Zana, il cambio di programma e le gerarchie del gruppo

29.03.2022
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Filippo Zana, accento vicentino e voce sfinita, sta tirando il fiato dopo un avvio di stagione piuttosto intenso. Per i suoi 23 anni, questi primi 23 giorni di corsa, fra cui Oman, Gran Camino e Coppi e Bartali, sono un bello zaino da portare. Il tempo di rifiatare, però, e già da sabato sarà sul Teide in vista dell’Amstel. Andrà da solo, dice, poiché lassù troverà il suo preparatore Paolo Artuso.

«Abita a due chilometri da casa mia – racconta e sorride – ma non lo conoscevo. Ci ha presentato Moreno Nicoletti, il mio procuratore e adesso lavoriamo insieme. Mi ha trovato un posto lassù. Mentre forse un altro periodo di altura lo farò dopo il Tour of the Alps, ma sul Pordoi, prima del Giro».

All’Oman con Canaveral e Zoccarato, per Zana 7° posto nella classifica dei giovani
All’Oman con Zoccarato, per Zana 7° posto nella classifica dei giovani

Cambio di programma

Zana, che già nel 2019 aveva vinto il Gp Capodarco in maglia Sangemini, è salito agli onori della cronaca lo scorso anno con il terzo posto al Tour de l’Avenir. Nella Bardiani-CSF-Faizané che punta sui giovani e ha perso Visconti, il suo è uno dei nomi più spendibili. Il programma iniziale prevedeva, nell’ottica di una crescita progressiva, che a questo punto salisse sull’Etna e da lì andasse a giocarsi qualche carta al Giro di Sicilia. Un buon risultato (possibile) sulla strada del Giro d’Italia, sarebbe stato certamente un buon viatico e avrebbe accresciuto in lui la fiducia. Il cambio di programma lo porterà al Tour of the Alps, dove probabilmente le occasioni per mettersi in luce saranno minori.

«Il Tour de l’Avenir – dice – mi ha dato più consapevolezza nei miei mezzi. La squadra punta su di me e non è facile ripagarli, ma io do il massimo in ogni corsa e speriamo di andare forte. Il cambio di programma c’è stato e non nego che al Sicilia avrei trovato tappe e avversari più alla mia portata. Per contro, il Tour of the Alps potrebbe darmi un ottimo stato di forma in vista del Giro. Mi manca non correre per il risultato, ma del resto andare contro le WorldTour è dura, sempre di più. Noi facciamo quel che si può, sperando di stare con i migliori».

Prepotenza WorldTour

Torna un tema messo sul tavolo da Giovanni Visconti al momento di salutare il gruppo: la convivenza con gli squadroni non è per niente facile. Non solo per il notevole divario atletico, ma anche per lo scarso rispetto che viene riservato ai corridori delle professional.

«Far vedere la maglia per noi è importante – ammette – ma se ti metti davanti, vengono e ti tirano via. Si può resistere, ma si tratterebbe di lottare tutto il giorno, sprecando energie che è meglio utilizzare per andar forte. E’ chiaro che correndo davanti soffri di meno, penso soltanto ai rilanci dopo una curva. Sono tutte energie che risparmi e che ti trovi nel finale. Certo, dà fastidio, ma ugualmente ci proviamo a stare davanti. E magari capita anche la volta che ci riusciamo».

Non è facile correre fra le WorldTour: viene sempre qualcuno a reclamare il suo posto
Non è facile correre fra le WorldTour: viene sempre qualcuno a reclamare il suo posto

Una tappa al Giro

Dopo tre anni con Reverberi, anche Filippo dovrebbe approdare in una WorldTour dal prossimo anno: non quella in cui lavora il suo preparatore. Preferisce non fare nomi, tuttavia perché non si pensi che il suo impegno verrà meno.

«Cerco sempre di dare il massimo – precisa – non voglio sedermi. Il posto al Giro d’Italia voglio meritarmelo. Anche quella sarà una bella sfida. Cercheremo di tenere duro, magari non di fare classifica ma di andare in fuga e vincere una tappa. Per la squadra sarebbe il massimo, per me sarebbe un sogno. Ci potrebbe essere l’obiettivo della maglia bianca, provare a vestirla, non so se sarei in grado di portarla a Verona. Ho tante persone che mi seguono, che mi scrivono. Spero di dare qualche soddisfazione anche a loro».

Sarà curioso, quando anche lui correrà fra i grandi, vedere in che modo si muoverà nel gruppo. La strafottenza di spostare un avversario perché corre in una squadra più piccola devi averla in qualche modo dentro. Filippo Zana e il suo accento vicentino trasudano simpatia e umiltà. Forse nel suo caso sarà diverso.

Strade Bianche, ripassiamo con Zana la strategia alimentare

07.03.2022
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La Strade Bianche è una gara che include delle variabili non comuni alle competizioni che si svolgono nel Sud dell’Europa. Il percorso non concede un attimo di respiro, con lo sterrato e la polvere, ma anche il clima e il forte vento. Abbiamo chiesto a Filippo Zana della Bardiani-CSF come abbia approcciato la manifestazione toscana in fatto di strategia alimentare: prima, durante e post gara. Nella foto di apertura è evidente come il corridore veneto si fosse appuntato sul manubrio i vari passaggi anche in relazione all’alimentazione.

Filippo Zana poco prima della partenza
Filippo Zana poco prima della partenza
Dal punto di vista alimentare una gara come la Strade Bianche va preparata in modo particolare?

Di sicuro è una gara diversa, molto più simile ad una del Nord e come tale va gestita. Molto dipende da cosa si è fatto e come si è corso nelle giornate precedenti. Io ad esempio ho fatto la corsa a tappe Gran Camino e il Trofeo Laigueglia subito dopo. Dopo quest’ultima ho cercato di recuperare e fare scorta di glicogeno dando la precedenza ai carboidrati. Questo anche la sera precedente la Strade Bianche, dove si è mangiato soprattutto pasta e patate. Un po’ di pollo, ma in quantità ridotta.

Ci sono delle variabili che prendete in considerazione in base alle previsioni meteo?

