Regista in corsa? Brambilla vuole molto di più…

19.11.2022
5 min
Salva

Nella sua disamina del nuovo team, Douglas Ryder era stato molto chiaro a proposito dell’ingaggio di Gianluca Brambilla, avendo visto nel 35enne di Bellano una sorta di regista in corsa per il team Q36.5. Il manager sudafricano, che pure non aveva mai avuto modo di lavorare con lui, lo ha fortemente voluto, come caposaldo del suo nuovo team. Proprio questa forte volontà ha restituito a Gianluca quell’entusiasmo che temeva essere svanito.

Brambilla ha chiuso la sua stagione anzitempo, prima di Ferragosto. Proprio in quei giorni prendeva corpo il contatto con la nuova formazione, favorito e gestito dal suo procuratore Carera.

«Sapevo la storia del Team Qhubeka – ammette il corridore lombardo – ma non mi ero mai addentrato nello specifico. Sentendolo però parlare dei valori alla base della sua creatura, l’obiettivo chiave nell’educazione e nello sviluppo dell’Africa, mi sono sentito coinvolto. Lì la bici non è un mezzo di svago o di lavoro come per noi, ma un mezzo di sussistenza anche per prendere l’acqua. Dobbiamo fare di più».

Brambilla e Nibali, insieme alla Trek e anche in nazionale. Ora con ruoli diversi alla Q36,5
Brambilla e Nibali, insieme alla Trek e anche in nazionale. Ora con ruoli diversi alla Q36,5
Tu vieni da un team WorldTour, pensi di essere sceso di uno scalino?

Tecnicamente no, è solo un dato statistico. Ho trovato una squadra all’avanguardia nella sua creazione, supportata da un brand emergente, italiano, che vuole crescere. Avremo tutto materiale di primissima qualità, a cominciare dalle bici Scott.

Quando hai incontrato Ryder avete anche parlato del tuo ruolo in squadra?

Mi ha dato carta bianca e questo mi ha molto invogliato a mettermi all’opera. So che se capita potrò cercare spazio per qualche affermazione, per il resto sarò un po’ l’uomo dei consigli, l’aiutante di campo, d’altronde sono sempre stato una pedina importante per i capitani che si sono succeduti nei team dei quali facevo parte.

A proposito di capitani, se Moschetti e Sajnok saranno i velocisti di punta, chi pensi sarà l’uomo per le corse a tappe?

Io credo che con Hagen siamo ben coperti. Non arrivi per due volte nella top 10 della Vuelta se non sei attrezzato. Io potrò dargli una mano, in carriera ho provato più volte a puntare alla classifica dei grandi giri ma si vede che non fa per me (il suo massimo risultato è stato il 16° posto alla Vuelta nel 2018, ndr). Poi ci sono molti giovani interessanti, che potranno crescere con calma. E’ il nostro primo anno, tutto quel che arriva è guadagnato. Attenti ad esempio a Calzoni che è uno molto promettente, d’altronde ha vinto sul Monte Grappa come me…

Si è cercato molto tra i giovani.

Era la scelta giusta da fare perché potranno correre cercando di sfruttare la loro voglia di emergere. Il bello di questo team è che è pieno di corridori che, ognuno per sue ragioni, hanno voglia di darsi da fare, di riscattarsi oppure di lanciarsi nella mischia. E’ il miglior mix per vincere..

Tom Devriendt, 4° alla Roubaix di quest’anno. Nel 2023 punterà a ripetersi sulle strade del Nord
Tom Devriendt, 4° alla Roubaix di quest’anno. Nel 2023 punterà a ripetersi sulle strade del Nord
Per le classiche su chi punterete?

Premesso che nel team saranno le corse e le settimane a dire su chi puntare, io penso che uno come Devriendt sarà sicuramente una delle punte per il periodo delle classiche del Nord. Uno che è arrivato 4° a Roubaix vorrà dimostrare che non è stato un caso e d’altro canto su quei percorsi ha fatto vedere di saperci fare. Un altro sul quale sarà giusto tenere un occhio è Filippo Conca: ha sempre lavorato per gli altri, ma tante volte è toccato a lui salvare la baracca, io sono convinto che se dovrà fare la corsa con la squadra in supporto, potrà fare bene.

Tu come giudichi il tuo 2022?

Mah, diciamo che ci sono nella carriera di ognuno delle stagioni un po’ sottotono. Quando ho corso non sono poi andato così male, 7 top 10 in 45 giorni di gara, anche in qualche classifica di corse a tappe, non è un bilancio da buttar via. La mia delusione è più a livello personale, per come si è chiusa la mia avventura alla Trek-Segafredo durata 5 anni, penso che avrei meritato un po’ più di considerazione. Quando fai parte di un team, diventa come una famiglia, ci passi almeno 150 giorni di full immersion, sentirsi messo da parte fa male. Spero quanto prima di avere occasione di chiarirmi con alcuni dei dirigenti, ammetto che ci sono rimasto male.

Per Conca un’occasione per riproporsi come uomo d’attacco, in un contesto più adatto
Per Conca un’occasione per riproporsi come uomo d’attacco, in un contesto più adatto
Cerchiamo allora di pensare in positivo: che cosa vorresti da questo nuovo capitolo della tua storia?

Io sono passato pro’ nel 2007, ma le mie squadre non sono state poi tante e sono sempre rimasto un bel po’ in ogni team, credo che questo pesi. Ho dalla mia tanta motivazione e grinta, voglio tornare a correre alla mia maniera, anche un po’ alla garibaldina. Insomma: voglio tornare ad alzare le braccia al cielo…

Ryder riparte dalla Q36.5: «Il WorldTour in 3 anni»

11.11.2022
6 min
Salva

«Siete i primi con cui parlo del team da molto tempo, sin da quando l’avventura della Qhubeka si chiuse. Ci tenevo a farlo con voi». Douglas Ryder si era effettivamente un po’ eclissato dai microfoni e dai taccuini, dopo aver tentato fino all’ultimo di salvare il Team Qhubeka travolto dai debiti, ma già allora aveva chiara l’idea che quello non era uno stop definitivo, ma solo una pausa.

Ora la squadra con affiliazione svizzera del dirigente sudafricano è pronta, con un nuovo sponsor (Q36.5, un marchio di abbigliamento con sede a Bolzano), nuovi corridori e uno spirito rinfrancato.

