Caruso, parole da leader sulla strada per Santander

30.08.2021
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Discorsi di strada, mentre il paesaggio fuori sprofonda nel buio. Caruso racconta, le parole hanno il ritmo fluente del lungo viaggio. Dopo la tappa del Barraco, ci sono altri 418 chilometri fino a Santander. La Vuelta è anche questa, con i pullman delle squadre che navigano verso il prossimo approdo. Oggi i corridori trascorreranno il giorno di riposo all’ombra del mitico Alto del Naranco e da domani inizieranno l’ultima settimana, la più dura.

La corsa di Damiano sta per finire con il bel ricordo del successo all’Alto de Velefique e con la Vuelta finirà una stagione che sul piano dei risultati è stata forse la migliore da quando corre. Ha portato vittorie e consapevolezza, ma è costata tanto per la lontananza da casa. Perciò, marinaio che vede ormai il porto, Caruso inizia a sentire addosso una piacevole leggerezza.

«Tre blocchi di altura di tre settimane – dice scandendo bene le parole – il viaggio per le Olimpiadi e due grandi Giri. Oggi comincia la quarta settimana che sono via da casa. Nella stagione di un professionista non c’è solo la performance, ma c’è anche da considerare l’aspetto psicologico».

Il Team Bahrain Victorious è venuto alla Vuelta per Landa e ora lavorerà per Haig, il terzo nella foto
Il Team Bahrain Victorious è venuto alla Vuelta per Landa e ora lavorerà per Haig, il terzo nella foto
Intanto oggi (ieri per chi legge, ndr) è andata in porto la fuga di Majka. Non è curioso, come è successo anche a te, che arrivino fughe solitarie da così lontano? 

Sono tutte tappe molto complicate. Dure. Nervose. Corse a medie davvero importanti. Quindi controllare è molto dispendioso e il fatto che la Jumbo-Visma abbia lasciato la maglia ne è la conferma più evidente. E comunque non sono fughe che nascono per caso. Vanno via tutte di forza da un gruppo che giorno dopo giorno è sempre più stanco.

Eravate venuti per Landa, invece…

Eravamo venuti per sostenere Mikel, con una bella guardia composta da Gino Mader, Jack Haig e il sottoscritto. Invece non sempre i programmi vanno a buon fine e abbiamo messo in atto il piano B, cioè fare classifica con Haig, che pedala bene.

Il piano B non potevi essere tu come al Giro?

No, non sono venuto con la testa per fare classifica. Volevo aiutare e vincere una tappa e sono contento di esserci riuscito.

Perché il piano Landa non ha funzionato?

L’idea che mi sono fatto è che Mikel volesse recuperare il Giro sfortunato. Ma in questo ciclismo così livellato, non basta arrivare al 90 per cento e sperare di vincere. Perché di sicuro il giorno storto arriva e con lui è stato puntualissimo.

La vittoria all’Alto de Velefique segue quella del Giro all’Alpe di Mera. Quel sorriso vale più di mille parole
La vittoria all’Alto de Velefique segue quella del Giro all’Alpe di Mera. Quel sorriso vale più di mille parole
Non sarà che forse ha un limite che gli impedisce di essere capitano?

Mikel è uno dei più forti scalatori in circolazione. Quando sta bene, in salita fa cose che per gli altri sono impossibili, può fare la differenza. Ma è stato anche sfortunato e anche per questo non ha ottenuto grandi risultati. L’anno scorso, stando bene, è arrivato quarto in un Tour in cui c’erano davvero tutti i migliori e tutti caricati a molla. Non è un risultato da poco.

Roglic ha già la Vuelta in tasca?

Sembra avere la situazione sotto controllo. Però la terza settimana non è così scontata e sono curioso di vedere all’opera l’accoppiata della Movistar, con Mas e Lopez quarto e quinto. Poi c’è il nostro Haig. Ma certo per ora Primoz sta correndo da padrone di casa.

E’ giusto dire che il 2021 sia la tua stagione migliore?

Per i risultati di sicuro. Non sono mai stato un gran vincente e sono venute due tappe in due grandi Giri. Poi il podio di Milano che ha un peso davvero importante. Però non è tutto una sorpresa, era un po’ che ci giravo attorno.

Hai detto che il vento è cambiato quando hai smesso di andare alle corse con la pressione addosso.

E lo confermo. Sono arrivato in questa squadra come gregario di Vincenzo (Nibali, ndr), poi lui se ne è andato e io mi sono ricavato il mio spazio. Non sono capitano nel senso che si aspettano da me le vittorie, ma sono leader e riferimento per i compagni e questo mi piace. Do il massimo con la testa libera, questo fa la differenza.

Ha tenuto la maglia a pois dei Gpm fino all 13ª tappa. Qui due parole con Bernal, in maglia bianca
Ha tenuto la maglia a pois dei Gpm fino all 13ª tappa. Qui due parole con Bernal, in maglia bianca
Però hai anche detto che nel 2022 potresti essere capitano al Giro. Questo non porterà di nuovo le pressioni?

Ho detto anche che prima bisognerà vedere i percorsi. Averli in mano e capire bene. Ma se anche fosse, non avrei nulla da perdere, per cui non avrei addosso l’attesa che a volte ti schiaccia. Serve avere la pressione giusta, quella che mi metto da solo nel lavorare sempre con tranquillità e bene e che permetterà di avere un Damiano competitivo.

A proposito della squadra, state girando davvero tutti bene.

Non dovrei essere io a dirlo, ma stiamo andando tutti forte. Abbiamo un centrocampo fortissimo, con alcuni corridori che possono lottare per vincere. Rispetto ai primi tempi è cambiato tanto. Il management ha lavorato perché ciascun atleta venisse valorizzato e gratificato. Hanno investito tanto sui ritiri di preparazione e sulla nutrizione e dopo un anno di lavoro continuo e ben fatto, i risultati si vedono.

Fra i grandi risultati di questo 2021 c’è l’oro olimpico di Milan nel quartetto. Te lo aspettavi?

Giusto ieri (ride, ndr) mi sono sentito al telefono con Colbrelli, per sapere come gli andassero le cose, e ho scoperto che era al Benelux Tour proprio in camera con Jonathan. E allora ridendo gli ho chiesto chi dei due adesso prepari la valigia all’altro. Perché lui è campione italiano, ma l’altro è un gigante di due metri che a soli vent’anni è entrato a gamba tesa nella storia del ciclismo. Che Milan fosse un talento lo si vedeva e lo sapevamo, ma in squadra sono stati bravi a dargli i suoi spazi e disegnare per lui un calendario adatto per programmare i suoi obiettivi.

Dopo la Vuelta c’è ancora spazio per altro o ci mettiamo un punto?

Un punto, un punto esclamativo, qualche virgola… ci mettiamo tutta la punteggiatura possibile. Sono sfinito e pienamente soddisfatto della mia stagione. Adesso voglio fare un lungo periodo di riposo, come nel lockdown, anche se quello ci venne imposto. Sono parole strane da dire, ma nel brutto di quel periodo io ho imparato cose nuove su di me.

