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All’ombra di Kooij si è rivisto il Mareczko che punge

15.06.2023
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Di Jakub Mareczko si parla sempre abbastanza poco, pur facendo parte di un team WorldTour. Chiamato a correre lo ZLM Tour in Olanda, il corridore bresciano di origine polacca ha risposto presente alla sua maniera, con una vittoria e due podi, dimostrando di essere ancora un velocista di primissimo piano. Per lui non è ancora passato il valico dei trent’anni, eppure molti lo considerano uno dei più maturi sprinter del momento e in un ciclismo che punta sempre verso la giovinezza sfrenata, il termine “maturi” per qualcuno assume una concezione negativa.

Pochi si sono accorti ad esempio che con il successo olandese, Mareczko ha toccato quota 62 vittorie fra i professionisti e si ha un bel dire che fra queste non ci saranno grandi classiche, ma è pur sempre un traguardo che vale e che pochi possono vantare. La verità è che in Olanda Jakub ha raggiunto finalmente la forma, in un consesso non di poco conto.

«Lo ZLM Tour era una corsa con tracciati adatti a me, questo è certo – spiega Mareczko – sapevo che poteva essere foriero di soddisfazioni e volevo farmi trovare pronto, quindi mi sono preparato con cura. C’erano tutti percorsi pianeggianti salvo la prima tappa che era un cronoprologo e di fatto ha costruito la classifica».

La volata vincente di Mareczko a Buchten, con l’aiuto di Robbe Ghys (a sinistra) terzo
La volata vincente di Mareczko a Buchten, con l’aiuto di Robbe Ghys (a sinistra) terzo
Guardando le classifiche ci si accorge che, al di là del vincitore Kooij, c’erano molti velocisti di spicco e soprattutto molti sprinter italiani, essere riuscito a svettare in quel consesso vorrà pur dire qualcosa.

Assolutamente, quando ho tagliato il traguardo vittorioso ero davvero soddisfatto, ma anche i due podi successivi sono stati importanti perché hanno dimostrato la mia costanza di rendimento e la mia forma. Avevo già gareggiato lo scorso anno, ma non c’era il prologo quindi ci si giocava tutto con gli abbuoni, questa volta sono emersi velocisti capaci di far bene anche a cronometro.

Come Kooij, che ha confermato la sua predisposizione per le classifiche delle corse a tappe…

Non solo lui, anche l’australiano Welsford. Sapendo che i percorsi erano a loro congeniali, sia la Jumbo Visma che il Team DSM hanno tenuto la corsa molto chiusa, non dando grandi possibilità per andare in fuga, quindi ci si giocava tutto allo sprint e come detto c’era gente di peso, dagli stessi sopra nominati a Cavendish.

Per Mareczko finora poche apparizioni in gara ma con ottime percentuali di risultati
Per Mareczko finora poche apparizioni in gara ma con ottime percentuali di risultati
Tu finora hai gareggiato piuttosto poco, appena 20 giorni di gara con un bilancio statisticamente lusinghiero: 2 vittorie e altre 5 presenze nella Top 10. Come mai così poche apparizioni?

E’ una scelta del team, che è molto ampio come ogni squadra del WT. Considerando Philipsen e Groves come gli sprinter principali per i grandi Giri, per me è stato scelto un calendario ridotto, ma con appuntamenti adatti alle mie caratteristiche, ricalcando un po’ quello dello scorso anno, ma con differenze sostanziali.

Quali?

Il primo anno alla Alpecin è stato fondamentale per capire le gare alle quali partecipavo, le prove del Nord Europa che non sono certo quelle italiane o quelle che vai a fare in giro per il mondo. Pian piano sono entrato nel mood di questo modo di correre e infatti, se si va a guardare ci sono stati miglioramenti in quasi tutte le gare alle quali ho partecipato.

La doppietta vincente dell’Alpecin al Tour de Bretagne, con l’azzurro davanti a Dehairs (BEL)
La doppietta vincente dell’Alpecin al Tour de Bretagne, con l’azzurro davanti a Dehairs (BEL)
Vorresti gareggiare di più?

Il sistema dimostra di funzionare, quando sono stato chiamato in causa mi sono fatto trovare pronto. Nel team mi trovo molto bene, quando non sono in gara con loro posso allenarmi a casa oppure in Spagna per qualche ritiro ben posizionato nella stagione. Ora ad esempio farò il Giro di Polonia e poi staccherò dalle gare per un paio di settimane per poi preparare la seconda parte di stagione.

Parlando dei tuoi colleghi Philipsen e Groves, che velocisti sono?

Fortissimi e per Jasper direi quasi atipico, perché è uno che tiene bene anche in salita. Uno che vince sui Campi Elisi al Tour e giunge secondo alla Roubaix dietro Van Der Poel non puoi certo considerarlo un velocista comune, è davvero tanta roba.

Un altro centro per Olav Kooij, primo in classifica con 13″ su Welsford e 15″ su Eekhoff
Un altro centro per Olav Kooij, primo in classifica con 13″ su Welsford e 15″ su Eekhoff
Nella seconda parte di stagione speri di avere più occasioni di confronto?

Dipende dal calendario, considerando che Jasper e Kaden presumo si divideranno fra i grandi Giri. Io voglio continuare su questa strada, prendere parte a corse che si adattano alle mie caratteristiche, per aumentare le mie possibilità di vittoria e, perché no, potermi presentare alle trattative per il rinnovo del contratto con risultati, che ci sono, e con un rendimento costante e anche pienamente integrato nel gruppo.

Cinque sprinter italiani sotto l’occhio di Endrio Leoni

01.02.2023
6 min
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La stagione è ripartita e come di consueto lo ha fatto dando una grossa priorità alle volate. Hanno gioito per ora soprattutto sprinter stranieri. Giusto ieri ha rotto gli indugi Jonathan Milan, il quale però bisogna vedere se va inquadrato come un velocista puro.

Con Endrio Leoni , grande sprinter degli anni ’90-2000, abbiamo voluto fare un approfondimento sulle ruote veloci del Belpaese. Gli abbiamo chiesto di individuarne cinque. Cosa ci possiamo aspettare da loro? Quali sono quelle più pure che ci consentiranno di tenere alta la bandiera negli sprint più importanti?

Endrio Leoni (classe 1968) è stato un grande sprinter. Professionista dal 1990 al 2002, ha vinto oltre 30 corse… ai tempi di Cipollini
Leoni (classe 1968) è stato un grande sprinter. Pro’ dal 1990 al 2002, ha vinto oltre 30 corse… ai tempi di Cipollini

Tempi duri

Endrio schietto come era in bici lo è anche ai “microfoni” e dice subito che anche gli sprinter italiani di oggi non stanno passando un super momento.

«Faccio un po’ fatica a trovarne cinque – dice Leoni – perché un conto è il “mezzo velocista” che fa settimo, decimo… Un conto è il velocista che lotta per la vittoria. E’ un po’ lo stesso discorso degli scalatori che sento spesso. Dice: “Va forte in salita”. Okay ma se poi non vince….

«Comunque scelgo Nizzolo, Viviani, Dainese e Consonni».

Nizzolo (qui al centro) è potente ma non potentissimo, secondo Leoni
Nizzolo (qui al centro) è potente ma non potentissimo, secondo Leoni

Nizzolo, non solo potenza

E seguendo l’ordine di Leoni, iniziamo questa analisi con Giacomo Nizzolo.

