Kask celebra il Tour con un casco speciale

22.06.2022
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Archiviato il Giro d’Italia, gli occhi di tutti gli appassionati di ciclismo sono ora puntati sulla Francia. Fra poco più di una settimana scatterà infatti dalla Danimarca l’edizione numero 109 del Tour de France, la corsa a tappe più famosa al mondo.

Da sempre Kask è fortemente legata alla Grande Boucle. In ben sette edizioni il vincitore del Tour de France ha conquistato la maglia gialla indossando un casco dell’azienda italiana. Kask ha infatti accompagnato sulle strade di Francia il Team Sky, oggi Ineos Grenadiers, nella conquista dei suoi sette Tour. Il primo successo è arrivato nel 2012 con Bradley Wiggins, seguito poi da Chris Froome che ha firmato ben quattro edizioni della corsa francese (2013, 2015, 2016, 2017). Nel 2018 e 2019 sono infine arrivati i successi di Geraint Thomas e Egan Bernal. Ancora oggi Kask è partner tecnico della formazione britannica e lo sarà almeno fino al 2024.

Questa la locandina che annuncia il debutto del Valegro al Tour de France
Questa la locandina che annuncia il debutto del Valegro al Tour de France

Un casco speciale

Per celebrare i trionfi ottenuti sulle strade di Francia, Kask ha deciso di proporre una limited edition del casco Valegro che fece il suo debutto nel 2017 proprio in occasione del Tour. Questa edizione speciale si presenta con una grafica davvero unica. Su tutto il casco di colore bianco sono presenti sette righe parallele gialle che si rincorrono e disegnano una strada a richiamare le sette storiche vittorie al Tour di atleti che hanno indossato Kask

L’edizione limitata e numerata del casco permetterà di possedere un pezzo unico. Ne sono infatti stati prodotti solo 3.328 esemplari, tanti quanti i chilometri dell’edizione 2022 del Tour. Chiunque acquisterà questa edizione speciale del Valegro porterà quindi con sé il suo personale chilometro del Tour di quest’anno, grazie al numero progressivo impresso nella parte posteriore di ciascun casco, a certificare l’autenticità del prodotto.

Prodotto top

Fin dalla sua progettazione il Valegro è stato pensato per essere leggero ed estremamente ventilato, capace di offrire la massima areazione nelle calde e afose giornate di luglio sulle salite di Alpi e Pirenei. E’ caratterizzato da ben 37 prese d’aria ed è estremamente leggero. Nella taglia S parliamo di solamente 180 grammi. Garantisce inoltre il massimo livello di traspirabilità e comfort, grazie all’imbottitura interna in Resistex® Carbon, antistatica, traspirante e di veloce asciugatura.

L’edizione limitata sarà disponibile in taglie dalla S alla L in tutto il mondo, tranne in Australia dove saranno disponibili le taglie M e L. Il prezzo di questa edizione speciale del Valegro ispirata al Tour de France sarà di 249 euro.

Orgoglio Kask

Chiudiamo con una dichiarazione di Diego Zambon, General Manager di Kask, davvero orgoglioso della partnership con il Tour de France rappresentata perfettamente da questa edizione speciale del Valegro.

«Siamo estremamente orgogliosi di questo esclusivo progetto sviluppato con il Tour de France, l’evento sportivo a cadenza annuale con la maggiore audience al mondo – ha commentato – e vogliamo condividere questo successo con tutti coloro che hanno contribuito alla crescita della nostra azienda, protagonista della bike economy di un territorio bergamasco con lunga tradizione nel ciclismo su strada».

Kask

Porte 2022

Porte, si avvicina l’addio per il tasmaniano sfortunato

08.06.2022
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Scena: scorso gennaio, casa di Richie Porte a Lanceston in Tasmania. Un giornalista australiano lo sta intervistando per telefono per parlare della sua nuova stagione: a un certo punto Richie si interrompe, la sua voce poi è concitata e sembra quella di uno che ha appena vinto una classica: «Eloise ha appena iniziato a camminare, questa sì che è una vittoria…».

Per Richie quel momento ha significato molto, lo ha anche portato a riflettere. Forse è nato proprio in quell’attimo speciale il suo proposito di chiudere la sua carriera a fine stagione. A 37 anni suonati, dopo 13 da pro’, Porte è pronto a dire basta, per cambiare lavoro e rimanere sì nel ciclismo, a patto però che possa avere più tempo per la famiglia e per crescere i suoi figli, Luca e proprio quella Eloise nata senza di lui, che doveva scappare verso il Tour de France del 2020.

Porte Felino 2009
Un giovanissimo Porte vincitore al GP Città di Felino 2009
Porte Felino 2009
Un giovanissimo Porte vincitore al GP Città di Felino 2009

Il messaggio della moglie…

Sua moglie Gemma, in procinto di partorire, fu comprensiva e allo stesso tempo chiara, sapendo quanto suo marito teneva a quell’appuntamento, anzi a quegli appuntamenti così diversi: «Vai pure, Richie, ma non farti vedere in fondo al gruppo, non farmi sapere che le cose non vanno, non voglio vedere in tv il tuo viso imbronciato. Vai e vinci». Sarà un caso, ma da quel Tour è arrivato il primo e ultimo podio di Porte in un grande giro.

Facciamo un passo indietro: Porte si affaccia fra i professionisti nel 2010 e subito si mostra estremamente competitivo nelle corse a tappe, conquistando da neofita il 7° posto nella classifica generale del Giro d’Italia aggiudicandosi la maglia bianca di miglior giovane. Quello sembra un preciso segnale: considerando le sue eccellenti qualità di passista con cronometro vinte in serie e un’ottima predisposizione per le salite, il suo futuro è assicurato.

Porte Pogacar 2020
L’australiano insieme a Pogacar sul podio del Tour 2020, il culmine della sua carriera
Porte Pogacar 2020
L’australiano insieme a Pogacar sul podio del Tour 2020, il culmine della sua carriera

Il migliore nelle corse brevi

La sua carriera andrà così avanti perennemente in equilibrio fra due estremi: da una parte l’australiano diventa sempre più specializzato per le corse a tappe medio-brevi, anzi molti addetti ai lavori lo considerano il migliore al mondo in quel particolare settore e il bilancio corrobora questo giudizio: Parigi-Nizza nel 2013 e 2015; Giro di Catalogna e Giro del Trentino sempre nel 2015; Tour Down Under (la gara di casa) nel 2016 e 2020; Romandia ancora nel 2016; Svizzera nel 2019; Delfinato nel 2021. A ben guardare, manca solo la Tirreno-Adriatico e quest’anno ci ha provato a portarla a casa, finendo quarto.

