Da Luperini a Longo Borghini: si sfoglia l’album dei ricordi di Astoria

27.07.2024
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Il recente trionfo di Elisa Longo Borghini al Giro d’Italia Women ha riacceso i riflettori sulle grandi vittorie italiane nella corsa rosa, rievocando l’ultima memorabile vittoria di Fabiana Luperini nel 2008. Conosciuta affettuosamente come “la Pantanina” per le sue eccezionali capacità da scalatrice, la Luperini ha segnato un’era nel ciclismo femminile. Con un palmares che vanta quattro trionfi al Giro d’Italia (1995, 1996, 1997, 1998) e ben tre Tour de France consecutivi: dal 1995 al 1997.

Una specifica fotografia del 1995 cattura uno dei momenti più iconici della carriera di Fabiana Luperini, festeggiando il suo primo Giro con una bottiglia di Astoria. La storica casa di spumanti trevigiana è stata una costante sui podi del ciclismo femminile sin dal 1993. 

«A quei tempi – racconta Filippo Polegato, Amministratore Delegato di Astoria – Longo Borghini aveva solo due anni, ma il ciclismo femminile iniziava già a strutturarsi professionalmente. Sono davvero molto felice che Astoria abbia contribuito in qualche modo a far crescere l’intero movimento, non facendo mai mancare il suo sostegno a numerose manifestazioni in questi tre decenni. La crescita di attenzione, di pubblico e di nuove atlete non si è mai fermata, celebrata stagione dopo stagione dai brindisi con lo spumante Astoria».

Elisa Longo Borghini firma la bottiglia Astoria del Giro d’Italia Women
Elisa Longo Borghini firma la bottiglia Astoria del Giro d’Italia Women

Per una buona causa

Oggi, mentre le cicliste si godono un meritato riposo, i tifosi e gli appassionati di ciclismo hanno invece l’opportunità di dimostrare il proprio sostegno attraverso un’asta benefica. Sul sito matchwornshirt.com/it si è difatti conclusa un’asta dedicata al Giro Women. Tra gli oggetti più ambiti… una Mathusalem da 6 litri di Astoria. Autografata da tutte le vincitrici di tappa, delle maglie di classifica e dalla protagonista di questa edizione: Elisa Longo Borghini. Questa iniziativa non solo ha voluto celebrare le glorie del passato e del presente del ciclismo femminile italiano, ma anche sostenere una causa di grande importanza. Tutti i fondi raccolti dall’asta verranno difatti devoluti all’Associazione Scarpetta Rossa. Questa organizzazione è impegnata in iniziative di promozione sociale contro la violenza sulle donne, un tema di drammatica attualità che richiede l’attenzione e il supporto di tutta la comunità.

Astoria, con la sua lunga tradizione di sostegno al ciclismo femminile, dimostra ancora una volta il suo impegno non solo nello sport, ma anche nel sociale. Il legame tra il marchio e le atlete, celebrato attraverso brindisi e vittorie, si rafforza ulteriormente con questa iniziativa benefica. La Mathusalem autografata diventa un simbolo di solidarietà e di lotta contro la violenza, unendo tifosi e campionesse in un gesto di grande valore umano.

Questa asta rappresenta un’occasione per possedere un pezzo di storia del ciclismo e fare una differenza significativa nella vita delle donne vittime di violenza. E’ un invito aperto a tutti i tifosi e sostenitori a partecipare, dimostrando che il mondo dello sport può e deve giocare un ruolo attivo nel promuovere il cambiamento sociale.

Astoria

Van Vleuten: «Tour in 3 settimane? Ci si arriverà…»

21.01.2023
5 min
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«Voglio veder crescere la mia squadra e godermi la mia maglia iridata, perché è il miglior modo per salutare questo sport». Parole, quelle di Annemiek Van Vleuten riportate dal quotidiano spagnolo Marca che sembrano un epitaffio alla sua straordinaria carriera.

L’olandese, superata la soglia dei 40 anni, si appresta a vivere la sua ultima stagione, al termine della quale appenderà la bici al chiodo. E non sembra ci siano margini perché receda dai suoi propositi, anche se sembra strano considerando che siamo nell’anno preolimpico.

La Van Vleuten in Colombia, dove si è allenata nel mese di dicembre (foto Marca)
La Van Vleuten in Colombia, dove si è allenata nel mese di dicembre (foto Marca)

Smettere nonostante tutto

La campionessa della Movistar è stata al riguardo molto chiara: «Voglio smettere quando è ancora doloroso farlo, non cambierò idea. Soffrirò, piangerò, ma non voglio mollare quando il mio livello calerà, voglio essere ancora nel pieno delle mie capacità, al mio massimo livello».

Nella sua intervista, durante il ritiro che la campionessa arancione ha svolto in Colombia, la Van Vleuten ha sottolineato anche come il rapporto con la sua squadra, con la quale è solo al secondo anno, sia molto profondo: «E’ un team forte, hanno tutte grandi qualità tecniche, devo riconoscere che è la prima volta che ripongo una fiducia totale nelle mie compagne e nel sistema di squadra. So che le ragazze mi porteranno davanti ai piedi della prima salita, sempre e comunque. Io dovrò solo stare alla loro ruota. Voglio vederle crescere e accompagnarmi in questo mio ultimo viaggio agonistico, mettendo nel mirino alcune corse, anche se non ho ancora in mente specifici obiettivi».

Tra i nuovi arrivi alla Movistar spicca Liane Lippert, campionessa tedesca ai piedi del podio ai mondiali 2022 (foto Instagram)
Tra i nuovi arrivi alla Movistar spicca Liane Lippert, campionessa tedesca ai piedi del podio ai mondiali 2022 (foto Instagram)

Professionismo femminile

Dopo quel che ha realizzato lo scorso anno, aggiudicandosi tutti e tre i maggiori giri, si sarebbe portati a pensare che voglia ripetersi salutando così il gruppo nella maniera migliore. A tal proposito la Van Vleuten ha puntato l’obiettivo sulla durata delle corse a tappe, dicendo la sua su un tema molto dibattuto.

«Fare corse di tre settimane anche per le donne è possibile – dice l’olandese – ma bisogna lavorarci con calma. Non è qualcosa di realizzabile a breve termine. Per ora è meglio una decina di giorni, concentrati di emozioni. Ma sono sicura che avverrà, ci si arriverà dopo che il passaggio al professionismo sarà completato e ogni ciclista avrà un salario minimo decente, sufficiente per vivere con il proprio lavoro di atleta».

