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Pellizotti su Landa gregario: «Una scelta che capisco»

22.09.2023
6 min
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Perché un corridore come Mikel Landa, che ha ancora le gambe per arrivare quinto alla Vuelta, di colpo si converte in gregario e passa con Evenepoel? La domanda ce la siamo fatta un po’ tutti e così a un certo punto c’è venuto in mente di porla a Franco Pellizotti, che Landa ha guidato nella corsa spagnola. Anche se di recente il basco è parso meno incisivo, è un fatto che quando trova la condizione sia fra i pochi a cambiare gli equilibri delle corse in montagna. Forse alla Soudal-Quick Step avrà i suoi spazi, ma il passaggio nella squadra belga lo rimette al servizio di qualcuno più grande di lui, come inizialmente fu con Nibali e poi parzialmente con Aru.

«Mikel – dice Pellizotti – ha dimostrato di essere uno dei primi fra i… normali. All’inizio sembrava quasi che avessero trovato l’accordo per restare con noi, ma alla fine è possibile che la scelta di andare con Remco sia stata dettata dalla voglia di avere un po’ meno pressione. Qua era il nostro leader, entrare nella squadra che ha un capitano come Evenepoel, che sta dimostrando di essere uno tra i più forti al mondo, gli permetterà di fare un lavoro che conosce bene. Quindi è una scelta che capisco e magari posso anche condividere…».

Pellizotti, Landa e Gradek dopo l’arrivo sul Tourmalet: per Mikel quel giorno un ottimo 7° posto
Pellizotti, Landa e Gradek dopo l’arrivo sul Tourmalet: per Mikel quel giorno un ottimo 7° posto
Landa è stato con voi per quattro anni, secondo te è riuscito a esprimere tutto il suo potenziale o la sfortuna in certe occasioni l’ha frenato?

Prima ho corso contro di lui, poi da direttore sportivo l’ho avuto come corridore. Devo dire che secondo me nella sua carriera avrebbe potuto fare molto di più. Ma lui è così, non per niente tantissima gente gli vuole bene per il suo modo di essere: il famoso “landismo”. Mikel è questo e non puoi farci niente, però ha doti che non hanno nulla da invidiare a quelle di Vingegaard e Roglic. Magari ha il punto debole della cronometro, però in salita ha delle doti fantastiche.

Che cosa significa che Mikel è questo e non ci si può fare niente?

Lo vedo come un’artista. Ha le sue idee, non è un corridore come il ciclismo moderno vorrebbe. Non fa diete assolute e ferree, è ancora un corridore vecchio stile. Gli piace godersi la vita, la famiglia, gli amici e questo magari lo porta ad arrivare alle corse non ai livelli che vediamo al giorno d’oggi.

Perché dici di condividere la sua scelta?

Perché per questo suo modo di essere, va bene così. Con quel ruolo riuscirà a vivere un po’ meglio come qualità della vita. Condivido la scelta perché comunque, per quello che dice, stiamo parlando degli ultimi anni della sua carriera. Oddio, quando vai a metterti a disposizione di un corridore come Remco (senza togliere che anche lui potrà togliersi altre soddisfazioni in corse dove magari l’altro non ci sarà), comunque dovrà essere a livelli altissimi. Se andiamo a vedere, l’ultimo uomo dei leader della Jumbo-Visma ha appena vinto la Vuelta. Oggi l’ultimo uomo di un grande capitano fa il lavoro quando davanti restano veramente pochi, quindi devi essere a livelli molto alti. Mikel riesce ancora a farlo.

Sul traguardo dell’Angliru, Landa e Kuss sono arrivati insieme, a 19 secondi da Roglic
Sul traguardo dell’Angliru, Landa e Kuss sono arrivati insieme, a 19 secondi da Roglic
Tu passasti al servizio di Nibali che ormai avevi 38 anni, ci sono punti di contatto?

Non troppi, Mikel è ben più giovane e con altre qualità. Lui non vede ancora tanti anni di ciclismo davanti a sé, ma tra il dire e il fare passa veramente tanto. Perché adesso la vede così, poi va a lavorare per un leader e magari scopre gli stimoli per andare avanti qualche anno in più.

Gli pesava fare il leader?

Non so neanch’io se sia stato questo. Sinceramente non mi aspettavo che andasse via, ma pensandoci le opzioni erano due. Quella che ha scelto, oppure restare qui facendo il leader e un po’ la chioccia per i giovani. Mi avrebbe stupito di più se avesse scelto di andare a fare il leader in un’altra squadra, alla Lidl o alla AG2R come si era sentito dire. Quello mi avrebbe colpito di più, perché ci ha sempre detto che qui alla Bahrain Victorious si trovava bene. La scelta di andare alla Soudal-Quick Step ha un senso.

Cosa vi lascia Mikel?

Domenica sera, dopo l’ultima tappa abbiamo cenato a Madrid. E Milan Erzen, il nostro capo, ha preso la parola e lo ha ringraziato molto. A questa Vuelta non era arrivato in grandissima forma, però ha dimostrato ancora una volta di aver avuto carattere e di aver lottato fino alla fine. Giorno dopo giorno è stato un esempio per i giovani che c’erano in squadra, il nostro Antonio Tiberi, Govekar e anche Buitrago. Ogni giorno prendeva la parola anche lui dopo le riunioni, quindi è uno che ci metteva del suo anche nella gestione della squadra.

Tirato da Caruso, con Vingegaard a ruota: le prestazioni di Landa in salita sono ancora eccellenti
Tirato da Caruso, con Vingegaard a ruota: le prestazioni di Landa in salita sono ancora eccellenti
Proprio alla Vuelta è andato forte all’Observatorio Astrofisico della sesta tappa e anche sull’Angliru, un fatto di motivazioni o di condizione in arrivo?

Ha sofferto nella prima settimana, perché non è arrivato al 100 per cento per problemi di stomaco. Sapevamo che si era allenato bene, era anche andato a provare alcune tappe, però fisicamente non era al massimo. Per cui nella prima settimana siamo andati un po’ cauti, poi piano piano è cresciuto. E’ entrato nella fuga dei 40 corridori con Kuss, recuperando quello che aveva perso nel primo arrivo in salita ad Andorra. Poi ha fatto una bella cronometro: visto il percorso, una delle più belle della sua carriera. E alla fine ha dimostrato di essere un corridore di fondo. La tappa del Tourmalet è stata dura, corsa a velocità molto alte. Nel finale non usciva più la differenza fra chi aveva 7 watt/kg e gli altri, ma chi aveva più fondo. Lui ha sempre sofferto le tappe piatte con l’arrivo in salita, perché non è esplosivo come gli altri. Però nelle tappe impegnative ha dimostrato di avere ancora grandi attitudini nel soffrire e sempre la solita classe.

Che bilancio fai della vostra Vuelta?

Lo ripeto: la prima settimana abbiamo sofferto perché i ragazzi non andavano come volevamo, però piano piano sono cresciuti. Siamo riusciti a mantenere la calma e nella terza settimana sono usciti molto bene. Tiberi è un ragazzo su cui stiamo lavorando molto e abbiamo visto dei miglioramenti grandissimi dalla prima all’ultima tappa, non solo a livello fisico, ma anche a livello tattico. Abbiamo dovuto lavorare molto per fargli capire che ogni tappa ha una logica e che noi partiamo sempre con un copione diverso. All’inizio aveva qualche difficoltà a entrare in questi meccanismi, correva sempre molto lontano dai suoi compagni. Invece piano piano, anche con l’aiuto di Damiano Caruso (lo abbiamo messo in camera con lui proprio per questo) è venuto fuori. Siamo molto felici. Quello che è riuscito a fare è solo l’inizio di quello che ci aspettiamo da lui. E poi la vittoria di Wout Poels…

Dalla Vuelta al Tour (nella foto) i tifosi amano Landa: il “landismo” è quasi una filosofia di vita
Dalla Vuelta al Tour (nella foto) i tifosi amano Landa: il “landismo” è quasi una filosofia di vita
Importante?

