Anche nel 2022 Salice a fianco del team Drone Hopper

05.01.2022
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Nei giorni scorsi il team Drone-Hopper-Androni Giocattoli ha ufficializzato sui propri canali social che anche per la stagione 2022 sarà Salice Occhiali a fornire alla squadra caschi e occhiali. L’azienda guidata da Anna Salice metterà a disposizione del team prodotti top di gamma come il casco Vento e gli occhiali 022 e 023.

Gli occhiali forniti al team Drone Hopper si abbinano perfettamente con il casco Salice Vento. Qui Simone Ravanelli
Gli occhiali forniti al team Drone Hopper e il casco Salice Vento

Insieme da sei anni

La partnership tra Salice Occhiali e la squadra diretta da Savio e Bellini, con Giovanni Ellena in ammiraglia, dura da ben cinque anni. Nel 2022 saranno pertanto sei gli anni di una collaborazione che si è dimostrata ricca di soddisfazioni per entrambe le parti. Per farci raccontare qualcosa in più su questa felice esperienza ci siamo rivolti a Paolo Tiraboschi, che ancora oggi, seppure in pensione, riveste il ruolo di ambassador Salice con gli atleti e i team sponsorizzati.

«Nella mia lunga esperienza lavorativa – spiega – ho avuto la fortuna di costruire una bella amicizia con Gianni Savio e Giovanni Ellena anche quando lavoravo per altri marchi e non avevamo rapporti diretti di lavoro. Nel 2015, ci siamo incontrati a Eurobike. Erano alla ricerca di un partner tecnico affidabile per la nuova stagione. Ne ho subito parlato con Anna Salice e da lì è iniziata la nostra collaborazione».

Fornitura completa

Per la nuova stagione gli atleti della Drone Hopper-Androni Giocattoli riceveranno a testa rispettivamente due caschi e 3 paia di occhiali. Per quel che riguarda il casco, uno sarà dedicato agli allenamenti a casa e uno alle gare. A questi due si aggiungerà un modello specifico per le cronometro. Ad atleti e staff sarà inoltre fornito un occhiale per il tempo libero. Si tratta del modello 3047, estremamente comodo e fashion. Durante la stagione sarà lo stesso Tiraboschi a curare di persona il riassortimento della fornitura tecnica in dotazione alla squadra.

Il feedback dell’atleta

Lavorare a stretto contatto con atleti professionisti è un’esperienza estremamente utile anche per i fornitori tecnici che possono ricevere dagli stessi atleti feedback utili per migliorare i propri prodotti. A raccontarci qualcosa in merito per quel che riguarda la Drone Hopper-Androni Giocattoli è lo stesso Paolo Tiraboschi.

«In tutti questi anni – spiega – ho avuto la fortuna di lavorare con alcuni atleti davvero preparati, attenti a quali prodotti fossero chiamati ad indossare in gara. Per citarne alcuni, mi vengono in mente Francesco Gavazzi, Marco Frapporti e Simon Pellaud. Fra gli ultimi meritano sicuramente una citazione i colombiani Jhonatan Restrepo e Daniel Munoz, disponibili e molto preparati. Da loro ho ricevuto indicazioni sulla vestibilità degli occhiali e sull’importanza di avere lenti perfette per ogni condizione meteo o di visibilità».

Chiudiamo la nostra chiaccherata con Paolo Tiraboschi chiedendogli come mai ancora oggi, seppure in pensione, continui a lavorare con Salice Occhiali.

«Con Anna Salice – sorride – ho costruito un bellissimo rapporto. Lavorare ancora per Salice, anzi per la signora Anna, è un modo per ringraziarla e restituirle tutto ciò che mi ha dato in tutti questi anni».

Salice

Due ore su Zoom con Androni ed EthicSport. Di cosa si parla?

31.12.2021
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Le 18,30 di ieri sera, quasi cinquanta persone su Zoom fra medici, direttori, staff e atleti dell’Androni (in procinto di diventare Drone Hopper-Androni). Il motivo è il primo incontro con Massimiliano di Montigny, responsabile marketing di EthicSport che dal 2022 fornirà integratori e supporti alimentari alla squadra di Savio. Gianni non c’è, manda a dire di scusarlo.

Fra i cambiamenti per la nuova stagione, questo è uno dei più significativi. I corridori hanno le loro abitudini, i massaggiatori sono abituati a preparare le borracce in un certo modo: il passaggio sarà indolore o comporterà qualche problema? Se ne era parlato in ammiraglia con Ellena nei giorni del raduno di Benidorm.

«Amiamo questo tipo di incontri – comincia Massimiliano – per migliorare la conoscenza del prodotto e creare una collaborazione con la struttura tecnica della squadra. Ci piacerebbe ricevere i vostri feedback dopo che avrete conosciuto i prodotti, per sapere se ci siano accorgimenti da adottare. Nel periodo in cui abbiamo lavorato con la Nippo, abbiamo riscontrato tanti errori e tante abitudini inculcate col tempo. Quello che vorrei dirvi è di sperimentare anche le novità, perché non sempre quel che è stato valido fino a ieri lo sarà domani».

La frase risulterà oltremodo profetica, sarà presto evidente che il professionismo ha esigenze da approfondire e che non è semplice convincere corridori, preparatori e medici a sperimentare soluzioni diverse. La spiegazione comincia.

Benidorm, Marengo, qui con Spezialetti, è parso tra i più curiosi sul recupero post gara
Benidorm, Marengo, qui con Spezialetti, è parso tra i più curiosi sul recupero post gara

Schermo condiviso

Il racconto inizia con la condivisione dello schermo. Si parla dell’idratazione pre, durante e dopo lo sforzo. Viene spiegato un idrosalino energetico di nome PowerFlux che contiene prodotti vasodilatatori: assunto prima della gara, ad esempio una crono, ha un impatto incisivo.

Il pdf riassume i prodotti in base alla fase di assunzione, Massimiliano si sofferma sul SuperDextrin, sul quale invoca i primi feedback. E’ un prodotto brevettato e contiene ciclodestrine a catena ramificata, con un meccanismo di rilascio energetico progressivo.

«Non ripristina i minerali – sottolinea – è solo energetico. In allenamento si potrebbe sperimentare di fare una borraccia da litro con SuperHydro e SuperDextrin. Una volta mescolata, si divide in due borracce più piccole e si ha una bevanda isotonica, che fornisce sali e ciclodestrine».

Chi vuole la caffeina

I corridori ascoltano e il discorso passa alle barrette, che devono essere masticabili, resistere alle temperature e non avere retrogusto fastidioso. «Quello viene dalla chimica – dice Massimiliano – le nostre magari durano di meno, però non contengono conservanti, sono prodotti più puliti».

Si parla di energetici con o senza caffeina. Il dettaglio viene sottolineato per tutti i prodotti a seguire. «Il caffè – dice – non piace a tutti, mentre altri devono stare attenti a non abusarne. EnergiaRapida Professional è un prodotto in tre gusti che ne contiene un quantitativo significativo. E poi c’è EnergiaRapida + un prodotto con impatto veloce. Utile quando senti che stai perdendo lucidità».

