Scartezzini e Bertazzo su strada. Villa, a te la parola

02.04.2021
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Liam Bertazzo e Michele Scartezzini, due pistard su strada. Li avevamo visti alla Coppi e Bartali, pedalare sotto gli occhi del cittì Marco Villa che era venuto in Romagna appositamente per loro.

E proprio con il cittì del parquet (in apertura di spalle con Scartezzini, ndr) parliamo di questi due “vagoni” del team che ruota attorno al quartetto delle meraviglie. “Scarte” ha corso in azzurro e Bertazzo con la maglia della sua squadra, la Vini Zabù.

La mole di Scartezzini (in penultima ruota) durante la cronosquadre della Coppi e Bartali
La mole di Scartezzini (in penultima ruota) durante la cronosquadre della Coppi e Bartali
Marco, come hai visto i tuoi ragazzi in corsa?

Liam qualcosina di più aveva fatto ad inizio stagione, ma era un anno e mezzo in pratica che non correva sua strada. Ricordiamo che lui era stato rallentato dall’ernia al disco. Alla fine si era dovuto anche operare, ma sta recuperando bene. Scarte invece non avendo un team per correre su strada, quando c’è la nazionale ne approfittiamo in accordo con Marino Amadori per buttarlo nella mischia. E’ un qualcosa che chiaramente rientra nel progetto olimpico.

Quali sono state le loro difficoltà maggiori?

Che erano alle prime gare. Hanno trovato un livello molto alto: hanno faticato un po’ con il ritmo, non era tanto il discorso che sono dei pistard che passano alla strada. Viviani o Consonni cosa sono allora? Pistard o stradisti? Per me sono atleti della nazionale. Liam e Michele hanno fatto fatica, perché non avevano giorni di corsa nelle gambe. E comunque non sono stati da meno rispetto a tanti altri.

Liam Bertazzo in azione alla Coppi e Bartali
Liam Bertazzo in azione alla Coppi e Bartali
E con la distanza? Hai qualche dato che certifichi il loro maggior dispendio energetico, pensando alla loro muscolatura importante?

Sì, il cronometro! Osservavo le classifiche e vedevo che arrivavano a 10′, 20′ dai primi. Ma è normale, come detto non avevano quel ritmo gara. Poi però guardo le graduatorie – il tono di Villa si fa più serio – e vedo anche che Hayter ha vinto una tappa e ha fatto quinto nella generale: e lui fa parte del quartetto inglese. Questo per dire che fare strada e pista è ormai un qualcosa di normale per chi fa certe attività.

Perché è importante fargli fare queste corse?

Nell’eventuale convocazione olimpica tutti loro, anche Bertazzo e Scartezzini, devono essere al pari di Ganna, Consonni, Viviani… che corrono con costanza su strada e tanto più nel WorldTour, è questione di omogeneizzare il lavoro. Deve esserci sintonia anche in questo.

Non si lascia nulla al caso, insomma… Ci ha colpito una foto di Scartezzini a crono: in pista sembra piccolo, su strada un gigante.

Ha messo su almeno 8 chili, ha lavorato molto in palestra ed ha abbandonato definitivamente il discorso del professionismo su strada. Adesso è un pistard al 100%. Chiaramente essendo più grande ha fatto molta fatica in salita, ma è stata una scelta sua, una scelta di vita. Adesso fa parte di un corpo militare e questo gli consentirà di avere un futuro anche dopo il ciclismo.

Invece Bertazzo potrebbe addirittura andare al Giro, qualora dovesse far parte del treno per Mareczko. Per te sarebbe un problema in ottica preparazione olimpica?

Un problema? Assolutamente no. Anche Viviani e Ganna faranno il Giro. Elia quando vinse a Rio aveva fatto il Giro. Io sono il primo a dire ai miei ragazzi di fare attività su strada. Hayter per l’Inghilterra, Kluge per la Germania, Meyer per l’Australia… il ciclismo di adesso è questo.

Parte della rosa del quartetto: (da sinistra) Viviani, Lamon, Ganna, Scartezzini e Bertazzo
Parte della rosa del quartetto: (da sinistra) Viviani, Lamon, Ganna, Scartezzini e Bertazzo
E come ne sono usciti i ragazzi? Che sensazioni avevano?

Ne sono usciti stanchi, però posso dire che questa settimana hanno fatto uno stage a Montichiari e il quartetto andava fortissimo. C’erano anche Ganna e Consonni, che veniva dal Belgio. Simone mi ha detto di avere avuto buone sensazioni. A me servono corridori pronti, non potendoli avere ogni volta per 15 giorni di seguito. 

Avete affinato il metodo…

Ormai da un po’ la nostra tecnica è questa: corrono su strada e subito gli faccio fare degli allenamenti in pista, devono reagire subito a questo tipo di sforzo e vedo che vanno bene. Ai ragazzi piace. E poi al contrario si sentono bene quando ritornano in pista.

Un’ultima domanda, cittì, ma come mai Bertazzo e Scartezzini si sono fermati nell’ultima tappa della Coppi e Bartali? Era concordato?

No, semplicemente c’è stato un grande sparpaglio. E’ venuta fuori una corsa durissima. Ha attaccato un gruppetto da lontano con dentro un uomo di classifica e ne hanno pagato le spese. Ma non solo loro. In pochissimi l’hanno finita.

Centro Studi e nazionali: ci spiega tutto Bragato

26.02.2021
6 min
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Diego Bragato sta spesso in silenzio, ma osserva tutto quello che accade in pista. Spesso si avvicina a Marco Villa e confabulando decidono in da farsi, mentre altre volte sono i corridori a rivolgersi a lui per avere chiarimenti sul tipo di lavoro che stanno per fare. Il tecnico veneto entrò per la prima volta in questo velodromo durante la preparazione delle Olimpiadi di Londra. Fu proprio Villa, davanti a quella sfida, a richiedere il supporto del Centro Studi Federale. E la scelta ricadde sul giovane che già da qualche tempo era il tecnico di riferimento nel velodromo di Padova.

Raccordo fra cittì

Oltre ad essere collaboratore tecnico di Villa, oggi Bragato è il referente di tutti i commissari tecnici federali, nel quadro di un progetto ambizioso che punta a realizzare un tessuto tecnico omogeneo trasversale a tutte le specialità del nostro ciclismo. Non a caso, giusto ieri all’interno del velodromo di Montichiari si sono trovati gli under 23 e gli juniores per una serie di test metabolici, la nazionale della Bmx per un progetto sperimentale di preparazione in pista e i ragazzi del quartetto di Marco Villa.

Ieri in pista anche i test per i ragazzi della Bmx
Ieri in pista anche i test per i ragazzi della Bmx
In cosa consiste il tuo impegno?

Con i gruppi… classici, quindi strada e pista, cerco di rispondere ai quesiti che vengono dai tecnici. Con gli altri, anche a causa della pandemia che ci ha costretti a innumerevoli videoconferenze, abbiamo iniziato a conoscerci e ad impostare attività molto interessanti. Ad esempio con i ragazzi del downhill sta lavorando Elisabetta Borgia, psicologa, per gestire al meglio lo stress delle partenze. Mentre con il Bmx, grazie al supporto di Marco Compri, abbiamo messo giù un programma di preparazione in palestra con i pesi.

Quali sono le richieste dei tecnici di strada e pista?