Chiusa la carriera con i criterium in Asia, Nibali si dedica con molto impegno al suo ruolo nella Q36.5
Chiusa la carriera con i criterium in Asia, Nibali si dedica con molto impegno al suo ruolo nella Q36.5
Quanto è stato difficile ripartire dopo la chiusura della squadra WorldTour?

Con il Covid e tutto ciò che è avvenuto in questi anni è stato difficile riavviare il discorso, pochi sponsor si sono avvicinati al ciclismo. Poi la guerra ha reso tutto ancor più arduo. E’ stato quasi un miracolo ripartire, abbiamo riportato indietro le lancette del tempo.

Tu non hai mai perso la speranza: che cosa ti ha dato la forza per andare avanti?

Non ho mai mollato, ho sempre vissuto con questo sogno, lavorando duramente per tradurre i nostri valori in un significato più grande perché il team è uno strumento per trasmettere qualcosa. Quando ho trovato Q36.5 è stato un grande colpo e so che è un rapporto che andrà sviluppandosi di continuo, ma è già incredibile dove siamo arrivati e questo mi rende molto felice.

Il tuo team ora ha nuove basi e nuovi sponsor: con il progetto umanitario della Qhubeka sei rimasto comunque coinvolto?

Certamente, Qhubeka resta una parte importante del progetto. Non siamo una squadra come le altre, siamo parte di un progetto più grande teso alla comunità, alla solidarietà sociale. Un progetto che riguarda i bambini di tutta l’Africa. Per me il team è sempre stato parte di qualcosa di più grande, per questo la sua fine fu un grande dolore, perché tante persone facevano e fanno affidamento su di noi. Questo però mi ha dato ogni giorno la forza di alzarmi e lavorare. Credo che questa ripartenza abbia un grande significato e trasmetta speranza.

Carl Fredrik Hagen, norvegese di 31 anni sarà l’uomo di punta per alcune corse a tappe
Carl Fredrik Hagen, norvegese di 31 anni sarà l’uomo di punta per alcune corse a tappe
Ripartire è sempre difficile: con quali presupposti hai costruito la squadra?

Innanzitutto sullo spirito con il quale tutto iniziò 10 anni fa, attraverso 3 anni di avvio e 6 nel WorldTour. Sono convinto che l’esperienza ci aiuterà a ripeterci e a migliorarci, sempre basandoci su quei valori che ci hanno permesso di rimetterci in piedi. Sapendo quel che abbiamo passato possiamo ricreare un qualcosa di cui essere orgogliosi.

Missaglia e altri nello staff con cui avevi già lavorato: hai scelto loro per ricreare lo spirito di gruppo che esisteva nella Qhubeka?

Sì, perché so che in quei 10 anni ho avuto al mio fianco le persone migliori di ogni campo, dai direttori sportivi, agli autisti dei pullman, chef, addetti stampa. Per me tutti sono essenziali nel progetto. C’è voluto tempo per ricostruire lo staff ma era un passo fondamentale perché sanno come fare. Per me è un privilegio lavorare con loro.

Quanto è importante avere Nibali nel tuo team dirigenziale?

Nibali come consulente strategico ci consente di parlare di molte cose: allenamento, preparazione, scelta dei corridori, programmazione… E’ un valore aggiunto che fa la differenza anche per dare motivazione ai corridori. E’ un vantaggio rispetto a quel che eravamo, indubbiamente.

L’esperienza di Gianluca Brambilla sarà fondamentale nel cementare le basi del team
L’esperienza di Gianluca Brambilla sarà fondamentale nel cementare le basi del team
Ci sono corridori di 13 Paesi, ma il gruppo base è italiano: perché questa scelta?

Abbiamo sempre avuto successo con gli italiani, vedi Battistella iridato U23 quand’era nel team continental o i successi di Nizzolo. C’è sempre stata un’influenza italiana e questo ha fatto la differenza. Che non ci sia un team italiano nel WorldTour è triste, è come se nella Formula Uno mancasse la Ferrari. Il ciclismo italiano è forte ed è bello averne parte nel team. Ne ho parlato con Moschetti e Brambilla, che sono motivati a trasmettere le loro esperienze agli altri. Abbiamo un buon gruppo e gli italiani si sono tutti impegnati a farlo crescere.

Hai già un’idea sui ruoli di ognuno?

Sì, ho un’idea precisa su ognuno dei 23 corridori, ma molto dipenderà dal calendario che andremo a fare. Abbiamo velocisti di peso come Moschetti e Sajnok, per le gare a tappe punteremo su Donovan e Hagen. Per le classiche avremo l’esperienza di Devriendt e Ludvigsson. Abbiamo focalizzato gli uomini in base a diverse aree, ogni gara andrà corsa col fuoco dentro. Speriamo di ottenere qualche successo, ma l’importante sarà dimostrare quell’unità che è la base per una squadra a lungo termine.

Per Moschetti l’approdo in Q36.5 non è solo occasione di rilancio, ma modo per essere un riferimento
Per Moschetti l’approdo in Q36.5 non è solo occasione di rilancio, ma modo per essere un riferimento
Che calendario farete?

Sto parlando con molte persone per stilare un programma, ma non è facile perché l’Uci non ha dato risposte chiare e molti organizzatori aspettano a diramare gli inviti. Dovremmo comunque iniziare dalla Spagna e poi correre molto in primavera fra Belgio e Olanda. Non nascondo che mi piacerebbe avere l’invito per un grande Giro, ma intanto ci concentriamo sui primi 3 mesi pensando a iniziare bene.

Pensi sia possibile crescere fino ad arrivare al WorldTour o è presto per parlarne?

E’ presto, ma sicuramente è l’obiettivo a lungo termine, per questo dobbiamo far bene le cose fin da subito e programmare ogni anno in modo da fare sempre passi avanti e non indietro. Fra tre anni dovremo essere fra le migliori professional e a quel punto ottenere la licenza WT.

Su Sajnok, Ryder conta molto per le volate nelle corse a tappe
Su Sajnok, Ryder conta molto per le volate nelle corse a tappe
La continental rimane?

Resterà perché è un tutt’uno con il team professional, anche dal punto di vista del rendiconto economico. Noi vogliamo un team U23 da cui prendere i più meritevoli per far fare loro qualche esperienza nel team principale e viceversa avere un team continental che possa anche far ripartire chi magari è infortunato in maniera più soft. Seguiremo con attenzione il team U23, farà un calendario appropriato compreso il Giro d’Italia U23.

Cosa ti renderebbe soddisfatto dopo la prima stagione?