Dall’altra però c’era la perenne attesa di un suo exploit in un grande giro. Per anni viene accreditato come uno dei favoriti al Tour, soprattutto dopo essersi liberato dei compiti di gregariato al Team Sky passando alla Bmc pronta a investire molto su di lui. Ma qualcosa non va mai come si deve: nel 2016 perde quasi 2 minuti già alla seconda tappa, riesce sì a risalire, ma non dà mai l’impressione di poter impensierire Froome e così finisce 5° a 5’17”. L’anno dopo cade in discesa nella nona tappa quand’era quinto e curiosamente accade lo stesso, allo stesso numero di frazione, l’anno successivo.

Porte Giro 2022
Il Giro di Porte è finito due giorni prima della conclusione, dopo tanto lavoro per Carapaz
Porte Giro 2022
Il Giro di Porte è finito due giorni prima della conclusione, dopo tanto lavoro per Carapaz

Un grande aiuto per Carapaz

Passa alla Trek-Segafredo, è 11° dopo tre settimane anonime, poi finalmente, nel 2020, la conquista del podio dopo una corsa costante, culminata con un’ottima prestazione nella crono di Planche des Belles Filles, quella della rivoluzione firmata da Pogacar. Quel giorno Gemma, guardandolo alla tv, ha sorriso, il suo messaggio era stato recepito…

Ci teneva particolarmente, Porte, all’ultimo Giro d’Italia. Voleva chiudere il cerchio, l’ultimo grande giro dove aveva vissuto il primo. Non aveva ambizioni di classifica, ha corso esclusivamente per Carapaz, anzi era un po’ il regista in corsa e finché c’è stato lui, l’ecuadoriano sapeva di potercisi appoggiare e controllare la corsa. Sarà un caso, ma con lui fuori, la Ineos si è sbriciolata e il giorno dopo il suo ritiro di Castelmonte, Hindley ha portato l’affondo decisivo.

Porte famiglia 2021
Richie con la famiglia, alla consegna delle chiavi della città di Lanceston
Porte famiglia 2021
Richie con la famiglia, alla consegna delle chiavi della città di Lanceston

Alla ricerca di talenti aussie

E ora? Ora per Porte, sbrigati gli ultimi impegni (in agenda per adesso c’è solo il Giro di Gran Bretagna a settembre, al Tour sicuramente non andrà) si profila un’altra vita. Il suo proposito è restare nel mondo del ciclismo per aiutare i giovani australiani a trovare spazio nelle fila dei professionisti. La Ineos è già disposta a farne un suo osservatore, Richie dal canto suo programma di fare un’attenta disamina della situazione del ciclismo giovanile per scovare nuovi talenti. Senza però togliere spazio a Luca, Eloise e sua moglie Gemma, che hanno già dato…

Sta nascendo la Ineos dei giovani: Ellingworth il loro capo

02.06.2022
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La sera del Fedaia, in casa Ineos Grenadiers si sono resi conto probabilmente che per la prima volta dal 2012 potrebbero chiudere la stagione senza aver vinto un grande Giro.

L’incidente di Bernal ha ridotto il potenziale per il Tour, mentre sarà dura andare contro il… solito Roglic della Vuelta. Il ciclismo offre spazio a variabili imprevedibili, ma in sede di bilancio bisogna essere realisti. D’altro canto il mercato dei corridori di punta è blindato da un pezzo. Lo stesso team britannico parrebbe sul punto di rinnovare il contratto di Ganna, che pure scade alla fine del 2023. E così, non potendo prendere Pogacar, sotto contratto fino al 2027, il team di sir David Brailsford ha iniziato a costruirsi il futuro in casa. E nel frattempo ha prolungato fino al 2027 il contratto con Pidcock.

Parlando con i team manager in giro per le corse, questa è l’osservazione che più circola: vedrete fra 3-4 anni una Ineos ben più incisiva.

Rod Ellingworth, Tour de France 2020
Una vita al Team Sky, poi un anno alla Bahrain McLaren e dal 2021 Ellingworth è tornato alla Ineos
Rod Ellingworth, Tour de France 2020
Una vita al Team Sky, poi un anno alla Bahrain McLaren e dal 2021 Ellingworth è tornato alla Ineos

Sedici corridori U26

Su 31 corridori del team, ce ne sono 14 al di sotto dei 25 anni. Nomi come Bernal (25), Ganna (25), Dunbar (25), Narvaez (25), Sivakov (24), Hayter (23), Pidcock (22), Plapp (21), Rodriguez (21, foto di apertura), Tulett (20), Sheffield (20). Martinez, Rivera e De Plus ne hanno 26. Ragazzi che hanno già vinto e anche bene e che stanno seguendo un percorso di crescita progressivo che punta dritto verso il futuro. Quelli più maturi servono invece a garantire il presente.

Individuare il talento

Tra i motivi che due anni fa spinsero Brailsford a richiamare Rod Ellingworth nel suo team ci fu proprio la voglia di rifondarlo. Il “rosso di Burnley” aveva voltato la pagina e nel 2020 era approdato al Team Bahrain, portando con sé la mentalità Sky. Aveva reimpostato lavoro e rapporti interpersonali. E anche se non tutti riuscivano allora a farsene una ragione, i buoni risultati odierni del team di Miholjevic dipendono anche da quel tipo di inquadramento. Ma non fu mai del tutto amore, tanto che nel 2021 Rod è tornato alla casa madre.

Sivakov ha 24 anni e ha corso il Giro in appoggio a Carapaz. Ha un futuro da leader?
Sivakov ha 24 anni e ha corso il Giro in appoggio a Carapaz. Ha un futuro da leader?

«Tra i motivi del ritorno – ci ha raccontato il mattino di Verona, prima che iniziasse la crono finale del Giro – ci fu anche l’intenzione di iniziare un lavoro diverso sul piano dello sviluppo con i corridori più giovani. Non ci è mai interessato aprire una continental, è solo un modo di legarsi le mani. Ma è innegabile che il ciclismo stia cambiando molto e serviva un modo nuovo per scoprire e gestire il talento».

