«La continental dell’Astana? Idea di Vino», parola di Martinelli

19.11.2021
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Ecco una nuova continental nel panorama internazionale e dei giovani in particolare: l’Astana Qazaqstan Development Team. Un team che vuole essere a tutti gli effetti una protuberanza della WorldTour, come per la Jumbo-Visma o le squadre francesi. 

Ne parliamo con Giuseppe Martinelli. Il “Martino” nazionale da anni predica l’importanza di lavorare coi giovani, di avere un diretto bacino cui attingere e ancora di più poter lavorare. 

Il Kazakistan U23 prima del via dei mondiali di Leuven. Molti di loro faranno parte della continental
Il Kazakistan U23 prima del via dei mondiali di Leuven. Molti di loro faranno parte della continental
“Martino”, come nasce l’idea della continental?

Un’idea voluta da Vinokourov più che da me. Tutto il mondo sa quanto mi piaccia lavorare coi giovani, ma questa idea Vino ce l’aveva già nel 2020. Poi è successo tutto quel che è successo con il suo “allontanamento” dalla dirigenza e il successivo ritorno. E questa estate appena si è sbloccato tutto, da metà agosto è partito il progetto.

Un progetto fortemente voluto dunque…

Vogliamo che acquisisca un livello internazionale, ma per questo bisogna “partire lunghi”. Ci sono squadre che hanno il team development da anni. Noi abbiamo perso molto tempo. Partire ad agosto non è stato facile. Così come non è stato facile trovare dei corridori competitivi. Anche se la nostra idea non è tanto quella di prendere gente già pronta, ma di farla crescere. Bisogna ritrovarselo dentro casa il talento, non andarlo a scoprire.

Chiaro, l’idea è quella di formare il corridore

Esatto. Se lo prendi da altri non dico che sbagli, ma di sicuro è diverso. Non te lo sei formato tu.

Quindi Astana Qazaqstan e Astana Qazaqstan Development Team lavoreranno a braccetto?

Sì, sì. Loro avranno gli stessi preparatori, gli stessi medici, mezzi e personale della WorldTour… Sarà un continuum della prima squadra. Solo i diesse saranno diversi e neanche del tutto.

Cioè?

Lì seguirà Serguei Yakovlev e Alexandr Shushemoin, ma un occhio ce lo butteremo anche noi.

Avete preso Manzoni e Maini: loro seguiranno la continental?

Saranno con la WorldTour ma saranno un po’ più vicini alla continental, ma come tutti del resto… A parte “Martino” che è vecchio e resta solo sulla WorldTour! Scherzi a parte se fossimo partiti un po’ prima magari saremmo riusciti a fare un qualcosa di più, ma a Vino interessava molto e siamo andati avanti lo stesso.

Ci sarà uno “scambio” di atleti, nel senso che i ragazzi più in forma e meritevoli potranno correre con la WorldTour?

Certo! Ed è quello che fanno anche gli altri team. L’esempio maggiore che mi viene in mente è la Jumbo con Vingegaard alla Coppi e Bartali. Un qualcosa che mi è piaciuto molto.

Avete una base logistica, una struttura “tuttofare” stile Groupama-Fdj?

Astana ha la sua base logistica a Nizza ed è lì che staranno i ragazzi. 

Quanti corridori ci saranno?

Undici. Come sapete essendo Astana un team kazako la maggior parte dei ragazzi, cinque, sarà di questa nazionalità. Tra gli altri ci saranno anche due colombiani, uno dei quali è il fratello di Miguel Angel Lopez, un austriaco, un francese e un italiano, Gianmarco Garofoli. Ragazzo nel quale credo molto e sul quale voglio lavorare proprio perché è per certi aspetti acerbo. E si ha il tempo appunto di lavorarci su.

Li vedremo già nei ritiri?

In quello di dicembre non credo. Almeno non tutti. Chi arriva da lontano può stare bene a casa, ancora. Ma in quello di gennaio sicuramente sì. Lavoreranno con i grandi.

Se fra un anno dovessimo rifare questa intervista saresti contento se…?

Se saremo riusciti a lavorare bene con i ragazzi. Se saremmo riusciti a renderli pronti per il WorldTour. In tanti vengono catapultati di qua come talenti arrivati. E invece non è così. La nostra continental vuole essere una scuola.

Conti va all’Astana: grandi motivazioni, ma risalita dura

08.11.2021
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Conti va all’Astana. Lo aspettano Martinelli che l’ha fortemente voluto e Orlando Maini che l’ha guidato nei primi anni di professionismo e lo chiamava “il cinno” che in bolognese significa “il bimbo”. Conti va all’Astana perché lì dove stava non avrebbe tirato più fuori un ragno dal buco. E’ sempre difficile dire per quale motivo un ragazzo di talento perda inesorabilmente la strada, ma il suo è stato per un paio di anni di troppo il caso più lampante. E quando in certe squadre passa il concetto che forse ti sei un po’ adagiato, è un attimo ritrovarsi a tirare e poi basta.

«In realtà – dice il romano che vive a Monaco – non mi hanno mai limitato. Però è chiaro che quando vai a correre e in squadra hai gente come Ulissi, Hirschi, Pogacar e Rui Costa, ti tocca fare il gregario. E io lo ammetto che mi sono adagiato. Prima nel ruolo di gregario, che in squadra faceva anche comodo. Mentre negli ultimi due anni ho mollato la presa, mi sono lasciato andare. Era necessario cambiare…».

Il finale di stagione non è stato dei migliori, serviva voltare pagina
Il finale di stagione non è stato dei migliori, serviva voltare pagina

Novembre in Valpolicella

L’approccio è maturo, Valerio ha sale in zucca e alla fine, ambizioso com’è sempre stato, il primo a… rosicare per prestazioni non all’altezza era proprio lui. Voltare pagina era una necessità impellente e alla fine l’ha fatto. In questi giorni e per tutto il mese, Conti, la sua compagna e la figlia Lucrezia nata a Monaco il 4 settembre, si sono trasferiti in Valpolicella. Michela è di qui e da queste parti ci sono spazi superiori a quelli del piccolo appartamento monegasco. E mentre i nonni materni si godono la nipotina, il corridore di casa ha ripreso ad andare in palestra e sulla mountain bike.