Che cosa vuoi dire?

Avevo la convinzione errata che alla mia età lo stop lungo fosse deleterio, invece dopo il lockdown del marzo 2020 il mio livello si è alzato. Quel blocco di riposo, pur forzato, mi ha fatto bene. Perciò ora voglio impormene uno da me. Quindi a settembre continuerò a pedalare come in un lungo defaticamento. A ottobre starò fermo. Mentre a novembre ricomincerò ad allenarmi gradualmente, approfittando del clima ancora primaverile della Sicilia, per avvicinarmi nel modo giusto al primo ritiro.

Hai detto però che se capita, in questa Vuelta ci provi ancora…

Ma prima voglio aiutare Jack Haig, perché se lo merita. La condizione è buona, se vedo il varco giusto, ci provo ancora.

Quanti chilometri mancano?

Adesso sono 277. Un paio d’ore e ci siamo. Domattina (oggi per chi legge, ndr) farò un giretto in bici, fossero soltanto 40 chilometri per sgranchire le gambe e passare la mattinata. Sennò più che un riposo si trasforma in un giorno interminabile…

“Tu chiamale se vuoi, emozioni”. Il racconto di Jonathan Milan

27.08.2021
7 min
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Le emozioni che ci ha regalato il quartetto dell’inseguimento sono ancora forti. Forse per chi come noi ama il ciclismo questa è stata la medaglia più bella ed intensa di tutta l’Olimpiade di Tokyo. Ma l’emozione è ancora intensa anche nei suoi quattro protagonisti tra cui Jonathan Milan. E il titolo della canzone di Battisti è perfetto per questo articolo.

In Sardegna, la rifinitura prima di volare a Tokyo. Milan (maglia rossa) ha colto un secondo posto
In Sardegna, la rifinitura prima di volare a Tokyo. Milan (maglia rossa) ha colto un secondo posto

Pressione in crescita

«Se la mettiamo sulle emozioni, allora partirei da ancora prima di Tokyo – dice un Milan con un tono mai così squillante – abbiamo fatto molti ritiri, tantissime giornate lontani da casa, un lavoro immenso. Io ho sentito un po’ la pressione dalla Settimana Internazionale Italiana, perché da quel momento l’Olimpiade si è fatta davvero vicina. E ogni cosa che facevamo era per affinare la gamba e cercare la prestazione. Ogni allenamento pertanto richiedeva un grande sforzo mentale oltre che fisico. Dovevamo essere concentratissimi: sui cambi, sulla posizione, dovevamo vedere cosa faceva l’altro… E devo dire un grazie ai ragazzi che mi hanno aiutato tanto».

La festa e l’abbraccio della spedizione azzurra al Velodromo di Izu. Per Milan il supporto dei ragazzi è stato fondamentale
L’abbraccio della spedizione azzurra al Velodromo di Izu. Per Milan il supporto dei ragazzi è stato fondamentale

Il supporto dei compagni

In effetti i giorni prima di partire per l’Asia sono stati molto delicati. In particolare si è fatto un allenamento di simulazione per il quale Marco Villa ha chiesto la massima concentrazione da parte tutti: una prova generale (che sembra sia andata molto bene con un tempo ai limiti del record del mondo, ndr). Era un po’ il momento della verità.

«Sono il più giovane di questo gruppo e i ragazzi mi hanno aiutato dentro e fuori la pista. Come gestirmi con i media, come comportarmi in gara, come comportarmi prima della gara per tenere sotto controllo l’ansia. Io tendo ad isolarmi molto per concentrarmi. Gli eventi li sento eccome. Mi è successo ai mondiali l’anno scorso, magari non si vedeva ma ero abbastanza stressato. Per questo dico che il loro supporto è stato fondamentale».

Il supporto non gliel’hanno dato solo i suoi tre compagni in pista, ma tutto lo staff e anche Liam Bertazzo con il quale Milan condivideva la camera. 

«Con Liam ho parlato molto al di fuori della bici, mi vedeva che magari ero agitato. Per esempio nell’ultima prova fatta a Montichiari in pista ero molto teso. Pippo ma anche Lamon mi hanno detto di stare tranquillo, che la pressione c’era ma che non dovevamo dimostrare nulla a nessuno. Quella prova mi ha fatto bene, siamo andati forte e da lì ho iniziato davvero a credere in me».

Ganna nel finale ha fatto la differenza e le sue trenate si sono fatte sentire
Ganna nel finale ha fatto la differenza e le sue trenate si sono fatte sentire

Tokyo come Montichiari

Milan racconta poi anche della gara, dei giorni in velodromo a Tokyo.

«È stato un po’ strano laggiù. Io ho corso poche gare con il pubblico e l’aspetto di questo stadio mezzo vuoto mi faceva sembrare di essere a Montichiari e per certi aspetti l’ho sentita un po’ meno. Ero sempre concentrato, pensavo solo a fare il mio, a dare tutto in quei tre minuti e 40 secondi e qualcosina di più e non è facile.

«Ci credete che ero più agitato nelle qualifiche che in semifinale e finale? Non so perché! Ho tutta una mia procedura prima delle gare. Mi piace arrivare molto prima. Se gli altri arrivano un’ora e mezza in anticipo io devo arrivare due ore e mezza. Devo ambientarmi. Non mi piace fare le cose di fretta. Se magari c’è un intoppo devo sapere di poterlo risolvere con tranquillità. Perché una scintilla di ansia mi diventa un rogo».

Marco Villa e le sue indicazioni a bordo pista. Emozioni forti anche per il cittì
Marco Villa e le sue indicazioni a bordo pista. Emozioni forti anche per il cittì

Quella trenata di Ganna

«In gara poi – riprende Milan – ero super concentrato, ma con la coda dell’occhio all’uscita delle curve guardavo i neozelandesi in semifinale e i danesi in finale. Li ho visti due o tre volte, non di più, perché dopo il secondo cambio… ciao! Sei troppo a tutta.

«Mi ripetevo pedala, stai giù, non strappare e guardavamo i segnali di Marco (Villa, ndr). Se c’era il pollice in su, stavamo andando bene. Se invece ci chiamava con le mani significava che eravamo in svantaggio. E quando vedi che ai tre giri tu sei a tutta, che Ganna continua ad aumentare e che Villa continua chiamarti diventa… “duretta”! E vi assicuro che la trenata di Pippo si è sentita, ma chiaramente in quel momento non gli dici mica di rallentare».

Gara finita, Milan (tutto a destra) è rimasto in posizione ancora una tornata. Poco dopo lo sguardo con Consonni (al centro)
Gara finita, Milan (a destra) è rimasto in posizione ancora una tornata, poco dopo lo sguardo con Consonni

Lo sparo e l’urlo di Consonni

Milan ci riporta praticamente in bici con lui. Anche a noi in questo momento salgono i battiti e le gambe diventano dure. Ma anche noi esplodiamo di gioia alla fine.