Righi va al sodo

Prodotti e proprietà. Il discorso va avanti, pensiamo che al di là delle parole saranno l’uso e il riscontro degli atleti a dare la prima svolta. E infatti Daniele Righi interrompe con una domanda.

«Possiamo organizzare con i dottori e con il nostro preparatore Borja – chiede – un vademecum che può servire a noi in ammiraglia nelle varie situazioni? In modo che abbiamo borracce già pronte».

«Con i dottori – spiega Massimiliano – c’è da fare delle scelte per individuare i prodotti più utili in base alle esigenze dei singoli atleti, non credo che tutti abbiano le stesse esigenze…».

Zuccheri subito pronti

Chiamato in causa, il dottor Andrea Giorgi prende la parola. «Abbiamo visto tanti prodotti – dice – in assoluto ci serve qualcosa per massimizzare l’uso degli zuccheri. Se si crea una situazione come quella di Van der Poel alla Tirreno, difficilmente si riesce ad aprire le barrette, per cui può servire un prodotto che basti da sé. Capisco la richiesta di Righi, perché il corridore in certi momenti non è lucido. Ci sono in giro prodotti con grande quantità di carboidrati e anche isotonici».

Gli altri prodotti

Di Montigny ascolta e chiede che gli si facciano i nomi. «Se riuscite a darmi i nomi e la composizione – rilancia – possiamo parlare con la produzione e intervenire. Proviamo a cambiare punto di vista. Descrivetemi le vostre esigenze, definiamo il tipo di gare e di situazioni e noi cercheremo di offrire le varie opzioni. Si riesce a fare a stretto giro di posta. Per noi è un valore aggiunto importante. E alle prime gare verifichiamo tutto».

Il preparatore Borja, con Benedetti ed Eduard Grosu
Il preparatore Borja, con Benedetti ed Eduard Grosu

Carboidrati esagerati

Stuzzicato dall’Abruzzo da cui risponde, Stefano Di Zio comincia a parlare di prodotti e intanto mangia pizza e beve prosecco. «Un prodotto che si usa tanto – dice – ha una quantità di carboidrati esagerata. Si può avere qualcosa del genere da EthicSport?».

Massimiliano risponde e non si secca, anzi forse se lo aspetta che gli propongano confronti con altre aziende. «Sto guardando ora – dice – ma approfondiamo per vedere se in realtà quel che proponiamo noi non sia meglio. SuperDextrin è di un altro livello e magari quello che si usa tanto in giro è frutto del marketing. Le farmacie e i negozi sono pieni di prodotti. Se prendo qualcosa che poi dà problemi di digeribilità, i vantaggi vanno a farsi benedire. Bisognerà partire dalla palatabilità…».

Antidoping in agguato

C’è sempre l’antidoping in agguato e così il dottor Giorgi chiede se EthicSport sia collegata a Informed Sport, una piattaforma Android e iOS, che permette agli atleti di verificare se il prodotto acquistato sia in regola. «C’è sempre la paura di inciampare in qualche ingrediente irregolare – dice – e con questo loro possono inserire i dati e avere una risposta attendibile».

Massimiliano prende nota e promette che riferirà per capire la fattibilità della richiesta. Dice di aver lavorato con Informed Sport quando hanno sponsorizzato i mondiali di Mtb all’Elba e chiederà di inviare gli stessi documenti per verificare la possibilità di farlo.

Solo sali, si può?

Ancora Giorgi fa notare che i corridori sono curiosi di sapere il rapporto tra fruttosio e isomaltulosio e che con il caldo sarebbe utile sviluppare dei prodotti a base di mentolo, come altre aziende stanno già facendo. Poi la parola passa al dottor Maurizio Vicini, il medico più esperto del team che finalmente ha risolto i problemi di collegamento.

«Abbiamo esaminato i prodotti che ci avete mandato – dice – e abbiamo qualche dubbio su un aspetto. Durante la corsa, i massaggiatori preparano le borracce. Abbiamo visto il SuperHydro che contiene elettroliti e anche carboidrati. Se volessimo solo un prodotto a base di sali, è possibile? Serve per sapere che ci sono borracce univoche, di sali e di maltodestrine».

La domanda provoca un istante di silenzio. «Così su due piedi, la risposta è no, non ci era mai stato chiesto», replica Di Montigny.

«In Sudamerica – entra anche Giorgi – i corridori vogliono solo sali. E’ più semplice avere un prodotto che contiene solo sali, avendo già fatto a parte il calcolo degli zuccheri. E’ più facile da gestire».

Fase di stallo, la situazione è chiara. «Ora non è possibile – dice Massimiliano – ma secondo me, quando ci avrete comunicato tutte le vostre esigenze e avrete sperimentato i nostri prodotti, supereremo questa fase».

Cosa mettere nelle borracce? Qui Ravanelli con le maltodestrine
Cosa mettere nelle borracce? Qui Ravanelli con le maltodestrine

Abitudini e marketing

Ellena, abituato a guidare la squadra e anche i discorsi, getta il salvagente. «La borraccia per il sudamericano è di sali – dice – probabilmente a causa del marketing di Gatorade che anni fa sbarcò laggiù e creò l’abitudine. Dobbiamo lavorare sulla nostra cultura interna. Come per certi gel, di cui non farebbero a meno. Gli ho fatto vedere che sono a base d’acqua, ma sono le mie parole contro il marketing delle grandi aziende».

Proteine e recupero

Si va avanti con Marengo a chiedere in che modo si gestisca il recupero. Il pasto subito dopo. Le proteine. E i ramificati che secondo Ethic Sport è meglio assumere prima di andare a letto, perché la ricostruzione inizi nelle ore del vero recupero corporeo.

«Il recupero è vario e soggettivo – spiega il dottore – il vostro prodotto è un ottimo prodotto, ma va associato al fattore temporale. Bisogna convincere i ragazzi a iniziare il recupero subito dopo la corsa».

Grosu ambasciatore

Il resto sono domande di ordine pratico. Dal prezzo d’acquisto dei prodotti per l’uso personale, fino a Grosu che chiede se ci sia modo di farli arrivare in Romania. Il discorso interessa, al punto da ipotizzare che il velocista possa diventare una sorta di testimonial per il suo Paese. La chiosa finale spetta nuovamente a Ellena.

«Ho partecipato a tanti meeting di questo tipo – dice – e so che le aziende del settore sono molto rigide. E’ la prima volta che vedo questa disponibilità a modificare i prodotti in base alle nostre esigenze. E’ un grande inizio. Vi manderemo subito le nostre richieste. Per il momento ci salutiamo. E buon anno a tutti!».

Simone Ravanelli e diventare pro’ nell’era del covid

22.12.2021
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Diventare professionisti è sempre un grande salto nel buio, ci si ritrova catapultati in un mondo nuovo. Modo di correre differente, compagni forti e gli avversari lo sono anche di più. Cambia il metodo di approccio alle gare ed agli allenamenti, aumentano le pressioni e le aspettative. Se a tutto questo si aggiunge una pandemia, ecco che il cammino si complica ancora di più.

