Nel mondo dei Bais, un giorno a casa di Mattia e Davide

17.10.2023
8 min
Salva

NOGAREDO – Un vialetto con vista sulla sponda destra della Valle dell’Adige porta a casa dei fratelli Bais. Il sole di questo anomalo autunno è ancora tiepido e infatti qualche pedalata i due ancora se la fanno. Ma tra poco scatterà il riposo totale.

Dopo la bella stagione agonistica siamo tornati a parlarci. Davide ha vinto la tappa del Gran Sasso al Giro d’Italia e Mattia è sempre stato protagonista.

I due atleti della Eolo-Kometa vivono in un appartamento tutto loro al piano terra di questa villetta trentina. Sky è il loro cane, anzi di Davide, ci tengono a sottolineare. Il suo entusiasmo è lo stesso dei ragazzi in bici. E non appena può ci salta addosso per giocare. Il video di presentazione lo abbiamo dovuto rifare più volte!

Davide osserva Mattia che ci mostra la pressa, fiore all’occhiello della loro palestra
Davide osserva Mattia che ci mostra la pressa, fiore all’occhiello della loro palestra

Si apre la porta

I Bais ci fanno da Ciceroni per casa e inizia la chiacchierata. Si parte dalla palestra, al piano inferiore. E’ ben fornita. Ci sono la pressa, il Trx, il bilanciere fisso per gli squat…

«Ogni anno – dicono in coro – abbiamo comprato un pezzo nuovo. Ma poi con il Covid l’abbiamo ingrandita ancora di più. Non si poteva uscire e questo spazio è diventato il luogo dei nostri allenamenti. La pressa è il macchinario che usiamo di più. Il Trx è il più tosto».

Durante l’ultimo Giro d’Italia, proprio da queste strade era passata la tappa del Bondone e sull’asfalto c’erano centinaia di scritte d’incoraggiamento per i Bais.

«Quel giorno è stata una vera emozione – dice Mattia – io ero andato all’attacco, però era una tappa durissima, ma passare in fuga qua è stato bello».

«Anch’io – gli fa eco Davide – ho provato ad andare in fuga, ma non ce l’ho fatta. Comunque quel giorno indossavo la maglia blu e ho dato il massimo per i miei amici, per le persone che erano sulla strada a tifarci».

Si parla di salite, la Vallarsa e la Serrada scalate anche quel giorno sono due salite vere. Sono queste due scalate l’altra palestra dei Bais, quella vera, quelle delle uscite per costruire la forma.

«In più abbiamo una casina a 1.200 metri in montagna e tante volte d’estate finiamo l’allenamento lassù. E’ più fresco, ci sono i genitori, troviamo da mangiare… E poi la sera scendiamo qui».

Davide (classe 1998) è più scalatore. Mattia (classe 1996) è più passista
Davide (classe 1998) è più scalatore. Mattia (classe 1996) è più passista

Prime pedalate

Sulla destra dell’ingresso c’è una foto di Davide e Mattia scattata lo stesso giorno di tanti anni fa. Sono due bambini sdentati che forse neanche sognano di diventare campioni. Sono due bambini che vogliono semplicemente divertirsi.


«Abbiamo iniziato insieme – racconta Mattia – io avevo 9 anni, lui 7. Stavamo cercando uno sport.  E’ stato un caso, io volevo fare motocross. Avevo paura del rumore che facevano quelle moto quando passavano nel bosco, ma proprio per quello volevo provare. Poi un giorno nostro cugino, che era dilettante, ci ha dato un volantino dell’Sc Mori. Si faceva una prova nel velodromo. La gimkana, i birilli…».

«Mi ricordo che ci siamo divertiti tanto, nonostante qualche caduta – interviene Davide – e da lì è iniziato tutto. Ci siamo iscritti subito».

Oggi quei due ragazzi sono dei corridori forti e affidabili. Davide è più scalatore e anche più riflessivo. Mattia è più passista, più estroverso. Queste caratteristiche, per quel che poco che possiamo dire, le riconosciamo anche fuori dalla bici. Mattia infatti risponde subito, Davide riflette sempre quel secondo in più.

Tra maglie alle pareti, trofei… è l’ora del caffè. Ci pensa Davide.

«Litigavate da bambini?», gli chiediamo. «Tanto. E anche adesso! Magari adesso non facciamo più a botte, ma volano parole, anche grosse. Però sono sempre litigate costruttive. Se uno sbaglia è giusto che lo faccia capire all’altro».

I racconti a casa dei Bais davanti ad un caffè…
I racconti a casa dei Bais davanti ad un caffè…

Litigate fraterne

Il rapporto dei Bais forse è più forte adesso che prima, quando erano bambini. Anche perché avendo due anni di differenza non correvano nella stessa categoria. La prima volta è stato tra i dilettanti, quando entrambi erano nella fila CTF. Ora che invece girano il mondo, sono insieme.

«Il vantaggio di essere professionisti e fratelli? Il confronto», dicono in coro. «Negli anni scorsi eravamo in due squadre differente ed era interessante perché vedevamo come lavoravano i rispettivi team. Ma questo vale anche adesso. Solo che è un confronto interno. Siamo seguiti da due preparatori diversi, sempre all’interno della Eolo-Kometa». 

«Quest’anno – prosegue Mattia – abbiamo fatto alcune corse diverse, pertanto sono cambiati anche gli allenamenti e le fasi in cui uno era a casa e l’altro a correre. Però, se possiamo, usciamo insieme e tutti e due siamo piuttosto grintosi sotto questo punto di vista. Se piove o nevica non c’è uno che non voglia uscire e l’altro che lo sprona».

Mattia attaccante nato: eccolo in fuga all’ultimo Lombardia. L’obiettivo 2024 è trovare picchi di forma più elevati
Mattia attaccante nato: eccolo in fuga all’ultimo Lombardia. L’obiettivo 2024 è trovare picchi di forma più elevati

Giovani veterani

Già in passato avevamo chiesto ai Bais cosa significasse essere professionisti, ma all’epoca erano appena approdati al mondo dei grandi. A distanza di due anni cosa dicono?

«Significa che devi essere preciso in tutto – inizia Mattia – non solo in bici, ma anche quando sei a casa, con l’alimentazione, il riposo… tutto è sempre più estremo. Ci sono sempre più studi, più figure specializzate. E ti devi sempre far trovare al 100 per cento.

«Una volta, quando andava via la fuga, il gruppo rallentava, adesso no. Al Lombardia siamo partiti a tutta e abbiamo spinto fino alla fine. Per come si andava in avvio sembrava una corsa di 4 chilometri e non di 240».

«E anche per questo – prosegue Davide – i più forti sono sempre gli stessi secondo me. E’ più difficile competere e fare risultato. C’è anche il discorso dei punti in ballo, perché le squadre lottano per quella classifica. Qui si sprinta anche per il quarantesimo posto se c’è qualcosa in palio. E’ tutta una guerra».

Scuola CFT, molta sostanza e pochi fronzoli: i Bais per il prossimo anno saranno tra i leader della Eolo-Kometa. Tra chi va via, chi smette e l’esperienza che cresce, eccoli pronti a prendere in mano la squadra.

