Esordio con vittoria per Van Baarle, un bel biglietto da visita!Il giorno dopo alla Kuurne doppietta per i “Calabroni” vittoria di Benoot, secondo van HooydonckEsordio con vittoria per Van Baarle, un bel biglietto da visita!Il giorno dopo alla Kuurne doppietta per i “Calabroni” vittoria di Benoot, secondo van Hooydonck
Corse di casa
Nelle fila del team olandese c’era anche il nostro Edoardo Affini. E proprio dalla sua voce ci facciamo raccontare questo esordio di fuoco della Jumbo.
«Come esordio – dice con una risata – quel fine settimana è andato molto bene, soprattutto se consideriamo che eravamo sette corridori su otto all’esordio stagionale. Tra le due formazioni è cambiato un solo uomo: Tim van Dijke alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne è stato sostituito da Per Strand Hagenes (campione del mondo juniores 2021, ora nel team development di cui ci aveva parlato Mattio, ndr). Siamo arrivati direttamente dal Teide, sul quale avevamo finito un bel blocco di lavoro. Dire che abbiamo lavorato bene sembra quasi superfluo ma è davvero così. La cosa bella di queste due corse è che abbiamo corso nel modo che ci eravamo prefissati nel meeting pre-gara».
I ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het NieuwsbladI ventagli della Jumbo hanno spaccato il gruppo ed acceso la Omloop Het Nieuwsblad
Due modi di correre
Omloop sabato e domenica la Kuurne-Brussel-Kuurne, due corse diverse ma comunque dominate dalla Jumbo Visma.
«L’idea – prosegue Affini – era quella di fare la corsa a modo nostro, in Belgio non è mai semplice serve anche fortuna. Basta una foratura o una scivolata nel momento sbagliato e tutto va in fumo. Io stesso sono riuscito a lavorare bene in entrambe le corse, anche la squadra era molto soddisfatta. Alla Omloop il team aveva intenzione di prendersi subito la responsabilità della corsa. Appena partita la fuga ci siamo messi a controllare, io avevo il compito di inseguire nella prima parte. Poi, nel momento in cui il percorso ce lo ha permesso, ho dato il via al ventaglio che ha condizionato la gara. Ci siamo messi a girare bene e siamo riusciti a rompere il gruppo».
«Alla Kuurne – spiega nuovamente – avevamo deciso di muoverci in maniera differente, viste anche le differenze tra i due percorsi. Non avevamo un velocista di riferimento, così abbiamo lasciato il pallino dell’inseguimento alle altre formazioni. Poi, nel momento in cui le condizioni del vento sono diventate favorevoli, ci siamo messi in azione. A meno 80 chilometri dall’arrivo, sul Le Bourliquet, tre miei compagni hanno dato il via all’azione decisiva. Si è formato il quintetto che è arrivato fino all’arrivo».
Gli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivoGli uomini della Jumbo alla Kuurne si sono messi all’opera dopo attaccando a 80 chilometri dall’arrivo
Rinforzi e obiettivi
Uno dei nomi nuovi della Jumbo Visma è quello di Dylan Van Baarle, il vincitore dell’ultima Parigi-Roubaix. Un innesto che fa capire l’intento della squadra: vincere.
«La squadra era già forte – dice Affini – è innegabile, ma la Jumbo vuole vincere una monumento, questo è quello che manca (unendo i puntini si potrebbero definire “profetiche” le parole di Tom Boonen, ndr). Van Baarle è un acquisto volto a ciò, e direi che si è presentato nel migliore dei modi. Ora, capire quali saranno i focus sulle prossime corse nel Nord è difficile. Prima ci sono altre corse da fare e la prima Monumento della stagione: la Sanremo. Io alla partenza di Abbiategrasso dovrei esserci, così come alla Parigi-Nizza (iniziata oggi da La Verrière, ndr)».
«E’ chiaro – spiega riagganciandosi – che le punte per le Classiche come Fiandre e Roubaix saranno Van Aert, Van Baarle, Benoot e Laporte. Il rinforzo di Dylan ha anche un senso tattico, perché potremmo trovarci in superiorità numerica in alcune situazioni. Starà poi a loro e alla squadra capire come gestire quelle situazioni. Una cosa è certa: in quelle corse meglio avere un vantaggio numerico».
Alexander Konychev è volato lontano dal freddo e dalla pioggia e forse anche un po’ dai pensieri di questo inizio di stagione. Il ragazzone italiano dal cognome russo si trova a Palma de Mallorca per assaggiare un po’ di sole e preparare la nuova stagione. Lui è uno dei nuovi nomi del team Corratec, la neo professional che lavora in grande per scalare presto le classifiche.
Konychev esce dal WorldTour, è il secondo corridore della Corratec che arriva direttamente dal mondo dei big. Gli ultimi tre anni li ha corsi alla Bike Exchange e, tra sfortune e mancate occasioni, le strade ora si sono separate.
Konychev è entrato nel professionismo con la Mitchelton Scott nel 2020Konychev è entrato nel professionismo con la Mitchelton Scott nel 2020
Che cosa ti ha portato alla Corratec?
Ho saputo abbastanza tardi che non sarei rimasto alla Bike Exchange – racconta Konychev – e mi sono guardato un po’ in giro. C’era questo progetto, si tratta di una squadra italiana, giovane. Mi sembrava una buona opportunità per rilanciarmi.
Con chi hai parlato?
Del progetto ho parlato spesso con Claudio Lastrucci, è una figura molto vicina alla squadra e sono stato suo corridore alla Hopplà-Petroli Firenze. Mi ha consigliato lui di ripartire da qui.
Che anni sono stati quelli alla Bike Exchange?
Particolari. Nel 2020 il Covid ha rallentato tutto e non ho avuto opportunità di fare molte gare. Nonostante questo negli anni successivi ho potuto vedere dall’interno tante corse importanti, come le Classiche del Nord o la Sanremo. Ho imparato cosa vuol dire fare questo genere di gare e farlo accanto a uomini importanti.
Il classe 1998 si è messo molte volte a disposizione dei compagni di squadraIl classe 1998 si è messo molte volte a disposizione dei compagni di squadra
Cosa ti è mancato allora?
Direi un po’ di continuità nella preparazione, ho avuto parecchi intoppi, come il doppio Covid nel 2021. Poi la stagione scorsa è arrivata la storia dei punti e lo spazio per mettersi in mostra si è sempre più assottigliato. A livello mentale la libertà di fare risultato mi è un po’ mancata, non è semplice.
Sei passato pro’ a 22 anni, dopo che hai iniziato a correre da junior, non è stato un salto prematuro?
Mah non penso. Magari se avessi avuto qualche occasione in più avrei capito fin dove spingermi al posto che fare da gregario. In futuro cambierà qualcosa, un dettaglio sul quale voglio concentrarmi maggiormente sono le cronometro, negli ultimi anni non ne ho fatte molte. E’ vero anche che le crono si trovano nelle corse a tappe e io non ne ho corse molte.
Con la continental della Qhubeka stavi facendo bene, un anno in più con loro non ti sarebbe servito?