E’ quello che è successo a Simone Ravanelli, corridore dell’Androni Sidermec che abbiamo incontrato a Benidorm, in ritiro la scorsa settimana. Parlando con Ellena è venuto fuori come stia crescendo bene e di come la squadra riponga molta fiducia sulle sue qualità per la prossima stagione.

Simone Ravanelli è di Almenno San Salvatore, in provincia di Bergamo, una delle province più colpite dalla pandemia
Simone Ravanelli è di Almenno San Salvatore, in provincia di Bergamo

Un ostacolo inaspettato

«All’inizio del 2020 ero partito bene – dice Ravanelli – con delle buone prestazioni alla Vuelta a San Juan, al Laigueglia e al Tour of Rwanda (dove aveva concluso quarto in classifica generale, ndr). Poi c’è stato lo stop improvviso per il Covid e la stagione è stata completamente da ricostruire. Facevo delle sessioni di allenamento sui rulli, ma non sapevamo neanche se e quando saremmo tornati a correre. Io sono di Almenno San Salvatore, in provincia di Bergamo, nel pieno della pandemia».

Quanto hai risentito mentalmente di quella situazione?

Abitando nella provincia italiana più colpita, direi che è stato davvero complicato. Nonostante nessuno dei miei parenti o conoscenti sia stato direttamente colpito dal virus, era difficile mantenere la concentrazione sulla bici. Il rimbombare delle sirene delle ambulanze era costante e ci accompagnava per tutto il giorno.

Hai detto che facevi sessioni di allenamento sui rulli, in che modo ti allenavi?

Non sapendo se e quando saremmo tornati a correre non ho fatto grandi lavori o allenamenti. Vedevo, tramite i vari social, che altri corridori facevano anche sessioni da 4 ore, ma non ne trovavo il senso. Pedalavo per un’ora al mattino ed una al pomeriggio, ma ho anche approfittato per staccare un po’.

Simone Ravanelli
Simone Ravanelli alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali del 2020, dove si è messo in luce con dei buoni piazzamenti
Simone Ravanelli
Simone Ravanelli alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali del 2020
Una volta risaliti in sella?

C’è stata tanta incertezza fino all’ultimo. A inizio maggio abbiamo ripreso gli allenamenti e ad agosto le corse. Ho disputato tante gare, quelle in Italia le ho fatte tutte, alla fine correvo ogni due giorni.

Essendo il tuo primo anno da pro’ quali sono state le tue difficoltà maggiori?

Sono state principalmente due. La prima che anche nelle gare minori avevamo una startlist di primo livello e questo ha contribuito ad alzare il livello delle corse. Basta guardare i partenti della Coppi e Bartali nel 2019 e nel 2020 e capisci subito… L’anno prima avevamo due o tre squadre WorldTour, quello dopo dieci.

Questo che conseguenze ha avuto?

Le medie orarie si sono impennate e di conseguenza anche il nervosismo in gruppo. Gare di minor rilievo si sono riempite di campioni ed è diventato più difficile mettersi in mostra. Questo è valso anche per il 2021.

La seconda difficoltà che dicevi?

Il calendario compresso. Ripartire e prendere il ritmo delle gare è stato complicato per tutti, pensate ad un neoprofessionista. Il Giro d’Italia è stato l’emblema di quel che sto dicendo. Non avevo mai fatto una corsa a tappe di tre settimane e farlo senza aver messo una base di preparazione adeguata non mi ha permesso di esprimermi al meglio.

Ai campionati italiani a cronometro del 2020 Simone Ravanelli ha conquistato l’ottava posizione
Ai campionati italiani a cronometro del 2020 ha conquistato l’ottava posizione
Il 2021 può essere considerato il tuo primo vero anno da pro’?

In un certo senso sì. Anche se abbiamo avuto dei problemi di organizzazione della stagione legati al fatto di essere stati inizialmente esclusi dal Giro d’Italia. Abbiamo iniziato a correre tardi, a marzo e la prima parte di stagione è andata un po’ così e così, senza trovare il colpo di pedale giusto.

La seconda parte?

Decisamente meglio! E voglio, anzi vogliamo, ripartire da lì. Mi sono messo in mostra in Francia al Tour Poitou, dove ho ottenuto un secondo posto nell’ultima tappa. Anche il Giro di Sicilia è andato molto bene, anche lì ho raccolto un secondo posto nella tappa conclusiva e la decima posizione nella classifica generale.

Sei passato professionista a 24 anni, una rarità ora come ora…

Ho fatto il mio percorso, senza fretta. Negli under 23 hai la possibilità di sbagliare, sono concessi degli errori, nei professionisti no. Se non fai bene per una o due stagioni rischi di finire la carriera alla mia età se non prima.

Simone Ravanelli in maglia Biesse Carrera sul podio del Giro dell’Appennino 2019 accanto a Masnada e Cattaneo, al tempo in Androni
Simone Ravanelli in maglia Biesse Carrera sul podio del Giro dell’Appennino 2019
E per la nuova stagione che programmi hai?

Domani (oggi per chi legge, ndr) torniamo a casa dal ritiro, continueremo a lavorare individualmente fino al 16 gennaio quando qualcuno di noi partirà per le prime corse. Mi fermerò solamente a Natale, Santo Stefano lo passo sui pedali…

Il tuo esordio quando sarà?

Il 26 gennaio e Maiorca. Ci saranno 5 gare tra il 26 e il 30, non prenderò parte a tutte, probabilmente a due o tre. Forse andremo giù qualche giorno prima per sfruttare il caldo e fare qualche allenamento tutti insieme.

Un desiderio per il prossimo anno?

Voglio continuare come ho concluso il 2021. Mi piacerebbe avere la certezza di correre il Giro d’Italia così da prepararlo bene insieme alla squadra (ma questo lo si scoprirà a gennaio quando verranno svelate le wild card, ndr).

Ellena ci spiazza: si allenano troppo perché hanno paura

26.11.2021
5 min
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Come mai i corridori di una volta si doveva rincorrerli perché si allenassero, mentre quelli di oggi – grandi e piccini – bisognerebbe frenarli per quanto si impegnano? Era la domanda venuta fuori parlando con Enrico Gasparotto e la prima risposta, bisogna ammetterlo, era stata che evidentemente oggi in gruppo si trasuda professionalità. L’uso dell’imperfetto deriva dal fatto che dell’argomento abbiamo parlato con Giovanni Ellena, direttore sportivo dell’Androni Giocattoli. E il suo punto di vista ha ribaltato tutto.

«Gasparotto parla certamente di corridori superiori – dice – quelli delle piccole squadre sono comunque da seguire. Di sicuro hanno tanta voglia di fare. Umba abbiamo dovuto tenerlo a freno dopo la frattura del braccio, perché sarebbe ripartito subito. Ai ragazzi, soprattutto i più giovani, manca conoscenza di se stessi. Quando correvo io, fino al 1992, facevi errori per sgangheratezza. Oggi li fanno perché hanno paura di restare a piedi. Rischiamo di bruciare tanta gente. Se si riuscisse ad avere questa presa di coscienza magari, si potrebbe provare a cambiare le cose».