Programma interno

Il ciclismo che cambia sta anche nella necessità di anticipare la selezione. Mentre prima nessun giovane britannico si sarebbe sognato di passare professionista senza prima fare un passaggio con il team di Brailsford, aver perso l’aggancio diretto con British Cycling ha fatto sì che nel 2020 Ben Tulett abbia firmato con la Alpecin-Fenix ad appena 19 anni. Riprenderlo era una missione e così è stato.

Tulett è arrivato quest’anno alla Ineos dopo due stagioni alla Alpecin. Al Giro, è stato 5° in entrambe le crono
Tulett è arrivato quest’anno alla Ineos dopo due stagioni alla Alpecin. Al Giro, è stato 5° in entrambe le crono

«Ben è un giovane – ha sorriso Ellingworth – che seguivamo da un po’. Ha fatto progressi impressionanti nell’ultimo anno e il suo approccio e il suo atteggiamento sono esattamente ciò che cerchiamo. La sua passione per le corse unita all’ambiente del nostro team lo aiuterà a salire un altro scalino. Quel che vorrei sottolineare infatti è che abbiamo iniziato subito con un nostro programma interno. Certo ricorriamo anche ai suggerimenti dei procuratori, ma soprattutto puntiamo su un mix tra il nostro lavoro di scouting e i buoni rapporti con i club più piccoli e le federazioni. Avere buoni rapporti con loro serve a sapere che magari ci sono dei ragazzi giovanissimi in arrivo».

Diversi livelli di accesso

Il programma interno prevede anche la possibilità indicata giorni fa da Fabrizio Tacchino. Il giovane che voglia essere valutato e che non rientri nel programma di scouting del team può essere considerato previa valutazione di tutti i suoi allenamenti e le gare dell’ultimo anno.

Pidcock Kwiatkowski 2022
Pidcock ha il contratto fino al 2027: come Pogacar alla UAE, blindato per evitare sorprese
Pidcock Kwiatkowski 2022
Pidcock ha il contratto fino al 2027: come Pogacar alla UAE, blindato per evitare sorprese

«Conosco Tacchino – ha confermato Ellingworth – e quello che ha detto è vero. Abbiamo diversi livelli di accesso al nostro team. Chiunque può entrare in contatto con noi, ma è chiaro che se non lo conosciamo, abbiamo bisogno di valutarlo. In questo modo, possiamo renderci conto del suo livello e valutare se approfondire o meno la conoscenza».

Il nodo Rodriguez

E così il Team Ineos Grenadiers si affaccia sul futuro dovendo ancora rinnovare il contratto di Carapaz, con Richie Porte che si ritirerà a fine stagione e corridori come Thomas e Swift impegnati sino a fine 2023. Quella è anche la data di fine contratto di Carlos Rodriguez e sarà curioso capire se si procederà presto al rinnovo, dato che si tratta di uno dei ragazzi più promettenti, che però al pari di Ayuso è nell’orbita di Matxin. La corte britannica saprà trattenerlo oppure rimarrà anche lui… vittima della seduzione araba?

Carapaz, dalle streghe del Fedaia al sorriso ritrovato di Verona

01.06.2022
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«C’era un corridore più forte e giustamente ha vinto». Le prime parole di Dario David Cioni sono una sentenza. Con il tecnico della Ineos-Greandiers si parlava della sconfitta di Richard Carapaz sulla Marmolada.

I musi lunghi della sera precedente, avevano lasciato un po’ di spazio a qualche timido sorriso. Un drappello di tifosi ecuadoriani si era radunato nei pressi del bus blu-rosso e lanciava cori in onore del suo beniamino. 

Dario David Cioni (classe 1974) è diesse e preparatore della Ineos-Grenadiers
Dario David Cioni (classe 1974) è diesse e preparatore della Ineos-Grenadiers

Batosta Fedaia

«Alla fine Richard stava bene. Per tutto il Giro d’Italia non erano mai riusciti a staccarsi e ci sta… La Marmolada non è una salita come le altre. Il distacco però è stato pesante e questo ci dice, che almeno sabato, Hindley è stato superiore».

Carapaz non è andato troppo al di sotto dei suoi valori. Almeno non fino all’ultimo chilometro quando lì è saltato un po’ tutto. Per cercare di spingere forte è andato fuorigiri. E questa cosa oltre che dalle immagini, ce l’ha ribadita anche Franco Pellizotti. Il tecnico della Bahrain Victorious lo ha toccato con mano in quanto il “suo” Landa andando regolare ha ripreso e staccato Carapaz.

Richard ha lanciato l’attacco, ma non ha resistito al contrattacco di Hindley. Ha spinto oltre il limite, ma su quelle pendenze il chilometro finale della scalata si è trasformata in un “piccolo” calvario. Il bilancio finale è di una perdita di 30” a chilometro (Hindley lo staccato intorno a 3,1 chilometri dal traguardo, ndr). Ma il minuto e mezzo accumulato per oltre metà è nel chilometro finale. E’ lì che è calato del tutto Carapaz.

Richard Carapaz a tutta sulla Marmolada, ma non basta. Perderà la maglia rosa
Richard Carapaz a tutta sulla Marmolada, ma non basta. Perderà la maglia rosa

A crono c’era

Quella sera, come vi avevamo anche raccontato, in Ineos c’erano bocche cucite, a partire dallo stesso Carapaz. Oltre alla mancanza di gambe probabilmente c’era la consapevolezza di aver commesso anche un errore tattico da parte sua. Appunto l’aver esagerato. Anche perché il Giro non era finito. C’era da fare la crono. Con un’altra gestione magari ci si sarebbe potuto salvare.

Ma non è facile fare certi pensieri in determinati momenti. Quando ti stanno portando via la maglia rosa.

E con Cioni si parla proprio del capitolo crono. Siamo davvero sicuri che Hindley era più forte, come si vociferava prima di Verona, fra tecnici e corridori?

«Sicuramente Carapaz era dispiaciuto dopo il Fedaia – riprende Cioni – uno che perde la maglia rosa non può non esserlo. Ma alla fine il ciclismo è questo: partono in 180 e vince uno.