«Nizzolo è uno che vince le sue 2-3 corse l’anno come minimo. All’inizio era davvero un velocista di belle speranze, aveva ottime premesse poi sul più bello ha avuto quel problema fisico, al ginocchio se ben ricordo, e questo gli ha tolto molto. Ti porta via tempo, energie mentali, toglie qualcosa al tuo fisico… mentalmente non sembra, ma si fa sentire».

«Giacomo era uno di quelli che teneva bene sulle salitelle e questa sua caratteristica mi piace molto. Vediamo se potrà arrivare al suo livello (o forse sono gli altri che sono cresciuti molto, ndr). In più è anche capace di destreggiarsi nei finali».

E anche se Nizzolo spinge e ricerca rapporti molti lunghi, Leoni non sembra essere d’accordo sul fatto che Giacomo sia un super potente.

«Non si tratta tanto del rapporto. E’ vero lui parte da lontano, ma poi devi capire anche cosa fanno i tuoi avversari. E’ potente sì, ma quel che voglio dire è che non è un Kittel».

Per Leoni, Elia Viviani (qui affiancato da Albanese, al centro), deve trovare la fiducia totale della squadra
Per Leoni, Elia Viviani (qui affiancato da Albanese, al centro), deve trovare la fiducia totale della squadra

Viviani e la Ineos

Si passa poi a “sua maestà” Elia Viviani, che più passa il tempo e più è stimato da colleghi e tecnici.

«Elia – spiega Leoni – si è un po’ perso nel tempo, almeno su strada. Ed è un peccato. Non so se sia stato uno sbaglio per lui andare in Francia e lasciare il team dove vinceva. Su strada deve rivedere qualcosa.

«Gli servirebbero almeno un paio di uomini, perché è vero che è bravo a saltare di qua e di là, ma se ogni volta sei da solo hai già fatto mezza volata e poi le gambe per l’altra mezza? La mia preoccupazione è che non so se in Ineos Grenadiers gli diano due uomini o comunque lo spazio necessario».

«Cosa mi piace di lui? Che a 33 anni ha ancora una grossa determinazione. Correre su pista e su strada a quel livello è difficilissimo. Ha qualche stagione per fare ancora bene».

Tour de France 2022, Alberto Dainese (in maglia nera) tra i giganti: Sagan, Van Aert e Groenewegen. Alberto può crescere molto
Tour de France 2022, Alberto Dainese (in maglia nera) tra i giganti: Sagan, Van Aert e Groenewegen. Alberto può crescere molto

Speranza Dainese

E veniamo ad Alberto Dainese. Complice forse la sua giovane età, Leoni si accende. L’atleta della DSM è quello più in rampa di lancio se vogliamo…

«Tra quelli nominati – prosegue Leoni – è quello che lascia più speranza. E’ un bravo ragazzino ed è veneto come me! Dovrebbe trovare una squadra a sua disposizione, sarebbe il massimo. Perché vedo che spesso è troppo indietro quando viene lanciato lo sprint. Non può sempre consumarsi per rimontare… e finire quarto, per dire. Ai 250 metri lui è 12°-13°, quando dovrebbe essere 6°-7°. Al Giro d’Italia gli ha dato una mano anche Bardet, che per carità è anche bravo, ma è uno scalatore. Lì ci serve uno sprinter forte quasi quanto te che sei il leader. Uno che sappia spingere bene il rapporto specie con le velocità (e i rapporti stessi) che ci sono oggi. Per me se lo merita, la sua gavetta Alberto l’ha fatta».

«Dainese è esplosivo. Può fare anche una volata di 180 metri. Ma poi queste sono analisi che lasciano il tempo che trovano. Ogni volata è diversa dalle altre. Magari c’è una curva ai 300 metri oppure si arriva velocissimi da un rettilineo di 1.500 metri… come quelle che preferivo io».

Consonni, che sa destreggiarsi benissimo in gruppo, potrebbe essere un ottimo apripista per Endrio
Consonni, che sa destreggiarsi benissimo in gruppo, potrebbe essere un ottimo apripista per Endrio

Consonni, apripista?

La lista dell’ex sprinter veneziano si chiude con Simone Consonni. 

«Simone – va avanti Leoni – è un gran bell’atleta, però io lo vedo più come velocista d’appoggio. In quel ruolo è ottimo… chiaramente se lui è mentalmente disposto a farlo. Può dire la sua in tante occasioni ma è un piazzato. In più tiene bene sulle salitelle».

«Per me Simone dovrebbe trovarsi un velocista di quelli super: uno Jakobsen, un Groenewegen, per dirigere il loro treno. Perché poi è la cosa più difficile quel ruolo, serve un’intelligenza tattica superiore e al tempo stesso bisogna essere fortissimi: qualità che lui ha. Potrebbe essere un Martinello, un Lombardi. Ecco, Giovanni non era super potente, ma era il più intelligente».

E il quinto?

I nomi che snoccioliamo sono tutti di buoni corridori: da Lonardi ad Attilio Viviani. Da Konychev a Fiorelli. Da Mareczko a  Mozzato

«Siamo nella schiera dei piazzati – spiega Leoni – Mareczko è il più sprinter di tutti, anche di quelli nominati prima, ma va bene per le corse più piccole. Io lo seguo da tempo. Da giovane pensavo: “Però, bravo questo ragazzo”. Ma evidentemente non è facile adattarsi tra i pro’».

«Sì, poi ci sono nomi come Trentin o Pasqualon, ma non sono dei velocisti. Sono corridori velocissimi. Anche Pantani era veloce e se si buttava in volata faceva decimo. Ma un conto è lottare tra i primi tre e un conto è farlo per il decimo posto. E’ un altro lavoro, un altro sport, cambiano le velocità, cambiano i watt. Ce ne sono 200 in meno. Un conto è fare lo sprint di testa a 1.600 watt e un conto è farne 1.400 a ruota.

«Semmai aspettiamo i giovani, come Milan ieri. Jonathan lo conosco bene. E’ un 2000, correva con mio figlio. E’ veloce, alto, potente… speriamo che possa trovare lo spazio giusto in quella squadra».

Mareczko ritrova la vittoria in Malesia e guarda al 2023

20.10.2022
5 min
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Il Tour de Langkawi, concluso oggi (ieri per chi legge, ndr) ha chiuso la stagione agonistica 2022. I corridori sono tornati in Malesia dopo due anni e mezzo di stop causa pandemia. Visto che era l’ultima corsa della stagione, in un’annata caratterizzata dalla continua corsa ai punti per la classifica UCI, il parterre dei corridori era molto ampio. Una delle squadre che è andata a correre in Malesia con grandi prospettive e portando a casa anche tre vittorie è l’Alpecin Deceuninck. Uno dei successi è stato firmato da Jakub Mareczko.

Jakub, una bella vittoria per chiudere bene la stagione… 

Sì, direi proprio di sì. Siamo venuti a questo Tour de Langkawi con una squadra molto competitiva. C’erano ragazzi come Bax che ha vinto la Coppa Agostoni davanti a Valverde, e Taminiaux che ha corso la Vuelta ed era in ottima condizione. 

Non è un caso che le altre due vittorie siano arrivate proprio da questi due atleti. 

Assolutamente, il nostro obiettivo, come quello di tante altre squadre, era di venire qui a raccogliere successi. Ci siamo riusciti nonostante ci fossero molte squadre attrezzate per fare bene, pronte a prendere gli ultimi punti rimasti per la classifica UCI. 

La Alpecin ha chiuso il 2022 con dei buoni risultati, qui la vittoria alla Coppa Agostoni di Bax
La Alpecin ha chiuso il 2022 con dei buoni risultati, qui la vittoria alla Coppa Agostoni di Bax
Una corsa a tappe di una settimana, così lontana dall’Europa era da un po’ che mancava.

