Capolavoro Visma, ma per Dainese il più forte era Van Uden

22.05.2025
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Oggi finalmente Alberto Dainese è riuscito a vedere la tappa dal divano della sua casa a San Marino. Fino a domenica ha corso a Dunkerque, invece questa volta è riuscito a seguire la volata che ha consegnato a Olav Kooij il traguardo di Viadana. Volata confusa, con il treno della Lidl-Trek in azione da troppo lontano, con Pedersen che alla fine ha dovuto accontentarsi del quarto posto. 

«E’ un sollievo – ha detto il vincitore della Visma-Lease a Bikeho dovuto aspettare un po’, ma oggi tutto è andato a posto. Siamo cresciuti, con la vittoria di tappa di Wout e Simon (Van Aert e Yates, ndr) che sta facendo bene anche in classifica generale. Le due volate precedenti non erano andate alla perfezione, ma ora tutto è andato per il verso giusto».

A tirargli la volata si è ritrovato Affini fino all’ultimo chilometro e Van Aert fino ai 200 metri, con l’ultima curva pennellata alla perfezione. Con due motori così ad aprirti la strada, il lavoro alla fine viene meglio.

Alberto Dainese, classe 1998 del Tudor Pro Cycling Team, è pro’ dal 2020. Ha corso 3 Giri, un Tour e 2 Vuelta
Alberto Dainese, classe 1998 del Tudor Pro Cycling Team, è pro’ dal 2020. Ha corso 3 Giri, un Tour e 2 Vuelta

Dainese, si diceva, ha corso a Dunkerque la scorsa settimana e tornerà in gruppo fra due settimane in Belgio, nella Elfstedenronde che si correrà il 15 giugno a Bruges. Le cose procedono nel modo giusto, anche se adesso un po’ di nostalgia del Giro sta venendo fuori, dato che domani il gruppo passerà da Galzignano e Vicenza.

Che cosa ti è parso della volata?

E’ stata una volata più per prendere quella curva nei primi 5 e poi a mio parere il più forte di gambe oggi era Van Uden. Forse gli è mancata un po’ di malizia quando è partito perché poteva restare più vicino a Van Aert, invece ha lasciato tanto spazio a Kooij di prendergli subito la ruota. Si è mosso un pelo prestino…

Se fosse andato dritto e non si fosse allargato, dove sarebbe passato Kooij?

In realtà difatti è stata anche una questione di scia. Se restava un po’ di più al fianco, aveva più scia e Kooij avrebbe dovuto aspettare che lo passasse, poi si sarebbe dovuto mettere a ruota prima di provare a uscire. Mentre così gli ha proprio lasciato un metro grazie al quale si è messo subito a ruota e di fatto la volata gliel’ha tirata lui. Però (ride, ndr), non trovi che sia facile parlare dal divano?

Quanto è stato importante secondo Alberto Dainese il lavoro di Affini e Van Aert?

In tivù sentivo che gli mancasse un uomo, ma in realtà è stato tutto perfetto. Kooij da quella posizione poteva decidere quando partire e Van Aert l’ha lasciato ai 200 metri. Se avessero avuto un uomo in più, rischiavano che qualcuno entrasse deciso nell’ultima curva e lo buttasse fuori. Mentre così sono arrivati giustissimi.

Forse un uomo in più avrebbe permesso a Van Aert di rialzarsi prima? Di fatto l’ultimo uomo di Kooij è stato Van Uden…

Per quello dicevo che se Van Uden fosse rimasto più a lungo a ruota, forse avrebbe vinto lui. Kooij sarebbe stato costretto a partire 10-20 metri più lungo e l’altro avrebbe potuto rimontarlo. Erano un po’ lunghi, in effetti. Avercelo comunque un Van Aert così, che ti tira la volata. Stiamo parlando degli ultimi 10 metri, ma si vede che tanti hanno fatto fatica anche solo per arrivare lì.

Pedersen è parso meno brillante?

Secondo me era una volata più da velocista puro, quindi da uno capace di uscire forte dalla curva ai 300 metri e poi partire. Pedersen è sì fortissimo, lo vedete quanto va forte in salita, però secondo me se Kooij gli battezza la ruota, lo può saltare.

Quanto era importante uscire davanti in quella curva?

Terzo, dovevi uscire terzo. Secondo o terzo dipende da quante gambe aveva il primo. Van Aert aveva fatto la tirata, quindi magari gli mancavano 10 metri. Però se esci secondo o terzo, almeno hai la chance di fare lo sprint. Invece se ti manca quella posizione, non riesci a fare la volata. Fretin veniva fortissimo, ma in curva era decimo e non ha fatto meglio del sesto posto.

Intanto Del Toro con la maglia rosa è sempre più a suo agio. A Brescello ha sprintato per i 2″ del traguardo Red Bull
Intanto Del Toro con la maglia rosa è sempre più a suo agio. A Brescello ha sprintato per i 2″ del traguardo Red Bull
Che effetto fa vedere le volate in televisione?

Ho scoperto che mi piace. Delle altre tappe faccio anche fatica a dire la mia, perché non saprei da dove cominciare, ma le volate mi piace analizzarle.

Peccato per i velocisti del Tour, con l’ultima tappa che non si conclude più in volata…

Prima ho trovato un francese qui a San Marino, un appassionato di bici. E mi ha detto che hanno messo Montmartre nell’ultima tappa e ci ha tenuto a dirmi che lavorava a Parigi, mi ha descritto la salita e mi ha detto che non si arriverà in volata. Hanno rovinato l’arrivo più iconico. Almeno per i velocisti, hanno tolto la ciliegina dalla torta.

Il sistema Gravaa della Visma sul pavé? Ce lo spiega Affini

16.04.2025
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Come funziona il sistema Gravaa che permette di gonfiare e sgonfiare gli pneumatici mentre si pedala? Alla Roubaix lo ha usato soltanto la Visma-Lease a Bike. Hanno vinto con Pauline Ferrand-Prevot, sono arrivati quarti con Van Aert. Le donne del team lo avevano usato anche al Fiandre, con la francese seconda alle spalle di Lotte Kopecky.

Avevamo annotato le sue osservazioni nella conferenza stampa post Roubaix. Il fatto che avesse individuato tramite VeloViewer i punti in cui azionarlo, perché la fase di gonfiaggio richiede qualche watt in più. Perciò messe da parte le curiosità, abbiamo atteso di rientrare dalla Roubaix per fare qualche domanda a Edoardo Affini, che ha utilizzato Gravaa in corsa e lo aveva già provato nel 2023. Il mantovano è tornato a casa in Olanda e verrà in Italia per trascorrere Pasqua con i suoi. Ridendo, dice di aver capovolto il detto. Quindi conferma che fino a domani non toccherà la bici e che poi ricomincerà avendo il Giro come prossima corsa.

Affini ha chiuso la Roubaix anzitempo per la rottura di una ruota. Qui si trova nella Foresta di Arenberg
Affini ha chiuso la Roubaix anzitempo per la rottura di una ruota. Qui si trova nella Foresta di Arenberg

Il sistema, in sintesi, si basa su una pompa a bassa tensione comandata da pulsantini sul manubrio e interfacciata con il computer della bici. Si impostano i valori di pressione prima del via, poi con un pulsante si sgonfiano le ruote, con l’altro si rigonfiano. Il funzionamento è assicurato dal movimento della ruota.