Quando si prevede una giornata fredda si cerca di mangiare qualcosa in più, ma senza esagerare, prima e durante la competizione. Il corpo consuma di più e questo consumo aggiuntivo, quando sei sempre a testa bassa si fa sentire. La Strade Bianche di quest’anno è stata fredda e ventosa e l’obiettivo è stato quello di non rimanere mai vuoti. Inoltre si cerca di stare coperti, soprattutto all’inizio, cercando di risparmiare qualcosa.

Il vento gelido di questa edizione 2022, uno dei protagonisti di giornata (foto Sara Carena)
Il vento gelido di questa edizione 2022, uno dei protagonisti di giornata (foto Sara Carena)
E invece la colazione del sabato?

Abbiamo fatto colazione alle 8,30. Mi sono alimentato con del porridge e un’omelette fatta con 4 albumi d’uovo e un solo tuorlo, ma con un po’ di prosciutto. E poi un po’ di caffé.

Cosa hai mangiato durante la corsa?

La Strade Bianche è molto complicata, davvero difficile da gestire per quanto concerne i rifornimenti e poi sei sempre a tutta. E’ dura anche avvicinarsi alle ammiraglie. Avevamo studiato di integrare 100 grammi all’ora, tra zuccheri e carboidrati in genere. Principalmente gel e maltodestrine nelle borracce, sono partito con le tasche piene di gel. Io ad esempio non ho mangiato alimenti solidi, ma ho continuato a bere e ad assumere 1 gel o 2 ogni ora. Ogni borraccia aveva al suo interno circa 80 grammi di carboidrati. Non ho bevuto bevande gasate, cosa che di solito faccio, quando c’è il rifornimento principale.

La tavola della Bardiani nella colazione prima della Strade Bianche
La tavola della Bardiani nella colazione prima della Strade Bianche
Come ti sei alimentato dopo la gara e nelle ore successive?

Appena sceso di sella ho preso uno shaker di recupero, glutammina e proteine, il tutto preparato dai massaggiatori. Poi man mano abbiamo iniziato a mangiare dell’insalata di riso con del tonno. Alla sera mi sono concesso una bella fiorentina.

Quanto tempo ci mette il tuo corpo a recuperare una Strade Bianche come l’ultima?

Una Strade Bianche il giorno dopo si fa sentire, perché ti rimane nelle gambe e sei stanco. Infatti la domenica, mi sono preso una giornata di riposo. Secondo me ci vogliono 48 ore, anche se a distanza di una giornata il fisico inizia a metabolizzare e stare meglio. Oggi ad esempio ho fatto un’uscita tranquilla di un paio d’ore e mezzo e da domani inizio di nuovo ad allenarmi. Un po’ di palestra per non perdere forza e un’uscita in bicicletta.

Zana, secondo anno: preparazioni a confronto

04.02.2022
5 min
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Filippo Zana (in apertura foto Barioglio) è uno dei corridori italiani più attesi. Il veneto, classe 1999, ha già iniziato la sua stagione agonistica, la terza tra i professionisti. Ogni anno il corridore della Bardiani Csf Faizanè è cresciuto sempre un po’.

E proprio da qui partiamo: dalla crescita. Vogliamo fare un confronto fra la sua settimana tipo, di questo periodo, fra il primo e il terzo anno da pro’. Iniziamo…

In Spagna, Zana (in terza ruota) ha messo nel sacco i primi giorni di corsa. Prossima gara l’Oman
In Spagna, Zana (in terza ruota) ha messo nel sacco i primi giorni di corsa. Prossima gara l’Oman
Filippo, facciamo prima di tutto un breve sunto che spieghi un po’ le differenze della tua preparazione dell’inverno 2019, quello del debutto tra i grandi, e quello 2022…

La cosa principale di cui mi sono accorto è che mancava la forza e infatti ho incrementato la palestra. Adesso cerco di farla tutto l’anno. Da neopro’, verso gennaio smettevo.

E i chilometri?

Più o meno sono quelli, anche se a fine stagione, visto il mio calendario, saranno 5-6mila in più. Quel che secondo me è cambiato nell’allenamento è l’intensità: magari non faccio troppe ore, ma le faccio più di qualità. Mi sono accorto che mettendo dentro più soglia e tanto medio si fa la differenza. Ma poi c’è un’altra cosa che ho notato, soprattutto quest’anno.

Quale?

Il peso. Quest’anno sono arrivato alle prime gare di stagione in Spagna già con il peso giusto, cosa che non facevo in passato. E devo dire che ho notato una bella differenza, soprattutto in salita. Ho avuto buone sensazioni. Gli altri anni mi presentavo con un paio di chili in più.

Quanto sei alto e quanto pesi?

Sono alto 1,85 metri per 65 chili.

Per i dislivelli così importanti nelle sue distanze Zana ha la fortuna di avere salite lunghe come il Monte Grappa
Per i dislivelli così importanti nelle sue distanze Zana ha la fortuna di avere salite lunghe come il Monte Grappa
Caspita! Quindi non lo fai perché vuoi dimagrire nel corso della stagione?

No, non è mai stato un cruccio per me il peso. Però partire meglio sotto questo punto di vista ti consente poi di non perdere forza. Poi magari in stagione un altro chilo tra le alte temperature e le tante gare lo perderò, ma non è un obiettivo.

Passiamo alla tua settimana tipo. Facciamo il “ping pong” tra il Filippo 2019 e quello di quest’anno. Partiamo dal lunedì…

Due ore tranquille. E questo non è cambiato.

Martedì?

Adesso vado in palestra. Faccio i classici esercizi a corpo libero come addominali, flessioni, dorsali… Passo poi allo squat con il bilanciere su cui carico circa 60 chili e alla pressa con 75-80 chili… Non un carico enorme, perché faccio molte ripetute, 30. Dopo la palestra esco per un’ora e mezza in scioltezza, cercando di non scendere mai sotto le 90 pedalate, sia che vada di 39 che di 52.

E il vecchio martedì?

Non c’era la parte in palestra. Per fare la forza uscivo in bici e facevo le classiche SFR in salita. Devo dire che la differenza la sento parecchio.

Zana in allenamento con la bici da crono. Il vicentino nelle preparazione è seguito da Paolo Artuso, con cui lavora da 5 anni
Zana in allenamento con la bici da crono. Il vicentino nelle preparazione è seguito da Paolo Artuso
Passiamo al mercoledì…

Faccio 3 ore 30′ – 4 ore, con lavori al medio per un totale di un’ora. Per esempio 3×20′, poi dipende anche dalle gare che si profilano e quanto manca alle corse. Faccio il medio sia in pianura che in salita. Il farlo anche in pianura è la differenza maggiore rispetto al passato. Prima infatti lo facevo quasi esclusivamente in salita. Invece ho visto che eseguire il medio in pianura è molto utile per la crono. 

