Con il “senatore” Brambilla: 16ª stagione e Pidcock da scortare

30.01.2025
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Non tutti i corridori possono vantare oltre tre lustri di professionismo, Gianluca Brambilla invece fa parte proprio di quella ristretta elite. L’atleta della Q36.5 Pro Cycling Team è pronto ad affrontare la sua sedicesima stagione da professionista. E lo fa con la consapevolezza di chi ha visto e vissuto tanto nel mondo del ciclismo. Ma non ha visto ancora tutto. E questo è un grande stimolo ed è quello che gli propone il suo 2025.

Brambilla si trova ad affrontare un’annata che potrebbe essere l’ultima (chissà?), ma che sicuramente sarà vissuta con l’entusiasmo e la dedizione che lo hanno sempre contraddistinto. L’arrivo di Tom Pidcock nella sua squadra rappresenta una sfida e uno stimolo in più.

Gianluca Brambilla (classe 1997) è alla sua sedicesima stagione da pro’
Gianluca Brambilla (classe 1997) è alla sua sedicesima stagione da pro’
Gianluca, innanzitutto come stai? Come affronti questa ennesima stagione?

Tutto bene, per il momento l’inverno è andato senza intoppi, senza acciacchi o malattie. Vediamo, magari arriveranno adesso! Scherzi a parte, mi sento pronto e motivato.

C’è ancora emozione alla prima corsa della stagione?

Più che emozione ormai è voglia di testarsi, di vedere se il lavoro svolto durante l’inverno paga. È importante capire a che punto è la condizione per poi adattare gli allenamenti e i programmi di gara ed eventualmente correggere il tiro.

Hai cambiato qualcosa nella preparazione rispetto agli anni scorsi?

Sì, ogni anno ci sono degli aggiustamenti. Bisogna stare al passo con i tempi. Nell’ultimo training camp abbiamo lavorato con maggiore intensità rispetto al passato. Meno ore in sella, ma più qualità negli allenamenti.

Il vicentino, a destra, è un riferimento per i compagni
Il vicentino, a destra, è un riferimento per i compagni
E come sono cambiati i tuoi allenamenti in termini di volume e intensità?

I chilometri sono più o meno gli stessi, ma ora si lavora diversamente. Si fanno meno uscite lunghe di 7 ore “a spasso” e si inseriscono più esercizi specifici. Magari si arriva a 6 ore, non di più. Il dispendio energetico è aumentato, anche se le ore di sella sono leggermente diminuite.

La tua squadra ha subito cambiamenti importanti. Come vivi il tuo ruolo di veterano? Insomma, tu ci sei da un bel po’…

Dal primo anno che c’è stata la squadra. Sono sempre stato un punto di riferimento per i compagni, anche al primo anno ero uno degli esperti e questo ruolo è confermato anche ora. Il team ha acquisito grandi corridori come Pidcock, che hanno portato un bel salto di qualità.

Hai toccato il punto. Che impressione ti ha fatto Pidcock?

Mi ha colpito la sua professionalità. E’ un vero campione che ha vinto Olimpiadi e mondiali, cura ogni minimo dettaglio. E’ attentissimo. Segue alla lettera ogni indicazione, che si tratti di allenamento o alimentazione, ed è molto preciso nel rispettare le tabelle. Durante il camp per esempio avevamo delle strategie alimentari per ogni allenamento: un giorno 90 grammi di carbo, un giorno 120… E dovevamo assumerli ogni tot tempo. Notavo che al minuto spaccato lui infilava la mano nella tasca e apriva un gel. Insomma massima professionalità. Si vede che sa il fatto suo.

Intanto ieri all’AlUla Tour, in Arabia, Pidcock ha vinto la sua prima corsa con la Q36.5
Intanto ieri all’AlUla Tour, in Arabia, Pidcock ha vinto la sua prima corsa con la Q36.5
Avete programmi simili?

Parecchio, anche se lui ha iniziato in Arabia Saudita (dove ieri ha anche vinto) mentre io sono partito da Mallorca. Poi però dovremmo incontrarci in gare come Ruta del Sol, Strade Bianche, Tirreno.

Siete fisicamente simili. Visto che correrete spesso insieme sarai tu a passargli la bici in caso di necessità?

Direi che è cosi, abbiamo misure molto simili, quasi al millimetro.

Quanto ti stimola avere un leader come Pidcock?

Molto. Avere qualcuno da supportare in corsa è uno stimolo importante. L’anno scorso mi sono trovato spesso da solo, quest’anno spero di essere sempre lì per aiutare chi può vincere.

Pidcock ti ha chiesto consigli sulla squadra o sul modo di correre?

Più che altro abbiamo parlato, poi spesso lui eseguiva le sue tabelle. Ci siamo allenati spesso insieme, ma lui sa già perfettamente cosa fare. Io posso, e spero, dargli consigli durante la gara, ma come detto ha le idee molto chiare.

Brambilla manca da un grande Giro dal 2021, la Vuelta. La voglia di tornare alle “tre settimane” non gli manca
Brambilla manca da un grande Giro dal 2021, la Vuelta. La voglia di tornare alle “tre settimane” non gli manca
Capitolo Giro d’Italia: siete tra i papabili. E tu ci sarai?

Sì, la squadra vuole esserci e anch’io penso di poter essere della partita. Aspettiamo le wildcard, ma c’è voglia di farlo. Tanta voglia sarebbe una grande cosa per tutti.

Che idea ti sei fatto delle prime corse stagionali?

Che gli equilibri sono sempre gli stessi, ma alcune squadre si sono rafforzate molto. La UAE Emirates è ancora dominante, ma ci sono altri team, come Red Bull-Bora, che hanno iniziato forte. E altre come la XDS-Astana che si sono rafforzate. Champoussin e Scaroni li ho visti bene. E poi c’è Hirschi che alla Tudor ha già dimostrato di essere un killer, come lo chiamo io: quando ha il numero sulla schiena, è difficile batterlo.

Strade Bianche: nuovo percorso. L’analisi con Brambilla

01.03.2024
5 min
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SIENA – «Cosa ricordo di quel 2016? Che saltellavo troppo sui quei sampietrini dentro Siena»! E’ Gianluca Brambilla a parlare. Il veneto, ora in forza al Q36.5 Pro Cycling Team, ricorda appunto la Strade Bianche 2016, l’edizione che stava per vincere. Gli mancarono 300 metri. Cancellara e Stybar lo divorarono nel finale. Ma lui fu autore di un attacco memorabile da lontano. Fu ripreso da quei due, appunto, e da Sagan, ma scattò ancora.

Ieri, dopo una lunga giornata di ricognizione, Brambilla, nel resort sperso sulle colline toscane, ci spiega bene l’edizione che invece sta per arrivare. Un’edizione più che rinnovata nel percorso. Quasi 34 chilometri in più. Più sterrato e più dislivello.

Gianluca Brambilla è uno dei corridori più esperti del gruppo. Ha affrontato la Strade Bianche già otto volte, solo Salvatore Puccio, tra coloro che saranno in gara domani, ne ha fatte più: nove. Con lo sterrato, viste anche le sue ottime doti da biker, Gianluca ha un grande feeling. Lo ricordiamo anche al Giro d’Italia dello stesso anno, protagonista e vincitore della tappa di Arezzo, che prevedeva sterrato. Pochi, dunque meglio di Brambilla, sanno dirci delle condizioni del percorso.

