetta?

27.06.2023
5 min
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Spesso il Tour de France è partito dall’estero, ma mai c’è stata una tale frenesia come in queste giornate di attesa che si stanno vivendo nei Paesi Baschi. Le ragioni sono tante, probabilmente affondano nella storia stessa di questo territorio disegnato fra le cime dei Pirenei, sempre una terra di mezzo, un po’ di qua e un po’ di là, ma con una fortissima base identitaria.

I Paesi Baschi hanno sempre avuto un rilevante peso nel mondo delle due ruote, basti pensare alle tante gare che vi si svolgono (non è un caso se l’unica gara spagnola in linea del WorldTour sia a San Sebastian), e ai tanti campioni usciti da queste strade. Uno di loro è ben conosciuto anche dalle nostre parti, Igor Astarloa campione del mondo nel 2003.

«La partenza del Tour risponde a una richiesta della gente basca che proviene da molto lontano – testimonia Astarloa – possiamo dire che finalmente è stata esaudita. Le gare basche sono sempre popolate da tantissimi tifosi e posso solo immaginare quanti saranno sulle strade ad applaudire i vari Vingegaard, Pogacar e tutti gli altri, sperando magari che qualche spagnolo possa far sognare».

Igor Astarloa, pro’ dal 2000 al 2009, iridato nel 2003 e vincitore della Freccia Vallone nello stesso anno
Igor Astarloa, pro’ dal 2000 al 2009, iridato nel 2003 e vincitore della Freccia Vallone nello stesso anno
Che significa per la gente locale l’arrivo della Grande Boucle?

E’ una festa che si protrarrà per più giorni ed è poco importante che questa comporti anche qualche disagio, considerando l’imponenza della carovana, che comporta chiusura delle strade ore se non giorni prima del suo passaggio. Nessuno si lamenta, tutti sono anzi contenti che ciò accada perché è gratificante in un territorio dove il ciclismo ha sempre avuto grande tradizione. Non a caso, tra le 66 vittorie di tappa spagnole al Tour, ben 21 sono basche.

Com’è la situazione sociale nei Paesi Baschi, c’è ancora tensione con il governo centrale?

La situazione è molto migliorata, non ci sono più gli attacchi terroristici dell’Eta e attraverso le trattative si è arrivati ad avere una notevole autonomia che ha calmato molti “bollori”. Il popolo basco vuole semplicemente riconosciuta la sua identità, che si esprime attraverso una lingua e una cultura proprie.

Il Tour prenderà il via il 1° luglio con la tappa da Bilbao a Bilbao di 182 chilometri
Il Tour prenderà il via il 1° luglio con la tappa da Bilbao a Bilbao di 182 chilometri
E’ un territorio di frontiera, legato anche alla stessa Francia…

Sicuramente, anzi in Francia ci sono tre territori dove si parla l’euskadi. C’è una divisione per Nazioni, ma la gente è la stessa, c’è grande affinità. L’arrivo del Tour de France serve anche per rappresentare questa affinità fra le due nazioni confinanti attraverso un territorio particolare come quello dei Pirenei.

Parlavi di tradizione ciclistica, noi siamo abituati alla squadra dell’Euskaltel che era una sorta di nazionale basca, ma come mai il corrispettivo femminile è invece una multinazionale?

Bella domanda, la risposta è nella relativa giovinezza del movimento ciclistico femminile. Non ci sono abbastanza ragazze nei Paesi Baschi che fanno ciclismo, ma senza una squadra propria non avrebbero possibilità di approdare alla massima serie. Il calendario femminile è ricco forse ancor più di quello maschile, eppure le praticanti sono molte meno, le squadre hanno bisogno di forze fresche per sostenere l’attività. Era quindi necessario fare dell’Euskaltel femminile una formazione multinazionale, ma comunque con una forte presenza di atlete locali.

Tappa molto dura anche il secondo giorno con arrivo a San Sebastian dopo 209 chilometri (foto Cor Vos)
Tappa molto dura anche il secondo giorno con arrivo a San Sebastian dopo 209 chilometri (foto Cor Vos)
La tradizione ciclistica locale è sempre forte?