A proposito, usi mai la bici da crono?

Sì, almeno una volta a settimana. Soprattutto il lunedì. Un paio d’ore che sono importanti per la guida, per abituarsi alla posizione…

Una curiosità, Filippo: ma quando un professionista dice che fa il medio a quanto va in pianura? E su una salita intorno al 6-7%?

In pianura si oscilla tra i 40 e 45 chilometri orari. In salita su quelle pendenze siamo sui 20 all’ora.

Giovedì…

Cerco di fare almeno 5 ore, insomma la distanza. Faccio salite lunghe, ma senza forzare, anche più piano del medio, come si dice in gergo con la “catena in tiro”. La differenza rispetto al 2019 riguarda non tanto le ore quanto il dislivello. Adesso arrivo regolarmente a 2.500-3.000 metri, prima ero sui 1.500. Ho la fortuna di avere salite importanti vicino casa come Asiago o il Monte Grappa.

E siamo al venerdì…

Adesso ripeto quanto fatto il martedì, quindi palestra e bici. Prima facevo 2-3 ore con delle SFR. Con la palestra mi trovo bene e soprattutto d’inverno oltre a fare forza prendo anche meno freddo.

Filippo con il suo… amico Vior (foto Instagram)
Filippo con il suo… amico Vior (foto Instagram)
Sabato?

Sono altre 3 ore con dei lavori sempre sulla forza. Stavolta faccio le SFR al medio per un totale di circa un’ora. Solitamente le mie ripetute sono da 10′ ognuna e terminano con una volata per velocizzare un po’. Prima di ogni lavoro, faccio almeno una quarantina di minuti di riscaldamento. Rispetto al mio vecchio sabato, cambiano le SFR: prima le facevo da 5′ e anche con un po’ meno d’intensità. Adesso riesco a girare un rapporto un po’ più duro.

Infine ecco la domenica…

Faccio 4 ore, 4 ore e 30′ con dei bei lavoretti di intensità. Inserisco della soglia e del fuori soglia. Faccio dei 20”-40” e dei 40”-20”, suddivisi solitamente in tre serie da 5′. Prima e dopo faccio un po’ di medio. Inoltre non manca una salita a soglia con l’ultimo minuto fuori soglia.

Che differenze ci sono con la tua vecchia domenica?

La differenza principale è che non facevo i 40”-20”, ma più medio.

E poi torni a casa… Com’è il tuo recupero attuale e quello di tre anni fa?

Quello è lo stesso. Torno, mangio, mi sdraio un po’ sul divano e poi vado a trovare il mio cavallo, Vior… Mi rilasso così.

Zana, gioiello in casa Bardiani: obiettivi, speranze, programmi

17.11.2021
4 min
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Filippo Zana esce da un 2021 più che positivo. Il corridore della Bardiani Csf Faizanè ha vissuto una stagione particolare, almeno per noi italiani. E cioè, Filippo pur appartenendo ad una professional ha svolto molte gare internazionali tra gli U23: Coppa delle Nazioni, Tour de l’Avenir e mondiale. All’estero con le continental legate alle WorldTour tutto questo è più normale.

Ma questo tipo di calendario gli ha dato parecchio. Lo ha fatto crescere. Ha ricevuto una buona visibilità. E saggiare certi palcoscenici da protagonista non è cosa da poco. E per questo il veneto può guardare avanti con fiducia. 

Per Filippo alcuni giorni di vacanza a Lanzarote (Canarie) con la ragazza Francesca
Per Filippo alcuni giorni di vacanza a Lanzarote (Canarie) con la ragazza Francesca
Filippo, hai già ripreso la preparazione?

Da una settimana. Ma prima ho fatto un po’ di vacanza. Sono stato nove giorni a Lanzarote, con la mia ragazza, Francesca. In tutto sono stato fermo tre settimane. Tre settimane di totale relax.

E alla ripresa come è andata?

Le prime uscite sono sempre un po’ più dure. Però ci ho messo tanta grinta! Mi mancava la bici a dire il vero. In quelle tre settimane non l’ho toccata perché quando inizi di voglia ne devi avere tanta, ma proprio tanta. E adesso mi sto divertendo.

Cosa hai fatto alla prima uscita?

Una passeggiata. Sono andato verso Bassano del Grappa. Mi mancavano le mie strade. E’ stato bello così, anche se poi durante l’anno ci vado tutti i giorni in pratica. Alla fine ho fatto due orette, 60 chilometri. Ero lì tranquillo e beato. Me la sono proprio goduta la mia ripresa. 

E in queste tre settimane di stop ti sei ingrassato?

Rispetto al periodo in cui ero al top ho messo su tre chili. Ma il problema, almeno per me, non è stato tanto questo periodo, ma quello delle Feste che verranno: Natale, Capodanno… E’ lì che sarà dura!

Hai in programma dei ritiri?

Dal 5 al 19 dicembre andremo in Spagna, a Benidorm. Siamo un gruppo ristretto, non tutta la squadra. Ci siamo organizzati da noi, però avremmo anche meccanici e massaggiatori al seguito. E poi a gennaio ci sarà il ritiro vero e proprio con il team, ma non sappiamo ancora se sarà di nuovo in Spagna o al Cicalino in Toscana.

Quali saranno gli obiettivi 2022 di Filippo Zana?

Per prima cosa entrare negli otto che andranno al Giro e poi disputare un bel Giro. L’obiettivo sarebbe vincere una tappa e non è facile con quel parterre. Quest’anno poi ce n’è una bella, non troppo lontano da casa mia, quella che arriva a Lavarone.

Amadori ne ha fatto un perno della nazionale U23: capitano all’Avenir, regista al mondiale
Amadori ne ha fatto un perno della nazionale U23: capitano all’Avenir, regista al mondiale
E l’idea di iniziare a curare un po’ la classifica non ce l’hai? In fin dei conti hai già due Giri nelle gambe e hai fatto terzo all’Avenir…

Si, un po’ sì. Ma prima vediamo come va anche la preparazione. Se per esempio al Tour of the Alps le cose andassero bene, si potrebbe ipotizzare di fare qualcosa di più al Giro. Intanto però partirei dal puntare a gare meno importanti e portare a casa qualcosa.