Le sue affermazioni fanno riflettere e ci hanno spinto a chiedere una replica a un altro totem del ciclismo femminile, Fabiana Luperini. La toscana come la Van Vleuten era una specialista delle corse a tappe, vincitrice di 5 Giri d’Italia e 3 Tour de France.

«Io -spiega Fabiana – credo che tornare al passato, ai miei tempi sia la soluzione migliore. Molti hanno dimenticato che quando ho vinto il Tour era articolato su due settimane ed era una quantità di tappe e chilometri più che sufficiente. Tre sarebbe troppo, per me lo è anche per gli uomini e da tempo se ne discute».

«Quindici giorni è la soluzione giusta, quella che fa emergere i valori reali in campo, non credo che una settimana in più cambierebbe le cose. Si è visto d’altronde come anche la formula attuale alla fine premi chi è più forte, allungarla di qualche tappa metterebbe alla prova la resistenza di tutte. Ma non andrei oltre le due settimane: non avrebbe più un senso tecnico».

Per la Luperini ben 3 vittorie al Tour, dal ’95 al ’97 e 5 successi al Giro (foto Facebook)
Per la Luperini ben 3 vittorie al Tour, dal ’95 al ’97 e 5 successi al Giro (foto Facebook)

Due settimane okay

Per certi versi però questa disparità fra uomini e donne può sembrare non al passo con i tempi. È stato scientificamente provato che in tutti gli sport di endurance le prestazioni fra i due sessi tendono a ravvicinarci sempre più con l’aumento dei chilometri tanto che in alcune prove di corsa sono le donne a vincere.

E’ un problema di cultura ciclistica ancora troppo maschilista? «Io non credo – dice la Luperini – ogni sport va visto nella sua singolarità. Se guardiamo al tennis, nei grandi tornei c’è ancora la differenza fra 3 e 5 set ed è giusto che sia così. Nel ciclismo ad esempio la distanza di 150 chilometri per le donne è più che sufficiente per far emergere le giuste gerarchie in campo. Casomai è sul sistema maschile che bisognerebbe intervenire.

«Tornando al discorso delle due settimane – continua la diesse del Team Corratec – queste permetterebbero al Tour di affrontare sia le Alpi che i Pirenei, oggi con una durata così ridotta è impossibile fare entrambi, ci sarebbero trasferimenti troppo lunghi».

La Luperini (qui con Attilio Viviani) esordirà da diesse Corratec al Saudi Tour dal 30 gennaio
La Luperini esordirà da diesse Corratec al Saudi Tour dal 30 gennaio

Ritiro? Forse ci ripenserà

La toscana dice la sua anche sulla decisione della Van Vleuten di chiudere la sua carriera essendo ancora al vertice.

«Al suo posto avrei tirato avanti ancora un anno, proprio perché si arriva alle Olimpiadi che sono un po’ il compendio di tutto il lavoro di un quadriennio. Ma probabilmente l’olandese sa che il percorso di Parigi non le sarà favorevole e poi in fin dei conti lei un oro olimpico lo ha già vinto, anche se a cronometro e non in linea. Io comunque sul suo ritiro a fine anno non sono così convinta: è nettamente superiore e se lo sarà anche nel 2023, magari ci ripenserà. Prima di dare la cosa per certa è meglio aspettare…».

Una donna a capo di un team maschile: l’esempio della De Jonckere

29.11.2022
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Non c’è solo la Luperini. In contemporanea con la Toscana approdata alla guida del Team Corratec, un’altra formazione professional, l’americana Human Powered Health ha affidato le “chiavi della squadra” a Ro De Jonckere, manager belga con una vasta esperienza nel mondo del ciclismo maschile. Ro si è fatta la sua gavetta iniziando oltre vent’anni fa seguendo le orme di suo padre, dirigente della Domo Farm Frites che era l’antecedente dell’attuale Quick Step.

«Devo molto a Nico Mattan, un ex corridore che era venuto a vivere proprio accanto alla mia famiglia – racconta Ro – Nico mise in contatto mio padre, che era il direttore marketing della Domo, con Patrick Lefevere, dando così vita al team. Nel 2004 mi diplomai a scuola, nel team serviva qualcuno che lavorasse in ufficio, era per me una bella esperienza professionale così iniziai».

Lo Human Powered Health, con diversi nomi, è in attività dal 2007
Lo Human Powered Health, con diversi nomi, è in attività dal 2007
Hai lavorato 12 anni con Lefevere e 5 anni con Douglas Ryder: che cosa hai imparato da loro?

Penso di poter dire di aver imparato dai migliori. Ho imparato molto sul ciclismo in generale e molto sul business del ciclismo, perché Patrick è un ottimo uomo d’affari. E una delle cose che ricorderò sempre di lui è che mi diceva sempre di stare calma. Sua madre è sempre stata presa dal panico, è una cattiva consigliera e le decisioni affrettate spesso sono decisioni sbagliate. E penso che sia stato un ottimo consiglio. Anche Douglas è un ottimo manager, con una visione più ampia dello sport, che va al di là delle semplici prestazioni. Inoltre, il collegamento con l’ente di beneficenza del Qhubeka è stato davvero un colpo d’occhio che ti mostra cosa può fare lo sport e qual è il suo potere. E c’è bisogno di qualcosa in più oltre al solo lato prestazionale delle cose.

Rispetto alla Luperini, tu hai sempre lavorato in ambito maschile: è un vantaggio?

Non so se sia un vantaggio. L’anno scorso è stato il primo anno in cui sono entrata in contatto con il ciclismo femminile e devo dire che ho cercato di recuperare molto. Penso di aver partecipato solo ad alcune delle nostre gare maschili con la squadra l’anno scorso, ma sono andata a molte gare femminili per capire, perché era davvero una novità per me. Il ciclismo femminile sta davvero crescendo molto, ma ha ancora molta strada da fare. E penso che possa tornare utile portare un po’ dell’esperienza del ciclismo maschile in quello femminile. Certo, ha i suoi aspetti unici e non dovremmo volere che sia completamente uguale. Ma d’altra parte, dato che il ciclismo femminile è più giovane e ancora molto in crescita e in via di sviluppo, ci sono molti aspetti del ciclismo maschile che possiamo usare per far crescere il ciclismo femminile.