Vorrei che vincessimo una manciata di gare, diciamo da 6 a 10, ma correndo sempre come una squadra, con un gruppo solido e con prestazioni valide e costanti nel tempo. Dobbiamo far vedere che ci siamo e siamo competitivi sempre mostrando gli sponsor e progredendo. Io sono convinto che con il passato che abbiamo alle spalle ci riusciremo.

Brambilla incontra Masnada e… Distanza a sorpresa!

20.07.2022
5 min
Salva

Un’uscita quasi inaspettata e tanto divertimento. Per Gianluca Brambilla l’ultimo allenamento fatto a Livigno non è stato solo un giorno di lavoro. Il corridore della Trek-Segafredo ha incontrato Fausto Masnada e insieme sono partiti alla volta del “giro della morte”.

Tra ironia e aspetti tecnici, “Brambi” ci racconta questo giorno di… ordinaria amministrazione ad alta quota. Un racconto che lascia magari anche qualche spunto su come un pro’ di alto livello imposta la distanza.

I numeri e il percorso del “giro della morte” di Brambilla e Masnada (da Instagram)

Toh, c’è Fausto

Brambilla è tornato a casa proprio ad inizio settimana. Per lui si è trattato quasi più di una “vacanza ad alta quota” (vacanza con due virgolette grosse così), più che di un’altura vera e propria. E proprio per questo, forse, questa storia forse assume più valore.

«Qualche giorno in montagna con la famiglia – racconta Brambilla – per sfuggire al caldo e anche per questo non avevo in programma nessun lavoro specifico.

«Il giorno che abbiamo fatto quella distanza è andata così. Dovevo fare 4 ore tranquille. Avevo in programma il giro con Bernina e Albula, di circa 120 chilometri. E visto che ero da solo sono uscito alle 9, che per gli orari di Livigno è anche presto.

«Ma 200 metri dopo essere partito incontro Masnada, che usciva dal garage del suo appartamento. Mi fermo a salutarlo e Fausto mi fa: vieni con me. Devo fare sei ore».

 

«Mi spiega il suo percorso: Forcola, Bernina, Stelvio e Foscagno. E’ quello che io chiamo il giro della morte Soprattutto adesso che non si può più fare la galleria di rientro dalla Svizzera in bici, ma serve la navetta. Quindi bisogna per forza scalare lo Stelvio da Santa Maria, che è la mia salita preferita.

«Un bel giro, ma tosto. Allora dico a Fausto: se nel piano di Saint Moritz non c’è vento contro vengo te. Il vento non c’era e… ho proseguito con lui!».

Allo Svizzera prima di ritirarsi per Covid, Gianluca era andato molto bene. Sarà pronto per il finale di stagione
Allo Svizzera prima di ritirarsi per Covid, Gianluca era andato molto bene. Sarà pronto per il finale di stagione

Regolari sì, ma da pro’!

Brambilla e Masnada vanno regolari. Procedono di buon passo. Il corridore della Quick Step-Alpha Vinyl deve fare anche dei lavori specifici, mentre Brambilla, come detto, deve andare “easy”. E infatti sta più spesso a ruota e nelle salite magari si stacca anche, salvo poi ricompattarsi in cima.

«Siamo andati con un buon ritmo – racconta Brambilla – ci siamo coordinati bene. In cima ci si fermava giusto per mettere la mantellina e poi via in discesa. Abbiamo fatto qualche sosta alle fontane per riempire la borraccia, anche lassù faceva caldo». 

Da come parla Brambilla, sembra più un appassionato che un pro’. Anche se i ritmi sono da campioni. Alla fine si sono sciroppati oltre 170 chilometri e quasi 4.000 metri di dislivello in meno di sei ore!

«Non che sia stata tanto diversa da una distanza che si fa in un vero ritiro in quota, almeno per me – spiega Brambilla – non ci siamo fermati a fare le foto al panorama… per dire.

«Di solito in questi casi le salite si fanno al medio, stavolta le ho fatto al medio basso. Quindi se solitamente nel mio medio oscillo tra i 270 e i 310 watt, stavolta mi attestavo sui 270-280 che, visto il mio peso di 58-59 chili, è circa 5 watt/chilo, poco meno.

«Cercavo di essere agile, molto agile. Salivo sempre sulle 90 anche 95 pedalate. Stimolare la cadenza in quota è importante. I rapporti? Dipendeva dalla pendenza chiaramente, ma credo di aver usato soprattutto il 39×24-27 e il 30 in qualche passaggio».

Passando anche in Valtellina non si poteva non prendere un panino con la bresaola
Passando anche in Valtellina non si poteva non prendere un panino con la bresaola

Incontri e racconti

Però “la sosta Coca Cola” non è mancata. «Assolutamente no. Non può mancare in una vera distanza – continua Brambilla – e l’abbiamo fatta a Valdidentro, scendendo dallo Stelvio. Siamo stati lì una ventina di minuti abbondanti. Una Coca per entrambi e un panino con formaggio e bresaola, per me, senza formaggio per Fausto».

Gianluca e Fausto in quel bar hanno anche incontrato Annemiek Van Vleuten, che aveva appena vinto il Giro Donne. Qualche battuta con lei prima di ripartire per il Foscagno e risbucare a Livigno.

Come si passa il tempo in sei ore? Beh, parlando! Anche per i corridori, le migliori chiacchierate sono quelle che si fanno in bici. E anche se Fausto e Gianluca sono stati compagni solo in azzurro, gli argomenti e il feeling non sono mancati.

«Ho parlato “da vecchio” ormai!», scherza Brambilla. «“Mi hai fatto passare bene la giornata”, mi ha detto Fausto a fine giro. Di cosa si parlava? Del Tour, discorsi generali, di quanto è cambiato il ciclismo… Per esempio, l’altro giorno ho acceso la tv e Soler era staccato. Vedete, oggi è un attimo a prendere una “botta”. Questo sport è sempre duro. E non è mancato qualche aneddoto di corse passate. Proprio Fausto mi ha detto di quanto avessi spinto forte su una salita dello Svizzera.

«Dai, abbiamo portato a termine un’ottima giornata di lavoro. E ci siamo divertiti! E anche se ho sforato di due ore rispetto al mio programma è andata bene lo stesso».

Manubrio: integrato o classico? Le scelte dei corridori

05.01.2022
6 min
Salva

Manubrio tradizionale o integrato? Questo è il dilemma. Ruote aero, bici aero, caschi aero… Tutto viaggia verso l’aerodinamica e forse anche per questo in gruppo si vedono sempre più manubri integrati. Ma c’è di più.