Inverno 2020-2021 e inverno 2021-2022: quanto è diverso Filippo Zana?

Sono più consapevole di me stesso. So che allenandomi bene posso arrivare lì davanti. Ho tanta voglia di fare bene, come l’anno scorso e anche di più. Quella passata è stata una bella stagione e so che dovrò lavorare duro per ripetermi e fare ancora meglio.

Un po’ bisogna ringraziare il cittì Amadori che ti ha dato l’opportunità di calcare eventi internazionali in azzurro…

Lo devo ringraziare eccome. Lui e anche la famiglia Reverberi che mi hanno fatto fare un calendario di primo ordine. Sono arrivato sempre in ottime condizioni alle gare. Ho vinto la prima gara a marzo e poi sono sempre stato molto costante. E questo mi dà fiducia, mi dà la carica per lavorare duramente e continuare ad alzare l’asticella.

Azzurri magistrali. L’oro degli under 23 è arrivato così…

25.09.2021
6 min
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Semplicemente magistrali. Perfetti. Gli azzurri di Marino Amadori hanno corso il mondiale U23 senza errori. Non solo per la vittoria di Baroncini. Sono stati sempre attenti. Sempre nelle prime posizioni. Davanti nei momenti cruciali. Hanno corso… bene. Hanno rispettato le consegne del cittì e i fondamentali di questo sport. Compattezza, umiltà, cattiveria agonistica, lucidità, forza, acume tattico.

Ci sono due fotogrammi simbolo, a nostro avviso.

Il primo. A 20 chilometri spaccati dal termine, quando davanti c’era ancora Luca Colnaghi, gli azzurri si spostano su un lato della strada e confabulano qualcosa. In quel momento la corsa non è nel vivo: di più! C’è tensione, adrenalina, tanto più che si pedala nel circuito cittadino.

Il secondo. All’imbocco dello strappo in cui è scattato “Baro”, ben quattro azzurri piombano davanti per prenderlo in testa. Il gruppo era allungato. Era il momento X. E loro c’erano. A quel punto la sensazione che stesse per accadere qualcosa di grande era forte. Ci sono venute in mente le parole di Filippo della vigilia («Lo strappo ai -6 può essere decisivo») e il finale della Coppa Sabatini in cui ha mostrato una super condizione. Sarebbe partito: sicuro.

Marino Amadori con Filippo Zana. Dopo alcune fasi in cui è rimasto composto, finalmente anche il cittì si è lasciato andare ai sorrisi
Marino Amadori con Filippo Zana. Dopo alcune fasi in cui è rimasto composto, finalmente anche lui si è lasciato andare

Capitan Zana

A richiamare tutti sull’attenti è stato Filippo Zana, che dal cittì ha ricevuto le chiavi della squadra. Negli ultimi tre chilometri ha chiuso persino sulle mosche.

«Diciamo di sì dai – ammette col sorriso il corridore della Bardiani Csf Faizanè – la cosa più importante è aver portato a casa la vittoria. A volte mi sono un po’ arrabbiato. Però penso sia servito a spronare i ragazzi e a riportare l’attenzione giusta. Perché? Perché certe volte eravamo un po’ in ritardo su alcune azioni. Si poteva fare meno fatica.

«Se poi si hanno le gambe e tutti hanno le gambe è più facile. Abbiamo corso da squadra e sono davvero contento: per la maglia, per noi, per Amadori, per “Baro” che è davvero un bravo ragazzo».

Parola Colnaghi e Coati

Una grossa fetta di questo successo spetta poi a Luca Colnaghi. Luca è entrato in un attacco che per lunghi tratti poteva anche essere buono. 

«A me piace aspettare le volate – dice Luca Colnaghi – ma mi sono ritrovato in questo gruppetto. Quando sto bene seguo l’istinto e l’istinto mi ha detto di provarci. E’ stato il punto chiave della corsa credo, perché così ho potuto dare il mio contributo e la squadra si è potuta risparmiare un po’». 

Qualche istante dopo ecco che in zona mista sfila dietro di lui l’altro Luca, Coati. Lui è il più pacato e forse tra i più freschi in volto degli azzurri.

«Siamo partiti con un solo obiettivo – dice il corridore della Qhubeka Continental – vincere. E ce l’abbiamo fatta. All’inizio pensavo venisse fuori una corsa un po’ più dura nel giro grande. Ma non è stato così, poi Colnaghi è entrato nella fuga e ci ha permesso di stare sulle ruote. Il resto… lo ha fatto Filippo!».

Michele Gazzoli, soddisfatto, parla con i preparatori del Centro Mapei, Matteo Azzolini (a sinistra) e Andrea Morelli (al centro)
Michele Gazzoli, soddisfatto, parla con i preparatori del Centro Mapei, Matteo Azzolini e Andrea Morelli

Gazzoli l’altra cartuccia

Dopo essere scesi dal palco, in quanto anche vincitori della Coppa delle Nazioni, man mano gli azzurri arrivano ai nostri microfoni. Ormai la folla si è dileguata e il cielo inizia ad farsi scuro su Leuven. Non per noi italiani, non per gli azzurri. 

«Oggi abbiamo dimostrato chi è la nazionale italiana U23 – dice Michele GazzoliE’ tutto l’anno che corriamo da padroni e infatti abbiamo vinto la Coppa della Nazioni e questo è frutto di un grande lavoro di squadra. Abbiamo dato un grande spettacolo. Cosa ci ha detto Marino prima del via? Di essere una squadra. Sapevamo cosa dovevamo fare: vincere! C’era solo una soluzione. Sapevamo quali erano i punti importanti. Sapevamo come muoverci e con chi muoverci. E sapevamo che Baro sarebbe partito lì. Io mi dovevo tenere pronto eventualmente per la volata finale.

«Ho mancato il podio per 50 metri. Sono partito un po’ troppo presto, ma va bene così. L’importante è aver preso la maglia». 

