Obiettivi e ciclismo, un tasto delicato: parola di psicologa

14.10.2022
5 min
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Come fa un atleta a mantenere alta la concentrazione anche quando gli obiettivi che si era prefissato vengono cambiati o stravolti? Il mondo del ciclismo, è sempre più al limite, sia dal punto di vista tecnico che da quello umano. I corridori sono chiamati ad essere sempre presenti e questo non è facile, anche perché è importante ricordare che dietro ogni atleta c’è un uomo, con le sue fragilità e debolezze. Elisabetta Borgia psicologa dello sport che collabora con la Federazione ed il team Trek-Segafredo ci accompagna nel grande viaggio degli obiettivi.

Ci mettiamo in contatto con la dottoressa Borgia, che in questo momento si trova in viaggio verso Praga. La sua destinazione è una conferenza dello sport, alla quale è stata invitata come relatrice per parlare del recupero post infortunio. Il traffico non le dà tregua, così le facciamo compagnia nella caotica coda dell’hinterland milanese.

Elisabetta Borgia collabora anche con la Federazione, qui agli europei di Monaco con la nazionale femminile
Elisabetta Borgia collabora anche con la Federazione, qui agli europei di Monaco con la nazionale femminile

Definizione di obiettivo

Innanzitutto, prima di parlare di obiettivi legati al mondo dello sport, in particolare a quello del ciclismo, è fondamentale determinare cosa sono.

«L’obiettivo – ci spiega la dottoressa – secondo il manuale di psicologia dello sport è legato alla ricerca della mia migliore espressione. Non sono direttamente legati alla vittoria, pensare solo al risultato non permette di fare un avvicinamento strutturando un percorso. Il pensiero dell’atleta deve essere “Devo arrivare a quella gara e voglio essere la mia migliore espressione di me stesso”. Da lì si inizia a lavorare a ritroso, passando dall’allenamento, ma anche dalla mente. L’obiettivo si tramuta in azioni quotidiane, che ci permettono di lavorare al meglio, rimanendo attaccati al presente ma con uno sguardo verso il futuro. Il “dove vogliamo arrivare” deve essere sminuzzato in piccole azioni quotidiane».

Mas è stato bravo a riprogrammare i suoi obiettivi dopo il Tour concentrandosi su Vuelta e finale di stagione
Mas è stato bravo a riprogrammare i suoi obiettivi dopo il Tour concentrandosi su Vuelta e finale di stagione

Un percorso definito

La programmazione, come abbiamo intuito già da queste poche parole di Elisabetta, è fondamentale. Quello che però bisogna far capire è che non si passa solo dalla prestazione atletica, ma anche dalla mente.

«Gli obiettivi – riprende Borgia – sono quelle boe che ci permettono di rimanere all’interno del percorso. Ci motivano e ci danno tranquillità. Gli atleti hanno bisogno di ricevere dei check durante il loro periodo di preparazione, che siano i risultati dopo un lavoro in palestra o dei watt che devono esprimere. La parola chiave è: schematizzare. Tutti noi abbiamo bisogno di riuscire a mantenere il controllo, nessuno sta bene se si sente una bandiera al vento. Ci sentiamo bene quando sentiamo una responsabilità verso le cose che dobbiamo fare. Allo stesso modo, però, è importante riconoscere che noi non abbiamo il controllo su tutto, c’è sempre una parte imprevedibile. Il vademecum deve essere: lavora, controlla, cambia e lascia andare quello che non va.

«Tutti noi – riprende – ma gli atleti in particolare, sono molto più sbilanciati verso il ”c’è una cosa che non va e devo trovare il modo di cambiare”. La cosa che bisogna fare, invece, è accettare al più presto quello che non si può cambiare. Sbattere la testa contro i problemi non ci aiuterà a superarli. Pensate ad un infortunio che compromette una gara sulla quale si era messa la famosa bandierina rossa. Bisogna riuscire ad accettare al più presto che il piano A è sfumato e virare su quello di riserva per continuare a fare il tuo lavoro al meglio».

Caduta Julian Alaphilippe, Giro delle Fiandre 2020, Wout Van Aert, Matheiu Van der Poel
Gli infortuni sono difficili da accettare ma fanno parte dello sport, bisogna accettarli: chiedere ad Alaphilippe…
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Riprogrammare

Essere adattabili e flessibili deve essere una caratteristica dei corridori, non tutti sono fatti allo stesso modo, c’è chi soffre di più e chi, invece, riesce a focalizzarsi subito su un nuovo obiettivo.

«Questo è parte del mio lavoro – continua la dottoressa – riprogrammare è qualcosa che faccio insieme agli atleti. Il punto è che la psicologa ti può aiutare, ma fino ad un certo punto: la motivazione è qualcosa che viene da dentro, non può essere data dall’esterno. La motivazione è di due tipologie: intrinseca ed estrinseca. La prima è legata alla passione al piacere nel fare quella cosa per sé. La seconda, quella estrinseca, è legata a quelli che sono i secondi fini, quelli professionali, di conseguenza è una motivazione inferiore. Una cosa fondamentale è anche lavorare sulle cose che funzionano, e non solo sui nostri limiti. Fare qualcosa che ci riesce bene è fondamentale per non perdere il giusto feeling.

«Un altro aspetto da non sottovalutare – conclude Elisabetta – è il circolo del senso di colpa. La psicologia dice che se vuoi avere dei picchi devi ricercare le valli, non si può andare sempre al massimo. Si devono trovare dei momenti dove staccare e riposare. Il riscatto è un’arma a doppio taglio e molto affilata. Poniamo che un corridore abbia finito un Giro d’Italia corso sottotono, dentro di lui nascerà immediatamente una grande voglia di rivalsa. Ma se non ti concedi i giusti tempi di riposo, anche quando le cose vanno male, non recuperi più e la tua mente si stanca doppiamente. Il consiglio è creare un proprio zona di comfort, con persone di fiducia che possano fare da muro e filtrare quello che arriva».