Ha vinto la tappa numero 20, che per noi è stata la ciliegina sulla torta. Abbiamo fatto un’ottima terza settimana, ma col fatto che Evenepoel era uscito di classifica, ce lo trovavamo sempre nelle fughe e non era facile. Come non era facile, quando arrivavi in gruppo sotto le salite, battere quelli della Jumbo. Caruso ha fatto un ottimo secondo posto, ma la vittoria di Poels è stata importante perché, dopo aver vinto due tappe al Giro e tre al Tour, finire la Vuelta senza vincerne una sarebbe stato brutto. Ce l’abbiamo messa tutta, è stata sofferta, ma siamo tornati a casa finalmente soddisfatti.

Caruso torna a scuola, prepara la Vuelta e pensa a Mader

11.07.2023
5 min
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Smaltite le ultime fatiche del Giro d’Italia, Damiano Caruso si è fermato per un po’ ed ha recuperato in vista dei prossimi impegni. Il corridore siciliano ora si trova con i propri compagni di squadra a Livigno, in altura si allena e prepara la seconda parte di stagione. Intanto i ragazzi del Team Bahrain Victorious seguono le fatiche dei compagni impegnati al Tour de France

«Oggi (domenica, ndr) Mohoric ci ha provato – dice Caruso – ha fatto una bella tappa, alla fine ha vinto uno scalatore vero: Woods. Michelino (Landa, ndr) ha preso un’altra batosta, forse gli conviene azzerare tutto e provare a vincere una tappa. Quest’anno sto vivendo un Tour da appassionato, non l’ho studiato molto, mi metto davanti allo schermo e dico: “Vediamo cosa c’è oggi”. Però una tappa me la ricordo, quella del Col de la Loze, con arrivo a Courchevel. Lì Mikel lo vedo bene».

Landa domenica sul traguardo di Puy de Dome ha pagato 3 minuti a Pogacar e Vingegaard ora il distacco in classifica è di 9’09”
Landa domenica sul traguardo di Puy de Dome ha pagato 3 minuti a Pogacar e Vingegaard ora il distacco in classifica è di 9’09”

Ritorno a scuola

Damiano Caruso, però, prima di attraversare lo Stivale in direzione Livigno, si è reso protagonista di un bel gesto nella sua Ragusa. Il siciliano è tornato tra i banchi di scuola, per affiancare un ragazzo al suo esame di terza media. Il motivo? Il protagonista di questa tesina era Caruso stesso. 

«In quella scuola, l’Istituto Comprensivo Vann’Antò di Ragusa – racconta Caruso – mi ero diplomato anche io, ormai 20 anni fa. Un mesetto fa mi ha contattato un professore chiedendomi se avessi voluto presenziare all’esame di questo ragazzo che aveva scelto me come protagonista del suo esame. Il professore stesso è un appassionato di ciclismo e, nel momento in cui questo ragazzo ha voluto fare una tesina sullo sport, è venuto fuori il mio nome. Sono uno dei pochi corridori che è rimasto a vivere nella città dove è nato e questo mi ha reso lo sportivo di riferimento. Quando mi è stata comunicata la scelta del ragazzo, presenziare al suo esame mi è sembrato bello». 

Caruso durante la discussione della tesina insieme al ragazzo ed al professore che li ha messi in contatto
Caruso durante la discussione della tesina insieme al ragazzo ed al professore che li ha messi in contatto
Com’è stato vedersi raccontato in un contesto così?

Parecchio emozionante, devo ammetterlo. Il ragazzo ha raccontato la mia carriera collegandola alle materie di studio. Per esempio con geografia ha unito le mie sei partecipazioni al Tour de France. Personalmente è stato un momento particolare, quando un ragazzo sceglie te come riferimento positivo è bello. Non tanto per me, ma per il fatto di scegliere uno sportivo, uno stile di vita sano, fatto di sacrifici e passione. 

Ti ha fatto qualche domanda?

Era molto curioso sul mio stile di vita, mi ha chiesto come gestisco l’alimentazione e in che modo mi alleno. Ha voluto sapere quanti chilometri faccio in un anno, siamo passati anche alle domande in inglese. Alla fine la mia carriera è stata un filo rosso all’interno del suo esame, non ho potuto far altro che ringraziarlo per avermi scelto. Gli ho anche fatto una promessa. 

Il quarto posto al Giro d’Italia ha lasciato il sorriso e tanta soddisfazione nel siciliano
Il quarto posto al Giro d’Italia ha lasciato il sorriso e tanta soddisfazione nel siciliano
Quale?

A fine stagione cercherò di contattarlo nuovamente e magari faremo una pedalata insieme. Ci siamo salutati così, con i complimenti da parte mia ed un sincero ringraziamento.

Quindi il ragazzo va in bici?

No, la cosa bella è proprio questa. Ha scelto me nonostante lui non vada in bici. Per me è stato un motivo di riflessione e di “vanto” perché il ragazzo ha scelto una figura sana e professionale. Nella mia carriera ho sempre pensato che lavoro, sacrificio e dedizione valgono per la vita di tutti i giorni. Non è una scelta facile che porta al risultato, ma tutto arriva dopo un lungo lavoro. 

A proposito di lavoro, tu ora stai preparando la seconda parte di stagione, come procede?

Dopo il Giro mi sono fermato per un mese, non ne sono uscito troppo stanco, infatti dopo una settimana senza bici sono tornato a pedalare. La cosa importante era mantenere un filo di condizione per arrivare a questo ritiro in buona forma. Il 21 torniamo a casa e poi partirò per il Tour de Pologne, la Vuelta a Burgos ed infine la Vuelta Espana. 

Fare due grandi corse a tappe era in programma fin da inizio stagione?

Ne avevamo parlato con la squadra fin dall’inverno. Come corridore riesco ad esprimermi al meglio nelle corse a tappe. Ad aprile e maggio ho fatto terzo al Romandia e poi quarto al Giro, quindi abbiamo avuto la conferma di ciò. Ora lavoriamo per avere un secondo picco di forma e andremo alla Vuelta, ma lo dico subito: non curerò la classifica. Punterò a qualche tappa, alla mia età è difficile curare la classifica in due grandi Giri. 

Alla presentazione del Tour de France si è ricordato ancora Gino Mader, una ferita ancora aperta nei cuori dei suoi compagni di squadra
Alla presentazione del Tour de France si è ricordato ancora Gino Mader, una ferita ancora aperta nei cuori dei suoi compagni di squadra
Sarai in supporto a qualcuno?

Difficile dirlo prima che finisca il Tour, magari Landa virerà sulla Vuelta, ma non possiamo ancora dirlo. Oppure i leader saranno Tiberi e Buitrago. Fa male dirlo: anche Mader avrebbe potuto curare la classifica…

Com’è stato ripartire dopo quella tragedia?

La botta morale è stata profonda, noi corridori siamo abituati a salutarci e rivederci dopo settimane o mesi. Il cervello fa fatica a realizzare che Gino non lo vedrò mai più. Anche ora che siamo in ritiro la mia mente dice: «Non c’è perché sta correndo da qualche parte». Poi però quando sei fermo realizzi e rischi di impazzire. Anche semplicemente leggere la dedica sulla maglia mi fa venire un magone incredibile. E’ triste, ma il fatto che non ci sia più è da accettare.