«Quando ho capito che avevamo vinto le Olimpiadi? Ho questo flash. Ricordo che ho sentito il nostro sparo e subito dopo il loro. Ma non sapevo ancora nulla. Non so perché, ma ho fatto un altro giro in posizione. Ho alzato lo sguardo, ho visto sul tabellone la bandierina dell’Italia, ho incrociato lo sguardo di Consonni affianco a me e l’ho visto gridare. A quel punto ho capito ed è stata un’esplosione di emozioni assurda, allucinante, indescrivibili tutti i pensieri che mi sono venuti in testa».

«Sul podio poi, quando ci hanno dato la medaglia e l’ho presa in mano ho detto: “ostia”, quanto pesa! E’ sui 500 grammi, come un pacco di pasta!».

Il ritorno dell’eroe

Finita la gara chiaramente è esplosa la festa già in pista, con gli altri ragazzi e tutto lo staff.

«Poi in aeroporto ho trovato ad accogliermi i miei parenti e al di fuori c’era un autobus con il mio fans club. Saranno state 40 persone, ma quello è stato solo un primo assaggio. La sera dopo infatti in piazza Buja hanno organizzato un evento, ci tengo a dirlo tutto nelle normative anticovid, con tante personalità tra Comune, Provincia, Regione. Avevano preso uno di quei grossi camion che utilizzano anche il Giro per fare il palco. Non so quanta gente ci fosse.

«Una cosa così ti ripaga delle fatiche fatte, delle giornate trascorse lontano da casa. Voglio ringraziare ancora il mio paese. Sono state nuove emozioni. Perché è bello sapere che c’è stato chi ci sosteneva non solo da Buja ma da tutta Italia. Un sacco di gente continua a farmi le congratulazioni».

Milan (21 anni ad ottobre) appena dopo la premiazione: «E’ stata un’esplosione di emozioni assurda».
Milan (21 anni ad ottobre) appena dopo la premiazione: «E’ stata un’esplosione di emozioni assurda».

Milan non cambia

Jonathan però non è cambiato dopo questo successo. Si evince dal suo modo sempre gentile di parlare e di raccontare e poi glielo chiediamo apertamente: «Ma resti sempre il “bambinone” da 1,93 centimetri che tanto ci piace?».

«Ah, ah… assolutamente sì! Resto lo stesso e con la stessa fame di vincere».

Milan non dimentica il passato, il Cycling Team Friuli con il quale tra l’altro ha continuato a lavorare in accordo con il preparatore della Bahrain Victorious, Paolo Artuso.

«Sono cresciuto con loro e con loro abbiamo pianificato bene gli allenamenti in tutti questi anni e nell’ultimo periodo. Credo che questa vittoria sia una grande cosa anche per il CTF. Ho sentito Bressan già a Tokyo. È stato poco prima dell’antidoping, mi ha fatto una videochiamata e l’ho visto che brindava da solo a casa!».

Adesso rivedremo Milan in gara al Benelux Tour (30 agosto – 5 settembre) e in qualcuna delle corse italiane. Poi il suo programma su strada è tutto da vedere in quanto ad ottobre ci sono gli europei e mondiali su pista che lo aspettano. E andarci da campione olimpico è una bella responsabilità.

Dai Giochi alla Roubaix: Artuso svela il Milan che vedremo

05.08.2021
4 min
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A Tokyo abbiamo visto un super Jonathan Milan. Il friulano è stato uno dei vagoni fondamentali del quartetto delle meraviglie. E’ arrivato alle Olimpiadi con una condizione super. Una condizione che in qualche modo va sfruttata ancora. La stagione del gigante della Bahrain Victorious, infatti, non finisce certo qui.

E lo sa bene Paolo Artuso, il coach del team che lo sta seguendo passo, passo da ottobre, da quando Milan è approdato alla Bahrain.

In Sardegna Milan ha faticato un po’ in salita, ma era previsto secondo Artuso
In Sardegna Milan ha faticato un po’ in salita, ma era previsto secondo Artuso
Dicevamo, Paolo, una condizione super…

Ma non è un caso che siano andati forte. Con Jonathan sono mesi che lavoriamo su ogni dettaglio. Ho visto i suoi valori un paio di giorni fa ed erano i suoi migliori. Abbiamo fatto un avvicinamento davvero buono.

Come?

Abbiamo alternato bene la strada e la pista. Faceva distanza su strada, senza forzare, e intensità in pista. Ma roba massimale: partenze da fermo, palestra… E poi ha recuperato bene dopo la Settimana Internazionale Italiana. Lì ha colto un secondo posto che gli ha dato morale.

Perché era un po’ giù?

No, solo che con il tanto lavoro accumulato faceva un po’ fatica. E infatti io gliel’ho detto subito: quando torni fai due giorni di riposo vero e vedrai che andrà tutto bene. E così ha fatto. Anzi, dopo che sono tornati in pista, anche il primo giorno ho chiesto a Villa di non fargli fare troppo. Poi su quello che hanno fatto tra Montichiari e il volo per Tokyo non ci ho messo bocca.

La volata della tappa persa contro Ackermann. Milan (in rosso) è partito troppo lungo
Nella volata della terza tappa vittoria di Ackermann a sinistra, ma Milan (in rosso) lo ha fatto soffrire
E adesso? Questa super condizione va sfruttata dicevamo…

Eh sì. Milan correrà la classica di Amburgo il 22 agosto e poi andrà al vecchio Bink Bank Tour, oggi Benelux Tour (30 agosto-5 settembre, ndr). Abbiamo scelto questa gara perché potrà aiutare Colbrelli e perché c’è una crono di 12 chilometri dove potrà fare molto bene. E poi c’è la Roubaix il 3 ottobre. E vi dico che Jonathan è super gasato per questa gara. Vogliamo metterlo un po’ alla prova sul pavè. E poi ancora ci saranno i mondiali su pista dalla settimana successiva. Sarà molto importante tornare a gestire bene, tra strada e pista, quel mese che va dalla fine del Benelux al mondiale, passando appunto per la Roubaix.

Proverà anche dei materiali per la Roubaix? Farà dei sopralluoghi?

No, per quel che riguarda il materiale c’è Haussler che li prova per noi. Lui è più sensibile. Testa gomme, ruote, ha un certo rapporto con Merida. E poi prima di fare delle prove, Milan deve capire cos’è la Roubaix, se gli piace. Insomma dobbiamo vedere come reagisce e se ne vale la pena investirci in chiave futura.

Anche tu, Paolo, hai avuto il tuo bel da fare in questo continuo alternare strada e pista…

Beh, ma quest’anno lo sapevamo. Le Olimpiadi erano il primo obiettivo e tutto è ruotato intorno a queste. Non abbiamo fatto neanche la cronometro tricolore per non intaccare la preparazione. E non è stato facile rinunciarvi perché Milan era il campione U23 in carica. Però già aveva lo stress dei Giochi, non l’aveva preparata e si trattava di una crono lunga, senza contare che parliamo di un giovanissimo: ha 20 anni. Se fosse andato male avrebbe avuto dei dubbi. Invece ha corso l’italiano su strada che gli ha dato buone risposte. Tanto che in Sardegna se avesse fatto una volata un pelo più corta magari avrebbe battuto Ackermann.