«Ne siamo consapevoli – spiega Davide – ma noi dobbiamo continuare a crescere, a migliorare… e poi magari riuscire noi stessi ad aiutare i nuovi arrivati e i giovani».

Tra questi giovani c’è De Cassan, anche lui dalla scuola di Roberto Bressan. E infatti anche se non ci hanno mai corso prima, Davide e soprattutto Mattia, che ha corso con lui le ultime gare dell’anno, dicono che è stato un po’ come riconoscere un compagno di squadra.

Dopo aver scattato qualche foto con la maglia blu del Giro, Mattia e Davide posano con Sky, un giocosissimo cucciolo di due anni
Dopo aver scattato qualche foto con la maglia blu del Giro, Mattia e Davide posano con Sky, un giocosissimo cucciolo di due anni

Leader

Quando i Bais dicono di voler crescere, la cosa potrebbe sembrare vaga. E forse lo è anche anche. Per corridori del loro taglio non è facile individuare un punto specifico da migliorare. Non si tratta di un Pogacar che deve limare un dettaglio. Davide per esempio vorrebbe partire forte e poi trovare la costanza che gli è sempre un po’ mancata. Mentre Mattia, al contrario vorrebbe trovare dei picchi di forma maggiori.

«Per fortuna – dicono insieme – la Eolo-Kometa è una squadra che ci dà programmi a lungo termine e questo, credeteci, non è poco per poter imbastire una buona preparazione e “scegliere” i periodi in cui si vorrebbe andare più forte».

Il primo ritiro (da oggi) è fissato a Malta. Sarà un ritrovo “senza bici”, fatto per conoscersi, prendere le misure del nuovo vestiario, stilare i primi programmi. Laggiù, i Bais saranno i riferimenti certo per De Cassan, ma anche per molti altri.

Quel giorno sul Gran Sasso

La targa della tappa di Campo Imperatore cattura la nostra attenzione. E allora ci ricordiamo di quel giorno. Ci torna in mente Davide che alza le braccia al cielo sul tetto dell’Appennino e Mattia che gioisce in quegli stanzoni da girone dantesco dove si cambiavano i corridori.

«La cosa che più mi è rimasta impressa – racconta Davide – è quando ero sul palco e tutti i compagni che passavano sotto al podio erano felici. Si fermavano, mi guardavano, urlavano. E’ stato bellissimo. Che poi sul momento non avevo neanche realizzato cosa avessi fatto».

«Io – continua Mattia – ero lì sotto in quelle stanze a cambiarmi con tutti gli altri. Sembrava una festa. Eravamo tutti contenti, si urlava, si faceva di tutto. Anche nella funivia per scendere a valle abbiamo fatto baccano. E’ stato come se avessimo vinto tutti quel giorno.

«E poi il finale in gara… Ai -3 chilometri, per radio, mi avevano detto che gli mancavano 500 metri. Tra me e me ci speravo. Poi ai -2, sempre alla radio, ho sentito le urla e ho capito che aveva vinto. Avevo i brividi. All’inizio non ci credevo, ma poco dopo le ammiraglie degli altri team che passavano mi dicevano che aveva vinto mio fratello».

Davide Bais da sogno. Campo Imperatore è suo

12.05.2023
4 min
Salva

CAMPO IMPERATORE – Uno scatto secco. Uno solo. Come il manuale del buon ciclista impone e Davide Bais ha vinto la sua prima gara da professionista. Il corridore della Eolo-Kometa conquista il prestigioso traguardo di Campo Imperatore.

Prendersi un arrivo in quota al Giro d’Italia è qualcosa che non capita molto spesso. «Quando Petilli è scattato e Davide è rientrato bene, ha capito di avere buone gambe e lì ci ha davvero creduto», ci racconta Stefano Zanatta direttore sportivo della Eolo-Kometa. Anche se lui era nell’ammiraglia dietro al gruppo, ha avuto sempre la situazione sotto controllo.

I tre protagonisti della fuga di giornata: Karel Vacek, Simone Petilli e Davide Bais, ormai sulle rampe del Gran Sasso
I tre protagonisti della fuga di giornata: Karel Vacek, Simone Petilli e Davide Bais, ormai sulle rampe del Gran Sasso

Tre chilometri

La tappa scorre via nel cuore dell’Abruzzo. Il gruppo lascia fare e il distacco dilaga. Si può andare all’arrivo dunque. La scalata finale si fa man mano più intensa, sia per la tensione della gara, sia per la pendenza.

«E’ una grande gioia per me – racconta in maglia blu, Davide Bais – sull’ultima salita ho tenuto duro agli attacchi, soprattutto quelli di Simone Petilli. Sapevo che non dovevo mollare perché ero il più veloce. Gli ultimi tre chilometri sono stati i più duri e i più belli per me».

E Davide Bais se l’è giocata bene. Ha gestito ottimamente nervi ed energie. Ai 300 metri è partito e ha immediatamente aperto un gap. I massaggiatori della Eolo, dietro l’arrivo hanno iniziato subito ad abbracciarsi.

Gruppo sornione, la fuga va e Davide Bais ne approfitta
Gruppo sornione, la fuga va e Davide Bais ne approfitta

Fratelli al Giro

Intanto nelle stanze del vecchio hotel di Campo Imperatore, quello che tenne prigioniero Mussolini, i corridori si radunano alla spicciolata. Si scaldano sotto ai “funghi”. Qualcuno fa i rulli. E tra coloro che si cambiano, c’è anche Mattia Bais, fratello di Davide. Entrambi altro prodotto del Cycling Team Friuli.

Mattia è il ritratto della felicità. «Ho saputo ai due chilometri che Davide aveva vinto. Ho iniziato a festeggiare come se avessi vinto io. Gli altri in gruppo mi guardavano…

«Oggi dovevamo provarci io o lui. E’ entrato lui e va bene così. E’ un giorno importante per Davide, per me, per la squadra».

«Stare qui al Giro con mio fratello – replica Davide in conferenza stampa – è davvero bello: ci si aiuta, ci si confronta. E statene certi che presto anche lui si farà vedere. Siamo due corridori simili, due attaccanti. Le differenze? Due anni di età, qualche centimetro di statura e io che sono più disordinato!».

Zanatta, la strategia

E dire che tra le tante tappe forse questa era quella meno cercata dagli Eolo-Kometa. In effetti hanno speso parecchio in questa prima fase di Giro con Albanese, con Gavazzi e con lo stesso Davide Bais, già in fuga. 

«E’ una vittoria importantissima – spiega Zanatta – per la nostra squadra. E’ dall’inizio del Giro che siamo protagonisti. Abbiamo speso tanto e oggi non dovevamo cercare la fuga per forza. Anche perché credevamo che la corsa l’avrebbero fatta i team degli uomini di classifica».

Invece succede che gli uomini di classifica oggi non ne vogliono sapere. E quando iniziano gli scatti per andare in fuga i ragazzi della Eolo dovevano giusto buttarci un’occhio. Cosa che ha fatto Davide Bais.