Parliamo di Gravaa, che cosa ti sembra?

Il sistema di per sé è interessante sia per noi professionisti, ma probabilmente potrebbe avere il riscontro maggiore con cicloturisti e gente che fa gravel. In quel campo può avere un futuro dai numeri interessanti, perché ti dà la possibilità di cambiare pressione a piacimento.

A piacimento, ma secondo valori preimpostati?

Esatto. In base al tuo peso, in base al copertone, in base a quanto è grande il copertone. Puoi stabilire la pressione che vuoi in base ai fattori che vuoi. La sua azione, tra virgolette, è illimitata, puoi impostare il valore che preferisci. Anche il numero degli utilizzi sostanzialmente è illimitato, perché è basato sul movimento. Non c’è una cartuccia con dell’aria compressa, che dopo un po’ finisci e resti a piedi: se la ruota gira, puoi gonfiare. E più gira velocemente e più sarà rapido il gonfiaggio.

Per questo Ferrand-Prevot ha parlato di consumo di watt?

Ci hanno detto che secondo i calcoli si parla di circa 7 watt mentre si gonfia. Senti appena che aumenta la resistenza alla pedalata. E’ chiaro che se ti metti a gonfiare quando sei al limite, allora te ne accorgi eccome, ma a quel punto sei tu che hai scelto il momento sbagliato.

Lo hai usato anche tu alla Roubaix?

L’abbiamo usato tutti, solo che io ho spaccato la ruota davanti e quindi puoi avere i sistemi che vuoi, ma resti indietro. Mi hanno cambiato la bici, solo che a quel punto mi aveva già passato il gruppo di Pippo (Ganna, ndr) e quello che c’era dopo di lui. Speravo di rimanere con lui, ma quando mi ha passato ero ancora sul pavé con la ruota rotta e ho capito che la mia Roubaix finiva così.

Avevate deciso dei punti precisi oppure lo avete usato in ogni settore di pavé?

Lo abbiamo usato in ogni settore. Potevi gonfiare e sgonfiare in base alla tua sensibilità e a come ti piaceva. Nel computerino c’è un campo dati, in cui visualizzi la ruota davanti e quella dietro, che cambia colore. Quando è rosso vuol dire che sta lavorando, quindi c’è una transizione. Invece quando è verde vuol dire che ha raggiunto la pressione desiderata.

Quanto durano le due fasi di sgonfiaggio e di gonfiaggio?

Lo sgonfiaggio praticamente è istantaneo. Schiacci il pulsantino e lui manda fuori l’aria. In pratica apre la valvola e l’aria esce fino alla pressione desiderata. Il gonfiaggio invece, come dicevo prima, dipende da quanto spingi e dal tipo di settaggio che hai dato alle pressioni. Se la differenza è di un bar, magari impiega di più. Se è di 0,5 hai dimezzato il tempo.

Ferrand-Prevot ha raccontato di essere passata da 2,1 bar sul pavé a 4 sull’asfalto.

Magari aveva previsto anche una pressione di mezzo, perché si possono impostare più step. La bassa pressione sul pavé, la intermedia e quella più alta sull’asfalto. Io ad esempio andavo a 2,9-3,1 sul pavé e salivo fino a 4,4-4,6 sulla strada normale.

Si percepisce chiaramente il cambiamento di pressione?

Quando è sgonfio, sul pavé ovviamente senti che sei più ammortizzato. Quando poi sull’asfalto inizia a rigonfiare, senti proprio che si alza la pressione.

Lo avevate già usato anche durante le ricognizioni? 

Io l’avevo già usato nel 2023, quando era ancora in sviluppo e ce n’erano anche pochi: tre, se mi ricordo bene. Invece quest’anno ce l’avevamo tutti, anche sulle bici di scorta. Secondo me hanno fatto bene a darlo a tuti, perché se ce l’hai solo per tre persone e neanche sulle bici di scorta è un problema. Avendocelo tutti, puoi valutarlo bene e i meccanici non hanno problemi.

Rispetto a quello del 2023, il sistema attuale è tanto diverso?

E’ stato affinato e anche migliorato, mentre a livello di software e connessioni è più affidabile. Noi lo abbiamo usato solo alla Roubaix, le ragazze anche al Fiandre. Ma a parte i 400 grammi di peso in più, opinione mia, credo che per noi su quel tipo di pavé non avrebbe dato chissà quali vantaggi.

E’ venuto qualcuno a spiegarvi come funziona oppure avete iniziato a usarlo e basta?

Erano con noi a Roubaix negli ultimi giorni e anche prima durante le recon. Quello che ci ha fatto la presentazione completa è stato Jenco (Jenco Drost, Head of Performance Equipment del team olandese, ndr), ma non è che abbiamo fatto lezioni o cose simili. Lo abbiamo provato un paio di volte, anche nelle ricognizioni fatte a dicembre. E comunque avevamo già avuto l’esperienza di due anni fa, non eravamo proprio nuovi.

Il momento in cui si interviene sui comandi ha bisogno di qualche cautela, oppure si schiacciano e il sistema parte?

Basta che schiacci il pulsante, non servono accortezze: continui a pedalare normalmente. Senti giusto che aumenta un minimo la resistenza quando devi gonfiare. I tastini sono quelli sul manubrio che normalmente usano i velocisti. Li puoi mettere dove vuoi sul manubrio, sopra, sotto, di lato, dove ti è più comodo.

Il sistema lavora contemporaneamente sulle due ruote o puoi differenziare fra anteriore e posteriore?

Su tutte e due insieme. L’unica cosa è che la centralina è nella ruota davanti. Per cui se per caso devi cambiare solo la ruota davanti, non puoi più agire su quella dietro. Va da sola in automatico su una pressione di sicurezza che hai pre-impostato e non si muove più. Se invece rompi quella dietro e devi cambiarla, puoi continuare a giostrare con l’anteriore.

Se ne riparlerà probabilmente il prossimo anno. E sarà curioso capire se altre squadre cercheranno di dotarsi del sistema Gravaa. Quando Mohoric vinse la Sanremo grazie al reggisella telescopico, l’interesse fu immediato, ma non produsse clamorose scelte tecniche. Questa volta sarà diverso?

Viaggio nei momenti di Van Aert con Affini per interprete

05.04.2025
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BRUGES (Belgio) – «Secondo me mercoledì sera l’aveva metabolizzata – dice Affini parlando di Van Aert – ma non del tutto digerita, invece giovedì era tutto a posto. Mercoledì sera abbiamo fatto una riunione dopo corsa, non necessariamente più lunga del solito. Abbiamo parlato per risollevare il morale, perché è inutile nasconderlo: è stata una bella botta dopo una corsa quasi perfetta. Ci siamo concentrati su cosa fosse stato fatto bene e devo dire che fino agli ultimi 10 chilometri la squadra era stata eccezionale».

Dal punto di vista umano

Affini parla nel primo pomeriggio, mentre il sole abbraccia le Fiandre con una temperatura da primavera mediterranea. Zero voglia di schiacciare un sonnellino e manca troppo per il massaggio. Il centro di Bruges è invaso da turisti, tifosi e gente qualunque richiamata dal mercato. Le strutture del Giro delle Fiandre sono già montate e un grande cronografo scandisce il tempo che manca al via. Domani sarà più fresco, ma gli ultimi tre giorni sono stati davvero caldi. La temperatura cresce anche in relazione al calendario: il Fiandre è per Van Aert e lo stesso Affini uno dei momenti chiave della stagione. Però intanto si continua a ragionare della Dwars door Vlaanderen soprattutto per capire come stia Van Aert. Edoardo si presta al discorso.