«Riguardo alla crono non sono mai stato così sicuro che Hindley è più forte a crono. Soprattutto su un percorso con la salita delle Torricelle di mezzo. Per me anzi, i valori sono differenti. E’ più forte Richard che Jai».

«Due dei nostri, prima di Richard, l’hanno fatta a tutta per vedere cosa poteva venir fuori».

Paradossalmente quindi, a Carapaz i 3” di vantaggio potevano anche andare bene. E se ha voluto attaccare è perché si sentiva sicuro. Magari è stato ingannato anche dal ritmo blando imposto dalla Bahrain per tutto il giorno.

Per Cioni, Carapaz non era battuto da Hindley prima del via. Conosce bene i valori dei suoi atleti
Per Cioni, Carapaz non era battuto da Hindley prima del via. Conosce bene i valori dei suoi atleti

Piccoli errori

Insomma, non ci si aspettava un Hindley così. È lui ad aver fatto un’ottima prestazione e Carapaz a fare “i danni” senza la giusta lucidità nella gestione delle forze.

Anche perché arrivare al via di Verona anche senza la rosa sulle spalle, ma con un distacco ben inferiore avrebbe cambiato non poco le carte in tavola.

Hindley stesso ha ammesso di essere teso al via sulla rampa e di vivere i fantasmi del 2020, nonostante il 1’25” di vantaggio. Magari con troppa pressione addosso avrebbe reso meno.

Si batte il cuore Richard all’ingresso nell’arena. Sa di avere dato tutto. E già vuole voltare pagina
Si batte il cuore Richard all’ingresso nell’arena. Sa di avere dato tutto. E già vuole voltare pagina

Al Tour?

E così poi è andata. Carapaz qualche secondo glielo ha rifilato. È anche vero che in discesa il corridore della Bora-Hansgrohe non ha rischiato nulla, però cambia tutto.

Ci si chiede se avesse potuto correre diversamente. Affondare il colpo in altri momenti. 

«Se potessimo tornare indietro – dice Cioni – io non credo che cambieremmo qualcosa nel modo di correre, ma ammetto che in quelle tappe del Giro io non c’ero. Va bene come abbiamo corso».

Se Verona è alle spalle, Parigi no. Carapaz, tanto più senza Bernal, diventa sempre più importante per la Ineos-Grenadiers. E guardare avanti è importante sia per il corridore che per il team. C’è voglia e fame di riscatto.

«La selezione per il Tour – conclude Cioni – ancora non è stata fatta, quindi chi lo sa…».

L’aspettava da Budapest: Sobrero conquista Verona

29.05.2022
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Matteo Sobrero ce lo aveva detto sin da Budapest, quando il Giro d’Italia non era ancora partito. Eravamo alla vigilia e ci fece: «Ci sono due crono, questa (pensando all’indomani, ndr) e quella di Verona. Ecco quella potrebbe essere la più adatta a me».

Il corridore difficilmente sbaglia. Sa a che punto è, dove può arrivare e come. E in questo Giro lo abbiamo notato ancora di più. Tutti in gruppo sapevano che Hindley era il più forte… per dire.

Il piemontese concentratissimo in discesa
Il piemontese concentratissimo in discesa

Pinotti fiducioso

Ma torniamo al corridore della BikeExchange-Jayco. Sin da quel giorno in Ungheria, Matteo pensava a Verona. Quasi un intero Giro, passato ad attendere questo momento. Forse anche troppo.

«E’ stato sin troppo prudente – ammette Marco Pinotti, il suo coach, prima del via – speriamo che si sia solo risparmiato. Non vorrei che non si è mosso perché non ne aveva. Magari poteva provarci un po’ di più. E’ andato all’attacco nella tappa di Genova. Una “sbiellata del motore” non gli avrebbe fatto male a mio avviso.

«E infatti ieri gli ho detto di tenere duro almeno sulla prima salita, il San Pellegrino».

«Però questo di Verona è buon percorso per lui. Va “guidato”, ma non è tortuoso come quello di Budapest, ci sono meno rilanci e la salita dura circa 8′. Lassù, i passistoni potenti e grossi come Affini, per fare un esempio, in discesa guadagneranno meno di quel che perderanno in salita. I più pericolosi? Van der Poel, Arensman e Foss».

Ricognizione alla Ganna

Il cielo su Verona resta plumbeo. Come lo stesso Pinotti ci aveva detto, il vento è andato ad attenuarsi. Restava solo il rischio pioggia. E a Sobrero non va benissimo.

Mentre è spianato sulla sua Giant, inizia, a piovere. Poche gocce, ma sufficienti per minare le certezze acquisite durante la ricognizione.

«Mentre pedalavo – racconta Sobrero – ho pensato: ecco non è destino. Però una volta in cima ho visto che sì, era un po’ bagnato, ma si poteva spingere benone. E così ho fatto. In più sapevo che il vantaggio era buono».

Sobrero plana dalle Torricelle come un falco. Mulina il 58×11 e dall’ammiraglia Pinotti, esattamente come fa il navigatore nei rally, gli diceva le curve. Come andavano affrontate: in posizione aero o con le mani in presa bassa sui freni.

«La ricognizione l’ho fatta due volte con Pinotti. Lui in ammiraglia, io in bici. Gli dicevo come andavano fatte le curve e gli altri ostacoli che c’erano. 

«Con Marco mi trovo molto bene. E’ un cronoman come me, parliamo la stessa lingua. L’impostazione della crono è stata chiara. Salire forte, magari sui 400 watt (calcoliamo che Matteo pesa solo 63 chili, ndr) ma senza strafare. In salita sono passato dal 58 al 44, come previsto, per poi dare tutto nella seconda parte, specie negli 4′ in pianura».

E a proposito di Filippo Ganna. Sobrero è il compagno della sorella di Pippo. I due si sentono spesso e anche durante il Giro si sono videochiamati. Non tanto per i consigli sulla crono, Sobrero è pur sempre campione italiano di specialità e non ne ha bisogno, ma da semplici amici.

Sobrero (classe 1997) in conferenza stampa: per lui si tratta del secondo successo da pro’ dopo il tricolore a crono 2021
Sobrero (classe 1997) in conferenza stampa: per lui si tratta del secondo successo da pro’ dopo il tricolore a crono 2021

In crescendo

Nel ping pong del dopo tappa, fra podio, antidoping, interviste con le tv, premiazioni… quando ci passa davanti, il piemontese è soddisfatto, come chi ha “regolato un conto con sé stesso”.