Landa e Pello, patto fra baschi per il podio e per Mader

01.07.2023
4 min
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BILBAO – Sono i padroni di casa, i corridori più attesi su queste strade, le loro. Parliamo di Mikel Landa e Pello Bilbao. Davanti al loro hotel c’è più gente che negli altri. Nei Paesi Baschi il ciclismo è tradizione vera, inoltre i baschi sono molto campanilisti. Solo qualche lustro fa lottavano per l’indipendenza dalla corona di Madrid, tanto per rendere l’idea.

Addirittura Landa stesso nel 2018 aveva di fatto “comprato” la Euskaltel-Euskadi, in crisi finanziaria, pur di salvare la squadra di casa, quella dove era cresciuto. Poi l’Uci aveva decretato incompatibile questa manovra con l’essere un corridore professionista e lui aveva dovuto lasciare la presidenza. Ma questo ci dice quanto i baschi siano attaccati ai loro valori e al loro territorio.

Sul Pike quante scritte per Landa (e a fianco anche per Pello Bilbao)
Sul Pike quante scritte per Landa (e a fianco anche per Pello Bilbao)

Un vittoria per Gino

Pello e Mikel, Mikel e Pello, carriere incrociate sin da bambini per questi due formidabili atleti della Bahrain-Victorious. Ieri alcuni ragazzini del team giovanile Zorri Bike li aspettavano sul Pike, il muro che con ogni probabilità deciderà la frazione inaugurale del Tour de France.

I due non arrivano col morale alto a questo appuntamento. La morte del compagno Gino Mader è stata una vera pugnalata, specie per Pello Bilbao, che era in corsa con lui. «Per alcuni giorni tutto aveva perso senso – ha detto Pello – poi siamo tornati a casa e con il calore della famiglia le cose sono migliorate.

«Stare qui, con tutta questa gente è incredibile. Neanche in un sogno avrei pensato di avere questa possibilità».

Pello non lo dice apertamente, ma darebbe l’anima pur di vincere oggi. Anche più di Landa. Lui è veramente di casa. Il Pike era la sua palestra naturale quando era bambino. «Ci sono tanti motivi per vincere domani (oggi, ndr), uno più importante dell’altro».

Pello Bilbao (classe 1990) ha accusato non poco la morte di Mader. Per lui ha avviato una raccolta fondi al Tour
Pello Bilbao (classe 1990) ha accusato non poco la morte di Mader. Per lui ha avviato una raccolta fondi al Tour

Troppo realismo?

I due si aiuteranno, come del resto fanno da anni. Si spartiscono i ruoli alla bisogna. Generalmente Landa, il più solido, è leader nelle corse maggiori e anche stavolta sarà così.

I due però nella conferenza stampa di ieri sono stati (forse) sin troppo realistici. «Sappiamo che è dura e che ci sono due corridori nettamente favoriti. Noi proveremo a puntare al podio», queste in sintesi le loro parole. Al che, abbiamo provato ad incalzarli mettendogli sul piatto l’ipotesi di un attacco a sorpresa, magari anche in tappe inaspettate, proprio perché “quei due” sono più forti.

«Vediamo, magari proverò ad inserirmi in qualche attacco, ma le imboscate vanno fatte sempre nel rispetto del fair play», ha detto Landa. Ancora più categorico Bilbao. «Attacchi a sorpresa? Difficile ipotizzarli in questo ciclismo, soprattutto nelle prime tappe». 

E allora si parte così: con tanta voglia di fare – Landa ha detto chiaramente che proveranno a vincere con Bilbao… a Bilbao – ma anche con tanta consapevolezza che si lotterà per un piazzamento e non per la vittoria.

Un vero boato ha accolto i due beniamini di casa durante la presentazione delle squadre
Un vero boato ha accolto i due beniamini di casa durante la presentazione delle squadre

Landa determinato

«Io sto bene e darò il massimo. Per me, che spesso mi sono concentrato sul Giro d’Italia, quest’anno è stato diverso. Ho corso poco e quindi ho fatto una preparazione differente, ma credo di essere pronto a questa sfida. Sul duello con Vingegaard e Pogacar… proverò a seguirli in salita.

«Sono tanti che vogliono il podio, noi – ha proseguito Mikel – dobbiamo essere bravi a non commettere errori e soprattutto a salvarci nei giorni storti».

E a proposito di preparazione, Landa quest’anno ha davvero cambiato le carte in tavola. Ha corso molto nella prima parte di stagione. Poi si è fermato del tutto. Ha ripreso al Delfinato, ma non è andata bene. Ha incassato quasi 13′ da Vingegaard.

«Sapevo di non stare ancora bene – aveva detto Landa dopo la gara francese – non correvo da mesi e mi serviva quel tipo di fatica. E’ stata una settimana dura ma necessaria in vista del Tour».

Infine si è parlato di cronometro, in particolare dei pochi chilometri contro il tempo che ci sono in questo Tour de France.

Giusto due giorni fa, il suo grande connazionale Miguel Indurain ospite d’onore qui a Bilbao, aveva detto che non va bene che ci siano ormai crono così corte e così poche per numero. Queste servono per lo spettacolo.

Ebbene ieri Landa è andato nella parte opposta: «Sono contento che di crono ce ne sia poca e tra l’altro quella che c’è in questo Tour è anche dura. Questo può essere un vantaggio davvero importante per me pensando al podio». Insomma, ognuno tira l’acqua al suo mulino. Vedremo come andrà questa ennesima occasione per Mikel. Il patto con il suo alleato basco è saldo.

Il Tour nei Paesi Baschi. Astarloa, che cosa ci aspetta?

27.06.2023
5 min
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Spesso il Tour de France è partito dall’estero, ma mai c’è stata una tale frenesia come in queste giornate di attesa che si stanno vivendo nei Paesi Baschi. Le ragioni sono tante, probabilmente affondano nella storia stessa di questo territorio disegnato fra le cime dei Pirenei, sempre una terra di mezzo, un po’ di qua e un po’ di là, ma con una fortissima base identitaria.

I Paesi Baschi hanno sempre avuto un rilevante peso nel mondo delle due ruote, basti pensare alle tante gare che vi si svolgono (non è un caso se l’unica gara spagnola in linea del WorldTour sia a San Sebastian), e ai tanti campioni usciti da queste strade. Uno di loro è ben conosciuto anche dalle nostre parti, Igor Astarloa campione del mondo nel 2003.

«La partenza del Tour risponde a una richiesta della gente basca che proviene da molto lontano – testimonia Astarloa – possiamo dire che finalmente è stata esaudita. Le gare basche sono sempre popolate da tantissimi tifosi e posso solo immaginare quanti saranno sulle strade ad applaudire i vari Vingegaard, Pogacar e tutti gli altri, sperando magari che qualche spagnolo possa far sognare».

Igor Astarloa, pro’ dal 2000 al 2009, iridato nel 2003 e vincitore della Freccia Vallone nello stesso anno
Igor Astarloa, pro’ dal 2000 al 2009, iridato nel 2003 e vincitore della Freccia Vallone nello stesso anno
Che significa per la gente locale l’arrivo della Grande Boucle?

E’ una festa che si protrarrà per più giorni ed è poco importante che questa comporti anche qualche disagio, considerando l’imponenza della carovana, che comporta chiusura delle strade ore se non giorni prima del suo passaggio. Nessuno si lamenta, tutti sono anzi contenti che ciò accada perché è gratificante in un territorio dove il ciclismo ha sempre avuto grande tradizione. Non a caso, tra le 66 vittorie di tappa spagnole al Tour, ben 21 sono basche.