Gianluca Brambilla (classe 1987) ha preso parte ad 8 Strade Bianche, salendo sul podio nel 2016
Gianluca Brambilla (classe 1987) ha preso parte ad 8 Strade Bianche, salendo sul podio nel 2016
Gianluca, quanto è cambiata la Strade Bianche in generale rispetto a quel 2016?

Quello che soprattutto è cambiato credo sia il modo di affrontarla da parte dei corridori. Una volta l’inizio era più tranquillo, adesso si va a spron battuto sin da subito. Si è visto anche l’anno scorso. La fuga è durata il tempo del rifornimento, penso 15 chilometri, sul Sante Marie erano già ripresi tutti. Ma questo vale per molte altre corse. Magari proprio quest’anno col fatto che è più lunga assisteremo ad una tattica più simile al passato.

Ora è più lunga e non di poco: 34 chilometri quasi…

Era già una corsa durissima. Si arrivava uno per cantone, quest’anno ancora di più. Il quindicesimo potrebbe già avere 10′. La Strade Bianche è famosa anche perché nel finale gli atleti arrivavano stremati. Insomma, Van Aert cadde sul muro finale!

L’altimetria 2024: il dislivello passa da 3.100 a 3.700 metri. I chilometri da 181 a 215
L’altimetria 2024: il dislivello passa da 3.100 a 3.700 metri. I chilometri da 181 a 215
Oggi ti abbiamo visto impegnato durante la ricognizione: avevi un buon passo, mentre molti altri corridori erano meno concentrati. Perché?

Cerco di fare i tratti di sterrato con un certo impegno e una buona velocità per trovare il feeling con i materiali, soprattutto le gomme. Per capire il comportamento della bici e come guidare. E poi perché ogni anno comunque lo sterrato cambia un po’. 

E come lo hai trovato quest’anno?

L’ho trovato migliore: abbastanza battuto, compatto e con poco ghiaione sopra la base. Quindi era anche poco scivoloso e piuttosto veloce. E c’erano anche poche buche.

Bagioli e, a ruota, Mosca: grande concentrazione e grandi gomme
Bagioli e, a ruota, Mosca: grande concentrazione e grandi gomme
Veniamo proprio al nuovo percorso: quanto cambia? Cosa ci dici di questo anello di 31 chilometri nel finale: quanto incide nell’economia della corsa?

Tecnicamente, non è durissimo. E’ veloce, le strade sono belle larghe, i tratti di sterrato sono stati rimessi a nuovo. Per me forse è più impegnativa la parte in asfalto, visto che la strada sale per gran parte del tempo. Per quanto riguarda l’economia della corsa in generale, secondo me cambierà il modo di affrontare soprattutto lo sterrato di Monte Sante Marie.

Cioè?

Prima li si muovevano i big, magari adesso aspetteranno un po’. Prima questo segmento era a 50-55 chilometri dall’arrivo, ora sono 78. Ed è lunga a quel punto per andare all’arrivo. Dunque secondo me si muoveranno più tardi, magari sulle Tolfe, al primo passaggio. Anche se è un tipo di salita e di settore differente.

Spiegaci meglio…

Sante Marie dura 15′-20′, Le Tolfe sono uno sforzo più breve. Farà più differenza la fatica accumulata sin lì che non l’attacco. Immagino più una selezione da dietro, per sfinimento.

Pogacar da solo. Ci hanno riferito che ad un tratto ha accelerato, ha lasciato i compagni, transitati con ammiraglia al seguito 5′ dopo di lui
Pogacar da solo. Ci hanno riferito che ad un tratto ha accelerato, ha lasciato i compagni, transitati con ammiraglia al seguito 5′ dopo di lui
Prima, Gianluca, hai parlato di materiali. Oggi non abbiamo notato coperture al di sotto dei 30 millimetri, sia per uomini che per donne. Tu cosa scegli?

Vittoria ci ha consigliato la loro copertura tubeless da 32 millimetri, con l’inserto antiforatura all’interno e la pressione di 3.3 bar, almeno per me che sono 58 chili. Le ruote sono in carbonio, a basso profilo rinforzate.

Basso profilo e rinforzate: cosa intendi di preciso?

Profilo da 33 millimetri. Rinforzate, dato che con Zipp utilizziamo la versione per le classiche. Insomma non sono le Firecrest. Poi ricordiamoci che nonostante tutto la Strade Bianche è una corsa veloce. E la nostra bici (Scott Foil Rc, ndr) con il suo profilo aero è ottimale… Anche perché ci entrano le coperture da 32! Ma credo siamo proprio al limite.

Ormai, Gianluca, siete quasi dei computer voi corridori attuali, domani avrete 40′-45 in più di corsa: quanto cambia l’alimentazione?

In corsa non molto, anche perché oltre i 100-110 grammi di carboidrati l’ora non puoi andare. Cambia invece un po’ l’approccio il giorno prima. Di solito si fa un “carbo loading” solo dalla sera. Invece con il nostro nutrizionista abbiamo deciso d’iniziare già dal pranzo. Quindi più carbo anche a mezzogiorno.

In ricognizione sul percorso anche le donne: qui Marianne Vos. Laporte invece ha scalato le Tolfe in ammiraglia
In ricognizione sul percorso anche le donne: qui Marianne Vos. Laporte invece ha scalato le Tolfe in ammiraglia
Il maltempo inciderà sulle scelte tecniche? Per esempio, con coperture troppo larghe, non c’è il rischio che lo sporco si scarichi con più difficoltà con spazi tanto al limite tra coperture e telaio?

Non credo che il meteo inciderà sulle scelte tecniche visto il terreno. Non è comunque uno sporco fangoso tipo mtb che si attacca. Questa polvere, questa ghiaia, si dovrebbero scaricare bene anche se dovesse piovere. 

I favoriti per Brambilla?

I soliti. Diciamo Pogacar?

Anche se Tadej è alla prima corsa?

Ma ormai conta poco. Soprattutto questi campioni, riescono ad arrivare super preparati anche senza corse. E’ fresco muscolarmente e in una corsa così non è poco. Poi anche la Visma-Lease a Bike corre sempre molto bene. Stanno in testa, spendono meno e hanno gente forte come Laporte.

Nelle file della Q36.5 arriva Bozzola che non si accontenta

31.01.2024
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E’ passato molto tempo dall’aprile 2022, quando Mirko Bozzola sorprese tutti facendo suo il GP Liberazione juniores sulle strade romane. Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti e il corridore che faceva parte dell’Aspiratori Otelli ha continuato a evolversi, si è anche aggiudicato una tappa al Giro della Lunigiana per poi cambiare categoria e andare in crescendo, con una vittoria a metà giugno prima di chiudere la stagione già a metà luglio. Tempo comunque sufficiente per trovare l’ingaggio con la Q36.5.

Un’evoluzione che apre la porta a tanti spunti, a cominciare dal fatto che è una scelta a metà fra Italia e estero: «Ad agosto ho avuto il primo contatto. Ho parlato a lungo con Daniele Nieri che mi ha spiegato non solo le aspettative del team nei miei confronti e il programma, ma anche la filosofia di squadra. Non c’è voluto molto a convincermi, era chiaro che la squadra sia molto ambiziosa e io mi ci rispecchio perfettamente».