La De Jonckere al Tour Femmes 2022, dov’era tra le diesse del team americano
La De Jonckere al Tour Femmes 2022, dov’era tra le diesse del team americano
Attualmente quali sono le principali differenze fra ciclismo maschile e femminile e secondo te sono maggiori rispetto agli altri sport?

Penso che la differenza principale per il momento sia che hai un gruppo molto piccolo di ciclisti davvero forti e manca una buona base per il momento. Tutte le grandi squadre ora stanno fondando una sezione femminile, ma al momento non ci sono abbastanza brave donne per riempire tutte quelle squadre più grandi. Penso che tra qualche anno la situazione migliorerà perché si sta investendo sulle giovani e sullo sviluppo del ciclismo femminile. Penso che per il momento la differenza più grande sia ancora il fatto che la professionalità per molto tempo non è stata allo stesso livello degli uomini. Come, per esempio, adesso vedi che le squadre femminili hanno anche nutrizionisti e allenatori e l’intero ambiente intorno alle squadre femminili sta diventando sempre più professionale e questo aiuterà molto anche a salire al livello successivo.

Ora sarai la responsabile massima in un ambiente quasi completamente maschile: temi ci sia un atteggiamento diverso di corridori e dirigenti verso di te rispetto a un maschio?

No, non proprio, perché vado in bicicletta da quasi 20 anni. È sempre stato un ambiente molto maschile. In molti casi ero l’unica donna della squadra , ma non ho mai pensato che fosse uno svantaggio o che le persone mi vedessero in modo diverso per questo. Ho sempre avuto la sensazione che le persone mi rispettassero per quello che stavo facendo e non per il mio genere. Quindi, personalmente, non ho grossi problemi.

Chad Haga, leader della squadra americana, reduce da una stagione sottotono
Chad Haga, leader della squadra americana, reduce da una stagione sottotono
Quanto è importante il lavoro del tuo team per l’evoluzione del ciclismo americano?

Molto, soprattutto ora che nel post Covid il ciclismo in America è davvero a un livello basso. Quest’anno abbiamo avuto solo una grande gara negli Usa, la Maryland Classic. So per certo che il Maryland Classic vuole organizzarsi di nuovo l’anno prossimo e stavano anche parlando di organizzare la gara femminile. E speriamo che molti altri organizzatori seguano l’esempio. Noi come squadra americana siamo ovviamente un po’ gli ambasciatori del ciclismo a stelle e strisce, anche se date le circostanze, per il momento, il 95% della nostra attività si svolge in Europa.

E cosa ti aspetti dalla prossima stagione? Quali sono i corridori su cui puntare?

Quest’anno abbiamo fatto alcune buone aggiunte alla nostra squadra. Ora abbiamo 22 corridori. Ci aspettiamo molto da loro, soprattutto nelle gare fiamminghe e contiamo molto sul nostro velocista, il polacco Stanislav Aniolkowski. Abbiamo investito tutto intorno alla squadra, abbiamo assunto un nutrizionista e stiamo lavorando con alcuni allenatori extra. Quindi speriamo di essere in grado di alzare il nostro livello il prossimo anno. Per la squadra femminile abbiamo anche alcune nuove atlete, puntiamo molto sulla polacca Pikulik e la cipriota Christoforou, che ha avuto un po’ di problemi di salute l’anno scorso ma verso la fine dell’anno abbiamo già visto che il livello stava migliorando molto. E poi anche Alice Barnes è una delle nostre nuove risorse. Penso che in entrambe le squadre abbiamo fatto delle buone aggiunte e speriamo di sì. Abbiamo una buona stagione.

Aniolkowski, nuovo acquisto dalla Bingoal Pauwels, sarà il velocista leader nelle classiche
Aniolkowski, nuovo acquisto dalla Bingoal Pauwels, sarà il velocista leader nelle classiche
Il tuo team maschile è da anni nel ciclismo. E’ possibile un salto fra le WorldTour nel futuro?

Questa è la nostra ambizione. La nostra squadra femminile, come sapete, è già nel WorldTour. Siamo l’unica squadra in cui le donne sono nel WorldTour prima degli uomini. E speriamo un giorno di poter fare lo stesso con la nostra squadra maschile. Ma come sai, non è così facile, non è solo una questione di budget. Stiamo cercando di migliorare la nostra squadra e tutto ciò che la circonda. E speriamo davvero che un giorno quel futuro possa essere il World Tour. Di sicuro ci proveremo.

Tour Femmes, il Tourmalet non è una novità…

19.11.2022
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Dopo aver raccontato il suo approdo al Team Corratec, con Fabiana Luperini abbiamo un po’ deviato dal discorso. Freschi dell’incontro con Marta Cavalli e della sua voglia di tornare al Tour per riprendere il discorso interrotto dalla caduta, il tanto parlare che si è fatto del Tourmalet nel percorso della Boucle ci ha ricordato che non si tratterà di una prima volta. E ci siamo chiesti per quale motivo si stia enfatizzando (giustamente) il Tour Femmes, dimenticando però le campionesse che l’hanno reso grande nel passato. Il Tour donne, insomma, c’era anche prima di Christian Prudhomme e Marion Rousse. E sul Tourmalet Fabiana ha anche vinto.

«L’ho scalato per due volte – sorride la toscana – e l’ho vinte tutte e due. Nel 1995 a La Mongie, l’anno dopo dalla parte opposta. La prima volta con la maglia gialla, nella tormenta. Mi ricordo che vidi l’arrivo solo agli ultimi 10 metri. E poi c’ho vinto anche nel 1996. Avevo la maglia tricolore e mi sembra che ci presi quella gialla».

Cosa ricordi del Tourmalet?

E’ una salita impegnativa perché è lunga. Poi mi ricordo che comunque è fastidiosa perché ci puoi trovare una tormenta, come anche un caldo terribile. Mi ricordo che quella volta diluviava. La volta dopo quasi si sprofondava nell’asfalto, da tanto era caldo. Sicuramente non ha le pendenze come possono averle le Alpi, il Mortirolo, insomma le nostre salite mitiche. Però quelle francesi sono salite lunghe…

Il Tour era più duro del Giro?