«Dopo aver fatto la mia tirata – ricostruisce il mantovano, nella foto Visma-Lease a Bike in apertura – sono andato dritto all’arrivo e sono salito sul pullman per vedere il finale e non capivo per quale motivo non ci fossero attacchi. Si poteva pensare che ci fosse questa grande voglia di far vincere Wout e adesso si può dire che sia stata sbagliata la tattica, anche se sappiamo tutti che nel 99 per cento dei casi avrebbe vinto lui. Invece si è verificato quell’uno per cento di quanto porti un avversario in volata e quello ti batte. Dal punto di vista umano, la scelta si può capire. Dal punto di vista tattico è stata incomprensibile».

Lo spirito non manca, ecco i tre di Waregem: Van Aert, Jorgenson, Benoot (foto Visma-Lease a Bike)
Lo spirito non manca, ecco i tre di Waregem: Van Aert, Jorgenson, Benoot (foto Visma-Lease a Bike)

La squadra è unita

Van Aert ha incontrato i giornalisti e non si è nascosto. Se qualcuno se lo aspettava dimesso e pronto alle scuse, sarà rimasto male. Il grande belga ha ripetuto l’autocritica, ma ha difeso il bello di una corsa mandata in frantumi quando la Visma-Lease a Bike ha deciso di forzare i tempi.

«Ho fatto la scelta sbagliata – ha detto – ma tutti sono stati d’accordo. Quindi è una responsabilità che dobbiamo assumerci insieme. Nel dopo corsa è stato molto utile discutere di tutto ed è stato bello sentire che tutti nella squadra sono ancora con me. Ovviamente la sconfitta è stata un duro colpo, ma il bello del ciclismo è che arrivano subito nuove opportunità. Con il Fiandre dietro l’angolo, sarebbe stato un peccato soffermarsi troppo a lungo a parlare del passato. Ecco perché non vedo l’ora che arrivi domenica: mi sento fiducioso. La gara di Waregem è andata molto meglio delle precedenti che ho corso. Questo vale per l’intera squadra, credo. Ci siamo divertiti e per fortuna quel finale non ha cancellato tutto questo».

Affini ha inaugurato la stagione nel weekend di apertura belga, poi ha corso la Parigi-Nizza ed è rientrato ad Harelbeke
Affini ha inaugurato la stagione nel weekend di apertura belga, poi ha corso la Parigi-Nizza ed è rientrato ad Harelbeke

Metterci la faccia

Affini ascolta e ne conviene: Van Aert è un gigante al pari di quello che in Italia potrebbe essere un calciatore di vertice, per questo qualsiasi cosa lo riguardi viene amplificato a dismisura.

«Forse correndo con lui – dice – non sempre me ne rendo conto completamente, ma ha una popolarità incredibile. Lui ci sa fare, parla con tutti, ma dopo un po’ che gli rinfacciano le cose, credo che anche lui si scocci. Specialmente nella prima ora dopo l’arrivo, dovendo parlare con i giornalisti, si è preso tutta la responsabilità. Avrebbe potuto salire sul pullman e non dire una parola, ma Wout ci ha sempre messo la faccia. Se però avete letto le dichiarazioni dei giorni successivi, anche Grischa Niermann, il nostro direttore, ha ammesso di non averla saputa gestire dall’ammiraglia».

Il diesse Niermann ha ammesso che la conduzione del team nel finale di Waregem è stata sbagliata
Il diesse Niermann ha ammesso che la conduzione del team nel finale di Waregem è stata sbagliata

Il gioco di rimessa

La sfida del Fiandre in qualche misura potrebbe tenere Van Aert al riparo dalle attese più grandi, che per forza di cose sono già concentrate da un pezzo su Pogacar, Van der Poel e anche Pedersen. Il ruolo che negli anni passati era stato di Wout ora è in mani altrui e forse per una volta questo non sarà uno svantaggio né un disonore.

«Van der Poel e Pogacar – ha precisato Van Aert – sono chiaramente i due favoriti in assoluto. Se avete guardato la Milano-San Remo e le altre gare nelle ultime settimane, non c’è altra scelta che ammetterlo. Ovviamente voglio vincere, ma sarà un compito molto difficile batterli. Devo essere onesto».

«Loro due sono un gradino sopra tutti – aggiunge Affini – però ci sono altri contendenti con delle squadre di tutto rispetto. Penso a noi, che abbiamo un grande leader e un’ottima squadra. La Lidl-Trek, che ha Pedersen e Stuyven. Ma anche Pippo (Ganna, ndr), che sta andando fortissimo e ha una bella squadra per aiutarlo. E se per una volta dovremo correre da outsider, non ci dispiacerà troppo. Chissà che non funzioni meglio…».

La lavagna sulla strada e l’invito a fermarsi: dolci gratis per Van Aert e la sua squadra (foto Visma-Lease a Bike)
La lavagna sulla strada e l’invito a fermarsi: dolci gratis per Van Aert e la sua squadra (foto Visma-Lease a Bike)

E poi prima di salutare, Affini conferma una storiella accaduta ieri mattina durante la recon sul percorso del Fiandre. A un certo punto, attraversando un paese, si sono accorti di una lavagna sulla strada.

«Erano dei tifosi di Wout – dice – e c’era scritto che se si fosse fermato gli avrebbero servito la torta gratis. Il risultato è che abbiamo portato via un vassoio con 36 eclaires (dolce tipico francese, ripieno di crema e con una decorazione sulla superficie, ndr) che però alla fine si sono mangiati tutti il personale. Ha ragione Wout, certe cose possono succedere soltanto in Belgio…».

La nuova strada della SEG: meno Racing e più Academy

17.01.2025
5 min
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Un team che non è un team. Tra le novità che questo promettente 2025 propone c’è il ritorno della SEG Racing Academy. Parliamo di un marchio storico che fino a 3 anni fa era una squadra continental molto attiva, che nel corso degli anni ha portato ben 36 corridori a varcare le soglie del WorldTour e non gente qualunque, considerando i nomi di Fabio Jakobsen, Thymen Arensman, Kaden Groves, Edoardo Affini, Alberto Dainese. Oggi l’Academy riparte con nuove strategie: una vera e propria scuola per ciclisti, che troveranno poi posto per fare attività agonistica in altri team, avendo a disposizione un centro di allenamento ad Amsterdam.

La SEG Racing Academy ha svolto attività come team continental fino al 2021
La SEG Racing Academy ha svolto attività come team continental fino al 2021

Gli italiani sbocciati nel team

A raccontare la storia di questo progetto per certi versi innovativo è il direttore, Eelco Berkhout: «Noi abbiamo fondato l’Academy nel 2015. Nel corso degli anni sono passati da noi anche corridori italiani poi affermatisi all’estero, come Edoardo Affini, Marco Frigo, Alberto Dainese. Ma anche molti campioni internazionali. Nel corso degli anni abbiamo visto che anche altri team hanno iniziato con propri team di sviluppo. Così è stato sempre più difficile ingaggiare i buoni corridori per convincere tutti a unirsi al nostro progetto. Allora ci siamo fermati per capire a che cosa puntava la nostra strada, dovevamo differenziarci.