A inizio stagione, interveniamo molto per effettuare dei test. Mentre durante la stagione è spesso necessario un supporto per quanto riguarda la cronometro, con Fabrizio Tacchino che segue espressamente questo settore. Tutto questo lavoro ha una grande utilità anche a prescindere dalle prestazioni degli atleti, perché diventa il pane quotidiano nei corsi di aggiornamento per direttori sportivi. E devo dire che riportare esperienze effettivamente vissute ha un impatto ben superiore rispetto a lezioni che siano puramente teoriche.

Quindi la lettura offerta da Viviani dei suoi risultati ti trova d’accordo ?

Con Elia siamo cresciuti insieme. Prima di venire qui avevo lavorato in pista a Padova e poi come preparatore con la Androni Giocattoli, ma il richiamo della maglia azzurra è stato superiore. Per cui dopo Londra abbiamo messo giù un programma preparando le Olimpiadi di Rio e abbiamo imparato tanto reciprocamente. Mi ha fatto molto piacere che Elia abbia voluto dare continuità a questo lavoro e che negli anni, anche quando correva nel Team Sky, i suoi preparatori si fossero perfettamente allineati con il nostro modo di lavorare. Anche la preparazione di Ganna si integra con quella che svolge con la nazionale.

E’ stato Marco Villa a coinvolgere Bragato per la prima volta
E’ stato Marco Villa a coinvolgere Bragato per la prima volta
Vedere tanta diversità in pista riporta inevitabilmente a parlare di multidisciplina.

Mi auguro che i tecnici lentamente siano capendo che il messaggio da far passare è che la multidisciplina non significa essere vincenti in tutte le specialità, ma allargare le abilità dell’atleta. Il ragazzino che impara con la Bmx avrà una padronanza pazzesca del mezzo. Se poi passerà in pista, imparerà a stare in un team, in un ambiente ristretto come quello del velodromo in cui le dinamiche di gruppo sono portate all’estremo. Se invece parliamo di altissimo livello, multidisciplina significa che lo stradista di vertice può svolgere in pista dei lavori di qualità molto superiori a quelli che eseguirebbe su strada, sia per ragioni di sicurezza, sia per l’uso di rapporti che altrimenti non userebbe. Quindi, la multidisciplina da giovani è utile per la crescita, poi diventa lo strumento per richiamare qualità di allenamento. Per banalizzare, a Usain Bolt oggi potresti chiedere di preparare una maratona, ma non potresti mai chiedere a un maratoneta già formato di preparare i 100 metri ed essere competitivo.

Ci sono differenze tecniche fra i diversi commissari tecnici?

Sicuramente i tecnici hanno origini diverse. Per cui se ad esempio Salvoldi ha dei titoli e con lui il livello del dialogo è di un certo tipo, Villa mi stupisce ogni volta per il suo colpo d’occhio. Si accorge di quello che sta per accadere prima di me e prima che accada. La commistione fra queste esperienze è quello che rende il progetto estremamente interessante e costruttivo. Convertire in linguaggio scientifico quello che deriva dalla loro esperienza va a formare il patrimonio tecnico della nostra Federazione. Mi piacerebbe molto riuscire ad organizzare una tavola rotonda con tutti i tecnici, perché tutti ne avrebbero beneficio. Giornate come quella di ieri, con tanti tecnici presenti, ne è soltanto un esempio.

Tempo fa si respirava una certa ritrosia ad avvicinarsi alla strada, accusata di portare via i talenti migliori. E’ ancora così?

Forse dall’esterno potrebbe sembrare che siano gelosi, ma lavorando emerge il loro essere allenatori che vogliono il successo dei ragazzi. La storia insegna che tanti atleti sono passati da una disciplina all’altra, portando con sé il know how imparato da ragazzi.

Viviani e Lamon sono frutto di questo scambio di nozioni
Viviani e Lamon sono frutto di questo scambio di nozioni
Da tutti questi discorsi resta fuori il ciclocross, che di fatto è l’unica disciplina non olimpica ?

In realtà il cross si incastrerebbe bene sia con la strada sia con la pista. Non siamo così lontani come forza ed esplosività, a patto che si modulino bene gli sforzi. Ovviamente l’improvvisazione diventa deleteria. Tuttavia le progressioni di forza del cross e i lavori ad alta frequenza di pedalata in pista sono complementari. Per questo chiediamo alle squadre giovanili di allargare il bacino delle discipline fatte praticare ai loro tesserati. Un’atleta come Rachele Barbieri, che da ragazzina faceva cross, trae giovamenti nel ripetere questo tipo di sforzo anche ora, perché sa esattamente in che modo modulare i due lavori.

Da quante persone, oltre a Bragato, è composto lo staff operativo del Centro Studi?

Diciamo che io sono quello che fa più giornate, fra 120 e 150 all’anno. Poi c’è Marco Compri che si occupa di pesistica, Fabio Fabiani che tiene aggiornato il database, Fabrizio Tacchino che segue le crono. Poi a spot ricorriamo alla collaborazione di alcuni tecnici che si sono formati con noi e ora lavorano in team WorldTour, come Claudio Cucinotta e Mattia Michelusi. Infine c’è Silvia Epis, responsabile del ciclismo giovanile.

Tommaso Lupi, tecnico della Bmx, con Marco Compri del Centro Studi
Tommaso Lupi, tecnico della Bmx, con Marco Compri del Centro Studi
Che rapporto c’è fra Bragato e gli atleti?

Non sono un commissario tecnico che deve fare le scelte, posso essere più amico. A volte sono quello con cui si sfogano. Con Elia Viviani ho corso insieme, di Lamon sono stato tecnico quando lui era esordiente e io lavoravo a Padova, stessa storia per Scartezzini e Bertazzo. Lo stesso Luca Mozzato, che è tornato ieri per la prima volta in pista dopo tanto tempo, si ricordava di me proprio dai tempi di Padova. Spero davvero che questo progetto vada avanti, perché sta tenendo risultati importanti.

Viviani convinto: ricomincia tutto da Montichiari

17.02.2021
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Ricomincia tutto da qui, da Montichiari, dal legno levigato di questo auditorium del ciclismo, in cui le ruote frusciano e le voci rimbalzano. Viviani si muove come il padrone che torna dopo un lungo viaggio e in effetti il veronese è appena arrivato da Almeria, dove ha visto i compagni della Cofidis correre, aspettando il suo momento. Lo scherzetto del cuore gli è costato un bel ritardo nell’inizio della stagione, ma adesso che tutto è a posto, si può pensare alla ripartenza dallo Uae Tour, ormai fra pochi giorni.

Elia Viviani, Francesco Lamon
Due battute con Lamon, appena arrivato a Montichiari, l’uomo che lancia il quartetto
Elia Viviani, Francesco Lamon
Due battute con Lamon, l’uomo che lancia il quartetto

Test in 3D

Le cose da fare sono tante. Ci sono gli uomini di Pinarello che aspettano con lo scanner 3D per verificare che il manubrio vada bene. Oggi il test è toccato a tutti gli azzurri e anche alle ragazze di Salvoldi. Viviani è l’ultimo. La perfezione del quartetto passa anche per l’ottimizzazione dei flussi e la miglior penetrazione aerodinamica. La scansione prevede in primis che attorno al manubrio venga messa della carta gommata per impedire i riflessi della lega. Poi che l’atleta, con la bici sul rullo, si metta nella posizione più aerodinamica e così rimanga per due minuti, durante i quali l’addetto allo scanner gli gira intorno operando tutti i rilevamenti necessari. La sagoma in 3D che se ne ricava, dopo qualche minuto compare progressivamente nel display del computer, mano a mano che i dati vengono elaborati.