Sicuramente quando lo facevo io, era molto più impegnativo del Giro d’Italia, anche perché in quel periodo non è che si facessero le salite mitiche che ci sono in Italia, tipo il Mortirolo. Una volta abbiamo fatto lo Zoncolan, però non siamo arrivati fino in cima: mancavano gli ultimi 2-3 chilometri che sono quelli più impegnativi. Ad esempio io non ho mai fatto lo Stelvio, un anno si fece il Pordoi, ma non ho mai fatto altre salite importanti. Invece al Tour de France si facevano tutte: in due settimane si facevano sia i Pirenei che le Alpi.

Fabiana Luperini, classe 1974, ha vinto 3 Tour de France consecutivi a partire dal 1995
Fabiana Luperini, classe 1974, ha vinto 3 Tour de France consecutivi a partire dal 1995
Infatti era un Tour più lungo di quello attuale che ha 8 tappe, giusto?

Otto giorni, ma poi che salite hanno fatto? Il nostro era duro anche per i trasferimenti, perché noi facendo sia le Alpi che i Pirenei, avevamo due settimane di corsa. Dopo la tappa c’erano sempre 3-4 ore di macchina. Veniva duro anche per quello, perché non è che arrivavi nel posto da cui partivi il giorno dopo. Insomma, per fare i Pirenei e le Alpi, dovevi per forza fare lunghi trasferimenti. Mi ricordo a volte si arrivava la sera fra le nove e le dieci. Poi io che avevo l’antidoping e tutto il cerimoniale, arrivavo sempre più tardi e quindi diventava una corsa impegnativa.

Credi che gradualmente aumenteranno la durezza del nuovo Tour?

La Van Vleuten è brava. Ha vinto Giro, Tour e Vuelta, ma se sommi insieme i giorni di Vuelta e Tour, forse fai il Giro di una volta. Mi sembra che la Vuelta era di 5 giorni, il Tour di 8. E anche quest’anno, che salite hanno fatto al Tour? Sicuramente ci arriveranno. E dopo il Tourmalet, torneranno a Luz Ardiden o all’Alpe d’Huez come si faceva noi. Oppure la Madeleine, il Glandon. Nella tappa che ho vinto con 8 minuti sulla Longo, si fece il Glandon e la Madeleine con arrivo a Vaujany. Su 111 chilometri della tappa, mi sembra ce ne fossero 60 di salita o più. 

Il Tour del 1997 fu il primo con la maglia della Sanson: i primi due li vinse con quella azzurra
Il Tour del 1997 fu il primo con la maglia della Sanson: i primi due li vinse con quella azzurra
La Sanson del tuo terzo Tour era paragonabile a una WorldTour di oggi?

Di sicuro aveva un organico importante e io mi sono sempre allenata in modo importante. Il Tour del France del 1997 fu il primo che corremmo con la maglia di club, dopo i due anni precedenti con la nazionale di Broccardo. Al terzo Tour invece, mi guidò Marino Amadori. E se guardate la foto di apertura, era la Sanson con Valeria e Alessandra Cappellotto, Roberta Bonanomi e Nada Cristofoli. Davvero uno squadrone…

Cosa può dare Luperini alla Corratec? Chiediamoglielo

17.11.2022
4 min
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A un certo punto della scorsa settimana, un comunicato stampa annunciava che fra i direttori sportivi del Team Corratec sarebbe arrivata Fabiana Luperini, cinque Giri vinti e tre Tour. Una novità inattesa sotto il cielo italiano, che si sposa per coincidenza con l’arrivo di Ro De Jonckheere all’americana Power Health.

La squadra toscana si sta rigenerando dopo l’annata continental, con l’arrivo di corridori da ricostruire come Valerio Conti, alcuni giovani e l’ispirazione dietro le quinte di Angelo Citracca. Serge Parsani è il team manager, Francesco Frassi e Marco Zamparella i due diesse. E proprio a Frassi si deve l’arrivo della pisana di Buti.

«E’ nata un po’ per caso – racconta Luperini – perché conosco Frassi sin da piccola. Ci siamo ritrovati in un’occasione e mi diceva che il prossimo anno sarebbero passati professional e avevano bisogno anche di un’altra persona con il tesserino internazionale. E quindi mi ha chiesto se mi interessasse farlo. Io ho pensato che non vado fra persone sconosciute e quindi ho detto di sì».

Fabiana conosce Frassi sin da quando erano bambini, per l’amicizia fra i rispettivi genitori
Fabiana conosce Frassi sin da quando erano bambini, per l’amicizia fra i rispettivi genitori
Con che mentalità ti approcci alla novità? 

Col fatto che conosco già le persone che ci sono, il salto non mi spaventa. Se non so una cosa, la chiederò. E poi comunque sia, il ciclismo è il ciclismo, sia a livello maschile che femminile. Sicuramente quello maschile è un po’ più impegnativo per quanto riguarda i chilometraggi e anche le gare. Ma non credo che avrò grossi problemi.

La fase di conoscenza dei corridori è già cominciata, oppure ci sarà il primo ritiro per farlo?

Ancora è presto. La squadra sta ultimando in questi giorni gli ultimi ingaggi, quindi ci troveremo di qui a breve e poi conosceremo anche i ragazzi.

Secondo te quale può essere il valore aggiunto di Fabiana Luperini in una squadra così?

Adesso non lo so, perché si tratta della prima volta. Però penso che una donna è sempre diversa da un uomo, quindi magari credo che avrò un’altra sensibilità, un’altra prospettiva rispetto ai direttori sportivi uomini. E magari in certi casi può fare anche bene.

Fabiana Luperini ha vinto 5 Giri d’Italia e 3 Tour de France. Per lei in arrivo una bella sfida
Fabiana Luperini ha vinto 5 Giri d’Italia e 3 Tour de France. Per lei in arrivo una bella sfida
Sappiamo che segui sempre il ciclismo femminile, che rapporto hai con quello maschile?

Lo seguo ancora. L’unica cosa, a differenza delle donne, non abbiamo in Italia un atleta forte che ti fa venire voglia di vedere una gara piuttosto di un’altra. Mentre nelle donne ci sono delle ragazze per cui vale la pena accendere la televisione. Intendiamoci, è bello anche veder vincere Van der Poel,  Van Aert e Pogacar, per carità. A volte però, mi piacerebbe anche vedere un italiano come c’era in passato. Un Pantani, Bugno, Bartoli…

Che effetto fa essere il primo diesse donna d’Italia fra i pro’?