«E’ andata proprio così – dice Zanatta – ma dico anche che siamo stati fortunati. Quando abbiamo visto che erano arrivati a 12′ a quel punto è cambiata la fuga stessa: si poteva arrivare. Ed è stata tutta un’altra gestione». 

Come dice Zanatta è cambiata la fuga. A quel punto si è trattato di far stare tranquillo il ragazzo. Anche perché era un bel po’, dalle categorie giovanili, che Davide non vinceva. Poteva emozionarsi

«Abbiamo cercato – conclude Zanatta – di non fargli pesare il fatto che si sarebbe giocato una tappa del Giro. Gli abbiamo detto di ragionare chilometro per chilometro, di mangiare, di bere… Solo nel finale gli abbiamo detto di tenere sott’occhio soprattutto Petilli, per noi il più forte. Anche se ai piedi di Rocca Calascio temevamo ancora il gruppo. Se un team degli uomini di classifica si fosse messo a tirare con decisione, sarebbero potuti rientrare. La scalata finale, nel suo insieme era di oltre 40 chilometri».

Ma non è successo. I tre davanti sono andati forte. E l’epilogo lo conosciamo.

Come si gestiscono i fratelli in squadra, parola a Zanatta

03.04.2023
5 min
Salva

Essere fratelli nella stessa squadra: il ciclismo, ma lo sport in generale, più volte ha proposto questa situazione. Ci sono punti di forza e altri meno, specie se tra i due c’è un corridore di primissimo piano e uno che va decisamente meno. Senza tornare ai tempi di Serse e Fausto Coppi, abbiamo analizzato questo aspetto con Stefano Zanatta.

Il direttore sportivo della Eolo-Kometa, oggi si ritrova i fratelli Bais, Davide e Mattia (in apertura foto Borserini), ma in passato ha avuto a che fare con i Sagan, Jurai e Peter, e chiaramente un po’ di esperienza in merito ce l’ha.

Zanatta (con Basso, a sinistra) in riunione sul bus prima di una corsa
Zanatta (con Basso, a sinistra) in riunione sul bus prima di una corsa
Stefano, dai Sagan in cui cera un “centro di gravità”, ai fratelli Bais…

Chiaramente tutto è diverso, Peter… era Peter: un gigante. Fu lui ai tempi della Liquigas a volere il fratello in squadra. Dopo le prime vittorie quando gli chiedemmo di prolungare il contratto, lui chiese però di ingaggiare Jurai. Peter era così, voleva aiutarlo, era il suo lato umano.

Dicevamo che Peter era un super corridore, il fratello ben più normale: come si gestiva questo rapporto?

Togliendo i ritiri, che Peter amava fare in California, per il resto facevano vita a sé. Avevano preso un appartamento a Cima d’Olmo e conducevano la loro vita. E non sempre correvano insieme. 

Quando erano alle corse condividevano la stanza?

Raramente. Peter era in camera molto spesso con Da Dalto, Oss o chi altro c’era… In squadra erano considerati due corridori, non due fratelli. Ed è quel che succede con i Bais. Quel che cambia per noi, in meglio, quando si ha a che fare con due fratelli è la logistica: organizzare le partenze è più facile! Se fanno la stessa gara c’è un solo aereo, un solo transfer. 

Era il 2011 e Jurai Sagan, raggiungeva il fratello Peter alla Liquigas, dove uno dei diesse era Zanatta. I due hanno sempre corso insieme
Era il 2011 e Jurai Sagan, raggiungeva il fratello Peter alla Liquigas, dove uno dei diesse era Zanatta
E’ chiaro…

Di certo noi non abbiamo preso Mattia per fare compagnia a Davide. Loro vivono insieme, a volte si allenano insieme, condividono molto. E Mattia, che è più esperto (ha un paio di anni di più, ndr) dà qualche consiglio a Davide.

A proposito di prendere Mattia. Ricordiamo una frase di Ivan Basso a bordo strada di una Tirreno. Mattia era ancora con l’Androni e ci fece: «Mattia Bais, per adesso è con loro, ma magari lo prenderemo»: è stato di parola…

Eh sì. Mattia è arrivato un po’ tardi questo inverno, all’ultimo minuto direi. Lui si è liberato dalla Drone Hopper per quel che è successo alla squadra (la chiusura del team, ndr). A noi anche si è liberato un posto. Il suo profilo era buono per il nostro team, visto che Mattia è un attaccante, un coraggioso. Inoltre aveva già vinto due volte il premio delle fughe al Giro… Ci è sembrato utile alla nostra causa e lo abbiamo ingaggiato.

E come sono i rapporti tra loro? Tu che sei diesse come li vedi? Si ha la sensazione di uno più forte dell’altro?

In questo caso hanno caratteri e caratteristiche simili. Sono generosi e altruisti. A volte l’ambizione è provare a fare di più. E’ uno sprone a vicenda, ma sempre per la squadra. Alla Tirreno per esempio c’era da dare una mano a Davide per la fuga e anche Mattia ci si è buttato, senza pensarci troppo. Anche se un filo di agonismo c’è. Quello buono, del tipo: «Se c’è riuscito lui, ci posso riuscire anche io». Sono “rivali” per certi aspetti e questo è stimolante.

Davide (classe 1998) e Mattia (classe 1996) alla sua ruota, in fuga insieme durante l’ultima Tirreno
Davide (classe 1998) e Mattia (classe 1996) alla sua ruota, in fuga insieme durante l’ultima Tirreno
Se magari arriva qualche rimprovero, qualche ramanzina da parte del team c’è chi veste i panni dell’avvocato difensore?

Beh, non è che vada proprio così. Sono professionisti, non si fanno ramanzine: piuttosto si analizzano eventuali errori dopo una gara. Se invece c’è qualcosa di più serio, si parla a tutta la squadra, tanto quello che ha sbagliato lo sa che ci si riferisce a lui, ma il monito vale per tutti. Quindi direi di no: nessun avvocato difensore.

Insomma prima sono professionisti e poi fratelli. Jurai si sentiva mai in obbligo nei confronti di Peter?

No, non mi è sembrato almeno. E neanche noi ci sentivamo in obbligo di farlo con Peter. Anche perché erano molto diversi. Poi è chiaro, se avessimo avuto i fratelli Schleck, che potevano vincere ovunque e grandi corse, magari le cose sarebbero potute andare diversamente. Ripeto: erano considerati due atleti distinti del team, così come i fratelli Bais oggi alla Eolo-Kometa.

Prima hai accennato a quel filo di sana rivalità: a casa si aiutano? Si allenano insieme?

Direi di sì, ma anche in questo caso ci sono delle differenze. Mattia e Davide hanno due preparatori differenti. Sono entrambi due coach del team, ma sono in due distinti gruppi di lavoro. Quando è arrivato Mattia infatti, la divisione era già fatta ed è finito con il coach che aveva il posto libero. Pertanto molto spesso fanno lavori specifici differenti. Magari uno esce alle dieci e l’altro alle nove. Uno deve fare la distanza e l’altro tre ore di specifici. Di buono c’è che in quella zona (il Trentino, ndr) ci sono altri corridori e capita ogni tanto che escano tutti insieme. Per dire il loro programma: in questi giorni Mattia è sul Teide e Davide alle corse.