Jonathan Milan, volto sorridente per questo (quasi) 21 enne
Jonathan Milan, volto sorridente per questo (quasi) 21 enne
Veramente?

Eh, avrà fatto almeno 70 metri più di lui! In Sardegna ha fatto un po’ fatica sulle salite. Fino a 10′ le teneva bene, poi andava in difficoltà. Ma come ho già detto era normale. Aveva fatto un altro tipo di preparazione. L’ultima tappa è finita prima per agevolare il rientro. Così siamo arrivati all’aeroporto di Cagliari che erano le 15 e il volo lo avevamo alle 22. Cosa facciamo? Eravamo io, lui e Padun. Abbiamo noleggiato una macchina e siamo andati a cena fuori. L’ho guardato e gli ho detto: queste salite qua, il prossimo anno le devi “saltare via” facilmente, perché di corse piatte, piatte ce ne sono poche. E lui ha annuito.

Jonathan è un buono. E di certo ti avrà ascoltato. In questi Giochi e da quel vedevamo sui social ci è sempre sembrato molto sereno, come chi se le è godute queste Olimpiadi…

Si, sì… lui è un ragazzo pacifico. Potrà fare bene in questo finale di stagione. Come detto abbiamo preparato i Giochi e sono contentissimo di come ci sia arrivato. Adesso, dopo il suo ritorno riposerà un po’. Il fuso orario dovrebbe digerirlo meglio venendo verso ovest. E sono convinto che potrà fare bene. Sugli sforzi brevi avrà dei vantaggi.

L’oro e gli scherzi: qualcuno stasera perderà i capelli…

04.08.2021
6 min
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Quattro frecce tricolori hanno tinto d’azzurro il velodromo di Izu. Filippo Ganna, Francesco Lamon, Simone Consonni e Jonathan Milan hanno scritto il loro nome nella leggenda del ciclismo su pista, andando a prendersi a una media impressionante di 64,856 km/h non solo la medaglia d’oro dell’inseguimento a squadre dei Giochi di Tokyo, ma anche il nuovo primato del mondo (3’42”032), che cancella quello di ieri realizzato in semifinale (3’42”307).

Prime fasi di gara, gli azzurri in testa. Dopo la rimonta danese, l’affondo di Ganna e arriverà l’oro
Prime fasi di gara, gli azzurri in testa. Dopo la rimonta danese, l’affondo di Ganna e arriverà l’oro

Treno veloce

Qui il treno veloce che attraversa il Giappone si chiama Shinkansen, ma forse dovranno ribattezzarlo Freccia Azzurra, dopo l’impresa compiuta dai ragazzi di Marco Villa nella finale contro la Danimarca. Da brividi poi l’ultimo chilometro, quando l’Italia è passata da un ritardo di 834 millesimi al vantaggio sul traguardo di 166 millesimi: più di un secondo dato dall’Italia ai rivali, visti i 53.506 secondi impiegati per coprire la distanza contro i 54.539 dei danesi.

Anche il presidente del Coni Malagò e Dagnoni hanno voluto festeggiare con i campioni olimpici
Anche il presidente del Coni Malagò e Dagnoni hanno voluto festeggiare con i campioni olimpici

Bottino pieno

Neanche a dirlo, a condurre la rimonta nei giri finali è stato un monumentale Top Ganna, che in apertura si congratula con i danesi sconfitti e ha impressionato anche sir Bradley Wiggins, presente a bordo pista come corrispondente per Eurosport. Il segreto? E’ che Superpippo non ha mai pensato a nessun altro metallo se non all’oro: «Sapevamo di essere competitivi, quindi era da ieri sera che volevamo arrivare e fare qualcosa di grosso. Sapevamo di avere un buon paracadute, ma il paracadute non lo volevamo, perché volevamo andare in picchiata libera verso il grande risultato. Siamo riusciti a ottenerlo con tanta fatica, sudore e lavoro di squadra». 

L’arrivo di Milan ha fatto fare al quartetto il salto di qualità decisivo
L’arrivo di Milan ha fatto fare al quartetto il salto di qualità decisivo

Insonnia Milan

Parole da leader di un quartetto che era partito da quell’esperienza lampo di Rio 2016, quando erano stati chiamati a sostituire la Russia squalificata per il caos doping scoppiato all’immediata vigilia dell’Olimpiade carioca. Fra le differenze di quella squadra (che volò in Brasile con Lamon, Ganna, Bertazzo e Consonni con Scartezzini riserva) c’è l’inserimento Jonathan Milan. E proprio il ventenne friulano di Buia (paese d’origine anche di Alessandro De Marchi) è il più incredulo.

«Era un sogno, siamo riusciti a realizzarlo tutti insieme, come un vero team. Abbiamo formato un bel gruppo, non solamente noi – racconta emozionato – ho avuto un po’ di difficoltà ad addormentarmi ieri sera tra emozioni, dubbi e pensieri vari. Ero preoccupato di tirare troppo poco o di sbagliare qualcosa. Poi però, mi sono svegliato tranquillo, concentrato sulle possibilità che avevamo».

Un momento atteso per anni: l’oro olimpico: il sogno che diventa realtà
Un momento atteso per anni: l’oro olimpico: il sogno che diventa realtà

La locomotiva di Verbania

Eppure, a quattro tornate dal termine, l’impresa sembrava quasi impossibile (date un’occhiata alla progressione dei tempi nel primo foglio di questo file ufficiale). Persino la formazione femminile, presente in tribuna a fare un tifo indiavolato, stava per rassegnarsi, prima che la Locomotiva di Verbania non decidesse di trasformarsi in Shinkansen.

«Sapevamo che erano più forti su quella distanza – dice Ganna – ma anche che nell’ultimo chilometro avevamo un buono sprint per recuperare tutto il terreno perso. Pensavo a pedalare e a fare la miglior performance possibile e non alla tabella ed è arrivato il record del mondo. I ragazzi mi hanno messo nelle migliori condizioni possibili. Io, una volta che sono lanciato e ho preso il ritmo devo solo mantenere, nient’altro. Vi assicuro che fare il lavoro degli altri tre è molto più difficile». 

La giusta partenza

E così, l’abbiamo chiesto a Lamon come si lancia il quartetto a tutta. Lui ci ha risposto di aver tenuto lo stesso ritmo di ieri, ma Simone poco più in là se la ride e dice: «No no, sei andato molto più forte». Francesco poi aggiunge: «Devo trovare il giusto compromesso tra una partenza forte che non rimanga sulle gambe a tutti. Spero di averlo fatto nel limite del possibile, poi quando sono a ruota è una sofferenza fino alla fine. La mia gara dura un po’ di meno di quella degli altri, ma ce l’ho messa tutta. Andare a letto ieri con già una medaglia al collo è diverso dal giocarsi o tutto o niente, però non ci siamo rassegnati al 2° posto perché l’oro è sempre l’oro». Poi la dedica speciale per il papà: «Compie gli anni giusto oggi, per cui penso sia un buon regalo e rinnovo i miei auguri. Lui lavora in ospedale e ha seguito la gara con un suo collega».