Con quei profili sono oggettivamente bellissimi e danno anche un grande senso di “pulizia” generale della bici. E infatti, come vedremo, la motivazione che porta alla diffusione maggiore di questi manubri riguarda, un po’, anche l’estetica.

Ciccone e il suo set (attacco + piega) tradizionale
Ciccone e il suo set (attacco + piega) tradizionale

Il peso conta 

Ad aiutarci in questo viaggio nella scelta fra manubrio integrato o tradizionale ci aiuta Mauro Adobati (nella foto di apertura), meccanico della Trek-Segafredo. Loro, con la linea Bontrager, sono stati tra i primi a lavorare con questa specifica.

«La scelta che fa protendere i corridori verso il manubrio integrato – spiega Adobati – è che questo è più leggero di circa 70-80 grammi. La maggior parte degli atleti ci prova, ma non tutti ci riescono. Su 20 corridori, 15 utilizzano ormai l’integrato. Tu puoi anche lavorare con gli spessori tra tubo di sterzo e attacco manubrio, con la posizione delle leve, ma non sempre riesci a produrre le stesse identiche misure. A quel punto è il corridore che deve adattarsi».

Lo schema per chiarire reach e drop
Lo schema per chiarire reach e drop

Reach e drop

E qui si apre un capitolo “delicato”, quello che riguarda il reach e il drop del manubrio, vale a dire la profondità e l’altezza della curva.

«I manubri integrati hanno generalmente dei reach e dei drop un po’ diversi, o quantomeno hanno una misura standard (si dovrebbero fare troppi stampi, ndr), mentre nel classico “due pezzi” queste misure un po’ variano in base alla misura. Ed è qui che gli atleti trovano le maggiori difficoltà di adattamento». 

«In squadra abbiamo l’esempio di Giulio Ciccone. “Cicco” ogni anno prova a passare all’integrato, ma poi torna al tradizionale. Uno dei suoi limiti maggiori riguarda il reach, cioè quanto va avanti. Il manubrio integrato di Ciccone è cortissimo. Ciò che comanda è la posizione che i corridori usano di più, vale a dire quella sulle leve. Per riportare questa misura abbiamo montato un manubrio il cui attacco è molto più corto.

«Cicco è passato da 120 millimetri a 100. Questo lo porta ad avere più o meno le stesse misure nella presa sulle leve, appunto, e nella curva, ma resta invece troppo corto nella presa alta, la più utilizzata in salita. E per questo alla fine torna sui suoi passi, al classico set attacco più piega».

Per Evenepoel manubrio stretto e leve parecchio rivolte verso l’interno
Per Evenepoel manubrio stretto e leve parecchio rivolte verso l’interno

Ciclone Evenepoel

Adobati parla poi della messa in posizione degli atleti con questo nuovo manubrio. Il lavoro è parecchio nel primo ritiro, soprattutto con i nuovi corridori, i quali si trovano ad utilizzare e a testare i nuovi materiali.

«In effetti nel primo ritiro c’è un bel lavoro da fare in tal senso. I corridori provano molto. Oggi oltre alla sella, il manubrio è uno degli elementi ai quali si presta più attenzione, poiché incide molto sulla guida e sulla posizione stessa. Lavorare sul setting delle leve non è così semplice, se inizi a inclinarle cambia un po’ tutto il resto della posizione del corridore».

«Io poi – continua Adobati – sto notando che i manubri si stanno stringendo, al contrario di quello che sta accadendo in mountain bike, dove le pieghe si allargano. Vuoi per una questione aerodinamica, vuoi per l’avvento di Evenepoel (che ce l’ha stretto e con le leve piegate all’interno), vuoi perché non si può più utilizzare la posizione aerodinamica… si va in questa direzione.

«Conta poi anche la questione estetica. Il primo impatto è sempre molto positivo e anche questo spinge i corridori a provare i nuovi manubri integrati. Noi però in Trek abbiamo anche un semi-integrato, che di fatto è un set classico. Ma tra attacco e manubrio si nota davvero poco la differenza. Sembra un pezzo unico.

«Senza contare che per noi meccanici questi set sono molto più comodi, visto che hanno un incavo nella parte inferiore in cui far passare fili e guaine, i quali a loro volta sembrano anch’essi integrati».

Brambilla “integralista”!

Ma se Ciccone ci prova ed è un po’ scettico, chi è un vero portabandiera del manubrio integrato è Gianluca Brambilla. Il vicentino, ormai qualche stagione fa, ci si è messo di impegno e ha intrapreso la via dell’integrato appunto.

«Oggi le bici sono concepite per i manubri integrati – spiega Brambilla – Riprendono meglio la linea della bici, sono più aerodinamici e si riduce qualcosa in termini di peso. Io ci ho messo un po’ ad adattarmi, ma riguardo ai tre appoggi del corpo sulla bici (piedi, sedere, mani) quello delle mani è il più facile da adattare.

«Alla fine ci ho messo una ventina di giorni. Cambiai manubrio durante il ritiro in altura al passo San Pellegrino nell’estate del 2020. Avevo visto che peso e aerodinamica erano vantaggiosi quindi mi sono dato del tempo per abituarmi ed è andata bene».

«Ho mantenuto la stessa larghezza, vale a dire i 40 centimetri centro-centro, anche se le curve classiche in realtà nella parte bassa sono più larghe rispetto a quella alta. Sono quasi 43,5 centimetri sotto e 40 in alto. In più con il manubrio integrato il mio attacco si è ridotto di un centimetro: da 110 a 100 millimetri». 

La posizione delle leve del vicentino è pensata per mantenere il più possibile il braccio dritto (polso, gomito e spalla sulla stessa linea)
La posizione delle leve del vicentino è pensata per mantenere il più possibile il braccio dritto (polso, gomito e spalla sulla stessa linea)

Leve all’interno

Brambilla poi parla di molti altri accorgimenti per trovare la giusta posizione nel passaggio da manubrio tradizionale a manubrio integrato.

«Riguardo alla posizione delle leve il mio reach è lo stesso, anche se le ho ruotate un po’ verso l’interno. Questo perché non potendo più utilizzare la posizione aerodinamica “tipo crono”, ci distendiamo con il braccio lungo la leva. E per far sì che mano e avambraccio siano in linea con il resto del braccio si ruota appunto la leva verso l’interno. In pratica il polso resta dritto e il gomito che non va troppo verso l’esterno».