Sono trasferte non semplici effettivamente. Noi siamo partiti 4 giorni prima, il 7 ottobre. Il viaggio è stato molto lungo: prima sono andato a Bruxelles, destinazione Amsterdam per viaggiare insieme a tutta la squadra. Poi aereo diretto per Singapore e come ultima tappa abbiamo raggiunto Kuala Lumpur. E’ stata una corsa lunga ed impegnativa, ma sono le ultime fatiche prima delle vacanze, quindi si stringono i denti e si portano a termine

Si è tratta della tua terza vittoria stagionale, anche se il calendario non è stato di altissimo livello.

Mah, devo dire che negli ultimi anni il livello si è alzato parecchio ovunque. Non ci sono più corse semplici. Io ho avuto la mia occasione di fare corse WorldTour al Giro e poi in Polonia, ma per un motivo o per l’altro non è andata bene. Al Giro arrivavo da una brutta caduta subita in Turchia ed ero fuori forma, mentre in Polonia tutta la squadra si è dovuta ritirare per Covid. Si è aggiunta anche una piccola dose di sfortuna.

Il primo anno con la Alpecin è andato molto bene: dal prossimo anno si sale nel WorldTour (foto Instagram/PhotoNews)
Il primo anno con la Alpecin è andato molto bene: dal prossimo anno si sale nel WorldTour (foto Instagram/PhotoNews)
Come ti sei trovato al tuo primo anno in Alpecin?

Mi sono trovato subito molto bene, anche a livello di comunicazione all’interno del team. Il preparatore abita in Italia e parla benissimo italiano ed anche il manager parla molto bene la nostra lingua. In più, come in tutte le squadre si parla quasi sempre in inglese.

A livello di allenamenti e di preparazione?

Siamo seguiti e monitorati costantemente. L’unico intoppo, ma non abbiamo ancora capito bene il motivo, lo abbiamo avuto dopo lo ZML Tour, a giugno. Avevo un periodo di pausa dalle corse e sono andato in altura a lavorare per 4 settimane, solo che una volta tornato non riuscivo ad essere performante come mi sarei aspettato. La condizione è migliorata solamente in queste ultime corse. 

La sua seconda gara WorldTour è stato il Polonia (qui con Ceszlaw Lang), chiuso anzitempo per la positività della squadra al Covid
La sua seconda gara WorldTour è stato il Polonia (qui con Ceszlaw Lang), chiuso anzitempo per la positività della squadra al Covid
L’anno prossimo il team passerà WorldTour, pensi cambierà qualcosa?

Non credo, la squadra era già invitata tramite wild card a tutte le competizioni. Quindi sinceramente non mi aspetto grandi differenze rispetto a quanto fatto quest’anno. A livello di calendario cambierà l’idea di approccio alle corse, ma non ne sono convinto. Perché anche qui in Malesia, con la promozione già acquisita, siamo venuti per vincere. 

Ora torni a casa e ci sarà riposo anche per te?

Ripartiamo da Kuala Lumpur domani sera (oggi per chi legge, ndr). La squadra ci ha già dato un programma. Faremo due settimane di stop completo e poi a inizio novembre si inizierà a pedalare. A dicembre faremo il primo ritiro.

Mareczko 2022

Giro dimenticato, Mareczko è già in gara per vincere

26.05.2022
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Mentre il Giro d’Italia va avanti, il resto del mondo ciclistico non sta con le mani in mano. Molte sono le gare in programma nel calendario e sabato scorso ne è andata in scena una particolare, la Veenendaal-Veenendaal in Olanda. Particolare perché, nata nel 1985, è una delle pochissime classiche rimaste riservata espressamente ai velocisti: gara senza asperità di rilievo, una lunga cavalcata verso la soluzione finale che quasi sempre è una volata di gruppo.

Scorrendo l’ordine di arrivo dell’ultima edizione si scopre che ai piedi del podio nella gara nella quale ha riassaggiato il sapore del successo Dylan Groenewegen, c’era Jakub Mareczko, lo sprinter dell’Alpecin-Fenix che al Giro d’Italia c’era, chiudendo la sua esperienza anzitempo. Una cosa del genere fino a qualche anno fa non sarebbe stata permessa. Chi si ritirava in un grande giro, doveva poi star fermo fino alla sua conclusione. Le pressioni dei team hanno però spinto l’Uci a rivedere questa regola.

Mareczko, che in questi giorni è in Belgio per seguire il calendario del Nord, applaude questa scelta che gli ha permesso di tornare in gara prima del previsto: «E’ un’opportunità in più che viene data ai corridori per fare semplicemente il loro lavoro. Oltretutto ho potuto trovare corse più adatte alle mie caratteristiche, più del Giro d’Italia».

Groenewegen Veenendaal 2022
La volata vincente di Groenewegen a Veenendaal: Mareczko è dall’altra parte della strada
Groenewegen Veenendaal 2022
La volata vincente di Groenewegen a Veenendaal: Mareczko è dall’altra parte della strada
Ripartiamo allora dalla corsa rosa. Non era nei tuoi programmi, vero?

Ho saputo che dovevo correrlo due giorni prima della partenza… Tim Merlier che era lo sprinter candidato alla gara si era fatto male al gomito e non aveva recuperato in tempo, così mi hanno chiamato come velocista della squadra, considerando che non avevamo un uomo per la classifica. Il fatto è che anch’io non ero nel pieno della condizione: in Turchia mi ero fratturato lo scafoide, il recupero è stato lento e questo mi ha un po’ condizionato.

Tu di fatto hai potuto gareggiare solo nella porzione ungherese…

Sì, perché il quarto giorno sull’Etna sono emersi tutti i miei problemi di tenuta. Oltretutto quest’anno sto soffrendo particolarmente l’allergia e in Sicilia non riuscivo proprio a respirare. La squadra mi aveva messo anche un compagno per aiutarmi a salire la montagna quando ho perso le ruote del gruppo, ma mi sentivo davvero male, così ho preferito mollare.

Eppure in Ungheria non eri andato male.

No, nell’unica volata disponibile, nella terza tappa ero giunto quinto. La squadra aveva lavorato benissimo e Mathieu era davanti per pilotarmi verso lo sprint finale, ma alla rotonda dell’ultima curva un avversario mi ha tolto dalla sua ruota. Ho dovuto a quel punto inventare la volata, ma con un po’ più di fortuna nella preparazione avrei potuto fare anche meglio. 

Mareczko Giro 2022
Mareczko in Ungheria: il Giro era iniziato abbastanza bene, con il 5° posto a Balatonfured
Mareczko Giro 2022
Mareczko in Ungheria: il Giro era iniziato abbastanza bene, con il 5° posto a Balatonfured
Anche se la tua esperienza è stata breve, com’è stato il primo Giro nell’Alpecin di Van Der Poel?

Da quel punto di vista non posso dirne altro che bene. La squadra corre per Mathieu e Mathieu corre per la squadra. In quello sprint si era messo volentieri a disposizione e con la sua potenza mi stava portando nella posizione ideale per lo sprint. Questo lo fa uno che tiene ai risultati di tutti, non corre solamente per sé.

E dopo il ritiro?

Sono rimasto fermo un paio di giorni, fatto le terapie possibili per l’allergia ma soprattutto poi ho potuto fare qualche allenamento giusto, mi sono sentito meglio. In Belgio oltretutto l’aria per me è più respirabile in questo periodo, così a Veenendaal ero un altro Mareczko.

Che corsa è quella olandese, è davvero una delle poche rimaste per voi velocisti?