«Abbiamo capito che le squadre non sono nostre rivali, ma possono essere nostre clienti. Dovevamo cambiare il concetto alla base del nostro lavoro. Quindi ci siamo riorientati. Ci siamo presi due anni per pensarci, notando che c’è una mancanza di strutture simili negli juniores. Era lì che dovevamo lavorare e trovare il nostro spazio».

Eelco Berkhout, direttore della SEG Racing Academy. Con grandi ambizioni
Eelco Berkhout, direttore della SEG Racing Academy. Con grandi ambizioni
Voi avete stretto un rapporto con tre team: Acron Tormans in Belgio, Goudenbod-Parkhotel in Olanda e German Junior Racing in Germania. Come funziona la partnership con le tre squadre? Chi allena i ragazzi?

Le squadre hanno tutte il loro staff. Ovviamente hanno degli allenatori, ma noi abbiamo il nostro laboratorio di ciclismo. I nostri preparatori coordinano la formazione e aiutano gli allenatori nella squadra a sviluppare i corridori, è un lavoro in sinergia, personalizzato. I ragazzi apprendono da noi le prime basi, facciamo anche dei corsi. Poi a un certo punto, quando sono abbastanza bravi, iniziamo a dare loro consigli su come fare il passo successivo.

Che tipo di consigli?

Siamo un’agenzia di procuratori, quindi abbiamo la nostra rete di contatti, conosciamo tutti i devo team e aiutiamo i talenti a salire di livello, poi iniziamo a guidarli anche dal punto di vista dei contratti. Alla fine, si tratta di diventare professionisti, e devi farlo pensando come un professionista, allenandoti come un professionista, comportandoti come un professionista. Noi gli diamo gli strumenti per farlo.

Alcuni dei 36 campioni passati per l’accademia e approdati nel WorldTour
Alcuni dei 36 campioni passati per l’accademia e approdati nel WorldTour
Non si rischia di avere un diverso trattamento nei team fra i corridori vostri e gli altri?

Ci sono sempre dei rischi, ma preferiamo aiutare e sviluppare la prossima generazione. Sappiamo dal passato che nel nostro team di sviluppo ai vecchi tempi la rivalità era nelle giuste dosi e si frammischiava con l’amicizia, l’ambizione. Di esempi ne abbiamo avuti tanti, abbiamo visto tanti corridori crescere e affermarsi.

Ad esempio?

Ad esempio Dainese. E’ cresciuto pian piano, ha trovato in casa avversari ma anche stimoli, alla fine è arrivato in cima. I ragazzi hanno anche cercato di aiutarsi a vicenda e si sono migliorati a vicenda. A volte il compagno è un concorrente, ha i tuoi stessi obiettivi ma è anche un compagno di squadra ed è anche qualcuno che può aiutarti a raggiungere il passo successivo.

Edoardo Affini con la maglia della SEG. Il campione europeo è rimasto legato al gruppo di Berkhout
Edoardo Affini con la maglia della SEG. Il campione europeo è rimasto legato al gruppo di Berkhout
Quanti ragazzi avete nella vostra accademia e di quali nazionalità sono?

I team che supportiamo sono tedeschi, olandesi e belgi. Quindi per ora l’attenzione principale è su quei tre Paesi. Oltre a questo, abbiamo borse di studio per corridori provenienti da tutto il mondo. Per ora non ne abbiamo assegnate, stiamo appena iniziando. Ma il nostro obiettivo è aumentare il nostro programma e rivolgerci ad altri mercati: Italia, Francia, Usa, Australia. Penso che possiamo aggiungere qualcosa di veramente prezioso ai team. L’intera struttura delle prestazioni sta aiutando l’allenamento, l’alimentazione e quel genere di cose. Inoltre abbiamo coinvolto anche nostri ex ciclisti, che ora sono professionisti per guidare un po’ nei webinar le nuove leve.

Avete avuto richieste dal nostro Paese?

Arriveranno. Anche in Italia sanno che lavoriamo con Affini e Frigo. Quindi sicuramente anche i corridori italiani ci contatteranno. Noi siamo ancora i loro agenti, come per gli altri passati da noi. Questo è il nostro modello. Noi iniziamo, li sviluppiamo, li aiutiamo, investiamo in loro e poi a un certo punto iniziamo a diventare i loro agenti. Quindi li aiutiamo a raggiungere la vetta. Per noi il titolo europeo di Affini è stata una gioia enorme, perché lo abbiamo seguito dagli inizi. E’ una grande storia.

Uno sguardo rivolto verso il futuro. Per la struttura olandese il mercato si aprirà anche verso l’Italia
Uno sguardo rivolto verso il futuro. Per la struttura olandese il mercato si aprirà anche verso l’Italia
Perché avete scelto questa strada e non quella ad esempio di costruire un devo team?

Se mai dovessi sviluppare un devo team, avrei solo 16 corridori al massimo, ma noi vogliamo aiutare di più, quindi avere la possibilità di agire su più ragazzi, trovare talenti da far crescere piano piano. Alla fine siamo convinti che quelli che troveranno la strada per la gloria saranno molti di più. Siamo un’azienda e vogliamo lavorare con i migliori corridori del futuro.

Crono, cosa c’è dopo Ganna? Malori vede già l’erede

12.12.2024
7 min
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Le cinque medaglie azzurre conquistate dagli uomini nelle crono individuali dei tre eventi principali del 2024 hanno avuto un grande valore per il nostro movimento, soprattutto se contestualizzate nel momento in cui sono arrivate. Tuttavia hanno evidenziato all’orizzonte “una coperta” che si sta accorciando.

Vale la pena iniziare a prevedere un dopo-Ganna in maniera mirata? Oppure lasciamo tutto il peso sulle spalle del totem verbanese, col rischio di gravarlo ancora di eccessive pressioni? Giusto per dare un riferimento, tra europei, mondiali e Giochi a cinque cerchi, Pippo ha conquistato 8 delle 13 medaglie ottenute dall’Italia dal 2017 (anno del suo passaggio tra i pro’). E’ stato ed è tutt’ora il capostipite di una specialità che non si può improvvisare, oltre ad essere un riferimento per i più giovani.

Tante considerazioni e tante risposte le abbiamo chieste ad Adriano Malori. Uno che della cronometro ha fatto una filosofia di vita fin dalle categorie giovanili. E come sempre il vice-campione del mondo di Richmond ci ha dato tanti spunti, sbilanciandosi su un nome in particolare come futuro faro azzurro.

Per Malori bisogna prevenire il dopo-Ganna lavorando più a fondo nelle categorie giovanili
Per Malori bisogna prevenire il dopo-Ganna lavorando più a fondo nelle categorie giovanili

Meriti attuali

Abbiamo già detto più volte che quest’anno Ganna ha dovuto staccare la spina dopo Parigi, saltando le prove continentali in Limburgo, per ripresentarsi rigenerato psicofisicamente a Zurigo. Per lui due argenti dietro ad un Evenepoel inarrivabile. Eppure parallelamente – e fortunatamente per i colori azzurri – ha trovato in Affini un compagno che ha tenuto altissima la bandiera.