Davide Bais, non solo fughe, ora anche risultati

06.10.2022
4 min
Salva

Vuoi o non vuoi, il nome del fratello rispunta sempre. Davide Bais vive una carriera parallela a quella di Mattia (insieme nel 2020 nella foto di Remo Mosna in apertura): entrambi professionisti, entrambi in una squadra professional (Davide alla Eolo Kometa, Mattia alla Drone Hopper), entrambi con spiccate caratteristiche di fuggitivo della prima ora. Con licenza di cambiare e Davide questa licenza se la sta prendendo sempre più spesso.

Le ultime settimane sono state davvero positive. Certo, non stiamo parlando di vittorie internazionali, ma quando cogli due top 10 a breve distanza di tempo e ti mostri sempre propositivo, alla fine brilli di luce propria come avvenuto alla Coppa Bernocchi, terminata all’8° posto in mezzo a tanti corridori con palmares stagionali ben più corposi: «Ma anche al Giro di Slovacchia ero andato bene con un 6° posto parziale, anzi in quell’occasione più che la soddisfazione per il risultato mi era rimasto un po’ di rammarico perché si poteva fare ancora meglio».

Per Davide un ottimo 8° posto alla Coppa Bernocchi, ma già prima si era messo in evidenza
Per Davide un ottimo 8° posto alla Coppa Bernocchi, ma già prima si era messo in evidenza
Come nasce questo picco finale di stagione?

Devo dire che dopo il Giro d’Italia ho recuperato abbastanza bene e le cose sarebbero potute andare ancora meglio se non avessi avuto un piccolo inconveniente sotto forma della puntura di un insetto che mi ha fermato per una settimana. Ho recuperato bene a casa, ripartendo con le gare a metà agosto e la crescita di condizione ha portato anche ad avere un po’ più di libertà in squadra.

Anche tu sei uno di quelli votato alle fughe d’inizio gara?

Certamente non come Mattia che ne ha fatto un marchio di fabbrica, ma certamente attacco spesso. Nella prima parte di stagione ho lavorato molto per la squadra e i miei attacchi servivano anche per preservare i compagni, ma ho portato anche a casa qualcosa. Ad esempio il 4° posto nella classifica degli scalatori alla Tirreno-Adriatico è stato qualcosa di molto importante per me, avendo anche tenuto la maglia. Da inizio anno ho già fatto 62 giorni di gara che non sono pochi, ma la condizione attuale mi ha permesso di prendermi qualche chance in più.

Il trentino della Eolo-Kometa in Slovacchia ha sfiorato il successo
Il trentino della Eolo-Kometa in Slovacchia ha sfiorato il successo
Che differenze ci sono con tuo fratello?

Siamo piuttosto diversi a dire il vero, soprattutto nell’interpretare le corse anche in base a quel che ci chiedono le nostre squadre. Lui è più portato a gare d’attacco, cerca sempre la fuga e ha una rara capacità nel trovarla, infilandosi negli attacchi giusti. Io cerco se possibile di preservarmi per le fasi finali, di risparmiare anch’io, ma se la tappa lo permette come anche le particolari condizioni tattiche e il percorso, non disdegno la fuga da lontano, anzi ho un piccolo progetto in mente…

Quale?

Non mi dispiacerebbe centrare la fuga di giornata al Giro di Lombardia, perché con quel percorso potrebbe anche uscirne qualcosa di buono. Anticipare il gruppo mi consentirebbe di giocare qualche carta importante, magari rimanere con i più forti nelle fasi cruciali.

Davide Bais è nato il 2 aprile ’98 a Rovereto (TN). Quest’anno sta ottenendo i suoi migliori risultati
Davide Bais è nato il 2 aprile ’98 a Rovereto (TN). Quest’anno sta ottenendo i suoi migliori risultati
Anche tu stai contribuendo al buon finale di stagione della Eolo-Kometa: com’è stata quest’annata per il tuo team?

Sicuramente ci si aspettava di più, anche noi speravamo di far meglio soprattutto al Giro, visto che venivamo da una vittoria di tappa e avevamo aspirazioni importanti. A ben guardare però non è che siamo rimasti alla finestra, visti i podi di Albanese o la maglia blu portata da Diego Rosa. Noi siamo andati avanti per la stessa strada che ci ha contraddistinto, in ogni corsa cerchiamo di fare selezione, di trovare un modo per emergere, di portare a casa il risultato e in questo siamo tutti coinvolti.

Alla Tirreno, Davide Bais con la maglia di leader della classifica scalatori, poi chiusa al 4° posto
Alla Tirreno, Davide Bais con la maglia di leader della classifica scalatori, poi chiusa al 4° posto
Che cosa ti aspetta ora?

Il Lombardia e poi le corse in Veneto. Ne farò un paio prima di andare finalmente in vacanza e rifiatare. Ma sono contento di finire la stagione con questa condizione, perché dà una grande spinta a ripartire, soprattutto mentalmente.

Avete mai corso insieme, tu e Mattia?

E’ capitato da under 23, nelle file del Cycling Team Friuli, io ero al 2° anno e lui al 4° e non nascondo che era molto bello, riuscivamo a compensarci e a gestirci al meglio. Spero davvero che possa ricapitare da professionisti, io sono convinto che aiuterebbe entrambi.

Bais primo per i chilometri in fuga. Ma ora vuole di più

31.05.2022
4 min
Salva

Se l’obiettivo delle squadre di Savio – quest’anno Drone Hopper-Androni Giocattoli – è da sempre quello di salire sull’ultimo podio del Giro d’Italia, la missione si è compiuta anche quest’anno. Filippo Tagliani si è portato a casa la classifica dei traguardi volanti, Mattia Bais quella dei chilometri in fuga. Sembrano lontani anni luce i giorni in cui Mauro Vegni disse che al Giro non importa dei corridori che vanno in fuga. La pace ritrovata ha visto i corridori guidati da Ellena e Spezialetti buttarsi in tutte le fughe possibili, a cominciare dai giorni ungheresi, quando la coppia Bais-Tagliani si guadagnò l’onore delle cronache e il nostro articolo sul tema.

«Sembra passato tantissimo tempo da quei giorni – ha detto Bais a fine Giro – adesso si sente la fatica. Gli ultimi giorni ero stanco, però ho provato a dare tutto nelle due tappe di montagna prima di arrivare a Verona. E’ stato un Giro in cui ci ho provato parecchie volte, ma non sono mai riuscito a prendere un’occasione buona per arrivare al traguardo. E’ stato un po’ chiuso, perché tante fughe sono arrivate, ma si trattava dei big. E un po’ mi dispiace. Però va bene che ho tenuto la classifica dei chilometri in fuga, Mentre Pippo ha preso quella dei traguardi volanti…».

Gianni Savio ci teneva: «Voglio la prima fuga del Giro». Bais e Tagliani lo hanno accontentato
Gianni Savio ci teneva: «Voglio la prima fuga del Giro». Bais e Tagliani lo hanno accontentato

Costruendo il futuro

Seguendo le parole di Jacopo Mosca su giovani, attaccanti e gregari, Bais risponde appieno ai requisiti di corridore che ha imparato il modo per mettersi in luce e nel frattempo misurare le sue capacità e sarebbe anche pronto per un primo salto di qualità. Il suo contratto con la Drone Hopper scade alla fine di quest’anno e, tra conferma o nuove sfide, probabilmente questo Giro d’attacco si trasformerà in un solido biglietto da visita.