Nel 2017 Ellena (qui con Spezialetti, Savio e Torres) ha lavorato fianco a fianco con Egan Bernal
Nel 2017 Ellena (qui con Spezialetti, Savio e Torres) ha lavorato fianco a fianco con Egan Bernal

Professionisti non di fatto

Un macigno avrebbe fatto meno rumore. E mentre lentamente cerchiamo di entrare in questa dimensione del ragionamento, Ellena riparte.

«Quelli che arrivano dalle squadre WorldTour – dice – fanno le cose per bene e in ogni caso hanno chi li segue passo dopo passo. Per cui se anche non imparano, le fanno lo stesso. Nelle altre squadre, i corridori con più testa hanno sempre fatto da soli le loro cose. Anche Scarponi, nel periodo che era con noi, se non c’era il ritiro di squadra, si prenotava il suo Teide, l’Etna oppure Sierra Nevada e si pagava l’alloggio. Il problema è con i più giovani. Passano, diventano professionisti ma non lo sono. Il direttore sportivo può stargli dietro, ma rischia di passare per il padre rompiscatole. Gli dici di non avere fretta, ma ti ascoltano?

«E io allora gli porto l’esempio di Masnada, passato che era vecchio. Quanti corridori abbiamo perso per non averli aspettati? Non è un dato quantificabile, ma quanti passano e poi si perdono? Questo è diventato un mondo spietato, non c’è più spazio per sbagliare».

Colleoni e Conca, al centro, si erano accordati con la Androni, poi sono passati alla Bike Exchange e alla Lotto
Colleoni e Conca (alle spalle di Plebani) si erano accordati con la Androni, poi sono passati nel WorldTour

Se va male, smetti

Le dinamiche sono ben note e il discorso torna su temi già toccati, cui nessuno sembra voler mettere mano. I procuratori continuano a pescare in acque sempre meno profonde, i team manager ingaggiano dei bambini, i bambini credono alle lusinghe e se poi non va bene… avanti con altri.

«E’ vero che il ciclismo italiano è in crisi, oppure lo stiamo danneggiando noi? Avevamo preso Colleoni e Conca per fargli fare un processo di crescita graduale – prosegue il piemontese – ma non abbiamo fatto neppure in tempo a vederli, perché sono arrivate due squadre WorldTour e se li sono portati via.

«Dal Covid in avanti, il livello delle corse si è alzato. Col fatto che non si può tanto viaggiare, le squadre sono tutte concentrate in Europa e se sei un ragazzino mezzo e mezzo, perché semplicemente devi ancora crescere, anticipi la preparazione perché pensi che ti serva per non restare indietro. Per quello sono lì ad allenarsi come matti. Perché se ti va male, hai finito».

Umba è passato professionista a 18 anni: va tenuto a freno perché non è ancora in grado di gestirsi
Umba è passato professionista a 18 anni: quasi scontato che non sappia gestirsi

Il diritto al lavoro

Viene da pensare che nelle squadre WorldTour ci sono gruppi di lavoro dedicati ai corridori più giovani, ma è anche vero che non sempre le ciambelle riescono col buco. Oldani è stato per due anni alla Lotto Soudal e adesso è atterrato alla Alpecin-Fenix, bella squadra, ma avrebbe meritato di continuare fino a capire meglio di sé. Piccolo si è affacciato all’Astana, ma non è riuscito nemmeno a metterci il piede perché non era pronto. Dell’infornata UAE composta da Ganna, Consonni, Ravasi e Troia è rimasto solo quest’ultimo, gli altri erano stati già archiviati.

«Servirebbe come il pane – prosegue Ellena – avere più squadre di alto livello in Italia e a quel punto ci sarebbe l’interesse a prendere i migliori talenti italiani. Certo, se lo scopo del gioco è portarli dove guadagneranno di più malgrado i regolamenti, allora non se ne esce. Il diritto al lavoro è superiore al resto, quindi si trovano soluzioni alternative. Non siamo spacciati, non vorrei passare per un menagramo, ma a certe cose si dovrebbe pensare. Vedo questi ragazzini, che sono professionisti senza esserlo, che commettono errori in cui nel 1992 da dilettante non sarei mai incappato, perché un compagno più grande, vedendomi, mi avrebbe dato una legnata. Si potrebbe scrivere un’enciclopedia su questi temi…».

Antonio Tiberi, Trofeo San Vendemiano 2020
A Tiberi avrebbe poi fatto tanto male un anno in più fra gli under 23 con la Colpack?
Antonio Tiberi, Trofeo San Vendemiano 2020
A Tiberi avrebbe poi fatto tanto male un anno in più fra gli under 23 con la Colpack?

Il diritto al futuro

Non siamo spacciati, ne conveniamo, ma qualcosa si potrebbe immaginare di fare. I procuratori continuano con il loro lavoro e i team manager sembrano a tratti sprovvisti di lucidità. Le norme si scavalcano nel nome del diritto al lavoro. Eppure una domanda sarebbe interessante porla a questi ragazzi e alle loro famiglie, laddove fossero ancora minorenni: il diritto al lavoro vince anche sul diritto ad avere un futuro?

Rivera, due contratti alle spalle e la Gazprom all’orizzonte

13.09.2021
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Kevin Rivera, classe 1998, 165 centimetri e 55 chili di talento puro, ma anche un bel punto interrogativo. In quattro anni di professionismo ha rescisso due contratti. Prima con l’Androni Giocattoli e qualche mese fa con la Bardiani Csf Faizanè. Adesso questo promettente scalatore è in attesa che arrivi gennaio, per poter vestire i colori della Gazprom-RusVelo.

Questa storia desta curiosità e così abbiamo sentito proprio le due figure che più gli sono state vicino, Giovanni Ellena, diesse dell’Androni, e Paolo Alberati, il suo manager.

Quando è arrivato all’Androni (2017) Rivera non aveva compiuto neanche 19 anni
Quando è arrivato all’Androni (2017) Rivera non aveva compiuto neanche 19 anni

Tanto motore, poca tecnica

«Kevin spiega – Ellena – è un ragazzo che dal punto di vista fisico ha doti eccezionali, ma deve ancora trovare il suo equilibrio psicologico. Almeno era così fino a quando era con noi. Nei suoi primi quattro anni da professionista ha sofferto un po’. Io lo conoscevo bene perché negli anni che è stato con noi ha vissuto vicino a casa mia. 

«Un altro problema, di natura più tecnica, è che non ha grandi capacità di guida. Lui viene dalla Mtb, ma forse prima di passare pro’ avrebbe dovuto stare un po’ di più tra gli under 23. In gruppo spende veramente tanto. Una volta feci una prova. Eravamo all’Adriatica-Ionica Race e presi i sui dati in un tratto pianeggiante senza troppe curve. C’era giusto un passaggio in un paese, ma non era  tecnico. Feci un paragone di quel segmento tra lui e Sosa, anche lui non un super limatore, e la differenza era abissale. Kevin aveva speso tanto di più, c’erano tantissime variazioni di ritmo. Se riuscisse a risolvere questo problema, probabilmente sarebbe un fenomeno.