Perché cambiare?

Perché dopo otto anni, sempre con le stesse persone e gli stessi programmi, gli stimoli erano calati. Cambiare squadra significa tornare un po’ indietro, avere qualcosa da dimostrare. Come quando sei neoprofessionista. Ritrovo Maini e già abbiamo iniziato a ridere, perché con lui il buon umore è assicurato. Sono tutti italiani e questa serie di cose mi sta riportando una bella motivazione. Conosco bene la nutrizionista, con cui lavoravo in passato. Mi piace poter parlare di tutto liberamente, relazionarmi con le persone sulla base delle sensazioni e non dei numeri. Anche alla Lampre era così, poi sono arrivati i soldi ed è cambiato tutto. Ma lo stesso, la risalita non sarà facile.

Si scioglie il terzetto: in Uae rimangono Formolo e Ulissi
Si scioglie il terzetto: in Uae rimangono Formolo e Ulissi
Cosa c’è di difficile?

Quando molli, tralasci tanti aspetti. C’è da lavorare su tutti i punti, dall’alimentazione alla palestra, passando per la bici e l’allenamento. Ma mentre negli ultimi tempi salivo sulla bici che ero già stanco mentalmente, ora ho voglia di allenarmi.

Cosa ti chiede l’Astana?

Martinelli mi conosce bene e mi ha voluto. Sa che la base è buona, perché ho corso per tanti anni nelle categorie giovanili con suo figlio Davide. Vogliono che adesso mi metta in luce, anche se i programmi si faranno in ritiro e da quello si capirà tanto. Ma se potessi esprimere un desiderio, mi piacerebbe correre qualche classica in più. In questi anni, avevo davanti così tanti campioni, ne ho fatte sempre poche. E poi il Giro, che per me resta speciale.

La maglia rosa del 2019 può essersi ritorta contro?

E’ stata una fase bellissima, che mi ha fatto capire tante cose, ma non penso che mi abbia cambiato, nel bene o nel male. Certo da quei giorni le aspettative sono state più alte, ma ora voglio rialzarmi e ripartire da lì.

La mano della piccola Lucrezia in quella di Valerio: il 4 settembre Conti è diventato papà (foto Instagram)
La mano della piccola Lucrezia in quella di Valerio: il 4 settembre Conti è diventato papà (foto Instagram)
Nel 2020 è mancato Antonio Fradusco tuo tecnico da ragazzino e tuo consigliere fisso…

Antonio mi dava sempre consigli, mi è stato accanto fino al 2019 e credo che quell’anno, il migliore da quando corro, sia stato per lui una grande soddisfazione. Mi scriveva tutti i giorni, era una presenza fissa e magari aver perso un riferimento così in qualche modo l’ho pagato. Non voglio trovarmi la scusa, si vive al presente, ma anche se Martinelli e Maini sono della stessa pasta, uno come Fradusco non lo troverò più.

Nel frattempo è arrivata una bambina.

Non dirò come tanti che mi ha stravolto la vita, ma è bellissimo rientrare a casa e capire che lei c’è. E ho la fortuna che Michela sia una mamma eccezionale. E’ una bellissima novità. E’ tutto bellissimo. Per questo nuovo inizio non potevo chiedere uno scenario migliore.

Maini e Manzoni, il tempo è sempre galantuomo

23.10.2021
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Se da un lato c’è Vinokourov che richiamando Shefer ha ricomposto il gruppo dei suoi fedelissimi, dall’altra Martinelli ha potuto inserire nell’Astana del prossimo anno due tecnici italiani che ben conosciamo e che potrebbero ricreare nella squadra quel clima di famiglia che la aveva contraddistinta negli anni dei trionfi di Nibali e Aru.

Orlando Maini e Mario Manzoni dal prossimo anno si aggiungeranno appunto al tecnico bresciano, a Zanini, Cenghialta, Fofonov, Shefer e Yakovlev.

Una coppia storica

A quelli di noi con più anni sulle spalle, l’accoppiata Martinelli-Maini riporta alla memoria l’indimenticabile triennio 1997-1999 della Mercatone Uno. Per ricomporre il fantastico trio mancherebbe soltanto Alessandro Giannelli, che da qualche anno è uno delle colonne portanti di RCS nell’organizzazione del Giro d’Italia.

Manzoni ha seguito il Giro di Polonia con il cambio ruote Vittoria. Qui è con Canola, suo corridore alla Nippo-Fantini
Manzoni ha seguito il Polonia con il cambio ruote Vittoria. Qui è con Canola, suo corridore alla Nippo

Mentre Martino dall’ammiraglia seguiva il Panta nella scalata del Galibier, sulla cima del passo Maini lo aspettava per passargli la mantellina. Quel giorno e in tutti quelli prima e dopo, scrissero insieme la storia del ciclismo. Per cui in qualche misura eravamo tutti in attesa che Martinelli riuscisse a coinvolgere l’amico in un suo progetto, dopo che lo stesso era stato messo giù in modo poco elegante quando la Lampre divenne Uae.

«Fra noi non c’è solo amicizia – dice Maini – ma anche un comune modo di lavorare. Ci assomigliamo nell’interpretare le cose, nel mondo del ciclismo sanno che siamo quasi come fratelli. Se siamo liberi, ad agosto ci troviamo per qualche giorno a Cesenatico, c’è un rapporto anche tra le famiglie».

Orlando Maini, che nel 1992 aveva guidato Pantani alla conquista del Giro d’Italia dilettanti, fu parte integrante della Mercatone Uno del Pirata
Maini, che nel 1992 guidò Pantani alla conquista del Giro dilettanti, fu parte della Mercatone Uno del Pirata

Diesse vecchio stampo

Negli ultimi mesi, sia pure avendo rassegnato le dimissioni a fine giugno, Maini ha diretto il team Beltrami-Tsa

«Ho dato le dimissioni – spiega – con l’impegno di arrivare a fine stagione. La mia priorità, prima ancora di essere un direttore sportivo, è di essere un uomo. Sono vecchio stampo, che forse non va neanche più tanto di moda, ma mi piace esserlo. Perciò ho assicurato che avrei finito la stagione con la massima professionalità, perché credo che le persone corrette si comportino così. Dando la possibilità alla squadra di andare avanti e organizzarsi. Le ultime corse che abbiamo fatto sono state quelle di Pozzato, che ci ha invitato e che ha fatto davvero una gran cosa».