Mentre tutti gli azzurri sono saliti in bici e si sono subito messi nella posizione richiesta, Elia ha iniziato a pedalare per ottenere la perfetta simbiosi con la bici e si è fermato dopo una decina di minuti, dando il via al rilevamento.

Il suo rifugio

Quando la sagoma 3D si è materializzata nello schermo, Elia ha firmato la liberatoria poi è andato a prepararsi per l’allenamento in pista. Quello che gli era mancato lo scorso anno e per il quale è volato direttamente fin qui dalla Spagna, rinunciando a passare per Verona in visita ai suoi genitori. Elena Cecchini, la compagna, è in Spagna in ritiro con la squadra.

«La pista è come un rifugio – dice Viviani – e ho provato a tornarci lo scorso anno fra Tour e Giro, ma era tardi e non avere continuità mi aveva tolto lo spunto. Al mondiale di Berlino mi sono accorto che ero lontano dai primi e su strada era evidente che in volata mancasse qualcosa. Sul piano fisico e anche mentale. Qui lavoriamo duro ed essere con questo gruppo così forte mi motiva a impegnarmi di più. Una volta ero io a fare la differenza, adesso devo rimboccarmi le maniche. Sono stato qui prima di Natale, poi a gennaio e il prossimo ritiro sarà a marzo».

Prima la strada

Si fa fatica a capire se in questo momento nella sua testa venga prima la strada oppure le Olimpiadi, anche se poi approfondendo il discorso, si capisce che davvero i due discorsi sono complementari al 100 per cento.

«C’è obiettivamente un riscontro di gambe – spiega – al tanto lavoro fatto per tornare ad avere il picco di watt vincente. L’anno scorso avevo dei valori medi molto alti, ma era come se avessi il limitatore. Se nella tappa di Parigi mi lasciano al quarto posto, io lotto per vincere, non finisco quinto. Per questo abbiamo lavorato e lavoreremo nei prossimi giorni sulle partenze da fermo e le volate lanciate con il quartetto. E’ bello vedere i ragazzi che lavorano per me. Riusciamo a simulare le situazioni delle gara su strada, usando i rapporti della pista. Per cui quando mi troverò a sprintare con il 54×11 non mi sembrerà così duro. Da qui in avanti sarà tutta una questione di gestione, dando continuità alla pista e prendendo il buono per la strada. Poi, come nel 2016, verrà il momento in cui sarà tirata una riga e da lì ci sarà solo la pista. Ma prima c’è da iniziare bene la strada. Una vittoria darebbe un surplus di serenità».

Il pranzo di Montichiari: una piadina al volo, poi Viviani sale in pista
Il pranzo a Montichiari, una piadina e via

Razionalità addio

Nel frattempo il ciclismo è cambiato e con il ciclismo sono cambiati i velocisti. Lo hanno detto tutti gli sprinter con cui abbiamo parlato, i percorsi veloci sono ormai un ricordo.

«Siamo felici – ammette Viviani – se troviamo una corsa con 2.000 metri di dislivello. Di velocisti alla Kittel, sono rimasti Groenewegen e Jakobsen. Gli altri sono tutti corridori di 73-75 chili, che saltano le salite e possono arrivare in fondo a un grande Giro. Ce ne sono tanti in ogni corsa. Il mio obiettivo è tornare l’Elia che nel 2018-19 vinceva il campionato italiano, Amburgo, Plouay, ma prima voglio ricominciare a vincere tanto. E’ una catena, se imbocchi la prima maglia, poi le altre vengono da sole. Invece non vincere è logorante, ti metti ad analizzare l’impossibile. Provi a cambiare mille cose. Mi sono messo a fare le volate da solo, pur sapendo di aver fatto le cose migliori col treno. La razionalità, che è sempre stata il mio punto forte, è andata a farsi benedire».

Viviani e Scartezzini, due veronesi a Montichiari
Viviani e Scartezzini, due veronesi a Montichiari

Modello Deceuninck

E allora, mentre Elia cerca un magnete da applicare sulla lenticolare posteriore e far funzionare finalmente il Garmin, il discorso va ad un vecchio adagio che circola nel ciclismo: come mai chiunque vada via dalla Deceuninck poi non vince più?

«Perché è difficile ricreare l’ambiente che c’è là – dice – ma francamente non pensavo fosse così evidente. Quando andò via Kittel, pensai che uno da solo non potesse andare in un’altra squadra e fare la differenza. Sembrava semplice, bastava ricreare le stesse dinamiche. Ci ho provato. Morkov era ancora sotto contratto, ma Sabatini è ugualmente fortissimo. Solo che non basta. Là hai corridori che tirano tutto il giorno, qua fai fatica a chiederlo, dato che non vinci. Chissà, magari se mi fossi sbloccato subito in Australia, anziché cadere, sarebbe stato tutto diverso. Ma in ogni caso non è soltanto Elia che non è andato, è stata la squadra a non brillare. Il primo anno nel WorldTour e il fatto che le corse più piccole siano state cancellate ha fatto sì che abbiamo dovuto sempre affrontare sfide altissime».

Viviani meccanico a Montichiari, cercando di fissare il magnete
Fa il meccanico a Montichiari, cercando di fissare il magnete

Numeri e sensazioni

Adesso tutto sembra a posto. Il chip che gli hanno inserito sotto pelle proprio sopra al cuore controlla che i battiti siano in ordine e così gradualmente l’attività è ripresa al pieno regime.

«Nel ciclismo moderno – spiega Elia – le vere spie della condizione sono i numeri, ma le giornate che ti fanno pensare che le cose vanno bene sono quelle lunghe in cui torni a casa che stai ancora bene. Sabato scorso ho fatto l’ultima distanza ad Almeria. Le prime due ore con i compagni che il giorno dopo avrebbero corso, quindi 5 ore e mezza da solo, con volate dietro macchina e sono rientrato avendo ancora buone sensazioni. In una settimana sono migliorato tanto. Per questo vado in Uae. E anche perché non sarebbe giusto mandare il mio team senza di me. E’ la gara perfetta per riprendere. Ci sono tappe piatte. Si può provare il treno. Una settimana giusta per lavorare. Sarò contento di arrivare quinto o sesto. Ma se dovessi essere lì davanti, farei la volata per vincere e non sarei felice di finire quarto…».

Villa è deciso: «L’americana non si improvvisa»

23.01.2021
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Prima da componente della coppia più famosa e vincente dei velodromi, poi da responsabile tecnico della pista, la carriera di Marco Villa è sempre stata fortemente legata alle vicende della madison, conosciuta anche come “l’americana”, una specialità tanto spettacolare quanto difficile da interpretare, piena di segreti e di finissimi equilibri. Una gara che non si vince mai per caso, ogni vittoria è il frutto di tattica, tecnica ma anche, anzi soprattutto di un forte legame fra i due corridori, che si cementa in pista e anche fuori.

Nel corso degli anni Villa ha vissuto sulla sua pelle la trasformazione della specialità, passata dal palcoscenico delle Sei Giorni fino a diventare specialità olimpica: «La madison è molto cambiata: oggi si corre sui 50 chilometri per le gare titolate e 30 per le tappe di Coppa del mondo, su una media di 58 all’ora, con gli stessi rapporti che sono cambiati. Ormai si utilizzano quelli da inseguimento, viste le velocità. Per emergere nell’americana servono grandi punte di velocità, ma anche una straordinaria resistenza, perché devi stare tanto tempo in pista a velocità altissime, senza mai perdere la concentrazione e valutando la gara anche tatticamente. Poi bisogna considerare la parte tecnica».