«Però se non ci è riuscito dopo 4-5 anni ho qualche dubbio. Ohi, poi magari la Gazprom ce la fa e andremo tutti a scuola da loro!».

Per Rivera qualche difficoltà di troppo in gruppo
Per Rivera qualche difficoltà di troppo in gruppo

Lavoro da “limatore”

L’Androni ed Ellena ci avevano lavorato su un bel po’. Lo stesso Ellena ricorda quando, almeno per pochi chilometri, provava a stringerlo lui stesso quando uscivano insieme in bici. Cercava di “allenarlo” in qualche modo, come a simulare le dinamiche del gruppo. E lo stesso facevano i ragazzi nelle uscite di squadra.

«Anche per questo motivo – riprende il tecnico piemontese – lo abbiamo portato spesso in Francia a fare le corse di categoria 2.2, che in pratica sono quasi delle under 23: proprio per cercare di farlo migliorare. Quando fece nono alla Milano-Torino (2019, ndr) per tutto il giorno gli mettemmo al fianco due corridori, Ballerini e Cattaneo. Ma non sempre puoi mettere due corridori fissi su un uomo, tanto più due calibri del genere e su un corridore che poi non ti dà tutte queste certezze. Non siamo una WorldTour.

«Che poi lui non è che non ascoltasse, va detto, anzi… Ma un conto sono le parole e un conto è riportarle in bici».

Eccolo alla Coppi e Bartali di quest’anno (a ruota di Mareczko)
Eccolo alla Coppi e Bartali di quest’anno (a ruota di Mareczko)

E Alberati cosa dice?

Il manager umbro è sempre molto attento a suoi ragazzi. Li aiuta moltissimo, anche sul profilo tecnico, vista la sua esperienza da corridore e da preparatore.

«L’ultimo anno – spiega Alberati – è stato un po’ complicato per Rivera. Ha iniziato la stagione alla Vuelta al Tachira. Laggiù già aveva vinto proprio con l’Androni e così l’organizzazione lo voleva. Anche se non era in forma, in quanto a novembre si era operato al naso, ci è andato. L’ha presa come la classica gara per prepararsi. Il problema è che ci sono stati dei casi di Covid e lui è stato uno di questi. E’ rientrato in Europa e alla Coppi e Bartali non è andato bene.

«Perciò abbiamo fatto degli esami via, via più approfonditi. Va detto che l’anno prima Rivera aveva avuto il citomegalovirus. Nel frattempo il Comitato olimpico del Costa Rica voleva vederci ancora più chiaro. Kevin inizialmente era il prescelto per le Olimpiadi di Tokyo, per questo motivo il suo comitato olimpico aveva richiesto degli esami ulteriori. Ma alla fine proprio in virtù dei suoi problemi è stato portato Amador. Alcuni valori infatti non erano perfetti. Per lo staff sanitario della Bardiani invece tutto era nella norma.

«Così dal Costa Rica volevano che rientrasse e la Bardiani non era dello stesso avviso. A quel punto non si è trovata una soluzione e lo scorso maggio, dopo aver trovato un accordo, le due parti hanno rescisso il contratto».

Rivera proviene dalla bellissima zona di Cartago, centro della dorsale montuosa che separa Atlantico e Pacifico. Ora è lì… (foto Instagram)
Rivera proviene dalla bellissima zona di Cartago, centro della dorsale montuosa che separa Atlantico e Pacifico. Ora è lì… (foto Instagram)

Kevin, ragazzo in crescita

E un corridore con questo potenziale, una volta che la Gazprom ha saputo che era libero se lo è assicurato. Perché comunque i numeri li ha, eccome.

«Parliamo di un ragazzo che è nato a 2.600 metri di quota tra i Vulcani del Costa Rica – spiega Alberati – Che ha un Vo2Max elevatissimo: 96, con punte di 98. Quando va male si ferma a 93.

«Com è dal punto di vista caratteriale? Non viene da una situazione familiare facilissima e proprio per questo vanno apprezzati i suoi miglioramenti. Da che non sapeva compilare il modulo Adams al parlare inglese ha fatto un bel salto. Aiuta moltissimo la sua famiglia, è socievole, educato.

«E’ salito in bici facendo Mtb. Arrivò terzo ai giochi Panamericani, vinti da Bernal. E’ lì che lo notammo. Ha anche fatto bene da quelle parti, ma lì le prove su strada contano 70 partenti… E’ passato da juniores a pro’. Pertanto su strada ha corso poco e per questo ha qualche limite tecnico. So che l’Androni ci ha lavorato su e magari avrà fatto un piccolo step, come ha fatto con l’inglese».

«Nonostante abbia corso poco e nonostante le sue difficoltà, Kevin ha però vinto anche al Tour de Langkawi. Non è una corsa di prima fascia, ma lì c’era anche la Gazprom stessa… che lo ha notato e se lo è preso».

Dopo Umba, ecco Cepeda: Ellena a te la parola

14.08.2021
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«Beh, se i colombiani sono tranquilli, gli ecuadoriani sono tranquillissimi!». Giovanni Ellena va subito al punto quando gli chiediamo di Jefferson Alexander Cepeda, altra scoperta sudamericana di Gianni Savio. Lo scalatore dell’Androni Giocattoli ha vinto una tappa e classifica generale del Tour de Savoie-Mont Blanc. E anche ad inizio stagione si era fatto vedere…

Giovanni Ellena (classe 1966) è uno dei diesse dell’Androni Giocattoli
Giovanni Ellena (classe 1966) è uno dei diesse dell’Androni Giocattoli

Cepeda, un gran motore

«Cosa volete sapere? – chiede Ellena – Cepeda ha un potenziale molto buono per la salita… Deve tirare fuori ancora molto. E proprio perché è così tranquillo spesso a volte in corsa è un po’ distratto e manca di cattiveria agonistica.

«Per esempio in Sardegna, anche se stavolta non per colpa sua ma perché lo avevano preso, è caduto. Ha corso con un ginocchio aperto e questo gli ha compromesso in parte il Tour d’Alsace. Anche al Savoie non era in formissima prima del via, a dire il vero, però è andato fortissimo. Per dire che ha un grande potenziale se riesce a vincere quando non è al top. Tra quelli che ci sono passati tra le mani se Bernal vale 10 e Sosa 8, io lo accosto al livello di Sosa. Ha caratteristiche molto simili, ma è un po’ meno esplosivo».

Cepeda in ritiro a Gressoney
Cepeda in ritiro a Gressoney

Distratto, ma tosto

L’esplosività è sempre più necessaria in questo ciclismo attuale. E di certo in qualche modo ci si deve lavorare, specie se sei alle prime armi come Cepeda (classe 1998).

