Le selle Prologo sono un riferimento nel mondo dei professionisti… e non solo per loro, chiaramente. Ma i pro’ usano la sella al massimo delle sue possibilità, la portano spesso al limite e per farlo senza avere problemi si avvalgono, oltre che degli studi stessi dell’azienda, anche dei consigli dello staff.
Come scegliere la sella migliore? Corta o lunga? Con o senza canale interno? Quali modelli vanno per la maggiore? Tra i team che utilizzano le selle Prologo c’è anche la Bahrain Victorious e noi ci siamo rivolti ai componenti del suo staff – un medico, un meccanico e un biomeccanico – per dare una risposta a tutto ciò.
Parola al meccanico
Iniziamo con il meccanico. Ronny Baron maneggia quotidianamente i gioielli dell’azienda lombarda e li conosce alla perfezione, avendo anche il termometro delle scelte fatte in casa dai suoi atleti. Anche perché la gamma Prologo è a dir poco vasta.
«Il corridore che già usa un prodotto Prologo – dice Baron – all’inizio della stagione ci dice cosa vuole usare per quella a venire. Se invece c’è un corridore nuovo, si cerca di dargli il modello di sella Prologo che sia il più simile a quello usato fino a quel momento. Solitamente gli diamo un mese per provarla, ne riceve anche più di una. Finché, individuato il modello, si parte da quella base e poi si aggiusta qualcosa nel corso della stagione».
«La sella più gettonata è la Scratch M5, poi ci sono la Nago Evo e la Dimension, mentre per quanto riguarda la crono, abbiamo la T-Gale. Anche se ogni tanto c’è qualcuno che per curiosità vuol provare qualcosa di diverso. Noi chiaramente glielo permettiamo, ma alla fine tornano quasi sempre su quei modelli».
Baron spiega che prima di individuare una caratteristica, per esempio se corta o lunga, i corridori vogliono la comodità. Non il peso o la rigidità, ma appunto il comfort in quanto devono passarci tante ore.
La scelta più ampia
Baron ha anche un approccio tecnico. Lui di fatto le selle le maneggia, le monta e le mette “a misura”. Prologo è uno dei migliori prodotti presenti nel mercato secondo lui: «Sono selle di ottima qualità – dice – hanno un ottimo peso e soprattutto una buona resistenza.
«Noi abbiamo la possibilità di cambiarle spesso, ma ho visto selle che anche dopo due o tre anni non s’imbarcavano. Alcune selle “scendono” di 5-6 millimetri già dopo pochi mesi, Prologo non arriva a 2 millimetri in tre anni. Questo ci dice dell’ottima consistenza: struttura e schiumatura sono di qualità. E vale anche per le selle col foro centrale, che non avendo materiale è più facile che s’imbarchino».
E a proposito di foro e sella lunga o corta, qual’è il trend? Baron spiega che su 30 atleti del team solo in 4-5 hanno optato per la sella col foro.
«Sì, sono pochi. Usano più la sella “Pas” che ha l’incavo centrale, e non il foro, per scaricare le pressioni. Mentre mi chiedono molto la sella corta, la Scratch M5. Me la chiedono perché è confortevole, consente di giostrare un po’ di più con l’arretramento e anche quando sono a tutta, in punta di sella, non gli dà fastidio».
Ecco il biomeccanico
Parlando di arretramento e posizione in punta di sella, Baron introduce la figura del biomeccanico. In Bahrain Victorious ci si rivolge al CTF Lab. E qui entriamo nel regno di Andrea Fusaz, coach di Jonathan Milan, tanto per citarne uno.
«L’esigenza per il biomeccanico – spiega Fusaz – è quella di ripartire al meglio i punti di pressione sulla sella in base agli angoli di appoggio, capire quali sono i punti più sollecitati. Quindi si va a cercare la sella che scarica meglio in quei punti».
Riguardo alle selle corte o lunghe, Fusaz lega il concetto alla flessibilità dell’atleta e di solito le selle più tradizionali e lunghe come la Nago Evo, per esempio, che consente più libertà di movimento antero-posteriore sono ideali per gli atleti che si muovono di più. Mentre quelle corte per atleti più statici. Ma non è una regola univoca, sia chiaro.
«Oggi poi – riprende Fusaz – il foro o il canale centrale per lo scarico aiutano molto nel distribuire equamente la pressione. E per capire la corretta pressione si fanno delle analisi con tutte le posizioni delle mani sul manubrio. In tal senso posso dire che la Scratch e la Dimension, selle corte, ma anche abbastanza larghe al posteriore, scaricano bene e consentono posizioni più aggressive».
Il parere del medico
Scarico di pressione, resa dell’atleta, ma anche infortuni (i dolori al soprassella sono sempre in agguato): abbiamo coinvolto anche il medico della Bahrain Victorious, Daniele Zaccaria. Quali sono le indicazioni del dottore in tal senso?
«La cosa più importante da valutare dal punto di vista medico – dice Zaccaria – è il volume di carico. La sella è il punto di contatto tra l’atleta e la bicicletta insieme al manubrio e ai pedali, quindi ha un fattore critico: il cingolo pelvico (osso iliaco, ischio e pube, ndr) un sistema osseo complesso.
«Non tutte le pelvi, cioè tutti i bacini, hanno la stessa forma, la stessa dimensione e gli stessi punti di appoggio. Quindi il pube, l’ileo il sacro e il coccige, le ossa del bacino, sono differenti da atleta ad atleta. Da qui viene la domanda: quale sella scelgo? Ovviamente un pro’ deve anche adattare le sue esigenze all’offerta che ha».
Un professionista percorre in media a 25.000-30.000 chilometri a stagione. Molti. E molte ore. Che suggerimenti può dare il medico?
«Che sia una sella confortevole e sicura, soprattutto dal punto di vista biomeccanico che è quella parte che sta in mezzo a tante discipline. La sella giusta deve garantire una corretta retribuzione dei carichi (esattamente come diceva Fusaz, ndr) per evitare patologie biomeccaniche e tecnopatie: mal di schiena, pubalgia, prostatite… Il medico deve spiegare tutto ciò all’atleta che spesso sceglie la sella su basi estetiche.
«Altre patologie che emergono quando si sbagliano le selle, e questo vale nel professionista e ancora di più nell’amatore, sono patologie di ristagno di urina, oppure le prostatiti, piuttosto che infezioni dell’apparato genitale maschile. Il tutto senza dimenticare il ciclismo femminile, in netta espansione. Lì una sella sbagliata genera forse ancora più problemi: si va dalle infezioni alle patologie più serie dei genitali esterni femminili».
L’eccezione della crono
Sempre secondo Zaccaria un medico è più accondiscendete con selle non troppo adatte, solo quando si parla di crono. Questo perché di fatto la percentuale di uso è nettamente inferiore rispetto alla strada e anche in caso di una posizione che genera pressioni la sua durata è relativa.
«Riguardo alle selle con foro o senza non c’è un meglio o un peggio – precisa il medico – però posso dire che collaboro con dei biomeccanici i quali hanno hanno una specie di calza che viene messa sulle selle e va ed evidenziare i punti di appoggio (Prologo ha messo a punto in tal senso il sistema My Own Pressure Map, ndr). Questo metodo “a celle di carico” mostra in modo più concreto quale sia il modello più adatto. A volte può sembrare che una sella sia perfetta, poi vai a vedere il modo in cui quell’atleta pedala effettivamente su strada e noti particolari che in laboratorio erano passati inosservati. Non è infrequente, per esempio, trovare delle selle molto più rovinate su un lato che su un altro».