Pur avendo chiuso già a luglio la sua stagione, il 19enne aveva già trovato un approdo alla Q36.5 (photors.it)
Pur avendo chiuso già a luglio la sua stagione, il 19enne aveva già trovato un approdo alla Q36.5 (photors.it)
Come prima impressione la senti più vicina alle tue esperienze passate, alle nostre radici?

Ci sono sicuramente molti italiani, ma resta pur sempre un team internazionale e per me questo è stato preminente. Una formazione simile ti fa crescere perché fa un calendario molto prestigioso. Io la vedo come una via di mezzo, ma la corsa che mi piace di più è che prende il meglio di ognuna delle due eventualità.

Tu hai fatto già un anno nella categoria con la Zalf. Che cosa ti ha spinto a cambiare?

Non rinnego assolutamente la mia scelta, mi ha dato tante soddisfazioni, ma mi sono anche reso conto che per arrivare dove voglio arrivare serve qualcosa in più. In questo molto pesa il calendario: fare gare più importanti significa affrontare corridori più forti e questo è un passo fondamentale per crescere. Per questo ritengo questo un anno decisivo per la mia carriera.

Una sola stagione per Bozzola alla Zalf, con solo 16 giorni di gara, ma un bilancio positivo (photors.it)
Una sola stagione per Bozzola alla Zalf, con solo 16 giorni di gara, ma un bilancio positivo (photors.it)
Tu finora sei stato identificato soprattutto come un velocista, ma questa definizione la senti stretta?

Sì, al punto che ormai non mi ci identifico più. Io voglio essere visto come un corridore che ha a disposizione più frecce al proprio arco. Non dimentichiamo che il Liberazione l’ho vinto al termine di una fuga lunghissima. Anche per questo è importante la scelta che ho fatto: effettuare gare sempre diverse, su percorsi il più possibile separati l’uno dall’altro, servirà per capire che tipo di corridore sono.

Perché guardi tanto al tipo di avversari?

Perché conta molto per me affrontare gente che ha maggiore esperienza della mia. Credo che sia questa la strada per imparare di più e me ne sono già accorto al primo ritiro, con il nostro gruppo affiancato a quello della prima squadra. Avere al mio fianco uno come Gianluca Brambilla che ha vissuto così tanti anni nel ciclismo che conta è una fortuna enorme, posso imparare tante cose, ma devo dire che in tutto il gruppo ho trovato grande disponibilità e si è instaurato subito un ottimo feeling.

Per Bozzola ritiro senza allenamento a Calpe. Il team gli ha inviato comunque una divisa per i suoi allenamenti
Per Bozzola ritiro senza allenamento a Calpe. Il team gli ha inviato comunque una divisa per i suoi allenamenti
Come giudichi l’ultimo anno?

Nel complesso buono pur essendo stata una stagione breve, da marzo a metà luglio con uno stop prolungato per un problema a un tendine. Ma aver vinto due gare più una cronosquadre è un bottino già importante. Aver finito prima mi ha anche permesso d’iniziare per tempo la preparazione. La cosa che mi ha scocciato di più è stata che al ritiro di Calpe mi sono ammalato quasi subito, tornando a casa dopo appena qualche giorno. Dal punto di vista fisico è stata un’esperienza sfortunata, da quello intersociale molto istruttiva.

Hai avuto modo di capire che calendario avrai?

Purtroppo essendo tornato prima no, ne dovremo riparlare e questo aspetto per me è importante. Spero tanto di avere quante più occasioni possibili per correre con gente più grande, più attrezzata da ogni punto di vista e, non lo nascondo, spero anche di mettere la mia firma in corse di peso. Ho ancora tempo per capire tante cose, essere in una squadra che ha al suo interno un team maggiore, professional ma alle porte del WorldTour, è un’opportunità straordinaria e voglio sfruttarla.

L’ultimo successo, al Trofeo Bottecchia, staccando il gruppo di 10″ (photors.it)
L’ultimo successo, al Trofeo Bottecchia, staccando il gruppo di 10″ (photors.it)
Tu d’altronde il contraccolpo del cambio di categoria lo hai già assorbito…

Sì, i primissimi mesi sono sempre di assestamento e al di là dei piazzamenti ottenuti è stato così anche per me. Cambia tutto, bisogna essere svelti ad ambientarsi, ad abituarsi ai diversi carichi di allenamento. Il primo anno il mio obiettivo era imparare il più possibile e quello che ha influito tantissimo è stato l’aspetto dell’alimentazione in corsa. Prima quasi non sapevo che cosa fare e non credevo che fosse un aspetto così importante, il 2023 è stato fondamentale in tal senso. Ora però so anche come muovermi in gruppo in ogni situazione, quindi voglio di più.

Brambilla lancia la seconda (ambiziosa) stagione della Q36.5

20.01.2024
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La Q36.5 Pro Cycling Team si affaccia al suo secondo anno di vita. Il team svizzero, nato dalle ceneri della Qhubeka ha messo alle spalle la sua prima stagione da professional. Un anno zero, condito da qualche successo e da una crescita continua. In questa squadra c’è una buona rappresentanza italiana, guidata da Gianluca Brambilla (in apertura foto SprintCycling).

Il corridore vicentino inizierà, a 36 anni, la sua quindicesima stagione da professionista. La sua figura nella Q36.5 Pro Cycling Team è fondamentale e di grande rilievo, un mentore e un consulente, sempre pronto a dare supporto. Senza rinunciare, tuttavia a qualche ambizione personale. 

Brambilla e la Q36.5 stanno preparando l’esordio stagionale allenandosi sulle strade di Calpe (foto Luis Eder)
Brambilla sta preparando l’esordio stagionale pedalando sulle strade di Calpe (foto Luis Eder)

Dalla Spagna al deserto

Brambilla, insieme ai suoi compagni, si trova a Calpe a preparare i primi appuntamenti del 2024. La scorsa stagione ha visto il brutto infortunio alla clavicola, rientrato per tempo e prontamente messo alle spalle.

«Sto bene – ci racconta Brambilla – ho passato un buon inverno. Quest’anno la stagione inizierà dall’AlUla Tour (ex Saudi Tour), mi sento a buon punto. L’inverno per me è un periodo fondamentale, soprattutto a 36 anni. Per il momento non ho avuto intoppi, a differenza dello scorso anno e questo mi fa stare sereno».

Brambilla nel 2023 è passato alla Q36.5 dopo cinque anni alla Trek
Brambilla nel 2023 è passato alla Q36.5 dopo cinque anni alla Trek
La squadra come sta?

Rispetto al 2023 sento che siamo tutti più avanti, test e dati dicono questo. La passata stagione abbiamo iniziato in ritardo e ci siamo trovati a rincorrere. Il primo ritiro lo avevamo fatto a gennaio e come bici e materiale eravamo un po’ in svantaggio. E’ normale sia così, quando nasce una squadra da zero c’è da fare tutto e non è facile. Anche i tecnici si sono trovati a mettere insieme 20 corridori nuovi. 

Che bilancio trai dal 2023?