Da Vittoria all’Astana

Alla storia di Martinelli e Maini è legato, sia pure indirettamente, anche Manzoni. Vincitore per distacco della tappa di Cava dei Tirreni al Giro del 1997, in televisione la sua impresa quasi non venne mostrata. Alle sue spalle infatti Pantani era caduto per il famigerato gatto del Chiunzi e le telecamere rimasero su di lui, seguito in ammiraglia da Martinelli, e il suo calvario.

Di lui vi abbiamo raccontata a inizio 2021, quando la Bardiani non lo ha confermato. Avevamo raccontato la sua versione e quella di Reverberi, poi avevamo visto il tecnico bergamasco entrare in contatto con la Global6Cycling, continental creata da Manuel Bongiorno e dal suo amico James Mitri. In qualche modo la sua storia ricalca quella di Maini e di altri tecnici discreti, poco amanti della ribalta, ma molto bravi nel rapporto con gli atleti, cui questa discrezione viene a volte rinfacciata come un segno di debolezza.

«Mi hanno chiamato un mese fa – racconta – la scorsa settimana ho firmato. E’ stato un anno difficile comunque, la chiamata di Martino ha migliorato il tutto. Con la continental le cose non sono andate e a un certo punto ho preferito fare un passo indietro. Ma ho avuto quello che mi spettava, niente da dire. Ho lavorato con il cambio ruote Vittoria. Ho fatto qualche corsa con la commissione tecnica della Lega Ciclismo. In un modo o nell’altro è stato un anno di crescita, perché ho vissuto il mio mondo però da altre angolazioni e non sempre è un’esperienza possibile».

Mario Manzoni, Damiano Cunego, Davide Bramati, Giro d'Italia 2016
Manzoni con Damiano Cunego e Bramati al Giro d’Italia 2016, quando Mario era tecnico della Nioppo-Fantini
Manzoni con Damiano Cunego al Giro d’Italia 2016, quando Mario era tecnico della Nioppo-Fantini

La chiamata di Martino

La telefonata gliel’ha fatta Martinelli, che ci piace immaginare come l’architetto che sa esattamente quali elementi inserire nella squadra perché sia bella, funzionale e potente.

«Mi ha chiamato – sorride Manzoni – e mi ha detto: “Avrei bisogno di un aiuto, di un gregario”. Per portare di nuovo la mentalità che lui era riuscito a creare nella squadra di qualche anno fa. Per ricreare un clima di famiglia. Un ambiente costruttivo e competitivo, ma anche familiare e disponibile. Non me la sono tirata neanche un secondo».

Tra gli argomenti di fine ritiro (l’Astana si è ritrovata per le solite formalità da mercoledì a venerdì a Montecatini Terme), giusto ieri è saltata fuori anche la necessità di mettere mano alla squadra continental, in cui arriverà a breve anche Gianmarco Garofoli, uscito dal Team Dsm. La struttura va ricreata e non è peregrino immaginare il coinvolgimento di entrambi con un ruolo di controllo. Ma tutto per ora è fermo su carta. Il prossimo ritiro si farà a dicembre in Spagna e per allora i ruoli saranno tutti definiti.

EDITORIALE / Astana, il segreto si chiama Martinelli

11.10.2021
5 min
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Chi lascia la Deceuninck-Quick Step non vince più. Si dice così in gruppo: lo sapete, no? I corridori ti spiegano perché, i maliziosi di professione fingono di crederci. Eppure la squadra belga non è un caso isolato. Anche chi lascia l’Astana smette di vincere, ve ne siete accorti?

Nibali ha vinto l’ultima grande corsa a tappe del 2016 prima di passare al Team Bahrain-Merida, con cui ha vinto un Lombardia e la Sanremo. Passando nel Uae Team Emirates, Aru ha smesso di essere il campione di cui tutti si erano innamorati e lentamente ha finito con lo spegnersi. Diego Rosa, grande gregario che per poco non vinse un Lombardia, si è spento al passaggio nel Team Sky. Landa come lui, appena un poco meglio grazie al Bahrain. L’ultimo caso è quello di Superman Lopez, passato alla Movistar e tornato indietro alla svelta, prima di buttare via altro tempo.

Aru ha vinto in Astana la Vuelta del 2015 e fino al 2017 è cresciuto
Aru ha vinto in Astana la Vuelta del 2015 e fino al 2017 è cresciuto

L’arma segreta

Il segreto c’è, si chiama Giuseppe Martinelli. In fondo, se ci pensate bene, l’Astana è quel che resta della Saeco e di un modo di intendere il ciclismo all’italiana, che farà anche inorridire i manager anglofoni, ma indubbiamente funziona.

“Martino” ci sa fare e nella sua lunga carriera ha vinto grandi Giri con ogni tipo di corridore: dai campioni super celebrati ai giovani da costruire. Con Pantani e Garzelli. Con Cunego e Simoni. Con Contador, Nibali e Aru. Il grande bresciano ha chiaro in testa come si faccia per far sentire il capitano al centro delle operazioni, perché l’ha imparato alla scuola di Luciano Pezzi, a sua volta gregario di Coppi e tecnico Gimondi alla conquista del Tour.

«Pantani è il capitano – disse Luciano alla fine del 1996, presentando la nuova Mercatone Uno – Martinelli è colui che comanda».

Venivamo da trent’anni senza il Tour e Pantani non era uno che accettasse facilmente ordini, eppure da quel nucleo e quell’impostazione arrivarono il Giro e il Tour di Marco e nella scia il Giro di Garzelli.