E quando gli facciamo notare che è finita come ci eravamo detti quel pomeriggio, che sembra lontanissimo, a Budapest si accende.

«E’ vero, mi ricordo – dice il corridore della BikeExchange – è andata proprio così. In Ungheria avevo fatto quarto, qui ho vinto. Era da una settimana che pensavo solo a questo giorno. All’inizio del Giro sapevo che dovevo stare vicino a Simon Yates, poi lui è andato a casa per una stupida caduta. Nelle seconda settimana non mi sentivo bene. Sarà stato il caldo, però non avevo belle sensazioni».

«Poi le cose sono andate sempre meglio. Sono andato in crescendo (non è la prima volta che Sobrero esce bene da un grande Giro, ndr) e in questi giorni mi sentivo bene.

«Nella tappa dell’Aprica ho provato a tenere duro e ho attaccato il Mortirolo quasi con il gruppo dei primi. Questo mi ha dato morale».

Finalmente esplode la festa. Da tempo Sobrero aspettava questo momento
Finalmente esplode la festa. Da tempo Sobrero aspettava questo momento

E festa sia

Vivere quasi un mese aspettando un determinato giorno, tanto più che il tuo leader ha abbandonato anzitempo e quindi non hai distrazioni, non deve essere stato facile. La pressione era inevitabilmente destinata ad aumentare, ma Matteo l’ha controllata bene. Specie ieri sera, quando la stragrande maggioranza del gruppo già faceva festa.

«In effetti – dice Sobrero – ho fatto un po’ fatica a prendere sonno. Ero nervoso. Ma poi mi sono detto: il Giro l’ho praticamente finito, non sarà una notte in più a rovinare tutto. Devo pensare solo a dare il massimo. E così ho fatto».

E per trovare la concentrazione ha dormito in stanza da solo.

«Col fatto che punto alla crono finale, non mi sono mai goduto la sera prima dell’ultima tappa! Molti team fanno festa, noi invece abbiamo fatto tutto con molta calma, come fosse la sera di una frazione normale.

«Però stasera la musica cambia. Mio papà è venuto qui a Verona e ha portato del vino. Il nostro vino e faremo festa con quello!».

Carapaz crolla. La brutta serata della Ineos sulle Dolomiti

28.05.2022
4 min
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«No palabras», nessuna parola. E’ tutto quello che ha detto Richard Carapaz al termine della tappa della Marmolada. Anche dopo essere tornato indietro al controllo antidoping, per la seconda volta scappa via scuotendo la testa e lasciando a bocca asciutta noi giornalisti, la nutrita stampa sudamericana e i tifosi.

Il corridore della Ineos-Grenadiers ha di fatto perso il Giro d’Italia, salvo qualcosa di particolare domani. L’obiettivo della stagione, quello per cui aveva lavorato tanto, è svanito. E in questi casi lo sconforto regna sovrano.

Sivakov accelera. Carapaz sembra stare bene… Paga, per ora, solo Landa
Sivakov accelera. Carapaz sembra stare bene… Paga, per ora, solo Landa

Dalle stelle…

Mancavano quattro chilometri all’arrivo e finalmente Carapaz con la squadra aveva preso in mano la situazione. Dopo l’estenuante stallo del blocco Bahrain-Victorious, sembrava che la maglia rosa volesse provarci dopo i segnali positivi di ieri a Castelmonte.

Sivakov accelera e spacca il gruppo. Restano Hindley e Carapaz stesso. Stavolta Landa non c’è. E’ duello. Si va in quota, Carapaz scatta e sembra fatta. Il re del Giro 2019 sembra proprio possa dominare.

Carapaz, signori, è salito in cattedra.

Hindley è andato. Carapaz lo vede scappare. Kamna invece potrebbe mollare, ma la sua presenza è per innervosirlo
Hindley è andato. Carapaz lo vede scappare. Kamna invece potrebbe mollare, ma la sua presenza è per innervosirlo

Alle stalle

Ma la sua lezione dura poco. Hindley non molla, anzi. Lo affianca pure. Lanciando un bel messaggio all’ecuadoriano. E strada facendo l’australiano ritrova anche Kamna. Il tedesco mena forte e all’improvviso Richard perde un metro. Poi due.

Le sue gambe diventano macigni. A quelle di Hindley invece spuntano le ali. E’ qui che si decide il Giro. 

Da dietro qualcuno recupera addirittura su Carapaz. Eppure Richard non sembra piantato. Merito del suo 39×34, rapporto corto che camuffa non poco. Le gambe girano anche, ma di strada se ne fa poca.

Sale sui pedali, ondeggia. Non è il massimo dell’estetica, ma lui non lo è mai. E poi non è certo questo il momento di badare allo stile.

I suoi compagni sono dietro. Hindley invece scappa a ruota di Kamna che per quei mille metri sembra il corridore più fresco del pianeta.

Venti secondi. Quaranta. La maglia rosa se la sente sempre meno sua. Anche se dovesse andare forte nella crono di domani. Crono per la quale i suoi tecnici erano al lavoro sin da stamattina. Puntavano su una bici super leggera, vista la salita delle Torricelle. 

Magari Richard la userà lo stesso. Ma con tutt’altro spirito.

Quello che poteva essere un “piccolo” problema, si trasforma in dramma nel chilometro finale. Kamna non c’è più, adesso è incollato a Carapaz. Hindley per la prima volta è veramente a tutta sui pedali. Sa che sta guadagnando e spinge al massimo. La sua crono è questa.

Carapaz adesso è in difficoltà. Neanche l’amica quota, i 2.000 metri del Fedaia, lo aiuta. Il distacco si dilata. Più di un corridore lo stacca. Anche Landa lo riprende e lo lascia lì. 

Solo 24 ore prima sembrava dovesse essere avviato verso il consolidamento della maglia rosa e invece…

Una brutta serata

Dopo l’arrivo i suoi massaggiatori lo vanno a prendere sin quasi sulla linea. Richard ha la bocca spalancata. 

Gli corriamo dietro, non parla. Si sente solo il rumore del suo fiatone. Scuote il capo. Bisbiglia qualcosa di impercettibile ai suoi. I massaggiatori gli indicano dove sono i bus. Gli danno una bottiglietta d’acqua e solo dopo che la pendenza degrada del tutto, e la strada inizia a costeggiare il Lago Fedaia, Carapaz comincia a pedalare e scappa via.