Com’è la situazione sociale nei Paesi Baschi, c’è ancora tensione con il governo centrale?

La situazione è molto migliorata, non ci sono più gli attacchi terroristici dell’Eta e attraverso le trattative si è arrivati ad avere una notevole autonomia che ha calmato molti “bollori”. Il popolo basco vuole semplicemente riconosciuta la sua identità, che si esprime attraverso una lingua e una cultura proprie.

Il Tour prenderà il via il 1° luglio con la tappa da Bilbao a Bilbao di 182 chilometri
Il Tour prenderà il via il 1° luglio con la tappa da Bilbao a Bilbao di 182 chilometri
E’ un territorio di frontiera, legato anche alla stessa Francia…

Sicuramente, anzi in Francia ci sono tre territori dove si parla l’euskadi. C’è una divisione per Nazioni, ma la gente è la stessa, c’è grande affinità. L’arrivo del Tour de France serve anche per rappresentare questa affinità fra le due nazioni confinanti attraverso un territorio particolare come quello dei Pirenei.

Parlavi di tradizione ciclistica, noi siamo abituati alla squadra dell’Euskaltel che era una sorta di nazionale basca, ma come mai il corrispettivo femminile è invece una multinazionale?

Bella domanda, la risposta è nella relativa giovinezza del movimento ciclistico femminile. Non ci sono abbastanza ragazze nei Paesi Baschi che fanno ciclismo, ma senza una squadra propria non avrebbero possibilità di approdare alla massima serie. Il calendario femminile è ricco forse ancor più di quello maschile, eppure le praticanti sono molte meno, le squadre hanno bisogno di forze fresche per sostenere l’attività. Era quindi necessario fare dell’Euskaltel femminile una formazione multinazionale, ma comunque con una forte presenza di atlete locali.

Tappa molto dura anche il secondo giorno con arrivo a San Sebastian dopo 209 chilometri (foto Cor Vos)
Tappa molto dura anche il secondo giorno con arrivo a San Sebastian dopo 209 chilometri (foto Cor Vos)
La tradizione ciclistica locale è sempre forte?

Sì, attualmente però ci sono molti meno talenti che emergono. Il ciclismo nei Paesi Baschi vive un momento di difficoltà che mi ricorda molto quello che si vive in Italia: mancano i talenti e questo dipende da molti fattori. E’ vero che c’è una squadra come l’Euskaltel, ma è pur sempre una formazione minore e la Movistar, squadra spagnola, non basta. Parlando però di tradizione mi viene in mente, per fare un paragone, la Lombardia. Quando sono passato professionista le grandi squadre italiane venivano da lì, io mi trasferii sapendo di trovare la patria del ciclismo. Vivete un po’ il momento che viviamo noi che ci affidiamo ancora a Landa, Bilbao, i fratelli Izagirre. Ma questo si vede anche sul piano dell’organizzazione: avevamo gare giovanili con oltre 300 corridori, ora arriviamo a meno di 150. Soffriamo un po’ meno a livello nazionale, grazie all’emergere di talenti come Ayuso e Rodriguez.

Che percorsi troveranno i corridori al loro avvio?

Oltre 3.000 metri di dislivello. Mai una prima tappa del Tour è stata così difficile e questo mi dà da pensare. Temo che ci saranno cadute, perché tutti vorranno stare davanti sapendo che già la prima tappa è così importante: non dico decisiva, ma poco manca. E’ un Tour atipico, prima si partiva col cronoprologo e tappe piane, ora subito salita, ma d’altronde nei Paesi Baschi pianura non ce n’è…

Mikel Landa affronta il suo sesto Tour, dopo essere stato 4° nel 2017 e nel 2020
Mikel Landa affronta il suo sesto Tour, dopo essere stato 4° nel 2017 e nel 2020
Un corridore come Astarloa come si sarebbe trovato nel ciclismo attuale?

Bè, in Spagna oggi un corridore con le mie caratteristiche non c’è. Io ero corridore da classiche e fui fortunato a non finire alla Banesto o alla Once che erano squadre da corse a tappe. Fui fortunato soprattutto a trovare Leali prima e Martinelli dopo, che credettero in me. Martino soprattutto mi portò alla Mercatone di Pantani facendomi crescere con calma. Non ho vinto molto, ma ho coronato il mio sogno: la maglia iridata. E posso aggiungere una cosa?

Prego…

Anche la mia maglia è esposta al Museo San Mames, inaugurato quest’anno per il 120° anniversario dell’Atletico Bilbao. Pochi sanno che la squadra calcistica aveva anche una sezione ciclistica e nel museo ci sono cimeli della storia del ciclismo basco. Sarà aperto proprio per l’arrivo del Tour, a disposizione di tutti gli appassionati.

Landa, i piedi per terra e la testa sulle spalle

10.12.2022
4 min
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Anche se per il 2023 ha scelto il Tour, resta il fatto che il 2022 di Mikel Landa sia stato soprattutto un affare italiano. Nel 67 giorni di corsa della passata stagione, gli unici lampi e piazzamenti degni di nota sono venuti infatti fra Tirreno, Giro e Lombardia: chiusi tutti al terzo posto, con sensazioni di vario colore. Martedì sulla sua torta ci saranno 33 candeline e probabilmente il tempo dei grandi sogni si sta concludendo, ma prima di darlo per morto bisognerebbe soffermarsi sui dati. E i dati dicono che le prestazioni di Landa in salita sono fra le migliori di sempre. Ma se fino a qualche anno fa bastavano per tenere testa a Contador, Aru e Nibali, adesso servono a malapena per arrivare sul podio. Come se salire sul podio del Giro d’Italia fosse un risultato da poco! Questo è il ciclismo di adesso. E se non fai spazio, finisci sotto al treno.

«Tornare al podio del Giro sette anni dopo la prima volta – sorride il basco – è stato importante. Nel 2021 ero fortissimo, ma ebbi una caduta che ha lasciato il discorso incompleto. Il podio mi ha dato la fiducia che posso ancora fare buone cose. C’è poco da cambiare però, la preparazione sarà la stessa. Di diverso c’è che nel 2023 farò il Tour che il prossimo anno sarà meglio del Giro. Un po’ perché è il Tour. Un po’ perché ci sono meno crono. E un po’ perché si parte dai Paesi Baschi, dalle strade di casa».

La Bahrain Victorious tiene ancora le porte chiuse, il media day del primo ritiro si svolge online
La Bahrain Victorious tiene ancora le porte chiuse, il media day del primo ritiro si svolge online

Le porte chiuse

Il primo ritiro della Bahrain Victorious si svolge nuovamente a porte chiuse. Le comunicazioni avvengono in videoconferenza, mentre negli hotel dei dintorni l’andirivieni dei giornalisti è certo regolamentato, ma ben apprezzato. Il ritorno alla normalità ha tempi diversi, bisogna saper aspettare.

«Ho riposato bene – racconta Landa – abbiamo lavorato per recuperare il problema che avevo a livello del gluteo e della spalla, figlio dell’ennesima caduta. Ora sto bene e si è visto già al Lombardia. Il tempo passa e comincio a sentirmi tra i vecchi del gruppo. Proverò di nuovo a stare con il leader che dominano il ciclismo. Il fatto è che sono molto completi e hanno squadre fortissime, per cui l’unica cosa da fare è provarci sempre sperando di riconoscere un loro eventuale giorno nero. Quello è il solo punto debole che hanno: il fatto che sono anche loro umani».