Non solo per soldi

Vinokourov l’ha capito e ha permesso a Martinelli di costruire la squadra secondo le sue idee, con l’imposizione più o meno invasiva di… aromi kazaki necessari per la sopravvivenza del team. E quando Aru decise di andarsene, “Vino” disse parole profetiche cha ha di recente ripetuto al nostro Filippo Lorenzon.

«Tante volte i corridori vanno dietro ai soldi – ha detto – e questa cosa è importante sì, ma non è tutto. Vale per tutti i corridori, non solo per Fabio, ma bisogna guardare anche dove sei e se ti trovi bene. Noi all’Astana siamo una famiglia per come trattiamo i corridori. E poi è una squadra anche molto italiana con Martino e altri dello staff. I corridori pensano sempre che in altre squadre stanno meglio, ma poi trovano altre realtà. Ci sono tanti che sono andati via che dovevano fare chissà quali cose, penso a Rosa, a Landa… Potevano stare con noi e potevano vincere un grande Giro. Sicuro».

Nibali e Moscon

Perché questo discorso? Perché oltre a Lopez, nell’Astana quest’anno approderanno Nibali di ritorno e Moscon. Abbiamo già detto che non ci sarà da aspettarsi miracoli da Vincenzo, mentre forse Gianni troverà nel giusto ambiente e in Stefano Zanini la sicurezza che nella vecchia casa gli è sempre mancata. La sicurezza di avere attorno persone che lo guardano come un eroe di famiglia: i corridori devi tenerli con i piedi per terra, ma devi anche farli sentire importanti, perché vivono di sfide e autostima.

Nibali vinse l’ultimo Giro nel 2016: qui con Martinelli e Slongo
Nibali vinse l’ultimo Giro nel 2016: qui con Martinelli e Slongo

Sapore di casa

Zanini, un guerriero. Borselli che guida il pullman e senza saperlo è uno psicologo. Inselvini e i suoi massaggi da vecchio filosofo. Mazzoleni e il suo staff di allenatori. Erica Lombardi alla nutrizione. Tosello e gli altri meccanici. Andare alle corse sarà ogni volta come tornare a casa. E su tutti vigilerà lo sguardo burbero e impagabile di Martino, con lo sguardo e la voce che gli trema quando parla del Panta. Che sta sempre un passo indietro. Capace di spendersi per ciascuno dei suoi ragazzi come quando eravamo tutti più giovani e inseguivamo sogni enormi. E forse, proprio guardando a quelle conquiste indimenticabili, Nibali e Moscon potrebbero convincersi ancora una volta che non esistono traguardi impossibili.

P.S. A proposito, lo stesso discorso magari un giorno lo faremo per Davide Bramati. Non tutte le squadre hanno l’ambiente giusto, non tutti i tecnici sono capaci di crearlo e i manager hanno la saggezza di lasciarglielo fare. Non pensiate che per far andar forte i corridori servano solo soldi e segreti. I primi servono, i secondi sono spesso meno misteriosi di quel che si pensa.

Sobrero e i grandi Giri. Due parole con Martinelli

06.10.2021
4 min
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«Io ho la particolarità di riuscire ad esprimere gli stessi wattaggi sia in pianura che in salita, cosa che agli altri non riesce spesso». Ricordate queste parole? Era stato Matteo Sobrero a dircele. Il campione italiano a cronometro era di ritorno dai mondiali in Belgio e con lui si parlava anche di un suo possibile impiego nelle corse a tappe.

E proprio da qui partiamo: stessi watt tra pianura e salita, in pratica la sintesi del corridore moderno che vuole (e può) fare classifica nei grandi Giri. Lo stesso Matteo, ci confidò che Giuseppe Martinelli glielo diceva di provare, ma lui era un po’ meno convinto del suo tecnico. «Meglio andare per gradi e magari iniziare con una prova di una settimana», sosteneva il tricolore a crono 2021.

Europei di Trento, staffetta mista: Ganna in testa e Sobrero alla sua ruota. Chiude la fila De Marchi
Europei di Trento, staffetta mista: Ganna in testa e Sobrero alla sua ruota. Chiude la fila De Marchi

L’occhio lungo di Martino

Noi chiaramente non potevamo stare fermi e tra una corsa e l’altra di questo ricco autunno siamo riusciti a pizzicare Giuseppe Martinelli

«E’ vero – spiga il diesse dell’Astana – ho detto questa cosa a Matteo perché è uscito molto bene dal Giro d’Italia. E sì che lo abbiamo anche fatto lavorare parecchio per Vlasov, lo abbiamo fatto andare in fuga. Quindi non lo ha corso al risparmio. Nonostante tutto, pochi giorni dopo lo abbiamo portato al Giro di Slovenia e lo ha finito al terzo posto. Ha battagliato alla pari con Pogacar che era in vista del Tour.

«Poi da qui a dire che vince non lo so, ma di certo se potesse fare una prova e correre per sé stesso non sarebbe affatto un corridore da buttare via».

E quando un diesse esperto come Martino si lascia andare a certi giudizi, qualcosa di buono ci deve essere di sicuro.

L’ottima posizione di Sobrero (24 anni) a cronometro
L’ottima posizione di Sobrero (24 anni) a cronometro

Al top ovunque

“Peccato” però che a fine stagione il giovane piemontese lascerà l’Astana PremierTech e che questo esperimento, semmai, lo farà con altri.

«Non è facile trovare grandi spazi per un “ragazzino” – continua Martinelli – in questo momento ci tanti corridori davvero importanti che corrono per la classifica. Se fosse rimasto con noi, magari un po’ più di spazio glielo avremmo creato per farlo provare in grande Giro. Tanto basta un anno e lo vedi. Oggi non è come in passato che devi insistere per capirlo».

Sobrero: buon scalatore, ottimo passista, cronoman eccellente… soprattutto se lo si paragona agli uomini di classifica.

«Sobrero a crono ha un coefficiente di penetrazione dell’aria performante al 110% e anche per questo riesce a andare tanto forte. Riesce a sviluppare tanti watt. In tal senso, mi fa pensare un po’ ad Evenepoel. Anche lui è piccolino ma ha fatto crono a 54 di media… Matteo lo può fare quando è in condizione come all’italiano a crono.