I due mondi iniziano a comunicare. Ci sono anche tante massaggiatrici donne che seguono gli uomini. Magari le prime a entrare sono state loro, vedo poi che ci sono anche dei dirigenti donna. Insomma, ora arriveranno anche direttori sportivi. Piano piano, si fa tutto. Logicamente il professionismo rimane sempre un ambiente soprattutto maschile, ma il fatto che qualcuna entri è già un mezzo segnale.

A questo punto della tua carriera ti aspettavi una chiamata del genere?

Diciamo che non stavo cercando una squadra fra le donne e nemmeno fra gli uomini. E’ capitata questa esperienza e mi sono detta di provarci. Come aspettative, è ovvio che potessi aspettarmelo più da un team femminile, vediamo cosa succede in questa nuova avventura. Magari imparo altre cose nuove che mi possono essere utili nei prossimi anni.

Hai già fatto il direttore sportivo, del resto…

L’ho già fatto alla Cipollini donne. Nelle juniores femmine con Ciclismo Insieme. Lo stavo già facendo quest’anno a livello giovanile, perché si trattava di esordienti donne e allieve. Qui a livello locale, da quando ho smesso l’ho sempre fatto.

Non sarà un salto nel buio, insomma…

Non credo, il fatto di conoscere bene Frassi sarà un bel supporto. Siamo delle stesse zone, poi mio babbo e suo babbo, sono amici. Correvano insieme a livello amatoriale, quindi mi capitava spesso di vederlo alle gare o comunque durante le cene che facevano i nostri genitori insieme. Perciò adesso non mi resta che cominciare…

Van Vleuten a mani basse: tappa e maglia a Le Markstein

30.07.2022
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Ottantacinque chilometri di fuga sulle montagne per ipotecare il Tour Femmes. Annemiek Van Vleuten sbaraglia la concorrenza nella settima e penultima tappa di 127,1 chilometri trionfando a Le Markstein e prendendosi la maglia gialla. La trentanovenne della Movistar ripropone con lo stesso esito finale la stessa lunga cavalcata solitaria che aveva inscenato al mondiale in Yorkshire nel 2019. Un’azione per far esplodere il gruppo e poi amministrare, anzi incrementare il vantaggio fino al traguardo.

Come un toro di Pamplona – la città della sua squadra – che vede rosso, la Van Vleuten quando vede una salita si scatena. E pensare che aveva destato sorpresa il fatto che fosse arrivata attardata nella seconda e terza frazione dove erano presenti degli strappi. Ma come un motore ingolfato, forse aveva bisogno di carburare nuovamente per sprigionare tutta la potenza. E dietro di lei volano minuti su minuti per le dirette avversarie.

Van Vleuten in maglia gialla. La deve difendere nell’ultima tappa poi avrà realizzato la doppietta Giro-Tour nello stesso anno.
Van Vleuten in maglia gialla. La deve difendere nell’ultima tappa poi avrà realizzato la doppietta Giro-Tour nello stesso anno.

Esperte di doppiette

L’altra olandese Vollering è seconda all’arrivo (e nella generale) ad oltre 3′, dopo aver provato a tenere il passo della sua connazionale. La danese Ludwig completa il podio di giornata a più di 5′ davanti a Labous e Niewiadoma, ora terza in classifica. Alle loro spalle a quasi 7′ Silvia Persico ed Elisa Longo Borghini, rispettivamente sesta e settima nella generale.

E così, mentre Annemiek mette nel mirino la doppietta Giro-Tour femminili (sarebbe la prima a riuscirci dopo Joane Sommariba nel 2000), noi abbiamo voluto sentire ancora Fabiana Luperini, una che quelle accoppiate le ha realizzate tre volte di fila dal ’95 al ’97, sfiorando un clamoroso poker nel ’98.

Fabiana Luperini e Joanne Sommariba sono due delle tre atlete riuscite nella doppietta
Fabiana Luperini e Joanne Sommariba sono due delle tre atlete riuscite nella doppietta
Fabiana te lo richiediamo. Come si ferma la Van Vleuten?

C’è poco da fermarla (dice sorridendo, ndr). Ha una condizione invidiabile, fa allenamenti mostruosi e le piace fare queste fatiche. Ha quasi quarant’anni ma non li sente. E’ vero che nello sport l’età conta ma finché il fisico e la voglia la sosterranno, credo che nel 2023 andrà forte uguale.

Lanciamo una mezza provocazione. Ad una come lei non devi nemmeno dare una tattica o una squadra. Fa tutto da sola…

Quando trovi atlete come lei o come la Vos o la Van der Breggen, a chiunque le guidi in ammiraglia diventa tutto più facile. Con questo non voglio non riconoscere il giusto merito ai direttori sportivi perché senz’altro avranno dovuto ripeterle di gestire lo sforzo, di non farsi prendere la mano o di non rischiare inutilmente in discesa, ad esempio.

E con le compagne invece?

La Van Vleuten per come la vediamo noi sembra essere umile e non avere un carattere molto estroverso. Non è mai sopra le righe. Però io credo che le compagne la apprezzino anche se non lo fanno vedere pubblicamente. All’interno della loro squadra di sicuro ci saranno degli equilibri e delle direttive da rispettare ma penso che lei le ringrazi per queste vittorie.

In questa tappa hanno pagato atlete che avevano fatto il Giro Donne e chi no. Come spieghi questa cosa?

Non c’è una regola precisa. La Van Vleuten è uscita bene dalla corsa rosa e probabilmente ha recuperato meglio, ad esempio, di Longo Borghini che pure aveva finito in crescendo il Giro Donne.

Ecco, Longo Borghini e Persico possono arrivare al podio? Hanno circa 1’40” da recuperare.

Non saprei, potrebbe essere difficile per entrambe. Elisa oggi ha pagato sull’ultima salita i tanti chilometri da sola ad inseguire Vollering e Van Vleuten, che per un po’ hanno viaggiato assieme dandosi i cambi. Non sembra ma conta tanto. Infatti Niewiadoma, che era in un gruppetto, ha fatto il ritmo nel finale e le ha staccate.

Quindi è possibile vincere Giro e Tour nello stesso anno. Ma addirittura per tre volte di seguito come te?