«Senza contare Pippo, che è sempre una garanzia – spiega Malori – anche Affini ormai è una certezza e l’ho sempre detto che era un buon cronoman. L’oro all’europeo e il bronzo al mondiale sono meritati ed Edoardo ha dimostrato di essere davvero il vice-Ganna. La differenza tra i due è che Affini alla Visma | Lease a Bike è un super gregario che lavora tantissimo, a scapito di qualche sua carta da giocare ogni tanto. Invece Ganna alla Ineos Grenadiers è diventato un capitano in molte gare o tappe. Lo stesso discorso vale anche per Cattaneo che ha raccolto un bel bronzo europeo vedendo ripagati i suoi sforzi nella Soudal-Quick Step. Detto questo però iniziano un po’ di note dolenti, se andiamo a vedere cosa c’è dietro di loro».

Ganna e Affini (qui col cittì Velo) sono rispettivamente il leader ed il vice della specialità in Italia (foto FCI/Maurizio Borserini)
Ganna e Affini (qui col cittì Velo) sono rispettivamente il leader ed il vice della specialità in Italia (foto FCI/Maurizio Borserini)

Eredità da raccogliere

Il “Malo” prima di elencarci chi potrebbe essere il successore, fa più di un passo a ritroso per spiegare cosa bisognerebbe fare per allevare nuovi cronoman. Perché, gli chiediamo noi, per una nuova leva raccogliere il testimone da Ganna e i suoi fratelli è uno stimolo oppure una zavorra?

«Sinceramente – risponde Adriano con la solita lucida franchezza – credo che possa essere un grosso peso perché inevitabilmente verranno fatti dei paragoni. Nel 2015 quando io ho vinto l’argento mondiale si fecero grandi titoli. Erano più di vent’anni che un italiano non prendeva una medaglia a crono. E’ vero, andavo forte ed ero cresciuto molto, però non avevo alcuna eredità da raccogliere. E di fatto posso dire che Ganna l’ha raccolta da me e sono ben felice che abbia poi vinto due mondiali di fila.

«Ma pensate se adesso un nostro giovane dovesse inanellare una serie di podi importanti, che cosa gli direbbero tutti, dal pubblico agli addetti ai lavori. Avrebbe sempre il confronto con Pippo che rischierebbe di essere controproducente. So bene che dovrebbe essere una grande motivazione cercare di raggiungere i livelli di Ganna o di Affini, ma in Italia manca la pazienza. Così come stiamo aspettando di trovare un nuovo Nibali, rischiamo di fare altrettanto con il dopo-Ganna se non si inizia a fare qualcosa con i giovani».

Allenamento imprescindibile. Malori per migliorare e vincere nelle prove contro il tempo faceva tante ore da solo sulla bici da crono
Per migliorare e vincere nelle prove contro il tempo, Malori faceva tante ore da solo sulla bici da crono

Ore in solitaria

Quello moderno è un ciclismo che assomiglia molto alla Formula Uno, dove si ricercano i dettagli per andare più forte. Figuratevi per chi vuole diventare un cronoman competitivo. Galleria del vento, abbigliamento, materiali e soprattutto tante, tante e tante ore di allenamento. Malori potrebbe avere una cattedra sull’argomento in questione.

«Il livello italiano nelle categorie giovanili – chiarisce Adriano – non è veritiero. Da juniores e da U23 si confonde la forza generica con leventuali predisposizione per le crono o ad esempio per la salita. In Italia purtroppo non si ragiona in prospettiva. I giovani si allenano tanto per la categoria che fanno. Potenzialmente ce ne sono tanti che potrebbero essere portati per le prove contro il tempo, ma bisogna vedere chi ha veramente voglia di mettersi lì a pedalare per delle ore da solo, con metodo e concentrazione.

«Sempre nel 2015 – ricorda – dopo la crono di apertura che vinsi alla Tirreno, a quattro secondi da me arrivò a sorpresa Oss. Gli suggerii di insistere nella disciplina. Però lui mi rispose sorridendo che più di dieci, massimo 15 minuti a tutta non riusciva a tenere perché poi saltava di testa. E capivo benissimo il suo ragionamento. Ecco perché è facile perdere col passare degli anni tanti talenti a crono».

Eredità pesante. Dal 2017 ad oggi, Ganna ha raccolto 8 medaglie su 13 conquistate dall’Italia tra europei, mondiali e Olimpiadi
Eredità pesante. Dal 2017 ad oggi, Ganna ha raccolto 8 medaglie su 13 conquistate dall’Italia tra europei, mondiali e Olimpiadi

Investire sulle crono

Investire nelle crono è il mantra ricorrente quando se ne parla a livello giovanile. Un discorso che ci fece anche Marco Velo, il cittì delle crono, prima e dopo le prove degli ultimi europei nelle quali gestisce uomini e donne dagli juniores ai pro’.

«Sono d’accordo con quello che sostiene Marco – va avanti Malori – perché non ci sono molte cronometro nelle categorie giovanili, fatti salvi i campionati italiani e in qualche giro a tappe. Purtroppo è un problema economico per gli organizzatori ed anche per le squadre che devono avere una bici adatta. Adesso molti direttori sportivi vedono le crono come una mezza rogna perché bisogna investirci tempo e denaro. E sappiamo che non tutti ce li hanno, tenendo conto dello stress sempre più dilagante che condiziona i giovani.

«Ovvio, non tutte le realtà sono così per fortuna, ma ora è difficile trovare chi crede veramente in un potenziale cronoman. A meno che, e lo dico brutalmente, non si faccia come Finn che è andato a correre in un team tedesco e satellite della Red Bull-Bora Hansgrohe. Ed è diventato campione italiano su strada e a crono, investendoci tanto».

Milesi per lo scettro

Gira e rigira la lancetta batte dove la cronometro duole. Il dopo-Ganna bisogna anticiparlo cercando di farsi trovare pronti. Malori non ha dubbi su chi potrebbe prendere lo scettro di Pippo, a patto che si facciano le cose a modo.

«Per me Lorenzo Milesi – ci dice Adriano – ha tutte le carte in regola per raccogliere quella famosa eredità da Ganna. Non si vince un mondiale a crono U23 per caso, considerando che quella categoria ormai è piena da anni di atleti molto forti di team WorldTour. Purtroppo quest’anno ha avuto una stagione non semplice, raccogliendo pochi risultati anche a crono, ma può capitare. Ha 22 anni, è ancora molto giovane e può crescere ulteriormente. Tuttavia gli consiglio quello che consigliai allo stesso Ganna quando era nella prima UAE, la ex Lampre in cui ero stato per diversi anni. Ovvero cambiare squadra se vuoi fare il salto di qualità a crono».

Lorenzo Milesi per Malori può raccogliere l’eredità di Ganna, ma deve sperare che la Movistar torni ad investire nella crono
Lorenzo Milesi per Malori può raccogliere l’eredità di Ganna, ma deve sperare che la Movistar torni ad investire nella crono

«Pippo alla Ineos lo ha fatto – conclude – mentre l’attuale Movistar di Milesi non è la stessa di quando c’ero io. Non ci credono come prima. L’unica sua speranza è che la Movistar (con cui Milesi ha firmato fino al 2026, ndr), voglia nuovamente investire risorse importanti in quella specialità. Hanno Mas per i Grandi Giri e Ivan Romeo, successore di Lorenzo in maglia iridata.