«Matteo però dovrebbe essere convinto di mettere nel mirino un grande Giro e questo s’inizia a prepararlo sin dall’inverno con determinati lavori, con i ritiri a febbraio, creandoti il tuo gruppo di lavoro… Ma non è facile avere questa convinzione oggi, quando sai prima del via che il podio in pratica è già tutto occupato dai soliti nomi. Meglio magari puntare ad una tappa o a questa o quell’altra corsa. Oggi, sembra assurdo, ma se vediamo c’è meno specializzazione tra coloro che vincono i grandi Giri».

E in effetti è così: i Pogacar, i Roglic, i Bernal… vanno forte dappertutto. Forse il colombiano è il più “specializzato” essendo più scalatore, ma non è certo fermo a crono. E’ il ciclismo moderno.

Sobrero è uscito bene dall’ultimo Giro, tanto da salire anche sul podio dello Slovenia
Sobrero è uscito bene dall’ultimo Giro, tanto da salire anche sul podio dello Slovenia

Paragone impossibile

A questo punto viene da chiedersi con chi si potrebbe paragonare Sobrero?

«E’ difficile dirlo – spiega Martinelli – negli ultimi 4-5 anni il ciclismo ha fatto dei progressi enormi, si è rivoluzionato, per questo fare un paragone neanche col passato, ma solo di pochi anni addietro è complicato. Oggi il 30-40% dei corridori in gruppo sono davvero di ottimo livello.

«Guardate cosa è successo ieri alla Tre Valli Varesine. Con tutta quella pioggia, con il ritmo che hanno tenuto si è entrati nei dieci giri finali con ancora tanti corridori lì a lottare. E fino alla fine ce ne erano 15 che potevano vincere. Quelli davanti sono stati due ore con 35”-40” di vantaggio. Qualche anno fa con quel meteo e quei ritmi dopo poco la corsa sarebbe finita e ne sarebbero restati pochissimi in gara. E io che amo il ciclismo godo…».

“Martino” e quel fiocco su una bella storia… (da scrivere ancora)

01.10.2021
5 min
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Ci risiamo! Dopo cinque anni Giuseppe Martinelli e Vincenzo Nibali tornano insieme. La scorsa settimana è stata ufficializzata la notizia che era nell’aria già da un po’ e che Vinokourov ci aveva dato per fatta già in agosto. Ma si sa come vanno certe cose: fino a che non c’è la firma… tutto tace. E qualche settimana fa lo stesso “Martino” ci disse di aspettare. Chissà magari anche per un po’ di scaramanzia.

Martinelli e Nibali insieme hanno vinto (tra le altre): due Giri, un Tour, un Lombardia, una Tirreno…
Martinelli e Nibali insieme hanno vinto (tra le altre): due Giri, un Tour, un Lombardia, una Tirreno…
Martino, torna Nibali. Come è andata? Come è nata l’idea del suo ritorno?

E’ stato quasi fortuito. Eravamo alla Tirreno, prima del tappone, i nostri bus non erano lontani. Lui è sceso per andare al foglio firma e io gli ho detto: ohi, quando torni indietro fermati qui. Una battuta come tante. Vincenzo invece si è fermato per davvero. Con me c’è era anche Federico Borselli (autista dell’Astana, ndr) e gli abbiamo detto: dai torna qui. E lui: okay, ci penserò. Sono quelle cose che hanno un qualcosa di bello.

Quindi primi contatti alla Tirreno e poi?

E poi abbiamo iniziato a parlarne un po’ di più al Giro, ma fino a che c’è stato il trambusto su Vinokourov sì, Vinokourov no…. Poi le cose sono cambiate e abbiamo insistito di più. Ma al di là di Vino, l’idea è piaciuta a tutti e questo ha agevolato il suo ritorno. E anche Vino l’ha presa nel mondo giusto.

Cioè?

Non penso che Nibali venga per vincere il Giro o il Tour, ma perché lui stesso ha piacere di venire e perché è una figura che vogliamo. E’ bello che abbia voglia di tornare nel team che lo ha consacrato campione. Sono storie belle che ti gratificano. Qui conosce tutti. Ci sono tutti coloro che lo hanno accompagnato nei successi: da Borselli a Zanini, da Tosello a Vinokourov… E poi ricordiamo che lui andò via non per andare in un’altra squadra, ma per un progetto. Perché la Bahrain era un progetto creato intorno a Nibali.

L’Astana in azione in quel Lombardia evocato da Martino. Rosa e Landa a tirare per Nibali
L’Astana in azione in quel Lombardia evocato da Martino. Rosa e Landa a tirare per Nibali
Qual è il ricordo più caro che hai? La vittoria più bella?

Facile dire Giro o Tour, ma per me la più bella è stata il Giro di Lombardia (del 2015, ndr). Quella corsa l’abbiamo voluta vincere. Quel giorno tutti quanti abbiamo lavorato in un senso. E per me ha un fascino quella giornata… sarà poi che è l’ultima di stagione e la vittoria ti consente di andare incontro all’inverno con serenità. Sì, me la sono proprio goduta.

Martino, Vincenzo è un grande campione ma bisogna anche essere realisti: non è più un ragazzino, tanto più in un ciclismo sempre più a trazione giovanile. Cosa può fare ancora?

Ho detto più volte a Vino che se è arrivato il merito è il suo, perché alla fine è stato fatto un investimento. Significa che quindi ci crede. E Vino mi ha risposto che Vincenzo ci avrebbe fatto tornare ad essere l’Astana di una volta. Una squadra di grandi campioni, con tutto il rispetto per i presenti, perché Fuglsang è un campione. Ma io dico come quando avevamo Contador. E questa mancanza l’abbiamo sentita. Cosa ci può dare dunque: qualità e compattezza di squadra. E da qui possiamo costruire dell’altro e dietro lui può nascere qualcosa di buono.