Mi si è presentata l’occasione del WorldTour e l’ho colta, alla Bike Exchange devo molto. Il livello di gare tra dilettante e WorldTour è estremamente diverso, confermarsi tra i professionisti è sempre difficile. Di vittorie importanti tra i dilettanti ne ho ottenuta una sola, alla Etoile d’Or, a mio avviso quello del professionismo era un passo necessario.
Konychev ha visto da vicino il mondo delle Classiche ma senza aver l’occasione di mettersi in luceKonychev ha visto da vicino il mondo delle Classiche ma senza aver l’occasione di mettersi in luce
Forse sarebbe servito un passaggio intermedio, una professional, come la Corratec ora.
Arrivare in una squadra italiana con una mentalità italiana è sempre bello. Il rapporto con i corridori e con lo staff sarà sicuramente più forte. In una realtà più piccola come questa sarà anche più semplice essere seguiti e sentire la fiducia.
Una WorldTour australiana era troppo “fredda”?
Direi che sicuramente fai più fatica a creare un rapporto stretto con i compagni di squadra. Il primo anno, nel 2020, quando era ancora Mitchelton Scott, gli unici italiani eravamo io e Affini. Poi in team così grandi si lavora sempre con lo stesso gruppo, capita di incontrare certi corridori al ritiro di inizio stagione a dicembre e poi a quello di ottobre.
Un corridore nuovo tende a subire un po’ questo clima diverso?
Un giovane come me che fa fatica a trovare i propri spazi è costretto molte volte a eseguire gli ordini di squadra. Lo si fa anche volentieri perché se aiuti un compagno a vincere è sempre bello.
Konychev vorrebbe curare di più la cronometro, una disciplina che lo ha sempre appassionatoKonychev vorrebbe curare di più la cronometro, una disciplina che lo ha sempre appassionato
Però è da giovane che uno vuole provarsi, capire e vedere fin dove può arrivare, ricercando i propri limiti…
Esatto, diciamo che si vorrebbe capire fin dove si può arrivare, che vuol dire anche sbattere il muso per imparare. Per fare il gregario il tempo c’è sempre.
Desiderio per il 2023?
Avere più continuità, al di là delle sfortune mi piacerebbe correre con maggiore costanza e fare tanti giorni di corsa. Il calendario che la Corratec propone è bello e molto ricco, e mi permetterà di fare tante corse, anche minori e mettere giorni di gara nelle gambe.
Lo avevamo conosciuto quando arrivò in Italia per la prima volta nel 2017 con la Unieuro Trevigiani. Ma ora la favola di German Tivani riprende slancio
Tecnologia, potenza, scienza, velocità: un cronoman deve unire tutto ciò. Ma saperlo fare (bene) quando si è a tutta è cosa per pochi. Tra questi pochi c’è sicuramente Edoardo Affini. Il mantovano, da casa sua, dove vi avevamo già portato, ci guida nel mondo della crono. Specialità tanto complessa quanto affascinante.
Con il corridore della Jumbo-Visma ne parliamo a tutto tondo. La sua crono e quella dei suoi rivali. Sconfinando anche sulla pista e tutto ciò che lega un ciclista che corre contro il cronometro.
A tu per tu con Edoardo Affini (classe 1996)A tu per tu con Edoardo Affini (classe 1996)
Edoardo sei nel team giusto per essere un cronoman?
Credo proprio di sì. In Jumbo la crono è una filosofia che si ripercuote in tutti i settori. Significa avere attenzione massima ai dettagli e cercare di migliorarsi sempre. Una filosofia che se vogliamo si è vista anche dopo la nostra vittoria al Tour con Vingegaard. Questo era il nostro primo obiettivo da anni e una volta raggiunto ci siamo chiesti: «E adesso”? Cosa si può migliorare?». Nel caso della crono si pensa subito ai materiali. E’ una disciplina in cui contano i secondi, per questo ogni dettaglio è importante. Pensate, Foss, mio compagno, ha vinto il mondiale per appena 3”.
Quali sono per te i campi dove lavorare per migliorare?
Sulla posizione sicuramente, specialmente dopo le misure nate dai nuovi regolamenti. Per quel che mi riguarda potrei alzarmi un po’ con i gomiti e quindi chiudermi un po’ (alla Evenepeol, ndr). L’idea una volta era di schiacciarsi sempre di più e di scendere con la testa, al netto della sicurezza come abbiamo visto con Bernal, adesso invece la tendenza è quella di alzare le mani. E poi credo si possa lavorare molto sui caschi e le loro dimensioni.
Ed è un vantaggio per te?
Sì, ma anche gli altri lo faranno, quindi non credo cambierà moltissimo.
Van Aert… con Van Aert! Il suo manichino a grandezza naturale prodotto dal TUe di Eindhoven per i test in galleria del ventoVan Aert… con Van Aert! Il suo manichino a grandezza naturale prodotto dal TUe di Eindhoven per i test in galleria del vento
Dove fate i test?
Abbiamo una partnership con l’Università di Eindhoven, lì in galleria del vento si svolgono tutti i nostri test. Ci sono dei modelli a grandezza naturale di Roglic e Wout (Van Aert, ndr) ma presto credo anche di Foss e di Vingegaard. L’idea del manichino è ottima, perché se fai dieci prove con l’atleta non saranno mai davvero uguali. E’ difficile che si riposizioni perfettamente allo stesso modo. Con il manichino invece puoi farlo e il test diventa ripetibile.
Hai parlato di dettagli, quali sono quelli che a tuo avviso fanno la maggior differenza?
Per me – ribatte senza indugio Affini – è il mantenimento della posizione. Puoi fare tutti i test che vuoi in galleria del vento. Puoi trovare una posizione eccellente, ma se poi in gara ti scomponi perdi quei vantaggi. Non solo devi trovare una posizione che sia efficiente, ma anche che tu sia in grado di mantenere mentre spingi. Ci si lavora da sempre. Prendiamo appunto il discorso della testa che deve stare “alta”… Adatti il tuo fisico ad una posizione che non è comoda, ma è ideale.
E tu che stato hai raggiunto tra posizione e materiali?
Direi buono. Bisogna sempre migliorarsi e vedremo con la nuova posizione, ma anche con i materiali e le bici (Cervélo, ndr) mi trovo bene: a crono e su strada. Davvero due bici… stabili, non flettono. E se lo dico io che sono grosso!
Il corridore della Jumbo-Visma agli ultimi mondiali a crono è arrivato 13° Il corridore della Jumbo-Visma agli ultimi mondiali a crono è arrivato 13°
Ero in hotel, alla vigilia della Parigi-Tours. Una prestazione incredibile. Uno non ci pensa ma è stato qualcosa d’incredibile: lui e lo studio esagerato che c’era dietro.
Da cronoman come hai vissuto quei 60 minuti? Cosa ti passava nella mente?
L’ho vissuta che avevo il mal di gambe! Sapendo cosa ha fatto Pippo per arrivare a quel momento e cosa gli è servito, c’è solo da togliersi il cappello. In più dopo le polemiche in seguito al mondiale chiaro-scuro a livello psicologico, è stato una grande cosa. Ne ha avute molte di rotture: lo fa, non lo fa, “lascia prima la nazionale per cose sue”… Non è stato facile.