«Sotto di lui, tra gli altri giovani italiani c’è il Milesi della Arkea (Nicolas, non sono parenti, ndr). E’ arrivato due volte secondo al tricolore U23 e sembra ben predisposto. Però per entrambi e per tutti gli altri direi di vedere come andrà il 2025. Eventualmente faremo nuovamente questo discorso fra dodici mesi, se non prima».

Dopo l’anno più bello, Affini riparte sulle stradine del Nord

04.12.2024
6 min
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Edoardo Affini risponde dalla sua auto mentre si trova in Olanda ed è in viaggio verso il magazzino della Visma Lease a Bike. E’ arrivato il tempo delle visite mediche per ottenere l’idoneità sportiva. Il ragazzone che ha stupito tutti nel finale di stagione con due prove superbe a cronometro all’europeo e poi al mondiale riallaccia il filo in vista della nuova stagione. I ricordi di questa seconda parte di anno, però, rimangono vivi. D’altronde le due maglie di campione europeo nelle prove contro il tempo non si scordano facilmente. Se a questo poi ci aggiungi un terzo posto al mondiale di Zurigo, sempre a cronometro, allora è facile capire che il morale sia già alto. 

Cambio di vita

Il mantovano da pochi mesi si è trasferito definitivamente in Olanda, trovando casa a pochi metri dalla cittadina dove viveva la sua compagna. Una vita diversa, lassù non troppo lontano dalla sede centrale del team. 

«Ufficialmente – dice – viviamo nella nuova casa da fine maggio. Solamente che da quel periodo a fine stagione me la sono goduta poco. Ho fatto spesso avanti e indietro, ma ci sarò rimasto un mesetto scarso in totale. Ora, con le vacanze di fine anno, me la sono goduta di più. La decisione di venire a vivere in Olanda deriva dal fatto che la mia ragazza lavora qui e dal punto di vista sociale e culturale chiederle di venire in Italia non mi sembrava una grande idea. Ne abbiamo parlato tanto e alla fine siamo arrivati alla conclusione che trasferirmi qui avrebbe fatto al caso nostro».

Dieci giorni dopo l’europeo, a Zurigo è arrivata anche la medaglia di bronzo dietro Evenepoel e Ganna
Dieci giorni dopo l’europeo, a Zurigo è arrivata anche la medaglia di bronzo dietro Evenepoel e Ganna

Ritrovare la condizione

Fermarsi in un momento del genere sembra sempre un peccato, ma la stagione termina e il riposo è necessario per ripartire. Affini questo lo sa bene quindi, nonostante la gamba fosse una delle migliori della carriera, ha riposato e ora pensa già ai primi impegni. 

«Come tutti gli anni – spiega – sono ripartito con un po’ di movimento vario: palestra, corsa a piedi e poi bici. Con il passare dei giorni i lavori sono diventati sempre più seri, anche se è ancora presto per caricare, quello lo faremo al primo ritiro del team, settimana prossima. Per il momento ho fatto poca roba, qualche sprint e accelerazione, ma mai al massimo. Ho messo insieme sempre più ore, magari prima del ritiro farò un’uscita lunga giusto per finire di gettare le basi».

«Fermarsi – riprende Affini – dopo l’ultimo periodo è stato quasi un peccato, anche perché per ritrovare la stessa condizione ci sarà da dannarsi. Però questo stacco da un lato è servito per consolidare le emozioni. Devo ammettere che ho trovato una certa carica nel ripartire, non ne ho mai avuto bisogno ma dà uno stimolo in più. Nonostante mi dispiacesse fermarmi, mi sono comunque concentrato sul riposo e il recupero. Ho chiuso la bici a chiave e non l’ho toccata».

Gioie consolidate

Il ventottenne, che dal 2021 veste la maglia della Visma Lease a Bike, ha conquistato due risultati di grande prestigio. La maglia di campione europeo, che potrà indossare con orgoglio nel 2025, è un risultato che premia una carriera lunga e ancora da vivere. Se a questo poi si aggiunge il terzo posto di Zurigo è facile capire che il 2024 di Affini è culminato in una gioia immensa. 

«Quello che mi è rimasto dall’ultimo periodo – riflette – sono sicuramente i risultati. A questi però si affianca la gioia di averli condivisi con la mia famiglia, con la mia compagna e anche i suoi genitori. E’ bello fare una cosa del genere, come all’europeo, e averli lì per condividere il tutto nella vita reale. Dal telefono di certo non manca l’entusiasmo, ma viverlo è un’altra cosa. Anche al mondiale erano presenti i miei genitori. Salire sul podio e vederli in mezzo alla folla è stato un orgoglio e un piacere immensi».

Di nuovo insieme

Nei giorni scorsi i ragazzi della Visma hanno pedalato di nuovo insieme, sulle strade del Belgio. Tra strappi e pavé si sono rivisti tanti corridori, tra loro è spuntato anche Wout Van Aert. Il belga rimasto coinvolto in una caduta alla Vuelta è risalito in sella da poco. La domanda che tutti si pongono è se riuscirà a tornare in forma in vista dell’inizio del 2025

«Il nostro – ci racconta Affini – è un ritrovo che facciamo ogni anno. Partecipa il gruppo delle classiche, una rosa allargata. Facciamo dei test sui materiali e i ragazzi nuovi prendono confidenza con mezzi e attrezzature. Le strade su cui abbiamo pedalato sono quelle della Roubaix e del Fiandre. Il tutto fatto a ritmi tranquilli, ma è sempre un bene rinfrescarsi la memoria.

«Wout (Van Aert, ndr) – conclude Affini – dopo la Vuelta si è ripreso abbastanza bene. Sembra sia in pieno recupero, non ci sono stati problemi troppo grandi o permanenti. Certamente un infortunio al ginocchio chiede tempo per essere assorbito al meglio. Ora vedrà che fare con il ciclocross, è chiaro che nella corsa qualche dolorino in più lo abbia sentito. Le vibrazioni dovute all’impatto con il terreno sono diverse dalla sollecitazione della bici. Ma so che ha ripreso anche a correre, costruendo il tutto dalla base con l’obiettivo di tornare ai ritmi usuali. Personalmente l’ho visto come sempre, senza pensieri particolari».

Le Nimbl per Affini? Leggere, resistenti e su misura

30.09.2024
5 min
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Ai piedi di Edoardo Affini, campione europeo a cronometro e doppio bronzo mondiale nella gara individuale e poi nel mixed team relay, c’è un modello particolare di scarpe Nimbl. Un esemplare unico, ne vengono fatte solamente una cinquantina all’anno.

Proprio prima della prova del team relay, valsa il bronzo agli azzurri, abbiamo avuto modo di farci raccontare da Affini come si trova con queste scarpe marchiate Nimbl

Edoardo Affini durante il riscaldamento del mixed team relay a Zurigo 2024
Edoardo Affini durante il riscaldamento del mixed team relay a Zurigo 2024

Due medaglie ai… piedi

Appoggiato sulla poltrona dell’albergo nel quale alloggia la nazionale per questi mondiali di Zurigo Edoardo Affini appare come un gigante buono. Le scarpe nella sua mano sembrano quasi piccole, poi le posiziona sul tavolino e il 45 del cronoman in forza alla Visma Lease a Bike si manifesta in tutta la sua grandezza. 