Martinello e Villa, iridati nel 1995, centrano il bronzo nell’americana a Sydney 2000
Martinello e Villa, iridati nel 1995, centrano il bronzo nell’americana a Sydney 2000
In che cosa consiste?

Bisogna sapersi sempre posizionare al punto giusto per dare il cambio al compagno e soprattutto bisogna saper gestire i momenti di recupero. Spesso dico ai miei ragazzi che la gara si corre e vince proprio nella fase in cui c’è fuori il proprio compagno. Bisogna saper recuperare bene nel minimo tempo possibile, in modo da dare il cambio rapidamente. Basta anche un giro in più per l’altro, che si perdono energie, non si recupera più e la gara è finita. Nell’americana bisogna essere altruisti, pensare alle energie proprie ma anche a quelle del compagno.

Le coppie migliori sono quelle composte da ciclisti con uguali caratteristiche o eterogenei?

Diciamo che devono essere diversi come caratteristiche, ma saper fare tutto e quindi sostituirsi. Martinello ad esempio era più veloce di me e di regola toccavano a lui gli ultimi sprint, ma questo non significa che non fossi anch’io deputato a chiudere alcune volate, a cercare punti allo sprint. Oppure che toccasse a lui andare al contrattacco. Serve intercambiabilità completa, bisogna sapersi dividere il lavoro.

Quanto conta nella coppia l’affiatamento anche fuori dalla pista?

E’ fondamentale, si deve instaurare un rapporto di totale fiducia, rispetto reciproco. Ci deve essere un’intesa totale che si costruisce nel tempo.

Morkov e Hansen vincono la madison agli europei 2019 ad Apeldoorn
Morkov e Hansen vincono la madison agli europei 2019 ad Apeldoorn
E’ quindi importante poter correre tutto l’anno nella stessa squadra, come accade a Viviani e Consonni…

E’ un indubbio vantaggio, si possono fare gli stessi periodi di carico e scarico e questo agevola anche me nella loro gestione, poterli avere insieme per allenare il gesto tecnico, sincronizzare i cambi. Bisogna però tener presente un aspetto importante. La madison puoi allenarla quanto vuoi, ma quel che conta è correrla, rodare i meccanismi in gara. Servono competizioni e certamente la situazione che stiamo vivendo non ci aiuta. Le Sei Giorni avrebbero svolto un ruolo fondamentale nella parte invernale, per questo dobbiamo cercare opportunità per gareggiare: ci sarà una prova di Coppa del mondo ad aprile e soprattutto gli europei a giugno. I ragazzi arriveranno dal Giro, non potranno essere al 100 per cento, ma in quell’occasione non sarà importante il risultato finale, quanto l’affinamento del gesto tecnico a 5 settimane dai Giochi.

Molti appassionati hanno reclamato a gran voce l’affiancamento di Ganna a Viviani…

E’ un discorso complesso, che comprende sia quanto detto finora, sia altri aspetti: se Filippo avesse fatto prove di americana da esordiente e allievo, avrebbe già incamerato esperienze importanti. E’ chiaro che ha una gamba speciale, ma lo sforzo fisico della madison è diverso da quello dell’inseguimento o delle gare su strada, qui c’è un ritmo altissimo pressoché continuo per 50 chilometri. In allenamento abbiamo anche provato qualche cambio, qualche tecnica, ma un conto è farlo da soli, un altro con 18 coppie in gara contemporaneamente. Senza esperienza rischi una caduta, magari ti fai male e pregiudichi tutto quello per cui hai lavorato. Fare una prova così differente dal solito è improponibile.

Consonni e Viviani, coppia azzurra, impegnati ai mondiali madison di Berlino 2020
Simone Consonni, Elia Viviani
Consonni-Viviani nella madison iridata a Berlino 2020
Nella madison spesso emergono coppie composte da corridori che individualmente non hanno grandi palmares: è un caso?

E’ sempre una questione di esperienza: chi è abituato a questo tipo di gare riesce a riadattarsi presto e a tirare fuori quel qualcosa in più. Guardate ad esempio Kluge che su strada tira le volate a Ewan, oppure Morkov che tutti ritengono il miglior “ultimo vagone del treno” per una volata. Hanno tecnica e caratteristiche ideali per questa gara. Tornando a Ganna, mi viene in mente Bradley Wiggins (nella foto di apertura con Cavendish, nella vittoria dei mondiali 2016 a Londra, ndr) che nell’americana ha vinto il titolo mondiale, ma nelle gambe aveva l’esperienza accumulata da allievo ed è quella che fa la differenza.

Ma adesso Villa dice la sua sulla velocità

07.01.2021
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Villa ha letto le interviste di Chiappa, Guardini e Ceci. Ha mescolato tutto e l’ha lasciato lì. Poi quando la lievitazione è stata completa, essendo il cittì della pista un uomo flemmatico e poco avvezzo alle polemiche, ha sentito il legittimo desiderio di dire la sua. Del resto, se hai la sensazione che ti abbiano sparato contro e non reagisci, questo probabilmente il suo ragionamento, qualcuno potrebbe pensare che i colpi fossero giusti.

In questi giorni, Marco sta completando le prenotazioni per un ritiro alle Canarie con gli inseguitori rimasti orfani della Vuelta San Juan. Ganna gli ha dato l’idea, suggerendogli l’hotel in cui è andato prima di Natale, e in un baleno Villa ha fatto le prenotazioni. Il suo scopo è arrivare a giugno senza differenza abissali di chilometri e corse nelle gambe fra quelli che correranno da professionisti e gli altri che dovranno accontentarsi dell’attività su strada delle continental. Ma adesso si parla della velocità.

«Se avessi due corridori – dice Villa, che nella foto di apertura è a Rio dopo l’oro di Viviani nell’omnium – se avessi due Ganna anche per la velocità, farei il tecnico di specialità 24 ore al giorno. E non c’entra il fatto che io non sia mai stato un velocista. Non sono mai stato neppure un inseguitore, però mi sembra che nell’inseguimento qualcosa l’abbiamo portato a casa. Ceci ha raccontato di aver avuto come tecnico suo zio e poi anche Valoppi. Quando è arrivato in nazionale ha chiesto di lavorare con il suo staff e le sue tabelle. Gli abbiamo dato carta bianca, ma a patto che venissero i risultati. Invece sono 4 anni che non ci qualifichiamo per i mondiali…».

Francesco Ceci, Marco Villa, campionati del mondo Pista 2013 Minsk
Francesco Ceci e Marco Villa ai campionati del mondo del 2013 a Minsk
Francesco Ceci, Marco Villa, campionati del mondo Pista 2013 Minsk
Francesco Ceci e Marco Villa ai mondiali di Minsk 2013
La sensazione è che Ceci lamenti la poca attenzione.

La sensazione non so. Il dato certo è che quando c’erano gli altri in ritiro, lui è sempre venuto. Francesco ha fatto più Coppe del mondo di tutti, nonostante a quelli forti per qualificarsi ne bastino solitamente tre. Lui forse ne ha saltata una su sei, ma i risultati non sono stati sufficienti. E questa è matematica.