Nel clan Ineos-Grenadiers la sera, che doveva essere di festa, si trasforma in un incubo. Nessuno ha voglia di parlare. Gli altri ragazzi che sfilano verso i bus, hanno facce stanche e deluse. Anche loro oggi avevano cercato di scortarlo al meglio. Ma è andata così. Di certo, non hanno nulla da recriminarsi per come, anche tatticamente, hanno corso questo Giro. Sono “solo” mancate le gambe.

Tanto tuonò che alla fine non piovve. E Carapaz sorride

27.05.2022
6 min
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Tanto tuonò, verrebbe da dire, che alla fine non piovve. Guardando la tappa che ha portato il gruppo faticosamente al Santuario di Castelmonte, tornano alla mente le parole di Bartoli di poche ore fa: i primi tre si equivalgono. E non può esserci altra spiegazione davanti alla tattica timida di Carapaz, Hindley e Landa. Con la logica attenuante a favore della maglia rosa: lui il primato ce l’ha già e veder passare salite, giorni e chilometri in modo così… insipido gli sta più che bene.

«Mi piacerebbe vincere una tappa – dice – e ammetto che quando vinsi nel 2019 corsi in modo più aggressivo. Però bisogna riflettere bene e fra una tappa e il Giro, io scelgo il Giro».

Carapaz ha regolato i tre ancora in volata: la maglia rosa c’è
Carapaz ha regolato i tre ancora in volata: la maglia rosa c’è

Questioni di famiglia

Quando Richard trova il tempo per raccontarsi, il suo sorriso dice tutto. Probabilmente il buon umore è accentuato dall’aver incontrato la sua famiglia arrivata dall’Ecuador. E non stupisce nemmeno che le sue parole alla fine suoneranno come una minaccia per gli avversari.

«E’ importante avere con sé la famiglia – dice – quando partiamo e lasciamo il Sud America, stiamo tanto tempo senza vederci. Comunque è stato un giorno impegnativo. Alla fine ci siamo ritrovati testa a testa, ma siamo allo stesso livello e… siamo ancora qui. Non credo però che domani finirà allo stesso modo».

Landa è parso più brillante: domani è quello che dovrà rischiare di più
Landa è parso più brillante: domani è quello che dovrà rischiare di più

Senza Porte

Non si può certo fargliene una colpa, se davvero non ce la fanno: lo show si ferma davanti ai limiti oggettivi. Diverso sarebbe se davvero aspettassero tutti la Marmolada, svuotando le altre tappe di ogni significato, in un Giro che ha visto l’uscita di scena di Richie Porte per problemi di stomaco.

«Aver perso Richie – dice il leader del Giro 2022 – è un brutto colpo visto che ci aspetta la tappa di montagna più importante. La squadra però è motivata. Stamattina sapevamo che Porte non stesse bene. Ha provato lo stesso a partire, ma appena il ritmo si è alzato, ha dovuto arrendersi. Per fortuna oggi la Bora ha preso l’iniziativa e ha lavorato in testa al gruppo. Non so perché lo abbiano fatto e poi si siano rialzati a fondo valle, forse perché la discesa è stata troppo tecnica e non valeva la pena insistere. In ogni caso, è bello che non sia solo il Team Ineos a lavorare».

Nibali è ora 4° a 5’53”: domani giocherà la carta dell’attacco nella discesa del Pordoi?
Nibali è ora 4° a 5’53”: domani giocherà la carta dell’attacco nella discesa del Pordoi?

Tre secondi bastano?

Hindley in apparenza sta meglio di tutti. Sgambetta con disinvoltura e ha davanti la chance che gli fu negata ai Laghi di Cancano, quando gli fu chiesto di rispettare la rosa di Kelderman. Lui ubbidì, si presentò ugualmente all’ultima crono vestito di rosa e Tao Geoghegan Hart lo svestì senza troppi complimenti. Si disse allora, in quell’insolito Giro d’ottobre 2020, che se avesse potuto guadagnare terreno, l’esito sarebbe stato diverso. Per questo, quando oggi si è vista la Bora-Hansgrohe riprendere in mano la corsa come a Torino, si è pensato che fossimo sulla porta di un altro forcing estremo. Invece probabilmente la squadra di Gasparotto sperava di trovare una collaborazione che non è venuta e si è rialzata.

Il diesse friulano era stato a studiare la tappa assieme a Matteo Fabbro durante l’inverno, era lecito pensare a un attacco. Invece, finita la salita di Kolovrat e atterrati nella valle, visto che nessuno si è affiancato al loro lavoro, gli uomini del team tedesco si sono allargati, riconsegnando la corsa al Team Ineos Grenadiers che l’ha portata sino alla salita finale.

«La Bora ha fatto la sua parte – riprende Carapaz – Landa è parso molto attivo con tutta la squadra. Abbiamo visto che siamo allo stesso livello e di conseguenza è difficile fare grandi distacchi. Però domani sarà diverso. Mi aspetto altri scenari. L’arrivo è in quota, la salita è dura. Non credo proprio che arriveremo insieme. E se anche dovesse finire come oggi e arrivassi alla crono di Verona con 3 secondi di vantaggio, sarà meglio averli che partire indietro».

Bouwman fa doppietta dopo la tappa di Potenza e consolida la maglia dei Gpm. Sullo sfondo, Tonelli
Bouwman fa doppietta dopo la tappa di Potenza e consolida la maglia dei Gpm. Sullo sfondo, Tonelli

Il prezzo del biglietto

Diciamolo chiaramente, parlando per una volta da appassionati: questa tappa non è valsa il costo del biglietto. Ci si aspetta che in certe giornate gli uomini di classifica siano lassù a giocarsi la tappa. Invece il disinteresse del gruppo dei primi ha lasciato carta bianca alla fuga. Tanto che alla fine i più sorpresi sono stati proprio gli attaccanti.