E’ stato un anno zero, ma che ci ha fatto fare tanta esperienza. I tecnici hanno imparato a conoscerci e anche tra corridori siamo diventati sempre più gruppo. Ora i diesse sanno che tipologia di corridori hanno a disposizione ed è stato importante per costruire bene questo inverno. 

E Brambilla che cosa ha imparato?

A dare più aiuto e un maggior supporto. Mi sono accorto che la mia esperienza può essere fondamentale. Nel 2023 non ero il più vecchio, mentre quest’anno lo sono. Ho cercato di essere di supporto a tecnici e compagni. La cosa che mi ha fatto maggiormente piacere è aver visto come la mia opinione venga presa in considerazione. Scelte, idee, confronto e tanto aiuto ai giovani, soprattutto agli italiani. 

La Q36.5 nel 2024 conterà 27 corridori di 14 nazionalità differenti
La Q36.5 nel 2024 conterà 27 corridori di 14 nazionalità differenti
Che cosa ti pare dei giovani?

Questa squadra mi piace perché i ragazzi ascoltano maggiormente rispetto ad altri team dove sono stato in passato. L’organico è ampio, ci sono 27 corridori. Sembrano tanti, ma con doppia e a volte tripla attività, ci si trova contati.

La tua è stata una stagione senza grandi Giri come è andata?

Non ho sentito una grande differenza, ho corso tanto e con un calendario di buona qualità. Anche per il 2024 non abbiamo ancora la certezza di fare grandi Giri, ma questo non mi spaventa. Notizia di questi giorni, saremo al Giro del Delfinato e al Giro di Svizzera. Nel mese di giugno avremo tre attività: due WorldTour (Delfinato e Svizzera, ndr) e Giro di Slovenia. E poi c’è da dire una cosa.

Quale?

Che nel 2023 siamo stati al via delle cinque Classiche Monumento, cosa importantissima. E nel 2024 dovremmo aggiungere al programma le corse nelle Ardenne, alle quali dovrei partecipare. Non ci manca un grande Giro per fare una bella figura. 

Siete stati una delle migliori professional del 2023, ed era solo il vostro primo anno di vita…

Eravamo quinti nel ranking, dietro a Lotto Dstny, Israel, Uno-X e Total Energies. Siamo nel pieno della lotta per essere tra le migliori professional e per conquistare la licenza WorldTour. 

Che ci dici dei giovani italiani?

Spero che per Calzoni possa essere l’anno della prima vittoria. So quanto è importante e mi auguro che arrivi subito, sarebbe un bel modo per far scattare la molla e sentirsi più sicuro. Ha imparato dagli errori, come al Tour of Norway dove ha attaccato controvento e si è piantato. Io lì ero a casa ma gliel’ho detto: «Ma dove vai?». Se si fosse fermato a respirare un attimo avrebbe vinto. 

E dei nuovi?

Ho avuto come compagno di stanza Fancellu. Lui deve ritrovarsi, ho visto che una stagione (il 2021, ndr) è stata difficile. Una nuova squadra può dargli una nuova motivazione e chissà che ritrovi la brillantezza dei giorni migliori.

Per Brambilla che 2024 vedi?

L’obiettivo è essere nella mischia e fare da supporto ai compagni di squadra. Non avrò paura di tirare per loro, ma sono sicuro che troverò le mie occasioni. Si parte dall’AlUla Tour, l’ambizione è arrivare alla primavera più pronto rispetto al 2023.

Brambilla, fiducia già in estate: la Q36.5 se lo tiene stretto

21.10.2023
4 min
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Gianluca Brambilla non si ferma, rilancia e va avanti. Il veneto ha trovato nella Q36.5 nuova linfa e forse anche piena fiducia. A 36 anni suonati, il “Brambi” poteva anche dire basta. Una buona carriera, qualche vittoria di peso, team importanti nei quali ha anche lavorato per capitani importanti. Non doveva nulla a nessuno. 

Il livello poi oggi è siderale, si sa, e non è facile. I corridori nati negli anni ’80 sono sempre meno e pochissimi sono riusciti ad adattarsi al nuovo ciclismo. Per farlo serve una grande disponibilità, ma anche una certa intelligenza. 

Gianluca Brambilla (classe 1987) ai nostri “microfoni”
Gianluca Brambilla (classe 1987) ai nostri “microfoni”

Un anno in più

Invece succede che la firma per il rinnovo arriva prima di quanto ci si potesse attendere. 

«E’ stata una stagione positiva – ci spiega Gianluca – nonostante sia stata segnata da due momenti delicati: uno a dicembre scorso, quando sono stato operato di appendicite, e uno in piena estate al Giro di Svizzera.

«Nel primo, ho passato una settimana all’ospedale quando ero nel bel mezzo della preparazione. Perdere una settimana in quel modo, poi di questi tempi, non è stato facile. E infatti questo intoppo ha segnato il mio inizio di stagione».

Nel mezzo Brambilla fa delle buone corse e trova un certa continuità che non guasta mai, tanto più se si è un corridore non giovanissimo.
«Poi allo Svizzera, sul quale era incentrata la stagione, ho avuto sfortuna. Nelle prime tappe mi sono subito rotto la clavicola. Altro stop che mi ha tenuto fuori due mesi. Poi però comunque sono rientrato. Ho fatto subito qualche buon piazzamento. E sono andato anche vicino alla vittoria a Burgos».

Brambilla si appresta ad affrontare la 15ª stagione da pro’. Nel suo palmares sei vittorie tra cui una tappa al Giro 2016
Brambilla si appresta ad affrontare la 15ª stagione da pro’. Nel suo palmares sei vittorie tra cui una tappa al Giro 2016

Grinta…

La grinta non manca a Gianluca e questo è stato ancora una volta il suo punto di forza.
«Io – va avanti Brambilla – non mi accontento mai. Anzi, sono sempre un po’ troppo cattivo con me stesso. Però penso che per avere una mentalità vincente, devi essere un po’ così e alla fine credo sia una cosa positiva per me». 

Corridori così sono sempre meno. Jolly un po’ su tutti i terreni, disponibili per il team e all’occorrenza in grado di prendersi le proprie responsabilità. È facile capire dunque perché Douglas Ryder, patron della Q36.5, abbia deciso di tenerlo ancora un altro anno, almeno…

«Riguardo alla firma del contratto la situazione era più positiva dell’anno scorso – spiega con un certo orgoglio Gianluca – loro volevano farmi rinnovare e io che sono agli ultimi anni di carriera ho accettato di buon grado. Anche perché con la squadra mi trovo bene. Sono contento del supporto che riesco a dare con la mia esperienza».

Gianluca è un riferimento per i compagni. Eccolo con Damien Howson dopo che l’australiano aveva vinto nelle Asturie
Gianluca è un riferimento per i compagni. Eccolo con Damien Howson dopo che l’australiano aveva vinto nelle Asturie

Ed esperienza

E la parola esperienza in questo caso non è vaga come altre volte. La Q36.5 è davvero una squadra giovane e un Brambilla ci stava, e ci sta, bene.