«Bisogna provare e riprovare – dice – perché poi il giorno che arriva il risultato la gente si ricorda. Oppure vanno a vedere anche che cosa hai fatto prima. Quindi esserci sempre è già un buon segno. Dopo ci vuole anche fortuna e sperare che vada tutto bene. Io ho sempre corso così, non mi viene difficile. E’ sempre stata mia caratteristica correre all’attacco, tutti i miei risultati li ho ottenuti così. Perciò per ora continuo a questo modo e in futuro si vedrà. Comunque mettere sempre la faccia al vento aiuta anche a crescere».

La metamorfosi

Ellena si è fatto un’idea chiara del ragazzo e sorridendo lo definisce nel pieno di una metamorfosi tecnica che potrebbe portarlo proprio a trovare una nuova dimensione.

«L’anno scorso – spiega il tecnico piemontese, che rientrerà in corsa al Giro dell’Appennino – Mattia era l’uomo sempre in fuga. Quando anche questa volta ci siamo resi conto che quella classifica delle fughe fosse al sicuro, perché aveva un grande margine, gli ho detto di ragionare sul 2023 e di provare a pensare a qualche fuga che potesse arrivare. Poi per mille motivi non c’è riuscito, per gambe e per naso. Certe cose ti riescono al primo colpo se sei un fuoriclasse, altrimenti le impari sulla tua pelle. Chiaro che certe fughe non fossero alla sua portata, per altre ha sbagliato i tempi. A Genova avevamo detto in radio che la fuga sarebbe partita dopo il traguardo volante. Zardini è riuscito a entrare per il rotto della cuffia. Mattia aveva già fatto due scatti prima e si è fatto trovare in coda al gruppo».

A Verona, Bais è stato premiato per la classifica dei chilometri in fuga, vinta su Tagliani e Rosa
A Verona, Bais è stato premiato per la classifica dei chilometri in fuga, vinta su Tagliani e Rosa

«Però va detto che in tutto questo Giro – continua Ellena – ci sono mancati Grosu e Restrepo, anche oltre la possibilità di fare risultato. Sarebbero stati i registi in corsa, quelli capaci di spiegare più di quanto possiamo noi dall’ammiraglia. Con i corridori mi piace ragionare a lungo termine, cercando di insegnargli qualcosa, sia che rimangano sia che vadano, non mi occupo io dei contratti. Ma la mia mentalità è sempre stata questa. E Bais è un ragazzo con cui si può lavorare ancora tanto e bene».

Bais-Tagliani, botta, risposta e risate con i fuggiaschi d’Ungheria

09.05.2022
6 min
Salva

Per due giorni, il primo e il terzo, il pubblico ungherese assiepato da ore per salutare il Giro venuto dall’Italia, ha visto passare loro due. Bais e Tagliani. Tagliani e Bais. Il terzo giorno c’era anche Rivi e questo, come ci diranno fra poco, ha complicato le cose.

«Nella riunione di stamane – ha scritto Savio il primo giorno – avevo detto a corridori e diesse che nella prima fuga del Giro non poteva mancare un uomo Drone Hopper. Bravi davvero Mattia Bais e Filippo Tagliani».

Rientrato dall’allenamento, Tagliani ha controllato l’altezza di sella prima di tornare in hotel
Rientrato dall’allenamento, Tagliani ha controllato l’altezza di sella prima di tornare in hotel

Il Giro in Italia

Stasera il Giro è a Siracusa, in un giorno di pioggia che non sembra d’essere di maggio nel sud della Sicilia. I corridori della Drone Hopper-Androni sono rientrati prima dall’allenamento, ma lo stesso qualche goccia l’hanno presa. Perciò, approfittando del tempo libero, invitiamo i due eroi d’Ungheria a bere un caffè. Filippo Tagliani, bresciano di 26 anni. Mattia Bais, 25 anni, trentino.

In fondo, se è vero che il pubblico ha visto loro per primi, vale anche il contrario. L’Ungheria l’hanno vista loro due prima degli altri: facciamocela raccontare.

BAIS: «Avevamo pianificato con Gianni di andare in fuga…».

TAGLIANI: «Per il ruolo in squadra, toccava a noi. Gli altri sono tutti scalatori. Solo speravamo che qualcuno ci seguisse. Il secondo giorno è partito Rivi e siamo andati con lui, ma come gestione, forse è stato meglio il primo giorno quando eravamo solo noi».

Bais ride. Rivi è suo corregionale, entrambi trentini, entrambi amanti del vento in faccia.

TAGLIANI: «Tanta gente. Il bello è che passavamo in mezzo ai campi o a qualche paese, ma vista la quantità di gente, c’è da pensare che fossero venuti dai posti intorno. Da noi si affacciano sulle porte e poi rientrano, qua c’era proprio la folla».

BAIS: «Il Giro ha attirato davvero tanta gente (fissa un punto, poi torna a guardare, ndr».

Prima tappa, si arriva a Visegrad, Bais tira, Tagliani a ruota
Prima tappa, si arriva a Visegrad, Bais tira, Tagliani a ruota

Chilometro zero

Due in fuga dal chilometro zero in terra straniera. La stessa maglia, chiaramente non è stato per caso.

TAGLIANI: «Tutta quella gente ci spingeva, anche se il tifo più impressionante l’ho visto nella crono. Essere in fuga fra compagni è bello, ti gestisci con lo stesso obiettivo. Dopo un po’ non si parlava più di Bais e Tagliani, ma di Drone Hopper-Androni. Credo che per gli sponsor sia stato importante».

BAIS: «Il primo giorno siamo andati ancora più forte…».

TAGLIANI: «Non si va a blocco, ma si spinge sempre. Dire se abbia visto qualche panorama particolare? Direi una balla. Quando sei lì, guardi la strada davanti e il computerino».

BAIS: «Non è vero, una cosa l’abbiamo vista – scoppia a ridere – le ciclabili…».

TAGLIANI: «Sono state il nostro incubo di tutto il giorno – ride anche lui – anche se in certi momenti ci veniva da ridere. I cicloturisti si mettevano accanto e andavano come noi, li avete visti? E io pensavo: se quelli ci pedalano accanto con la bocca chiusa, allora andiamo davvero piano…».

BAIS: «Ma loro dopo 500 metri si fermavano, noi avevamo fatto 150 chilometri e non avevamo ancora finito!».

Una folla incredibile ha accolto il Giro in Ungheria: tutti i corridori sono stati concordi
Una folla incredibile ha accolto il Giro in Ungheria: tutti i corridori sono stati concordi

Il senso della fuga

Eppure dopo un po’ che parlano, la domanda si affaccia: qual è il senso di certe cavalcate, se poi bastano 300 metri di volata perché non se ne parli più? E’ cattiva, ne siamo consapevoli, ma i due fuggiaschi rispondono perfettamente a tono.