Sì, attualmente però ci sono molti meno talenti che emergono. Il ciclismo nei Paesi Baschi vive un momento di difficoltà che mi ricorda molto quello che si vive in Italia: mancano i talenti e questo dipende da molti fattori. E’ vero che c’è una squadra come l’Euskaltel, ma è pur sempre una formazione minore e la Movistar, squadra spagnola, non basta. Parlando però di tradizione mi viene in mente, per fare un paragone, la Lombardia. Quando sono passato professionista le grandi squadre italiane venivano da lì, io mi trasferii sapendo di trovare la patria del ciclismo. Vivete un po’ il momento che viviamo noi che ci affidiamo ancora a Landa, Bilbao, i fratelli Izagirre. Ma questo si vede anche sul piano dell’organizzazione: avevamo gare giovanili con oltre 300 corridori, ora arriviamo a meno di 150. Soffriamo un po’ meno a livello nazionale, grazie all’emergere di talenti come Ayuso e Rodriguez.

Che percorsi troveranno i corridori al loro avvio?

Oltre 3.000 metri di dislivello. Mai una prima tappa del Tour è stata così difficile e questo mi dà da pensare. Temo che ci saranno cadute, perché tutti vorranno stare davanti sapendo che già la prima tappa è così importante: non dico decisiva, ma poco manca. E’ un Tour atipico, prima si partiva col cronoprologo e tappe piane, ora subito salita, ma d’altronde nei Paesi Baschi pianura non ce n’è…

Mikel Landa affronta il suo sesto Tour, dopo essere stato 4° nel 2017 e nel 2020
Mikel Landa affronta il suo sesto Tour, dopo essere stato 4° nel 2017 e nel 2020
Un corridore come Astarloa come si sarebbe trovato nel ciclismo attuale?

Bè, in Spagna oggi un corridore con le mie caratteristiche non c’è. Io ero corridore da classiche e fui fortunato a non finire alla Banesto o alla Once che erano squadre da corse a tappe. Fui fortunato soprattutto a trovare Leali prima e Martinelli dopo, che credettero in me. Martino soprattutto mi portò alla Mercatone di Pantani facendomi crescere con calma. Non ho vinto molto, ma ho coronato il mio sogno: la maglia iridata. E posso aggiungere una cosa?

Prego…

Anche la mia maglia è esposta al Museo San Mames, inaugurato quest’anno per il 120° anniversario dell’Atletico Bilbao. Pochi sanno che la squadra calcistica aveva anche una sezione ciclistica e nel museo ci sono cimeli della storia del ciclismo basco. Sarà aperto proprio per l’arrivo del Tour, a disposizione di tutti gli appassionati.

Landa, i piedi per terra e la testa sulle spalle

10.12.2022
4 min
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Anche se per il 2023 ha scelto il Tour, resta il fatto che il 2022 di Mikel Landa sia stato soprattutto un affare italiano. Nel 67 giorni di corsa della passata stagione, gli unici lampi e piazzamenti degni di nota sono venuti infatti fra Tirreno, Giro e Lombardia: chiusi tutti al terzo posto, con sensazioni di vario colore. Martedì sulla sua torta ci saranno 33 candeline e probabilmente il tempo dei grandi sogni si sta concludendo, ma prima di darlo per morto bisognerebbe soffermarsi sui dati. E i dati dicono che le prestazioni di Landa in salita sono fra le migliori di sempre. Ma se fino a qualche anno fa bastavano per tenere testa a Contador, Aru e Nibali, adesso servono a malapena per arrivare sul podio. Come se salire sul podio del Giro d’Italia fosse un risultato da poco! Questo è il ciclismo di adesso. E se non fai spazio, finisci sotto al treno.

«Tornare al podio del Giro sette anni dopo la prima volta – sorride il basco – è stato importante. Nel 2021 ero fortissimo, ma ebbi una caduta che ha lasciato il discorso incompleto. Il podio mi ha dato la fiducia che posso ancora fare buone cose. C’è poco da cambiare però, la preparazione sarà la stessa. Di diverso c’è che nel 2023 farò il Tour che il prossimo anno sarà meglio del Giro. Un po’ perché è il Tour. Un po’ perché ci sono meno crono. E un po’ perché si parte dai Paesi Baschi, dalle strade di casa».

La Bahrain Victorious tiene ancora le porte chiuse, il media day del primo ritiro si svolge online
La Bahrain Victorious tiene ancora le porte chiuse, il media day del primo ritiro si svolge online

Le porte chiuse

Il primo ritiro della Bahrain Victorious si svolge nuovamente a porte chiuse. Le comunicazioni avvengono in videoconferenza, mentre negli hotel dei dintorni l’andirivieni dei giornalisti è certo regolamentato, ma ben apprezzato. Il ritorno alla normalità ha tempi diversi, bisogna saper aspettare.