Giro 2022, Landa marca da vicino l’ex compagno Carapaz in rosa, ma da dietro incombe Hindley
Giro 2022, Landa marca da vicino l’ex compagno Carapaz in rosa, ma da dietro incombe Hindley

Fiducia Lombardia

Non cambia la preparazione, si rivedono gli obiettivi. La vittoria manca. Pur avendo conquistato la Vuelta Burgos del 2021, l’ultima volta che Landa ha esultato su un arrivo risale alla Coppi e Bartali del 2019: un tempo eterno. La Spagna fuori è mite, con giornate grigie, ma la colonnina del mercurio intorno ai 15 gradi, che permettono di allenarsi in pantaloncini, mentre in Italia finalmente piove.

«Mi piacerebbe arrivare vicino al podio del Tour – dice – combattere nelle corse di una settimana come i Paesi Baschi, la Tirreno oppure il Catalunya. E finalmente provare a vincere una tappa. Mi manca il fatto di alzare le braccia al cielo. Aver finito il 2022 con il podio del Lombardia è una bella motivazione. E’ stata una corsa di grande livello e mi ha ricordato quale potrebbe essere il mio posto nel gruppo. L’avevo già corso nove volte, quasi ogni anno e mi ero sempre ritirato (lo aveva concluso nel 2013 e nel 2015, ndr). Essere salito sul podio essendomi anche divertito lo inserisce fra i giorni più belli del 2022».

L’ultima vittoria di Landa risale alla Coppi e Bartali 2019, a Sogliano, senza neppure alzare le braccia
L’ultima vittoria di Landa risale alla Coppi e Bartali 2019, a Sogliano, senza neppure alzare le braccia

La nuova Spagna

Ci sarà il Tour dunque e ci saranno le strade di casa, portando la fiaccola del ciclismo spagnolo che con l’addio di Valverde vive un profondo rinnovamento.

«Il Tour parte dai Paesi Baschi – dice e gli brillano gli occhi – sulle nostre strade e davanti al nostro pubblico. Sarà un momento storico. Bello per i tifosi, ma noi corridori avremo i peli dritti sulle braccia. Avrò una doppia motivazione e responsabilità, più di quella che si ha normalmente. Bisognerà farne un vantaggio. Il 2022 è stato un buon anno per il ciclismo spagnolo, dopo che i tifosi si erano ben abituati con Contador, Purito, Valverde, Freire, Samuel Sanchez. Ora ci sono Mas, Ayuso e Rodriguez. Magari non hanno ancora la statura per vincere, ma saranno lì a lottare. Sono sicuro che la passione tornerà presto come prima».

Pellizotti alla Vuelta: «Una grande esperienza, ma che fatica…»

04.11.2022
7 min
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«Non sono molti anni che ho smesso – riflette Pellizotti – anche se il tempo passa. Cerco sempre di portare la calma e la serenità. Noi direttori sportivi che siamo stati anche corridori sappiamo bene che i corridori sono fra l’incudine e il martello. Così, quando le cose non vanno bene e magari dall’alto vogliono i risultati, si cerca comunque di non trasmettere la pressione ai ragazzi. La cosa peggiore quando le cose non vanno bene è scaricare il peso sulla squadra».

Una buona annata

Franco Pellizotti è reduce dalla trasferta toscana in camper, per seguire sua figlia sui campi del ciclocross. Con il 2022 che sta finendo, anche lui si è fermato per tracciare un bilancio della sua stagione come direttore sportivo e quella dei corridori del Team Bahrain Victorious.

«Se lo scorso anno è stata una stagione ottima – dice – quest’anno è stata buona. Le aspettative erano alte, invece il Tour è andato male e la Vuelta così e così. Se andava male anche il finale di stagione, allora c’era un po’ da preoccuparsi. Invece abbiamo finito bene, quindi quel periodo di buco è stato solo un passaggio a vuoto che ci può stare».

Qui Pellizotti è con Miholjevic, team manager del Team Bahrain Victorious
Qui Pellizotti è con Miholjevic, team manager del Team Bahrain Victorious

Il direttore che cresce

Pellizotti cresce assieme ai suoi corridori. E se un paio di anni fa, era venuto fuori che fosse il loro preferito perché lo sentivano molto vicino, oggi è evidente che l’esperienza lo stia spingendo a salire un altro gradino.

«Ogni stagione imparo qualcosa – racconta – e anche quest’anno ho avuto delle bellissime soddisfazioni. Ho sofferto un sacco alla Vuelta e anche questo mi ha fatto crescere molto. Quando vai alle corse e le vinci, come per esempio con Mohoric alla Sanremo, sembra che non ci sia niente di impossibile. Il problema è quando parti con degli obiettivi e alla fine devi cambiarli. Questo mi ha fatto crescere molto. Quando sono tornato a casa dalla Vuelta, mi sono messo lì e ho fatto un ripasso. Dove potevo aver sbagliato, dove le cose sono andate bene e dove male».

Colbrelli è arrivato al Bahrain ancora tutto da costruire: qui con Pellizotti al Tour del 2018
Colbrelli è arrivato al Bahrain ancora tutto da costruire: qui con Pellizotti al Tour del 2018

Senza Colbrelli

La squadra ha dovuto rivedere alcuni obiettivi in corsa, come succede quando si incontrano sulla propria strada la sfortuna e quel gruppetto di giovani corridori capaci di ogni impresa. Ma non è un mistero che la primavera del Nord fosse uno dei momenti più attesi e invece l’indisponibilità di Colbrelli ha costretto tutti a rivedere le ambizioni.

«E vero, nella campagna del pavé non abbiamo vinto – prosegue Pellizotti – però abbiamo fatto dei buoni risultati. La mancanza di Sonny è pesata molto sulla squadra. Sostituirlo è difficile, perché Sonny è arrivato da noi quando ancora non era nessuno e doveva ancora esplodere. Poi è cresciuto e purtroppo è mancato adesso che doveva raccogliere i risultati migliori. Prendere un corridore già affermato vorrebbe dire puntare su qualcuno che guadagna un milione e mezzo di euro e che può ottenere i risultati che eravamo arrivati a raggiungere con Colbrelli. Non è possibile, perciò stiamo cercando di lavorare con i giovani, cercando di farli crescere e portarli al livello più alto come con Sonny».

Milan può diventare un velocista come Petacchi e muoversi bene sulle strade del Nord
Milan può diventare un velocista come Petacchi e muoversi bene sulle strade del Nord

Talento Milan

E forse l’uomo c’è e si chiama Jonathan Milan, che lascia intuire potenzialità clamorose ed è per tutti quelli che girano attorno alla squadra un foglio bianco ancora tutto da scrivere.

«Secondo me – ammette sorridendo Pellizotti – Milan è un fenomeno. Anche quest’anno è dovuto star fermo parecchio per problemi fisici, ma appena è rientrato, è andato subito forte. Fisicamente è un portento e deve crescere molto di testa, perché è ancora un ragazzino. Magari a differenza di altri della sua età, lui ha margini veramente pazzeschi. C’è da scoprire quale sia il suo limite, perché può vincere delle volate come Petacchi ed essere un corridore da Belgio. Tanti lo paragonano a Ganna, ma lui fa dei tempi veramente impressionanti per la sua età e in bici ci sa andare, perché nelle volate non ha paura e sa limare molto bene».