Sei tu il tecnico dei velocisti?

Sono il responsabile dell’attività su pista. Ho io in mano il portafogli, ma il dato oggettivo, purtroppo, è che non ci sono velocisti e non c’è un calendario. Li scelgo in base ai risultati della strada e li porto ai mondiali senza gare. Ho visto quel che ha detto Guardini, con Mareczko nella sua stessa situazione. Ma io vi parlo di Peschiera, che forse era il più velocista di tutti. L’hanno voluto portare a fare le volate su strada e dopo due anni ha smesso. Vi parlo di Gasparrini, che era un signor velocista e ha vinto titoli italiani di chilometro, keirin e velocità.

RIno Gasparrini, Gp Mezzana 2011
Rino Gasparrini, marchigiano come Ceci, qui vince il Gp Mezzana del 2011
RIno Gasparrini, Gp Mezzana 2011
Gasparrini vince il Gp Mezzana del 2011
Chiappa ha raccontato di quando i velocisti venivano incentivati con borse di studio e un posto nei Corpi militari.

Le Fiamme Azzurre ci dicono che per entrare ci sono dei corsi da passare e servono titoli di merito che derivano da vittorie di campionati europei, medaglie ai campionati del mondo o in specialità olimpiche. Non è semplice prendere uno junior e mandarlo da loro. Devi fare la gavetta, come su strada. Solo che i ragazzi sono disposti a tirare la cinghia per diventare stradisti, mentre scappano se gliela proponi in pista. Credono alle squadre che li ingaggiano per vincere le volate nei piattoni del martedì e non a noi che gli proponiamo i mondiali e le Olimpiadi. E’ una questione di mentalità. Mi piacerebbe che venisse un giovane velocista a dirmi che ha intenzione di investire su se stesso in queste specialità. Ma non ci sono. E allora l’ideale forse è cercarli in ambienti in cui non ci sia il sogno di fare il Giro d’Italia. Nella Bmx o nel pattinaggio, ad esempio.

Non può essere solo Villa a farlo…

Potrebbe essere l’attività ideale del Centro Studi della Federazione in accordo con quello del Coni. Si può fare reclutamento nelle scuole, andando in giro con una watt bike e facendo dei test a tappeto. Negli ultimi anni siamo andati avanti con Ceci, che l’ultima volta comunque ha chiesto di essere seguito dai tecnici federali e gli è stato assegnato Bragato.

Andrea Guardini, campionati europei juniores keirin, 2007
Andrea Guardini, primo ai campionati europei juniores keirin del 2007
Andrea Guardini, campionati europei juniores keirin, 2007
Guardini, campione europeo juniores 2007 nel keirin
Quanto vale Ceci?

Nel quartetto di adesso poteva essere un Lamon. Ha scelto la velocità, ha vinto tanti titoli, ma forse gli manca la punta per essere al livello dei migliori. In pista si inventa poco, basta guardare i tempi.

Servirebbe un Viviani della velocità…

Il quartetto grazie a lui e a Ganna, ma anche grazie all’attenzione dei media, adesso ha una grande visibilità. Al punto che c’è gente che vorrebbe fare le tattiche e le formazioni. Benvenga. La velocità ha bisogno di più gare. Vedo degli juniores interessanti ora. Napolitano, che sembra mentalizzato. Anche Bianchi. Ma non ci sono gare in cui fare esperienza e andare all’estero si può fare, ma il budget è lo stesso per tutti.

Significa che si spende solo per gli inseguitori?

No, significa che se devo togliere soldi al settore endurance, bisogna che si vada all’estero a fare risultati. Ma ad ora non abbiamo questo livello, per cui prima di andare fuori, sarebbe bene fare esperienza in Italia. Di fatto, per me sarebbe una bella sfida allenare i velocisti, come lo è stato studiare per allenare gli inseguitori. Con loro abbiamo invertito la rotta e ci siamo guadagnati la fiducia dei tecnici dei club. Riuscirci con la velocità sarebbe davvero una bella sfida.

Marco Villa

Verso Tokyo, Villa traccia la strada

24.12.2020
6 min
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Il centro Coni di Formia è un via vai di campioni. Ci sono i tennisti, i ragazzi e le ragazze dell’atletica leggera, le bellissime “farfalle” della ginnastica ritmica e poi ci sono loro, i pistard di Marco Villa.

Vestiti di azzurro, i ragazzi si preparano ad uscire per la distanza. Anche per loro adesso è il tempo di fare la base su strada. Cinque ore sulla litoranea laziale e sulle montagne che si affacciano sul mar Tirreno. Bellissimi, nessuno osa suonare il clacson di fronte a loro. Il fascino della maglia azzurra vince anche sugli automobilisti.

ritiro Formia
Ore 9,45 pronti a partire per la distanza: il programma prevede 5 ore
ritiro Formia
Ore 9,45 pronti a partire per la distanza: il programma prevede 5 ore

Gare simulate

Con Villa vogliamo fare il punto sull’anno (olimpico) che verrà. In qualche modo il 2020 è alle spalle e le Olimpiadi stavolta non scapperanno.

«Cerchiamo di copiare il programma che avevamo fatto per lo scorso anno – dice Villa – non voglio arrivare a Tokyo con un anno e mezzo d’inattività in pista. I mondiali a marzo non ci saranno e gli europei sono stati spostati, abbiamo un buco e voglio riempirlo».

«La mia idea è di simulare un “mondiale” a marzo come picco. Abbiamo fatto questi stage, qui a Formia e prima ancora in Sicilia, correremo la Vuelta a San Juan e poi li voglio in pista per fare degli allenamenti “tipo gara” come se fosse un campionato europeo. A quel punto i ragazzi inizieranno la loro attività su strada tra classiche, Tirreno, Sanremo… Certo, credo sarà difficile averli tutti insieme negli stessi giorni. Quello che voglio è che, se sono a casa una settimana anche in quel periodo, vengano a girare in pista almeno un giorno. Però – e il tono si fa più deciso – voglio averli tutti dopo il Giro nelle sei settimane pre-olimpiche».

ritiro Formia
Gli azzurri sulle strade di Formia
ritiro Formia
Gli azzurri sulle strade di Formia

I ragazzi di Villa

Quando parla di impegno su strada, di andare almeno un giorno a settimana in pista, della difficoltà di averli tutti assieme, si capisce che Villa vuol mantenere alta la concentrazione sull’obiettivo a cinque cerchi. E allora ci chiediamo: è un’imposizione che arriva dalla Fci stessa quella di averli? E’ una lotta con le squadre? O al contrario i ragazzi vogliono esserci? Il cittì risponde puntando forte sul gruppo.

«No, non è un’imposizione. Il gruppo ci crede. Per arrivare al nostro obiettivo servono sacrifici comuni, a maggior ragione adesso che i ragazzi sono consapevoli che possono raggiungere risultati importanti. E’ stato bello arrivare sin qua, ma il lavoro va finito. Siamo forti, ma perché? Perché abbiamo tanti elementi e se uno o due si staccano il gruppo s’indebolisce.

«I tempi fatti ai mondiali di Berlino ce lo dimostrano: sono stati fatti arrivandoci normalmente, senza fare nulla di che. Pippo (Ganna, ndr) aveva corso puntando alla classifica in Argentina e ha fatto 3’46”, il record del mondo. Consonni tre giorni prima era all’Algarve».

Viviani cosa fa?