«Ho riposato bene – racconta Landa – abbiamo lavorato per recuperare il problema che avevo a livello del gluteo e della spalla, figlio dell’ennesima caduta. Ora sto bene e si è visto già al Lombardia. Il tempo passa e comincio a sentirmi tra i vecchi del gruppo. Proverò di nuovo a stare con il leader che dominano il ciclismo. Il fatto è che sono molto completi e hanno squadre fortissime, per cui l’unica cosa da fare è provarci sempre sperando di riconoscere un loro eventuale giorno nero. Quello è il solo punto debole che hanno: il fatto che sono anche loro umani».

Giro 2022, Landa marca da vicino l’ex compagno Carapaz in rosa, ma da dietro incombe Hindley
Giro 2022, Landa marca da vicino l’ex compagno Carapaz in rosa, ma da dietro incombe Hindley

Fiducia Lombardia

Non cambia la preparazione, si rivedono gli obiettivi. La vittoria manca. Pur avendo conquistato la Vuelta Burgos del 2021, l’ultima volta che Landa ha esultato su un arrivo risale alla Coppi e Bartali del 2019: un tempo eterno. La Spagna fuori è mite, con giornate grigie, ma la colonnina del mercurio intorno ai 15 gradi, che permettono di allenarsi in pantaloncini, mentre in Italia finalmente piove.

«Mi piacerebbe arrivare vicino al podio del Tour – dice – combattere nelle corse di una settimana come i Paesi Baschi, la Tirreno oppure il Catalunya. E finalmente provare a vincere una tappa. Mi manca il fatto di alzare le braccia al cielo. Aver finito il 2022 con il podio del Lombardia è una bella motivazione. E’ stata una corsa di grande livello e mi ha ricordato quale potrebbe essere il mio posto nel gruppo. L’avevo già corso nove volte, quasi ogni anno e mi ero sempre ritirato (lo aveva concluso nel 2013 e nel 2015, ndr). Essere salito sul podio essendomi anche divertito lo inserisce fra i giorni più belli del 2022».

L’ultima vittoria di Landa risale alla Coppi e Bartali 2019, a Sogliano, senza neppure alzare le braccia
L’ultima vittoria di Landa risale alla Coppi e Bartali 2019, a Sogliano, senza neppure alzare le braccia

La nuova Spagna

Ci sarà il Tour dunque e ci saranno le strade di casa, portando la fiaccola del ciclismo spagnolo che con l’addio di Valverde vive un profondo rinnovamento.

«Il Tour parte dai Paesi Baschi – dice e gli brillano gli occhi – sulle nostre strade e davanti al nostro pubblico. Sarà un momento storico. Bello per i tifosi, ma noi corridori avremo i peli dritti sulle braccia. Avrò una doppia motivazione e responsabilità, più di quella che si ha normalmente. Bisognerà farne un vantaggio. Il 2022 è stato un buon anno per il ciclismo spagnolo, dopo che i tifosi si erano ben abituati con Contador, Purito, Valverde, Freire, Samuel Sanchez. Ora ci sono Mas, Ayuso e Rodriguez. Magari non hanno ancora la statura per vincere, ma saranno lì a lottare. Sono sicuro che la passione tornerà presto come prima».

Pellizotti alla Vuelta: «Una grande esperienza, ma che fatica…»

04.11.2022
7 min
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«Non sono molti anni che ho smesso – riflette Pellizotti – anche se il tempo passa. Cerco sempre di portare la calma e la serenità. Noi direttori sportivi che siamo stati anche corridori sappiamo bene che i corridori sono fra l’incudine e il martello. Così, quando le cose non vanno bene e magari dall’alto vogliono i risultati, si cerca comunque di non trasmettere la pressione ai ragazzi. La cosa peggiore quando le cose non vanno bene è scaricare il peso sulla squadra».

Una buona annata

Franco Pellizotti è reduce dalla trasferta toscana in camper, per seguire sua figlia sui campi del ciclocross. Con il 2022 che sta finendo, anche lui si è fermato per tracciare un bilancio della sua stagione come direttore sportivo e quella dei corridori del Team Bahrain Victorious.