«C’è poi – conclude il veneto – chi mette il doppio nastro nella parte bassa per recuperare quel piccolo gap nel drop, come per esempio fa Elissonde, che è molto piccolo. O si riduce ancora l’attacco quando un corridore passa da un gruppo all’altro. Per esempio la leva di Sram è mezzo centimetro più lunga rispetto a quella Shimano. Ci sono molte sfaccettature insomma da tenere sott’occhio quando si fa il cambio». 

Più forza, meno dolori, guida migliore: gli esercizi di Brambilla

14.12.2021
4 min
Salva

In questo periodo invernale parliamo spesso di preparazione “a secco”, cioè dei famosi esercizi di ginnastica. E i più moderni spesso sono stravaganti. Tra i principali sostenitori della palestra, nel senso più ampio del termine, c’è Gianluca Brambilla.

Il corridore della Trek-Segafredo cura molto questa parte della preparazione. Lui appartiene alla schiera di coloro che fanno esercizi particolari. Esercizi che non puntano al mero aumento di watt, ma portano ad un miglioramento generale del fisico: stabilità (che si traduce anche in una guida migliore), postura, propriocezione… E chiaramente alla forza. E allora proprio a Brambilla chiediamo perché li fa e quali benefici gli portano.

Gianluca è un ottimo discesista, merito anche di questi particolari esercizi
Gianluca è un ottimo discesista, merito anche di questi particolari esercizi
Gianluca, da dove vengono i tuoi esercizi così particolari?

Me li invento! Li faccio per cercare di stare bene. Già il TRX è difficile di suo, vai ad utilizzare la famosa core zone: addominali, schiena, spalle… Io poi aggiungo una rotella per avere più instabilità e rendere tutto più difficile.

E come te li inventi?

Ho preso spunto da un particolare manubrio di mountain bike che aveva una sorta di palla al suo centro che lo rendeva instabile una volta poggiato a terra. Nella palestra dove vado, Iron Gym di Rosà, ho trovato questa rotella per gli addominali e ho unito le due cose.

Senti la differenza?

Si sente, si sente… In strada, se per esempio devo fare uno scatto all’improvviso per un tombino o un’auto che sbuca lateralmente. E si sente ancora di più in Mtb, che io di inverno pratico spesso.

Il Praep Propilot, lo strumento (molto usato da biker e motocrossisti) al quale si è ispirato Brambilla
Il Praep Propilot, lo strumento (molto usato da biker e motocrossisti) al quale si è ispirato Brambilla
Certo, Gianluca, sono esercizi molto particolari…

Si, sono esercizi particolari che ti aiutano molto quando sei stanco. Chiaramente sono anche esercizi di un certo livello che presuppongono già una certa abitudine a questo tipo di sforzo e di esercizio stesso, altrimenti rischi anche di farti male. Devi andare per gradi. Quest’anno, per esempio, sono già quattro settimane che faccio palestra, due-tre sedute a settimana.

Insomma sei un vero esperto…

In effetti è un bel po’ che faccio palestra. Da una decina di anni, dai tempi della Quick Step. L’ho scoperto con loro e l’ho mantenuto. E da 3-4 anni ho inserito anche gli esercizi di stabilità. Ho sentito un grande beneficio sin da subito. Sapete, in gara dopo tante ore, dopo tanto stare sotto sforzo avvertivo dei fastidi soprattutto alla schiena, adesso invece questi sono notevolmente diminuiti. Non dico spariti, perché facciamo degli sforzi sovrumani, però… Senza contare che una volta tendevo a ruotare il bacino verso destra e adesso no, resto dritto.

Come svolgi le sessioni?

Ho una mia routine, spesso faccio stretching a freddo al mattino: una decina di minuti di core zone, chiaramente senza forzare, al di fuori della palestra. Quando invece vado in palestra il riscaldamento lo faccio andandoci in bici, 20-30 minuti. Poi passo alla pressa (foto in apertura, ndr), allo squat e successivamente inserisco questi esercizi tipo TRX, Plank, TRX con rotella… Rispetto ad altri miei colleghi poi io utilizzo poco peso, ma faccio più ripetizioni.

TRX con la variante della rotella (video del personal trainer Carlo Bizzotto della palestra Iron Gym)
Anche se la tendenza oggi è al contrario: poche ripetizioni ma con grandi carichi…

Vero, gli altri sollevano tanti di quei chili che neanche posso immaginare, però io ho una mia teoria: non devo essere “Mister Olympia”, il ciclismo resta uno sport di resistenza. Se poi aumento un po’ la forza, ma metto 2 chili di massa muscolare il rapporto potenza/peso potrebbe risentirne. Specie per uno scalatore come me. E per lo stesso motivo evito quei balzi enormi su cubi altissimi: rischierei di fare danni alle ginocchia. Per me il gioco non vale la candela.

Quindi hai carta bianca da parte del preparatore?

Si, si… mi segue Paolo Slongo e lui è informato su ciò che faccio ed è sulla mia stessa lunghezza d’onda per quel che riguarda i pesi soprattutto. Mi dà un circuito da fare e io lo eseguo. Dopo la palestra solitamente inseriamo un’ora o due di bici, a seconda di cosa dice il programma, per fare subito della trasformazione.

Questi esercizi li fai anche durante la stagione?

Quelli del mattino da qualche tempo sì, anche in piena stagione. E quando non corro un paio di volte a settimana vado anche in palestra.

Ciccone, missione leader. Da oggi tutto sulla Vuelta

11.08.2021
4 min
Salva

Senza un attimo di sosta dalla vigilia del Giro, passando per la Route d’Occitanie, i campionati italiani, la Sardegna, le Olimpiadi e San Sebastian, Giulio Ciccone ha riempito un’altra valigia ed è partito proprio oggi per la Vuelta España dove sarà leader della Trek-Segafredo. Per la prima volta in carriera. E’ singolare parlare delle vigilie, perché ti danno la misura del coinvolgimento nel progetto.

«Ogni volta che parto con la squadra – dice – sono sempre felice. Mi diverto, è il mio gruppo. Alla partenza per Tokyo c’erano più ansia e tensione. Un altro gruppo. A livello di sensazioni, le Olimpiadi sono state la corsa che ho sentito di più. Forse al livello della partenza del primo Tour de France dal Belgio».

Brambilla dice che avere la fiducia della squadra sarà un’arma in più.