Però i rapporti con i team non sempre sono scontati. Viviani è un capitano della Cofidis e ha degli impegni con la sua squadra. Lui che è il nome più in vista e ha un titolo da difendere potrà avere carta bianca o si dovrà adeguare alle richieste di Villa? Proprio ieri avevamo riportato le parole di Damiani, il quale diceva che non essendoci un calendario definito di Coppa, Viviani non vi avrebbe partecipato.

«Elia in questi due anni ha mollato un po’ con la pista – riprende Villa – e infatti ha perso qualcosa. Io a lui, come a tutti, chiedo di essere presente assolutamente nella preparazione olimpica in quelle sei settimane prima dei Giochi. Per quel che ho sentito io, con Elia problemi non ce ne sono. Se poi è cambiato qualcosa questo non lo so».

ritiro Formia
I ragazzi sullo strappo di Sperlonga
ritiro Formia
I ragazzi sullo strappo di Sperlonga

«Io voglio andare a Tokyo con un gruppo forte per provare a vincere delle medaglie nelle tre discipline in cui siamo qualificati: inseguimento a squadre, madison e omnium. Se gli atleti sono impossibilitati che me lo dicano prima. Per quel che riguarda la Coppa del mondo, ci sono tre appuntamenti: uno in Inghilterra, uno in Colombia e uno ad Hong Kong. Quello inglese è il più fattibile e andremo con la squadra dei grandi, negli altri due andrò con i più giovani. Poi ci saranno quelle famose sei settimane».

Il credo di Villa

Marco punta molto sul gruppo, come abbiamo detto prima e come abbiamo visto in questi anni. Lavora su una base di atleti finalmente ampia e quando ci parla dei suoi atleti e stila l’elenco, il cittì sembra già più dispiaciuto per chi non ci sarà piuttosto che sorridente per chi andrà in Giappone.

«Ganna, Consonni, Viviani, Milan, poi Lamon, Bertazzo, Moro, Scartezzini e Plebani sono la base. A questi si aggiungono Pinazzi, Gidas e Simion che è rientrato da qualche mese. L’ossatura del quartetto arriva fino a Plebani, seguendo l’elenco di prima. Tutti loro hanno fatto le visite all’Acqua Acetosa che richiede il Coni per i probabili olimpici. Da questi ne devo prendere 6 da portare ai Giochi sapendo che cinque di loro saranno solo punzonati il giorno prima dell’inizio delle gare su pista».

Il regolamento dice che due del quartetto debbano fare anche la madison e uno l’omnium. Questo potrebbe essere un’ostacolo nel poter schierare o meno il poker più veloce.

«Per questo io ho sempre detto a Viviani di puntare al quartetto. Però deve essere in grado di starci. Da quanto ho visto dagli europei 2019 non ha difficoltà, ma se poi girano a 3’46” come ai mondiali le cose cambiano. Puoi avere le doti che vuoi, ma se non fai dei lavori specifici ti stacchi. Se c’è un corridore che deve essere contento dello slittamento di un anno delle Olimpiadi questo deve essere proprio Elia. Per lui può essere un vantaggio, però ora deve lavorarci».

Marco Villa, Francesco Lamon
Marco Villa e Francesco Lamon prima della finale del quartetto agli europei di Plovdiv
Marco Villa, Francesco Lamon
Villa e Lamon prima della finale del quartetto agli europei

Lamon e le partenze

Francesco Lamon è fra i più esperti del gruppo. Anche Ganna lo chiama il “Conte”. Un elemento molto importante, che più di altri potrebbe pagare lo scotto di quel regolamento.

«Il quartetto aveva l’handicap della partenza negli anni precedenti – spiega Villa – Dai lavori in pista vedevamo che sul lanciato eravamo sui tempi dei migliori, da fermi ottava-decima posizione, se andava bene. Quindi ho capito che bisognava lavorare sulla partenza. Non potevamo più perdere 2-3” nel primo chilometro, anche perché questo significava che avremmo perso anche dopo in quanto ci saremmo stabilizzati su una velocità di crociera più bassa. Così è arrivato questo chilometrista, Lamon. Io ho un libro dei tempi e sulle partenze lui era sempre il vincitore, così sono partite le sfide. All’inizio era il quarto, ma quella posizione mi serviva per Ganna. Francesco non era convinto, poi è stato mentalizzato ed è stato supportato anche dal gruppo. E siamo migliorati.

«Tutti sanno della sua importanza però quest’anno ha lavorato poco e si è visto. Francesco è stato richiamato all’impegno. Non poteva e non può vivere sul fatto che parte forte e quindi è dentro, perché agli europei si è staccato da Milan e questa cosa non mi è piaciuta.

«Non so chi farà parte del quartetto quel giorno a Tokyo – conclude Villa – ma chi ci sarà dovrà essere dispiaciuto per gli assenti e contento per chi ha intorno».

Federico Morini, Michele Scartezzini, ritiro Noto, 2020

Scartezzini, la bilancia e il cronometro sovrano

18.12.2020
5 min
Salva

La Sicilia è un buon posto per allenarsi e riflettere, pensa Scartezzini dalla sua stanza d’hotel a Noto. Il quartetto dell’inseguimento è volato giù dal 7 dicembre e rimarrà fino a domani, poi si sposterà a Formia per gli ultimi quattro giorni di lavoro prima di Natale.

«Stiamo facendo prevalentemente strada – dice il veronese, che nella foto di apertura è con Federico Morini – ma solo ieri siamo andati in velodromo per provare un po’ di partenze. Era pieno di bambini venuti a vederci e a girare in pista. Come quando arriva in paese la Juventus. E’ un altro mondo. Caldo, percorsi pedalabili. Siamo sempre in maglietta e pantaloncini. Eravamo già venuti a Noto per un solo giorno l’anno scorso durante un raduno sull’Etna, ma in questa fase l’altura non serve».

Michele Scartezzini, individuale a punti, mondiali Berlino 2020
Michele Scartezzini impegnato nell’individuale a punti ai mondiali di Berlino 2020
Michele Scartezzini, individuale a punti, mondiali Berlino 2020
Scartezzini nell’individuale a Berlino 2020

Agli ordini di Marco Villa, in questo angolo incantato d’Italia più a sud dell’Africa, ci sono Scartezzini, appunto, più Bertazzo, Lamon, Simion (fresco di firma con la Giotti Palomar), Plebani, Pinazzi, Gidas Umbri e Tommaso Nencini. Come dire lo zoccolo duro dell’inseguimento a squadre, più qualche giovane e senza i due o tre nomi da aggiungere in vista di Tokyo: Consonni, Ganna, Milan e Viviani.

Cominciate a essere in tanti…

Si è visto al mondiale. Siamo un gruppo forte con esigenze diverse. Noi che siamo qua abbiamo corso poco e abbiamo bisogno di fare allenamenti di sostanza, mentre Viviani, Ganna e Consonni tutto sommato hanno avuto una stagione frenetica ma quasi normale. E comunque non è più come una volta, la differenza tra stradisti e pistard si sta facendo più netta.

Che cosa intendi?

Io ormai faccio quasi solo pista. In allenamento non serve che faccia chissà quali dislivelli, come se dovessi prepararmi per una gara a tappe. Mi sto concentrando molto più sulla forza rispetto a un tempo, che mi agevola per le partenze. Debutterò in Argentina alla Vuelta San Juan, ma sarà per avvicinarmi meglio al calendario della pista. Siamo tanti per quattro posti, prima o poi saremo scelti sulla base dei tempi che saremo in grado di fare.