«Se lo scorso anno è stata una stagione ottima – dice – quest’anno è stata buona. Le aspettative erano alte, invece il Tour è andato male e la Vuelta così e così. Se andava male anche il finale di stagione, allora c’era un po’ da preoccuparsi. Invece abbiamo finito bene, quindi quel periodo di buco è stato solo un passaggio a vuoto che ci può stare».

Qui Pellizotti è con Miholjevic, team manager del Team Bahrain Victorious
Qui Pellizotti è con Miholjevic, team manager del Team Bahrain Victorious

Il direttore che cresce

Pellizotti cresce assieme ai suoi corridori. E se un paio di anni fa, era venuto fuori che fosse il loro preferito perché lo sentivano molto vicino, oggi è evidente che l’esperienza lo stia spingendo a salire un altro gradino.

«Ogni stagione imparo qualcosa – racconta – e anche quest’anno ho avuto delle bellissime soddisfazioni. Ho sofferto un sacco alla Vuelta e anche questo mi ha fatto crescere molto. Quando vai alle corse e le vinci, come per esempio con Mohoric alla Sanremo, sembra che non ci sia niente di impossibile. Il problema è quando parti con degli obiettivi e alla fine devi cambiarli. Questo mi ha fatto crescere molto. Quando sono tornato a casa dalla Vuelta, mi sono messo lì e ho fatto un ripasso. Dove potevo aver sbagliato, dove le cose sono andate bene e dove male».

Colbrelli è arrivato al Bahrain ancora tutto da costruire: qui con Pellizotti al Tour del 2018
Colbrelli è arrivato al Bahrain ancora tutto da costruire: qui con Pellizotti al Tour del 2018

Senza Colbrelli

La squadra ha dovuto rivedere alcuni obiettivi in corsa, come succede quando si incontrano sulla propria strada la sfortuna e quel gruppetto di giovani corridori capaci di ogni impresa. Ma non è un mistero che la primavera del Nord fosse uno dei momenti più attesi e invece l’indisponibilità di Colbrelli ha costretto tutti a rivedere le ambizioni.

«E vero, nella campagna del pavé non abbiamo vinto – prosegue Pellizotti – però abbiamo fatto dei buoni risultati. La mancanza di Sonny è pesata molto sulla squadra. Sostituirlo è difficile, perché Sonny è arrivato da noi quando ancora non era nessuno e doveva ancora esplodere. Poi è cresciuto e purtroppo è mancato adesso che doveva raccogliere i risultati migliori. Prendere un corridore già affermato vorrebbe dire puntare su qualcuno che guadagna un milione e mezzo di euro e che può ottenere i risultati che eravamo arrivati a raggiungere con Colbrelli. Non è possibile, perciò stiamo cercando di lavorare con i giovani, cercando di farli crescere e portarli al livello più alto come con Sonny».

Milan può diventare un velocista come Petacchi e muoversi bene sulle strade del Nord
Milan può diventare un velocista come Petacchi e muoversi bene sulle strade del Nord

Talento Milan

E forse l’uomo c’è e si chiama Jonathan Milan, che lascia intuire potenzialità clamorose ed è per tutti quelli che girano attorno alla squadra un foglio bianco ancora tutto da scrivere.

«Secondo me – ammette sorridendo Pellizotti – Milan è un fenomeno. Anche quest’anno è dovuto star fermo parecchio per problemi fisici, ma appena è rientrato, è andato subito forte. Fisicamente è un portento e deve crescere molto di testa, perché è ancora un ragazzino. Magari a differenza di altri della sua età, lui ha margini veramente pazzeschi. C’è da scoprire quale sia il suo limite, perché può vincere delle volate come Petacchi ed essere un corridore da Belgio. Tanti lo paragonano a Ganna, ma lui fa dei tempi veramente impressionanti per la sua età e in bici ci sa andare, perché nelle volate non ha paura e sa limare molto bene».

La vittoria nella Freccia Vallone, il Tour e poi Teuns è passato alla Israel senza troppi annunci
La vittoria nella Freccia Vallone, il Tour e poi Teuns è passato alla Israel senza troppi annunci

Mistero Teuns

Eppure la vittoria in Belgio è arrivata con Dylan Teuns, che si è imposto sul Muro d’Huy e poi però, forse anche misteriosamente, se ne è andato nel cuore dell’estate raggiungendo la Israel, che forse sperava con un colpo di mercato di raddrizzare la classifica e salvarsi dalla retrocessione.