Edoardo Affini con il suo fisico possente ci pensa al record dell’Ora?
Può pensare di farlo – risponde dopo una breve pausa e una smorfia di sorpresa – ma c’è bisogno di un vero piano tecnologico. Di uno studio avanzato.Non è qualcosa che fai da solo. E sul piano fisico bisogna fare uno sforzo che nelle corse normali non si fa. Tanto più che le crono da un’ora non ci sono più. L’ultima crono veramente lunga risale al mondiale dello Yorkshire nel 2019.
Serve dunque un supporto tecnico totale e chi crede in te: la Jumbo Visma sarebbe interessata?
Forse… A livello di materiali sicuramente. Cervélo di certo ne sarebbe attratta, tanto più che loro già hanno una connessione con la pista. E lo stesso vale per gli altri settori, penso alle gomme per esempio. Poi andrebbe pianificata molto bene nell’arco della stagione e non solo per gli impegni, ma anche perché come ha detto Pippo non hai voglia di fare tanti tentativi!
Tra Team Jumbo-Visma e Cervélo c’è grande attenzione ai dettagli: avrebbero le capacità per dare assalto al record dell’Ora (foto Cervélo)Tra Jumbo-Visma e Cervélo c’è grande attenzione ai dettagli: avrebbero le capacità per il record dell’Ora (foto Cervélo)
In effetti è piuttosto doloroso! Per te chi può battere questo Record?
Potrebbe riuscirci Stefan Kungper la sua struttura e perché gli piacciono le sfide.
E il tuo compagno Van Aert?
Non so se sia una sua ambizione. Lui ha anche il cross e riuscire ad incastrare tutto sarebbe davvero complicato. Anche per differenza di sforzo.
Tu e Ganna siete cresciuti insieme e lo battevi anche: com’è ritrovarcisi tra i pro’?
E’ uno stimolo. Abbiamo la stessa età ed è da quando siamo allievi che ci scorniamo, ma per ora lui è il numero uno: c’è poco da girarci intorno. Dal canto mio, sono sempre lì a cercare di migliorarmi.
La differenza è solo nel “motore” o anche nella guida? Nel prologo di Torino per esempio Ganna fece una bella differenza anche nelle curve…
Di sicuro ha rischiato di più, ma certe cose magari le fai anche perché sei più sicuro di te stesso. Insomma, aveva già vinto il mondiale.
Voi cronoman vi confrontate mai sulle scelte tecniche prima di una gara?
Sì, qualche commento lo facciamo, ma non ci facciamo influenzare. Fatta una scelta, quella è. E poi più o meno sappiamo cosa useremo. Al massimo uno può usare una ruota da 55 millimetri e un altro una da 60, per dire, ma siamo lì. I rapporti per esempio sono quelli: di solito è il 58.
Per Affini non sarebbe facile inserirsi al 100% nei quartetti di Marco VillaPer Affini non sarebbe facile inserirsi al 100% nei quartetti di Marco Villa
Sappiamo che non è facile rispondere ma ti piacerebbe provare un’altra bici da crono? Ce n’è qualcuna che ti incuriosisce?
Come ho detto, con Cervélo mi trovo bene, la nostra bici da crono è ottima e non la cambierei. Ma se proprio dovessi sceglierne un’altra, a questo punto direi la Pinarello di Pippo.
Restiamo sempre in ambito aero e crono: pensi mai che potresti essere nel quartetto? Gente come te, Ganna, Milan… siete tutti “bestioni”. E tu hai fatto pista in passato.
Adesso credo che non sia sensato né possibile entrare a far parte di quel gruppo così affiatato. Oltre a loro ci sono dentro già i ragazzi juniores e under 23 in quel movimento, come è giusto che sia. E sinceramente non credo sia il mio posto. In più il mio ultimo quartetto l’ho fatto da junior.
Però tecnicamente potresti starci?
Fosse solo per una questione tecnica o mentale, ci potrei anche stare: ho un’idea di cosa mi aspetterebbe. Però non so se sarei in grado di esprimermi al 100%. Dovrei organizzare bene gli impegni con la strada. Poi è anche vero che ti ricordi di Viviani, che è stato il primo a dimostrare che se bene calibrati, si possono conciliare gli impegni dell’una e dell’altra specialità. Ma la doppia attività non è per tutti.
Il sole cala e l’umidità sale a Serraglio, paesino del mantovano dove in una casa stile castello vive Edoardo Affini. Due torrette in pietra, i gerani, un portico… il cronoman ci accoglie col sorriso. Andiamo a trovare il gigante della Jumbo-Visma in un pomeriggio di novembre. E’ in momenti come questi che si racconta in tranquillità quel che è stato e di quel che sarà.
Affini, classe 1996, è alla sua terza stagione da professionista. Una stagione tutto sommato bella per lui, suggellata dalla maglia rossa alla Vuelta. Mentre ci mostra la sua bella casa che è ancora in fase di costruzione iniziano le nostre domande. E la prima è una curiosità da “cicloamatore”.
Edoardo con le due maglie rosse della Vuelta, quella speciale per le frazioni olandesi e quella tradizionaleEdoardo con le due maglie rosse della Vuelta, quella speciale per le frazioni olandesi e quella tradizionale
Edoardo, qui di montagne neanche l’ombra. Come fai per gli allenamenti?
I primi strappetti, le colline moreniche, sono a 30 chilometri, altrimenti devo andare sul Garda. Se devo fare una distanza senza lavori ci vado in bici, ma se devo fare degli specifici mi avvicino con la macchina. Altrimenti tempo che arrivo è ora di tornare a casa!
E si diventa cronoman anche per tutta questa pianura? Al netto di un certo fisico chiaramente…
Di certo con la pianura c’è feeling. La faccio spesso. Anche i rapporti: vai a cercare quelli più lunghi.
Che stagione è stata?
Direi una bella stagione per me, molto bella per la squadra. Per quel che mi riguarda ci sono stati alti e bassi. Tra gli alti, c’è senza dubbio la maglia rossa alla Vuelta arrivata dopo una vittoria, quella della cronosquadre. O il podio nella tappa del Giro. E poi quando sei in corsa e i tuoi capitano finalizzano. Come Wout (Van Aert, ndr) alla Omloop o ad Harelbeke.
Affini ha ricavato uno stanzino per i suoi trofeiAffini ha ricavato uno stanzino per i suoi trofei
E i bassi, invece , quali sono stati?
Le due mazzate del Covid. Una a febbraio, che ha scombussolato un po’ i piani della primavera, e una alla Vuelta. Quella mattina in Spagna ho fatto un controllo quasi per scrupolo visto che qualche caso c’era stato. Dopo il tampone stavo andando a fare colazione quando con la coda dell’occhio ho visto la seconda lineetta del test. Non avevo assolutamente niente, ma c’è un protocollo di squadra che parla chiaro e sono tornato a casa.
Hai parlato della squadra. Con tutte queste vittorie vi sentite più forti quando siete in corsa. Per la serie: “Fatevi largo arriviamo noi della Jumbo-Visma”?