«All’inizio della stagione ci siamo ritrovati un po’ ad inseguire le gare. Avevamo tante corse in calendario, volevamo arrivare dappertutto, però la squadra era fatta solo di 20 corridori. Ci sono stati momenti in cui facevamo tripla attività. E non era facile essere competitivi dappertutto. Poi però quando abbiamo preso il ritmo abbiamo colto qualche bel risultato e ci siamo tolti anche qualche soddisfazione».

Il discorso vira poi inevitabilmente sui giovani. Se Brambilla è un riferimento in gruppo, figuriamoci per i ragazzi della sua squadra. Già sapevamo del buon feeling con Walter Calzoni. E lui stesso lo conferma.

«Di giovani ne abbiamo tanti – dice Gianluca – e i nostri mi sembrano giovani che hanno più voglia di molti altri. Vogliono emergere. Penso a Walter per esempio. Lui mi sta vicino, mi chiede, è motivato… Per me è un ottimo corridore, ha un grande motore e deve cercare di sfruttarlo al meglio.

«Discorso simile per lo spagnolo Camprubi, forte e curioso».

Le infinite vie della Tirreno. La strategia di Brambilla

16.03.2023
4 min
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In questi giorni abbiamo parlato con atleti e preparatori per capire quanto possa essere necessaria una Tirreno-Adriatico in funzione di altri obiettivi. Ma gli altri obiettivi sono anche altre corse. Gli altri obiettivi non sono solo la Sanremo o la Roubaix. I goal possono essere quelli di accrescere la propria condizione a prescindere o da gare come la Coppi e Bartali. Ed è quello che ci ha raccontato Gianluca Brambilla.

Il corridore veneto è approdato quest’anno alla  Q36.5. Sin qui, complice anche qualche problema di salute, non ha corso moltissimo: la Tirreno è stata la sua terza gara della stagione, la seconda a tappe. E forse ancora di più per Brambilla è stata un momento di preparazione, ammesso sia questo il termine corretto.

Gianluca Brambilla (classe 1987) sull’arrivo di Osimo. Per il vicentino una Tirreno “di costruzione”
Gianluca Brambilla (classe 1987) sull’arrivo di Osimo. Per il vicentino una Tirreno “di costruzione”

Sfortune alle spalle

«Il percorso di questa Tirreno – ci ha detto Brambilla – in generale è stato molto duro. Duro sotto ogni punto di vista: chilometrico, altimetrico, dei trasferimenti. Stressante quasi fosse un Giro d’Italia

«Quindi se ci mettiamo che, a livello personale, non ci sono arrivato in ottime condizioni tutto sommato sono “soddisfatto”».

«E’ tutto l’inverno che inseguo la condizione, però grazie anche a questa Tirreno adesso spero che le sfortune siano finite. Prima ho avuto l’appendicite, poi l’influenza intestinale la sera prima del debutto stagionale. Al rientro, debilitato, abbiamo preso la neve al Gran Cammino, poi ancora una scivolata in corsa e per finire una banale caduta prima della della crono di Camaiore. Sono caduto dalle scale del bus. Il che può far ridere ma ho picchiato la schiena…

«Per questo ora spero di vedere la luce in vista dei prossimi appuntamenti e dei prossimi obiettivi. E questi sono la Sanremo, okay, ma anche la Coppi e Bartali, dove voglio tornare davanti. Voglio fare bene».

La neve al Gran Camino non ha agevolato il rientro alle corse di Brambilla
La neve al Gran Camino non ha agevolato il rientro alle corse di Brambilla

Primo picco

E qui si apre il capitolo preparazione. Con la nuova squadra, per Brambilla sono cambiate molte cose, tra cui i calendari. Tempo fa Gianluca ci disse che il vero goal dell’anno sarebbe stato il Giro di Svizzera. Qualcosa d’insolito, ma al tempo stesso stimolante.

«Se quello della Coppi e Bartali potrebbe essere il primo picco di condizione della stagione? Oggi è difficile prepararsi in corsa, però penso anche che quando si hanno basi solide come le avevo io, si possa fare una buona dose di lavoro. Come ho fatto io alla Tirreno per fare bene alla Sanremo e alla Coppi e Bartali».

Gianluca è tra gli italiani più più apprezzati dal pubblico
Gianluca è tra gli italiani più più apprezzati dal pubblico

Verso lo Svizzera

Ma la primavera di Brambilla non si fermerà certo a Carpi, ultima tappa della gara dedicata ai due immensi campioni. Sulla via di Gianluca c’è anche il Tour of the Alps.

«Da lì scatterà veramente la rincorsa al Giro di Svizzera – va avanti il vicentino –  il primo grande obiettivo della squadra. Dopo quella corsa infatti andrò in altura».

Brambilla è sempre stato un attaccante con la “A” maiuscola. Un lottatore. E’ un corridore della vecchia guardia che meglio di altri è riuscito ad adeguarsi al ciclismo moderno, pertanto è ben conscio dell’importanza dei dettagli. Se vorrà essere al top per Tour de Suisse, appunto, tutto dovrà filare al meglio. E per far sì che tutto vada per il meglio ecco come ha già iniziato a comportarsi alla Tirreno.

«Durante la Tirreno ho cercato di essere attento ad ogni cosa. L’altro giorno a Sassotetto, per esempio, visto l’andazzo, non sono sceso in ammiraglia, ma in bici. Alla fine era il modo più veloce per filare via veloce verso la doccia. Mi sono coperto tutto, il più possibile e sono sceso a valle. E lo stesso con l’alimentazione. Ho cercato di mantenere il serbatoio sempre ben pieno. Rispetto al passato si mangia molto di più, anche perché il dispendio calorico in corsa è altissimo visti i ritmi. E poi a mio parere l’eventuale dieta meglio farla a casa che in corsa».

Gli over 30 e il nuovo ciclismo. Riflessioni con Brambilla

12.02.2023
7 min
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«Il ciclismo è cambiato, ma è anche giusto che sia così. Solo che è successo tutto quando ero già over 30 ed è difficile poi adattarsi. Noi della generazione nata tra il 1987 e il 1990 abbiamo subito tanto questa cosa». Questa frase, che ci ha fatto riflettere parecchio, è di Sacha Modolo. Si parla non solo di cambiamento, implicitamente di stimoli, di generazioni. A quella fascia di età appartiene anche Gianluca Brambilla (in apertura foto Instagram).

Gianluca è uno dei professionisti italiani più esperti. Il vicentino va per i 36 anni ed è proprio un classe 1987. E con lui vogliamo approfondire e commentare questo tema.

Il corridore della Q36.5 dopo un ottimo inverno da un punto di vista della preparazione oggi avrebbe dovuto debuttare in vista della 15ª stagione da pro’, ma… «Ma è successo che sono venuto qui in Portogallo, super motivato, con una voglia pazzesca. Non correvo da agosto, ho iniziato ad allenarmi ad ottobre, ma ho preso la febbre e mal di stomaco».

Era il 2010 e una banda di ragazzini terribili si affacciava al professionismo. I grandi campioni erano Basso, Contador, Schleck, Evans…
Era il 2010 e una banda di ragazzini terribili si affacciava al professionismo. I grandi campioni erano Basso, Contador, Schleck, Evans…
Gianluca dalle tue parole e dal tuo tono di voce sembri avere ancora fame…

Fame di brutto! Ne ho tanta perché non correvo da agosto, perché sono in questa nuova squadra e in un ambiente nuovo. Avevo una gran voglia di dimostrare qualcosa. Anzi più che dimostrare qualcosa di aiutare la squadra.