Con Brambilla faccio coppia fissa dai primi tempi. Ha preparato la valigia anche per me? Perché la mia è vuota (ride, ndr). Comunque è davvero bravo ed è vero che è la prima volta che parto da leader, ma la vivrò come le altre esperienze. La gestione della squadra sarà sempre la stessa. Leader o non leader, non serve mettersi altro peso addosso.

Ancora Brambilla dice che è impossibile tenerti fermo, al massimo si può provare a guidarti. Ha parlato del Giro…

L’ultimo Giro è quello che mi ha insegnato di più. La prima volta che mi sono ritrovato in classifica, in cui ho commesso qualche errore e da cui poi sono tornato a casa. Da tutto a niente in un colpo solo. Però è anche vero che tanti attacchi li ho fatti perché non toccava a me fare classifica. Avevo carta bianca.

Quindi alla Vuelta sarà diverso?

Direi di sì, ma ci sarà da capire la situazione. E’ dura stare coperti alla Vuelta, per il percorso e per come corrono. Il terzo giorno ci sarà già l’arrivo in salita, per questo mi piace la Vuelta. Le tappe non sono lunghissime, quindi sarà una corsa esplosiva.

Grande emozione al primo Tour, alla partenza da Bruxelles: Tokyo è stato qualcosa di simile
Grande emozione al primo Tour, alla partenza da Bruxelles: Tokyo è stato qualcosa di simile
Hai studiato il percorso?

Non nei dettagli, ma lo farò. Quello che ho fatto è stato ragionare con il mio preparatore sul tipo di sforzi che andremo a fare, adattando la preparazione. Non ho mai fatto la Vuelta, non conosco le strade, ma lo stesso è bene sapere a cosa si va incontro. E di certo ci arrivo meglio che al Giro, dove la preparazione è stata un po’ rimediata per i problemi della vigilia.

Un pensiero per volta, oppure un occhio agli europei successivi lo dai?

Un pensiero per volta, tutto sulla Vuelta. La stagione è stata super tirata, non ho mai mollato. La Vuelta e poi si tira una linea. Avevo già parlato con Cassani e mi aveva fatto capire che non rientro nei piani per europei e mondiali, che hanno percorsi veloci per le mie caratteristiche. Per cui posso farmi tranquillamente da parte.

Come hai vissuto la situazione di Cassani?

Sono sorpreso per tutto quello che ho letto negli ultimi giorni, perché là sembrava che si andasse tutti d’amore e d’accordo. In corsa siamo stati uniti e Davide era sereno, non ho mai visto comportamenti strani. Nelle riunioni con lui e Amadio non ci sono mai stati punti di attrito. Anche a Tokyo con il presidente nessun problema.

Giro sfortunato, il dolore alla schiena si fa sentire: a Sega di Ala giorno durissimo
Giro sfortunato, il dolore alla schiena si fa sentire: a Sega di Ala giorno durissimo
Poi è venuto fuori il discorso del rientro in Italia.

Sapevo che ognuno avesse il suo programma, davvero non sapevo di Davide e quando dovesse tornare. L’unica volta che l’ho visto davvero giù, un paio d’ore in cui non ha parlato con nessuno, è stato dopo la corsa. Ma avevamo tutti il muso lungo. E’ stata una mazzata per tutti, ci credevamo davvero…

Invece parlando di futuro, senza Nibali sarai il leader della Trek per i Giri… Che cosa te ne pare?

Grossi colpi di mercato non ci sono nell’aria, anche se la conferma di Mollema è una bella cosa. Ma mi conoscete, si può fare tutto. Si fa un programma. Si concordano gli obiettivi e poi si lavora. Una cosa per volta, per favore. Adesso mi gioco tutto sulla Vuelta.

Brambilla, una valigia per due: per Ciccone e per sé

10.08.2021
5 min
Salva

Oggi il tampone e domani si parte. Gianluca Brambilla ha la valigia pronta, la Vuelta sarà il sedicesimo grande Giro della carriera da professionista iniziata nel 2010. E come al solito il lombardo che ormai va considerato veneto a tutti gli effetti andrà in corsa con due obiettivi: vincere una tappa e aiutare il capitano della Trek-Segafredo, che in questo caso sarà Giulio Ciccone. A casa è caldo come in ogni angolo d’Italia, ma la prospettiva spagnola è ben più calda. Si parte da Burgos, poi si andrà nel torrido sud spagnolo, per il quale alcuni corridori hanno impostato una preparazione mirata.

«Credo molto in Giulio – dice – e sono curioso perché per lui sarà la prima volta vera da capitano. Lo conosco bene e mi piace perché è bianco o nero. Se sta bene, non si tira indietro. Se sta male, non cerca scuse. Gli ho detto di non farsi mai cambiare e di non diventare come quelli che hanno sempre il pretesto pronto. Sono in camera con lui da un bel pezzo, l’ho visto crescere…».

Al Tour des Alpes Maritimes e du Var di febbraio, per Brambilla tappa e maglia
Al Tour des Alpes Maritimes e du Var di febbraio, per Brambilla tappa e maglia

Consigli giusti

Si fa una risata. Ciccone aveva 16 anni quando lui passò professionista, ma a vederli accanto non è che la differenza sia così evidente.

«Anche io mi vedo giovane allo specchio – scherza – nonostante i sei anni di differenza. Mi danno 22 anni, a lui ne danno di più. Perciò lo vivo come un mio coetaneo e non gli do i consigli del vecchio, ma quelli che mi vengono dall’esperienza. Perciò non gli consiglio di mettersi la maglia di lana, ma dopo gli arrivi quando piove, magari glielo dico di coprirsi. Lui è esuberante, anche se certe cose le sa anche da sé. Anzi, forse ne sa anche più di me».

Ha diviso la camera al Giro con Ciccone e così sarà alla Vuelta. La valigia è già chiusa
Ha diviso la camera al Giro con Ciccone e così sarà alla Vuelta. La valigia è già chiusa
Quali uomini lo scorteranno?

Abbiamo Elissonde che ha tanta esperienza, ha fatto Tour e Olimpiadi e dovrebbe avere una bella gamba. Ci sarà il giovane Lopez, che sta andando forte e alla Vuelta imparerà lezioni importanti. C’è Antonio Nibali, che ha esperienza e ci sarà Quinn Simmos, un ragazzo interessante cui cercherò di dare i miei consigli, perché vuole strafare. Nella corsa di una settimana ti salvi, in una di tre non ti salvi. E poi avremo Reijnen e Kirsch, che sono forti in pianura. Abbiamo una bella squadra uniforme.