«Come ci si lavora: lo fai correre… Inutile che gli spieghi ogni cosa, alla fine serve concretezza. Una sera eravamo in ritiro a Gressoney: io, lui e Umba. Gli ho detto che non avrei preso il vino, che le calorie del vino me le sarei prese con il dolce. Quando ho detto così è rimasto. Cose che per noi sono scontate per loro non lo sono. E alla fine emerge una discussione tecnica ed interessante più in questo modo che dicendogli cosa devono mangiare o meno.

«Per aspetti più tecnici invece il problema dei sudamericani è che in salita vanno sempre fortissimo. Per loro la pianura è l’avvicinamento alla salita. Invece non è così e devono imparare a gestirsi. Nella tappa di Brindisi, quella dei ventagli al Giro dello scorso anno, era spaventato al via. Ma alla sera era vincitore, in quanto ne era uscito bene. E certe cose le impari in corsa. In allenamento non è la stessa cosa: non vai a quei ritmi, non c’è quella cattiveria in gruppo».

Re del Galibier

Con il diesse piemontese si passa poi a parlare del recente trionfo al Tour de Savoie. Anche Umba aveva vinto. A lui è andata la seconda tappa, ma stavolta il capitano era Cepeda.

«Anche se non era così convinto di fare bene – confida Ellena – Anche se c’era Giampaolo Cheula in Francia, io gli ho detto: la tappa del Galibier può essere la tua. Si va ben oltre i 2.000 metri, puoi fare la differenza. E’ partito ed è andata bene. Ero convinto che con la testa fosse già in vacanza perché poi il 9 agosto, cioè il giorno dopo l’ultima tappa, tornava per un mese a casa in Ecuador. Invece…».

Quando poi chiediamo a Giovanni su come abbia gestito la pressione per mantenere la maglia, Ellena apre dei “cassetti” fantastici che rendono bene l’idea di chi sia il corridore sudamericano, sia in senso stretto che in senso lato.

«La pressione l’ha gestita bene, ma devo dire che sono stati bravi tutti i ragazzi. Si è creato un bel gruppo con questi giovani. Bais, Ravanelli, Umba… hanno corso bene. Li vedi che ridono e scherzano, ma quando c’è da fare i seri sono i primi. Si danno da fare, corrono uniti. Si aiutano. Di certo nel nostro bus l’atmosfera che c’è adesso è ben diversa da quella di due anni fa.

«Però se parliamo di pressione un po’ mi viene da ridere. Loro neanche sanno cosa sia la pressione. Cheula mi ha detto: secondo me neanche si è reso conto di aver preso la maglia! Loro hanno una vita parallela. I sudamericani basta che quando rientrano in camera trovano della musica, sudamericana chiaramente, e un po’ da mangiare. Staccano del tutto. Non sono come noi europei che ci ripensiamo su. A parte Bernal che è il più anglosassone tra i colombiani, anche se lui, adesso che ha preso fiducia, la vive molto più easy. E forse questo atteggiamento è la loro forza».

Al Tour of The Alps, 4° posto e maglia bianca per l’ecuadoriano
Al Tour of The Alps, 4° posto e maglia bianca per l’ecuadoriano

Dolore questo sconosciuto

Cepeda, scalatore da 163 centimetri per 55 chili, ma due polmoni e un coraggio grossi così.

«Sta sempre un po’ sulle sue, ma non è timido è riservato. Come detto vive nel suo mondo. Quando eravamo ai 2.400 e rotti metri in ritiro a Gressoney, non voleva quasi più scendere. Lui vive a 2.600 metri di quota. Mi sento a casa, mi diceva. Nel frattempo io facevo i miei conti su quando scendere per andare appunto al Savoie. Beh, mi avrà detto 7-8 volte: ma perché non scendiamo il giorno prima della corsa?

«E poi ha una resistenza al dolore incredibile (caratteristica mica male per un ciclista, ndr). E adesso vi dico perché quando cade non si lamenta mai. Prima del Tour of the Alps, aveva un dolore al dente del giudizio. Allora lo porto da un mio parente che fa il dentista e mi dice che gli serve l’antibiotico altrimenti gli fa male. Jefferson non lo vuole. Il dente va tolto. Lo tolgono, appunto senza la base dell’antibiotico, e con giusto un minimo di anestesia. Al che il dentista è rimasto scioccato. Per tutta risposta, quattro giorni dopo Cepeda ha fatto quarto al Tour of the Alps».

E venne finalmente la prima tappa di Nizzolo

21.05.2021
4 min
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Mentre Nizzolo veniva scortato verso il palco, nel marasma dopo l’arrivo i suoi compagni del Team Qhubeka-Assos si abbracciavano con uno slancio raro a vedersi. La squadra aveva già vinto due giorni fa la tappa di Montalcino con Schmid e la volata con il milanese ha prolungato il momento pazzesco per un team rinato dal poco, che nei giorni scorsi aveva perso con Pozzovivo l’uomo per la classifica. Mentre raccontava il finale ai colleghi belgi, Campenaerts è parso commuoversi. Quando lo raccontiamo a Giacomo, anche lui ha il groppo in gola.

La pelle d’oca

«Mi viene la pelle d’oca – dice – adesso che hai menzionato questa cosa. Ho sentito attorno una fiducia estrema e questa cosa mi ha dato tantissima motivazione nei giorni scorsi. Probabilmente abbiamo sbagliato qualcosa, ma sentivo grandissima fiducia da parte loro. Tutti erano concentrati nei minimi dettagli, per portarmi al meglio negli ultimi metri. E devo dire che li ringrazio tantissimo perché oltre all’aspetto fisico, anche dal punto di vista mentale mi hanno dato tantissima fiducia. E spero si possano godere questa vittoria».

Victor Campenaerts dopo l’arrivo era davvero contentissimo
Victor Campenaerts dopo l’arrivo era davvero contentissimo

Lampi negli occhi

Il racconto ha perso forse lo slancio della grande emozione e Nizzolo sembra molto controllato nei suoi slanci. Nei giorni scorsi avevamo raccontato del suo casco e della sua bicicletta, ma questa volta è diverso. Però nel lampeggiare degli occhi sopra il bordo della mascherina, si capisce che la vittoria ha messo a posto tutti i tasselli. Arrivare secondo magari non peserà tanto, ma di certo un po’ fastidio lo dà.

E’ una lettura giusta?

La vittoria mette in ordine tutti i pezzi, dà un senso al cammino fatto finora. Averla vinta chiude il cerchio di tutto quello che c’è stato prima. 

Sull’arrivo con il fiato corto e l’emozione: prima vittoria al Giro
Sull’arrivo con il fiato corto e l’emozione: prima vittoria al Giro
Già una volta prima di oggi avevi esultato, invece la vittoria ti fu portata via…

Se parlate di Torino nel 2016, la sentivo mia, ma la valutazione dei giudici è stata diversa (Giacomo tagliò per primo il traguardo, ma venne declassato per aver chiuso Modolo alle transenne, ndr). Ci sono state parecchie occasioni in cui ho sentito di poter vincere eppure ho sbagliato qualcosa nel finale. Però sapevo di avere il potenziale di poter vincere una tappa al Giro. Oggi non ero particolarmente teso, mi sono concentrato sulla mia volata. Poteva essere oggi, come un altro giorno

L’allungo di Affini ti ha offerto un riferimento?