Partiamo dalla frase di Modolo, cosa ne pensi?

Posso dirvi ciò che ripeto spesso ai giovani di questa squadra e non solo. L’altro giorno ero in bici con Covi e gli ho detto che mi dispiace che i giovani di oggi non abbiano vissuto il ciclismo che ho vissuto io all’inizio della mia carriera. Ai miei tempi il ciclismo andava oltre i numeri, i risultati…e parlo soprattutto del ciclismo fuori dalle corse. Vi faccio un esempio…

Vai…

Ricordo un Giro del Trentino. Io ero alla Bardiani. Per alcune sere capitammo in un hotel disperso non so dove dalle parti di Dimaro. E nello stesso hotel c’erano anche altre squadre, tra cui la Lampre. Passavamo le serate su un dondolo. Ma facevamo le undici e mezza, mezzanotte… tanto che ad un certo punto dovevamo quasi imporci di andare a letto! C’erano Scarponi, il meccanico Pengo, Stortoni… oggi queste cose non si vivono più. E’ impensabile.

Negli “anni 10” del 2000 la Sky ha stravolto il mondo del ciclismo con i suoi nuovi metodi
Negli “anni 10” del 2000 la Sky ha stravolto il mondo del ciclismo con i suoi nuovi metodi
E come è avvenuto questo cambiamento?

Io credo ci siano stati due grossi spartiacque. Il primo è quello dell’avvento di Sky e del metodo anglosassone. Loro hanno portato e sviluppato idee nuove, metodologie basate su recupero e un certo modo di correre. Da quel momento, con questo protocollo più rigido sono iniziati a sparire i corridori dagli hotel. Subito in camera con le calze a compressione, riposo, recupero, i film in camera…

E il secondo?

Il secondo spartiacque è stato la pandemia, da quel momento si è iniziato ad andare fortissimo, ma sinceramente non so perché, qualcosa di certo è cambiato. Per esempio, anche in questi giorni i miei compagni mi hanno detto che alla Valenciana hanno fatto numeri impressionanti, tipo 7 watt/chilo sulle salite. Roba da Tour de France. Credo li abbia pubblicati anche Tao Geoghegan Hart. Su una salita, quando si è messa a  tirare la Bora-Hansgrohe ha fatto 7,3 watt/chilo… cose folli, tanto più se si pensa che siamo a febbraio. Io ricordo che Simoni riprendeva la bici a febbraio e poi vinceva il Giro.

Oggi sarebbe fuori dal mondo…

E’ cambiato tutto. Non so se sia la tecnologia, i materiali… Però il lato umano deve esserci ancora. E vedo che i ragazzi sono troppo legati ai numeri.

Alla Valenciana numeri monster, soprattutto durante il forcing della Bora-Hansgrohe
Alla Valenciana numeri monster, soprattutto durante il forcing della Bora-Hansgrohe
Come ha fatto Gianluca Brambilla ad adattarsi?

Credo dipenda dal mio carattere. Io vado d’accordo un po’ con tutti. Penso positivo e mi pongo in modo positivo anche se magari sono nero come il carbone… come in questo momento! Un inverno passato ad allenarmi e 24 ore prima del via mi ammalo. E poi anche a livello di comunicazione me la cavo. Ho un buon inglese e questo mi ha aiutato ad integrarmi. Alcuni miei ex colleghi non hanno avuto fortuna quando sono stati fuori anche perché non riuscivano ad integrarsi e, anzi, in alcuni casi non capivano cosa gli dicessero i diesse. 

Tra un Brambilla classe 1987 e un corridore classe 2002 ce n’è di differenza. Quest’anno ci ha colpito per esempio vedere i ragazzi della Bardiani scendere a colazione con la App in mano che gli diceva le quantità da mangiare. Diciamo la Bardiani perché li abbiamo visti dal vivo, ma lo fanno anche altri. Non è una critica…

Forse lo fanno perché spesso ci sono atleti troppo giovani, in pratica degli juniores e non sanno cosa mangiare. Io non ho mai usato queste App, ma so che altri team lo fanno. Sono un po’ restio a questo genere di cose. Per me i ragazzi devono fare esperienza e conoscersi. E in questo molto conta anche la scuola (ciclistica, ndr) di provenienza, io ho fatto 4 anni da dilettante. E lì impari per esempio che quando sei alle corse se hai fame devi mangiare. Se vai in crisi di fame in allenamento, poco male, ma in corsa resti fuori dai giochi. Credo che certe App siano legate soprattutto ad un discorso di controllo da parte della squadra: “Facci sapere cosa mangi, vediamo come vai e acquisiamo dei dati”. Anche noi in Q36.5 siamo monitorati durante il sonno e poi tutti i dati vengono caricati su TrainingPeaks. Ripeto, io ho fatto il dilettante ed è lì soprattutto che ho imparato come si fa il ciclista. Poi è anche vero che d’imparare non si finisce mai. E non si deve finire mai.

App per capire quanto e cosa mangiare, molti team le usano oggi
App per capire quanto e cosa mangiare, molti team le usano oggi
Imparare dunque è uno stimolo?

Sicuro… ed è anche una necessità. Ma deve essere un cambiamento e non uno stravolgimento. Parlo di accorgimenti. Per esempio la posizione in bici. Ci sono nuovi materiali, mi adatto in un certo modo. Oppure i calendari con delle “corse nuove”. Quest’anno ho come obiettivo stagionale il Giro di Svizzera. E’ bello, è diverso, è nuovo. Prima ci si era sempre preparati per il Giro, la Vuelta

Quelli della tua generazione hanno vissuto il “vecchio ciclismo” quello di trasformazione e quello super moderno: secondo te quando Modolo tirava in ballo quella specifica classe di età a cosa si riferiva?

Io credo che nel ciclismo di una volta il talento in qualche modo emergeva, veniva esaltato. E “Saka” era uno di quelli col talento. Se uno bravo era al 90% o faceva la vita del corridore al 90% ma aveva talento in qualche modo alle corse si toglieva qualche soddisfazione. E’ successo anche a me. Non eri costretto a soffrire in un certo modo in allenamento. Eri al 85-90% andavi alle corse e arrivavi al 100%. Oggi se vai alle corse e non sei al 110%, e badate ho detto 110, ti stacchi. Quando perdi 35” perché ti fermi a fare pipì per rientrare è un problema. E il risultato non lo cogli. Adesso è il contrario: se non vai alle corse super pronto vai sempre più piano, fai solo fatica perché non recuperi. Una volta andavi alle corse per migliorare, per affinare la preparazione. E c’è un’altra cosa che per me ha inciso parecchio.

Quale?

Oggi anche il gruppetto guarda i watt e va su in un certo modo e anche il gruppetto non va piano. E questo credo che nel caso di un corridore come Modolo ti faccia soffrire sempre. Faccio un ipotesi… non voglio criticare nessuno. Sia chiaro!