Ti aspettavi che Antonio lasciasse il fratello Vincenzo?

Si sapeva che avrebbero potuto dividersi e ne sono contento. Essere il fratello di uno così è difficile, mentre dall’anno prossimo Antonio dovrà iniziare a costruirsi in autonomia. Intendiamoci, noi che lo viviamo sappiamo che ha la sua personalità, mentre da fuori si poteva pensare che fosse semplicemente il fratello di Nibali. Potrà ritagliarsi un bello spazio.

Al Giro 2021 sullo Zoncolan, la salita su cui si mise in evidenza da neopro’, prima di fare valigia verso il WorldTour
Sullo Zoncolan, in cui si mise in evidenza da neopro’, poi fece valigia verso il WorldTour
Come arrivi alla Vuelta?

Ho cercato di arrivarci preparato, che serve sia per provare a vincere, sia per aiutare Giulio. Poi si vedrà se avrò la possibilità di giocarmi la mia carta o da un certo punto in poi si resterà tutti attorno al capitano.

Che cosa gli è mancato finora per essere leader?

Tempo e fortuna. Tempo perché quando nel 2019 ha vinto la classifica dei Gpm non era in classifica, ma si è difeso bene per tutto il tempo. Quest’anno invece gli è mancata la fortuna, di quella caduta avrebbe fatto volentieri a meno. E poi forse è anche un fatto di fiducia. Ora sa che la squadra lo porta come capitano unico e la differenza si vedrà.

Gli manca anche un po’ di lucidità?

Al Giro ha commesso qualche errore tattico, ma ha imparato da tutti e da tutti i consigli che ha ricevuto. E’ super esuberante e il carattere non si può cambiare, allora va gestito.

Ha aiutato Ciccone (4° all’arrivo) nella tappa di Cortina, piazzandosi poi 20°
Ha aiutato Ciccone (4° all’arrivo) nella tappa di Cortina, piazzandosi poi 20°
Con quali direttori sportivi andrete in Spagna?

Con Popovych che è super navigato e con Gregory Rast, che mi piace molto per il modo che ha di guidarci alla radio. Parla sempre chiaro, dice le cose giuste e ti fa restare lucido anche nei finali, quando sei già a tutta. C’era lui in ammiraglia a inizio stagione quando ho vinto tappa e maglia al Tour des Alpes Maritimes in Francia e c’era anche a San Sebastian.

Hai già segnato di rosso una tappa?

Ho dato una rapida occhiata al percorso, ma nei prossimi tre giorni prima della partenza, lo prenderò dalla valigia e farò le crocette accanto alle tappe più adatte. E poi tutto dipenderà dalle condizioni della classifica e dalla condizione. Senza le gambe, ne hai da far crocette…

La Francia porta bene: Brambilla tappa e maglia

22.02.2021
4 min
Salva

La fortuna in certi giorni devi andartela a prendere, pensa Brambilla in Francia infilandosi nel primo gruppo in fuga. La terza tappa del Tour des Alpes Maritimes et du Var ha sette colli e neanche un metro di pianura. Strade che Gianluca conosce benissimo, dato che vive a Monaco e nei suoi allenamenti le percorre quasi tutti i giorni. La Trek-Segafredo sa che il giorno può essere decisivo. Mollema, vincitore della prima tappa, in partenza confida a un giornalista che oggi correranno per Ciccone e per Brambilla, che ha il compito di infilarsi nella prima fuga. E Brambilla la fuga la prende e va via.

Era partito per la Francia in supporto a Ciccone
Era partito per la Francia in supporto a Ciccone

Strade di casa

«Giorno duro – racconta Brambilla – per fortuna conoscevo le strade. Mi sono infilato nella prima fuga e all’inizio sono stato furbo. Ho giocato bene le mie carte, approfittando del fatto che quelli della Groupama stavano facendo un lavoro enorme. Il guaio è stato che ho avuto problemi con la radio e alla fine non sentivo niente. Per fortuna a un certo puto è venuto Gregory Rast con l’ammiraglia e mi ha detto che per vincere la tappa, avrei dovuto provare a staccarli. E forse a quel punto c’erano anche possibilità per la classifica. Ma io pensavo alla tappa, se devo essere onesto…».

Il Col de la Madone, punto spettacolare della terza tappa
Il Col de la Madone, punto spettacolare della terza tappa

Un anno duro

Il 2020 e tutto il periodo del lockdown non sono stati semplici da gestire, ce lo aveva raccontato proprio lui qualche settimana fa.

«Non è stato un bel periodo – ci aveva detto – e per fortuna il lockdown l’abbiamo passato in Italia, altrimenti in appartamento a Monaco saremmo impazziti. Io ne ho approfittato per togliere una ciste che mi ha fatto perdere 10 giorni prima di andare al primo ritiro a San Pellegrino. Ho ripreso a correre un po’ indietro, ma dalla Tirreno ero a posto. Non so come abbiano fatto gli altri ad avere la testa per stare tutto quel tempo sui rulli…».

Nell’ultima tappa per Ciccone una giornata dura: quasi 9 minuti di passivo
Nell’ultima tappa per Ciccone quasi 9 minuti di passivo

Missione compiuta

A cinque chilometri dall’arrivo, Brambilla capisce che ce la può fare. Per la tappa e anche per la maglia, che è gialla come in tante altre corse francesi (come se in Italia la dessero rosa ogni volta!). Il suo ritardo da Woods in partenza era di 13″ e ora il canadese viaggia intorno ai 20″. Il Col de la Madone e le sue spire sono alle spalle. La discesa del Col de Nice la pennella come uno di casa. E alla fine quando piomba sul traguardo, i distacchi sono minimi, ma bastano a riscrivere la storia. Tao Geoghegan Hart e il suo gruppetto arrivano a 13″. Fuglsang guida il drappello a 18″ in cui è rimasto imbrigliato Woods (alle prese con non meglio precisati problemi meccanici) con Gaudu, Mollema che ha fatto buona guardia e Quintana. Lo sguardo di Brambilla è quello di un bambino contento. «Se ci saranno Nibali e Ciccone in classifica – aveva detto anche questo – correrò per loro, altrimenti ogni corsa sarà buona anche per me». E così è andata.