Il ciclismo attuale è cambiato. Direi che sarebbe impensabile. Al momento non saprei chi potrebbe farlo. O meglio, chi dopo la Van Vleuten, perché non credo che lei voglia continuare a correre anche dopo il 2023, la sua ultima stagione. Ci vuole l’atleta giusta. Io li ho vinti che ero molto giovane ma crescendo con l’età ciò che perdi in brillantezza lo guadagni in esperienza. Posso dire però che sono state sensazioni bellissime e quando le vivi una volta trovi la forza e lo stimolo per riviverle ancora.

Domani ultima tappa con arrivo a La Super Planche des Belles Filles. Ci può ancora essere un ribaltone?

Nel ciclismo mai dire mai, ma penso proprio di no. Se fossi nella Van Vleuten andrei a prendermi la vittoria in maglia gialla. Lo farei principalmente per la squadra e le compagne, pensando oltretutto che c’è un bel montepremi da dividere con loro. E poi perché è sempre un bel ricordo vincere in maglia gialla.

Van Vleuten indistruttibile, ma per Cavalli i consigli della Luperini

08.07.2022
6 min
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Più forte delle avversarie, più forte delle avversità. Annemiek Van Vleuten vince ad Aldeno l’ottava tappa del Giro d’Italia Donne, nonostante una caduta in discesa a 85 chilometri l’ora quando ne mancavano 5 al traguardo. Per merito e fortuna sua, non ne approfitta Marta Cavalli, lanciata al suo inseguimento, che finisce dietro alla maglia rosa della Movistar di 59” mentre completa il podio di giornata una sempre più combattiva Longo Borghini. La cremonese della FDJ Nouvelle Aquitaine ora è seconda nella generale a 2’13” dopo la crisi di Mavi Garcia (sesta all’arrivo a 3′) che scala alle sue spalle.

Al tredicesimo sigillo nella corsa rosa, la Van Vleuten si è presa un rischio pazzesco che per un attimo le ha riproposto gli spettri di Rio 2016 quando per un episodio simile perse le Olimpiadi rischiando la vita.

«E’ stata una tappa dura – commenta la 35enne olandese che ha riportato solo dei graffi sul braccio destro – oggi volevo fare ancora di più la differenza. Avevo un buon vantaggio sulla Cavalli che era diventato anche più grande prima di fare uno stupido errore in discesa. Non era necessario affrontarla così al limite. Sono un po’ delusa per questo e chiedo scusa a mia mamma che a casa si sarà presa un bello spavento. Comunque sto bene, sono felice anche per aver rafforzato la mia maglia rosa. Non vedo l’ora di affrontare la tappa regina di questo Giro Donne. Sarà molto bella».

Parla Luperini

Contando la frazione finale di Padova come ultima occasione per le velociste, per la Cavalli c’è ancora la giornata di domani per provare a fare saltare il banco. Suo padre Alberto la sorregge e la conforta appena dopo l’arrivo (foto di apertura). Dopo una grintosa rimonta, le sono mancati cinquanta metri nel finale dell’ultimo gpm per prendere la ruota della Van Vleuten e poi provare a tentare qualcosa. Papà Alberto dice che l’olandese bisogna batterla sul campo, nel testa a testa, e non per una caduta. Di questo stesso avviso è anche Fabiana Luperini, che aveva premiato la 24enne di Cremona alla Freccia Vallone.

Freccia Vallone Donne 2022, Cavalli premiata da Luperini che l’ha vinta nel ’98, 2001 e 2002
Freccia Vallone Donne 2022, Cavalli premiata da Luperini che l’ha vinta nel ’98, 2001 e 2002

«Ha ragione suo padre – esordisce la 48 enne ex vincitrice di 5 Giri e 3 Tour con tre doppiette consecutive dal ’95 al ’97 – non è mai bello campare sulle disgrazie altrui. Era capitato anche a me ad una corsa a tappe. Non volli indossare la maglia. Detto questo al momento Van Vleuten è superiore a tutte le altre anche se non è più al livello di prima. Sembra sempre al limite ma ci sta, va per i 40 anni. Anzi, avercene di atlete di quell’età che vanno così forte. Adesso se fossi in lei controllerei le avversarie senza rischiare nulla, specie dopo oggi. Però se non si sente ancora sicura, state certi che attaccherà ancora per evitare di essere attaccata in discesa visto che si sa che non è un drago a guidare la bici».

La caduta dell’olandese potrebbe influire sulla sua serenità. «A livello psicologico – prosegue la “Pantanina”, come veniva chiamata Fabiana – può risentirne visto che è stato un capitombolo banale benché non troppo rovinoso. Le è andata bene ma potrebbe aver azzardato così tanto perché per me sta già pensando al Tour de France Femmes. Ed è un attimo rovinare tutto se non resti concentrata. In ogni caso il Giro è suo a meno di un suo crollo clamoroso».

Nei panni di Marta

A questo punto la Luperini se fosse la Cavalli come avrebbe preso la giornata di oggi?

«Marta non deve preoccuparsi di nulla – ci confida – perché ha già fatto una stagione straordinaria. Comunque vada lei è al top, è giovane ed il futuro è dalla sua parte. D’altronde deve pensare che Van Vleuten smetterà l’anno prossimo e lei è la sua erede. Chiudere sul podio al Giro è una bella soddisfazione considerando che il livello si è alzato tanto e che sono andate forte con un clima difficile».

Giro d’Italia del 1998. Quarto successo per Luperini su Linda Jackson e Barbara Heeb
Giro d’Italia del 1998. Quarto successo per Luperini su Linda Jackson e Barbara Heeb

E cosa farebbe la Luperini se fosse seconda nelle generale a più di due minuti con ancora una frazione di montagna da sfruttare?

«Bisogna vedere innanzitutto – analizza – come recuperano sia Marta che Van Vleuten. Ma al netto di questo, per come sono fatta, io punterei alla vittoria di tappa. Annemiek è forte ma è una signora, non un cannibale. Secondo me se dovessero arrivare assieme lascerebbe il successo a Marta.

«E’ anche vero in ogni caso che solo in gara vedi come stai tu e la tua rivale. A quel punto se la Cavalli dovesse intuire problemi dell’olandese sono sicura che proverebbe il tutto per tutto, grazie al supporto di una squadra decisamente superiore a quella della Movistar. Sarà difficile staccare l’olandese ma non è impossibile».

Longo Borghini si disseta. Per lei un bel terzo posto ed una condizione in crescita
Longo Borghini si disseta. Per lei un bel terzo posto ed una condizione in crescita

L’appoggio della Longo

Magari la Cavalli potrebbe collaborare con Longo Borghini che oltre ad avere una condizione in crescita vuole portare a casa una tappa.