Sì, anche se ha le sue difficoltà. E’ una gara nervosa, con stradine strette tipiche dell’Olanda, dove devi essere sempre attento alla guida. All’inizio ad esempio c’era molto vento e la Jumbo Visma ha fatto un ventaglio, noi per fortuna eravamo rimasti davanti ma il gruppo si è spaccato.

Mareczko Van Den Bossche 2022
In casa Alpecin l’atmosfera è buona, Jakub testimonia la disponibilità dei compagni ad aiutarlo
Mareczko Van Den Bossche 2022
In casa Alpecin l’atmosfera è buona, Jakub testimonia la disponibilità dei compagni ad aiutarlo
Dove ti vedremo ancora?

Continuo con le gare fra Belgio e Olanda, come detto qui respiro meglio e posso esprimermi. Oggi c’è il Circuito di Vallonia e domenica un’altra gara. Speriamo di portare a casa qualcosa, il quarto posto di sabato mi ha soddisfatto per com’è arrivato e quel che significava, ma voglio e valgo di più.

E poi?

Non so ancora quale sarà il programma, ma di sicuro non sarò al Tour.

Incidenti a parte, come giudichi questa prima parte di stagione?

Era partita bene, a febbraio con la vittoria di tappa e la conquista della classifica a punti al Giro di Turchia stava procedendo nel migliore dei modi, poi le cadute e l’allergia mi hanno un po’ frenato. Ora però sono in ripresa, vediamo come vanno le prossime corse ma io sono ottimista.

Balatonfured: Cav esulta, ma il numero lo fa Ballerini

08.05.2022
6 min
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«L’uomo del giorno è Davide Ballerini», ha detto Mark Cavendish al microfono di Stefano Rizzato della Rai, appena terminata la corsa. Per l’ex iridato è la vittoria numero sedici al Giro d’Italia, la prima dopo nove anni. Sul velocissimo rettilineo di Balatonfured infila Demare e Gaviria, grazie ad un lavoro da manuale di Davide Ballerini, che spiana lo sprint a Cav stesso e ai suoi compagni del treno.

Giornata strana oggi, la terza ed ultima in Ungheria. La fuga va via subito. Di nuovo Bais e Taliani ad animarla e con loro stavolta c’è Rivi. Non c’è battaglia. Il gruppo ragiona sin troppo, sapendo che si arriverà in volata e li lasciano andare alla prima occasione.

Calma apparente

Però non è una frazione facile. Ed è anche beffarda. Quasi “pianura francese”, si potrebbe dire, con tanti saliscendi, vento in qualche punto e un lungo preludio al caos esplosivo dei venti chilometri finali.

Ma solo l’elicottero, ancor più della linea d’arrivo può descrivere la portata della volata di questo pomeriggio al Giro. Nel chilometro finale c’è stato un continuo rimescolamento delle carte.

In questo rimescolamento che vi dicevamo, la Quick Step – Alpha Vinyl e Cavendish sono stati gli unici a mantenere la barra dritta, merito appunto soprattutto di Davide Ballerini.

Il comasco entra in scena a 1.500 metri dall’arrivo. In quel momento il gruppo è aperto in due. Due treni sui lati della strada. Davide porta fuori al centro quello della Quick Step. Lo fa con una potenza straordinaria. Tanto da farlo sembrare facile.

«Ci voleva per Cavendish e per noi – commenta a caldo Ballerini – Sono stato bravo? Beh, ho fatto quello dovevo fare. Sono davvero felice perché se un compagno come Cav dice queste cose è perché è soddisfatto di come ho lavorato, è consapevole di ciò che ho fatto e ancora di più è consapevole della propria condizione.

«Sì, ci serviva proprio questa vittoria. Serve per il momento e per il resto del Giro. E si vedrà quel che potremmo fare quando rientreremo in Italia».

La grinta di Davide Ballerini, oggi decisivo per Cavendish
La grinta di Davide Ballerini, oggi decisivo per Cavendish

L’uomo del giorno

Ballerini racconta poi di come si sia arrivati ad un lancio pressoché perfetto dello sprint. Uno sprint che Bramati e i suoi ragazzi avevano ben in mente. E che di fatto è partito in modo definitivo prima del Gpm vinto da Eenkhoorn, anche se magari non si vedeva.

«Abbiamo organizzato un grande treno. Eravamo tutti lì nello stesso momento – riprende Ballerini – Per fortuna che ho trovato spazio per passare appena prima della rotonda a un chilometro e mezzo dall’arrivo (fortuna? Aveva un velocità altissima, ndr). Non so a quanto andassi, ma credo oltre i 60 all’ora perché giravo bene il 54×11».

«Però noi quattro (Cavendish, Ballerini, Morkov e Van Lerberghe, ndr) ci tenevamo sott’occhio. Ci vedevamo e sapevamo che saremmo stati noi gli uomini decisivi. E in questo caso l’unione fa la forza. Dopo che mi sono spostato, nel caos, ho cercato di guardare la volata dal tabellone, ma non ho fatto in tempo. Poi quando ero ai 100 metri, per radio ho sentito che hanno iniziato ad esultare e ho capito che Cav aveva vinto. Però un po’ lo vedevo che era davanti».

Ballerini ha davvero finito da poco la tappa. E’ vero, è stato lui l’uomo del giorno. Tornando al discorso dell’elicottero si è vista nettamente la sua progressione e come la sua manovra di fatto abbia disegnato tutta la volata.

«Forse non mi rendo conto. Sto ancora cercando di rivederla. Però come ho detto è stata un bella giornata. E poi stranamente oggi Mark era tranquillo. Di solito quando sta bene e vuol vincere è sempre nervoso. Invece in gruppo nei momenti in cui siamo andati piano, abbiamo chiacchierato, abbiamo riso. Questo vuol dire che è sereno perché non è mai facile sbloccarsi nei grandi Giri».

Mareczko gamba e rimpianti

Ma per un Cavendish che alza le braccia al cielo c’è chi invece si porta dietro qualche rimpianto. Non tanto per non aver vinto, ma per non essere riuscito ad esprimere tutto il proprio potenziale.

Jakub Mareczko e Biniam Girmay ne sanno qualcosa. L’italiano più dell’eritreo. Entrambi infatti, più volte sono stati costretti a smettere di pedalare chiusi com’erano. Girmay anche per sue scelte di traiettoria, Jakub invece perché era stretto alle transenne: risalendo da dietro non aveva spazio. Ciò nonostante ha rimontato in modo feroce.

«Sono contrariato – ammette con tono deluso Mareczko – abbiamo lavorato tutto il giorno con un uomo là davanti, poi anche la Quick Step ci ha dato una mano. E avevamo lavorato bene anche nel finale. Eravamo tutti in testa al gruppo. Van der Poel doveva tirarmi la volata, ma all’ultima rotonda qualcuno mi ha buttato fuori. Così ho perso le ruote di Mathieu e sono stato costretto a risalire».

Un vero peccato per “Kuba”. In effetti la Alpecin-Fenix era la squadra più numerosa. Il  suo treno era composto da ben sette uomini a due chilometri dalla fine e Jakub aveva un apripista d’eccezione, VdP appunto. Uno che quasi avrebbe potuto vincerla questa volata.

«Sì – riprende  Mareczko – i programmi erano che Mathieu mi tirasse lo sprint e così sarà anche nei giorni a venire. Le volate le faccio io. Mi dispiace perché stavo bene. La gamba c’è, ma ritrovarsi indietro ai 900 metri e risalire significa buttare tutto all’aria».