Marco Frigo in azione. Lui divideva la stanza con Baroncini e da un mese in pratica “vivevano” insieme
Marco Frigo in azione. Lui divideva la stanza con Baroncini e da un mese in pratica “vivevano” insieme

Frigo: amico prezioso

Infine, lo abbiamo tenuto per ultimo, anche se è stato tra i primi con cui abbiamo parlato, c’è Marco Frigo. Marco è stato colui che ha fatto le veci del cittì quest’inverno quando è venuto a provare il percorso su richiesta di Amadori. E’ stato compagno di stanza di Baroncini e vero uomo squadra in corsa: attento, generoso… Spesso Marco resta nell’ombra, ma ieri soprattutto è stato un grandissimo.

«Su un percorso così l’esperienza alla Seg (squadra olandese in cui milita, ndr) si è fatta sentire – racconta Marco – e l’ho messa a disposizione dei miei compagni. Perché su un tracciato del genere è importante non solo risparmiare energie fisiche, ma anche mentali. Già nel trasferimento e nella prima parte di gara ci sono state tante cadute. Per questo stare davanti è stato fondamentale. E si è visto. Baroncini nel finale è stato palesemente il più fresco ed è riuscito a concretizzare. E un ulteriore riprova è il risultato in volata degli altri (senza sprinter, ndr): segno che abbiamo corso bene».

«Vero io sono in camera con lui – riprende Frigo – Ma non solo qui. E’ dall’Avenir praticamente che siamo insieme. Che dire: è un ragazzo davvero bravo. Se la merita. In camera era un paio di giorni che parlava di questa azione. Mi diceva sempre: quello è il punto giusto. Poi stamattina (ieri per chi legge, ndr) abbiamo guardato la gara degli juniores insieme e lì è dove ha attaccato il norvegese. Quindi è come se avesse avuto la prova che quel che diceva fosse giusto. Era la mossa da fare. In questi giorni abbiamo anche riguardato le corse che passavano da queste parti per vedere come prendevano i muri.

«Come l’ho tenuto tranquillo? Filippo è tranquillo di suo! Una cosa che mi piace di lui è che crede tanto in sé stesso. Era convinto che se avesse attaccato lì sarebbe andato all’arrivo. E ha avuto ragione».

Amadori 2021

Amadori: «Vi spiego perché non chiamo i WorldTour»

08.09.2021
4 min
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Sono giorni intensi per Marino Amadori: il calendario schiacciato lo tiene sulla graticola e conseguentemente i ragazzi che ha alle sue dipendenze per i vari impegni. Dal Tour de l’Avenir agli Europei il passo è stato breve e lo stesso sarà fra la rassegna continentale di Trento e quella iridata di Louvain. Amadori, che cura gli under 23, ha fatto le sue scelte e queste hanno generato discussioni, come sempre avviene, ma il tecnico di Predappio non si tira indietro nel rispondere.

La squadra per Trento è nata nel tempo, sulla base di un impegno preciso: «Dovevo realizzare qualcosa che si sposasse con il percorso, per questo lo siamo venuti a visionare con 4 atleti già due mesi fa, facendo giri su giri per capire quel che sarebbe stato necessario. Sulla base di quell’esperienza ho tirato fuori un gruppo di una decina di atleti tra i quali ho scelto i 6 che correranno sabato, anche in base alle scelte delle altre nazioni».

La prima obiezione è che sembra una squadra fatta sulla base dei corridori del calendario italiano under 23, non prendendo in considerazione chi ha esperienze superiori…

Non è così, visto che il leader è Filippo Zana, che milita in una squadra professional e ha già corso con i più grandi, ha addirittura affrontato il Giro d’Italia, ha vinto la Corsa della Pace, è andato sul podio al Tour de l’Avenir, insomma di esperienza ai massimi livelli ne ha accumulata quanta i big delle altre nazionali, se non di più.

Stagione finora da incorniciare per Zana, con vittorie ed esperienze importanti. Ora arrivano le gare titolate…
Stagione finora da incorniciare per Zana, con vittorie ed esperienze importanti. Ora arrivano le gare titolate…
Vero, com’è anche vero che nella squadra italiana non ci sono atleti delle squadre WorldTour…

Noi abbiamo Aleotti e Bagioli che faranno la gara elite e questo è un bagaglio di esperienza che per loro sarà fondamentale. Io sono stato subito favorevole a questa scelta, altrimenti li avrei tenuti in considerazione. Ho voluto costruire una squadra equilibrata, nella quale Filippo dà qualcosa in più in termini di organizzazione e di stimolo per gli altri, proprio con i risultati che ha conseguito.

Allarghiamo il discorso: c’è differenza fra gli under 23 che militano in squadre WorldTour e gli altri, quelli che fanno il calendario italiano?

Certamente, entrare in un grande team significa avere il massimo delle strutture a disposizione e fare sempre gare di alto livello, anche se non sei chiamato a correre classiche o grandi giri. Questo permette di allargare da subito le proprie esperienze, la propria cultura ciclistica. Il discorso però è più complesso.

Tiberi Italiani 2021
Antonio Tiberi è forse il principale assente del team azzurro, ma Amadori ha fatto altre scelte
Tiberi Italiani 2021
Antonio Tiberi è forse il principale assente del team azzurro, ma Amadori ha fatto altre scelte
Perché?

Perché se da una parte è vero che gareggiando sempre nel proprio Paese fai fatica a capire dove questo mestiere ti porterà, dall’altra non dobbiamo dimenticare che il calendario italiano è di alto livello, con molte prove internazionali, con molte sfide con i big. Guardate il Giro del Friuli: in gara c’erano due squadre professional. Di una cosa potete star certi: le squadre World Tour le ho tenute in considerazione, ho una lista precisa di under 23 che ne fanno parte, da Aleotti a Tiberi e ho monitorato le scelte delle altre nazionali per tutta la stagione, per capire quante e quali gare essi fanno e soprattutto chi emerge. In fin dei conti, l’Avenir lo ha vinto un ragazzo di una squadra Pro, secondo un WorldTour e terzo Zana.

Lavorare con i team WorldTour è più difficile?

Per certi versi sì, perché è naturale che diano ai propri ragazzi un calendario da seguire e spesso le esigenze federali non collimano. Con Zana ad esempio ho potuto lavorare con criterio e continuità e i risultati si sono visti. Quel che è certo è che una nazionale devi costruirla sulla base di un’idea, sennò non vai da nessuna parte, guardare che gare fanno i ragazzi e in che condizioni sono, per questo poi si operano delle scelte sempre dolorose verso chi non c’è.