Questa sensazione c’era già l’anno scorso e quest’anno ancora di più. Siamo sempre pronti a prendere in mano la corsa e fare il meglio per far vincere i capitani. Non solo, ma quando poi hai capitani del nostro calibro anche le altre squadre ci lasciano fare. “Che ci pensino loro”, dicono. Ma al Fiandre, anche senza Wout fermato dal Covid, abbiamo dato il nostro contributo e corso come volevamo noi.
Insomma c’è questa sensazione di essere una squadra…
Siamo un collettivo. Sono qui da due anni, di prima non posso parlare, ma da quel che mi dicono è che proprio negli ultimi due anni si è fatto un bello step. Specie nel cercare di fare la corsa.
Il treno della Jumbo-Visma guidato da Affini nella cronosquadre della Vuelta che gli permesso di vestire in rossoIl treno della Jumbo-Visma guidato da Affini nella cronosquadre della Vuelta che gli permesso di vestire in rosso
Parliamo di leader. Van Aert che capitano è? Cosa chiede in corsa?
Wout sa quel che vuole. Non è uno che ti martella, però è capace di farti tirare fuori il meglio per il tuo specifico lavoro. E te ne rendi conto dopo. Tu stesso percepisci che vuoi dare il 100%.
Roglic invece?
Anche lui è un leader, ma è diverso rispetto ad un Van Aert. E’ più espressivo, nel senso che parla di più è più “nervoso”. Poi magari certe volte su una salitella sta faticando tanto e ti dice: “Ti vedo bene, io invece oggi ho mal di gambe”. Allora lo guardi e visto che un po’ lo capisce, gli dici in italiano: “Primoz, mettiti a ruota!”. A quel punto capisce e si mette a ridere… Però è un capitano vero.
E poi c’è Vingegaard…
Con Jonas non ho corso tanto a dire il vero. Ci ho fatto la Tirreno, quando ha fatto secondo dietro Pogacar. Che dire: è un talento. Di certo è un tipo tranquillo. Quando si è detto che dopo il Tour fosse saltato di testa è perché lui non cerca attenzioni, non è da social. E’ introverso. Però quando è in corsa sa come gestire la squadra. E gli piace stare dietro a me!
La fuga di Treviso. Grande collaborazione e ottime gambe hanno permesso ai quattro di andare al traguardo. Affini fu secondoLa fuga di Treviso. Grande collaborazione e ottime gambe hanno permesso ai quattro di andare al traguardo. Affini fu secondo
Ah sicuro: dietro ad Affini si sta bene!
La posizione di Wout alla Sanremo è stata una cosa micidiale. Anche lui riesce a stare ben coperto dietro a me. Per risparmiare energie ha fatto tutta la corsa alla mia ruota. E queste erano le consegne. Lui si fermava a fare pipì? Io mi fermavo. Lui andava all’ammiraglia? Io andavo dietro. Così fino alla Cipressa.
Come hai passato quest’ultimo periodo?
Bene dai. Riposo vero. La prima settimana sono stato a casa, poi sono andato in Olanda dalla mia ragazza per 15 giorni e adesso sono di nuovo qui. Ho ripreso giusto questa settimana, con piccole cose, giusto per dire al fisico che è ora di riprendere, mentre da domani si riprende più seriamente.
Dal balcone, fra le due torrette in pietra, un saluto prima di andare viaDal balcone, fra le due torrette in pietra, un saluto prima di andare via
Si dice che si va sempre forte, quali sono stati i giorni in cui in stagione ha spinto di più?
Beh, nella cronosquadre della Vuelta siamo andati forte davvero. Ma anche nel giorno della fuga al Giro. Negli ultimi 60 chilometri abbiamo pedalato di brutto. Giravamo tutti e quattro.. come un quartetto. Abbiamo mantenuto la velocità alta. Anche Gabburo, che era più piccolo, girava con noi passistoni. Ci stava un attimo, ma la velocità non calava. E poi un altro giorno che abbiamo menato e in cui ho avuto paura di restare solo indietro è stato nel giorno del Crocedomini in avvio. Nella tappa dell’Aprica. Mi sono detto: “Almeno fino in cima devo restare attaccato. Poi vediamo”. So solo che per un’ora e 4′ ho fatto 430 watt… per restare attaccato.
Diciamo due nel mio caso! Penso sia un percorso interessante. Ci sono anche delle tappe dure. La prima crono è interessante, ma anche la seconda è insolitamente lunga per il Giro. In generale penso sia giusto che in un grande Giro ci siano anche dei bei chilometri contro il tempo. E infatti penso che al Tour quest’anno abbiano un po’ sbagliato. Pensiero mio almeno…
Qual è l’obiettivo di Affini?
Continuare a migliorare. Certo anche vincere, quello fa piacere a tutti, ma di base dico migliorare.
Il punto del mercato con Focus Italia Group, che distribuisce il marchio Cervélo. L'aiuto ai dealer. La ripresa travolgente. E il ruolo della Jumbo Visma
I due altri azzurri alle spalle di Ganna sono arrivati al traguardo a una manciata di secondi uno dall’altro. Prima Affini e poi Sobrero, distanza minima di 6 secondi. E così alla fine se ne sono andato entrambi sulla bici di Matteo, perché quella di Edoardo qualcuno l’aveva già portata verso il camper. Affini sulla sella, Sobrero come meglio poteva sui pedali. La crono dei due azzurri ha avuto storie e motivazioni diverse. Nel primo caso un adattamento precario al fuso orario e al vento nel secondo caso.
La speranza di Affini
Affini ha concluso 13° a 1’28” da Foss e dopo l’arrivo si è seduto sull’asfalto. Per tirarlo via, gli hanno detto che lo aspettavano nella zona della hot seat, perché il suo era ancora il secondo miglior tempo.
Edoardo si è piazzato al 13° posto, a 1’28” da FossAffini è arrivato in Australia soltanto martedì sera e non ha ancora assorbito il fusoEdoardo si è piazzato al 13° posto, a 1’28” da FossAffini è arrivato in Australia soltanto martedì sera e non ha ancora assorbito il fuso
«Magari non è neanche andata proprio scandalosamente male – dice – ma ho la sensazione di aver pagato il cambio d’orario. Credo di essere riuscito a riprendermi col sonno abbastanza bene, però a livello diciamo più fisico e metabolico, mi sento un po’ sfasato. E questo si riflette un po’ anche sulle bici. Anche nei giorni scorsi sentivo che andavo, ma c’era qualcosina fuori posto. Alla fine sono qui solo da 5 notti, perché a differenza degli altri due ragazzi, sono arrivato con qualche giorno di ritardo. Insomma, non sono l’unico che è arrivato qua martedì sera, non voglio si pensi che cerco una scusante. Però cercando di analizzare un po’, penso che il fuso orario possa avere influito sulla mia prova.
«Però a questo punto spero che lo sforzo violento mi abbia un po’… aperto per le prossime gare. Cioè per il Team Relay di mercoledì e poi per la strada. Non è che ho guardato i numeri più di tanto, perché a un certo punto sono andato a sensazione, però magari a sensazione ti sembra di spingere, invece i numeri dicono altro. Puoi avere una strategia di pacing, ma alla fine ho tirato fuori quello che potevo. Magari non è molto, però spero di poter dare un po’ di più nei prossimi giorni».