Nazionale a Noto Cinelli
La nazionale di Marco Villa a Noto per la seconda volta
Nazionale a Noto Cinelli
La nazionale di Villa a Noto per la seconda volta
Quindi la prima sfida è interna?

Prima dell’europeo mi sentivo davvero in palla e non tutti fra noi andavano allo stesso modo. Se il Covid non ci avesse decimato, durante gli allenamenti ci sarebbe stata la selezione. Poi magari stavo lo stesso a casa perché altri andavano meglio, ma l’importante era sapere di aver fatto tutto il massimo.

Non ti dà fastidio pensare che probabilmente alla fine arriveranno gli altri quattro dalla strada e tanto lavoro sarà vanificato?

No, per due motivi distinti. Il primo è che le Olimpiadi sono una cosa immensa, ma l’anno prossimo ci sono anche gli europei, i mondiali e un calendario molto ricco. Il secondo è che davanti a un atleta capace di fare tempi migliori, hai poco da restarci male. Certo, sportivamente rosichi. Siamo cresciuti insieme nello stesso gruppo, è brutto che qualcuno parta e qualcuno no. Però è lo sport. Non ne conosco tanti di fenomeni, ma noi ne abbiamo un bel concentrato. E se di colpo arriva uno come Milan, che dopo un solo anno in pista fa certi tempi, posso solo togliermi il cappello.

Michele Scartezzini, ritiro Noto 2020
Per Scartezzini, momento di sosta con vista mare durante il ritiro che finirà domani
Michele Scartezzini, ritiro Noto 2020
Sosta con vista mare, ma domani si riparte
Le Olimpiadi, dicevi…

Per la prima volta sono alla nostra portata. Prima le vedevamo come irraggiungibili. A Londra ci andò Viviani e fece anche bene. A Rio arrivammo quasi per caso. Intorno a noi erano tutti serissimi, noi sembravamo superficiali. Ma adesso che siamo nella situazione per cui la medaglia è alla nostra portata, vogliamo esserci a tutti i costi. Sarà una sfida anche fra noi, altrimenti sarebbe troppo facile, ma non sarà certo l’esclusione a chiudere la mia carriera. Sono nelle Fiamme Azzurre. Mi hanno preso per la pista e posso lavorare sereno. Se salto Tokyo, c’è Parigi quando avrò 32 anni. Non sono un atleta tanto sfruttato. Sto facendo molta meno strada, perché ho individuato la mia dimensione. Non serve sfinirsi sulle salite per fare qualche risultato di là e poi spremersi per tirare fuori qualcosa su pista. Una volta che ho capito questo, ho cominciato a cambiar pelle.

Che cosa significa?

Nel 2019 pesavo circa 62 chili, ma agli europei mi ero sentito spesso in debito di forza. Così sono andato da una nutrizionista. Le ho spiegato che volevo privilegiare l’aspetto della forza, per la durata delle prove che devo fare. Da allora ho messo su circa 10 chili di massa magra. Adesso ho più forza, ma ammetto che inizialmente mangiare così tanto mi faceva quasi star male.

Michele Scartezzini, ritiro Noto 2020, cannolo, colore
Un ritiro in Sicilia significa anche stare bene. Bella la Spagna, ma non c’è storia…
Michele Scartezzini, ritiro Noto 2020, cannolo, colore
Un ritiro in Sicilia può essere anche piacevole…
Mangiare e basta?

Mangiare, ma non a caso. E palestra. Da quando ho cominciato, mangio 500 grammi di alimenti pesati a crudo, nel senso che quando poi vengono cotti, con l’aggiunta dell’acqua il peso aumenta. E poi ho lavorato sul tronco, perché in partenza certi sforzi di gambe si ripercuotono sulla schiena. In sostanza sono alto 1,83 e ora peso 72 chili con la mezza idea di arrivare a 75. Non sono più un passista scalatore, ma se osserviamo lo sviluppo degli stradisti ci si accorge che gli scalatori da 58 chili stanno scomparendo e quelli che fanno classifica sono tutti intorno ai 70 chili. Perché con l’avvento delle compact, più del peso conta la potenza. Se sul Mortirolo riesci a demoltiplicare i rapporti fino a trovare la cadenza che ti fa esprimere al meglio i tuoi watt, non serve essere leggerissimi come quando avevi soltanto il 25.

Jonathan Milan, bronzo chilometro da fermo, europei Plovdiv 2020

Facciamo il punto col cittì e poi le ferie

17.11.2020
4 min
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Domenica i corridori, ieri i tecnici e così anche il cittì Marco Villa è finalmente tornato a casa dagli europei in Bulgaria e ha chiuso la stagione. Quanto a lungo non si sa. Diciamo che le ultime settimane del commissario tecnico piacentino non sono state delle più rilassanti, a capo di una stagione che dalla ripresa ha messo in fila una serie di difficoltà tecniche oggettive. Ad esempio le poche corse di atleti come Lamon che al dunque si sono ritrovati con meno gambe di quel che speravano.

Eppure, partiti per gli europei senza tre titolari del quartetto, gli azzurri sono tornati con cinque medaglie. Nessun oro, purtroppo. Ma tre argenti: Donegà nella corsa a punti, quartetto e inseguimento individuale con Milan. E due bronzi: Lamon e Moro nella madison e Milan nel chilometro.

Francesco Lamon, Stefano Moro, bronzo madison, europei Plovdiv 2020
Francesco Lamon, Stefano Moro, bronzo nella madison
Francesco Lamon, Stefano Moro, bronzo madison, europei Plovdiv 2020
Francesco Lamon, Stefano Moro, bronzo nella madison
Qualcosa di positivo insomma c’è stato…

C’è la nota positiva di Milan (nella foto di apertura durante la gara del chilometro da fermo, ndr) e del quartetto arrivato davanti senza tre titolari. Vuol dire che la scuola c’è e funziona. Invece c’è stata qualche prestazione sotto tono. Non per puntare ancora il dito su Lamon, ma domenica nella madison siamo stati a lungo in testa a pari punti, poi le gambe non ci hanno sorretto e abbiamo difeso a malapena il bronzo.

Fra le note positive mettiamo anche Donegà?

Certo, con riserva. L’ho sempre schierato nella corsa a punti, da junior e U23. Ma spreca troppo. Non puoi fare un attacco a giro e poi trovarti a corto di energie quando devi fare i punti che servono. Va a sfinimento, un po’ perché è giovane, un po’ perché è impulsivo e un po’ perché è… testone. E poi continua a scattare dalla testa del gruppo. Ciò detto, questa gara gli piace e possiamo lavorarci.

Ti ha meravigliato la medaglia di Milan nel chilometro?

Ne abbiamo già parlato a Montichiari. Milan è più veloce di Ganna, ad oggi forse è meno cronoman. Ma quanto a brillantezza ne ha da vendere.

Marco Villa, Matteo Donega, europei U23, Fiorenzuola 2020
Villa ha portato Donegà anche agli europei U23 di Fiorenzuola
Marco Villa, Matteo Donega, europei U23, Fiorenzuola 2020
Donegà chiamato da Villa anche agli europei U23
Il fatto che nell’inseguimento abbia fatto 4’06” mentre Pippo vinse il primo oro a 4’16” dice che potenzialmente Milan vale di più?