Maglia gialla in terra di Francia, la vittoria è sua
Maglia gialla in terra di Francia, la vittoria è sua

A Laigueglia

«Voglio ringraziare John Burke di Trek e Luca Guercilena – dice fra le prime parole – che hanno creduto in me anche se nel 2020 ci sono stati momenti difficili. Ma io ci ho sempre creduto e ho fatto il mio lavoro al 100 per cento e credo che questo sia il modo migliore per ripagarli. Adesso ci riposiamo un po’ e poi torniamo per Laigueglia, un po’ più vicino a casa. E’ bello aver cominciato la stagione in questo modo».

Brambilla, ginocchio a posto: «A Cicco e Nibali ci penso io»

18.01.2021
5 min
Salva

«Sabato abbiamo fatto quasi sei ore – dice Brambilla – la scorsa settimana ne sono saltate fuori 26. Per fortuna ieri c’è stato riposo».

Il ritiro della Trek-Segafredo procede con l’intensità giusta, nella bolla anti-Covid che rende tutto ovattato, ma nulla può contro la fatica. Il vicentino di stanza a Monaco ha ripreso di buona lena dopo il 2020 che era ripartito bene dopo il lockdown, ma si è infranto contro l’asfalto della tappa di Vieste, nella caduta che ha compromesso il ginocchio e a Piancavallo l’ha costretto al ritiro.

Nel 2016, Brambilla vince la tappa di Arezzo al Giro e conquista la maglia rosa, che dedica a Cristina e ad Asia
Nel 2016, tappa di Arezzo al Giro, maglia rosa e dedica alle sue donne

«Ma adesso sto bene – dice – è rimasta solo una brutta cicatrice. Ho fatto la risonanza e non c’erano lesioni, solo liquido. Per cui me la sono cavata con un periodo di riposo. Peccato, perché il 2020 fino a quel punto non era stato da buttare. E’ stato una stagione stranissima. Alla Tirreno avevo una buona condizione. E quando si è visto che Nibali non stava tanto bene, ho fatto io classifica e alla fine c’è scappato un nono posto. Il ritiro dal Giro scoccia, perché sentivo che avrei potuto fare davvero qualcosa di buono per Vincenzo».

Ormai hai la dimensione del gregario oppure ci sarà spazio anche per te?

Tutte le corse, se starò bene, saranno buone. Logico che se ci sono Vincenzo e Giulio (Ciccone, ndr), io corra per loro, ma non saremo sempre insieme. Nel mio calendario “libero” ci sarebbero Murcia e Almeria, se si faranno. Altrimenti Haut Var, Drome-Ardeche, Laigueglia, Strade Bianche, Catalunya e niente Tirreno. Poi altura sul Teide, quindi Trentino e Giro insieme a loro.

Al Giro del 2019 attacca con Capecchi verso Pinerolo, ma non trova collaborazione
Al Giro 2019 poca collaborazione di Capecchi verso Pinerolo
Pensi di aver lasciato delle occasioni lungo la strada?

Non rimpiango niente. Qualche volta, soprattutto negli ultimi anni, sono andato forte, ma non sono riuscito a concretizzare. All’Emilia del 2018 ho bucato all’ultimo chilometro, quando stavo per riprendere De Marchi che ha vinto. Nella tappa di Pinerolo al Giro del 2019 si poteva arrivare, ma Capecchi ha corso per perdere. Se ci penso altri 5 minuti trovo un altro mazzetto di occasioni perdute. La fortuna sarà cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo. Eppure la sensazione di poter andare ancora forte mi dà la motivazione per migliorare ogni anno.

Nel 2020 sei sembrato molto in palla.

E’ stato l’anno in cui mi avete visto più tirato, anche se poi al Giro è successo il patatrac. A volte mi rendo conto solo io che vado forte, perché non faccio risultato. Quest’anno compio 34 anni, il tempo passa, vado verso al maturità.

Nel 2020 corre il Giro dell’Appennino con Nibali in maglia azzurra. C’è anche Moscon
Nel 2020 corre l’Appennino con Nibali. C’è anche Moscon
Giusto ieri abbiamo pubblicato un’intervista con Rebellin, lui cosa dovrebbe dire?

Mi sono allenato qualche volta con lui a Monaco e va forte. Nel 2019 l’ho trovato subito dopo il Giro, avevo una bella gamba e preparavamo entrambi il campionato italiano che ha vinto Formolo. Abbiamo fatto la salita di Seborga e andavamo forte, tanto che in cima abbiamo fatto la volata. Non c’è stato verso di staccarlo. E’ un personaggio umile, molto serio sul lavoro e come persona. Fa ciclismo in modo totale, addirittura porta con sé barrette che prepara da sé.

Rebellin dice di aver cambiato molte cose, dalla preparazione all’alimentazione.

Essere curioso fa parte anche del mio carattere, c’è sempre da imparare. Questo mi dà voglia di fare fatica e rende accettabile la lontananza da casa durante i ritiri. Per contro devo dire che il ciclismo ormai è il mio ambiente, sarebbe difficile fare senza. Non correrò fino a 50 anni, ma mi piacerebbe fare qualcosa nell’ambiente. Già adesso provo a fare la mia parte, parlando con i più giovani, ma sanno già tutto. Alcuni ascoltano, però certe volte sembra davvero di gettare parole al vento.

Il Giro 2020 di Brambilla prende una brutta piega con la caduta di Vieste e il colpo al ginocchio
Il Giro 2020 compromesso dalla caduta di Vieste
Poco fa hai parlato di famiglia, ricordiamo la dedica dopo la tappa di Arezzo alle tue “due bambine…”.

Asia ha ormai 4 anni e mezzo e sono felicissimo. Il post allenamento è più impegnativo dell’allenamento, perché rientri e hai da giocare per altre due ore. La fatica inizia lì, ma non me la perderei per nulla al mondo. Con lei c’è sempre Cristina, la mia ragazza, ma quando ci sono cerco di essere un padre presente. Per fortuna il lockdown l’abbiamo passato in Italia, altrimenti in appartamento saremmo impazziti.

A proposito di lockdown, nonostante tu abbia 33 anni, sei fra i pochi usciti bene da quel periodo…

Ho fatto il giusto, non troppo. Sui rulli al massimo un’ora al mattino e una il pomeriggio. Non avevamo neppure un obiettivo, non serviva fare di più. Non è stato un bel periodo. Ne ho approfittato per togliere una ciste che mi ha fatto perdere 10 giorni prima di andare al primo ritiro a San Pellegrino. Ho ripreso a correre un po’ indietro, ma dalla Tirreno ero a posto. Non so come abbiano fatto gli altri ad avere la testa per stare tutto quel tempo sui rulli…