Il mio obiettivo di oggi era riuscire a esprimere il mio potenziale senza rimanere chiuso. In realtà questo finale era quello che meno mi piaceva, per la strada larga e dritta, mentre io preferisco gli arrivi tecnici. Ho preso come riferimento prima Gaviria e poi Affini, che mi ha dato un punto di riferimento e che ha fatto una sparata davvero notevole. Il mio obiettivo era non rimanere chiuso. Ho preso probabilmente un po’ troppa aria, ma è andata bene così.

I compagni lo hanno abbracciato e hanno festeggiato con rara commozione
I compagni lo hanno abbracciato e hanno festeggiato con rara commozione
C’erano tutti i tiuoi tifosi, ma questa volta non c’era tuo padre…

E’ vero, il mio fan club è un insieme di amici e parenti che mi seguono ogni volta che possono. Oggi mancava mio papà Franco perché ha subìto un’operazione pochi giorni fa, niente di grave, ma è ancora in ospedale. Una menzione speciale va a lui, spero di avergli dato un motivo per sorridere.

E alla fine è arrivata anche la tappa al Giro.

Perché non avessi mai vinto è una bella domanda, alla quale non saprei dare una risposta. In volata non è mai semplice trovare la quadra. Il mio motto è fare il meglio, se taglio il traguardo sapendo di aver fatto il massimo, allora non ho rimpianti. Oggi per vincere ho rischiato di perdere, perché mi sono esposto al vento molto presto e mi è andata bene.

I tifosi erano con lui, mancava solo suo padre Franco
I tifosi erano con lui, mancava solo suo padre Franco
Si può dire che ora il grande obiettivo di stagione, soprattutto dopo il secondo posto alla Gand, sia il mondiale nelle Fiandre?

Ho assolutamente la motivazione di farmi trovare nelle migliori condizioni possibili nel periodo del mondiale. Farò un programma di avvicinamento adatto a questo. Ho visionato il percorso, mi piace molto, però devo farmi trovare al top della condizione per farmi trovare competitivo ai mondiali.

Cassani, che continua a sfilare accanto a loro da giorni e per tutto il giorno, avrà certamente annotato il suo nome. Fece di Giacomo il leader per i mondiali del 2016 a Doha, quando era ancora un ragazzo di 27 anni, pieno di promesse, ma molto meno solido di adesso. Un posticino per lui nel personale elenco degli azzurri, probabilmente a prescindere da questa vittoria, crediamo fosse già stato previsto. Diciamo che ora probabilmente potrebbe essere un posto più comodo.

Quando Egan si perse con la bici da crono: Ellena racconta…

21.05.2021
4 min
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L’unico sterrato che finora abbia mai respinto Egan Bernal, ricorda Giovanni Ellena, è quello che si trovò sotto le ruote con la bicicletta da cronometro in un giorno del 2016.

«Mi telefonò da un punto sperduto a 10 chilometri da casa – ricorda il direttore sportivo piemontese della Androni – dicendomi che non riusciva più a tornare a casa. In effetti aveva imboccato una strada che di colpo era diventata sterrata e che non lo avrebbe mai ricondotto all’hotel in cui viveva. Così andai a riprenderlo con la Peugeot di mia figlia. Non ricordo perché non avessi l’ammiraglia, ma ricordo benissimo il percorso di ritorno con quella macchina così piccola e la bicicletta da cronometro caricata dentro».

Nei mesi alla Androni Giocattoli, Egan ha vissuto a lungo in PIemonte
Nei mesi alla Androni Giocattoli, Egan ha vissuto a lungo in PIemonte

Il sorriso giusto

Negli ultimi mesi secondo Ellena qualcosa è cambiato. Aveva incontrato il suo ex corridore nei giorni del Trofeo Laigueglia, quando aveva approfittato del passaggio in Italia per visionare qualche tappa del Giro, e lo aveva trovato teso e incupito. Adesso invece è evidente che Egan abbia ritrovato la voglia di divertirsi, il sorriso giusto e soprattutto stia finora tenendo a bada il mal di schiena.

«Nei giorni scorsi – prosegue Ellena – è venuto qualche volta all’ammiraglia per parlare scambiare qualche battuta. Ci siamo anche scritti dei messaggi. Io credo che aver corso a marzo la Strade Bianche gli abbia dato la fiducia per fare quella tappa verso Montalcino, avendo per di più accanto una squadra così forte che gli ha permesso di gestire a proprio piacimento la tattica. Ha la faccia di quando finalmente può fare le cose a suo modo e si ha la sensazione che si stia davvero divertendo».

La coppia colombiana, Bernal-Sosa, ora entrambi alla Ineos
La coppia colombiana, Bernal-Sosa, ora entrambi alla Ineos

Istinto da biker

Neppure Ellena si è troppo meravigliato dell’ottimo comportamento del colombiano prima sullo strappo di Campo Felice e poi sugli sterrati toscani.

«Non dimentichiamoci – dice – che viene dalla mountain bike. Ha partecipato anche ai mondiali e non solo per onor di firma, ma prendendo medaglie. Al punto che quando arrivò da noi, mantenemmo per lui una posizione più alta e vicina a quella della bici da fuoristrada. Soltanto dopo il Lombardia del 2016, che lui non corse a causa della caduta al Beghelli, lo portammo da un biomeccanico e passò definitivamente alla posizione da strada, abbassandosi di quasi 2 centimetri nella parte anteriore».

Il colombiano è di ottimo umore: si vede anche dal modo di correre
Il colombiano è di ottimo umore: si vede anche dal modo di correre

Quella tacchetta

La biomeccanica è un pallino di Giovanni Ellena, così anche lui sentendo parlare di mal di schiena e degli spessori che il colombiano ha sotto la scarpa destra, ha un po’ storto il naso.

«Volendo essere puristi – dice – qualche appunto si potrebbe fare. Però la sensazione è che per ora le cose funzionino e, se sta bene lui, sta bene anche a noi. E’ nuovamente un piacere vederlo correre e credo anche che per lui si possa tirare fuori la definizione di fuoriclasse. A ben vedere, è un corridore che può vincere i tre grandi Giri e anche classiche dure come la Liegi. A questo si aggiunga la sua grande intelligenza. Aveva sempre detto di voler correre la Strade Bianche, ma sono certo che in quel giorno di marzo mentre pedalava verso il podio, si è reso conto che quel percorso gli sarebbe andato bene anche al Giro d’Italia. E per lo stesso motivo, fatte tutte le proporzioni, a marzo ci abbiamo portato anche Cepeda. Finì fuori tempo massimo, ma almeno l’altro giorno a Montalcino si è salvato alla grande».