«Questo – ci spiega, riprendendo la scarpa e girandola tra le mani – è un modello fatto solo sul mio piede, completamente modellato in base alle caratteristiche fisiche e tecniche. Non c’è la tomaia è tutto carbonio e con un velcro che funge da chiusura. E’ stata creata un’aletta per permettere di infilare e sfilare il piede agevolmente. Ma non c’è un sistema di chiusura che va a stringere, non c’è bisogno. Una volta indossate calzano come un guanto. Dopo diverse prove fatte nei due anni in cui le ho utilizzate ho deciso di indossarle senza usare le calze. Il piede rimane stabile all’interno, non si muove. Poi per avere un’aerodinamica ancora maggiore metto il copri scarpe».

Massima prestazione

Queste scarpe, progettate insieme a Nimbl, hanno alla base la ricerca della massima prestazione a cronometro. Una prova nella quale ogni dettaglio fa la differenza e sprigionare ogni singolo watt sui pedali è fondamentale.

«In accordo con Nimbl – continua – abbiamo sviluppato questo modello proprio per le cronometro. Sono un modello totalmente chiuso, senza fori o aerazione. Perfette per un discorso di aerodinamica. In uno sforzo come quello delle prove contro il tempo, dove si passa da 15-20 minuti a massimo un’ora, sono l’ideale.

«La spinta sui pedali – conferma Affini – è eccellente, questo è dovuto al fatto che la suola è presa dal calco che Nimbl ha fatto direttamente sul mio piede. Di conseguenza prende la forma della pianta e segue la mia fisionomia. Non servono solette, a livello di sensazione è come se fossi direttamente sul pedale. Lo spessore è quello del foglio di carbonio usato nella realizzazione del modello».

Edoardo Affini dopo tante prove e test le usa senza calze
Edoardo Affini dopo tante prove e test le usa senza calze

150 “strati”

La parola passa a Francesco Sergio, co-fondatore di Nimbl e colui che si è rapportato con Affini e tutti i corridori che utilizzano le scarpe prodotte dalla sua azienda.

«Questo modello in particolare – racconta – è costruito utilizzando 150 tipi diversi di carbonio, tutti orientati in maniera differente. Prima di iniziare a costruire la scarpa, che viene in un primo momento modellata sul calco preso all’atleta, dobbiamo fare alcune considerazioni tecniche. Ovvero, il peso del corridore, la potenza espressa e il tipo di pedalata. La squadra, in questo caso la Visma Lease a Bike, ci fornisce tutti i dati e noi partiamo con la realizzazione delle scarpe su misura».

Un mese di lavoro

«Una volta realizzate si spediscono all’atleta – riprende Francesco Sergio –  che farà un primo test. Si tratta di una pedalata di due o tre ore fatta a ritmi e regimi di gara. Chiaramente serve provarle al massimo della performance per avere un riscontro totale e completo. La prima volta non è mai quella giusta, ma è normale vista la qualità del prodotto finale. Si tratta di fare tante prove, test, pedalate, ecc. Una particolarità è che non si possono fare modifiche sul modello realizzato, quindi ogni volta bisogna mandarle al macero e ripartire da zero con le nuove indicazioni del corridore».

«Poi c’è una particolare attenzione al peso – conclude – perché se si va un 20 per cento sopra il limite programmato la scarpa non mantiene le sue performance. Così come se si ha un peso al di sotto, ciò significa che non tutte le parti sono rigide e pronte a sopportare il carico di potenza, rischiando la deformazione o la rottura. Per avere una scarpa al massimo livello possibile serve curare ogni dettaglio alla perfezione. Ma quando è pronta i risultati si vedono»

Voci e umori azzurri dopo il bronzo nella crono dell’Australia

25.09.2024
8 min
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ZURIGO (Svizzera) – La grandezza della prova degli azzurri nella crono a squadre e nello specifico di Gaia Realini sta nei sette secondi di ritardo con cui Affini, Cattaneo e Ganna chiudono la loro frazione. Avevamo sperato che i ragazzi avrebbero lasciato un bel gruzzolo da gestire alle ragazze, senza considerare che il percorso del team relay era tutto fuorché il tracciato per una cronometro a squadre.

Pensavamo che si potesse vincere, ma il bronzo è un bellissimo traguardo che si somma agli ottimi risultati degli europei e a quelli di questo avvio di mondiale. L’Italia sa andare forte contro il tempo e prende medaglie anche quando la selezione da parte di Velo avviene in un campo di candidati limitato per indisponibilità o problemi di salute.

Alla fine per gli azzurri arriva un ottimo terzo posto a 8″ dall’Australia e a 7″ dall’argento
Alla fine per gli azzurri arriva un ottimo terzo posto a 8″ dall’Australia e a 7″ dall’argento

Troppe defezioni

Gli australiani hanno chiuso la prima parte con un piccolo margine, mentre le loro ragazze hanno mantenuto il margine fra sé e gli altri. Saremmo stati secondi alle loro spalle, se le ragazze della Germania non avessero tirato fuori la prova della vita chiudendo con 85 centesimi di ritardo dalle australiane. Il podio è tutto qui: Australia, Germania e Italia. Arriva così l’ennesima vittoria per Grace Brown che doppia l’oro della cronometro individuale ed è ad una sola gara dal ritiro.

In questo mondiale così costoso, al fronte di una sala stampa vuota di giornalisti (che verosimilmente arriveranno nel weekend per le gare su strada), il Belgio, la Gran Bretagna, il Portogallo e l’Olanda hanno deciso di non partecipare alla sfida per squadre. E così alla fine, vuoto per vuoto, la conferenza stampa dei team del podio salta perché non ci sarebbero abbastanza giornalisti per fare domande. Così, riservandoci di raccontare semmai in un altro momento le parole degli australiani, aspettiamo gli azzurri nella mixed zone. Prima che anche loro riprendano la via del pullman e dell’hotel.

L’ironia di Cattaneo

Cattaneo racconta dei ruoli e dell’impegno. «Non auguro una crono come questa neanche a Lello Ferrara – dice Cattaneo sorridendo all’indirizzo dell’ex corridore al nostro fianco – perché era una crono impegnativa anche se fosse stata individuale. Penso che sia stata una delle più difficili che io abbia mai fatto. Bisognava spingere tanto in salita, ma poi non potevi provare a tirare un po’ il fiato in pianura. Tutto il giorno a tutta quindi, senza mai mezzo momento di recupero. Ma soprattutto in salita dovevi andare sempre un pochettino di più di quello che era il tuo limite e questo ha reso la crono molto molto impegnativa.

«Abbiamo cercato di sfruttare il più possibile le caratteristiche di ognuno. Io ho tirato il più a lungo possibile in salita, Pippo ed Edo hanno macinato metri in pianura e nei pezzi in cui la strada tirava in giù, mantenendo la velocità più alta possibile. Per cui ognuno era al limite nella parte che meno gli si addiceva, è stato molto duro…».

Cattaneo è forse l’azzurro più adatto al percorso di Zurigo, estremamente duro
Cattaneo è forse l’azzurro più adatto al percorso di Zurigo, estremamente duro

Un percorso sbagliato?