«Potrebbe nascere un’alleanza fra loro due – chiude il suo pensiero la Luperini – anche se non so che rapporti abbiano. Però hanno interessi comuni e già nella prima discesa di oggi la Trek-Segafredo aveva fatto il vuoto e la Van Vleuten era staccata. Sarebbe bello vedere la vittoria di Elisa e Marta che magari conquista la maglia rosa. Difficile onestamente, ma non impossibile».

La nona e penultima tappa del Giro Donne andrà da San Michele all’Adige a San Lorenzo Dorsino, per 112,8 chilometri di gara. Solo salita e discesa con tre gpm ufficiali (Fai della Paganella, Passo Duron e Passo Daone) ed un totale di 3500 metri di dislivello. Chi ha gambe e coraggio non può più nascondersi.

Vent’anni dopo, il Muro torna nostro con una grande Cavalli

20.04.2022
5 min
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«La sensazione più bella? Essere sul Muro d’Huy – sorride Marta Cavalli – e rendermi conto di avere ancora gambe per accelerare. Qualcosa che ha dato un senso a tanto lavorare. La convinzione che mi sono data in questi ultimi tempi è che quando io faccio fatica, la fanno anche le altre. Ho visto Vollering che si staccava e io non ero ancora al limite. E questo mi ha dato il coraggio per attaccare Annemiek (Van Vleuten, ndr). Era un rischio. Poteva accelerare a sua volta. Invece non ce l’ha fatta».

L’ha piegata. Dovendo descrivere quel che Marta Cavalli ha appena combinato alla rocciosa Van Vleuten, piegare è davvero il verbo giusto. E l’ha fatto con una freddezza da campionessa navigata. La stessa che ti viene giocandoti medaglie in pista, probabilmente.

Quando Cavalli ha accelerato, Van Vleuten si è piegata: strada libera!
Quando Cavalli ha accelerato, Van Vleuten si è piegata: strada libera!

A vent’anni dalla Lupa

E così dopo vent’anni esatti, ci siamo ripresi la Freccia Vallone. Ci ha pensato l’atleta della FDJ Nouvelle Aquitaine Futuroscope, già vincitrice dell’Amstel con cui nei giorni scorsi avevamo parlato dell’opportunità di correre la Roubaix prima di queste Ardenne.

Era dalla vittoria 2002 di Fabiana Luperini, quella per lei del tris, che il Muro ci respingeva. Al tempo, Marta aveva da poco compiuto 4 anni. E così la bella coincidenza ha voluto che a consegnarle il trofeo sia stata proprio la toscana di Buti (foto di apertura), invitata per la ricorrenza dai francesi di ASO, che quanto a simili attenzioni non perdono un colpo.

«Salire sul palco con Fabiana a 20 anni dalla sua vittoria – ha detto Marta – è stato come sentire accanto la mia grande famiglia italiana. Quando corri in una squadra straniera ti senti un po’ sempre fuori casa. Con le francesi mi trovo bene, abbiamo tanto in comune, ma manca sempre qualcosa. Per sfortuna non sono ancora riuscita a correre con Vittoria Guazzini. E’ stato bello sentire parole italiane sul podio…».

Ti aspettavi di vincere?

Neanche un po’. All’Amstel ho giocato sul fattore sorpresa, mentre qui è stata una prova di forza. La squadra ha lavorato tutto il giorno per me, ma non ero affatto sicura che sul Muro sarei riuscita a ripagarle del lavoro. Ho cercato di stare calma. So che in cima un po’ spiana e bisogna tenere energie per quel momento. Così sono stata a ruota. Ho aspettato e aspettato e sono uscita solo alla fine. Ieri abbiamo visto parecchi video di questa corsa e abbiamo visto che tutti quelli che hanno anticipato, in cima l’hanno pagata cara.

Avevi paura che Van Vleuten potesse staccarti?

Per mia fortuna, non è molto esplosiva. Lei fa il suo passo regolare e potente con cui ti stronca, ma queste sono le mie stesse caratteristiche.

Due italiane nella fuga del mattino: Anastasia Carbonari e Katia Ragusa. Con loro Waterreus
Due italiane nella fuga del mattino: Anastasia Carbonari e Katia Ragusa. Con loro Waterreus
Sempre convinta che correre la Roubaix sia stata la miglior preparazione per la Freccia?

Neanche un po’ (ride, ndr)! Fino a ieri e anche oggi ho avuto dolori in tutto il corpo. La schiena urla, stessa cosa per le caviglie. Non è facile recuperare la Roubaix.

Due giorni fa nella ricognizione del finale avresti mai immaginato una conclusione così?

Ho cercato di capire rapporti e ruote, ma non immaginavo che finisse così. Abbiamo corso bene e siamo arrivate fresche al finale, per come si può essere freschi dopo tre ore e mezza di corsa.

All’arrivo dimostrazione di forza a dieci giorni dalla vittoria “tattica” dell’Amstel
All’arrivo dimostrazione di forza a dieci giorni dalla vittoria “tattica” dell’Amstel
La Freccia aggiunge un’altra abilità al tuo curriculum…

Sono un’atleta all-ground, buona per tutti i terreni. Il punto debole è lo sprint perché mi manca la potenza, ma per il resto mi piace andare bene in tutti i tipi di corsa. Mi piacciono le classiche, ma penso di potermi difendere anche in un grande Giro sulle montagne.

E adesso arriva la Liegi.

Non ho aspettative, come non le avevo qui. Aspetterò senza pressione le ultime salite. La corsa è adatta a me, ma spesso si arriva in volata, per cui spero si selezioni un gruppo ristretto.

Quella sensazione di forza sul Muro?

Sono cresciuta molto l’anno scorso, trovando assieme al mio preparatore il giusto modo di lavorare. Ora possiamo concentrarci sulle mie abilità, cercando di crescere ancora per step. Quanto a queste corse, il segreto è farle e rifarle.