Ottima partenza per Lamon: gli azzurri sono passati subito al comando, ma la strada fino all’oro era ancora lunga
Ottima partenza per Lamon: gli azzurri sono passati subito al comando, ma la strada fino all’oro era ancora lunga

Ruoli invertiti

Simone non bada a tecnicismi: «In finale non c’è un vero piano, alla fine l’adrenalina prende il sopravvento. Finché ne hai, vai». E così è stato fino all’apoteosi d’oro.

«Un mondiale o un europeo ti danno luce sport – aggiunge Top Ganna – l’Olimpiade credo che sia l’emblema di uno sport che magari durante l’anno non viene seguito dai media e poi ai Giochi può portare qualche ragazzo ad avvicinarsi al nostro. Quando abbiamo cominciato noi a Rio, vedevamo le altre nazioni come modelli, magari adesso qualche team ci vede da campioni olimpici come riferimento da battere».

A chi chiede a Superpippo se gli sforzi del doppio impegno siano stati ripagati dalla medaglia odierna: «Sono passate un paio d’ore da quando l’ho vinta, ci pensiamo domani».

Ganna e Consonni sono l’anima della festa, fra battute e racconti
Ganna e Consonni sono l’anima della festa, fra battute e racconti

Birra e capelli

Nunc est bibendum, bisogna festeggiarla e Filippo scherza: «Speriamo di non trovare i 7/11 (negozi aperti 24 ore su 24 qui in Giappone; ndr) aperti, perché sennò finiamo tutta la birra». Poi rivela il voto per l’oro: «Diciamo che qualcuno torna senza capelli stasera. A Villa non possiamo far nulla e ci toccherà colorarglieli o mettergli una parrucca».

Smaltita l’adrenalina e il mal di gambe, Consonni correrà la madison con Viviani
Smaltita l’adrenalina e il mal di gambe, Consonni correrà la madison con Viviani

Tocca a Elia

E a proposito del podio storico, Simone aggiunge: «Qui siamo in quattro, ma c’è tutta una nazione dietro. Volevo ringraziare Liam Bertazzo che non ha corso purtroppo, sicuramente avrebbe fatto il  nostro tempo così come tutti i ragazzi a casa». E’ il più stanco di tutti il bergamasco, ma capitan Ganna lo sprona in vista dei prossimi impegni. «Lui è come un gatto, ha sette vite». «Però qualcuna l’ho già perduta nelle scorse gare – replica Simone – domani mi concedo un po’ di riposo e mi godo Elia nell’omnium, mentre poi mi aspetta la madison».

La fame azzurra di gloria olimpica non si è ancora placata, tocca a te Elia saziarci già tra meno di 24 ore, spazzando via tutti i dubbi dei mesi precedenti. 

Le gambe degli azzurri e il cuore di Villa: i danesi non avevano scampo

04.08.2021
4 min
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Il cuore di Villa sta nelle parole con cui chiude l’intervista prima di correre ai piedi del podio, per piangere ancora con i suoi fantastici ragazzi.

«Sono contentissimo – dice – si è visto, non sono riuscito a trattenere le lacrime pensando anche a quello che abbiamo fatto fino a oggi e anche chi è a casa. Il primo che ho ringraziato per messaggio è stato Scartezzini, l’abbraccio più lungo l’ho avuto con Elia e Bertazzo. Hanno contribuito tutti a questa qualifica, loro quattro l’hanno finalizzata».

In tre verso il traguardo, Ganna guarda, è oro per l’Italia
Tre azzurri verso il traguardo, Ganna guarda, è oro per l’Italia

Paura danese

C’è tanto studio. Avete letto il racconto di Fred Morini. Le parole ieri sera alla squadra dopo aver analizzato i tempi dei danesi. Non era tutto oro quel che luccicava, ma bisognava prenderli con le molle.

«Io credo che dall’altra parte – dice – quello che abbiamo fatto in questi due giorni gli abbia fatto le gambe un po’ molli. Ieri sono caduti, ma erano in vantaggio quasi di un secondo, 1”200-1”300 ai 3.000 metri. Non abbiamo visto com’è finita, però hanno avuto un calo, poi un’accelerazione proprio quando gli inglesi sono calati. L’ho riletta bene. Per me sono tornati a crescere perché hanno trovato l’aria e la scia degli inglesi, che li rilanciati. Noi non dovevamo dargli quell’aria, dovevamo tenerli di là, testa a testa. E nel finale, all’ultimo chilometro mi aspettavo che andassero di più. Invece prima siamo stati in vantaggio noi, poi sono andati in vantaggio loro, però per poco. E con sei decimi a tre giri dalla fine, quando Pippo è andato davanti, ci ho creduto e… Abbiamo vinto!».

Sogno avverato

Ha gli occhi rossi il piccolo cittì che negli anni è diventato gigante. Quando gli diedero in mano il settore, non tutti erano convinti che ne avrebbe retto il peso. Invece il miracolo è successo.

«Prima c’era l’obiettivo Rio e l’abbiamo preso – dice dal cuore – poi abbiamo fatto l’ultimo quartetto a Rio e da lì è partito l’obiettivo Tokyo. Sì, ci credi. Il gruppo ha fatto vedere che aveva qualità e le abbiamo scoperte strada facendo. Avere un gruppo così, con un Consonni che fa secondo al mondiale su strada (il riferimento è a Richmond 2015 fra gli U23, ndr) ti dà la convinzione che hai in mano i ragazzi che contano, i ragazzi del futuro. Però dovevamo pensare anche alla loro carriera su strada e trovare il modo per fare coincidere tutte le cose. Lo abbiamo trovato tutti insieme e siamo arrivati qua. Certo, l’obiettivo era Tokyo 2020. Sogni di vincere, ma vedi che anche le altre nazioni ci puntano fortemente. Credevo che restasse un sogno. Mi dicevo: “No, non posso cedere, devo far vedere ai ragazzi che ci credo. Ma i danesi sono forti, ribaltare e migliorare così… Chissà se anche l’ultima volta miglioriamo?!”. Invece abbiamo migliorato anche l’ultima volta. Ce l’abbiamo fatta e il sogno è diventato realtà».

Un solo grande abbraccio azzurro: non si vinceva da Roma 1960. Non è stato solo un fatto di cuore: nulla è stato lasciato al caso
Non si vinceva da Roma 1960. Non è stato solo un fatto di cuore: nulla è stato lasciato al caso

Benzina Ganna

Vai Marco, valli ad abbracciare e canta insieme a loro per i fratelli d’Italia che oggi sono stati inchiodati agli schermi con voi, dando gas in quegli ultimi tre giri al grande Pippo Ganna, arrivato con gambe ancora potenti grazie al lavoro degli altri. L’avete visto quel gesto? Era la dedica a chi ha dubitato di lui dopo la crono. Con il primo oro per bici.PRO nella sua giovane storia, rivendichiamo il titolo fatto quel giorno: questa sconfitta sarà benzina per la pista. Izu è in fiamme. E l’incendio l’abbiamo appiccato noi.