Sarà quindi il capitano chioccia…

Io sono convinto che può dare ancora molto sia all’Italia che all’Astana. Io credo che se Vincenzo va alla partenza delle gare con la serenità di chi non ha l’obbligo di vincere, può davvero inventarsi qualcosa com’è nelle sue corde, tanto più con alle spalle una squadra che crede compatta in lui. E da un presupposto di fiducia simile, conoscendolo, dico che Vincenzo tira fuori qualcosa di buono. Magari si va ad una Tirreno o ad una Parigi-Nizza non so non dico per puntare alla classifica ma magari per fare delle belle azioni nelle frazioni più dure o spettacolari e magari vincere. E in una situazione così avere Nibali con noi è un valore aggiunto.

In Sicilia visto un Nibali in buona condizione e sorridente. Risolta la soluzione del contratto magari è più sereno
In Sicilia visto un Nibali in buona condizione e sorridente. Risolta la soluzione del contratto magari è più sereno
Quanto è cambiato caratterialmente Nibali?

Io ho passato con lui quattro anni nei quali c’è stata tanta serenità e nessuno screzio. E’ diventato un uomo, ma per me il suo carattere non è per nulla cambiato. Guardate anche l’azione dell’altro ieri per Moschetti al Giro di Sicilia. Si è messo a tirare per un compagno. Se non hai un carattere buono quelle cose non le fai. Almeno dai primi incontri telefonici posso dire che non è cambiato. Si è sempre mostrato pronto al dialogo, disponibile. Quando c’è da prendere un campione non si tratta solo con lui e su ogni aspetto contrattuale da limare Vincenzo si è reso disponibile.

Chi lo allenerà, Martino?

Maurizio Mazzoleni – risponde secco il diesse bresciano – chiunque arriva in Astana è seguito dal nostro staff. Vincenzo sarà preparato dal nostro capo allenatori.

Quando nell’inverno del 2013 L’Astana prese Nibali gli scenari e le aspettative erano diverse, chiaramente. Lo Squalo era lanciato all’apice della sua carriera e si aveva la consapevolezza di “spaccare il mondo” vincendo tutto o quasi come di fatto è andata. Adesso le cose sono differenti, ma la posta in palio non è certo meno intrigante, specialmente per i tanti tifosi che ha Nibali.

«Per me – aggiunge a fine intervista spontaneamente un motivatissimo Martinelli – è il fiocco di una bella storia, lo ripeto. Tipo quando Baggio tornò al Brescia… Quei grandi campioni che ritornano dove li porta il cuore, dove sei stato bene».

Martinelli su Aru: «Una sorpresa, ma ci ha pensato a lungo»

05.09.2021
5 min
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Martino è al Benelux Tour e giusto stamattina, andando alla partenza parlava col suo meccanico di quanto sia strano pensare che oggi Fabio Aru chiuderà la carriera. Il sardo è stato uno dei suoi ragazzi, come prima di lui lo furono Pantani, Cunego, in parte Simoni e in parte Nibali. Grandi campioni che fidandosi di lui e stando alle sue regole hanno ottenuto grandi risultati. E poi, per motivi che si somigliano sempre, hanno cambiato strada. Martino, al secolo Martinelli Giuseppe da Rovato, pensando ad Aru usa il termine “sorpresa” e a ben vedere la reazione davanti alla decisione di smettere dopo il ritorno ai piani alti è stata la stessa in tutti noi.

«Lo avevo incontrato prima dell’inverno – racconta – quando ancora non sapeva dove avrebbe corso. Nonostante l’incertezza, sembrava sul pezzo. Veniva da due stagioni non facili, eppure voleva ripartire. Poi l’ho visto a Burgos ed è andato indubbiamente bene, perché non si arriva secondo lì per caso. Per cui è proprio il caso di dire che la decisione mi ha sorpreso. Però conoscendolo, non ci è arrivato per un colpo di testa. Deve averlo meditato a lungo. E magari ha aspettato un risultato positivo per essere in pace con se stesso».

Oggi Fabio Aru chiuderà la sua carriera a Santiago de Compostela: l’annuncio a sorpresa dopo la Vuelta Burgos
Oggi Fabio Aru chiuderà la sua carriera a Santiago de Compostela: l’annuncio a sorpresa dopo la Vuelta Burgos

Martino è un fine conoscitore di uomini e anche se spesso se ne sta sulle sue, quando parla non è mai banale. A volte risulta scomodo, perché per abitudine va dritto ed è poco propenso al compromesso. Ma tant’è, non pensiamo che cambierà dopo 35 anni di carriera da direttore sportivo e lui peraltro non ne ha la minima intenzione.

A un certo punto Fabio se ne andò dall’Astana…

L’ho detto più di una volta ad altri giornalisti. Se ne è andato sbattendo un po’ la porta. Noi abbiamo fatto di tutto per tenerlo, ma evidentemente ha fatto una scelta di carriera e non di soldi, perché quelli li avrebbe presi anche qui. Magari non gli stessi, ma comunque tanti. Forse pensava di trovare qualcosa che qui non aveva, ma a me è dispiaciuto. Perché con me è nato. Ha vinto la Vuelta e ha fatto un secondo e un terzo al Giro. Ha vinto un italiano e ha preso la maglia gialla del Tour…

Che cosa cercava?

Magari ha pensato che qui in Astana qualcosa non funzionasse. Il rapporto con me era buono, ma ci siamo anche presi. Sono esigente. Se devo dire una cosa, non sto zitto. Forse voleva un altro Martino o uno meglio di me. Un po’ mi dispiaceva vederlo in difficoltà, ma non l’ho mai chiamato per rincuorarlo. Lui era là, io ero di qua. Sono fatto così, ho il mio carattere.

Nel 2015 dopo il podio del Giro, arriva la vittoria della Vuelta. Il ritiro è una vera sorpresa
Nel 2015 dopo il podio del Giro, arriva la vittoria della Vuelta. Il ritiro è una vera sorpresa
Proprio il carattere si diceva fosse un suo limite, molto cocciuto. Molto sardo…

Aveva il suo “io” nel dna. Ci scontravamo su cose che lui pensava fossero o dovessero andare in un certo modo, mentre io gli dicevo che non era così. Si poneva con convinzioni che alla fine lo condizionavano, senza ascoltare che magari le cose potessero essere diverse. Il suo inizio di carriera è stato tutto bello, ma abbiamo discusso. A spiegargli che se fai ciclismo al 100 per cento, poi ti torna tutto indietro. Se non fai il massimo, soprattutto oggi, non vinci più.