Mastro Ellena, pensieri sul Giro negato e poi ripreso

23.04.2021
5 min
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Quando venne fuori che la Androni Giocattoli-Sidermec non era stata invitata al Giro d’Italia e Giovanni Ellena fornì il suo commento, Gianni Savio insorse perché avrebbe preteso dal suo direttore sportivo dichiarazioni più dure e si mise a parlare di «infamia sportiva». Ellena non avrebbe mai usato simili parole e forse aveva capito che se anche lo avesse fatto (contro una scelta purtroppo legittima) non avrebbe cambiato il corso degli eventi. Giovanni pensò a gestire i suoi ragazzi e non fu facile. I corridori si erano guardati in faccia e si erano resi conto di quel che era accaduto, non era compito loro e tantomeno del direttore sportivo scagliarsi contro gli organizzatori del Giro d’Italia. Sarebbe stato persino più facile usare parole di fuoco che mettere la faccia e spiegare ai corridori in che modo sarebbero ripartiti.

Giovanni Ellena, piemontese, è nato nel 1966. In apertura Cepeda, miglior giovane al Tour of the Alps
Ellena, piemontese, è nato nel 1966. In apertura Cepeda, miglior giovane al Tour of the Alps

«Non ci sono stati conflitti interni – racconta – ma ho avuto un conflitto con me stesso. Lo abbiamo saputo come una sorpresa il 10 febbraio alla vigilia del ritiro. Quindi mi sono trovato ad Alassio, dove eravamo in ritiro, a dovermi confrontare con 35 persone. Non c’era Gianni (Savio, ndr) perché è arrivato dopo, quindi ero io il riferimento per tutti su questa valanga che ci aveva investito. Uscivamo da Caporetto, bisognava organizzare la truppa e ripartire. In quel momento ricordo di aver pensato: “Io credo di lavorare bene, nei miei limiti. Credo anche di comportarmi bene. Le decisioni che sono state prese magari non erano giuste, però erano legali. Se non ci hanno preso, forse sbaglio qualcosa nel mio lavoro. Non puoi trasmettere una grossa energia in quei momenti lì. Però dopo due giorni Caporetto l’avevamo dimenticata e avevamo iniziato a organizzarci sull’altra sponda del Piave».

Poco fumo

Giovanni è della classe 1966 ed è stato corridore. La sensazione, parlandoci, è che ogni cosa abbia dovuto guadagnarsela e abbia perciò costruito la sua storia senza troppo fumo intorno. Ogni sua parola è improntata alla concretezza. Ed è una persona troppo garbata per lasciarsi andare a dichiarazioni che farebbero a cazzotti col suo modo di essere.

Sepulveda, terzo in Turchia, sarà leader al Giro d’Italia
Sepulveda, terzo in Turchia, sarà leader al Giro d’Italia

«Abbiamo saputo che avrebbero riaperto le porte del Giro – dice – come quando le chiusero. Esattamente quando lo hanno saputo tutti. Nessuna anticipazione. C’era stata qualche supposizione, qualche ragionamento. La terza wild card era diretta a una squadra italiana, se dovevano inserirne un’altra, toccava a noi. Ma potevano anche decidere di rimanere a 22 e ci sarebbe stato poco da protestare. Quando è venuto fuori il problema della Vini Zabù, ho pensato che per noi ci fosse una possibilità. Non tanto quando è uscita la notizia di De Bonis, ma quando sono venute fuori le altre. Ho pensato che le cose non sarebbero state così facili per loro.

«Non voglio fare il giudice perché non lo sono, ma la situazione non era chiara e facile da gestire. E ho pensato: “E’ difficile che facciano il Giro. Poi se metteranno un’altra squadra, sarà Rcs a decidere”. Senza il Giro? Sarei andato a fare tutte le corse all’estero. Non mi piango addosso. Il Giro d’Italia è una corsa che amo. Ma il mio lavoro è seguire le corse e i ragazzi. Per cui se non fossi stato sul fronte occidentale, sarei andato sul fronte orientale».

Cambio di piani

Che cosa significa doversi reinventare un Giro è motivo di curiosità, anche se magari i materiali sono quelli a prescindere e semmai ci sarà stato da riprogrammare gli uomini.

Simone Ravanelli è uno degli italiani sicuri del Giro
Simone Ravanelli è uno degli italiani sicuri del Giro

«Vi dico la verità – prosegue – come squadra siamo sempre stati strutturati per fare il Giro. Da ottobre si ragionava in quel senso. Si è trattato solo di cambiare obiettivi. A maggio abbiamo sempre fatto doppia attività, questa volta abbiamo semplicemente dovuto dire di no all’organizzatore del Tro-Bro-Leon. Anche se semplice non è stato affatto. Lui ha capito, perché in passato siamo andati là a vincere con Vendrame. Non sarebbe stato rispettoso presentarsi con corridori non all’altezza.

«Al Giro punteremo sui giovani, ormai è la nostra dimensione. Santiago Umba è veramente un ragazzino. Non è detto che lo porteremo, sarebbe un azzardo, ma di certo avremo una squadra giovane. Tesfatsion per me è dentro al 100 per cento. Cepeda è un altro sicuro. Sepulveda non è giovanissimo, ma ci sarà. Ravanelli è sicuro, stiamo valutando Chirico. Purtroppo Mattia Bais non ci sarà per problemi di salute, non è al 100 per cento. E poi valutiamo un altro giovane che potrebbe essere inserito, come Venchiarutti, che sta bene. Ha corso un buon Turchia, poi è andato in Serbia. Vediamo come si comporta, però è uno dei papabili.

Il gruppo c’è

E così, terminato il Tour of the Alps, gli uomini dell’Androni Giocattoli torneranno a casa per fare le valigie. I meccanici faranno l’inventario del magazzino, i massaggiatori riforniranno le loro borse. Ma resta strano conoscere il proprio calendario con questi tempi così stretti.

Con Ivan Sosa e Vendrame, Giovanni Ellena è un riferimento anche per i suoi ex corridori
Con Ivan Sosa, Giovanni Ellena è un riferimento anche per i suoi ex corridori

«Tocchiamo un punto dolente – dice Ellena – e non è solo per il Giro d’Italia, ma per tutte le corse. Non è possibile che siamo nel 2021 e facendo il paragone con il calcio, non sai ancora dove giocherai domenica prossima e in quale campionato. Questa è una cosa di cui si sta discutendo da anni. Dal punto di vista dell’impostazione del calendario però, è andata bene così. Abbiamo inserito il Turchia e partecipato al Tour of the Alps, due corse che ben si prestavano per costruire il Giro d’Italia. Per cui abbiamo fatto lo stesso avvicinamento che avremmo fatto a cose normali.

«Quando lo abbiamo saputo, i gruppi Whatsapp sono esplosi, quello del personale e quello degli atleti. Io mi immedesimo nei ragazzi. Certi sapevano che difficilmente sarebbe stato il loro Giro, per caratteristiche, perché in squadra sono appena arrivati o perché non sono andati abbastanza bene, eppure erano tutti felici. Il gruppo c’è. Il Giro è importante per un discorso di visibilità, ma fa parte della storia italiana. E il fatto di farne parte è davvero un bel pensiero».