Ayuso San Sebastian 2021
Juan Ayuso, dominatore del Giro U23 (sue tutte le maglie) vuole riscattare il ritiro al Tour de l’Avenir
Ayuso San Sebastian 2021
Juan Ayuso, dominatore del Giro U23 (sue tutte le maglie) vuole riscattare il ritiro al Tour de l’Avenir
Ci saranno differenze fra questa nazionale e quella per i mondiali?

Qualcuna, ma l’ossatura resterà la stessa, Baroncini ad esempio farà entrambe le gare, valuteremo Colnaghi, Frigo che a Trento non c’è ma era all’Avenir…

La sensazione è che comunque il nucleo sia nato già in Francia…

Sì, possiamo dire che le tre gare sono strettamente collegate, ma non è così solo per noi, basta guardare i roster delle altre nazionali.

A proposito, chi temi fra queste?

Soprattutto Norvegia e Olanda, che hanno grandi individualità e un’intelaiatura solida, poi la Spagna con Ayuso che, sono convinto, vuole riscattarsi dopo il ritiro al Tour che gli ha precluso la doppietta con il Giro. E’ esplosivo, in discesa è molto forte, può far saltare la gara e andrà seguito con attenzione, ma le altre nazioni come squadra mi fanno più paura.

Amadori Colnaghi 2021

Europei under 23, le complicate scelte di Amadori

02.09.2021
4 min
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Dal 9 al 12 settembre, a Trento, si correranno i campionati europei di ciclismo su strada. Perciò, dopo aver sentito Cassani per quanto riguarda i professionisti, parlando con Marino Amadori, cittì della nazionale per la categoria under 23, cerchiamo di sviscerare il percorso e le possibili opzioni tattiche e tecniche che offre. Una preparazione partita da lontano e vissuta tutti insieme, da prima ancora del Tour de l’Avenir. In un ritiro a Sestriere concluso ieri (mercoledì 1° settembre), tutti insieme, da vera squadra, perché gli appuntamenti importanti li si prepara e li e li si vive accanto ai compagni di avventura.

Lo abbiamo visto con la nazionale di Mancini, che ha vinto Euro 2020, quanto sia importante il gruppo e creare un legame tra gli atleti così da lottare ancor di più l’uno per l’altro.

Ecco l’altimetria del circuito cittadino che gli U23 dovrammo percorrere per 10 volte
Ecco l’altimetria del circuito cittadino che gli U23 dovrammo percorrere per 10 volte
Buongiorno Marino, iniziamo dal percorso

Sarà una corsa breve, come solito nelle gare UEC (Union Eropéenne de Cyclisme, ndr). Un circuito di 13,7 chilometri da ripetere 10 volte, la distanza non è proibitiva ma non dà respiro. Nel mezzo del circuito c’è la salita di Povo, 3,6 chilometri divisa in due fasi. Una prima più pedalabile, poi un falso piano di circa un chilometro porta al tratto più duro con pendenze anche all’8 per cento.

Quali insidie nasconde?

E’ vietato distrarsi, la salita a metà è particolare, mentre la parte cittadina è molto tecnica, non si potrà far uscire una fuga numerosa: già 4-5 corridori sarebbero troppi. Bisognerà correre in testa al gruppo, per tutta la gara, vista anche la lunghezza del percorso e per questo la scelta dei corridori è fondamentale.

Zana tappa Pace 2021
Dopo buone prove tra i pro’ e un grande Avenir, Zana ora punta dritto sugli europei
Zana tappa Pace 2021
La vittoria nella seconda tappa di Zana, decisiva per la classifica finale
A proposito, hai già delle idee?

Ho portato 10 corridori con me al ritiro sul Sestriere, dopo il Tour del’Avenir. Dovrò selezionarne 6, non è mai un compito semplice, è la parte più dura del mio lavoro. Non è facile escludere un ragazzo che ha delle ambizioni e dei sogni, ma come dico spesso loro: «In questa categoria siete solamente di passaggio, il vostro futuro è nei professionisti, qui fate qualche esperienza ma è ìl che vi affermerete». 

Hai dei nomi di cui sei certo?

Baroncini, Colnaghi (in apertura con il tecnico azzurro, nella foto Scanferla) e Zana correranno quasi sicuramente, gli altri tre li deciderò guardando anche le prossime corse.

Ayuso sembra meno brillante che ad inizio stagione, ma sarà osservato speciale
Ayuso sembra meno brillante che ad inizio stagione, ma sarà osservato speciale
Gli avversari? Hai qualcuno da tener d’occhio?

Siamo all’Europeo, tutti sono pericolosi, come detto non potremo neanche far andare via la fuga numerosa. Su tutte, le nazioni da marcare saranno Spagna, Norvegia, Olanda e Belgio. Ayuso e Romo su tutti mi spaventano più degli altri.

Ci sarà da preparare anche il mondiale, il gruppo sarà lo stesso?

I 10 corridori sì, ovviamente cambiando il percorso e il tipo di clima farò poi le mie scelte, sono gare completamente differenti. Trento è adatta a scalatori e gente leggera e scattante, in Belgio ci saranno pietre, vento, strappi brevi ed intensi, dovrò scegliere corridori con caratteristiche da passista veloce.

Baroncini è uno dei nomi sicuri di Amadori, qui piazzato a Poggiana (foto Scanferla)
Baroncini è uno dei nomi sicuri di Amadori, qui piazzato a Poggiana (foto Scanferla)
Siete partiti da lontano con la preparazione

Assolutamente, tra Avenir ed il ritiro al Sestriere siamo insieme da 23 giorni. Sono tanti, ma i corridori lo hanno fatto volentieri, questo mi fa capire che credono nel progetto.

E le squadre come l’hanno presa?

Quando abbiamo presentato il nostro progetto ai team ci hanno capito subito. Il loro è un grande sacrificio, nessuna squadra perde per così tanto tempo un proprio atleta. Mi fa pensare che anche loro hanno capito che lavoriamo bene, anche a livello di staff e si fidano di noi.

Marino Amadori a colloquio con Frigo
Marino Amadori a colloquio con Frigo
Per la cronometro?

Abbiamo lavorato anche per quella, sempre al Sestiere, con l’aiuto importantissimo di Marco Villa e Mario Scirea, gli uomini che faranno la prova all’Europeo e poi al Mondiale saranno: Baroncini, Coati e Frigo. Rimane solo da capire come li divideremo, potendo schierare due atleti in tutti e due gli appuntamenti.

