La salita con più passaggi e arrivi della storia, il Montjuic che ne conta ben 154, seguono il Col du Tourmalet con 61 e il Col d’Èze con 51. Una statistica sicuramente viziata dalla Volta Ciclista a Catalunya nonché la quarta più antica gara a tappe (1911) per professionisti, che ogni anno si conclude sulle pendici del monte catalano.
Una salita breve (2,7 km con pendenza media 4,7%) ma che ha visto passare campioni di ogni epoca e nazione e ospitato il campionato del mondo del 1973 con Felice Gimondi campione. Una lingua d’asfalto che si arrampica alla sommità posta a 173 metri d’altezza da dove è possibile guardare le bellezze a perdita d’occhio della città di Barcellona. Scopriamo questa breve ma intensa salita insieme a Simone Petilli della Intermarché Circus Wanty che l’ha da poco affrontata alla corsa catalana.
Simone, in quale parte del mondo sei?
Sono in altura a Sierra Nevada, sono rimasto in Spagna direttamente dopo la corsa. Rimango qua due settimane e poi vado direttamente al Giro di Sicilia, successivamente ritornerò per altre due settimane in quota per finire la preparazione sperando di essere poi selezionato per il Giro d’Italia.
Parliamo della salita del Montjuic, quante volte l’hai affrontata?
E’ la quarta volta come le mie partecipazioni al Catalunya che tutti gli anni finisce lì.
In che tipo di tappa è inserita?
E’ una tappa impegnativa perché, nonostante sia corta, si va forte tutto il giorno e la salita è bella per il contesto e sopratutto perché c’è sempre tantissima gente, complice anche il fatto che la corsa si chiude di domenica.
Per farci capire meglio, la paragoneresti a qualche salita nostrana?
Da paragonare è difficile, non saprei trovare un’altra salita con queste caratteristiche. Inizia abbastanza regolare, si passa sotto l’arrivo e da lì è pedalabile. Ci sono due tornanti e poi da metà spiana e scende un po’, poi inizia la parte finale che è quella più impegnativa. Si prende con un’alta velocità perché si arriva da una leggera discesina per poi immettersi sulla rampa subito dura. E’ una salita in cui bisogna soffrire. Non si fanno alte velocità nel finale perché è impossibile viste le pendenze sopra al 10%. Appena finita saper rilanciare è fondamentale.
Ok, analizziamola meglio. Con che rapporti l’hai affrontata?
La prima parte essendo molto pedalabile si sale con il 54 e a velocità vicine ai 30 km/h. Segue la parte intermedia dove si prende ancora più velocità e infine la rampa conclusiva che si affronta con i rapporti più agili. Le velocità oscillano tra i 10 e i 15 all’ora. Noi usiamo 54-39 e 11-34. I primi giri penso di averli fatti con il 39×34 mentre gli ultimi tenevo il 30 nella parte impegnativa.
Quanto è lunga l’ultima parte?
Saranno 500/600 metri che si riassumono in circa due minuti di sforzo molto intenso.
Si guardano i dati in quei momenti?
In quelle situazioni seguo solo le sensazioni e cerco di gestirmi al meglio. Cercavo di prenderla nella migliore posizione possibile e con la maggior velocità, poi dopo si trattava di gestire. La maggior parte la facevo fuori sella perché mi trovo meglio senza guardare né dati né cardio.
Ci hai detto che una fase delicata è anche quella dello scollinamento. Spiegaci…
Il punto di scollinamento ha una velocità molto bassa, sia perché è veramente dura sia perché hai dato tutto. Arrivati in cima si gira a destra c’è qualche metro di ciottolato e dopo inizia subito la discesa. Riuscire a rilanciare subito è fondamentale e si fa la differenza perché la discesa è molto veloce. L’ho provato in prima persona quando ho scollinato a pochi metri da un corridore ma essendo a tutta e senza la prontezza di rilanciare subito capitava di prendere dei metri che poi diventavano difficili da chiudere.
Il manto stradale in che condizioni è?
L’asfalto è perfetto anche perché è all’interno del parco del Montjuic, ho sempre trovato delle buone condizioni. La strada è molto larga e si stringe solo nella parte conclusiva, ma comunque c’è sempre ampio spazio per passare. Stesso discorso vale per la discesa, molto ampia e veloce in particolare ci sono due curve che si fanno a piena velocità senza toccare i freni.
La carreggiata è ampia?
Se uno ha gambe ha sempre la possibilità di recuperare anche in salita. Nel ciclismo moderno la posizione è sempre più importante. In un percorso del genere è importante stare davanti, ma giro dopo giro sono le gambe a parlare e a determinare la posizione.
Hai parlato della presenza di tanto pubblico…
Tutti gli anni c’è sempre grande tifo. Il Catalunya è una corsa importante. Finendo di domenica in un circuito che si ripete più volte, attira molti tifosi e devo ammettere che sulla parte più dura della salita c’è sempre un alto numero di tifosi che ti da una gran mano a livello emotivo e questo è sempre un piacere del ciclismo.
Che cosa rappresenta per te questa salita?
E’ una salita bella da fare e che ha il suo fascino essendo la tappa finale da sempre. Vedendo anche cosa dicono i siti di ciclismo e i giornali vincere la tappa del Montjuic ha un valore un po’ particolare. Penso che nel palmares di un corridore la vittoria ad una tappa del Catalunya e una al Montjuic hanno un peso differente. Nonostante sia la stessa corsa, alzare le braccia qui regala qualcosa in più nella carriera di un corridore.
Si adatta alle tue caratteristiche?
Non è il tipo di sforzo ideale per me. Come dicevo la parte conclusiva richiede un impegno di circa due minuti. Mi trovo meglio con sforzi più lunghi. Però mi sono sempre trovato bene in questa tappa perché arriva l’ultimo giorno e soprattuto si ripete tante volte. E’ tutta salita o discesa senza respiro, e arrivati all’ultimo giro la stanchezza e il fondo fanno la differenza.