«Teuns ha fatto il Tour – prova a spiegare Pellizotti, ma si capisce che l’operazione sia passata sopra alle loro teste – e dopo non avrebbe dovuto più fare grandi corse. E’ un corridore che a noi costava tanto, penso fosse il secondo più pagato della squadra. Ha fatto dei grandissimi risultati, ha vinto la Freccia Vallone e sicuramente la Israel avrà gli avrà fatto un’offerta che noi non potevamo pareggiare. E quindi c’è stata questa possibilità per lui e anche per noi. Il fatto che sia andato via ad agosto, ha fatto sì che si siano liberati anche cinque mesi del suo stipendio, da investire nei prossimi anni. Non so se pensassero che avrebbe portato in dote i suoi punti o che ne avrebbe fatti tanti dopo il cambio di squadra, ma se così fosse, hanno fatto male i conti…».

L’uscita di scena di Landa al primo arrivo in salita della Vuelta ha costretto il team a reinventarsi la corsa
L’uscita di scena di Landa al primo arrivo in salita della Vuelta ha costretto il team a reinventarsi la corsa

Rammarico Landa

Il rammarico, se rammarico deve esserci, è doppio ed è legato a Landa e a Fred Wright. Allo spagnolo per il Giro e per la Vuelta, finita di fatto al primo arrivo in salita. Quanto al britannico, se fosse riuscito a vincere la settima tappa della Vuelta dopo la fuga con Herrada, avrebbe salvato il bilancio del team in Spagna e ottenuto la benedetta vittoria che ancora gli manca.

«Eravamo partiti per la Vuelta convinti di poter fare classifica – ricorda Pellizotti – invece sul primo arrivo in salita le abbiamo prese e abbiamo dovuto reinventarci la corsa. Ugualmente Mikel ha dimostrato di andare molto forte a fine stagione. Ha gli stessi valori di cinque anni fa, però è anche vero che nel frattempo sono cresciuti dei giovani molto forti, mentre il ciclismo moderno sta andando avanti a velocità pazzesche. E’ chiaro, col senno di poi, che un po’ di rammarico c’è soprattutto per il Giro, nel non averci provato fin dalla prima settimana. Abbiamo aspettato, mentre lui stava già molto bene e Hindley almeno all’inizio è parso sofferente, poi è andato in crescendo. Crediamo ancora in Landa, ma è chiaro che vincere una grande corsa a tappe è molto difficile, perché nel testa a testa contro certi corridori, a cose normali è difficile spuntarla».

Il terzo posto di Wright a Cistierna nel giorno di Herrada, 7ª tappa della Vuelta, è il rimpianto più grande
Il terzo posto di Wright a Cistierna nel giorno di Herrada, 7ª tappa della Vuelta, è il rimpianto più grande

«Wright secondo me è un altro ragazzo eccezionale – prosegue Pellizotti – l’unico suo problema è che ancora non è riuscito a vincere. Alla Vuelta aveva talmente voglia di alzare le braccia, che ha commesso degli errori. Nel giorno della caduta di Roglic non avrebbe vinto, perché comunque Pedersen era in uno stato di grazia incredibile e ha già fatto un grande numero a rimanere in quel gruppetto. Diciamo invece che la vittoria che si è mangiato è stata quella in cui è arrivata la fuga di cinque e ha vinto Herrada della Cofidis. Se Wright vinceva la tappa, la sua Vuelta sarebbe cambiata. Comunque è un ragazzo di cui si sentirà parlare molto».

Progetto Buratti

Le vacanze di Franco Pellizotti prevedono ora altri viaggi in giro per l’Italia, con il camper che ha comprato, fra le date del cross. Ammette di aver scoperto l’ambiente del fuoristrada solo da poco e di esserne rimasto colpito. L’ultima annotazione è sul giovane Buratti, che meriterebbe di passare professionista, per il quale si sta invece pianificando il passaggio nel 2024, dopo un altro anno da trascorrere al Cycling Team Friuli.

«So che non è facile aspettare quando sei convinto di aver meritato di passare – dice – immagino che fare un’altra stagione dopo quella che ha fatto non sia neanche semplice. Cercheremo di trovargli nuovi stimoli affinché quest’anno possa crescere ancora e far sì che quando arriverà tra noi, sia già pronto a correre tra i professionisti».