Affini ha il solito pragmatismo mantovano, cui si è aggiunto il rigore olandese. E questa crono proprio non gli è andata giù. «Cattaneo tirava in salita – dice – e c’è stato un momento che veramente volevo dirgli di calare, perché mi stava mettendo non al gancio, di più… Ho tenuto e siamo riusciti a scollinare. Pippo faceva proprio delle tirate da bestia. Poi quando all’ultimo chilometro Cattaneo ha dato l’ultimo cambio, ho chiuso gli occhi e mi immaginavo di essere già all’arrivo, invece mancavano ancora mille metri. Ho cercato di dare tutto, penso che abbiamo fatto tutti e tre una bella crono.

«Non credo fosse un percorso da crono – aggiunge – infatti è il percorso della gara su strada ed è duro: un motivo ci sarà. Per me è abbastanza semplice: se fai un percorso così, che a farci nove giri domenica verrà una gara tostissima, non ha senso farlo in tre con la bici da crono. A parte la durezza in sé, c’erano tantissime curve che non davano il ritmo della cronosquadre, come invece è stata quella degli europei. Lì potevano mettere anche qualche salita in più, però mantenendo la linearità. E’ come se per organizzare un mondiale per scalatori, non avessero messo le salite…».

Affini ha cambiato rapporti. Dal 68 degli europei, ha fatto la crono di domenica con il 60, oggi ha il 58
Affini ha cambiato rapporti. Dal 68 degli europei, ha fatto la crono di domenica con il 60, oggi ha il 58

Le tirate di Ganna

Colpito e affondato! Giusto in tempo per l’arrivo di Ganna, colui che a detta di Affini faceva delle tirate da bestia. Pippo stamattina ha chiesto di smontare la borraccia: un atteggiamento cattivo, segno che sarebbe partito con idee bellicose. Ora ha girato un po’ le gambe sui rulli e ha riordinato le idee. «Alla fine – sorride – ho provato a uscire dalla sua ruota, ma mi sono detto: “Ma chi me lo fa fare?! Resto dietro che sto bene”. In due momenti ho guardato il misuratore di potenza: non lo avessi mai fatto, aveva ragione Amadio. Ci ha detto che oggi avremmo fatto meglio a non guardarlo, infatti così abbiamo fatto. Cattaneo ci ha portato al limite senza però farci andare oltre, non ci ha mai messo in difficoltà al punto di farci scoppiare. Ci ha lasciato girare sul fuoco, come l’asado, ci ha cucinato alla brace, a fuoco lento. E’ stato bravo.

«Le mie sensazioni? A fine stagione credo che le sensazioni cambino ogni giorno, non credo che fare un confronto con domenica sia possibile. E’ un anno che siamo in bicicletta a far fatica, sempre al limite. Prima con Edoardo scherzando ci siamo detti che il ciclismo agonistico di sicuro non aiuta la salute. E’ bello uscire, farsi una passeggiata, fare anche il percorso di oggi in amicizia. Ma al livello in cui lo facciamo noi, è meno bello…».

Ultima crono di stagione per Ganna, che arriva al team relay dopo l’argento della individuale
Ultima crono di stagione per Ganna, che arriva al team relay dopo l’argento della individuale

Longo di buon umore

Le ragazze arrivano insieme: Longo Borghini, Realini e Paladin. Sono passate davanti a Ettore Giovannelli e i microfoni RAI, che le ha aspettate con il collegamento in chiusura. Poi sono venute a parlare italiano. «E’ andata bene – dice Longo Borghini – sono contenta di me stessa, ma soprattutto sono contenta della nazionale. Alla fine ce la siamo giocata fino in fondo e più di così non potevamo fare.

«Come ho appena detto alla RAI – ridono entrambe – ho scoperto che stare a ruota di Gaia non è un grande risparmio, perché comunque ho sempre la testa un po’ scoperta. Infatti, quando lei passava davanti in salita, pensavo: “Ok, dai, adesso mi riposo un attimo e poi almeno tiro forte in pianura”. E poi invece avevo sempre un po’ d’aria che mi arrivava».

Longo Borghini e Realini rimangono sole presto e chiudono con un tempo notevole
Longo Borghini e Realini rimangono sole presto e chiudono con un tempo notevole

Realini e la crono

Realini sta al gioco, le battute sul suo essere minuta la accompagnano da sempre, ma ha imparato a rispondere mettendole tutte in fila sulle salite. «Non sono un’ottima compagna di crono – ammette – però ho cercato di dare il massimo nei punti a me più favorevoli, cioè le salite. E poi si è dato tutto anche dove bisognava spingere. Anche Soraya nella prima parte, nonostante abbia avuto una giornata no, ci ha dato una grande mano. Quindi come nazionale possiamo essere fieri di questo risultato e ce lo godiamo fino in fondo.

«Sinceramente – sorride – ho saputo che sarei venuta qui una settimana prima della gara. Pensavo fosse tutto uno scherzo, perché chiamare me per una crono… Ho chiesto a Velo se avesse sbagliato numero però mi ha detto di no, che le ragazze erano contente che io facessi parte del team. Allora ho detto: “Ok, proviamo questa nuova esperienza”. E ho dato il massimo, diciamo che un terzo posto al mondiale cronosquadre non è da buttare».

Soraya Paladin correrà anche su strada. Il suo contributo nel team relay ha risentito di una giornata storta
Soraya Paladin correrà anche su strada. Il suo contributo nel team relay ha risentito di una giornata storta

Grinta Paladin

Soraya Paladin ha lo sguardo basso, lo aveva così anche sul podio. La giornata non è stata delle migliori, ma conoscendola siamo certi che si rifarà sabato su strada. «Per me – ammette – ci sono emozioni contrastanti. Ovvio, è una medaglia, quindi fa sempre piacere salire sul podio, soprattutto perché è la prima volta che salgo su un podio mondiale. Però personalmente sono un po’ dispiaciuta per come è andata. Non posso farci niente. Loro andavano fortissimo in salita, sapevo che era un po’ la mia parte debole e così è stato.

«Ma sabato sarà completamente diverso – ruggisce – ovviamente dà morale vedere che l’Italia è salita sul podio. Elisa e Gaia hanno fatto una grande performance, quindi andiamo lì ancora più cattive e pronte a salire magari più in alto. Ve lo dico io: Elisa ha la gamba!».

Con il podio del team relay si chiudono le prove a cronometro: da domani si corre su strada. Iniziano gli juniores
Con il podio del team relay si chiudono le prove a cronometro: da domani si corre su strada. Iniziano gli juniores

Sabato si combatte

Chiudiamo con le due compagne di Lidl-Trek che a fine stagione separeranno le loro strade e diventeranno avversarie. «Personalmente mi sono sentita bene – dice Longo Borghini – ho visto Gaia molto bene e onestamente una giornata no per Soraya ci può stare, ma credo che sabato sarà per noi una pedina molto importante».

«Secondo me oggi – fa eco Realini – abbiamo fatto un bel test su questo circuito. Verrà una gara molto dura perché non ci sarà un attimo di respiro. Non ci sono salite lunghissime, ma si potrà fare la differenza. E noi come nazionale siamo molto forti e giocheremo unite e ci giocheremo al meglio le nostre carte senza pressione. Questa volta insomma, quando Sangalli mi ha chiamato, non ho pensato che avesse sbagliato numero. Sabato si combatte!».