L’Avenir ci consegna uno Zana internazionale

23.08.2021
4 min
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Ieri siamo stati rapiti dal duello sul filo dei secondi fra Johannessen e Rodriguez, ma non ci siamo dimenticati del nostro Filippo Zana, bravissimo terzo sul Piccolo San Bernardo e nella classifica generale dell’Avenir.

Il corridore della Bardiani Csf Faizanè è stato autore di un Tour davvero buono, corso con “spalle larghe e petto in fuori”. Un’esperienza così ti fa maturare, ti dà consapevolezza e ti lancia ancora di più sul piano internazionale. Con lui partiamo dalla fine, dall’incredibile epilogo del Tour dell’Avenir sul Piccolo San Bernardo.

Zana al termine della 7ª sul Grand Colombier dove è stato secondo
Zana al termine della 7ª sul Grand Colombier dove è stato secondo
Filippo è fatta…

Ieri quando ho superato quota 2.500 metri ho un po’ accusato e quando è scattato Rodriguez non ne avevo proprio per andargli dietro. Ho cercato di stare con la maglia gialla e ho attaccato ai 4,5 chilometri dalla fine. Dai, alla fine è stato un bellissimo terzo posto. Siamo sempre stati lì, segno che stavo bene. Sono molto contento.

Che sei contento si vede dagli occhi…

E’ mancata la vittoria ma ci accontentiamo. E’ stata una bellissima stagione sin qui e spero di continuare e di finirla così. 

Col senno del poi c’è un qualcosa di questo Avenir che non rifaresti?

Sì. Nella tappa dei ventagli ho dormito un po’. Ero riuscito a prendere il ventaglio giusto, ma poi ho sbagliato e sono rimasto con il secondo gruppo. Quel giorno ho perso un minutino. E’ questo il più grande rammarico che ho di questo mio Tour de l’Avenir. 

Puoi consolarti però: a conti fatti non sarebbe cambiato niente vista la classifica finale…

Esatto, non sarebbe cambiato niente, però si cerca sempre di fare le cose al meglio.

Alla fine ha chiuso ha terzo posto con 2’05” di ritardo da Tobias Johannessen
Alla fine ha chiuso ha terzo posto con 2’05” di ritardo da Tobias Johannessen
Il tuo futuro è ancora nella Bardiani?

Penso di sì. Questa settimana farò un po’ di riposo e poi deciderò. Vedremo cosa succederà. Comunque quasi sicuramente resterò.

Quali saranno le tue prossime gare?

Penso quelle in Italia. Dobbiamo ancora vedere esattamente quali, ma più o meno tutte quelle fino al Lombardia che, credo, sia la fine della mia stagione. Perché ci sono altre corse quest’anno, tipo quelle organizzate da Pozzato, il Giro del Veneto, però non so se si faranno. E poi sarà che adesso sono così stanco che fino ad ottobre inoltrato è lunga!

Questo Avenir ti dà una grande visibilità. Inizi ad essere un corridore appetibile per il WorldTour: ci pensi oppure c’è la voglia di poter costruire qualcosa in una squadra tutta italiana?

Io lo spero. Credo sia il sogno di tutti quando iniziano a correre in bici di fare il Giro d’Italia e il Tour de France. Ma penso anche che bisogna crescere. Ho ancora tanto da imparare, quindi non bisogna fare il passo più lungo della gamba. Bisogna farne uno per volta ed essere pronti quando sarà il momento giusto.

Azzurri compatti intorno a Filippo e sempre sul pezzo. Baroncini (in primo piano) presente su ogni terreno
Azzurri compatti intorno a Filippo e sempre sul pezzo. Baroncini (in primo piano) presente su ogni terreno
Cosa ti ha impressionato di più di questo Avenir? E cosa ti aspettavi prima di partire?

Impressionato niente: si sapeva che c’era gente forte e il fatto che in salita sia sempre stato con i migliori mi è piaciuto. Rivedendo i dati siamo andati veramente forte e di questo sono soddisfatto. Sono arrivato pronto, penso nella miglior condizione dell’anno, e pertanto sapevo che potevo far bene. Poi non c’è niente di scontato. La squadra, la nazionale, ha sempre lavorato al meglio. Anche ieri Frigo, Garofoli, ma anche gli altri che erano nella fuga, mi sono stati vicino. E se non ci fossero stati loro non so come sarebbe andata. E devo ringraziare anche la famiglia Reverberi che mi ha dato tantissime possibilità quest’anno. Come ho già detto, mi ha permesso di fare un calendario super.

A proposito di squadra, ti sei sentito con i compagni? “Zio” Visconti ti ha dato qualche dritta?

Sì – ride Zana – mi sono scritto con loro. E anche con Visconti. Da quando c’è lui in squadra c’è una bella differenza. Mi scrive sempre e ci prendiamo anche un po’ in giro. E’ bello così: si scherza. Giovanni ci dà quelle indicazioni in più che possono fare la differenza. Io e i miei compagni più giovani non possiamo che ringraziarlo perché quest’anno ci ha fatto crescere molto. Ed è anche merito suo se stiamo facendo una bella annata.

Solo 7″. All’Avenir Johannessen batte Rodriguez (e Lemond)

22.08.2021
7 min
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Neanche il migliore degli sceneggiatori avrebbe potuto scrivere un finale così. Un finale thriller. Nella sua tappa regina, l’ultima, il Tour de l’Avenir ha regalato emozioni da mordersi le unghie. Vi diciamo che solo che Tobias Johannessen e Carlos Rodriguez hanno battuto persino Lemond e Fignon.

Eh sì, perché questo Avenir è finito con un distacco inferiore ai famosi 8” che separarono l’americano dal francese in quel Tour del 1989. Tra il norvegese e lo spagnolo i secondi sono stati 7”. Ma stavolta tutto è stato più incerto e non solo per quel secondo in meno. Quel giorno a Parigi c’era il cronometro in diretta a parlare, qui non è stato così.

La quiete prima della tempesta 

Si parte presto a La Toussuire. Gli azzurri escono dall’hotel poco dopo le 8. L’obiettivo, poi centrato, è di mandarne in fuga almeno un paio, così che Filippo Zana possa avere dei compagni sull’Iseran o magari anche dopo.

