Come si gestiscono i fratelli in squadra, parola a Zanatta

03.04.2023
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Essere fratelli nella stessa squadra: il ciclismo, ma lo sport in generale, più volte ha proposto questa situazione. Ci sono punti di forza e altri meno, specie se tra i due c’è un corridore di primissimo piano e uno che va decisamente meno. Senza tornare ai tempi di Serse e Fausto Coppi, abbiamo analizzato questo aspetto con Stefano Zanatta.

Il direttore sportivo della Eolo-Kometa, oggi si ritrova i fratelli Bais, Davide e Mattia (in apertura foto Borserini), ma in passato ha avuto a che fare con i Sagan, Jurai e Peter, e chiaramente un po’ di esperienza in merito ce l’ha.

Zanatta (con Basso, a sinistra) in riunione sul bus prima di una corsa
Zanatta (con Basso, a sinistra) in riunione sul bus prima di una corsa
Stefano, dai Sagan in cui cera un “centro di gravità”, ai fratelli Bais…

Chiaramente tutto è diverso, Peter… era Peter: un gigante. Fu lui ai tempi della Liquigas a volere il fratello in squadra. Dopo le prime vittorie quando gli chiedemmo di prolungare il contratto, lui chiese però di ingaggiare Jurai. Peter era così, voleva aiutarlo, era il suo lato umano.

Dicevamo che Peter era un super corridore, il fratello ben più normale: come si gestiva questo rapporto?

Togliendo i ritiri, che Peter amava fare in California, per il resto facevano vita a sé. Avevano preso un appartamento a Cima d’Olmo e conducevano la loro vita. E non sempre correvano insieme. 

Quando erano alle corse condividevano la stanza?

Raramente. Peter era in camera molto spesso con Da Dalto, Oss o chi altro c’era… In squadra erano considerati due corridori, non due fratelli. Ed è quel che succede con i Bais. Quel che cambia per noi, in meglio, quando si ha a che fare con due fratelli è la logistica: organizzare le partenze è più facile! Se fanno la stessa gara c’è un solo aereo, un solo transfer. 

Era il 2011 e Jurai Sagan, raggiungeva il fratello Peter alla Liquigas, dove uno dei diesse era Zanatta. I due hanno sempre corso insieme
Era il 2011 e Jurai Sagan, raggiungeva il fratello Peter alla Liquigas, dove uno dei diesse era Zanatta
E’ chiaro…

Di certo noi non abbiamo preso Mattia per fare compagnia a Davide. Loro vivono insieme, a volte si allenano insieme, condividono molto. E Mattia, che è più esperto (ha un paio di anni di più, ndr) dà qualche consiglio a Davide.

A proposito di prendere Mattia. Ricordiamo una frase di Ivan Basso a bordo strada di una Tirreno. Mattia era ancora con l’Androni e ci fece: «Mattia Bais, per adesso è con loro, ma magari lo prenderemo»: è stato di parola…

Eh sì. Mattia è arrivato un po’ tardi questo inverno, all’ultimo minuto direi. Lui si è liberato dalla Drone Hopper per quel che è successo alla squadra (la chiusura del team, ndr). A noi anche si è liberato un posto. Il suo profilo era buono per il nostro team, visto che Mattia è un attaccante, un coraggioso. Inoltre aveva già vinto due volte il premio delle fughe al Giro… Ci è sembrato utile alla nostra causa e lo abbiamo ingaggiato.

E come sono i rapporti tra loro? Tu che sei diesse come li vedi? Si ha la sensazione di uno più forte dell’altro?

In questo caso hanno caratteri e caratteristiche simili. Sono generosi e altruisti. A volte l’ambizione è provare a fare di più. E’ uno sprone a vicenda, ma sempre per la squadra. Alla Tirreno per esempio c’era da dare una mano a Davide per la fuga e anche Mattia ci si è buttato, senza pensarci troppo. Anche se un filo di agonismo c’è. Quello buono, del tipo: «Se c’è riuscito lui, ci posso riuscire anche io». Sono “rivali” per certi aspetti e questo è stimolante.

Davide (classe 1998) e Mattia (classe 1996) alla sua ruota, in fuga insieme durante l’ultima Tirreno
Davide (classe 1998) e Mattia (classe 1996) alla sua ruota, in fuga insieme durante l’ultima Tirreno
Se magari arriva qualche rimprovero, qualche ramanzina da parte del team c’è chi veste i panni dell’avvocato difensore?

Beh, non è che vada proprio così. Sono professionisti, non si fanno ramanzine: piuttosto si analizzano eventuali errori dopo una gara. Se invece c’è qualcosa di più serio, si parla a tutta la squadra, tanto quello che ha sbagliato lo sa che ci si riferisce a lui, ma il monito vale per tutti. Quindi direi di no: nessun avvocato difensore.

Insomma prima sono professionisti e poi fratelli. Jurai si sentiva mai in obbligo nei confronti di Peter?

No, non mi è sembrato almeno. E neanche noi ci sentivamo in obbligo di farlo con Peter. Anche perché erano molto diversi. Poi è chiaro, se avessimo avuto i fratelli Schleck, che potevano vincere ovunque e grandi corse, magari le cose sarebbero potute andare diversamente. Ripeto: erano considerati due atleti distinti del team, così come i fratelli Bais oggi alla Eolo-Kometa.

Prima hai accennato a quel filo di sana rivalità: a casa si aiutano? Si allenano insieme?

Direi di sì, ma anche in questo caso ci sono delle differenze. Mattia e Davide hanno due preparatori differenti. Sono entrambi due coach del team, ma sono in due distinti gruppi di lavoro. Quando è arrivato Mattia infatti, la divisione era già fatta ed è finito con il coach che aveva il posto libero. Pertanto molto spesso fanno lavori specifici differenti. Magari uno esce alle dieci e l’altro alle nove. Uno deve fare la distanza e l’altro tre ore di specifici. Di buono c’è che in quella zona (il Trentino, ndr) ci sono altri corridori e capita ogni tanto che escano tutti insieme. Per dire il loro programma: in questi giorni Mattia è sul Teide e Davide alle corse.