Gli azzurri fanno valigia, la Settimana Italiana va avanti

17.07.2021
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Trarre il massimo vantaggio dalla competizione senza correre rischi inutili. In fondo era questo che voleva per i suoi azzurri Davide Cassani, accompagnato da Marco Villa, Mario Scirea e il resto dello staff, quando ha inserito la Settimana Ciclistica Italiana nel calendario di avvicinamento a Tokyo. E adesso che i quattro moschettieri azzurri (Gianni Moscon, Giulio Ciccone, Alberto Bettiol e Damiano Caruso, quest’ultimo in maglia Bahrain Victorious) hanno lasciato la Sardegna, può ben dirsi soddisfatto.

Nella volata della terza tappa vittoria di Ackermann a sinistra, ma Milan (in rosso) lo ha fatto soffrire
Nella volata della terza tappa vittoria di Ackermann a sinistra, ma Milan (in rosso) lo ha fatto soffrire

Treno Ganna

Certo, se Elia Viviani (poi 4°) avesse trovato il guizzo giusto sul rettilineo di via Diaz, sotto la scalinata di Bonaria a Cagliari, tutto sarebbe stato ancor più perfetto, ma certi sincronismi non sono semplici da trovare e Gianni Moscon e Filippo Ganna hanno fatto con grande scrupolo il loro lavoro di apripista

«E’ stato pilotato bene – ha detto Marco Villa a fine tappa, dopo averci parlato – Forse Filippo andava anche troppo forte e l’ha messo un po’ in difficoltà rispetto al suo solito ultimo uomo. Diciamo che è stato un ultimo uomo particolare. Ma sono contento per Elia, ha le gambe pesanti perché ha fatto tanto lavoro, ma si sta ritrovando».

Cassani soddisfatto

Elia resterà nell’Isola sino all’ultima tappa, come Jonathan Milan, che a dispetto dei propri vent’anni si è buttato nella mischia contestando sino all’ultimo centimetro a Pascal Ackermann una vittoria sancita soltanto dal fotofinish e per questione di centimetri. Gli stradisti designati per Tokyo, invece, hanno completato senza danni i loro tre giorni fatti di tante “trenate”, qualche variazione in salita e un bel fondo: «E’ quello che serviva per finalizzare il lavoro fatto in altura a Livigno», ha sintetizzato Cassani, soddisfatto. L’unico contrattempo (una caduta nel finale a 13 chilometri da Cagliari) ha coinvolto un azzurro non olimpico, lo sfortunato Fausto Masnada, arrivato con i pantaloncini strappati (a fine tappa è stato portato al Pronto Soccorso del Policlinico Universitario di Cagliari per le prime cure e in mattinata è rientrato a Milano con una diagnosi che parla di frattura non scomposta della vertebra S3 sacrum).

Ieri per Viviani un pilota d’eccezione e… troppo forte: Pippo Ganna
Ieri per Viviani un pilota d’eccezione e… troppo forte: Pippo Ganna

Buon umore Bettiol

In tre giorni sono arrivati buoni piazzamenti (il secondo posto di Bettiol a Sassari su tutti) ed è cresciuta la consapevolezza nei propri mezzi in vista della prova olimpica su un tracciato che presenta un grande dislivello. Certo, la nazionale di calcio ha alzato l’asticella vincendo l’Europeo e chi indossa la maglia azzurra deve dare il massimo: «La nostra maglia a Tokyo sarà bianca ma cercheremo di dare il massimo comunque – ha scherzato Bettiol, sintetizzando – posso dire di essere più soddisfatto al termine di queste tre giornate rispetto a quando sono arrivato».

Tanto azzurro

Tanto basta. Giulio Ciccone ha fatto il diavolo a quattro in salita, Gianni Moscon pure ed è stato prezioso nel finale a Sassari; lo stesso Bettiol ha cercato l’azione da finisseur a Oristano e Caruso è sempre stato nel vivo delle operazioni. Tutti hanno sfruttato ogni occasione per migliorare la condizione, per “lavorare”. 

«Sono soddisfatto, era un blocco di lavoro che serviva in vista di Tokyo – ha confermato Moscon – non siamo venuti qui per vincere, naturalmente se fosse arrivato il risultato tanto meglio, però abbiamo fatto un bel lavoro. Tutto secondo i piani: la corsa ha avuto l’utilità che doveva».

Moscon molto motivato, il lavoro sullo Stelvio sta dando ottimi frutti
Moscon molto motivato, il lavoro sullo Stelvio sta dando ottimi frutti

La Settimana prosegue

Il lavoro proseguirà in Giappone (assieme a Vincenzo Nibali): si cercherà rapidamente di neutralizzare gli effetti negativi del lungo viaggio e trovare l’adattamento fisico. In strada sono previste uscite attorno alle quattro ore. La Settimana Italiana va avanti con le ultime tappe, entrambe con partenza e arrivo a Cagliari, in pianura. Il leader Diego Ulissi difende un vantaggio di 6” su Sep Vanmarcke e Giovanni Aleotti.

Milan, da Imola a Montichiari ricercando il colpo di pedale

21.06.2021
4 min
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Dopo aver fatto una fatica indicibile al campionato italiano di Imola, ingobbito sulla Gallisterna portando avanti i suoi 194 centimetri, Jonathan Milan è tornato in Friuli, ha cambiato la valigia e stamattina alle 10 si è messo in macchina verso Montichiari. «Dove Villa ci ha annunciato che faremo prove di gara – dice il corridore del Team Bahrain Victorious – in cui si vedrà chi ha la gamba, il colpo di pedale, per capire a che punto siamo».

Dopo i campionati italiani su strada, per Milan è ripresa la routine del velodromo
Dopo i campionati italiani su strada, per Milan è ripresa la routine del velodromo

La crono mancante

Per esperienza e gusto personale, Jonathan avrebbe dovuto correre il tricolore a cronometro, ma avendo trascorso le ultime settimane facendo lavori finalizzati alla pista senza prepararsi come sarebbe servito, ha preferito dedicarsi alla causa di Colbrelli. Ha tirato. Ha masticato la sua bella dose di fatica. Ha comunque fatto l’esperienza di un campionato italiano al primo anno da pro’. E ora è pronto per rituffarsi nell’avventura olimpica.

«Se fossi andato a fare la crono – dice e sorride – avrei fatto un buco nell’acqua. Tutti gli allenamenti fatti finora erano propedeutici alla pista, anche su strada. Partenze da fermo. Lavori sui 2-3 minuti simulando situazioni della pista, pur con altri rapporti e un altro ambiente. Le crono sono la mia specialità, ma sarebbe stato impossibile farne una di 45 chilometri senza preparazione specifica».