La vittoria nella Freccia Vallone, il Tour e poi Teuns è passato alla Israel senza troppi annunci
La vittoria nella Freccia Vallone, il Tour e poi Teuns è passato alla Israel senza troppi annunci

Mistero Teuns

Eppure la vittoria in Belgio è arrivata con Dylan Teuns, che si è imposto sul Muro d’Huy e poi però, forse anche misteriosamente, se ne è andato nel cuore dell’estate raggiungendo la Israel, che forse sperava con un colpo di mercato di raddrizzare la classifica e salvarsi dalla retrocessione.

«Teuns ha fatto il Tour – prova a spiegare Pellizotti, ma si capisce che l’operazione sia passata sopra alle loro teste – e dopo non avrebbe dovuto più fare grandi corse. E’ un corridore che a noi costava tanto, penso fosse il secondo più pagato della squadra. Ha fatto dei grandissimi risultati, ha vinto la Freccia Vallone e sicuramente la Israel avrà gli avrà fatto un’offerta che noi non potevamo pareggiare. E quindi c’è stata questa possibilità per lui e anche per noi. Il fatto che sia andato via ad agosto, ha fatto sì che si siano liberati anche cinque mesi del suo stipendio, da investire nei prossimi anni. Non so se pensassero che avrebbe portato in dote i suoi punti o che ne avrebbe fatti tanti dopo il cambio di squadra, ma se così fosse, hanno fatto male i conti…».

L’uscita di scena di Landa al primo arrivo in salita della Vuelta ha costretto il team a reinventarsi la corsa
L’uscita di scena di Landa al primo arrivo in salita della Vuelta ha costretto il team a reinventarsi la corsa

Rammarico Landa

Il rammarico, se rammarico deve esserci, è doppio ed è legato a Landa e a Fred Wright. Allo spagnolo per il Giro e per la Vuelta, finita di fatto al primo arrivo in salita. Quanto al britannico, se fosse riuscito a vincere la settima tappa della Vuelta dopo la fuga con Herrada, avrebbe salvato il bilancio del team in Spagna e ottenuto la benedetta vittoria che ancora gli manca.

«Eravamo partiti per la Vuelta convinti di poter fare classifica – ricorda Pellizotti – invece sul primo arrivo in salita le abbiamo prese e abbiamo dovuto reinventarci la corsa. Ugualmente Mikel ha dimostrato di andare molto forte a fine stagione. Ha gli stessi valori di cinque anni fa, però è anche vero che nel frattempo sono cresciuti dei giovani molto forti, mentre il ciclismo moderno sta andando avanti a velocità pazzesche. E’ chiaro, col senno di poi, che un po’ di rammarico c’è soprattutto per il Giro, nel non averci provato fin dalla prima settimana. Abbiamo aspettato, mentre lui stava già molto bene e Hindley almeno all’inizio è parso sofferente, poi è andato in crescendo. Crediamo ancora in Landa, ma è chiaro che vincere una grande corsa a tappe è molto difficile, perché nel testa a testa contro certi corridori, a cose normali è difficile spuntarla».

Il terzo posto di Wright a Cistierna nel giorno di Herrada, 7ª tappa della Vuelta, è il rimpianto più grande
Il terzo posto di Wright a Cistierna nel giorno di Herrada, 7ª tappa della Vuelta, è il rimpianto più grande

«Wright secondo me è un altro ragazzo eccezionale – prosegue Pellizotti – l’unico suo problema è che ancora non è riuscito a vincere. Alla Vuelta aveva talmente voglia di alzare le braccia, che ha commesso degli errori. Nel giorno della caduta di Roglic non avrebbe vinto, perché comunque Pedersen era in uno stato di grazia incredibile e ha già fatto un grande numero a rimanere in quel gruppetto. Diciamo invece che la vittoria che si è mangiato è stata quella in cui è arrivata la fuga di cinque e ha vinto Herrada della Cofidis. Se Wright vinceva la tappa, la sua Vuelta sarebbe cambiata. Comunque è un ragazzo di cui si sentirà parlare molto».

Progetto Buratti

Le vacanze di Franco Pellizotti prevedono ora altri viaggi in giro per l’Italia, con il camper che ha comprato, fra le date del cross. Ammette di aver scoperto l’ambiente del fuoristrada solo da poco e di esserne rimasto colpito. L’ultima annotazione è sul giovane Buratti, che meriterebbe di passare professionista, per il quale si sta invece pianificando il passaggio nel 2024, dopo un altro anno da trascorrere al Cycling Team Friuli.

«So che non è facile aspettare quando sei convinto di aver meritato di passare – dice – immagino che fare un’altra stagione dopo quella che ha fatto non sia neanche semplice. Cercheremo di trovargli nuovi stimoli affinché quest’anno possa crescere ancora e far sì che quando arriverà tra noi, sia già pronto a correre tra i professionisti».

Landa li ha visti scappare. Ma si è preso il podio con i denti

08.10.2022
4 min
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Si staccava e rientrava. Sempre mani basse, sempre composto e sempre a tutta. Mikel Landa riesce a trovare l’ennesima buona prestazione. Peccato per lui che sulla sua strada incontri ogni volta qualche fenomeno. Se ci fosse un “Giro della regolarità” lui sarebbe di certo in maglia rosa.

A Como il corridore della Bahrain-Victorious agguanta un terzo posto che dà speranza per l’inverno. Dà morale. E’ una piccola gioia. Alla fine è su un podio importante, in una classica monumento tra un fenomeno, Pogacar, e un gran corridore, Mas.

Landa (classe 1989) con il suo stile impeccabile in salita. Dopo la Vuelta il basco era tornato in corsa al Gran Piemonte
Landa (classe 1989) con il suo stile impeccabile in salita. Dopo la Vuelta il basco era tornato in corsa al Gran Piemonte

Fiducia in Landa

«Io ci credevo – racconta dopo la corsa Alberto Volpi, diesse della Bahrain – Ci credevo perché sapevo che stava bene. L’ho visto dopo la ricognizione fatta nei primi giorni della settimana. Avevo fiducia in lui. E a chi mi chiedeva chi vincesse rispondevo: “Occhio a Landa”. E mi guardavano storto».

«Tutti noi eravamo per Mikel – dice Edoardo Zambanini, soddisfatto per aver concluso la sua prima classica monumento – io dovevo stargli vicino fino al Ghisallo e invece sono arrivato fin sotto il San Fermo. In corsa mi diceva che stava bene. Gli ho dato da mangiare, più di qualche volta sono andato all’ammiraglia a prendere l’acqua. Sapevamo che Mikel c’era e per questo eravamo motivato anche noi».

Edoardo Zambanini (classe 2001) è stato vicino a Landa ben oltre il Ghisallo
Edoardo Zambanini (classe 2001) è stato vicino a Landa ben oltre il Ghisallo

Preparazione ok

Nel finale i due davanti giocavano un po’ come il gatto col topo. Acceleravano e si fermavano e, come detto, Mikel rientrava. Anche mentalmente non è facile. Perché se è vero che tu stai bene, è anche vero che ci sono due che ne hanno più di te.

«Poteva essere frustrante questa situazione – spiega Volpi – ma Mikel è stato a bravo a stare lì con la testa, ad avere i nervi saldi. Io per radio gli davo dei riferimenti, dei distacchi… ma neanche più di tanto, perché comunque in certe situazioni il corridore va lasciato concentrato».

«Da parte mia sono molto contento – ha spiegato Landa – ho cercato di arrivare qui al Giro di Lombardia al meglio. Mi sono ritrovato tra Pogacar e Mas, sapevo che ne avevano di più e ho cercato di fare la mia corsa e di dare il massimo».