E adesso smette…

E la parola resta “sorpresa”.

Lo scorso anno si disse che sarebbe potuto tornare, ma non si fece. Ora pare che torni Nibali: che differenza c’è fra i due possibili ritorni?

Come Giuseppe Martinelli, Fabio lo avrei anche preso, ma non so quanto sarebbe stata una cosa buona per entrambi. Quello di Vincenzo invece è il ritorno dell’atleta più importante che abbiamo avuto nella nostra storia di squadra, che vuole rivedere le stesse facce di quando tutto riusciva bene. Che vuole stare bene, ma non perché non stia bene dov’è ora. E’ venuto perché il binomio Nibali-Astana è stato vincente.

Primo anno in Astana, il 2013, e per Nibali arriva il Giro d’Italia
Primo anno in Astana, il 2013, e per Nibali arriva il Giro d’Italia
Perché vanno via se stanno così bene? Ieri se ne parlava con Cataldo, è per i soldi, per cambiare aria, per gli stimoli?

C’è tutto questo. Perché l’erba del vicino è più verde. Per trovare qualcosa di diverso. Per guadagnare di più… E per i procuratori, che spesso e volentieri manipolano il modo di pensare dei corridori e li portano a fare ragionamenti che non sarebbero i loro. La sintonia fra procuratore e atleta è spesso superiore a quella fra tecnico e atleta. Noi sappiamo che la forza del corridore è nella testa, nel corpo e nelle gambe, ma se la testa va in una direzione diversa, è difficile poi riprenderlo. Sapete quante volte ho detto a Cataldo che se voleva ancora correre doveva restare qui?

E lui cosa diceva?

Ha la compagna spagnola, ho pensato che andasse alla Movistar per chiudere la carriera. Forse pensava che là sarebbe rimasto tranquillo, perché una cosa è certa: qua si corre sempre per vincere. Ti sembra di stare male perché c’è tensione. E’ difficile dire a un corridore che ha fatto il Tour di prepararsi per la Vuelta, ma questa è anche la squadra in cui puoi parlare ed essere ascoltato. E’ un’abitudine che ho sempre portato con me. A volte va bene, a volte vai a rompere. E per questo a volte se ne vanno…

Ancora Vinokourov: «Per Nibali è quasi fatta»

24.08.2021
4 min
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E per un Aru che va, o meglio che lascia il ciclismo, c’è un Nibali che torna, almeno così ci ha detto il team manager dell’Astana, Alexandre Vinokourov. Anzi è stato proprio il campione olimpico di Londra 2012 a lanciare l’argomento sul piatto. Ricordiamo che da qualche giorno il kazako ha ripreso in mano le redini del team.

Non c’è l’ufficialità, sia chiaro, ma per la prima volta proprio una fonte ufficiale, anzi quella più diretta, ha affermato che ci sono stati dei contatti con il siciliano. Non solo, lo stesso “Vino” ha detto che in pratica l’operazione di ritorno è ormai cosa fatta. E più precisamente: «La soluzione penso sia vicino».

Nibali trionfa sulle Tre Cime e conquista il suo primo Giro
Nibali trionfa sulle Tre Cime e conquista il suo primo Giro

Nibali può ancora vincere

Chiudendo il precedente articolo con Vinokourov eravamo rimasti con: «Speriamo bene con un altro campione. E se Vincenzo viene da noi…».

Una dichiarazione del genere è sufficiente per riaccendere gli entusiasmi. Ai tifosi già sembrerà di rivedere Nibali che trionfa sotto la bufera di neve alle Tre Cime di Lavaredo o che sbuca dal cambio di pendenza a La Planche des Belles Filles in maglia tricolore.

«Non posso credere che possa vincere ancora il Giro d’Italia o il Tour de France – ammette il manager dell’Astana – bisogna essere realisti. Però Vincenzo può fare belle cose. E poi non è tanto vecchio, ha ancora 36 anni. Se guardiamo, Valverde ne ha 41 anni. Sì, è caduto qualche giorno fa, ma ha sempre vinto. Nibali ha ancora le qualità per fare bene. Può vincere delle tappe e perché no una grande classica. L’importante è che sia contento, poi i risultati arriveranno».

Astana in festa per la conquista del Giro 2016, vinto con la classe di Vincenzo e un grande gioco di squadra
Astana in festa per la conquista del Giro 2016, vinto con la classe di Vincenzo e un grande gioco di squadra

Vincenzo immagine positiva

Certo che dire a Nibali che dovrà lasciar perdere le classifiche generali non è facile. Ma non tanto perché ci sarebbe uno “scontro” con l’atleta, ma perché Nibali certi obiettivi ce li ha dentro. Cuciti addosso. Serve un bel reset mentale. O come si dice oggi, un Nibali 2.0.

«Penso di sì, che serva un cambio mentale – riprende il kazako – Quest’anno Vincenzo è stato anche sfortunato. Perché aveva la gamba ma è caduto e si è fatto male proprio prima del Giro e ha rotto tutti i suoi progetti. Io penso che poteva finire tra i primi cinque.

«Per noi è un uomo immagine importante. I trionfi più grandi li ha colti con noi e per questo penso che lui voglia tornare all’Astana e ritrovare questa serenità, che abbia voglia di riabbracciare il gruppo con cui ha vinto. Ha fatto piacere anche a me questa cosa. Perché un corridore che torna a fine carriera e riconosce chi lo ha fatto vincere è una buona cosa anche per la squadra, per noi. Speriamo bene dai…».

Tanto tifo per l’Astana e Vinokourov anche sulle strade del Tour de l’Avenir
Tanto tifo per l’Astana e Vinokourov anche sulle strade del Tour de l’Avenir

Vino manager in bici

Quando lo pizzichiamo, Vinokourov è al Tour de l’Avenir. Alla fine il ciclismo è un lavoro per quest’uomo e ci sta che vada sempre dietro alle corse, ma è anche vero che potrebbe godersi i suoi successi con più tranquillità. E invece è in Francia. E con lui c’è Giuseppe Martinelli, come sempre. Alex organizza la tappa, dà istruzioni ai corridori, gestisce i rifornimenti… Lui è sempre stato legato alla Francia e anche durante l’intervista ha firmato autografi e fatto foto. 