Ancora un bagno di folla per la corsa rosa. Si chiude così una bella tre giorni in Ungheria
Ancora un bagno di folla per la corsa rosa. Si chiude così una bella tre giorni in Ungheria

Ciao Ungheria

Il Giro d’Italia saluta così l’Ungheria. A parte l’interpretazione della corsa di oggi, un po’ troppo razionale e per questo lasciva, nel complesso si riparte con un gran bell’inizio: tre vincitori di spessore, tre gare adrenaliniche e, lo diciamo di nuovo, un super bagno di folla.

Speriamo che da martedì ci sia lo stesso entusiasmo anche sulle nostre strade.

E adesso sotto con l’Etna.

VDP davanti a tutti e Oldani promette: è l’inizio…

07.05.2022
5 min
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Miglior inizio di Giro d’Italia non ci poteva davvero essere per l’Alpecin-Fenix. Il primo obiettivo è stato raggiunto con Mathieu Van Der Poel che ha abbinato la maglia rosa alla maglia gialla dello scorso Tour de France. Questa volta non c’era da onorare la memoria del nonno Raymond Poulidor, che il Giro d’Italia non lo aveva mai voluto correre puntando tutto sul Tour, ma era una ambizione tutta sua, un altro obiettivo da centrare in questa stagione nata in maniera strana. Ma il suo Giro è appena cominciato e per capire come vuole affrontarlo abbiamo sentito uno dei due italiani chiamato a sostenerlo in gara: Stefano Oldani.

Il 24enne milanese arriva a questo Giro non senza ambizioni personali, ma di questo si parlerà tra poco, prima c’è da festeggiare la conquista del capitano, con cui finora Stefano aveva condiviso poche soddisfazioni simili.

«Quest’anno avevamo disputato due sole corse insieme, la Sanremo nella quale aveva sorpreso tutti ma non noi e l’Amstel Gold Race alla quale teneva molto e che non era andata secondo i suoi desideri».

Vdp Visegrad 2022
Van Der Poel in rosa a Visegrad: seconda maglia conquistata in carriera, sempre all’esordio
Vdp Visegrad 2022
Van Der Poel in rosa a Visegrad: seconda maglia conquistata in carriera, sempre all’esordio
Come mai non eravate sorpresi? In fin dei conti veniva da un inverno tribolatissimo, senza quasi tutto il suo amato ciclocross e tanti problemi alla schiena…

Quando corri con un campione simile, sai che se decide di presentarsi in gara, soprattutto in una grande corsa, lo fa perché se la sente, è in forma. Alla Sanremo si vedeva che volava. Quando hai un talento simile, certe cose vengono spontanee. Sa bene che i problemi alla schiena sono qualcosa con cui dovrà convivere e si è adattato, fa i suoi esercizi specifici prima di ogni gara perché sa che deve avere cura del suo fisico perché possa rispondere alle sue sollecitazioni.

Com’era Mathieu nel suo approccio alla corsa rosa?

Tranquillo, con lo stato d’animo di chi sapeva di poter centrare l’obiettivo. Mathieu tiene molto a questa corsa e ha già detto che al Tour ci si penserà quando sarà il momento. E’ il capitano di una squadra come la nostra che parte un po’ in maniera piratesca, puntando a raccogliere il più possibile senza mai dover guardare alla classifica, non avendo un uomo per essa. Il che per certi versi può essere un vantaggio.

VDP Sanremo 2022
L’olandese dietro il rivale Van Aert alla Sanremo, chiusa con un 3° posto clamoroso essendo al rientro
VDP Sanremo 2022
L’olandese dietro il rivale Van Aert alla Sanremo, chiusa con un 3° posto clamoroso essendo al rientro
Oltretutto vi è venuta a mancare l’altra punta, Tim Merlier…

Sì, la sua caduta ha cambiato un po’ le prospettive della squadra, ma non il suo equilibrio, perché avremo Mareczko per le volate e sono sicuro che Jakub si farà vedere. Inoltre non nascondo che in qualche particolare arrivo vorrei provarci anch’io… Intanto però abbiamo la nostra punta che ha già “fatto gol” e sono sicuro che non sarà l’unico, visto soprattutto che Mathieu intende andare avanti fino alla fine.

Quali sono gli arrivi che ti si addicono di più?

Io non sono abituato a fare piani prima del via perché poi so che vengono regolarmente disattesi. Ho dato una sommaria occhiata al programma ma ora lo sto studiando con più attenzione e un paio di tappe col circoletto rosso ci sono, ma preferisco non dire quali sono, per scaramanzia.

Oldani 2022
Stefano Oldani è pronto ad aiutare Van Der Poel, ma avrà le sue occasioni per emergere
Oldani 2022
Stefano Oldani è pronto ad aiutare Van Der Poel, ma avrà le sue occasioni per emergere
Torniamo a VDP: come si è preparato per questo Giro considerando che il periodo delle classiche è finito da poco?

Questo è un tema che mi ha lasciato dell’amaro in bocca. Mathieu ha portato chi doveva correre al Giro in altura, sfruttando un hotel con camere iperbariche, ma io non sono potuto andare perché la giurisprudenza sportiva italiana le considera pratica illegale, a differenza di quel che avviene all’estero.

Quindi che hai fatto?

Dopo la Freccia del Brabante mi sono trasferito per due settimane all’Etna, da Pasqua fino a fine mese di aprile. Ho lavorato in altura, fatto tutto quel che dovevo, ma non mi piace il fatto che ci sia disparità.

Oldani Limburgo 2022
Oldani ha chiuso 2° alla Volta Limburg Classic, fra i belgi De Lie e Vliegen
Oldani Limburgo 2022
Oldani ha chiuso 2° alla Volta Limburg Classic, fra i belgi De Lie e Vliegen
Una vittoria è arrivata per la vostra squadra, ma accennavi di voler contribuire al bottino.

Io dico che è arrivato il momento di tornare a vincere. Al Giro del Limburgo ci sono andato vicino con un secondo posto e ho capito che potevo davvero farcela, tornare a essere quello delle categorie giovanili che le sue soddisfazioni se le prendeva. E’ chiaro che serve anche tanta fortuna, serve che tutto combaci alla perfezione come in un puzzle. Diciamo però che la vittoria di Mathieu è una bella spinta per il morale.

Il fatto di non avere un uomo di classifica perché vi dovrebbe aiutare?

Perché ci consente di poter correre all’attacco, cercare di sfruttare ogni occasione senza vincoli mentali, senza dover gestire la corsa. Ci saranno le tappe per gli uomini a caccia della maglia rosa e ci saranno quelle dove ognuno di noi potrà dire la sua. Il bello di questo team è proprio questo: ognuno può trovare i suoi spazi, la sua occasione. L’importante è farsi trovare pronti.

Pacchetto aerodinamico: vitale per i velocisti e non solo

04.03.2022
7 min
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Posizioni schiacciate, spinte potenti e ricerca della massima velocità… Ma per raggiungerla non bastano le gambe. Serve altro in questo ciclismo. Serve il “pacchetto aero”. Si tratta di tutti quei dettagli e di quei materiali che sono pensati per andare più forte, che sono pensati per essere più efficienti dal punto di vista aerodinamico.

Nelle scorse settimane abbiamo parlato dei manubri. Uno degli elementi fondamentali in quanto ad aerodinamica, visto che si tratta di un componente frontale a diretto impatto con l’aria. Stavolta, dato per assodato il “tema manubri” parliamo anche di body, caschi, bici, ruote e persino calzini. Davvero tutto ciò incide? E quanto?