In Belgio ha provato varie corse, mostrando un bel colpo di pedale sul pavé: qui ad Harelbeke, ma si è ritirato
In Belgio ha provato varie corse, mostrando un bel colpo di pedale sul pavé

La gestione condivisa lo soddisfa. Se da un lato Paolo Artuso, coach della squadra, fa da raccordo e gestisce i tempi del lavoro, la preparazione in senso stretto è seguita ancora da Andrea Fusaz, del CTF Lab, come negli accordi presi alla firma del contratto. Tuttavia, nel rispetto della giovane età, l’attività su strada di Milan è stata finora piuttosto blanda.

In pratica dopo il Fiandre del 4 aprile, sei tornato in corsa il 6 giugno al Giro di Slovenia…

E nell’intervallo ho fatto tanta pista, perché l’obiettivo era di preparare gli europei, anche se poi li hanno rinviati. Forse senza quell’appuntamento, avrei corso di più, ma penso che il programma sia stato giusto e che la squadra mi stia supportando bene. Il prossimo anno la strada sarà il punto centrale, comincerò ad avere i miei obiettivi, mentre tutto quello che verrà quest’anno servirà per fare esperienza. Ho sperimentato piccole corse a tappe come Uae Tour e Slovenia, grandi classiche e corse minori. Sono ancora nella fase dell’inserimento e mi sto trovando bene.

La pista resta centrale fino alle Olimpiadi, poi la strada avrà il sopravvento?

Dopo Tokyo si correrà su strada e vedremo semmai verso fine stagione cosa fare con europei e mondiali su pista.

Però intanto c’è da capire se andrai alle Olimpiadi, anche se a rigore di logica dovresti essere uno di quelli sicuri.

La sto vivendo abbastanza tranquillamente. Se inizio ad agitarmi, non vado da nessuna parte. Quel che sarà sarà, se sarò convocato, farò del mio meglio.

Sei stato a Livigno con gli altri?

Sono salito su 5-6 giorni prima, perché sarei sceso per andare al Giro di Slovenia. Il periodo minimo perché sia utile è di due settimane.

Jonathan Milan, europei pista 2020
Agli europei di Plovdiv 2020 ha conquistato l’argento nell’inseguimento individuale, oltre a quello nel quartetto e il bronzo nel chilometro da fermo
Jonathan Milan, europei pista 2020
Agli europei di Plovdiv 2020, argento nell’inseguimento individuale e nel quartetto e il bronzo nel chilometro
Come è andata in Slovenia?

Ho fatto fatica. E quando la domenica sono tornato in Italia, sono andato subito in pista e quel lunedì (14 giugno, ndr) avevo davvero mal di gambe, perché fra altura e corsa certi lavori che in pista sono la base mi mancavano. Il colpo di pedale si perde. Per questo da oggi farò poca strada e tanta, tantissima pista.

Se sarai convocato, andrai alla Settimana Italiana in Sardegna, dal 14 al 18 luglio, giusto?

E’ nei programmi e dovrei andarci con la squadra.

L’ultima la dedichiamo a tuo fratello Matteo: sta ancora andando forte?

Si sta allenando e speriamo possa fare una bella seconda parte di stagione. Tutti gli juniores come lui l’anno scorso hanno perso un’annata, un brutto colpo. Tanto di cappello perché è riuscito già a vincere. Non è stato facile per noi, che comunque avevamo più attività e una base più alta. Figuratevi loro…

C’è un altro Milan che va forte. Si chiama Matteo…

10.05.2021
5 min
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Vincere una corsa con un attacco nel finale, ma al tempo stesso lontano dal traguardo. Farlo come un vero campione anche se sei uno juniores, scattando da solo, controllando e avendo tutto il tempo di alzare le braccia al cielo sull’arrivo. E’ quel che ha fatto il 2 maggio scorso Matteo Milan.

Quando ci risponde al telefono il friulano è a scuola. O meglio, è in Dad, la famosa didattica a distanza che tanto ha fatto impazzire i genitori degli alunni più piccoli. Per fortuna Matteo è sì giovane, ma non è così piccolo! 

«Ho un’ora di buco, possiamo sentirci adesso», ci dice. Matteo è nipote, figlio e fratello d’arte. Suo nonno Eligio andava in bici e per un paio di anni ha anche corso, suo papà Flavio fu professionista per qualche stagione negli anni ’90 e suo fratello Jonathan che conosciamo bene in quanto pro’ della Bahrain Victorious e uno dei vagoni del quartetto delle meraviglie di Marco Villa.

Matteo (a destra) con il fratello Jonathan, ancora in maglia CTF
Matteo (a destra) con il fratello Jonathan, ancora in maglia CTF
Matteo, “sei a scuola” dunque, cosa studi?

Vado allo Stringher di Udine e studio enogastronomia. Ho da sempre la passione per la cucina e volevo specializzarmi in questo ambito.

Cucina e ciclismo possono non andare d’accordo o al contrario legare moltissimo se si sa come fare…

Saper cucinare aiuta, so quello che serve, ma non sempre ho tempo per mettermi ai fornelli. A volte dò qualche dritta a mia mamma per qualche abbinamento e magari le dico cosa cucinare prima di questo allenamento o di quella gara. Le dico le dosi tra carboidrati, proteine… e lei si regola di conseguenza.

Ma a tavola chi è più serio, tu o tuo fratello?

Io! Jonathan mangia di tutto, io sto più attento. Non che lui si alimenti male, ma diciamo che io sono più sensibile a quello che mangio.

Come abbiamo accennato, la tua è una famiglia di ciclisti. Per te è stato naturale salire in bici o ti ci hanno messo i tuoi?

Ho seguito le orme di papà. Prima però avevo provato a fare anche altri sport, judo, tennis. Però il ciclismo mi appassionava di più. Riusciva a tirarmi fuori quella grinta che avevo dentro come nessun altro sport. In casa è stato nonno Eligio a portare il ciclismo. Io ho iniziato da G0, con le garette a Buja e in zona. Avevo sei anni, quindi sono già 12 anni che corro. 

Che cosa ricordi della prima gara?

Non è un ricordo della prima gara, ma mi piaceva il tifo del pubblico. Correvo ancora in Mtb e quando si passava davanti alla gente che ci incitava io spingevo di più.

Matteo (18 anni) è alto 1,84 metri. Da allievo è stato campione regionale
Matteo (18 anni) è alto 1,84 metri. Da allievo è stato campione regionale
Uscite mai insieme tu e tuo fratello?

Non tante volte, perché lui è spesso fuori e ha i suoi lavori da fare. Ma soprattutto perché ha proprio altri ritmi e fa più ore. Però se fa la sgambata ci vado. Anzi è lui che me lo chiede.

Beh, andare dietro a Jonathan non deve essere facile però sai che allenamenti… E’ come fare dietro motore!

Eh sì, magari se fa allenamenti lunghi faccio il finale con lui, ma se fa dei lavori sono “brutte esperienze”! Quando spinge forte fai fatica a stargli a ruota. E’ capitato anche di fare 3 ore a 40 all’ora. E io non ho questo passo.