No, significa che il livello della specialità si è innalzato e adesso per andare in finale serve fare 4’06”. E per vincere c’è da abbattere ormai il muro dei 4’ che Pippo ha già fiutato. Ora Johnny fa gli stessi lavori di Ganna, che nel 2016 non servivano perché si facevano altri tempi. Ma questo non toglie che Milan sia una bella sorpresa. L’anno scorso è entrato ai mondiali in un quartetto che ha fatto 3’46” e certi numeri non vengono per un colpo di fortuna.

Cittì, perché 4’06” in semifinale e 4’08” in finale?

Avevo paura che le quattro ore di recupero non bastassero e così è stato. Oliveira aveva già perso finali contro Pippo e il tedesco, sa come si fa: Johnny è voluto partire a tutta, voleva stravincere, ma in quel recupero faticoso si è visto che l’altro ha fatto la Vuelta e ha un’altra solidità.

Quartetto azzurro europei Apeldoorn 2019, Ganna, Plebani, Conosnni, Lamon
Agli europei di Apeldoorn 2019, giravamo con Ganna, Plebani, Consonni, Lamon
Quartetto azzurro europei Apeldoorn 2019, Ganna, Plebani, Conosnni, Lamon
Quartetto 2019 con Ganna, Plebani, Consonni, Lamon
Avete cambiato rapporto in finale?

No, non ho voluto appesantirlo. Ma è stato bravo. Poteva andare alla deriva, invece negli ultimi due giri ha riguadagnato qualcosa.

Gli assenti si sono fatti sentire?

Abbiamo un gruppo whatsapp, hanno sempre scritto, anche durante la gara.

Si tiene da sempre il Garmin sotto la sella?

A differenza delle gare su strada, in pista non puoi tenerlo sul manubrio. E allora lo mettiamo sotto la sella per registrare i dati della prestazione.

E adesso, cittì, vai in vacanza?

L’idea era quella. Però mi ha già scritto Consonni, che ha finito le ferie e vorrebbe ripartire. Magari però una settimana me la faccio.

Anche Viviani ha voglia di ripartire.

Mi pare che abbiamo parlato a lungo anche di questo. Elia è venuto dopo il Giro e si è scampato il contagio… Andare a Livigno invece di venire in pista è stato certamente un punto del rendimento opaco di quest’anno. Ma il fatto è che questi lavori che ha sempre fatto e sono stati la sua forza deve farli con costanza. Invece ultimamente li ha saltati troppo spesso. E badate bene, non parlo solo dei benefici in pista. Elia è vincente in strada solo quando si allena in quel modo. E lui lo sa…

Gidas Umbri, quartetto, campionati europei Plivdov, 2020

E venne alla fine il giorno degli argenti

13.11.2020
4 min
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Secondo giorno di europei, il giorno degli argenti. Rachele Barbieri nell’eliminazione. I due quartetti, ciascuno con una storia diversa, contro le britanniche e i russi. Secondo giorno degli europei e ci scopriamo abituati troppo bene. Perché davanti ai nostri ragazzi così forti, il primo pensiero era per l’oro. Senza tener conto che Rachele s’è trovata a lottare contro Elinor Barker, campionessa olimpica a Rio 2016, più quattro mondiali e cinque europei. Che le inglesi si sono fermate a 21 centesimi dal record del mondo e per vincerle bisognava batterlo. E che gli uomini si sono trovati insieme a tre giorni dalla gara e l’argento proprio deludente non è.

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Volata Miriam Vece
Miriam Vece non si è qualificata per un’inezia
Volata Miriam Vece
Miriam Vece qualificazione sfumata

Argento Rachele

Rachele Barbieri ha lo sguardo magnetico, che se lo incroci poi continui a pensarci. Ci ha provato a vincere, ma aveva davanti una di quelle avversarie che non danno scampo. E ha guadagnato il primo degli argenti.

«Devo essere onesta – dice – aveva più gambe di me, anche se ci ho provato sino alla fine. Da inizio anno, questi europei erano il mio obiettivo e ci sono arrivata con un’ottima condizione. Volevo fare solo pista quest’anno, ho vinto a Brno, ma l’avete visto che cosa è successo poi. Però ci riprovo l’anno prossimo, per farmi trovare pronta in appuntamenti come questi. Sono contenta di essermi riguadagnata il posto in nazionale, di aver dimostrato a Salvoldi che può contare su di me. E sono anche orgogliosa di essere stata inserita di nuovo nel quartetto, nelle cinque. Fosse stato per me, adesso avrei fatto volentieri le Coppe del mondo, avrei tirato dritto volentieri. Si parla di altri europei a febbraio, io ci sarò».

Rechele Barbieri, argento eliminazione, europei 2020
Rachele Barbieri, argento nell’eliminazione
Rechele Barbieri, argento eliminazione, europei 2020
Barbieri, argento nell’eliminazione

Piccoli errori

Salvoldi lo troviamo mentre finalmente ha trovato qualcosa da mettere sotto i denti. La Bulgaria viaggia un’ora avanti rispetto all’Italia e la giornata è stata impegnativa, con il rammarico di Miriam Vece che non è riuscita ad andare avanti nella velocità.

«Qualche valutazione tecnica andrà fatta – dice il cittì azzurro – ma credo che abbiamo raggiunto il massimo in rapporto alle avversarie. Abbiamo un quartetto giovane, che magari ha ancora poca cura dei dettagli. Secondo degli argenti. Eppure, più si sta insieme e più si migliora. Non si parla degli assenti, ma con Paternoster saremmo stati più veloci. Serve tempo. E consideriamo che per sconfiggere le inglesi avremmo dovuto battere il record del mondo. Abbiamo mollato negli ultimi 500 metri, ne ragioneremo, ma andiamo verso Tokyo con fiducia. E poi penseremo a Parigi».

Jonathan Milan, Gida Umbris Francesco Lamon, Stefano Moro
Il quadretto azzurro sul podio: Milan, Umbri, Lamon, Moro
Jonathan Milan, Gida Umbris Francesco Lamon, Stefano Moro
Milan, Umbri, Lamon, Moro: è argento.

Ambizione giusta

E poi c’è Villa, cui probabilmente stasera viene più da ridere che altro. Provateci voi ad assortire un quartetto a cinque giorni da un campionato europeo e ad arrivare per giunta in finale.

«Fino a stamattina ero contento – sorride Marco – poi però si corre per vincere. E comunque di tutte le difficoltà vissute finora, questa mi mancava. Dispiace che uno dei titolari, Lamon, non abbia avuto la sua giornata migliore. Ma sapevamo che ha corso poco su strada e comunque con questo quartetto improvvisato abbiamo girato in 3’54”. Terzo degli argenti. E ci siamo accorti che Milan va fortissimo. E’ sorprendente ogni volta di più. Ha fatto una prestazione notevole e pensando a quello che abbiamo a casa, viene da pensare positivamente. Degli altri cosa dire? Gidas Umbri l’ho chiamato perché ha corso gli europei under 23 di Fiorenzuola, facendo secondo dietro ai russi, e poi nella cronosquadre di Treviglio. Entrare in un quartetto in cui c’è Milan che gira a quel modo… A Jonathan la bici scappa di sotto. A un certo punto Lamon ha dovuto chiamarlo perché calasse, cosa che non si fa. Poteva spaccare il quartetto ieri, ma non l’ha fatto. Ma a questo punto voglio vederlo sabato nell’inseguimento individuale».