Pasqualon: ruote ad hoc

«Per me il pacchetto aero conta tantissimo – dice Andrea Pasqualon della Intermarché Wanty Gobert – in questo ciclismo estremizzato. Servono velocità altissime per fare risultato e quindi un certo tipo di casco, di body, di bici…  ti aiutano.

«La bici è la prima cosa in questa ricerca della performance. Deve essere il più fluida possibile, con meno parti possibili esposte all’aria. Non a caso diversi velocisti usano telai più piccoli. Da noi per esempio Kristoff (in apertura battuto da Jakobsen, ndr) che dovrebbe avere una taglia 56 usa una 54».

«Il carbonio poi è più rigido. Tutti pensano che la bici del velocista sia più scattante, ma in realtà sul momento dello scatto è più reattiva quella dello scalatore che essendo più elastica risponde prima. Quella del velocista deve essere rigida, non deve disperdere energia. Deve dare supporto.

«E questa credo sia la differenza più importante rispetto ad una bici di 10 anni fa. Credo che a parità di forza oggi con una bici di quei tempi perderei sempre la volata. Le cosiddette bici aero oggi per certi aspetti derivano da quelle da crono. Quando ti alzi e inizi a spingere forte non “tirano indietro” come una volta, ma appunto vanno avanti, sono fluide come dicevo».

«Altri watt si racimolano poi anche con le gomme. Noi con i tubeless risparmiamo circa 7-8 watt a 50 all’ora. E questo conta non tanto in volata quanto nel corso della gara. Pensiamo ad una tappa di 200 chilometri o a una Sanremo che ne misura 300, il dispendio energetico è molto elevato. Sono energie che ti restano nella gambe.

«Altra cosa molto importante che ho notato sono le ruote. Okay, si sa che quelle più alte sono più veloci, ma non è detto che vadano bene per ogni bici. Per esempio, le Fulcrum sono ottime ruote, ma sulla Cube quelle che rendono meglio sono le Newmen, che sono state disegnate appunto per la nostra bici. E non è detto che su un’altra bici siano altrettanto performanti. Anche questi sono dettagli che fanno la differenza. 

«E poi anche il body non va sottovalutato. E’ sempre più diffuso: anche gli scalatori spesso lo usano».

Ruote alte e boby per Kuba

E a proposito di body, questo è l’elemento che forse più di tutti desta l’attenzione di Jakub Mareczko. “Kuba” milita nell’Alpecin-Fenix e in questa squadra si dà grande importanza agli sprinter o comunque ai corridori veloci. Oltre a lui ci sono Van der Poel, Jasper Philipsen, Tim Merlier… tutti motori grossi, grossi in grado di sprigionare potenze incredibili. Fornirgli un pacchetto aero per metterli nelle condizioni migliori al fine di raggiungere velocità più elevate è una priorità più che in altri team.

«Per me – dice Marezcko – in primis c’è la bici (in Alpecin hanno a disposizione la più veloce Canyon Aeroad e la più leggera Ultimate, ndr) e poi c’è il vestiario.

«Possiamo scegliere tra due caschi: uno meno forato e più aero, e uno più leggero ed aerato. Prima del via, a seconda della tappa e del meteo, decidiamo quale indossare. Non credo invece che il guantino faccia grosse differenze. Van der Poel per esempio neanche li usa. Io li metto perché semmai dovessi cadere almeno poi potrei tenere in mano un bicchiere per bere! Tutta esperienza, all’inizio non li mettevo.

«E lo stesso discorso vale per i calzini. Quelli aero che abbiamo sono un po’ più alti e con un materiale sintetico più “liscio” e aderente rispetto a quelli classici, diciamo».

«Poi c’è il body: importantissimo. Quasi tutti ormai lo usano, non solo noi velocisti. E’ decisamente più aderente del set maglia e pantaloncino. Nella zona dell’ombelico quando sei piegato resta più aderente, comprime di più e l’aria scivola via meglio. In più la maglia non sale mai».

Come abbiamo accennato, in Alpecin hanno a disposizione due bici, ma come sempre la parte forse più importante sono le ruote. In tal caso la scelta si allarga a tre modelli, tutti e tre Shimano Dura Ace.

«Abbiamo quelle con profilo da 60 millimetri, quelle da 50 e quelle da 36. Io uso sempre quelle da 60, ogni tanto quelle da 50, anche su percorsi più impegnativi, perché la differenza di peso è poca, mentre si sente la differenza di scorrevolezza».

Parola al tecnico

E dopo aver sentito due velocisti, sentiamo anche l’opinione del tecnico, Giampaolo Mondini, referente tra Specialized, il marchio che rappresenta, e i team che lo stesso brand americano supporta: Quick Step-Alphavinyl, Bora-Hansgrohe e Total Energies.

«In Specialized non forniamo vestiario ai pro’ – spiega Mondini – Però posso dire che tra i team che seguiamo di certo il body con le tasche va per la maggiore. Total Energies e Quick Step utilizzano quello di Castelli. E visto che le gare sono sempre più veloci anche in salita si tende a preferire il body in generale. Un po’ tutti preferiscono il pacchetto aero. Quante volte si viaggia al di sopra dei 50 chilometri orari ormai? Tante direi».

«Qualche anno fa avevamo fatto uno studio sui vantaggi in termini di watt. In galleria del vento avevamo notato che i calzini non hanno nessuna influenza ai fini aerodinamici in quanto con il movimento della pedalata creano una sorta di spostamento d’aria all’interno del “cono aero” e creano delle interferenze, ma è davvero difficile da valutare.

«Discorso diverso se invece parliamo del copriscarpe. Il fatto che sullo scarpino ci siano delle prese d’aria, il copriscarpe chiudendole li rende più veloci. Però bisogna anche valutare l’aerazione del piede, perché se metto il copriscarpe e la temperatura del piede sale troppo o mi disidrato… non è più un vantaggio.

«Quello che invece conta abbastanza è il casco. Noi ne mettiamo a disposizione due modelli: il Prevail, casco “classico”, e l’Evade, casco aero. Possono esserci anche 10 watt di differenza a 50 chilometri orari e per questo motivo è sempre più usato».

Stare nella pancia del gruppo aiuta moltissimo come è noto: in quei frangenti i vantaggi del pacchetto aero sono meno tangibili
Stare nella pancia del gruppo aiuta moltissimo come è noto: in quei frangenti i vantaggi del pacchetto aero sono meno tangibili

Non solo i velocisti…

Nel nostro caso, visto che la bici è unica (la Specialized S-Works Tarmac SL7) si va alla ricerca delle ruote alte, le Rapid con profilo differenziato: 50 millimetri all’anteriore e 55 al posteriore e manubrio sempre della linea Rapid, quindi schiacciato e con piega alare. Chi non usa il Rapid usa il manubrio aero di Pro (brand di Shimano, ndr) con il set integrato. Sono davvero pochi ormai ad optare per quello tradizionale».

Per Mondini il discorso del pacchetto aero non riguarda, e non dovrebbe riguardare, solo i capitani o i velocisti, ma anche e forse quasi di più gli altri corridori, quelli che per la maggior parte del tempo sono in testa al gruppo a tirare e a prendere aria in faccia.

«C’è una grande differenza tra stare davanti e a ruota – conclude Mondini – Per chi sta in mezzo al gruppo il discorso dell’effetto dei watt decade tantissimo. Si risparmia molto, cambiano i vortici di aria. Per assurdo sarebbe più importante che il pacchetto aero ce lo avesse un Tim Declercq, che tira tutto il giorno, che un Alaphilippe che fa la corsa negli ultimi 15 chilometri. Per dire…».