Corri tra gli juniores (Matteo veste la maglia del Danieli 1914 Cycling Team, ndr): i tuoi compagni e avversari ti avranno di certo fatto qualche battuta sul fatto che sei “avvantaggiato” perché ti alleni con tuo fratello, un professionista del WorldTour…

Sì, è capitato qualche volta, ma io rispondo che ognuno si allena per conto suo. Le trenate di Jonathan servono per la valutare la condizione. Se fa una ripetuta forte e io riesco a stare a ruota allora significa che sto bene.

A casa parlate di mai di ciclismo?

Quando siamo in preparazione sì. E lo stesso se c’è una gara da fare. Jonathan mi dà qualche consiglio sulla tattica, sul percorso soprattutto se sono corse che ha fatto anche lui. Poi però capita anche che in gara le cose vadano diversamente o che non abbia la gamba per mettere in pratica quei consigli.

Matteo Milan con il suo diesse, Marco Floreani, dopo la vittoria di Reda (foto Instagram)
Milan con il suo diesse, Marco Floreani, dopo la vittoria di Reda (foto Instagram)
Qualche giorno fa hai vinto a Reda, ci racconti come è andata?

Mi sentivo molto bene già in partenza. Durante la gara sono rimasto tranquillo perché c’era un nostro compagno in fuga, quindi non avevamo la preoccupazione di dover recuperare. Così ho aspettato fino all’ultimo. Quando la fuga è stata ripresa, sono partito in discesa. C’erano da fare 8 giri e sono scattato al penultimo, quando mancavano 25 chilometri.

Beh, una bella distanza per stare fuori da soli. E come ti sei gestito? Hai controllato anche i nervi?

Sull’ultima salita credevo mi riprendessero e invece non è stato così. Mi davano il distacco e avevo ancora margine. Io ho cercato di mantenere sempre un ritmo alto, ma al tempo stesso di risparmiare qualcosina pensando alla volata nel caso mi avessero ripreso. Poi invece è subentrata l’adrenalina. Agli ultimi cinque chilometri mi hanno detto che avevo 35” di vantaggio e a quel punto ho detto: provo ad andare all’arrivo e ho spinto più che potevo. Era tutta pianura.

Che caratteristiche hai?

Non credo di essere un passistone come mio fratello. Sono alto un metro e 84 centimetri, quindi 10 centimetri più basso di lui. Tengo sulle salite corte e sono abbastanza veloce in volata. Ma sinceramente devo ancora scoprirmi.

Giovani italiani, ecco com’è andato l’esame del Nord

26.04.2021
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Il periodo delle classiche del Nord è un po’ l’università del ciclismo, prima o poi bisogna passarci se si vuole avere una carriera importante. Come l’università, anche in quest’ambito ci sono esami fondamentali (le prove Monumento) e altri di minor spessore, ma comunque di valore. Le parole di Battistella ci hanno indotto a ripercorrere queste ultime settimane per capire quanti sono stati gli italiani under 25 che hanno affrontato la campagna del Nord e con quali risultati.

Considerando che non abbiamo squadre nel WorldTour, che le nostre professional hanno avuto accesso solo a qualche gara di minor livello e che i nostri giovani sono sparsi per i vari team, il loro numero complessivo è stato alto, ben 23 atleti sparsi per le varie gare. Un approccio difficile per quasi tutti, si sono contati ben 32 ritiri, ma bisogna stare attenti con i numeri, nel ciclismo bisogna dar loro il giusto peso.

Al Nord come studenti

Molti di questi ragazzi sono stati mandati in Belgio per fare esperienza, lavorando in funzione dei vari capitani. Qualcuno forse non avrà mai la libertà per agire in prima persona e vincere su quelle strade resterà un sogno. Altri invece avevano tra i vari compiti anche quello di imparare, di capire, di mettere da parte ricordi che torneranno utili, quando saranno chiamati a partire con maggiori ambizioni.

Fiandre Milan 2021
Prima esperienza al Nord per Milan, pochi risultati ma tante lezioni utili per il futuro
Fiandre Milan 2021
Prima esperienza al Nord per Milan, pochi risultati ma tante lezioni utili per il futuro

Un esempio in tal senso può essere Jonathan Milan, che seppur ritirato al Giro delle Fiandre ha detto di essere rimasto molto colpito dal tipo di gara e di volerci tornare vestendo un ruolo diverso. Il talento c’è e le caratteristiche tecniche dicono che il corridore friulano ha tutto per emergere anche su quelle strade, bisogna solo aspettare.

Uno tra i più presenti è stato sicuramente Stefano Oldani. Per lui ben 6 gare, miglior risultato il 25° posto alla Freccia del Brabante e una buona prestazione nell’esame conclusivo, quello più importante, all’Amstel Gold Race chiusa al 41° posto. Può sembrare poco, ma vedendo la sua condotta in gara non è così. E gli stessi responsabili della Lotto Soudal se ne sono accorti, cominciando a considerarlo anche come ben più di un semplice gregario.

Danilith Mozzato 2021
Un podio di pregio per Mozzato a Nokere, qui a destra con Gaudin e il vincitore Robeet
Danilith Mozzato 2021
Un podio di pregio per Mozzato a Nokere, qui con il vincitore Robeet

Bravi Mozzato e Zoccarato

Chi è piaciuto davvero tanto è stato Luca Mozzato: il 23enne della B&B Hotels, squadra professional francese, è stato spesso nel vivo delle corse, non affidandosi solamente al suo spunto in velocità. E se il podio conquistato alla Danilith Nokere Koerse è stato una perla forse anche poco considerata, non è stato certamente un fuoco di paglia considerando anche il 7° posto alla Schelderprijs e il 25° alla Bredene Koksijde Klassic.

Un altro che ha convinto, soprattutto per la sua vitalità in corsa è stato Samuele Zoccarato (Bardiani-Csf), che ha anche provato la soluzione di forza alla Danilith e si è messo in luce in altre occasioni, facendo capire che quel tipo di corse si sposa molto con le sue caratteristiche. Speriamo che gli vengano date altre possibilità, in modo da salire lentamente di grado e trovare spazio anche nelle classiche.

Dainese Uae 2021
Cinque gare in Belgio per Dainese, miglior risultato il 58° posto alla Schelderprijs
Dainese Uae 2021
Cinque gare in Belgio per Dainese, miglior risultato il 58° posto alla Schelderprijs

Conci, ok alla Freccia

Scorrendo i vari ordini di classifica, ci sono stati piazzamenti anche per Moschetti, 19° alla Brugge-De Panne; per Conci (nella foto di apertura con Henao) nel vivo della corsa anche sul terribile Muro di Huy alla Freccia Vallone; per Konychev 24° sempre a De Panne. Hanno assaggiato il Nord anche due talenti sui quali il ciclismo italiano fa molto affidamento come il campione europeo U23 Dainese e l’iridato junior Tiberi. Certo, prima di vederli protagonisti sotto i ponti dovrà passare ancora dell’acqua, ma aspettiamo fiduciosi sulla riva…