Landa li ha visti scappare. Ma si è preso il podio con i denti

08.10.2022
4 min
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Si staccava e rientrava. Sempre mani basse, sempre composto e sempre a tutta. Mikel Landa riesce a trovare l’ennesima buona prestazione. Peccato per lui che sulla sua strada incontri ogni volta qualche fenomeno. Se ci fosse un “Giro della regolarità” lui sarebbe di certo in maglia rosa.

A Como il corridore della Bahrain-Victorious agguanta un terzo posto che dà speranza per l’inverno. Dà morale. E’ una piccola gioia. Alla fine è su un podio importante, in una classica monumento tra un fenomeno, Pogacar, e un gran corridore, Mas.

Landa (classe 1989) con il suo stile impeccabile in salita. Dopo la Vuelta il basco era tornato in corsa al Gran Piemonte
Landa (classe 1989) con il suo stile impeccabile in salita. Dopo la Vuelta il basco era tornato in corsa al Gran Piemonte

Fiducia in Landa

«Io ci credevo – racconta dopo la corsa Alberto Volpi, diesse della Bahrain – Ci credevo perché sapevo che stava bene. L’ho visto dopo la ricognizione fatta nei primi giorni della settimana. Avevo fiducia in lui. E a chi mi chiedeva chi vincesse rispondevo: “Occhio a Landa”. E mi guardavano storto».

«Tutti noi eravamo per Mikel – dice Edoardo Zambanini, soddisfatto per aver concluso la sua prima classica monumento – io dovevo stargli vicino fino al Ghisallo e invece sono arrivato fin sotto il San Fermo. In corsa mi diceva che stava bene. Gli ho dato da mangiare, più di qualche volta sono andato all’ammiraglia a prendere l’acqua. Sapevamo che Mikel c’era e per questo eravamo motivato anche noi».

Edoardo Zambanini (classe 2001) è stato vicino a Landa ben oltre il Ghisallo
Edoardo Zambanini (classe 2001) è stato vicino a Landa ben oltre il Ghisallo

Preparazione ok

Nel finale i due davanti giocavano un po’ come il gatto col topo. Acceleravano e si fermavano e, come detto, Mikel rientrava. Anche mentalmente non è facile. Perché se è vero che tu stai bene, è anche vero che ci sono due che ne hanno più di te.

«Poteva essere frustrante questa situazione – spiega Volpi – ma Mikel è stato a bravo a stare lì con la testa, ad avere i nervi saldi. Io per radio gli davo dei riferimenti, dei distacchi… ma neanche più di tanto, perché comunque in certe situazioni il corridore va lasciato concentrato».

«Da parte mia sono molto contento – ha spiegato Landa – ho cercato di arrivare qui al Giro di Lombardia al meglio. Mi sono ritrovato tra Pogacar e Mas, sapevo che ne avevano di più e ho cercato di fare la mia corsa e di dare il massimo».

«Il suo podio – riprende Volpi – Mikel lo ha conquistato sul Civiglio, salita durissima, perché restare con quei due lassù significava appunto salire sul podio. E non era così scontato. Andare come è andato lui su quella salita significa stare bene davvero.

«Anche per questo voglio fare un plauso alla squadra, che a ha lavorato bene, e al preparatore che è riuscito a portarlo in condizione. Dopo la Vuelta Mikel non aveva più corso. Avevamo pensato alla CRO Race, ma ci era sembrata troppo impegnativa. Così ha corso solo giovedì scorso al Gran Piemonte».

Landa con Pogacar e Mas. Loro due erano su un altro pianeta a sua volta lui ha fatto il vuoto su tutti gli altri

La Bahrain c’è

Lasciare dietro il vincitore del Tour de France, staccare tanti altri bravi corridori per un ragazzo che non metteva il numero sul dorsale da tanto tempo, eccezion fatta per il Gran Piemonte, non era scontato per Volpi. 

E tutto sommato il diesse non aveva torto in quanto abbiamo visto che i più forti hanno gareggiato parecchio in questo scorcio di stagione. Il ritmo nelle gambe, tra l’altro quello esplosivo delle corse di un giorno, c’era eccome. E quando si scatta con violenza la differenza si sente.

«Vorrei aggiungere una cosa – sottolinea Volpi – abbiamo iniziato le classiche monumento con una vittoria, quella di Mohoric alla Sanremo a marzo, e la chiudiamo con un podio in un altra classica monumento. Questo significa che la Bahrain Victorious c’è. E’ sul pezzo».