Tour of Antalya, si chiude nel segno di “Kuba” e del danese

13.02.2022
8 min
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La città vecchia sta sotto, in un cunicolo di viuzze in penombra strapiene di botteghe. Vendono the e spezie, narghilè e oggetti d’artigianato, abbigliamento contraffatto e monili d’ogni genere. Se ti lasci inghiottire, la musica a tutto volume da Piazza Cumhuriyet lentamente si attutisce e ti ritrovi in Turchia. E’ quello che ci vuole prima dell’arrivo dell’ultima tappa, altrimenti le corse diventano tutte uguali e non cogli il sapore del posto che ti accoglie. E mentre risali con le sporte piene di the da riportare a casa, gli aggiornamenti su twitter del Tour of Antalya dicono che il gruppo ha ripreso il fuggitivo e si arriverà in volata.

Si batterà lo stesso arrivo di venerdì, ma lì si veniva da 3.000 metri di dislivello. Oggi invece, fatta salva una salitella all’inizio, il finale è da montagne russe.

Questa volta Mareczko, guidato dal treno, ha lanciato la volata ai 200 metri
Questa volta Mareczko, guidato dal treno, ha lanciato la volata ai 200 metri

Il giorno di Kuba

Sopra, al livello della strada, si è ammassata una folla da pensare e gridare a gran voce che il Covid non esista. Le sole mascherine sono quelle della corsa, mentre la gente se ne fa un baffo e si assiepa ai piedi del maxi schermo. Ci hanno raccontato che ieri sera, in un moto di ilarità, la speaker della corsa abbia lievemente ironizzato sulle attenzioni italiane nei confronti del virus. Di certo qua i telegiornali parlano d’altro, magari ispirati da fonti… diverse. E la gente la vive con apparente noncuranza, mentre Jakub Mareczko lancia la volata perfetta e questa volta non concede ai rivali neppure l’onore della risposta.

Il bresciano della Alpecin-Fenix parte ai 200 metri con il 54×11 in canna e per gli altri dietro non c’è verso di rimontarlo.

Per Malucelli al Tour of Antalya un primo e un terzo posto: trasferta molto positiva
Per Malucelli al Tour of Antalya un primo e un terzo posto: trasferta molto positiva

Malucelli terzo

Nello spazio dietro al podio del Tour of Antalya, nel solito ribollire di corridori, miss, massaggiatori e giornalisti, il secondo classificato Arvid De Kleijn ha gli occhi lucidi perché forse ci sperava. Malucelli invece, arrivato terzo, smorza le polemiche con Mareczko.

«Gli ho anche fatto i complimenti – sorride – questa volta ha fatto la volata perfetta. A 70 all’’ora ogni dettaglio fa la differenza e non vedo l’ora di poter usare le ruote da 60 come le sue e il casco aerodinamico. Ci stiamo arrivando, ma comunque questo è il ciclismo. Non si può sempre vincere. E oggi ho usato anche io il 54, come in Cina a volte si usava il 55. Dipende dai finali. In corse come oggi, il padellone lo puoi rischiare».

Nelle interviste dopo corsa, è affiorata tutta la determinazione di Mareczko
Nelle interviste dopo corsa, è affiorata tutta la determinazione di Mareczko

Il treno giusto

Poi arriva Kuba, con il volto sollevato e la mascella contratta e orgogliosa di chi si è tolto un bel peso.

«Ci voleva – dice – per la squadra e per me. Poi domani è il compleanno di mio figlio Alexander, perciò è stata una vittoria speciale. Arrivo a casa ancora in tempo per fargli gli auguri. Questa volta i compagni hanno fatto un lavoro egregio. Quando ho visto i 200 metri, sono partito. Stavolta ho avuto il treno, per cui non potevo sbagliare. Mentre nella prima tappa ci siamo un po’ persi, era stato un finale caotico. Oggi è andato tutto alla perfezione».

Piano riuscito

E poi va oltre, approfondendo quanto ci eravamo detti l’altra sera e in qualche modo completando il discorso. E’ sempre bello, concedeteci la vanità, assistere alla concretizzazione di un progetto.

«Da quest’inverno stiamo lavorando bene con la squadra – dice – ci siamo allenati in ritiro, abbiamo fatto i nostri test. E’ diverso dall’arrivare alle corse e trovarsi alla prima tappa a dover fare le prove generali. Questa è la dimostrazione che avendo fatto pratica in allenamento, i risultati si vedono. In Arabia Saudita non ci siamo riusciti, perché alcuni compagni sono stati male e altri sono caduti. Qua al Tour of Antalya alla fine sono rimasti gli uomini più importanti per me che hanno fatto il lavoro nel finale. L’ultimo è stato Sam Gaze, prima di lui Simon Dehairs e prima ancora Fabio Van den Bossche. Grazie a questi tre ragazzi oggi siamo riusciti a ottenere quello che gli altri hanno fatto con sei corridori. Quindi mi ritengo più che soddisfatto».

Hindsgaul a suo agio fra la gente, ma la vecchietta dove va?
Hindsgaul a suo agio fra la gente, ma la vecchietta dove va?

Il gioviale Hindsgaul

La classifica del Tour of Antalya invece se l’è portata a casa il gioviale vincitore di Termessos, quello Jacob Hindsgaul che avrebbe potuto temere imboscate da Fedeli, distante 4 secondi, ma alla fine si è salvato alla grande. E dopo l’arrivo, nel marasma generale, lo abbiamo visto posare divertito con piccoli tifosi e simpatiche vecchiette, piombate non si sa come in mezzo ai corridori. Qualche concessione all’essere in Turchia evidentemente va concessa.

«Ieri prima vittoria da pro’ – dice e ride – oggi prima classifica generale, speriamo solo che non sia l’ultima. Nonostante tutto, è stata una tappa dura. Tante squadre volevano attaccare, ma abbiamo controllato bene con tre uomini davanti. Devo dire che i miei compagni hanno fatto uno straordinario lavoro e grazie a loro alla fine, la giornata è stata facile».

La Uno-X alla fine festeggia il Tour of Antalya con una tappa e la vittoria finale: ottimo lavoro
La Uno-X lascia il Tour of Antalya con una tappa e la vittoria finale: ottimo lavoro

Obiettivo Avenir

E siccome la curiosità di ieri non s’è ancora sopita e a guardarlo ricorda davvero il Froome dei bei tempi per la finezza dei polpacci e l’inconsistenza dei bicipiti, si va avanti a chiedere.

«Le classifiche generali – spiega – un giorno potrebbero essere il mio terreno. Sono stato campione nazionale juniores della crono e vado ancora bene, per cui è un piccolo vantaggio che metto da parte. Ad ora però le montagne molto alte sono troppo, meglio quelle intermedie di corse come questa. Nonostante ciò, il mio grande obiettivo di stagione sarà il Tour de l’Avenir, dove voglio conquistare il podio. Anche se la primavera mi vedrà alla Volta Catalunya e anche alla Liegi, dove mi piacerebbe arrivare con una buona condizione».

E’ Grand’Italia

La carovana del Tour of Antalya si scioglie così. La serata permetterà di salutare le bravissime persone che ci hanno supportato e di fare i conti con il bagaglio da riempire. A Mareczko che deve fare il tampone per rientrare lo abbiamo detto noi fra una considerazione e l’altra, aggiungendo che per fortuna il molecolare lo pagherà intorno ai 17 euro. Lui ha fatto un ghigno e ha ammesso che l’anno scorso (come anche altri altrove) ha dovuto pagarseli tutti da solo a 78 euro a tampone. Capito perché, fra l’altro, è contento di trovarsi alla Alpecin-Fenix?