Per Matteo Sobrero è arrivato il 15° posto, a 1’34” da FossProva faticosa di Sobrero, che coglie il 15° posto, a 1’34” da Foss
Sobrero e il vento
Matteo arriva molto più scanzonato, ma non per questo meno determinato. Si è piazzato 15° a 1’34” da Foss e con Velo sta cercando una spiegazione plausibile.
«Come già detto da Evenepoel – spiega – i primi 10 chilometri sono quelli in cui ho cercato di difendermi al meglio. Con Marco Pinotti ieri abbiamo guardato un po’ la strategia. Dovevo partire senza dare tutto, cercando il massimo nella seconda parte. Invece è successo che negli ultimi 4-5 chilometri il vento era particolarmente contro e non sono riuscito a fare tanta velocità rispetto agli specialisti con qualche chilo in più.
«Affini ha pagato l’adattamento al fuso, io fortunatamente sono arrivato qua con Filippo (Ganna, ndr) già più di una settimana fa, siamo partiti il 9 e arrivati l’11. Quindi questo per me non è stato un problema. Diciamo che non ho controllato i watt, ma più o meno ho fatto quello che dovevo fare e sono tranquillo perché sono consapevole che le mie cronometro sono altre».
Poi prima di andarsene in giro con Affini sulla stessa bici, Sobrero ha risposto a un paio di domande di un collega sloveno, molto interessato alla vendemmia nella casa piemontese di Matteo. Ganna a quel punto doveva ancora partire e tutto sembrava possibile.
Allarme dalla Spagna: a causa dei punti, alcuni dei big rischiano di restare a casa dai mondiali. Per l'UCI una beffa causata dal perverso sistema dei punti
Affini è diventato leader della Vuelta a Breda. Ha tenuto la maglia ieri nel riposo. E oggi l'ha indossata. Ha corso da gregario, ma tutti lo riconoscevano
Sono passati sette anni da quando Aru vestì per l’ultima volta la maglia rossa della Vuelta e quest’anno ancora nessun italiano era mai stato leader fra Giro e Tour. Saranno piccole cose, ma si capisce bene perché sul podio della Vuelta a Breda, due giorni fa, Edoardo Affini avesse un sorriso pieno di orgoglio e soddisfazione. L’ultima volta che aveva indossato una maglia di leader fu al Giro d’Italia U23 del 2018, quando vinse il prologo e conquistò la rosa. Oppure la maglia dei giovani al Giro di Norvegia del 2019. Al Giro del 2020 dice scherzando, ha avuto la ciclamino in prestito da Ganna, che aveva preso la rosa.
«Penso che sia una cosa che non capita tutti i giorni – dice il mantovano della Jumbo Visma – è ovvio che essere leader in uno dei tre grandi Giri sia motivo di orgoglio. E’ stato bello finché è durato, anche se per un solo giorno. Anzi no, sono stato leader anche nel giorno di riposo (ieri, ndr), anche se la maglianon l’ho messa per allenarmi. Mi sarebbe sembrato troppo da convintone…».
A Breda, ultima tappa in Olanda, per Affini arriva la maglia rossa. Guardate che sorrisoAd acclamarlo una folla enorme che l’ha un po’ adottatoAffini sul podio, uno sguardo ai trofei prima delle premiazioniA Breda, ultima tappa in Olanda, il sorriso di Affini per la maglia rossaAd acclamarlo una folla enorme che l’ha un po’ adottatoAffini sul podio, uno sguardo ai trofei prima delle premiazioni
Roglic a sorpresa
Sull’arrivo di oggi a Laguardia il primato è passato sulle spalle di capitan Roglic. E se la staffetta della leadership fra gli uomini del team olandese finora era stata concordata, il primato dello sloveno è capitato, ma non era stato progettato. La giornata è stata durissima. Prima ora oltre i 47 di media. Temperatura fra 33 e 35 gradi, mentre ieri il cielo era velato e la temperatura più gradevole. Bilancio giornaliero (per Affini) di 4.500 calorie e 14’13” di ritardo. Edoardo è un tipo spiritoso, capace di una bella ironia. Il suo racconto è coinvolgente…
Una giornata niente affatto banale, insomma…
Neanche un po’. C’erano strappi duri e il mio compito era portare la testa del gruppo ai piedi della salita ai meno 20 dall’arrivo. Poi ho potuto rialzarmi e mi sono goduto i tifosi. Nei Paesi Baschi sono belli… motivati, per cui anche se ero staccato, sentivo che mi indicavano e parlavano del leader.
E’ vero che il passaggio della maglia fra compagni di squadra è stato organizzato?
A Utrecht, avevamo deciso che se avessimo vinto la crono, sarebbe passato per primo Robert (Gesink, ndr). Il giorno dopo ha fatto la volata Mike Teunissen e l’ha presa lui. E a Breda mi hanno detto che se ci fossero state le condizioni, sarebbe toccato a me.
Così adesso toccherà a Kuss come si è scherzato nelle interviste?
Ho qualche dubbio che, avendola Roglic, ora sia così facile da passare. Ma non si può mai dire (ride, ndr).
Dopo il podio della maglia rossa, l’abbraccio della compagna olandese Lisa (foto Bram Berkien)Dopo il podio della maglia rossa, l’abbraccio della compagna olandese Lisa (foto Bram Berkien)
Cosa cambia ad andare alle partenze da leader?
Senti più persone che ti chiamano e ti cercano per un autografo. E poi la cosa curiosa di stamattina alla partenza è che il corridore con la maglia a pois schierato accanto a me, Julius Van den Berg, è stato mio compagno di squadra da U23 alla Seg Academy Racing. Ci siamo guardati e ci siamo detti che alla fine qualcosa di buono siamo riusciti a farla. Poi è vero che tutti e due abbiamo perso la nostra maglia, ma la soddisfazione resta.
Che effetto ha fatto essere presentato come leader al foglio firma?
Basta considerare il fatto che abbiamo in squadra uno che l’ha vinta tre volte e quindi l’entusiasmo e le aspettative sono altissime? Un gran bell’effetto, niente da dire…
Dicevi che oggi non era nei piani la maglia per Roglic.
Non era nostra intenzione tirare a quel modo. Bisognerebbe chiedere alla Bora perché si siano messi a fare quell’andatura. Forse volevano gli abbuoni del traguardo volante? Ognuno fa le sue scelte, bisognerebbe chiedere a Fabbro perché si siano mossi così. Comunque abbiamo messo uno davanti e li abbiamo aiutati.
Nella tappa da leader, Affini ha tirato come se nulla fosseNella tappa da leader, Affini ha tirato come se nulla fosse
Il fatto che fossi leader ha cambiato il tuo ruolo in corsa?
Non è cambiato niente. Se non avesse tirato la Bora, saremmo stati davanti in due. Invece, come dicevo, abbiamo messo Teunissen e sono riuscito a salvarmi per un po’ e per fare il lavoro che avrei dovuto fare.