TAGLIANI: «Forse siamo stati oscurati, ma le squadre dietro ci hanno detto: “Per fortuna ci siete stati voi”. Col fatto che il traguardo del Gpm il primo giorno era al traguardo, le WorldTour sono rimaste ferme. Non c’erano motivi per attaccare. A volte non capisco le loro politiche. Non tutti hanno il velocista che vince lo sprint o l’uomo che vince il Giro, non tutti possono essere protagonisti aspettando i finali, eppure non si sono mossi».

BAIS: «E non è che Savio ci martelli più di tanto. Parla in modo realistico. Sa chi siamo e cosa possiamo fare. E anche se non erano tappe adatte a noi, siamo andati. Speravamo si attaccasse qualcuno per risparmiare un po’. Ma il giorno dopo c’era la crono, alla fine non abbiamo speso troppo».

TAGLIANI: «Se vuoi fare queste cose, non si pensa al domani».

BAIS: «In tivù si dice che ti tengono a bagnomaria. In realtà siamo sempre in contatto via radio, sappiamo cosa succede dietro».

TAGLIANI: «La verità è che la fortuna della fuga dipende dal gruppo. Quando si avvicinano, magari aumenti un po’ per tenerli a due minuti. Stare là davanti sapendo di essere nel mirino fa parte del gioco. Così quando Rivi ha attaccato, io mi sono rialzato per provare a buttarmi nello sprint, ma ho chiesto troppo a me stesso».

Si passava per campagne disabitate, ma le strade erano piene di gente
Si passava per campagne disabitate, ma le strade erano piene di gente

Divisione dei compiti

Chi tira? Quanto tira? Come ti dividi i compiti se sei in due della stessa squadra? E cosa cambia quando arriva un Rivi qualunque che fa ovviamente il suo gioco?

BAIS: «Cercavamo di tirare più lungo possibile. Le strade erano buone, si andava bene. Con Rivi, avevamo deciso di tirare 1’30” ciascuno. Quando eravamo solo noi, ci siamo aiutati. Se uno era stanco, l’altro faceva di più. Le due fughe le abbiamo gestite in modo diverso. Anche perché con Rivi bisognava stare attenti ai traguardi volanti. Lui ci ha provato, noi li abbiamo vinti entrambi».

TAGLIANI: «Eppure in mezzo a tutti questi ragionamenti, ha vinto la gente. Il Giro è uno spettacolo. Vedi le persone felici, anche solo per un passaggio di 5 secondi. Fanno festa, applaudono e questo vale più della gara stessa. Tanti hanno criticato la partenza dall’Ungheria. Chi è del settore, sa che è necessario andare. In ogni caso, come pubblicità per l’Italia è stata impagabile. Non si parlava di Ungheria, si parlava del nostro Paese. E le bandiere erano rosa…».

Si scherza, Bais intervista Tagliani: «A cosa si pensa stando così tanto tempo in fuga?»
Si scherza, Bais intervista Tagliani: «A cosa si pensa stando così tanto tempo in fuga?»

E adesso?

Domani l’Etna, che se dovesse piovere ancora, in cima farà anche freddo. L’ultima volta rimanemmo per ore a battere i denti, in attesa che arrivassero, ma era d’ottobre.

BAIS: «Per fortuna c’è l’arrivo in alto, sennò sai che freddo! Domani tocca agli altri compagni, vedendo se se la sentiranno di aspettare l’Etna o vogliano muoversi prima. Cercando di capire cosa vorrà fare il gruppo».

TAGLIANI: «A me piacerebbe buttarmi in uno sprint uno di questi giorni. Ma siamo professional, c’è da sgomitare anche per fare ottavo. E’ vero che i corridori delle WorldTour sono lì perché sono più forti, però…».

BAIS: «Hanno anche più responsabilità, devono portare avanti i capitani».

TAGLIANI: «E noi alla fine arriviamo sul pullman ugualmente stanchi morti. Accendiamo i telefoni e i complimenti arrivano lo stesso. Siamo consapevoli del nostro ruolo e i complimenti fanno sempre piacere».

BAIS: «Anche per i parenti. Il primo giorno siamo stati in diretta per 4 ore, solo noi. A casa erano contenti. Spero che lo siano stati anche gli sponsor».

Umba il bimbo gentile, raccontato dai suoi compagni

02.08.2021
5 min
Salva

Santiago Umba, ennesimo volto di un ciclismo professionistico sempre più giovane. Anzi, giovanissimo. Il colombiano dell’Androni Giocattoli-Sidermec non ha ancora 19 anni, li compirà a novembre. In Alsazia ha colto già la sua prima vittoria da pro’ e lo ha fatto su una salita che è un simbolo del ciclismo e tra l’altro molto cara a noi italiani: la Planche des Belles Filles. 

Ragazzo serio, educato (questa potrebbe essere la “parola d’ordine” di Umba) e chiaramente molto forte. Di lui ci parlano i suoi compagni. Coloro che lo vedono in gruppo e fuori.

Umba vince a la Planche des Belles Filles
Umba vince a la Planche des Belles Filles

Non solo scalatore

«Certe volte ti fa sembrare facili delle cose che facili non sono – dice il più esperto Alessandro Bisolti – Tu sei a tutta e lui a fianco a te “tira una sassata” e va via. Non sto qui a parlare di watt, numeri e valori, non spetta a me, ma per avere 18 anni corre davvero bene. Nei momenti decisivi c’è sempre. E poi sì, va forte in salita, ma è anche veloce. Su strappi e salite corte forse va anche più forte che sulle lunghe scalate. E questo va molto bene pensando al ciclismo moderno».

Bisolti lo vede in gruppo. Parla di un ragazzo che non ha paura a buttarsi dentro nella bagarre e non è poco alla sua età.

«Okay, il ciclismo è cambiato – a Livigno ho visto addirittura degli allievi fare altura – ma io quando avevo 18 anni ero a fare la corsa del campanile a Brescia e lui vince alla Planche. Ma quello che più mi piace di Umba è com’è fuori dalla bici – riprende Bisolti – In 12 anni di professionismo ne ho visti di corridori, ma Santiago ti porta a sputare l’anima per lui. Quando sono tornato a casa l’ho detto a mia moglie Sara: Umba è di una gentilezza e di un’educazione incredibili. Impossibile non aiutarlo al massimo. Nell’ultima tappa è caduto e noi lo abbiamo aspettato. Era tutto rotto e a fine tappa ci ha detto: scusatemi che vi ho fatto faticare. Oppure quando era in testa alla classifica: potete tirare? Non l’ho mai visto lamentarsi di nulla: delle trasferte troppo lunghe, della bici, del cibo che soprattutto quando vai in Francia non è mai super».

Bisolti (a destra) al fianco di Umba al Tour d’Alsace
Bisolti (a destra) al fianco di Umba al Tour d’Alsace

Giovane ma motivato

Con Bisolti, il più esperto dei compagni ci dilunghiamo. Alessandro ha l’occhio lungo. Il bresciano non è da molto all’Androni e non ha poi così confidenza con i sudamericani. Essendo stato alla Nippo-Fantini ha più dimestichezza con russi ed asiatici e allora ecco che l’unico paragone calzante è quello con Sosa.