«Qual è il segreto per tirare fuori il meglio dai corridori? Beh, semplice, ogni tanto esco in bici con i ragazzi e parliamo tranquillamente, non come manager e corridore. Ma da corridore a corridore. Così magari è più facile. Sei alla pari, specialmente se sei stato corridore anche tu. Poi scesi dalla bici ognuno ha il suo ruolo. Loro mi rispettano e questo è importante».

Vinokourov e quel tarlo su Aru che volevamo toglierci

24.08.2021
4 min
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Fabio Aru abbandonerà il ciclismo a fine Vuelta. La notizia… non è più notizia, tuttavia il campione sardo fa parlare di sé. Lo ha sempre fatto, il suo appeal mediatico è sempre stato eccellente e di certo lascia un bel vuoto, specialmente se si pensa al suo potenziale. 

Ma tant’è: la decisione è la sua, non è stata facile (ve lo possiamo garantire) e va rispettata. E poiché dicevamo che Aru fa parlare di sé, noi abbiamo avuto un bell’incontro con Alexandre Vinokourov.

Alexandre Vinokourov e Giuseppe Martinelli, insieme anche al Tour de l’Avenir
Vinokourov e Giuseppe Martinelli, insieme anche al Tour de l’Avenir

L’Astana una famiglia

Sì, il Vino del ciclismo, colui che fu il team manager di Fabio e colui che disse una frase che per noi è rimasta scolpita nella roccia. «Se Aru vuole continuare a vincere deve restare con noi». Perché?

«Ah – sorride e ci pensa un po’ Vinokourov – tante volte i corridori vanno dietro ai soldi. E questa cosa è importante sì, ma non è tutto. E vale per tutti i corridori, non solo per Fabio, ma bisogna guardare anche dove sei e se ti trovi bene. Noi all’Astana siamo una famiglia per come trattiamo i corridori. E poi è una squadra anche molto italiana con Martino (Giuseppe Martinelli, ndr) e altri dello staff. I corridori pensano sempre che in altre squadre stanno meglio, ma poi trovano altre realtà.

«Ci sono tanti corridori che sono andati via che dovevano fare chissà quali cose, penso a Rosa, a LandaPotevano stare con noi e potevano vincere un grande Giro. Sicuro».

Il gruppo che fece quadrato intorno ad Aru nella Vuelta del 2015
Il gruppo che fece quadrato intorno ad Aru nella Vuelta del 2015

Non solo i soldi

Il kazako, tra l’altro visibilmente contento per essere tornato ad avere in mano le redini di quella che in gran parte è una sua creatura, l’Astana appunto, pondera bene le parole. E allora qual era la formula vincente di Astana?

«Un buon gruppo con gente che lavora al 100% – spiega Vinokourov – e lo fa con serenità. Non pensa solo ai contratti. Sì, ripeto, questi sono importanti ma è importante che tutti lavorino con piacere. Il nostro gruppo in questi anni è riuscito a fare questo e spero possa tornare ad essere forte nei prossimi anni con le vittorie che abbiamo conquistato prima».

E su questo possiamo aggiungere anche la nostra esperienza riguardo alle tante occasioni di lavoro avute in passato con i turchesi. Dai meccanici, ai diesse. Dagli anni d’oro di Nibali, alla superba Vuelta di Aru: si respirava davvero un grande clima di famiglia. Cuochi, massaggiatori, meccanici potevi entrare nel cuore del team. E questo succede quando le cose vanno bene. E ognuno è consapevole dei propri ruoli.

Aru concentrato, determinato e senza paura… anche contro i “bestioni” della Sky
Aru concentrato, determinato e senza paura… anche contro i “bestioni” della Sky

Quel super gruppo

In quel team, proprio parlando di ruoli e di armonia, c’era un’amalgama pazzesca intorno a Fabio. O almeno da fuori sembrava così. E giudicando a posteriori, la “macchina” era molto vicina alla perfezione. C’era il campione più forte: Nibali. C’era il delfino (già vincente) in rampa di lancio: Aru. C’erano uomini preziosi: Rosa e Cataldo. C’era un corridore fortissimo, e forse il più problematico all’epoca, ma ideale per fare l’ultimo uomo in salita: Landa. C’era il capitano in corsa nonché veterano: Tiralongo. C’erano i gregari puri (anche se più legati a Nibali): Agnoli e Vanotti. C’era un corridore che sapeva fare il gregario ma che era dotato di una classe sopraffina e di un rispetto enorme in gruppo: Luis Leon Sanchez. E poi un massaggiatore come Umberto Inselvini, mani fantastiche e sensibilità ancora di più nell’ascoltare il corridore. C’era Martinelli, che non ha bisogno di alcuna presentazione. E potremmo continuare…

«Io provai a trattenere Fabio – conclude Vinokourov – Ma lui aveva preso la decisione e non ci fu niente da fare. Non trovammo l’accordo con i suoi procuratori. L’ho visto recentemente a Livigno e l’ho visto lavorare sodo. Gli ho detto: Fabio, è la testa che comanda le gambe, se la testa va bene vanno bene anche le gambe. Bisogna allenarsi e se hai sempre la voglia puoi andare lontano.

«Se ha sfruttato tutto il suo potenziale? Non credo. Ha passato un periodo difficile, ma non fisicamente. Però adesso vedete, a Burgos è salito sul podio (secondo, ndr) e alla Vuelta non lo vedo male. Magari proverà a vincere una tappa e chiuderà così. Mi piaceva il fatto che sapeva battersi fino alla fine. Mi ricordo quando aveva la maglia gialla al Tour. Fece il massimo per tenerla, aveva e voleva tutto sotto controllo e questo oggi è difficile da trovare in un corridore.

«Ma adesso guardo avanti. Guardo ad un altro campione e se Vincenzo viene da noi…».