Brambilla: «In allenamento bisogna soffrire di più» (in foto Germani – Nicolas Gotz / Équipe cycliste Groupama-FDJ)
Brambilla: «In allenamento bisogna soffrire di più» (in foto Germani – Nicolas Gotz / Équipe cycliste Groupama-FDJ)
Rispetto a te i giovani che sono nati col ciclismo della tecnologia “soffrono” di meno questa vita?

Sì. Io ho iniziato che c’era il cardiofrequenzimetro. Ho iniziato ad usare il potenziometro al terzo anno da pro’, quando ero in Quick Step. Oggi ce lo hanno da allievi e questo è un vantaggio. Non è una brutta cosa perché comunque ti alleni meglio, hai le tue zone di riferimento. Sono loro che ci insegnano queste! In Q36.5 tengo molto ai giovani e cerco di tramandargli altri aspetti come la gestione della vita del corridore, perché sul fronte degli allenamenti sanno già tutto. 

Cosa intendi?

Vedo che spesso vanno in confusione per le cose più semplici come la programmazione di un viaggio, l’abbigliamento da mettere in valigia… Oppure, per esempio, si sa che il cappuccino prima della gara non è il massimo allora gli suggerisco di prenderlo il giorno dopo. Ma la differenza maggiore è a casa: tra allenamenti e ritiri è più dura, perché alla fine quando sei in corsa fare un certa vita ti viene facile.

Regista in corsa? Brambilla vuole molto di più…

19.11.2022
5 min
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Nella sua disamina del nuovo team, Douglas Ryder era stato molto chiaro a proposito dell’ingaggio di Gianluca Brambilla, avendo visto nel 35enne di Bellano una sorta di regista in corsa per il team Q36.5. Il manager sudafricano, che pure non aveva mai avuto modo di lavorare con lui, lo ha fortemente voluto, come caposaldo del suo nuovo team. Proprio questa forte volontà ha restituito a Gianluca quell’entusiasmo che temeva essere svanito.

Brambilla ha chiuso la sua stagione anzitempo, prima di Ferragosto. Proprio in quei giorni prendeva corpo il contatto con la nuova formazione, favorito e gestito dal suo procuratore Carera.

«Sapevo la storia del Team Qhubeka – ammette il corridore lombardo – ma non mi ero mai addentrato nello specifico. Sentendolo però parlare dei valori alla base della sua creatura, l’obiettivo chiave nell’educazione e nello sviluppo dell’Africa, mi sono sentito coinvolto. Lì la bici non è un mezzo di svago o di lavoro come per noi, ma un mezzo di sussistenza anche per prendere l’acqua. Dobbiamo fare di più».

Brambilla e Nibali, insieme alla Trek e anche in nazionale. Ora con ruoli diversi alla Q36,5
Brambilla e Nibali, insieme alla Trek e anche in nazionale. Ora con ruoli diversi alla Q36,5
Tu vieni da un team WorldTour, pensi di essere sceso di uno scalino?

Tecnicamente no, è solo un dato statistico. Ho trovato una squadra all’avanguardia nella sua creazione, supportata da un brand emergente, italiano, che vuole crescere. Avremo tutto materiale di primissima qualità, a cominciare dalle bici Scott.

Quando hai incontrato Ryder avete anche parlato del tuo ruolo in squadra?

Mi ha dato carta bianca e questo mi ha molto invogliato a mettermi all’opera. So che se capita potrò cercare spazio per qualche affermazione, per il resto sarò un po’ l’uomo dei consigli, l’aiutante di campo, d’altronde sono sempre stato una pedina importante per i capitani che si sono succeduti nei team dei quali facevo parte.

A proposito di capitani, se Moschetti e Sajnok saranno i velocisti di punta, chi pensi sarà l’uomo per le corse a tappe?

Io credo che con Hagen siamo ben coperti. Non arrivi per due volte nella top 10 della Vuelta se non sei attrezzato. Io potrò dargli una mano, in carriera ho provato più volte a puntare alla classifica dei grandi giri ma si vede che non fa per me (il suo massimo risultato è stato il 16° posto alla Vuelta nel 2018, ndr). Poi ci sono molti giovani interessanti, che potranno crescere con calma. E’ il nostro primo anno, tutto quel che arriva è guadagnato. Attenti ad esempio a Calzoni che è uno molto promettente, d’altronde ha vinto sul Monte Grappa come me…

Si è cercato molto tra i giovani.

Era la scelta giusta da fare perché potranno correre cercando di sfruttare la loro voglia di emergere. Il bello di questo team è che è pieno di corridori che, ognuno per sue ragioni, hanno voglia di darsi da fare, di riscattarsi oppure di lanciarsi nella mischia. E’ il miglior mix per vincere..

Tom Devriendt, 4° alla Roubaix di quest’anno. Nel 2023 punterà a ripetersi sulle strade del Nord
Tom Devriendt, 4° alla Roubaix di quest’anno. Nel 2023 punterà a ripetersi sulle strade del Nord
Per le classiche su chi punterete?

Premesso che nel team saranno le corse e le settimane a dire su chi puntare, io penso che uno come Devriendt sarà sicuramente una delle punte per il periodo delle classiche del Nord. Uno che è arrivato 4° a Roubaix vorrà dimostrare che non è stato un caso e d’altro canto su quei percorsi ha fatto vedere di saperci fare. Un altro sul quale sarà giusto tenere un occhio è Filippo Conca: ha sempre lavorato per gli altri, ma tante volte è toccato a lui salvare la baracca, io sono convinto che se dovrà fare la corsa con la squadra in supporto, potrà fare bene.

Tu come giudichi il tuo 2022?

Mah, diciamo che ci sono nella carriera di ognuno delle stagioni un po’ sottotono. Quando ho corso non sono poi andato così male, 7 top 10 in 45 giorni di gara, anche in qualche classifica di corse a tappe, non è un bilancio da buttar via. La mia delusione è più a livello personale, per come si è chiusa la mia avventura alla Trek-Segafredo durata 5 anni, penso che avrei meritato un po’ più di considerazione. Quando fai parte di un team, diventa come una famiglia, ci passi almeno 150 giorni di full immersion, sentirsi messo da parte fa male. Spero quanto prima di avere occasione di chiarirmi con alcuni dei dirigenti, ammetto che ci sono rimasto male.

Per Conca un’occasione per riproporsi come uomo d’attacco, in un contesto più adatto
Per Conca un’occasione per riproporsi come uomo d’attacco, in un contesto più adatto
Cerchiamo allora di pensare in positivo: che cosa vorresti da questo nuovo capitolo della tua storia?

Io sono passato pro’ nel 2007, ma le mie squadre non sono state poi tante e sono sempre rimasto un bel po’ in ogni team, credo che questo pesi. Ho dalla mia tanta motivazione e grinta, voglio tornare a correre alla mia maniera, anche un po’ alla garibaldina. Insomma: voglio tornare ad alzare le braccia al cielo…

Ryder riparte dalla Q36.5: «Il WorldTour in 3 anni»

11.11.2022
6 min
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«Siete i primi con cui parlo del team da molto tempo, sin da quando l’avventura della Qhubeka si chiuse. Ci tenevo a farlo con voi». Douglas Ryder si era effettivamente un po’ eclissato dai microfoni e dai taccuini, dopo aver tentato fino all’ultimo di salvare il Team Qhubeka travolto dai debiti, ma già allora aveva chiara l’idea che quello non era uno stop definitivo, ma solo una pausa.