«Il suo podio – riprende Volpi – Mikel lo ha conquistato sul Civiglio, salita durissima, perché restare con quei due lassù significava appunto salire sul podio. E non era così scontato. Andare come è andato lui su quella salita significa stare bene davvero.

«Anche per questo voglio fare un plauso alla squadra, che a ha lavorato bene, e al preparatore che è riuscito a portarlo in condizione. Dopo la Vuelta Mikel non aveva più corso. Avevamo pensato alla CRO Race, ma ci era sembrata troppo impegnativa. Così ha corso solo giovedì scorso al Gran Piemonte».

Landa con Pogacar e Mas. Loro due erano su un altro pianeta a sua volta lui ha fatto il vuoto su tutti gli altri

La Bahrain c’è

Lasciare dietro il vincitore del Tour de France, staccare tanti altri bravi corridori per un ragazzo che non metteva il numero sul dorsale da tanto tempo, eccezion fatta per il Gran Piemonte, non era scontato per Volpi. 

E tutto sommato il diesse non aveva torto in quanto abbiamo visto che i più forti hanno gareggiato parecchio in questo scorcio di stagione. Il ritmo nelle gambe, tra l’altro quello esplosivo delle corse di un giorno, c’era eccome. E quando si scatta con violenza la differenza si sente.

«Vorrei aggiungere una cosa – sottolinea Volpi – abbiamo iniziato le classiche monumento con una vittoria, quella di Mohoric alla Sanremo a marzo, e la chiudiamo con un podio in un altra classica monumento. Questo significa che la Bahrain Victorious c’è. E’ sul pezzo».

Zambanini alla Vuelta e l’emozione della prima volta

15.09.2022
5 min
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Con la Vuelta ormai alle spalle il sole inizia a tramontare anche su questa stagione agonistica. Non prima, però, di illuminare gli ultimi impegni, tra cui mondiale e Giro di Lombardia, ultima classica monumento del calendario. In terra iberica è stato definitivamente consacrato il talento cristallino di Evenepoel. Il giovane belga ha indossato la maglia rossa alla sesta tappa e l’ha portata fino a Madrid. Tra i giovani in corsa si è messo in luce anche Edoardo Zambanini, migliore italiano in classifica generale: 36° a un’ora e mezza da Evenepoel. 

Il trentino di Riva del Garda era alla sua prima esperienza in un grande Giro. Si è messo a disposizione della squadra, portando a casa una bella prestazione ed un terzo posto alla nona tappa, che regala tanta motivazione e la voglia di tornare alla Vuelta e riprovarci. 

Edoardo Zambanini si è messo in luce dando una mano alla squadra e andando a caccia di fortuna in altre tappe
Zambanini si è messo in luce dando una mano alla squadra e andando a caccia di fortuna in altre tappe
Cosa fa un corridore quando torna dalla Vuelta?

Dopo tre settimane di corsa ininterrotta mi sono goduto la famiglia. Stare lontano da casa per così tanto tempo è strano, perché quando corri tutto scorre veloce, ma appena ti fermi realizzi che sei stato via un mese. Quindi, in questi giorni poca bici e tanto tempo con amici e parenti, mancavano. 

Qual è la cosa che ti ha colpito maggiormente?

Direi tante, ma quella che mi ha lasciato senza parole è il livello che si trova in corsa. Andavamo fortissimo tutti i giorni, praticamente sono state 21 corse di un giorno raggruppate tutte insieme.

Prima di partire che hai pensato?

Inizialmente ero abbastanza agitato, quando è arrivata la chiamata dalla squadra ero davvero nervoso. I miei diesse: Pellizotti e Florencio, mi hanno tranquillizzato dicendomi di pensare giorno dopo giorno. Così ho fatto, anche se, devo ammettere, che certi giorni pensavo «abbiamo ancora tante tappe davanti e tutte dure» poi mi ricomponevo e cercavo di non pensarci.

Zambanini Battistella 2022
Zambanini sulla ruota di Battistella, i due si sono messi in mostra alla Vuelta entrando in molte fughe
Zambanini Battistella 2022
Zambanini sulla ruota di Battistella, i due si sono messi in mostra alla Vuelta entrando in molte fughe
Quando hai scoperto che saresti andato alla Vuelta?

Pochi giorni prima dell’inizio, da un certo punto di vista è stato un bene, anche perché non ho avuto tanto tempo per tempestarmi di domande e agitarmi ancora di più (dice ridendo, ndr). Uscivo dal Giro di Polonia dove ho lavorato bene con il mio preparatore: Paolo Artuso. Abbiamo trovato un bel modo di fare e grazie a lui sono riuscito ad essere costante per tutta la stagione.

I giorni prima della partenza come li hai vissuti?

Ho realizzato di partire per la Vuelta solamente quando mi sono trovato la valigia vuota davanti. Lì, in quel preciso momento la tensione è schizzata ai massimi livelli. 

Immaginiamo allora in aereo, seduto davanti al finestrino…

Il viaggio l’ho fatto da Venezia, insieme a Franco (Pellizotti, ndr) e Roman Kreuziger, e direi per fortuna. Li ho tartassati di domande e dubbi, loro mi hanno tranquillizzato, mi hanno davvero aiutato molto. 

Qual è stata l’emozione più grande, la prima tappa o l’ultima?

Sono state due emozioni differenti: quella di Utrecht era un mix di agitazione e tensione, la partenza di un grande Giro. Prima lo avevo solamente sognato. Quella di Madrid è stata da pelle d’oca, c’era un mare di gente ad aspettarci nel circuito finale, in quel momento ho realizzato che avevo portato a termine una bellissima esperienza ed una grande corsa. 

Ti sei anche goduto la passerella finale di Nibali e Valverde.

Sì, che roba. Indescrivibile. Nel corso della tappa finale ho avuto anche modo di parlare con Vincenzo. Abbiamo avuto modo di confrontarci: sulle tappe, l’emozione di quel saluto calorosissimo… E’ un momento che ricorderò per sempre. E’ un corridore che ho sempre ammirato, ho il ricordo di me da bambino che lo guardavo vincere queste corse in televisione. Essere presente alla sua ultima è stato davvero particolare.

Con chi eri in stanza?

Con Luis Leon (Sanchez, ndr). Mi ha aiutato molto, soprattutto nella fase iniziale. Anche lui aveva capito che i primi giorni ero agitato, mi ha rassicurato dicendomi che sarebbe stata dura ma che facendo tutto per bene ce l’avrei fatta. 

Zambini in mezzo ai suoi due mentori di questa Vuelta: a sinistra Landa, a destra Luis Leon Sanchez
Zambini con al suo fianco Landa: un esempio da seguire, in corsa e fuori
Correre con Landa come capitano che sensazione ti ha lasciato?

Avevamo già corso insieme, al Tour of the Alps. Lui dietro lo schermo sembra sempre serio ma in squadra è molto gentile e simpatico. E’ un corridore che mi piace davvero molto, un esempio per tutti, soprattutto per me, anche come tipologia di atleta. E’ serio quando deve, insegna sempre qualcosa, e sa cogliere i momenti giusti per una battuta o uno scherzo.

Tappa preferita?

Mi è piaciuta molto quella di Sierra Nevada. Eravamo ben coperti in fuga con Gino Mader. Prima della salita finale ne dovevamo affrontare un’altra di 8-9 chilometri dove il gruppo si è frazionato. Sono riuscito a rimanere insieme ai primi, stare con loro mi ha dato una grande carica. Sulla salita finale sono rimasto fino a quando ho potuto con Landa, poi ho continuato con il mio passo. Avevo anche il tifo da casa, sono venuti a trovarmi i miei genitori e mia sorella, è stata una sorpresa, non ne sapevo nulla. Averli così vicini mi ha dato una carica in più. 