«Abbiamo faticato a prender margine – ha ammesso il vincitore Bouwman in un mare di sorrisi – poi abbiamo sentito che la Bora si era messa a tirare. Eravamo ancora sulla salita lunga, ho avuto paura. Ma a quel punto abbiamo lavorato tutti e soprattutto Affini, che si è sacrificato e ha fatto un passo incredibile. Metà di questa vittoria è per lui. Quanto a me, resto un gregario, non saranno queste due tappe vinte a farmi cambiare mentalità e pretese. Semmai avrò più spazio quando non dovrò lavorare per i miei capitani. Vinsi la mia prima corsa da pro’ indossando la maglia di leader dei gpm al Delfinato, è stupendo che la storia si ripeta dopo una tappa così prestigiosa».

Il tappone dolomitico

Così domani si andrà finalmente sulla Marmolada, in un tappone dolomitico che prima dell’arrivo sul Fedaia li costringerà a sciropparsi il Passo San Pellegrino dal versante più duro (quello agordino) e il Passo Pordoi. Difficile dire se gli organizzatori si aspettassero di arrivare alla partenza con distacchi così esigui, di certo ci sono tutti gli ingredienti perché Landa provi a recuperare e Carapaz si metta al riparo dal ritorno di Hindley nella crono. E lo stesso australiano, che è già passato per lo smacco di un Giro sfuggito l’ultimo giorno, magari vorrà togliersi il dubbio prima che accada un altro pasticcio.

«La tappa è stata molto dura – dice Landa – e quando la fuga è partita, ha Bora ha fatto il lavoro per andare a prenderla. Hanno fatto il forcing anche sulla penultima salita e quando siamo arrivati all’ultima, l’ho trovata corta ed esplosiva. Non adatta a uno come me. Sono contento di essere arrivato con Carapaz e di non aver perso terreno…».

La corsa in rosa della Ineos vista dalla testa: parla Tosatto

25.05.2022
4 min
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Tosatto confabula con un altro diesse. Dal piazzale dei pullman si vede l’hotel della sera in cui Cadel Evans perse la maglia rosa giusto vent’anni fa, dopo la tappa di Passo Coe. Esaurite le incombenze del leader, Carapaz è arrivato pedalando al piccolo trotto lungo il vialetto che costeggia il lago, ben lontano da simili presagi. Anzi, rafforzato da un altro giorno senza attacchi, l’ecuadoriano si è tolto il gusto di sprintare in faccia a Hindley. Non perché ci fosse qualcosa in palio, ma per fargli capire di avere ancora forze per tenergli testa. La salita di Passo Rovere ha sbrindellato il gruppo, ma i primi della classifica sono rimasti incollati fra loro. L’unico ad aver pagato è stato Almeida, che su simili pendenze ha potuto difendersi meno di ieri ad Aprica.

Tosatto sta guidando la Ineos nel suo quinto Giro: il primo nel 2018 con Froome
Tosatto sta guidando la Ineos nel suo quinto Giro: il primo nel 2018 con Froome

Attacchi mancati

Carapaz entra nel pullman, scambiando un rapido cinque con Tosatto, che finito l’appello si avvicina. Il Team Ineos sta correndo con la solita autorità, aspettandosi forse qualcosa in più dagli avversari.

«Visto dall’ammiraglia – scherza Matteo – sto vedendo un bel Giro. E’ molto combattuto. Squadre forti e atleti forti. Si deciderà il fine settimana, bisognerà essere al posto giusto nel momento giusto. Stanno andando tutti molto forte. Sinceramente mi aspettavo qualche attacco di blocco da parte di altre squadre, però io guardo a casa mia. Se avessi una squadra e dovessi attaccare la maglia rosa, magari mi muoverei in modo diverso. Però penso che noi, la Bora, il Bahrain e la stessa Uae stiamo correndo molto bene. Dobbiamo fare i conti con le forze che abbiamo. Domani si recupera e poi si guarderà a venerdì e sabato».

Landa ha provato vari allunghi, ma senza la verve dei bei tempi
Landa ha provato vari allunghi, ma senza la verve dei bei tempi
Quando a Torino vi siete dispersi hai avuto paura?

In realtà no. A Torino ero super tranquillo, perché fino a quel giorno lì erano stati i più forti in salita. Quel giorno abbiamo pagato il grande caldo e un percorso tecnico non adatto alle nostre caratteristiche. Qualche disattenzione da parte di qualche corridore c’è stata, ovviamente, però lì Richard è stato bravo a salvarsi, in quella che è stata una giornata storta un po’ per tutti.

Hai mai pensato di aver preso la maglia rosa troppo presto?

Per me va bene così, perché nel 2020 l’abbiamo presa all’ultima tappa ed era tropo tardi. L’anno scorso è venuta nella prima settimana, quindi troppo presto. Secondo me quando hai la maglia rosa, dà una spinta al gruppo, si sente meno la fatica. Per noi non cambia nulla. Abbiamo la nostra idea di corsa e dobbiamo portarla avanti.

Questa volta la difesa di Almeida è stata problematica: il passivo è stato di 1’20”
Questa volta la difesa di Almeida è stata problematica: il passivo è stato di 1’20”
Sembrava che staccare Almeida fosse lo scopo condiviso.

Si giravano spesso non solo per guardare Almeida. Era uno di quelli che se arrivava con poco distacco nell’ultima tappa, diventava pericoloso. Ma penso che Richard come Hindley e Landa sono alla pari. Non si può pensare oggi alla crono, dovremo pensarci sabato sera.

La sensazione è che aspettino tutti la Marmolada per regolare i conti.

Questi pochi secondi sulla Marmolada non serviranno. Dipende da come sarà la classifica venerdì sera. Intanto guardiamo a domani.

Com’è il clima in squadra?

Il clima è super buono, siamo un bel gruppo. Per adesso sono bravi, abbiamo giovani e corridori di esperienza. E soprattutto, c’è ottimo feeling fra corridori e staff.

La Ineos ha lavorato forte fino alla salita finale con Richie Porte
La Ineos ha lavorato forte fino alla salita finale con Richie Porte
Tao, Egan e adesso Richard: si possono fare paragoni?

Non si può fare nessun paragone. Tao era una sorpresa. Egan era già un campione, che aveva vinto il Tour. Anche Richard ha già vinto un Giro, è un campione anche lui. Però hanno caratteristiche diverse, ognuno ha il suo carisma. Con Richard mi sono trovato bene. Con lui ho un ottimo rapporto, schietto. Quello che penso glielo dico e così anche lui. Siamo sulla stessa linea di pensiero su tutte le cose, sulla tattica e sui compagni. Richard è uno che non serve motivarlo, perché si motiva da solo. E penso che questa sia la grande sua forza.