Hai mai pensato di poterla tenere?
Impossibile (ride, ndr). Dovevo lavorare, il percorso era duro ed è stata comunque una bella giornata. Ma siamo alla quarta tappa della Vuelta, sarà lunga e avrò da lavorare, soprattutto adesso che la maglia l’ha presa Primoz.
Qualcuno si è lamentato che le strade olandesi siano state pericolose…
Ho letto le interviste. Partendo dal presupposto che in Olanda le strade sono piene di infrastrutture e che per far passare la Vuelta abbiano tolto rotonde, attraversamenti e spartitraffico, poteva andare molto peggio. Ci sono stati dei passaggi particolari, i paesi pagano per avere la corsa e non si può pretendere di andare sempre sugli stradoni. Diciamo che non sono stati giorni semplici. Il vento non ha influito, ma appena c’era un soffietto, erano tutti davanti, immaginando di fare chissà cosa…
A Laguardia vince Roglic, quarto corridore Jumbo Visma in rossoA Laguardia vince Roglic, quarto corridore Jumbo Visma in rosso
Santini ha realizzato una maglia rossa per l’Olanda e una per il resto della Vuelta: quale ti piace di più?
La rossa classica, quella olandese però era perfetta per quel tipo di evento.
Ora che la maglia è andata, cosa ti resta nella valigia?
Mi resta la maglia, anzi le maglie, perché sono l’unico ad aver avuto entrambi i tipi. E quelle non me le tocca nessuno. Poi c’è qualche pupazzetto, ma so già che mi toccherà regalarli. Così alla fine, ciò che resta davvero è un’esperienza impagabile. Quella continuerò a portarmela dentro a lungo.
Un viaggio in Toscana per ritrovare un vecchio amico e un grande campione. Anche lui, come Roglic al Tour, perse la maglia il penultimo giorno. Ricordate?
Una discesa bella e veloce. Caduta di colpo. Valverde vola di sotto. Riparte, ma ha paura e dolore. La Vuelta si chiude qui. Il guerriero va via in lacrime
Nelle stesse ore in cui i compagni al Tour combattevano sui Pirenei contro Pogacar e i suoi uomini, sulle strade alpine nella zona di Tignes dieci corridori della Jumbo Visma uscivano per la… distanzona del mercoledì. Fra loro Edoardo Affini, salito lassù tre settimane fa per riprendere dopo il Giro d’Italia e avviato sulla via della Vuelta España. E’ la prima volta che il mantovano affronterà due Grandi Giri nello stesso anno. Ma intanto, tra i motivi di curiosità e i chilometri di lavoro, al rientro da ogni allenamento la squadra si mette davanti alla tivù a tifare per i compagni in Francia. Ieri però hanno fatto in tempo a vedere soltanto gli ultimi 3 chilometri, perché alla fine sono scappate fuori 7 ore.
«Si lavora ancora fino a domenica – spiega Affini, in apertura nella foto Bram Berkien – tre settimane sono il periodo giusto per ottenere dei buoni frutti. Fossi venuto solo per una decina di giorni, sarebbe servito a poco».
Tignes è da anni quartier generale della Jumbo Visma per i ritiri in altura (foto Jumbo Visma)Tignes è da anni quartier generale della Jumbo Visma per i ritiri in altura (foto Jumbo Visma)
Com’è guardare il Tour in tivù, con un compagno in maglia gialla?
Si guarda molto volentieri soprattutto con una squadra così. Stanno facendo davvero un bel Tour, ma è una corsa matta. Sono sempre a blocco.
E’ più sorprendente la maglia gialla di Vingegaard o la forza pazzesca di Van Aert?
Sono entrambi dei fenomeni (ride, ndr), capaci di fare grandi cose. I preparatori e lo staff che hanno seguito Vingegaard in ritiro erano abbastanza ottimisti che potesse fare queste cose.
Giusto ieri Martinello diceva che Pogacar sta ancora pagando gli errori del Granon.
E ha ragione. Quel giorno noi abbiamo fatto un grande numero, mentre lui è caduto nella trappola o si è sentito superiore. Del resto, negli ultimi tempi ha vinto tutte le corse a tappe cui ha partecipato, un po’ di peccato di presunzione ci può anche stare.
Affini racconta che Roglic e Vingegaard sono partiti alla pari, poi la strada ha sceltoAffini racconta che Roglic e Vingegaard sono partiti alla pari, poi la strada ha scelto
Cosa ti è piaciuto quel giorno della tua squadra?
Vedere Roglic che si è messo subito a disposizione, senza accampare scuse sul fatto che avrebbe potuto rientrare in classifica.
Il ragazzo ha la sfortuna che lo perseguita.
Sarà anche vero, ma trovo assurdo che al Tour si cada per una balla di paglia spostata da una moto. Dalle immagini si vede che i tifosi o addirittura un poliziotto avrebbero potuto dargli un calcio e toglierla di mezzo, ma non lo ha fatto nessuno ed è una vergogna. Se Primoz fosse passato dall’altra parte dello spartitraffico, magari ora vedremmo un altro Tour oppure no.
Da dove ricominci?
Dalla Vuelta a Burgos e poi ho vinto il biglietto omaggio per la Vuelta. Non so quando la squadra renderà ufficiali le convocazioni, ma a me l’hanno detto. Adesso sono tutti impegnati al Tour, anche quelli dell’ufficio stampa. Il povero Ard (Ard Bierens, addetto stampa del team olandese, ndr) ha da gestire Van Aert che a livello mediatico è fra i top 3 al mondo. E poi la maglia gialla che attira giornalisti da tutte le parti.
Affini ha condiviso con Vingegaard i ritiri di inizio anno e la Tirreno (foto Bram Berkien)Affini ha condiviso con Vingegaard i ritiri di inizio anno e la Tirreno (foto Bram Berkien)
La Vuelta potrebbe venire bene per i mondiali, no?
L’idea sarebbe proprio quella, anche se il viaggio potrebbe dare da pensare. In Spagna si chiude l’11 settembre e là si corre il 18. Un giorno se ne va con il volo, se non altro però a livello fisico le tre settimane della Vuelta saranno perfette. Ma è la prima volta che faccio due Giri, non so come risponderò. Confido che se lo hanno deciso, abbiano valutato che sia all’altezza. E poi si parte dall’Olanda, la cronosquadre sarà a mezz’ora da dove vive la mia compagna. Avrò il fan club olandese…
Invece gli europei?
M’è toccato dire di no alla nazionale e mi è dispiaciuto. Si corrono 3-4 giorni prima che parta la Vuelta e sarebbe troppo. Mi dispiace perché la nazionale è importante, ma per il mio sviluppo credo che abbia più senso fare la Vuelta.
Vi sentite mai con i ragazzi del Tour?
Con parsimonia e senza interferire troppo. Sappiamo da chi c’è stato che razza di tensioni ci siano là, quindi siamo rispettosi. Però dopo la tappa del pavé gli ho scritto che erano andati bene, perché quel giorno potevano volare minuti pesanti.
La sera della tappa del pavé, da Tignes sono partiti messaggi di complimenti verso ArenbergLa sera della tappa del pavé, da Tignes sono partiti messaggi di complimenti verso Arenberg
Vingegaard e Roglic sono partiti alla pari?