Durante l’ultima tappa Zambanini ha assistito alla passerella finale per Nibali e Valverde: una grande emozione
A Madrid Zambanini ha assistito da vicino alla passerella finale per Nibali e Valverde
Il giorno più difficile?

La 19ª tappa. Mi sono venuti i crampi in cima all’ultima salita, mi sono idratato poco e l’ho pagata. Ero riuscito a rimanere nel gruppo principale e in discesa ero pronto a lavorare per Landa. Ma appena passato lo striscione del Gpm ho sentito le gambe bloccate, ad un certo punto mi sono dovuto fermare a bordo strada dal dolore. E’ la tappa che mi è rimasta più indigesta, avevo praticamente terminato, mancavano solo la discesa e l’arrivo, invece i crampi mi hanno fermato. 

Insieme a Tiberi eri uno dei più giovani in gruppo. 

Era strano, soprattutto i primi giorni. Essere accanto a persone con così tanta esperienza, che sanno gestire queste corse mi ha messo un po’ in difficoltà mentalmente. Tiberi ed io siamo molto amici, negli anni abbiamo condiviso tante esperienze, anche in nazionale. Ci siamo sostenuti a vicenda, dicendoci che in futuro ci riproveremo, anzi magari ci daremo battaglia proprio noi due su queste strade (dice con voce allegra Zambanini, ndr). 

La stagione complicata della Bahrain. Il punto con Pellizotti

02.08.2022
5 min
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Bahrain Victorious: lo scorso anno vincevano sempre, quest’anno meno, molto meno. Come mai? La questione va analizzata a 360°, per dare un’interpretazione convincente e non limitarsi a considerazioni superficiali.

Proviamo a fare un’analisi tecnica, basata sui fatti, quelli sì reali, della stagione della Bahrain Victorious e lo facciamo con uno dei suoi direttori sportivi, Franco Pellizotti. Una disamina che parte dall’inizio della primavera… e guarda avanti.

Phil Bauhaus al colpo di reni precede Nizzolo e Groves nella volata finale della Tirreno
Phil Bauhaus al colpo di reni precede Nizzolo e Groves nella volata finale della Tirreno
Franco, cosa è successo alla Bahrain Victorious? Siete partiti forte con la vittoria della Sanremo, una tappa alla Tirreno. E poi vi siete fermati…

Secondo me, non ci siamo fermati. Se andiamo a guardare bene ciò che è mancato è stato il Tour. Come avete detto voi, l’inizio è stato buono. Alla Tirreno abbiamo vinto una tappa e siamo saliti sul podio con Mikel Landa. Al Giro la stessa cosa. Al Romandia abbiamo fatto secondi con Gino Mader. Al Giro di Svizzera abbiamo vinto la prima frazione, poi siamo dovuti andare a casa per il Covid, come altri team. Il Tour sì, quello in effetti è stato sottotono.

E come mai, secondo te?

Un po’ perché se paragonato all’anno scorso la differenza si nota ancora di più. E poi perché di base abbiamo visto due squadre, Jumbo-Visma e UAE Emirates, che hanno fatto man bassa. Io dico che nel complesso non siamo andati male. Siamo sempre lì. Sono mancate le vittorie. Faccio un esempio: nelle prime tre tappe del Polonia abbiamo fatto secondi, terzi, secondi. Se due di questi tre podi fossero state vittorie già sarebbe stato diverso. E’ mancata qualche vittoria.

Mohoric, uno degli uomini simbolo della Bahrain Victorious, al Tour non si è espresso sui suoi livelli
Mohoric, uno degli uomini simbolo della Bahrain Victorious, al Tour non si è espresso sui suoi livelli
L’assenza di un corridore importante come Colbrelli si sente…

Esatto. Sonny non lo abbiamo mai avuto e lui è un vincente. Jack Haig per un motivo o per un altro, tra salute e cadute, non è mai stato al 100%. Non è facile, ma se guardo a come andiamo non è male. E’ che lo scorso anno nella seconda metà della stagione vincevamo anche se giocavamo a freccette! E questo fa risaltare ancora di più la situazione attuale. Purtroppo o per fortuna, ci sono anche questi momenti e tutto sommato è il bello e il brutto del ciclismo. 

Uno dei corridori che più è mancato e proprio al Tour (oltre a Damiano Caruso ritiratosi per Covid) è stato Matej Mohoric: cosa è successo allo sloveno?

Vero, è mancato. E infatti anche con i medici stiamo cercando di capire. Quello del Tour non era il suo livello. Probabilmente ha contratto un virus. Al Giro di Slovenia andava forte, molto forte. Si giocava le tappe. In salita non era con quei due (Majka e Pogacar, ndr) che erano fuori categoria, ma stava bene. Aveva ottimi valori, era su quelli del 2021. Poi al Tour non andava. Abbiamo iniziato ad analizzare la cosa e siamo venuti a sapere che aveva avuto dei positivi a casa. Lui non è mai risultato positivo, ma magari aveva contratto il virus anche Matej.

Non solo non ha vinto, ma neanche in fuga è andato, non si è visto…

Sì, e non è da lui. Mohoric anche se non è al 100% la fuga la prende, lotta, poi magari si stacca ma c’è. In corsa lo vedi. Non solo, ha finito il Tour molto stanco e non è da lui.

Però la stagione non è finita e la Bahrain Victorious può guardare avanti. C’è la Vuelta in vista. Come ci arrivate?

I ragazzi si sono preparati bene e vediamo come va. Landa riprende oggi alla Vuelta Burgos, non è super però ha svolto un buon avvicinamento. E’ okay con il peso che è un po’ il suo tallone d’Achille e può crescere. Mader anche ha ripreso. Ecco, lui sta bene è molto motivato ed è euforico e di solito Gino non è così. E’ un ragazzo che si espone poco. Abbiamo Buitrago: lui ha fatto un ottimo Giro, ha vinto una tappa. Gli abbiamo lasciato parecchio tempo per recuperare. Sappiamo che non possiamo chiedergli molto, anche perché è un giovane ed è al suo secondo grande Giro stagionale.

Dopo 2 mesi e 3 giorni, Mikel Landa torna oggi a correre a Burgos. Non gareggiava dal Giro dove fu terzo
Dopo 2 mesi e 3 giorni, Mikel Landa torna oggi a correre a Burgos. Non gareggiava dal Giro dove fu terzo
Con che obiettivi concreti partite per la Spagna?

Con Mikel alle corse si va per vincere. Non mi piace nascondermi e dire che puntiamo ad una top cinque o a un podio. Si punta molto in alto. Abbiamo strutturato un team forte intorno a lui e Mader. Poi il podio del Giro gli ha ridato fiducia.

Davvero? Credevamo che il non aver vinto la corsa rosa fosse stata più una “botta” per lui…

No, botta no! Vero, era partito per vincere però analizzandola a mente fredda erano diversi anni che non saliva sul podio di un grande Giro e il livello alla fine è stato alto. E poi la Vuelta è particolare rispetto al Giro e al Tour.

Definiamo particolare…

E’ il terzo Giro di stagione e bisogna vedere come ci si arriva. Ci sono i corridori del Tour che cercano riscatto, ma magari sono stanchi. E’ una corsa che può riservare sorprese. E può riservarle anche in virtù dei suoi percorsi. Il Giro e il Tour sono più regolari. Alla Vuelta ci sono tante salite, magari ripide ma molto meno lunghe. E’ una corsa per attaccanti.