Balsamo a Cittiglio e alla Gand, la tua accoppiata Amstel-Freccia, Longo Borghini alla Roubaix…

Fra noi italiane c’è una sana rivalità che ci porta a crescere e spinge a migliorarci. C’è sicuramente una generazione di alto livello. Ho sempre corso con loro, mi sembra normale. Ma certo questi risultati sono proprio belli…

Domani riposo. Venerdì ricognizione sul percorso della Liegi. E domenica si corre ancora. Quando finalmente riguadagna la via per l’ammiraglia, Marta ha ancora in faccia lo stesso sorriso. Se c’è voluta una settimana per assorbire la vittoria dell’Amstel, ora ha appena tre giorni per digerire la Freccia e pensare alla prossima sfida.

Luperini, cosa ti pare del Tour Femmes? Andiamo a vedere…

14.10.2021
6 min
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«A prima vista questo Tour de Femmes mi piace molto – dice Elisa Balsamo – la prima parte mi sembra per velocisti e ci sarà anche una frazione con le strade sterrate. In qualche modo sarà come tornare alla nostra Strade Bianche e penso che sarà molto bello vederci correre in uno scenario così particolare. La seconda parte sarà più difficile con molte salite e vedremo uscir fuori le ragazze più forti. In particolare gli ultimi due giorni saranno molto impegnativi».

Fabiana Luperini ha vinto per cinque volte il Giro (qui nel 1998) e tre Tour (dal 1995 al 1997)
Fabiana Luperini ha vinto per cinque volte il Giro (qui nel 1998) e tre Tour (dal 1995 al 1997)

In mano a Marion

La campionessa del mondo commenta il percorso della gara a tappe appena svelata e affidata alle mani di Marion Rousse, star del ciclismo transalpino e compagna di vita di Julian Alaphilippe. Se Aso era in cerca di una figura carismatica capace di attrarre l’attenzione, ha pescato la carta giusta.

Il ritorno del Tour de France femminile merita tanta attenzione anche e soprattutto per quello che rappresenta per il movimento femminile. E se Lizzie Deignan probabilmente sarà rimasta un po’ delusa, dato che ambiva a un’edizione di tre settimane, le appena otto tappe fanno pensare che trattandosi della prima edizione di questa gestione, siano voluti andare con i piedi di piombo.

Luperini, l’ultima gialla

Noi però ci siamo rivolti all’ultima italiana che ha conquistato la maglia gialla: Fabiana Luperini, che ne mise in fila tre dal 1995 al 1997 (unendo anche 5 Giri), prima che la corsa si interrompesse nel 2009. Sono 24 anni che la maglia gialla manca. A lei ci eravamo rivolti qualche tempo fa proprio per commentare l’insolita richiesta della vincitrice di Roubaix. Oggi in qualche modo chiudiamo il cerchio.

«Ho visto il percorso – comincia la toscana – e la prima bella cosa da dire è che è bello sia organizzato da Aso. Sono abbastanza sicura che abbiano voluto cominciare piano, per poi andare a crescere. Era strano che mancasse la corsa più importante e ora hanno messo rimedio. Le ultime edizioni erano un po’ scadute, con trasferimenti lunghissimi, hotel sempre peggiori. Non voglio parlare male, perché comunque era una bella corsa. Ma avendone già vinti tre, a un certo punto iniziammo a chiederci se, stando così le cose, valesse la pena continuare ad andarci».

Il Tour Femmes partirà dalla Tour Eiffel nello stesso giorno in cui ai Campi Elisi si concluderà quello dei pro’
Il Tour Femmes partirà dalla Tour Eiffel nello stesso giorno in cui ai Campi Elisi si concluderà quello dei pro’

Otto tappe, due arrivi in salita

Il Tour de Femmes 2022 torna a colmare un grande vuoto nel calendario delle donne e lo fa con lo stile altisonante e solenne di Aso. A chi si aspettava tuttavia un Tour di due settimane, come chiesto a suo tempo da Lizzie Deignan (in realtà la britannica avrebbe voluto una corsa di tre settimane) sarà rimasto l’amaro in bocca. Spicca l’assenza della cronometro. La seconda tappa avrà quattro settori sterrati. Mentre le ultime due tappe avranno arrivi duri che faranno la classifica.

1ª tappa Domenica (24/7)Paris Tour Eiffel-Champs Elyséeskm 82
2ª tappaLunedì (25/7)Meaux-Provinskm 135
3ª tappaMartedì (26/7)Reims-Epernaykm 133
4ª tappaMercoledì (27/7)Troyes-Bar sur Aubekm 126
5ª tappaGiovedì (28/7)Bar le Duc-Sain Die des Vosgeskm 175
6ª tappaVenerdì (29/7)Saint Die des Vosges-Rosheimkm 128
7ª tappaSabato (30/7)Selestat-Le Marksteinkm 127
8ª tappaDomenica (31/7)Lure-Super Planche des Belles Filleskm 123
Totale km 1.029
La direzione della gara sarà affidata a Marion Rousse
La direzione della gara sarà affidata a Marion Rousse
Un’assenza pesante secondo te?

Per personaggi come Marianne Vos o Anna Van der Breggen, che adesso ha smesso, il Tour avrebbe completato il palmares. Hanno vinto tante corse, grandissime e bellissime. Ma se mi aveste chiesto a suo tempo che cosa avrei voluto vincere più di mondiale e Olimpiadi, io avrei detto il Tour. E questa edizione sarà più bella delle mie…

Perché?

Perché il fatto che organizzi Aso rende tutto più figo. Come una volta, quando Maria Canins saliva sul podio con Hinault e i vincitori del Tour degli uomini.

Che cosa ti sembra del percorso?

Un po’ leggerino, un’edizione di prova. Ci sono due arrivi in salita, ma non sono il Tourmalet o l’Alpe d’Huez come si faceva una volta. Ma sono sicura che l’anno prossimo cambieranno e metteranno Pirenei e Alpi. Le tre settimane della Deignan erano troppo, ma due ci stanno benissimo.

Manca la crono…

Notavo anche questo. Mi ricordo che un anno se ne fece una di 45 chilometri in cui arrivai terza. Mi salvai perché in mezzo c’era una salitella. Ma ricordo anche di aver corso dei prologhi al Tour.

Si decide alla fine?

Per forza, su quei due arrivi in salita, che comunque lasceranno in segno. Ho visto anche una tappa di 175 chilometri, che secondo me sono pure troppi, anche se è tutta piatta. Prendiamo il buono però. E’ tornato il Tour de France, per il ciclismo femminile è una cosa importante. Teniamoci questo primo anno così e vedrete che dal prossimo sarà un vero Tour.