La stagione è appena iniziata. Dall’Oman sono rimbalzate in mattinata le immagini della vittoria di Masnada. Ieri Covi a Murcia. E prima ancora Ganna, Malucelli e Viviani. Non avremo ancora un vincitore per il Tour de France, insomma, ma il ciclismo italiano proprio così male non è messo

Mareczko si lascia l’inferno alle spalle e ha fame di sprint

12.02.2022
6 min
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Mareczko s’è fatto crescere i capelli, perciò quando si presenta con i ricci biondi e la mascherina, facciamo fatica a riconoscerlo.

«Li ho fatti crescere – ghigna – perché alla fine cadranno e allora tanto vale goderseli un po’».

Sono le sette e mezza di sera. Corsa. Massaggi. Meeting. Cena. Sono due giorni che proviamo a infilarci fra una cosa e l’altra, ma ogni volta s’è dovuto rimandare. Stavolta ci siamo e con tanta curiosità. Dopo il brutto finale di 2021, il passaggio alla Alpecin Fenix e la grinta mostrata sul primo arrivo. Sarà pure finito secondo alle spalle di Malucelli, ma negli occhi aveva fuoco vivo. Tutto intorno, nella hall dell’immenso hotel alle porte di Antalya, c’è il tipico andirivieni dei corridori diretti verso il ristorante alla vigilia dell’arrivo in salita.

Per Mareczko (ultimo a sinistra) è la seconda corsa con la Alpecin Fenix. Prima il Saudi Tour
Per Mareczko (ultimo a sinistra) è la seconda corsa con la Alpecin Fenix. Prima il Saudi Tour
Ieri hai detto che correre in questa squadra è tutta un’altra cosa.

Un’altra tipologia di squadra. Alla Alpecin-Fenix non ti manca niente, qualunque cosa ti serva. E poi è impostata su quello che faccio io, cioè le volate. Altre hanno gli scalatori e i gregari per la generale. Noi qua siamo venuti con un uomo che può fare classifica e tutti gli daranno una mano, ma se li guardate sono passisti adatti per tirare le volate. Per quello che devo fare io, è stata la scelta migliore.

Uscivi da un 2021 complicato, avevi ricevuto altre offerte?

Ero d’accordo che avrei parlato con la Bardiani e c’era stato un timido interesse dell’Astana, ma nel momento in cui ho avuto questa proposta, non ci ho pensato un attimo e ho cancellato tutto il resto.

Fra le perle del 2021, la vittoria su Cavendish a Gatteo nella Coppi e Bartali
Fra le perle del 2021, la vittoria su Cavendish a Gatteo nella Coppi e Bartali
E’ stato semplice lasciarsi indietro l’esclusione dal Giro e tutto quello che è successo l’anno scorso?

Sono passato con Citracca quando la CCC ha chiuso. Senza certe sorprese, saremmo andati al Giro, dando continuità al buon inizio. La vittoria al Coppi e Bartali su Cavendish e altri segnali positivi. Poi saremmo dovuti andare in Turchia e da lì al Giro, invece è iniziato il declino. Mi auguro sia una situazione in cui nessun altro debba ritrovarsi. La gente parla e non è bello. Quelli che correvano nel mio gruppo neanche sapevano chi fosse il ragazzo risultato positivo (Matteo De Bonis, ndr). Non lo conoscevamo, ma per colpa sua ci siamo andati tutti di mezzo e la stagione è diventata un calvario.

Probabilmente avete pagato anche certe scelte della squadra…

Ma la squadra a quanto mi risulta non era coinvolta in quelle cose. Quando uno ha bisogno di soldi, arriva a qualche compromesso e possono succedere questi episodi, come pure con Spreafico (corridore della Vini Zabù squalificato per tre anni, ndr). Ripeto, io quel ragazzo non lo conoscevo, ma probabilmente non aveva neppure le qualità per passare professionista.

La salita resta il grande scoglio di Mareczko (in maglia verde), ma non se ne fa un grande cruccio
La salita resta il grande scoglio di Mareczko, ma non se ne fa un grande cruccio
Torniamo al presente, quali saranno i tuoi programmi?

Li conoscono i capi, ma ce li dicono gradualmente. Io so cosa farò fino al Turchia di aprile, quindi fino a prima del Giro. Ma certo che mi piacerebbe correrlo, vorrei proprio vincere una tappa.

Una squadra con tre velocisti come Merlier, Philipsen e te: quanta rivalità interna c’è?

Nei ritiri c’è stata un po’ di competizione, ma nemmeno più di tanto, perché ci dividevano spesso in gruppi, quindi non ci sono state grandi occasioni di confronto. In corsa poi ciascuno farà il suo programma, nessun rischio di pestarci i piedi. Non è una squadra WorldTour, ma ne fa il calendario, quindi ognuno avrà il suo terreno di caccia.

Dopo il secondo posto nella tappa di apertura, amarezza e grinta per la rivincita
Dopo il secondo posto nella tappa di apertura, amarezza e grinta per la rivincita
Tappa di oggi (ieri per chi legge) con qualche strappo impegnativo e non sei arrivato allo sprint di 90 corridori. Pensi ancora di voler migliorare in salita?

La scelta di cambiare pelle è molto soggettiva. C’è chi lo ha fatto, ma ha perso spunto in volata (come raccontava lo stesso Malucelli, ndr). Spesso andare meglio in salita è anche questione di ridurre il peso e così però perdi forza. Io ho puntato tutto sulle volate, per questo nella tappa con 3.000 metri di dislivello alla fine non c’ero.

Quindi il tuo calendario sarà rapportato a questa tua caratteristica?

Esatto. Ho cominciato al Saudi Tour, poi sono qui, farò la Milano-Torino e la Coppi e Bartali, prima di tornare in Turchia. Corse in cui rientrare sempre nel tempo massimo, per giocarmi le tappe in volata. Come quella di domenica, che sarà tutta piatta.

Sul podio della prima tappa, per Mareczko un sorriso beffardo: credeva di aver vinto
Sul podio della prima tappa, per Mareczko un sorriso beffardo: credeva di aver vinto
Hai cambiato qualcosa nella posizione in bici?

La posizione è quella e funziona, non c’è motivo di cambiarla. Ma la bici è davvero super, perfetta per fare le volate.

Come la mettiamo con i rapporti? Shimano ora fa solo 52 e 54…

Ma noi abbiamo ancora il vecchio Dura Ace, per cui posso usare il 53 e il 54. L’altro giorno avevo il 54 perché l’arrivo scendeva, si ragiona di volta in volta. E anche io uso pedivelle da 170.

Com’è l’ambiente in squadra?

Molto buono e stimolante. Sono amichevoli e il fatto che il team manager e i direttori sportivi parlino italiano mi aiuta molto. Con il fiammingo sono proprio negato, semmai c’è l’inglese. C’è una grande disciplina, si fa quello che dicono loro. Ognuno ha il suo lavoro. Per questo il fatto che per ora Van der Poel sia fuori dai giochi non porta più responsabilità agli altri. Manteniamo il calendario ed è chiaro che lo facciamo al nostro meglio.

Questa la Canyon Aeroad di Mareczko, con componenti Shimano Dura Ace
Questa la Canyon Aeroad di Mareczko, con componenti Shimano Dura Ace
Ci sarà un treno per Mareczko?

Non so cosa vogliano fare, aspetterò che me lo dicano. Io ci metto il lavoro e tutto l’impegno. E continuo a correre per togliermi lo sfizio di vincere una tappa in un grande Giro. Se proprio devo dire, la mia corsa dei sogni al momento e da sempre è proprio questa.