L’anno scorso, Primoz aveva la precedenza. Quest’anno sono partiti sullo stesso piano e poi sarebbe stata la strada a decidere. E purtroppo ha deciso presto.
E questo Vingegaard che l’anno scorso vinceva la Coppi e Bartali e adesso ha la maglia gialla?
Incredibile, vero? Mi sembra rimasto uguale a prima. Devo essere onesto, ho corso poco con lui. Abbiamo fatto insieme i ritiri, poi la Tirreno, dove è stato secondo dietro Pogacar. E’ sempre molto tranquillo, anche se di suo non è tanto estroverso.
Ad Affini piacerebbe entrare nel gruppo Tour?
In una squadra così c’è sempre rivalità. Non che ci prendiamo a legnate, però siamo tutti in lizza per qualcosa. E’ chiaro poi che le scelte vengano fatte dai tecnici. Si compone la rosa più ampia, che poi viene via via snellita. Ci si basa sul rendimento dell’anno prima e magari se c’è qualche nuovo, lo mettono dentro perché l’hanno preso apposta.
Vingegaard e Van Aert sono partiti per il Tour con grandi atteseVingegaard e Van Aert sono partiti per il Tour con grandi attese
Fra poco smetterai di essere il solo italiano della Jumbo…
Ho letto la notizia dell’arrivo di Belletta. Non lo conosco, è giovanissimo, ma quassù sono bravi a far crescere i ragazzi.
Come è andata la distanza?
Eterna. E’ caldo anche qui, siamo vicini al Monte Bianco, ma di neve se ne vede proprio poca. Abbiamo fatto sette ore senza lavori specifici, ma a un bel passo. Qualcuno ha fatto meno e ha tagliato. Ma insomma, non è che siamo proprio andati a spasso…
Terzo riposo alle spalle, la Vuelta affronta la terza settimana. Quattro tappe di montagna e tre sfidanti: Evenepoel, Roglic e Mas. Ognuno con le sue storie
Un passo indietro alle radici degli studi di aerodinamica della Jumbo-Visma. Un modello per ciascun atleta per migliorare la performance. Per strada e crono
Fa caldo, caldissimo. Sul collo i corridori cercano sollievo in un sacchetto di ghiaccio e intanto continuano a entrare nel velodromo di San Giovanni al Natisone. Gli spalti si uniscono in un grande applauso e cronometraggi che diventano sempre più bassi. Ogni corridore a superare lo striscione d’arrivo fa segnare un nuovo miglior tempo. I pronostici non erano lunghi, erano pochi i nomi favoriti. Il migliore è, neanche a dirlo, un immenso Filippo Ganna che entra trionfante nel velodromo con una maglia, anzi la maglia mondiale.
Questa mattina Matteo Sobrero (che conclude quarto a 56”35) ce lo aveva detto: battere Filippo sarebbe stato difficile. In palio per TopGanna non c’era solo la maglia tricolore, l’ennesima incredibile vittoria nel palmares e l’europeo in vista. Ad attenderlo c’è ora la partenza del Tour de France come miglior italiano. Il 4° posto dello scorso anno a Faenza è ora solo un ricordo.
Com’è andata oggi Filippo?
Direi che è andata bene. Ho sofferto un po’ il caldo e l’umido considerando che sono appena rientrato da un periodo in altura. Le sensazioni sono in crescita e questa maglia è comunque una conferma importante.
Parlaci un po’ della crono di oggi…
E’ stata una bella crono, impegnativa, ma senza troppi tratti tecnici. Molto bello l’arrivo in velodromo, ma prima bisognava comunque spingere molto.
Come sta andando l’avvicinamento al Tour? Ormai manca pochissimo…
Nell’ultima settimana bisognerà lavorare molto, ma mi prenderò anche qualche giorno da dedicare alla famiglia… Dobbiamo festeggiare il compleanno di mamma. In vista del Tour sarà importante fare molta attenzione al caldo, dosare bene le energie.
Sobrero aveva capito subito che il percorso fosse troppo veloce per lui: è 4° a 56″Sobrero aveva capito subito che il percorso fosse troppo veloce per lui: è 4° a 56″
Il Covid c’è ancora
Ganna arriva alla partenza munito di mascherina, si igienizza spesso le mani e anche al momento del podio non abbassa la guardia: la posta in gioco è alta e Filippo vuole essere prudente.
«I contagi ci sono ancora – dice – il Covid non è scomparso. Dobbiamo stare attenti. Anche durante le corse i tifosi dovrebbero avere un occhio di riguardo per noi atleti, avere più rispetto».
«Oggi è andata bene – commenta proprio Mattia – fare secondo dietro Ganna è comunque un ottimo risultato. Siamo fortunati ad avere Filippo in Italia, per me forse un po’ meno perché è difficile superarlo. A una settimana dal Tour de France direi che era quasi impossibile batterlo».
Cattaneo, 3° nel 2021 dietro Affini, scala una posizione ed è secondo a 37″ da GannaCattaneo, 3° nel 2021 dietro Affini, scala una posizione ed è secondo a 37″ da Ganna
E sul percorso di oggi: «Non era molto tecnico – dice – anche la salita incideva poco. Era un bello strappo, non troppo adatto alle mie caratteristiche, ma due minuti su 35 chilometri contano poco o nulla. Inoltre le condizioni meteo erano praticamente le stesse per tutti: siamo partiti nell’arco di 10 minuti, non è come ai grandi Giri dove tra il primo e l’ultimo passano anche un paio d’ore».
Lo scorso anno Cattaneo aveva concluso la cronometro in terza posizione, quest’anno in seconda: «Chissà, speriamo per il prossimo anno», commenta sorridendo.
Affini al via della crono senza aver pià corso dopo il Giro: chiude terzo a 50″
Il 5° posto di Baroncini al primo anno da pro’ è davvero un grande segnale
Affini al via della crono senza aver pià corso dopo il Giro: chiude terzo a 50″
Il 5° posto di Baroncini al primo anno da pro’ è davvero un grande segnale
Affini di bronzo
Il tanto atteso Edoardo Affini (Jumbo-Visma) termina la sua prova con 50” di ritardo, mentre sono 56” quelli di Matteo Sobrero (Team BikeExchange-Jayco), che, dopo essersi «divertito un anno in maglia tricolore» (così ci ha detto prima della partenza), cede il primato a Pippo Ganna. Decisamente positiva anche la prestazione di Baroncini (Trek-Segafredo), che chiude la Top 5.
Una giornata comunque importante per Filippo che conferma l’ottima condizione, anche in vista della Grande Boucle. Una maglia tricolore che forse vedremo poco, coperta dall’arcobaleno di quella da campione del mondo, ma l’orgoglio di sapere Ganna in tricolore rimane una grande soddisfazione.