Ora la squadra con affiliazione svizzera del dirigente sudafricano è pronta, con un nuovo sponsor (Q36.5, un marchio di abbigliamento con sede a Bolzano), nuovi corridori e uno spirito rinfrancato.

Chiusa la carriera con i criterium in Asia, Nibali si dedica con molto impegno al suo ruolo nella Q36.5
Chiusa la carriera con i criterium in Asia, Nibali si dedica con molto impegno al suo ruolo nella Q36.5
Quanto è stato difficile ripartire dopo la chiusura della squadra WorldTour?

Con il Covid e tutto ciò che è avvenuto in questi anni è stato difficile riavviare il discorso, pochi sponsor si sono avvicinati al ciclismo. Poi la guerra ha reso tutto ancor più arduo. E’ stato quasi un miracolo ripartire, abbiamo riportato indietro le lancette del tempo.

Tu non hai mai perso la speranza: che cosa ti ha dato la forza per andare avanti?

Non ho mai mollato, ho sempre vissuto con questo sogno, lavorando duramente per tradurre i nostri valori in un significato più grande perché il team è uno strumento per trasmettere qualcosa. Quando ho trovato Q36.5 è stato un grande colpo e so che è un rapporto che andrà sviluppandosi di continuo, ma è già incredibile dove siamo arrivati e questo mi rende molto felice.

Il tuo team ora ha nuove basi e nuovi sponsor: con il progetto umanitario della Qhubeka sei rimasto comunque coinvolto?

Certamente, Qhubeka resta una parte importante del progetto. Non siamo una squadra come le altre, siamo parte di un progetto più grande teso alla comunità, alla solidarietà sociale. Un progetto che riguarda i bambini di tutta l’Africa. Per me il team è sempre stato parte di qualcosa di più grande, per questo la sua fine fu un grande dolore, perché tante persone facevano e fanno affidamento su di noi. Questo però mi ha dato ogni giorno la forza di alzarmi e lavorare. Credo che questa ripartenza abbia un grande significato e trasmetta speranza.

Carl Fredrik Hagen, norvegese di 31 anni sarà l’uomo di punta per alcune corse a tappe
Carl Fredrik Hagen, norvegese di 31 anni sarà l’uomo di punta per alcune corse a tappe
Ripartire è sempre difficile: con quali presupposti hai costruito la squadra?

Innanzitutto sullo spirito con il quale tutto iniziò 10 anni fa, attraverso 3 anni di avvio e 6 nel WorldTour. Sono convinto che l’esperienza ci aiuterà a ripeterci e a migliorarci, sempre basandoci su quei valori che ci hanno permesso di rimetterci in piedi. Sapendo quel che abbiamo passato possiamo ricreare un qualcosa di cui essere orgogliosi.

Missaglia e altri nello staff con cui avevi già lavorato: hai scelto loro per ricreare lo spirito di gruppo che esisteva nella Qhubeka?

Sì, perché so che in quei 10 anni ho avuto al mio fianco le persone migliori di ogni campo, dai direttori sportivi, agli autisti dei pullman, chef, addetti stampa. Per me tutti sono essenziali nel progetto. C’è voluto tempo per ricostruire lo staff ma era un passo fondamentale perché sanno come fare. Per me è un privilegio lavorare con loro.

Quanto è importante avere Nibali nel tuo team dirigenziale?

Nibali come consulente strategico ci consente di parlare di molte cose: allenamento, preparazione, scelta dei corridori, programmazione… E’ un valore aggiunto che fa la differenza anche per dare motivazione ai corridori. E’ un vantaggio rispetto a quel che eravamo, indubbiamente.

L’esperienza di Gianluca Brambilla sarà fondamentale nel cementare le basi del team
L’esperienza di Gianluca Brambilla sarà fondamentale nel cementare le basi del team
Ci sono corridori di 13 Paesi, ma il gruppo base è italiano: perché questa scelta?

Abbiamo sempre avuto successo con gli italiani, vedi Battistella iridato U23 quand’era nel team continental o i successi di Nizzolo. C’è sempre stata un’influenza italiana e questo ha fatto la differenza. Che non ci sia un team italiano nel WorldTour è triste, è come se nella Formula Uno mancasse la Ferrari. Il ciclismo italiano è forte ed è bello averne parte nel team. Ne ho parlato con Moschetti e Brambilla, che sono motivati a trasmettere le loro esperienze agli altri. Abbiamo un buon gruppo e gli italiani si sono tutti impegnati a farlo crescere.

Hai già un’idea sui ruoli di ognuno?

Sì, ho un’idea precisa su ognuno dei 23 corridori, ma molto dipenderà dal calendario che andremo a fare. Abbiamo velocisti di peso come Moschetti e Sajnok, per le gare a tappe punteremo su Donovan e Hagen. Per le classiche avremo l’esperienza di Devriendt e Ludvigsson. Abbiamo focalizzato gli uomini in base a diverse aree, ogni gara andrà corsa col fuoco dentro. Speriamo di ottenere qualche successo, ma l’importante sarà dimostrare quell’unità che è la base per una squadra a lungo termine.

Per Moschetti l’approdo in Q36.5 non è solo occasione di rilancio, ma modo per essere un riferimento
Per Moschetti l’approdo in Q36.5 non è solo occasione di rilancio, ma modo per essere un riferimento
Che calendario farete?

Sto parlando con molte persone per stilare un programma, ma non è facile perché l’Uci non ha dato risposte chiare e molti organizzatori aspettano a diramare gli inviti. Dovremmo comunque iniziare dalla Spagna e poi correre molto in primavera fra Belgio e Olanda. Non nascondo che mi piacerebbe avere l’invito per un grande Giro, ma intanto ci concentriamo sui primi 3 mesi pensando a iniziare bene.

Pensi sia possibile crescere fino ad arrivare al WorldTour o è presto per parlarne?

E’ presto, ma sicuramente è l’obiettivo a lungo termine, per questo dobbiamo far bene le cose fin da subito e programmare ogni anno in modo da fare sempre passi avanti e non indietro. Fra tre anni dovremo essere fra le migliori professional e a quel punto ottenere la licenza WT.

Su Sajnok, Ryder conta molto per le volate nelle corse a tappe
Su Sajnok, Ryder conta molto per le volate nelle corse a tappe
La continental rimane?

Resterà perché è un tutt’uno con il team professional, anche dal punto di vista del rendiconto economico. Noi vogliamo un team U23 da cui prendere i più meritevoli per far fare loro qualche esperienza nel team principale e viceversa avere un team continental che possa anche far ripartire chi magari è infortunato in maniera più soft. Seguiremo con attenzione il team U23, farà un calendario appropriato compreso il Giro d’Italia U23.

Cosa ti renderebbe soddisfatto dopo la prima stagione?

Vorrei che vincessimo una manciata di gare, diciamo da 6 a 10, ma correndo sempre come una squadra, con un gruppo solido e con prestazioni valide e costanti nel tempo. Dobbiamo far vedere che ci siamo e siamo competitivi sempre mostrando gli sponsor e progredendo. Io sono convinto che con il passato che abbiamo alle spalle ci riusciremo.