Ha mai avuto giorni storti?

Finora non ha avuto giorni storti (ride e tocca ferro, ndr) e speriamo non ne abbia.

Dunbar, il testardo irlandese a caccia di gloria

24.05.2022
5 min
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Squilla il telefono di Eddie Dunbar. Dall’altra parte c’è un dirigente della Ineos: «Eddie, fa le valigie. C’è un posto per te in squadra al Giro d’Italia, Bernal si è rotto una clavicola… Eddie, hai sentito?». Eddie Dunbar non riesce neanche a rispondere, chiude la conversazione senza una parola. Si è avverato un sogno, il suo primo grande Giro. Passano davanti agli occhi, in un lampo, tutti i sacrifici di una vita, la rincorsa dopo aver lasciato l’altro suo grande amore (suo e di una gran parte degli irlandesi) il rugby.

Dunbar nazionale
Eddie Dunbar è nato a Banteer il 1° settembre 1996. In nazionale il meglio l’ha dato a cronometro
Dunbar nazionale
Eddie Dunbar è nato a Banteer il 1° settembre 1996. In nazionale il meglio l’ha dato a cronometro

L’erede di una grande epoca

Di Dunbar nel suo Paese si parla da anni come del diretto erede di quell’epoca nella quale, grazie a due soli corridori come Sean Kelly e Stephen Roche, l’Irlanda dominava nel mondo. Per tanto, tanto tempo poi si è detto che era stato un caso e Dunbar è chiamato a smentirlo e a dimostrare che in questo ciclismo globalizzato c’è posto anche per i verdi irlandesi tutti d’un pezzo.

Eddie sin dai primi anni ha messo in mostra le sue caratteristiche: innanzitutto un modo di correre sempre aggressivo, specchio del suo carattere: «Voglio ottenere il massimo da me stesso. Non mi piacciono le corse facili, preferisco quelle dove devi metterti alla prova, inventare qualcosa. Preferisco sempre essere gettato nella mischia, attendere non fa per me».

Che rabbia con Tiberi…

Da junior ha realizzato un’impresa mai compiuta, vincere per due anni di seguito il Giro d’Irlanda e il secondo anno ci ha aggiunto pure il Giro del Galles. Perché la sua specialità sono le brevi corse a tappe, sin dai suoi inizi. Lo ha capito subito che quello doveva essere il suo destino, perché è portato ad andare sempre meglio con i giorni che passano, a tirare fuori il coniglio dal cilindro anche alla fine, mettendo tutti d’accordo.

Come ha fatto all’ultimo Giro d’Ungheria, ribaltando la classifica nell’ultima frazione. Eppure, a ben guardare alla fine era molto più contento Antonio Tiberi per la sua vittoria di tappa che lui. Già perché un’altra sua caratteristica è il fatto che il bicchiere per l’irlandese è sempre mezzo vuoto: «Sono molto esigente con me stesso. Ero felice di vincere la classifica generale, ma io volevo tagliare il traguardo a braccia alzate, per poter ripagare i compagni che avevano lavorato per me. Mi sono mancati 40 metri, mi sono sentito beffato. Comunque è un altro passo nella giusta direzione».

Dunbar Tiberi 2022
La volata persa con Tiberi in Ungheria gli ha lasciato l’amaro in bocca
Dunbar Tiberi 2022
La volata persa con Tiberi in Ungheria gli ha lasciato l’amaro in bocca

NFTO, una scuola di vita

Eddie è sempre rimasto molto legato alle sue radici. I suoi risultati da giovanissimo lo portarono ad approdare al Team NFTO che è un po’ l’accademia del ciclismo irlandese e lì si è fatto le ossa, non solo a livello ciclistico perché quella è stata per lui una scuola di vita. Lo hanno fatto correre con gente più grande, con i ciclisti della massima serie nazionale, lo hanno soprattutto trasformato in un nomade, lui che non stava più di tre giorni lontano da casa. Ha imparato che cosa significa essere un vero irlandese proprio standone lontano, capendo che le radici le hai dentro: «La mia famiglia è a Londra e nei dintorni, ci ero spesso venuto da bambino, mai avrei pensato di viverci, per me è stato un grande cambiamento».

I risultati si sono visti presto: oltre alle vittorie in patria in in terra britannica, arrivarono la seconda piazza nel Trofeo Karlsberg, classica per junior fra le maggiori corse internazionali a tappe e nel 2017 la vittoria al Giro delle Fiandre per Under 23. Una cosa atipica per lui, ma che gli attirò le attenzioni del team britannico per antonomasia, il Team Sky. E da lì la sua carriera prese il volo, fino a quel giorno, quella telefonata dell’inizio.

Dunbar Coppi e Bartali 2022
Vittoria alla Settimana Coppi e Bartali, con 9″ sul compagno di team Ben Tulett
Dunbar Coppi e Bartali 2022
Vittoria alla Settimana Coppi e Bartali, con 9″ sul compagno di team Ben Tulett

E se al Tour…

Quel Giro, inventato di sana pianta per lui che aveva vinto il Tour of Yorkshire e che pensava di rimanere confinato nel suo dorato alveo delle brevi stage race, andò ben oltre le aspettative: nella dodicesima tappa, la famosa Cuneo-Pinerolo, entrò nella fuga bidone che avrebbe portato lo sloveno Polanc in rosa, cedendo in volata al vincitore Cesare Benedetti e a Damiano Caruso. Quel Giro lo avrebbe finito 22°, regalando un sorriso ai responsabili Sky poco ripagati dalle punte.

Avrebbe voluto esserci anche quest’anno e quando ha visto le convocazioni ci è rimasto male. Ha scaricato la delusione sui pedali, come fa sempre, regalandosi il Giro d’Ungheria, secondo centro stagionale dopo la conquista della Settimana Coppi e Bartali. Ora punta al Delfinato e al Giro dell’Occitania, guarda caso altre due brevi corse a tappe, magari per strappare un posto nella squadra del Tour che appare come una corazzata, con Martinez, Pidcock, l’esperienza di Thomas, tanti interpreti da grandi giri senza un vero leader, per una corsa tutta da inventare. Dove magari questo cocciuto irlandese potrebbe anche dire la sua.