«Santiago però è più completo: in pianura va più forte. Se mantiene queste caratteristiche fisiche e questo carattere potrà fare molto bene. E poi è un ragazzo che ascolta. Tu gli parli e vedi proprio che elabora ciò che gli stai dicendo. E lo mette in pratica.

«Ha una grande motivazione. Qualche sera fa si parlava dello stare lontano da casa. Io gli ho detto che non so se sarei in grado di stare tre mesi di seguito senza la famiglia, con moglie e bimbe. Lui mi ha risposto: ma a me, Alessandro, piace correre!».

Umba (di spalle) ringrazia Ravanelli dopo la vittoria a la Planche des Belles Filles
Umba (di spalle) ringrazia Ravanelli dopo la vittoria a la Planche des Belles Filles

Faccia da bimbo, gambe da campione

Un altro di coloro che più è stato vicino ad Umba in questa sua prima stagione europea è Simone Ravanelli. Anche Ravanelli parla di un ragazzo che ringrazia sempre, che è educato

«Umba è un colombiano atipico – spiega Simone – non è uno dei tipici sudamericani “pieni di vita”, ma è più tranquillo e introverso. La prima volta che l’ho visto è stata quest’inverno in ritiro ad Alassio. Mi ha colpito la sua faccia da bambino. Si vedeva che aveva 18 anni. Per esempio abbiamo in squadra anche Ponomar che ha 18 anni, ma lui è un uomo. Santi è un “bimbo”! Me ne parlarono Malucelli e Tagliani che lo avevano visto qualche settimana prima in quanto avevano corso con lui la Vuelta al Tachira. Mi avevano detto che pedalava bene, molto bene».

E’ molto interessante poi il giudizio tecnico di Ravanelli. E qui si scopre un Umba che deve ancora lavorare un po’ per quel che riguarda la tattica. Perché se è vero quel che dice Bisolti, cioè che non ha paura a buttarsi nella mischia, è anche vero che deve farlo meglio.

«Per me – dice Ravanelli – deve prendere un po’ più confidenza in gruppo. Per esempio, in Alsazia è caduto due volte nell’ultima tappa. E poi sta spesso dietro. E’ una questione anche di mentalità. Tu lo porti avanti, ma fa fatica a restarci. Era successo anche alla Coppi e Bartali che cadesse quando era nelle prime posizioni. Però di buono è che ascolta i consigli. E poi è sì giovane e con la faccia da bimbo, ma fisicamente è abbastanza maturo. Guardate le sue gambe: sono messe bene. E ha comunque margine di crescita. In più non ha eccessi. Fa la “vita giusta”, ma senza esagerare come per esempio nell’alimentazione».

Umba sui rulli in quota a Gressoney
Umba sui rulli in quota a Gressoney

Esplosività e sterrati

E di margini, di educazione e voglia di fare ci parlano anche Mattia Bais e il diesse Giovanni Ellena, con il quale Umba è in quota a Gressoney in questi giorni.

«Umba – dice Bais – è un ragazzo tranquillo. E’ simpatico ed amichevole. La cosa che mi ha colpito del suo profilo da ciclista è che è molto forte in salita, ma al tempo stesso è anche esplosivo. È ancora parecchio giovane ma sta già dimostrando tanto».

Chi sta lavorando per limare quei margini e per farlo crescere nel migliore dei modi è Giovanni Ellena, tecnico bravissimo e dalla sensibilità sopraffina. Giovanni lo sta seguendo in montagna. E a volte gli stimoli passano anche attraverso piccole “variazioni di programma”, magari facendo di necessità virtù. I ragazzi escono in allenamento. Fanno i loro chilometri, le loro uscite e poi per tornare in hotel devono prendere un impianto di risalita. Che però non li porta precisamente a destinazione. Con lo zaino in spalla e le scarpe da ginnastica risalgono il tratto finale… in bici.

«E’ un tratto ripidissimo – dice Ellena – l’hotel è a quota 2.450 metri. La funivia parte da 1.700 metri e arriva a quota 2.350. Quindi si fanno gli ultimi 100 metri di dislivello in bici su strada sterrata».

Mattia Bais, Davide Bais, Rovereto, novembre 2020

Metti un bel giorno coi fratelli Bais

Giada Gambino
07.11.2020
7 min
Salva

Tra le salite e i bei paesaggi del Trentino sfrecciano sulle loro bici i fratelli Bais, che hanno il comune sogno di vincere una tappa al Giro d’Italia. Nell’ultima stagione Mattia ha corso alla Androni Giocattoli, mentre Davide (di due anni più giovane) ha proseguito al Cycling Team Friuli. E’ magnifico quanto i due si somiglino per certi aspetti e quanto, invece, siano completamente diversi per altri… 

Davide Bais, 2020
Davide Bais, il più giovane dei due fratelli trentini: è nato nel 1998
Davide Bais, 2020
Davide Bais, il più giovane, classe 1998
Mattia Bais, Justine Mattera, Coppa Bernocchi, 2019
Mattia Bais, classe 1996, con Justine Mattera alla Bernocchi del 2019
Mattia Bais, Justine Mattera, Coppa Bernocchi, 2019
Mattia Bais, classe 1996, con Justine Mattera
Definisciti con tre aggettivi 

Davide: «I miei compagni dicono spesso che sono generoso e forse è vero; sicuramente sono determinato, non ho mai perso un allenamento e non sgarro mai in niente. Sinceramente mi viene più semplice definirmi come ciclista: sono un passista scalatore e mi piacciono molto gli arrivi ristretti». 

Mattia: «Sono grintoso, un po’ determinato, no dai… abbastanza determinato, e serio». 

Tuo fratello invece? 

Davide: «E’ molto serio, mette tanta passione e si diverte sempre. La sincerità, sicuramente, non gli manca». 

Mattia: «A volte è un po’ timido, anche lui è determinato sui suoi obiettivi ed, infine (sorride, ndr) è… testone!».

Il Cycling Team Friuli è stato importante per la tua formazione ? 

Davide: «Mi ha dato veramente tanto. E’ una squadra seria, siamo seguiti benissimo sotto tutti i punti di vista, anche per quanto riguarda l’assetto in bicicletta. Più che un team lo definisco una famiglia, gli allenatori mi seguono ogni giorno e mi danno morale e sostegno. Far parte di questa squadra è motivo di grande orgoglio». 

Mattia: «Senza di loro probabilmente oggi non sarei qua. Mi ha aiutato a crescere tantissimo, come atleta e come persona, è stata una scuola di vita. Mi hanno aiutato anche nei momenti difficili e se sono riuscito a concludere il primo anno da professionista è anche grazie a loro e a quello che sono riusciti a darmi». 