La maglia gialla è tranquilla. Carlos Rodriguez è concentrato. Con una lentezza estenuante mette il numero sulla sua maglia a pois. I colombiani scalpitano: i 2.770 metri dell’Iseran li fanno sentire a casa. E’ la quiete prima della tempesta. Quando si abbassa la bandierina la classifica recita: Tobias Johannessen primo, Carlos Rodriguez a 2’18” e Filippo Zana a 2’24”.

Il colpo inatteso

Sul Iseran è proprio la Colombia a menare. Però scattano Arrieta e Garofoli. Poco dopo ecco Rodriguez. Vorrà suggellare la maglia a pois, tutti pensano. Invece, al Gpm lo spagnolo tira dritto e si butta come un falco sulla Val d’Isere. Dietro è lo scompiglio. La maglia gialla è sola. Il fratello Anders è dietro. Zana non c’è. «Dopo i 2.500 metri di quota ho un po’ pagato», ammetterà a fine corsa. Garofoli si ferma in cima ad attenderlo e lo riporta dentro. E la stessa cosa fa più tardi Anders per aiutare il fratello in giallo. 

Nervi saldi per Tobias che vedeva a forte rischio la sua maglia verso il Piccolo
Nervi saldi per Tobias che vedeva a forte rischio la sua maglia verso il Piccolo

Johannessen freddezza da campione

Inizia la scalata finale del Piccolo San Bernardo: Rodriguez in testa e 12 uomini a seguire. Anders tira a più non posso ma quando inizia il tratto duro si sposta. Passa tutto nelle mani, nelle gambe e nella testa di Tobias. Che infatti appena resta solo tocca qualcosa sul computerino. Dovrà gestirsi e intanto il vantaggio dello spagnolo inizia a farsi pericoloso. E manca tanto, troppo.

«Ho cercato di restare tranquillo – ha detto Johannessen – Ma la scalata finale è stata folle. Il ragazzo spagnolo è stato super forte. Speravo si stancasse un po’ dopo la discesa da solo, ma ha fatto un qualcosa di grande. Ho cercato di prendere il mio passo, di andare per la mia strada. Fino ai 10 chilometri sono rimasto nella mia “comfort zone”, ma poi ho spinto e lui continuava a guadagnare sempre un po’. Ho pensato che potevo perdere tutto. Negli ultimi cinque chilometri avevo perso la mia “extra power”per seguire Zana e ho solo spinto più che potevo. Dopo l’arrivo non sapevo ancora come fosse andata».

Rodriguez ha gestito in modo magistrale la scalata finale. La sua pedalata? Potente e non troppo agile
Rodriguez ha gestito in modo magistrale la scalata finale. La sua pedalata? Potente e non troppo agile

Che duello…

Lo avevamo scritto in questi giorni: la tappa finale è diversa dalle precedenti. Le certezze dei giorni prima potevano essere vanificate in un lampo. Ed è su questo che hanno puntato gli spagnoli. 

«L’azione di Rodgriguez è stata programmata questa mattina – ci dicono i massaggiatori iberici mentre si mangiano le unghie sull’arrivo – il nostro cuore ora batte forte».

A un chilometro dall’arrivo Johannessen e Rodriguez erano alla pari. Ma un conto sono i distacchi del Gps e un conto quelli reali. Lo spagnolo taglia il traguardo. I massaggiatori lo accolgono, lo coccolano, ma restano in trepidante attesa. Sfilano Zana e Steinhauser che nel frattempo hanno staccato il vichingo. Passano i secondi. Nel rettilineo finale Tobias richiama ogni singola goccia di energia e quando taglia il traguardo anche lui non sa come è andata.

La grande attesa

Ed è qui che va in scena il momento più bello di tutto il Tour de l’Avenir. La gara è finita, ma ancora non si sa chi è il vincitore.

Sulle transenne a sinistra, lo spagnolo. Su quelle a destra il norvegese. I due corridori e rispettivi staff sono in religioso silenzio. Si sente solo il fiatone dei due corridori e qualche bisbiglìo di conforto. Gli sguardi cercano risposte nell’infinito. Passano i minuti. Tutto tace. Anche noi facciamo di qua e di là. Poi all’improvviso la risposta arriva. La porta un ragazzo dell’organizzazione che si dirige verso Tobias. E’ il momento della verità. «Sette secondi, hai vinto tu». E scoppia la gioia. Adesso finalmente può lanciare un urlo al cielo. Un urlo potente, da vero vichingo

«E’ la mia vittoria più importante – dice il norvegese – sono super contento. Voglio ringraziare la squadra, mio fratello… tutti loro mi hanno aiutato sin dalla prima tappa. E adesso? Adesso vediamo cosa fare al campionato europeo. Poi c’è il mondiale che si corre in Belgio, dove ci sono corse che mi piacciono, e magari troverò un team WorldTour per il prossimo anno, insieme a mio fratello».

Onore a Rodriguez

Se da una parte regna la gioia, dall’altra non è così. Rodriguez ha già le caratteristiche British della Ineos: serio, composto (anche nella pedalata), pacato. Solo la sua espressione lo tradisce (e ci mancherebbe). La maglia a pois e la vittoria di tappa non bastano. Voleva l’impresa totale e per poco non ci è riuscito.

«Sono contento, ho fatto un ottimo Avenir, ma è chiaro che torno a casa con un po’ di rabbia». E tanto per non fargliene mancare dell’altra, gli chiediamo se forse non era meglio risparmiare le energie e scattare solo sull’ultima salita visto che è stato nettamente il più forte.

«Io volevo vincere la generale – risponde lo spagnolo – ho pensato di attaccare a poco più di un chilometro dalla vetta dell’Iseran, per far faticare anche gli altri e magari isolare la magia gialla. Ho sfruttato il lavoro fatto dalla Colombia. E così ho raggiunto Arrieta (e Garofoli, ndr). In discesa Arrieta era vicino, ma non chiudeva, e così ho deciso di fare una cronometro fino alla fine. Se avessi attaccato nel finale avrei potuto vincere la tappa, ma non credo la generale. Serviva molto spazio per riuscire a fare un grande distacco». Una risposta da vero campione, da uno che non si accontenta di fare secondo, neanche se è al secondo anno tra gli U23.