Domenica Jakub Mareczko, da ieri in gara al Giro d’Ungheria (terzo nella prima tappa), è tornato a vincere. Lo ha fatto al Circuito del Porto-Trofeo Arvedi, una delle classiche internazionali del ricco calendario Under 23 aperta anche agli Elite (foto di apertura Sessa). La partecipazione sua e della Corratec ha scatenato un vespaio di polemiche sul quale in seguito torneremo, ma pochi hanno evidenziato un altro aspetto della sua vittoria: il fatto che si è ripetuto a 10 anni di distanza.
Non capita spesso che un ciclista (ma sarebbe meglio uno sportivo in genere) vinca a una simile distanza di tempo, per molti lo spazio fra due carriere. Per Jakub questo pensiero toglie un po’ di quell’amaro che ha coperto la sua vittoria.
«Effettivamente ripetersi a tanto tempo di distanza fa piacere. E’ sempre stata una corsa adatta alle mie caratteristiche, completamente piatta, dove si deve lavorare di squadra per costruire la volata finale».
Che differenze ci sono fra il Mareczko della prima vittoria e quello di oggi?
Ci sono 10 anni da professionista, fatti di momenti più o meno elevati, più o meno felici, ma tutti ricchi di esperienza. Quando vinsi avevo 19 anni, ero al mio secondo anno fra gli under 23 e avevo il cuore pieno di speranze. Diciamo che anche quella vittoria ha contribuito a lanciarmi fra i professionisti. Oggi sono un altro corridore, un altro uomo.
Una gara importante?
Molto, lo è sempre stata. Al tempo era uno degli appuntamenti cardine della stagione per un Under 23, oggi è ancora un evento importante, nel calendario Uci, con molte presenze straniere. Domenica c’era anche la nazionale militare francese.
Con questa vittoria è come se si fosse chiuso un cerchio. A dispetto della tua ancor giovane età, come giudichi questa decade d’intervallo?
E’ stata bella, importante, ricca di soddisfazioni. Ho vinto corse in grandi squadre, ho vissuto il ciclismo del WorldTour. Ho sempre fatto la mia parte e di questo vado orgoglioso. Il mio unico rammarico è non essere riuscito a vincere una tappa al Giro d’Italia, ci sono andato vicinissimo tre volte, è ciò che più mi dispiace, ma magari c’è ancora tempo e occasione per farlo…
E’ vero però che più di qualcuno ha un po’ storto la bocca vedendo la tua vittoria, proprio in relazione ai tuoi quasi 30 anni, non prendendosela naturalmente con te ma con in generale la presenza del tuo team…
Sì, è stata una vittoria contraddistinta da polemiche e questo mi dispiace. Perché eravamo lì? E’ semplice: questione di punti Uci. Il regolamento quest’anno è cambiato e per mantenere lo status di professional, un team deve raggiungere un certo punteggio, quindi è imperativo andare in ogni corsa dove si possono prendere punti. Quella di Cremona era un’ottima occasione per vincere e raccogliere un bel bottino, abbiamo lavorato tutti insieme per questo.
Oltretutto la Corratec paga anche la mancata partecipazione al Giro d’Italia…
Esatto, quindi siamo costretti a cercare gare random per conquistare punti. Non a caso già lunedì ero su un aereo per venire a correre in Ungheria e appena finita la prova magiara andrò in Grecia. Poi avrò un periodo per ricaricare le batterie e si ricomincerà, andando anche in Asia.
Perché allora si è creato tutto quel polverone?
Il discorso non era rivolto a noi in quanto tali. Il regolamento permette la partecipazione delle squadre come la nostra, punto. All’estero problemi simili non ci sono, le gare di categoria 1.2 come quella di Cremona sono piene di squadre professional, la stessa Bardiani negli anni scorsi era presente anche al Circuito del Porto. Ricordo ad esempio al Giro di Gran Bretagna come abbia partecipato anche l’Alpecin ed era una corsa di quella categoria. Qui allora si scatenerebbe il pandemonio… I punti bisogna cercarli dove sono, chiaramente è giusto farlo se si può nelle corse più vicine.
In che condizioni sei, visto che sei nel pieno della tua stagione?
Direi molto buone. Sono uscito dal Giro di Turchia con una buona forma, modellata proprio in quella corsa così lunga, otto giorni filati senza interruzione servivano per la messa a punto. Ora ci sono corse che hanno tappe a me adatte, con altimetrie non eccessive. L’obiettivo è fare risultato in entrambe.
A Cremona, in quella vittoria, quanto c’è stato di tuo e quanto della squadra?
Penso che ci sia stata una bella commistione, prima lanciando all’attacco un corridore di valore come Tsarenko, poi costruendo la volata con i compagni che sono stati bravissimi a mettermi nelle migliori condizioni, infine con la mia volata. Ma l’aiuto della squadra serve sempre. A dispetto di quel che si possa pensare, del fatto che c’erano corridori molto più giovani, una volata non ha mai un esito scontato…