Mattia Bais, Giro d'Italia 2020
Al Giro d’Italia, Mattia ha vinto la classifica per i chilometri in fuga: ne ha percorsi 458.
Mattia Bais, Giro d'Italia 2020
Al Giro, Mattia ha vinto la classifica per i chilometri in fuga
Davide Bais, 2019, Trofeo Bianchin
Anche a Davide piace andare in fuga: qui siamo al Trofeo Bianchin del 2019
Davide Bais, 2019, Trofeo Bianchin
Anche Davide sa andare in fuga: qui Bianchin 2019
Quando correvate insieme Davide aiutava molto Mattia… 

Davide: «Ero più io che volevo questa cosa, magari anche “sacrificando” un po’ la mia corsa. Volevo che mio fratello passasse professionista, era relativamente grande e si meritava di fare questo importante passo». 

Mattia: «Il fratello minore non può battere il maggiore, bisogna farlo lavorare prima… per farlo fuori (ride, ndr). Scherzi a parte, lui era molto disponibile, ci teneva che passassi e mi ha dato una grossa mano;  devo solo ringraziarlo. Sono molto contento per lui dal momento che quest’anno è riuscito a togliersi diverse soddisfazioni». 

Cosa invidi a tuo fratello ?

Davide: «La sua forza. Riesce sempre ad andare in fuga, cosa che io non riesco spesso a fare. Mi piace l’impegno che mette in tutto ciò che fa anche in allenamento e spesso cerco di essere come lui». 

Mattia: «Il fatto che è un po’ più forte di me in salita; io sono un passista, lui potrebbe diventare un buon scalatore. E poi… io ingrasso e lui è sempre magro. Magari mangia dieci volte più di me, ma non ingrassa. Questo, senza dubbio, è motivo di grande invidia (ride, ndr)». 

Come ti diverti quando non sei in bicicletta ?

Davide: «Quando ho tempo, mi piace aiutare mio padre nella sua azienda edile, non faccio chissà cosa… qualche piccolo lavoretto». 

Mattia: «Ho diverse passioni. D’inverno mi piace camminare in montagna e vedere posti nuovi. Mi piace stare con gli amici; quest’anno sono stato per mesi senza vedere nessuno e non è stato bello». 

Davide Bais, Mattia Bais, 2019
Lo scorso anno i due fratelli hanno corso anche insieme (foto Scanferla)
Davide Bais, Mattia Bais, 2019
Nel 2019 hanno corso anche insieme (foto Scanferla)
A tal proposito: com’è stato allenarsi in quarantena ? 

Davide: «Avendo il giardino e una piccola palestra in casa sono stato fortunato nella sfortuna». 

Mattia: «Devo dire la verità… a metà quarantena ho avuto un periodo di crisi, non ce la facevo più. Però ho cercato di tenere una buona motivazione e ci sono riuscito. Appena è stato possibile sono subito tornato su strada, non vedevo l’ora!  Poi, un po’ per caso e con grande fortuna, la mia ragazza Iris (che corre con il team Fassa Bortolo), è stata in quarantena con me». 

C’è un ciclista che ti ispira?

Davide: «Alessandro De Marchi e Cesare Benedetti danno sempre il massimo in corsa. Eanche se non vincono, nei momenti più duri sono sempre a tirare per i propri capitani. Poi… Valverde è un corridore che mi piace, in ogni corsa riesce sempre a piazzarsi e a dire la sua».

Mattia: «Direi… De Marchi, per il suo modo di correre simile al mio o forse sarebbe meglio dire che a volte ho un modo di correre simile al suo. In Friuli ci siamo spesso allenati insieme, mi ha dato sempre dei buoni consigli e mi piacerebbe diventare come lui». 

Andare in fuga… 

Davide: «E’ sempre una grande emozione. Quando sei in fuga anche se magari non sei al 100% riesci a trovare la forza che hai dentro, a tirarla fuori e ad arrivare il più lontano possibile. In gruppo puoi spenderti un po’ meno per avere una spinta in più al traguardo, mentre quando sei solo ti tocca pedalare a più non posso finché puoi».

Mattia: «E’ qualcosa che mi piace, che mi sento dentro, faccio fatica a descriverlo ma mi da veramente tante emozioni. Mi piace crearmi il mio ritmo quando sono in fuga, senza essere portato in giro da altri». 

Essere padre ed essere un ciclista professionista secondo te è… 

Davide: «Difficilissimo! Vedi poco la tua famiglia e ti potresti perdere dei momenti importanti. Anche in questo caso Alessandro De Marchi per me è un esempio: ha un rapporto fantastico con la moglie e il figlio, cerca di stare con loro il più possibile. Se un giorno sarò padre, probabilmente vorrò essere come lui».  

Mattia: «Molto complicato. Facendo questo lavoro, passi molto tempo lontano da casa e avendo dei figli, dovresti viverli a distanza. Ora come ora, sinceramente, non ci voglio pensare!».

Davide Bais, Mattia Bais, Rovereto 2020
I due fratelli vivono insieme a Nogaredo, alle porte di Rovereto
Davide Bais, Mattia Bais, Rovereto 2020
I due fratelli vivono a Nogaredo, vicino Rovereto
Qual è la gara che ricordi di più ? 

Davide: «Nella prima tappa del Giro d’Italia U23 sono arrivato quinto. Avrei sperato di vincere e indossare la maglia rosa, ma non ci sono riuscito e mi dispiace. La più bella è sicuramente quella nel Valdarno di qualche settimana fa, conquistata con un’azione solitaria di 35 chilometri. Una vittoria voluta e cercata».

Mattia: «Sicuramente l’ultimo Giro d’Italia. Anche solo il fatto di aver partecipato è stato motivo di grande motivazione e orgoglio. Ho preso quattro o cinque fughe e mi sarebbe piaciuto arrivare in fondo. La corsa rosa non è semplice, ma ci riproverò il prossimo anno. In compenso, però, salire sul palco a Milano, per la classifica del maggior numero di chilometri in fuga, è stato qualcosa di indescrivibile». 

Se non fosse corridore, a quest’ora cosa farebbe tuo fratello?

Davide: «Forse lavorerebbe nella ditta di mio padre. Al primo anno da dilettante non è andato come si aspettava e a metà anno aveva quasi smesso di correre. Così è andato a lavorare con nostro padre. Quel periodo sicuramente l’ha aiutato a capire com’è fatto il mondo fuori dal ciclismo e quanto sia bello il nostro sport. Infatti, non appena è arrivato al Cycling Team Friuli ha capito che il ciclismo era la sua strada. Sarebbe stato un vero peccato se avesse smesso». 

Mattia: «Studiare sicuramente no, perché non ne ha mai avuto voglia. Probabilmente sarebbe andato a lavorare nell’azienda di mio padre».  

Che consiglio daresti a tuo fratello per la prossima stagione ?

Davide: «Di impegnarsi al massimo e magari di ottenere qualche risultato importante. Quest’anno era sempre lì alla ricerca di una vittoria o di un buon piazzamento, si merita qualcosa di molto bello». 

Mattia: «Di prepararsi bene, di non perdere tempo e iniziare subito con il piede giusto. Se in futuro ci dovessimo trovare in una fuga insieme? Anche se fossimo in squadre diverse lo obbligherei a tirare per me (ride e scherza, anche se forse vorrebbe che fosse realmente così, ndr). Magari ci potremmo alleare per far saltare gli altri compagni di fuga. Posso dire che andiamo d’accordo… ogni tanto.