Jasper Philipsen anticipa Van Aert a Carcassonne. Il racconto di Kristian Sbaragli che lo ha pilotato. Il grande caldo. E lo stress immotivato del gruppo
Mercoledì 22 giugno ci saranno i campionati italiani a cronometro, uno degli obiettivi stagionali per gli specialisti delle ruote veloci. Edoardo Affini ha cerchiato questa data fin dal ritiro invernale, un bell’appuntamento per il corridore della Jumbo Visma. Il mantovano classe 1996 ha affrontato l’avvicinamento con il campionato nazionale in maniera alternativa, nel mese di giugno non ha mai corso, la sua ultima gara è stata il Giro d’Italia.
«Inizialmente – racconta Edoardo – dovevo fare il Baloise Belgium Tour, in programma dal 15 al 19 giugno, in inverno i programmi erano questi. Poi prima del Giro d’Italia la squadra mi ha comunicato che non avrebbe preso parte alla gara in Belgio e quindi dalla Corsa Rosa fino al campionato italiano non avrei corso».
Dalla campagna del Nord, Edoardo è andato direttamente al Giro d’Italia Dalla campagna del Nord, Edoardo è andato direttamente al Giro d’Italia
Poche pause
E’ normale vedere corridori correre ovunque e spostarsi da una Paese all’altro per gareggiare. Viene quasi normale dare tutto ciò per scontato, ma anche loro, anzi soprattutto loro, hanno bisogno delle giuste pause.
«Non ho fatto tantissimi giorni di corsa (39 per la precisione, ndr) – riprende – ma nonostante ciò, non ho mai fatto un vero periodo di stacco. Dopo aver corso la campagna del Nord, complice il fatto che la Roubaix è stata spostata di due settimane, sono andato subito a Budapest per la partenza del Giro. Sono state 3 settimane parecchio tirate, di conseguenza nei giorni successivi ho tirato il fiato. Visto il ritmo con il quale si è corso il Giro d’Italia, ho pensato anche che sia stata una fortuna non andare in Belgio a correre».
Ecco Affini insieme a Sobrero, i due si sfideranno anche al campionato nazionale a crono mercoledì Ecco Affini insieme a Sobrero, i due si sfideranno anche al campionato nazionale a crono mercoledì
A ritmo tranquillo
«Da dopo la cronometro di Verona – racconta l’omone della Jumbo – ho fatto tre giorni a fare uscite molto blande, massimo di un’ora e mezza. Il ritmo era proprio da recupero, z1/z2 per intenderci. I giorni successivi ho fatto qualche richiamo, ma sempre in maniera soft. Nella seconda settimana ho iniziato ad aggiungere dei lavori specifici su crono: ripetute corte ad alta intensità o medie ad un’intensità minore. Non ho mai fatto chilometraggi esagerati, ho dato precedenza alla qualità rispetto alla quantità. Anche perché al Giro di chilometri ne avevamo già fatti abbastanza».
Ganna ha fatto anche lui la Roubaix come Affini, poi si è fermato per un lungo periodo rientrando in gara al DelfinatoGanna ha fatto anche lui la Roubaix come Affini, poi si è fermato ed è rientrato al Delfinato
Uno stacco troppo lungo?
Finire il Giro d’Italia dona ai corridori una condizione migliore nel breve periodo rispetto a chi non lo ha fatto: basti pensare a Zana all’Adriatica Ionica Race. Ma quanto dura questo beneficio? Restare fermo per quasi 3 settimane non fa perdere tutti i benefici acquisiti?
«Può mancare un po’ di ritmo gara rispetto a chi sta correndo ora – ammette – come Sobrero al Giro di Slovenia. Non so quali siano i suoi programmi, magari lo finisce tutto oppure no. Correre ora ti potrebbe aiutare a sbloccarti, è difficile riprodurre in allenamento lo sforzo che si fa in gara. Tuttavia non si tratta di una gara in linea, ma a cronometro, quindi i margini potrebbero non essere così ampi. Pensate che le corse ormai si fanno a tutta e quindi c’è anche il rischio di finirsi troppo presto. Ripeto, sarei dovuto andare in Belgio e fare un programma molto simile a Sobrero, ma con il senno di poi penso sia stato un bene fermarsi dopo il Giro».
Ganna? Un capitolo a parte
Il più grande favorito per mercoledì 22 sarà Filippo Ganna, che vorrà riscattare il quarto posto dello scorso anno. Il verbanese, campione del mondo in carica, questa stagione ha puntato tutto sul Tour de France. Il suo avvicinamento al campionato italiano è stato differente.
«Filippo ha fatto la Roubaix come me – ragiona il mantovano – poi non ha fatto il Giro ed ha ripreso a correre quasi un mese dopo al Delfinato. Lui ha fatto tanta altura a differenza mia. Questa differenza di preparazione è ovviamente dettata dal suo obiettivo di quest’anno: la maglia gialla a Copenaghen del 1° luglio. Dovrà arrivare a quell’appuntamento tirato a lucido.Non è da escludere, essendo le due gare così ravvicinate (campionato nazionale e crono del Tour), che abbia già una forma vicina al suo massimo».
La posizione a cronometro è sempre più estrema e serve tempo per adattarsi La posizione a cronometro è sempre più estrema e serve tempo per adattarsi
La bici da crono
Nelle prove contro il tempo la dimestichezza nel guidare il mezzo è estremamente importante. Edoardo ha corso il Giro, che nell’edizione 2022 ha visto ben poca cronometro: solamente 26 chilometri nell’arco delle tre settimane. Nel periodo di preparazione avrà dovuto anche riprendere il feeling con il mezzo.
«Nel mese di maggio – dice Affini – avrò usato la bici da cronometro grosso modo tre volte. Di conseguenza in questo periodo ho cercato di utilizzarla il più possibile, dalle 3 alle 4 volte a settimana. Le posizioni sono sempre più estreme e di conseguenza l’adattamento diventa sempre più lungo. Per questo ci ho pedalato sopra anche per fare “scarico”. Ovviamente avrei preferito un Giro con più chilometri a cronometro, ma sono scelte dell’organizzazione e di conseguenza c’è poco da fare».
La tecnologia viene incontro ai corridori, ma il vero riscontro sul percorso lo si fa di persona La tecnologia viene incontro ai corridori, ma il vero riscontro sul percorso lo si fa di persona
Mappe e ricognizioni
La tecnologia aiuta corridori e direttori sportivi a visionare i percorsi nei minimi dettagli. Però, quando si tratta di prove contro il tempo, il feeling con la strada conta molto di più. Devi poter vedere con i tuoi occhi quel che ti riserverà il percorso perché lasciare le cose al caso potrebbe portare alla sconfitta.
«Penso di andare martedì mattina a vedere il tracciato – conferma – ormai ci sono varie mappe o addirittura Veloviewer. Io preferisco vedere i percorsi di persona, soprattutto perché ti rendi davvero conto di tutte le particolarità del tracciato solamente quando lo provi. Probabilmente martedì lo farò un paio di volte in bici, poi aggiungerò una terza in macchina. Mercoledì mattina poi, la sgambata spero si possa fare direttamente sul percorso così da rifarlo un’ultima volta prima della gara».
Edoardo Affini ha cullato a lungo il sogno di vincere, ma ha dovuto inchinarsi a Ganna. Una beffa e anche un segno di crescita. Due azzurri davanti a tutti
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